Guerra dei 30 anni in Europa LA SPAGNA E L'IMPERO GERMANICO - La politica spagnola aveva fallito i suoi obiettivi in tutti i suoi domini e non aveva unito l'Europa, nè politicamente (sotto gli Asburgo) né dal punto di vista religioso sotto il cattolicesimo. Ma la Spagna, malgrado il dissesto finanziario e i disastri militari subiti, rimaneva comunque una formidabile potenza militare e un grande impero coloniale nei primi anni del seicento. L'arte e la letteratura spagnole fecero parlare di secolo d'oro. Ricordiamo solo Miguel Cervantes de Saavedra (1547-1616), che nel suo Don Chisciotte sembrava simboleggiare un lato della sognante anima castigliana, i grandi romanzi picareschi spagnoli, dalle strane avventure di zingari e di poveri diavoli, i drammaturghi come Calderòn, commediografi come Tirso de Molino, i suoi saggisti politici e morali. Per l'arte ci basti ricordare la pittura di Velasquez, Murino e Ribera. Forse un periodo di pace e tranquillità dopo tante guerre e un'economia più accorta avrebbe potuto evitare alla Spagna la disastrosa decadenza che si preparava, ma purtroppo l'assolutismo monarchico e una serie di sovrani inetti e tarati mentalmente non concessero alla Spagna un governo che assumesse le decisioni più opportune. Il potere effettivo fu esercitato dai favoriti, che malgovernarono e lanciarono il paese in avventure folli. Dal 1618 al 1642 il conte duca Olivares fu il vero padrone della Spagna. Nel 1619 furono cacciati i MORISCOS, cioè i discendenti dei mussulmani del regno di Granada, i quali resistettero scatenando una micidiale guerriglia, che durò molto impoverendo ulteriormente contadini e artigiani. Ma l'ultima e mortale decisione fu di riprendere la lotta contro tutti i paesi protestanti, scatenando la guerra dei trent'anni, che devastò l'Europa e segnò la morte della potenza spagnola. Le conseguenze più gravi furono sopportate dagli stati germanici. - Nella seconda metà del Cinquecento, mentre Francia e Olanda erano state coinvolte in guerre sanguinose, la Germania aveva trascorso un periodo relativamente tranquillo grazie al fatto che gli Asburgo d'Austria erano stati troppo occupati a combattere contro i Turchi per potersi occupare dell'unità dell'impero tedesco. Inoltre la riforma protestante aveva ulteriormente rafforzate le spinte centrifughe. La pace di Augusta del 1555, aveva mantenuto una relativa tranquillità nel corpo dell'Impero anche grazie alla tolleranza religiosa degli imperatori Ferdinando I di Asburgo (1556-1564) e Massimiliano II (1564-1576). Sotto il regno di Rodolfo II le cose iniziarono a peggiorare anche per le rinnovate tensioni tra cattolici e protestanti. Principi luterani e imperatori cattolici avevano convissuto tranquillamente finchè il radicalismo calvinista, rifluito dalla Francia e dall'Olanda, fece proselitismo nei territori contigui della Germania e fu accolto nel Palatinato Renano la cui capitale, Heidelberg, diventava uno dei massimi centri intellettuali riformati. Al polo opposto la Compagnia di Gesù spendeva tutte le sue influenze per la riconquista al cattolicesimo dei territori passati alla Riforma Protestante. I principali sostenitori dei Gesuiti erano i principi di Baviera. Per la clausola cuius REGIO, EIUS RELIGIO della pace di Augusta, ogni volta che un principe cattolico aderiva al protestantesimo o viceversa, tutti i suoi sudditi erano costretti a cambiare anch'essi di religione oppure dovevano emigrare. La pace di Augusta conteneva anche la clausola del Reservatum Ecclesiasticum, per la quale i signori ecclesiastici, diventati protestanti, dovevano rinunziare ai propri feudi. Poiché questa clausola era stata evasa spesso esistevano vari signori protestanti, in posizione irregolare, i quali temevano per i propri beni e aderivano volentieri al radicalismo dei massimi nemici del cattolicesimo. A queste tensioni si aggiungevano gli effetti dell'inflazione che colpiva l'Europa. Essa decimava i patrimoni dei banchieri tedeschi e riduceva in critiche condizioni la piccola nobiltà spingendola a gettarsi in qualsiasi avventura. In questo clima si aprì la questione della successione di Clève, un vasto stato feudale nella zona renana, alla cui eredità pretendevano sia gli elettori del Brandenburgo, sia i duchi di Neuburg. Ambedue i pretendenti erano luterani, ma per trovare appoggio alle loro ambizioni passarono rispettivamente al campo riformato gli uni e cattolico gli altri. Sorse così da una parte la Unione Evangelica, capeggiata dall'elettore del Palatinato Renano, e si creò dall'altra la Lega Cattolica, capeggiata dalla Baviera. L'imperatore Rodolfo II si rivelò incapace di dominare la situazione. La Spagna appoggiò la Lega Cattolica, e l'Unione Evangelica, in risposta, cercò appoggio in Enrico IV di Francia. Si giunse così ad una crisi internazionale, che faceva riprendere il tradizionale duello tra Francia e Spagna. LA FRANCIA - La pace di Vervins aveva chiuso la guerra contro Filippo II (1598). La Francia aveva finalmente trovato pace e benessere relativo sotto il regno di Enrico IV. Il sovrano francese si era proposto di promuovere il benessere del suo popolo, e chiamò a realizzare questo programma l'ugonotto DUCA DI SULLY, che riordinò le finanze del regno e promosse l'agricoltura, le bonifiche, i lavori pubblici. Enrico IV cercò di sviluppare anche altre forme d'attività economica oltre l'agricoltura. Fu incoraggiato l'impianto in Francia di industrie di lusso, come vetrerie, maioliche, tappeti ecc. Furono fondate le prime colonie francesi nel Canada e nelle Antille. Riconquistata l'antica prosperità economica, rafforzata nella struttura finanziaria, pacificata religiosamente dall'editto di Nantes, riordinata nella sua struttura amministrativa su basi fermamente assolutistiche, intese a comprimere l'irrequieta aristocrazia, la Francia tornava così ad avere un peso preminente nella politica internazionale. Nel 1610 Enrico IV già mirava ad una ripresa dell'antico conflitto tra la Francia e gli Asburgo, profittando della questione di Clève e stringendo alleanze con l'Olanda, la Svezia, la Danimarca i protestanti tedeschi e il duca di Savoia, quando all'improvviso il suo assassinio per opera di un prete fanatico, Francesco Ravaillac interrompeva bruscamente i preparativi offensivi. La Francia tornò ad attraversare una fase di torbidi interni. Insidiata dalla grande aristocrazia, osteggiata dal Parlamento di Parigi, MARIA DEI MEDICI reggente per il figlio giovinetto Luigi XIII (1610-1643) dovette rinunciare ad ogni ambizione espansionistica e cercare un ravvicinamento con la Spagna. La situazione cominciò a migliorare quando Luigi XIII uscì dalla tutela della madre (1617), e giunse al governo della Francia Armand Duplessis di Richelieu (1585 1642), vescovo di Lucon, uno degli uomini che dominarono la scena politica dell'Europa. Abilissimo diplomatico e uomo di ferrea e spregiudicata energia, il Richelieu può considerarsi uno dei creatori della grandezza Francese. Prima di impegnare la Francia in una politica estera dai grandi obiettivi, Richelieu aveva bisogno di ristabilire l'autorità della monarchia, scaduta nel periodo della reggenza. Egli represse con pugno di ferro la superbia della nobiltà, di cui stroncò duramente le agitazioni. e domò gli ugonotti. L'Editto di Nantes permetteva agli Ugonotti di opporsi con forze proprie alle forze del re per difendere i propri diritti. Per togliere di mezzo questa sorta di stato entro lo stato, il Richelieu adoperò le armi contro gli ugonotti, assediandone la fortezza principale, la Rochelle. benché questa, soccorsa da aiuti inglesi. resistesse per lungo tempo. Riuscito nel 1628 ad ottenere la capitolazione della Rochelle, il Richelieu fece seguire a queste drastiche misure un regime di tolleranza religiosa, col quale ogni residuo delle passate lotte intestine poté essere cancellato. Così pacificata e rafforzata, la Francia era pronta a entrare nel grande conflitto europeo. IL PROBLEMA DEL BALTICO - Intanto sulle rive del mar Baltico le potenze rivierasche erano in competizione per il suo dominio. Sulle rive di tale mare si scontravano il cattolicesimo della Polonia, l'ortodossia della Russia, il luteranesimo dei re scandinavi e dei tedeschi. A tali rivalità religiose corrispondevano rivalità di traffico commerciale per il trasporto del grano russo e polacco, della canapa e del legname delle foreste dell'Europa nord-orientale, del rame e del ferro delle miniere svedesi, che venivano scambiati con i prodotti industriali dell'Occidente e quelli coloniali dell'Oriente. Il Baltico rivestiva un'importanza determinante per tutti i paesi dell'Occidente europeo. Solo dal Baltico l'Olanda e l'Inghilterra potevano trarre le materie prime per le costruzioni navali. Dalle sorti del Baltico dipendevano le sorti delle grandi rotte oceaniche. Il Baltico aveva visto crescere la potenza della DANIMARCA, che dominando sulla Norvegia e la Scania controllava lo stretto del Sund. Importantissima anche la posizione della POLONIA, che imponendo il proprio vassallaggio ai Cavalieri Teutonici, sulle coste della Prussia e della Livonia, controllava i porti e gli estuari da Riga sino a Danzica. A contrastare il controllo danese e polacco si affacciavano altre forze, tra cui il regno di SVEZIA, sorto a vita indipendente nell'epoca della Riforma, per opera del suo primo re GUSTAVO VASA. Di questo paese, fino ad allora estraneo alla vita politica europea, Gustavo Vasa ed i suoi successori erano riusciti a fare uno stato moderno, governato da una monarchia assoluta, dotato di un ottimo esercito. Le risorse minerarie della Svezia erano sfruttate sempre meglio e le vaste foreste scandinave alimentavano una sempre più florida industria navale. La Svezia aveva fatto il proprio ingresso nelle questioni internazionali a fianco della Francia nelle guerre del sec. XVI contro gli Asburgo. RUSSIA - Ad Oriente della Svezia un altro stato premeva per affacciarsi sul Baltico: la Russia. La Russia della seconda metà del sec. XVI appariva un paese più asiatico che europeo, estraneo alla evoluzione civile dell'Occidente. La lunga dominazione tartara aveva lasciato in eredità costumi poco europei, dall'abitudine di tenere chiuse le donne in una specie di harem o terem, ai lunghi caftani che costituivano l'abbigliamento usuale del popolo, dalla corruttela e dal dispotismo del governo, alla crudeltà asiatica dei suoi sistemi giudiziari. ll sovrano russo viveva a Mosca in una specie di città entro la città, il Cremlino. Ai suoi ordini stava una guardia del corpo permanente — gli strelzy o moschettieri — simile ai giannizzeri turchi. Il suo potere, quasi divino, era senza limiti. Una grande influenza sullo stato era esercitata dai monaci e dai preti o popi, spesso ignoranti, fanatici, superstiziosi. Accanto a loro avevano una parte più o meno notevole nel governo, a seconda della energia di ciascun sovrano, i nobili o boiari. Non c'era nemmeno da pensare a borghesia o ceti medi. I contadini russi o mugik, raccolti nelle loro comunità rurali o mir, esercitavano un'agricoltura arretrata e la loro condizione era praticamente di servi della gleba. Alla metà del sec. XVI, tuttavia, lo stato russo aveva conosciuto un periodo di notevole rafforzamento sotto Ivan IV il Terribile (1533-1584), che, lasciato il vecchio titolo di Granduca di Mosca, aveva assunto quello di imperatore o Zar, a manifestare la volontà di continuare l'impero di Bisanzio. Ivan IV fu il vero creatore della potenza della Russia. Lo stato moscovita, al momento dell'ascesa al trono di Ivan il Terribile, non comprendeva altro che la parte nord-occidentale della Russia propriamente detta. Priva di sbocchi sul mare. Sotto di lui il dominio russo si estese fino al Volga, sui territori fino ad allora dominati dai tartari, conquistando le piazzeforti fluviali di Kazan e di Astrakhan. Durante il suo regno furono allacciati i primi rapporti tra la Russia e l'Occidente attraverso i mercanti olandesi e la Compagnia Russa di Londra. Ad Ivan il Terribile risale la prima intuizione di quella che sarebbe stata per secoli la grande aspirazione della Russia: lo sbocco sul mare. Per accostarsi alle rive del mare, le orde di Ivan il Terribile si rovesciavano sulla Livonia ed entravano in competizione con gli altri stati rivieraschi. Da quel momento pertanto, l'Impero russo cominciava ad affacciarsi nella politica dell'Europa. POLONIA - Anche il regno di Polonia era nelle condizioni di partecipare alla contesa per il dominio del mar Baltico. La Controriforma cattolica si era appoggiata in Occidente sulla Spagna e in Oriente sull'impero austriaco degli Asburgo. Stesso appoggio alla controriforma stava assumendo la Polonia nella seconda metà del secolo XVI grazie alla diplomazia dei Gesuiti. Alcuni storici affermano che la potenza polacca a partire dalla seconda metà del cinquecento sia una creazione dei Gesuiti. Infatti il regno polacco sembrava avviato alla decadenza. La monarchia era in balia di aristocratici turbolenti e anarchici. La Polonia era incapace di sopportare la concorrenza degli stati vicini, più moderni e stabili. Inoltre la Polonia era terreno di conflitto tra luterani, calvinisti, sociniani, cattolici. La dinastia degli Iagelloni si era estinta nel 1572 e le lotte per la successione avevano indebolito ulteriormente la monarchia, che si era trasformata in elettiva. Il regno polacco poté risorgere fino al punto da competere per l'egemonia del Baltico, grazie agli sforzi combinati della compagnia di Gesù e dei due sovrani Stefano Bàthory (1576-1586) e Sigismondo III Vasa (1587-1632), cugino del re di Svezia, zelantissimo nell'opera della Controriforma. I gesuiti distruggevano il protestantesimo e rendevano la Polonia una roccaforte del cattolicesimo, contemporaneamente Stefano Bàthory prima e Sigismondo Vasa dopo estendevano la potenza della Polonia e la fede cattolica sui territori vicini. Le forze polacche e svedesi combinate costrinsero la Russia a ritirarsi dalle recenti conquiste della Livonia. Subito dopo, l'ascesa di Sigismondo Vasa al trono svedese (1592-1599) offrì a quest'ultimo l'occasione di attrarre anche la propria patria di origine nell'orbita della politica polacca e della Controriforma. Riuscito vano il tentativo di assorbimento della Svezia, per la resistenza opposta tanto sul terreno religioso quanto su quello politico dai suoi abitanti, Sigismondo si volse verso la vicina Russia, dove un usurpatore, Boris Godunov (1598-1605), aveva fatto scomparire l'ultimo rampollo di Ivan il Terribile, il principe DEMETRIO, e si era istallato sul trono degli zar. Un falso Demetrio (16051606) sostenuto dai polacchi ed accompagnato da missionari gesuiti, e successivamente un secondo falso Demetrio (1609-1610), tentarono di impadronirsi della corona e insediarsi in Mosca. Se il tentativo dei falsi Demetri avesse avuto successo, la Russia sarebbe entrata nell'orbita della Polonia e del cattolicesimo, e la storia del mondo sarebbe cambiata. Ma la penetrazione polacco svedese in Russia fu respinta al pari della penetrazione cattolica. Dopo una fase di sanguinose agitazioni passata alla storia col nome di PERIODO DEI TORBIDI, il popolo alzava così al trono un principe interamente russo e di religione ortodossa. lo zar Michele Romanoff (16131645). Da allora fino alla rivoluzione del 1917, la famiglia dei Romanoff non sarebbe più discesa dal trono degli zar. PERIODO BOEMO PALATINO - La guerra dei Trenta Anni consistette in diversi conflitti, incastrati l'uno nell'altro. Nel primo periodo o boemo-palatino, la guerra appare come un conflitto interno dell'Impero. Inizia in Boemia, dove da tempo si contrastano l'elemento nazionale slavo con quello tedesco importato dagli Asburgo, il cattolicesimo della Controriforma ed il protestantesimo calvinista. Nel 1609 i protestanti boemi avevano ricevuto da RODOLFO II una (Lettera di maestà), che garantiva il diritto di esercitare il proprio culto e di costruire le proprie chiese. In seguito, con l'imperatore, MATTIA (1612-1619), gli Asburgo si mostrarono meno tolleranti. Il malcontento dei protestanti si aggravò quando si seppe che al vecchio imperatore sarebbe succeduto l'arciduca FERDINANDO II D'ASBURGO, di cui era nota la determinazione di sterminare il protestantesimo. In seguito a una violazione della Lettera di maestà, i boemi si ribellarono apertamente. Il 23 maggio 1618 due messi imperiali, furono gettati dalle finestre del castello di Praga (defenestrazione di Praga). Bel presto la ribellione si allargò anche al territorio austriaco. L'imperatore Mattia morì e Ferdinando II (1619-37) gli succedeva. I ribelli si rifiutarono di riconoscerlo come re di Boemia ed elessero come proprio re Federico V, capo dell'Unione Evangelica ed elettore del Palatinato. Alleati di Ferdinando II: la Lega cattolica, del duca Massimiliano DI BAVIERA, il re di Spagna FILIPPO III, che dalle Fiandre attaccava i territori del Palatinato. Alleati dei ribelli furono i principi calvinisti della Transilvania. Si mantennero invece neutrali i Luterani di Germania, la Francia e l'Inghilterra, anche se Federico V era genero del re Giacomo I Stuart. Il conflitto si ripercosse anche in Italia, a causa dell'importanza strategica della Valtellina, via di comunicazione fra i domini spagnoli del Mediterraneo e l'Impero Germanico. Gli spagnoli, attraverso la Valtellina, portarono in Germania le loro invincibili fanterie. Presso Praga (1620), i boemi furono schiacciati (battaglia della Montagna Bianca). Federico V fu deposto dalla dignità di elettore e cacciato dal Palatinato, che fu attribuito a Massimiliano di Baviera, assieme al titolo elettorale. L'Unione Evangelica fu sciolta, la Lega Cattolica trionfava in tutta la Germania. La popolazione boema fu decimata; moltissimi nobili furono sostituiti con nobili di sangue tedesco. Funzionari asburgici imposero il dominio assoluto di Ferdinando II. I Gesuiti installati a Praga dispersero gli ultimi residui di opposizione religiosa. La religione, la lingua e la cultura boeme furono praticamente cancellate. Sul trono degli Asburgo di Spagna saliva un altro fantasma di sovrano, FILIPPO IV (1621-1665)dominato dall'onnipotente CONTE-DUCA d'OLIVARES. La situazione internazionale avrebbe offerto alla Spgna la possibilità di interrompere finalmente la rovinosa serie delle sue guerre europee. Ma il conte-duca era ambizioso e voleva la rivincita sui ribelli di Olanda. Prese occasione dalla sconfitta dei protestanti tedeschi e nel 1620, tornò a dichiarare guerra agli olandesi ed iniziava una serie di campagne in cui il meglio delle sue truppe sarebbe stato consumato in lunghissimi assedi contro le fortificazioni dei Paesi Bassi. Ma non basta: contemporaneamente la Spagna fu impegnata contro la Francia, Venezia e il Duca di Savoia per mantenere aperta la via della Valtellina. PERIODO DANESE I piani dell'Olivares e le vittorie degli Asburgo d'Austria destavano l'ostilità della Francia. Mentre Richelieu contrastava la Spagna nella questione della Valtellina, la sua diplomazia aizzava le corti protestanti contro gli Asburgo ed incoraggiava gli Olandesi contro la Spagna. La vittoria cattolica convinceva gli Asburgo ad affacciarsi verso i territori protestanti della Germania settentrionale. Preoccupato per questa avanzata e sostenuto da finanziamenti francesi il re di Danimarca CRISTIANO IV (1596-1648) entrava in guerra contro l'imperatore, aprendo il Periodo Danese (1625-1629) della guerra dei Trent'Anni. Le vittorie militari toccarono all'esercito della Lega Cattolica condotto dal generale TILLY, e a quello dell'imperatore Ferdinando, guidato da Alberto di Wallenstein. Boemo di nascita, il Wallestein aveva parteggiato per gli Asburgo contro i suoi connazionali arricchendosi con i beni confiscati ai ribelli dopo il disastro della Montagna Bianca. Con queste ricchezze aveva messo insieme un esercito poderoso di mercenari, di cui si assicurava la fedeltà con i saccheggi e le contribuzioni, imposte con uguale rapacità ad amici e nemici. Era spietato, cinico e dimostrava uno straordinario genio militare. Cristiano IV di Danimarca fu battuto dagli eserciti di Wallestein e Tilly e obbligato a firmare la PACE DI LUBECCA (1629) ed a ritirarsi dalla lotta. L'imperatore emanò l'EDITTO DI RESTITUZIONE, col quale i protestanti erano obbligati a restituire i beni ecclesiastici incamerati dopo il 1552. Il diretto dominio degli Asburgo venne esteso a varie città e terre della Germania settentrionale. Lo strapotere degli Asburgo cominciava a preoccupare anche i principi cattolici della Germania. Appariva chiaro il progetto di Ferdinando II di unificare la Germania. Egli chiedeva inoltre la trasformazione della sua dignità da elettiva a ereditaria. PERIODO SVEDESE - Un grande stato asburgico-cattolico, sostenuto dalla burocrazia viennese, dai gesuiti e dalle milizie del Wallenstein, stava per imporre la propria egemonia sul resto del continente. Ma il cardinale di Richelieu, pur evitando ancora la guerra aperta, tesseva la propria trama contro gli Asburgo. L'ostilità dei principi tedeschi costringeva l'imperatore a sciogliere l'esercito del Wallenstein ed a rinunziare all'ereditarietà della corona imperiale. L'Olanda consumava le risorse della Spagna. In Italia, la Francia si ingeriva nella II GUERRA DEL MONFERRATO (1627-31), riuscendo ad invadere il Piemonte e a minacciare la Spagna nella Valle Padana. Nel contempo, il Richelieu otteneva un decisivo successo politico attirando nella lotta contro gli Asburgo la potenza svedese ed il suo ardito e brillante sovrano GUSTAVO ADOLFO. Mentre l'imperatore Ferdinando II e le truppe del Tilly e del Wallenstein disfacevano i protestanti ed instauravano il dominio degli asburgo sull'Europa centrale, il giovane re degli svedesi, Gustavo Adolfo (1611-1632), aveva assicurato al suo regno il possesso delle rive del Baltico, con una serie di fortunate campagne contro tutti i suoi vicini. I russi di Michele Romanoff erano stati cacciati dal Baltico settentrionale ed i confini svedesi estesi dalla Finlandia alla Carelia ed alla Ingria (1617) comprendendo anche quel terreno sul quale molti anni più tardi sarebbe sorta Pietroburgo. Sigismondo Vasa, re di Polonia, era stato obbligato a retrocedere la sua antica sovranità sulla Livonia e sulle coste meridionali del Baltico. Adesso che il re di Danimarca era stato battuto dalle forze cattoliche ed eliminato dalla lotta, la Svezia si vedeva direttamente in contatto con le forze del Wallenstein, rinforzati dalla parte del mare dalle flotte della Spagna, che risalivano dalle coste fiamminghe, mirando a tagliare fuori dal commercio con i mari settentrionali gli odiati olandesi. Il motivo economico del predominio marinaro sui traffici del Baltico, si fondeva così con i motivi della sicurezza militare della Svezia e della difesa della fede protestante dagli attacchi combinati delle grandi potenze cattoliche. Nel 1630 il giovane sovrano si lancia in una guerra sul suolo tedesco contro la potenza degli Asburgo. L'oro della Francia e dell'Olanda lo sostiene. I principi protestanti del Brandenburgo e della Sassonia sono finalmente persuasi ad intervenire anch'essi nella lotta a fianco di Gustavo Adolfo. Una serie di vittorie folgoranti segna il cammino di Gustavo Adolfo. A Breitenfeld, nella Sassonia, l'esercito del Tilly è messo in rotta (1631). Il ducato di Baviera è invaso: gli svedesi entrano nella sua capitale Monaco. In meno di un anno tutta la Germania è ai piedi di Gustavo Adolfo. Nel colmo del pericolo, Ferdinando II richiama Wallenstein, il vecchio predone sfrenato, il quale è il solo che può salvare le fortune degli Asburgo. A Norimberga il Wallenstein riesce per la prima volta a fermare l'inpeto di Gustavo Adolfo. Poco dopo, sulla pianura di Liitzen (1632) i due grandi condottieri si fronteggiano per la seconda volta in campo aperto. Gli Svedesi vincono, ma Gustavo Adolfo muore in battaglia. L'esercito svedese continua la lotta sotto la guida del cancelliere AXEL OXENSTIERNA. Nel campo imperiale regna il sospetto per la condotta equivoca del Wallenstein, che se ne sta ozioso in Boemia ed avvia trattative personali con i nemici atteggiandosi quasi a sovrano indipendente dai voleri dell'imperatore. Subodorando un tradimento, Ferdinando II fa allora sopprimere il Wallenstein da un gruppo dei suoi mercenari (1633). L'esercito imperiale coglie una brillante vittoria sugli svedesi sul campo di battaglia di Nordlingen (1634). Stanchi di una guerra che appare sempre più combattuta sul suolo tedesco per interesse di potenze straniere, e rassicurati dall'imperatore circa la propria posizione religiosa, i principi della Sassonia e del Brandenburgo firmano la pace di Praga (1635). La Svezia è lasciata sola contro le forze dell'Impero, sul cui trono è asceso il nuovo sovrano FERDINANDO III (1637-1657). PERIODO FRANCESE - Come una macchia d'olio, la guerra dei Trenta Anni si estende ancora ad altri paesi. L'intervento della Francia del Richelieu nella lotta viene infatti a saldare insieme le due guerre tra Spagna ed Olanda e tra Svezia ed Impero, che fino ad allora si erano trascinate isolatamente l'una dall'altra. Anche l'Italia vede entrare in guerra contro gli Spagnoli, a fianco della Francia, il duca di Savoia Vittorio Amedeo I, il duca di Mantova, nonché quello di Parma, Odoardo Farnese. Già intorno al 1640 si comincia a delineare il fallimento della politica dell'Olivares ed il tracollo della potenza spagnola. In Catalogna, gli abitanti si sollevano contro il governo di Madrid e si pongono sotto la protezione della Francia, i cui eserciti invadono il Roussillon. Lo stesso fanno quelli del Portogallo, che dalla lunga unione con la Spagna non hanno ritratto altro che sconfitte navali e perdite nel proprio impero coloniale, rivendicando la propria indipendenza e ristabilendo sul trono la dinastia di Braganza. Nel 1643 il più grande dei generali francesi, il PRINCIPE DI CONDÉ, riporta a Rocroi, nelle Fiandre, una schiacciante vittoria, in cui le fanterie spagnole stesse sono per la prima volta sbaragliate in campo aperto. La morte quasi contemporanea di alcuni tra i maggiori protagonisti dell'immane conflitto, come l'Olivares (1642), il cardinale Richelieu (1642) e Luigi XIII (1643), non basta ancora ad arrestare l'interminabile guerra. Soltanto la stanchezza consiglia finalmente i belligeranti ad iniziare trattative di pace, che vengono avviate nelle due cittadine di Munster ed Osnabruck nella Westfalia. Ma gli interessi sono tanti e contrastanti e i diplomatici per quattro anni non riescono ad accordarsi, mentre la guerra prosegue furiosa. Gli svedesi tornano a dilagare in Boemia e nella Germania meridionale, come nei giorni di Gustavo Adolfo: i calvinisti della Transilvania attaccano i territori asburgici della Moravia; il Condé marcia all'interno dei Paesi Bassi spagnoli, puntando su Anversa. Appunto sotto la spinta di questi ultimi eventi, le trattative di Munster ed Osnabruck arrivano finalmente alla conclusione nel 1648 nella pace di Westfalia, ponendo termine così ad una delle più spaventevoli calamità che l'Europa abbia subito. LA PACE DI WESTFALIA - La pace di Westfalia segna il tramonto della egemonia degli Asburgo ed il crollo del disegno ambizioso di Ferdinando II di creare un grande stato cattolico ed unitario nell'Europa centrale sotto lo scettro austriaco. Viceversa essa rappresenta il trionfo della Francia, il riconoscimento della supremazia Svedese sul Baltico la definitiva affermazione dell'indipendenza dell'Olanda. La politica di Richelieu ha trovato un degno continuatore nel cardinale italiano Giulio Mazarino, diventato il vero padrone della Francia, grazie alla fiducia della regina vedova Anna d'Austria reggente per il figlio bambino LUIGI XIV (1643-1715). Grazie al Mazarino, la marcia della Francia in direzione del Reno, iniziata cento anni avanti da Enrico II, con l'occupazione di Metz, Toul e Verdun, raggiunge il suo primo grande successo con l'annessione definitiva dei tre vescovati allo stato francese e l'acquisto di parte della Alsazia. A questa si aggiunge, a completare il capolavoro diplomatico del Mazarino, la distruzione dell'unità politica della Germania e la sua totale apertura alla penetrazione dell'influenza francese. Ciascuno dei 350 stati e staterelli dell'impero germanico acquista difatti, in forza delle clausole del trattato di Westfalia, il diritto di una potenza sovrana, cioè quello di fare alleanze con le potenze vicine, di dichiarare guerra e pace anche senza il consenso dell'imperatore. L'autorità di quest'ultimo e con essa ogni effettiva unità politica dell'Impero tedesco viene così a ridursi praticamente a nulla. La funzione di garante della esecuzione del trattato e di custode della libertà dei piccoli stati tedeschi, assegnata alla Francia dal trattato di Westfalia, le assicura qualsiasi possibilità d'intervento militare e diplomatico. Da allora in poi, l'egemonia dello stato francese sui suoi minuscoli ed impotenti vicini di oltre Reno è inevitabile; come inevitabile è la penetrazione della cultura francese nel cuore della Germania, impoverita economicamente e regredita verso i livelli più bassi della civiltà umana dall'imperversare trentennale della guerra devastatrice sui suoi territori. La rovina della Germania viene ribadita nella sua parte settentrionale dalla installazione della Svezia sulle sue coste del Baltico e del mare del Nord. Già in possesso, dopo le sue guerre con la Russia e con i Polacchi, delle terre dell'Ingria, della Carelia e della Livonia, la Svezia completa il proprio dominio sul Baltico con l'acquisto di Stettino, Stralsunda e Wismar e mette il piede nel mare del Nord col possesso di Brema e Werden. Le foci di tutti i grandi fiumi della Germania, cioè le porte delle maggiori vie della penetrazione commerciale ed economica nell'interno dell'Impero, sono ormai nelle mani della Svezia. Unico compenso a tanto disastro è per la Germania la fine delle guerre di religione. La pace di Augusta viene riconfermata ed estesa ai calvinisti, oltre che ai luterani. L'elettore del Palatinato riacquista il titolo elettorale e metà dei propri territori, mentre l'altra metà, sempre col titolo elettorale, resta al duca di Baviera. In tal modo, il numero degli elettori del Sacro Romano Impero sale da sette ad otto. Praticamente, la pace di Westfalia, ponendo fine al sogno egemonico degli Asburgo in Europa, riconoscendo l'indipendenza dell'Olanda e l'esistenza di più confessioni religiose all'interno dell'impero, rappresenta la fine dell'età della Controriforma. Il grandioso progetto della ricostituzione dell'unità religiosa dell'Europa sotto la guida spirituale del Papato e della Compagnia di Gesù, l'egemonia politica della casa d'Austria e quella militare degli invincibili fanti di Castiglia è tramontata in uno dei più orrendi laghi di sangue che la storia occidentale abbia mai conosciuto. LA GUERRA DI FRONDA - Durante trenta anni una parte grande del continente europeo è stata preda di saccheggi e stragi. Nessuno dei governi belligeranti era più in grado di pagare regolarmente le proprie truppe, ogni esercito si era abituato a vivere di rapina. Ai danni prodotti dal passaggio e dai saccheggi degli eserciti, occorre aggiungere gli effetti delle carestie e delle pestilenze, gli effetti dei carichi fiscali nei paesi belligeranti. In Germania la popolazione decimata ed abbrutita dalle sofferenze si è ridotta in talune zone ad un quinto e persino ad un decimo, miseria e disperazione regnano anche in Francia, in Spagna, in Italia, nei paesi della Scandinavia. La Spagna è ridotta ad un deserto, i domini spagnoli in Italia accusano una significativa diminuzione di abitanti, che arriva a toccare il 15-20 % della popolazione. Comprensibilmente pertanto, gli anni della pace di Westfalia sono anni di violente crisi interne, di agitazioni nelle masse popolari, esasperate dalla intollerabile oppressione esercitata dai governi. Nei domini della Spagna, alle rivolte della Catalogna e del Portogallo, si aggiungono quelle di Napoli e Palermo. La stessa Inghilterra subisce una rivoluzione religiosa, politica e sociale in cui il radicalismo calvinista avrà una parte preminente. Anche in Francia, nonostante i trionfi di Rocroi e della pace di Westfalia, si apre una crisi interna. Il Mazarino, questo straniero che la voce pubblica diceva amante della reggente ANNA D'AUSTRIA, restava profondamente impopolare tra i francesi. I corrotti e primitivi sistemi fiscali, che il Mazarino aveva adoperato per procurarsi i mezzi per la guerra, esasperavano la borghesia ed il popolo. Da parte sua la nobiltà intendeva profittare della minore età del sovrano per abbandonarsi nuovamente alle sue abitudini di indisciplina e di prepotenza, e non sopportava l'indirizzo autoritario del governo. In Francia non esisteva un organo rappresentativo del genere del Parlamento inglese, giacché gli Stati Generali, riuniti per l'ultima volta nel 1614, non si erano mai più adunati. V'era un organo di supremo controllo giudiziario, il Parlamento di Parigi, formato da magistrati della nobiltà di toga, che, sebbene di nomina regia, aspirava ad un controllo sugli atti del governo, simile a quello del Parlamento inglese. All'indomani della pace di Westfalia, il malcontento generale sfociò in una rivolta contro il Mazarino, nota come rivolta della Fronda, dal nome di un attrezzo per lanciare sassi, assai in voga tra i monelli di Parigi. Il popolo Parigino si sollevò in seguito all'arresto uno dei presidenti del Parlamento, che si era rifiutato di legalizzare la politica fiscale del Mazarino. La corte fu obbligata a fuggire dalla capitale. Il principe di Condé, richiamato dal fronte dei Paesi Bassi, soffocò questa prima agitazione o Fronda Parlamentare. Ben presto però il Condé prese un atteggiamento così tracotante, da indurre il Mazarino a farlo arrestare a sua volta. Allora la Fronda risorse più violenta guidata dall'alta aristocrazia, desiderosa di abbattere l'odiato italiano (Fronda dei Principi, 1650-52). Mancava una vera coesione tra gli interessi dei vari gruppi che lottavano contro il Mazarino. I giuristi del Parlamento di Parigi non avevano alcuna simpatia per la plebe che alzava le barricate per le strade. Sia la plebe che i giuristi odiavano la nobiltà tracotante, che si batteva soltanto per i propri interessi. Dividendo i propri avversari, la corte costrinse il Condé a lasciare Parigi ed a fuggire nei Paesi Bassi. Il Mazarino poteva rientrare nella capitale e restare arbitro dei destini della Francia. LE PACI DEI PIRENEI, DI OLIVA E DI COPENAGHEN - Due conflitti restavano aperti: la guerra tra la Francia e la Spagna, non rassegnata ancora alla sconfitta, e l'interminabile lotta per l'egemonia sul Baltico. E dell'uno e dell'altro appunto Mazarino riusciva a trovare la soluzione, ribadendo la preponderanza francese sull'Europa, di cui aveva gettato le basi nel trattato di Westfalia. Contro la Spagna il Mazarino riuscì a guadagnarsi l'alleanza dell'Inghilterra di Cromwell e il formidabile esercito dei puritani. Al comando del TURENNE gli eserciti di Francia e d'Inghilterra schiacciarono presso Dunquerque (1658) l'esercito spagnolo. Stremata la Spagna chiese negoziati di pace che il geniale ministro trasformò in un nuovo trionfo della potenza francese. Col trattato dei Pirenei (1659) gli Asburgo di Spagna cedevano quelle terre del Rossiglione e della Cerdagne. che Carlo VIII aveva ceduto a Ferdinando il Cattolico al tempo della sua spedizione contro Napoli cioè consentivano alla Francia di portare il proprio confine sino alla invalicabile catena montana dei Pirenei. Cedevano inoltre parte dell'Artois e talune città delle Fiandre, nonché Dunquerque, che veniva attribuita all'Inghilterra, in cambio del suo intervento. Cosa ancora più importante, lo scaltro cardinale otteneva per Luigi XIV la mano di MARIA TERESA, figlia del re di Spagna Filippo IV. Qualora cioè gli Asburgo di Spagna si fossero estinti, come già appariva probabile, dato lo sfacelo fisico della dinastia, Luigi XIV avrebbe potuto legittimamente appropriarsi della stessa corona spagnola. Era vero che la pace dei Pirenei lo impegnava a rinunciare ad ogni pretesa del genere, ma il Mazarino aveva subordinato questa rinuncia al pagamento integrale della dote di Maria Teresa, fissata in una cifra talmente alta che ben difficilmente sarebbe stata pagata date le casse esauste di Filippo IV. Mazarino si volgeva poi a sistemare a vantaggio della potenza francese anche il conflitto del Baltico. La corona di Svezia era stata compromessa dagli sperperi e dalle follie della figlia ed erede di Gustavo Adolfo, la regina CRISTINA (1632-1654). Finalmente, quest'ultima si era indotta ad abdicare, per convertirsi al cattolicesimo e recarsi a vivere in Italia, lasciando il trono ad un cugino, CARLO X, della dinastia tedesca degli Zweibrucken. Costui aveva lanciato il paese in un nuovo conflitto (Prima guerra del Nord: 16541660) aggredendo la Polonia e minacciando di distruggerla. L'intervento però della Danimarca e dell'elettore del Brandenburgo, contro la Svezia, aveva messo quest'ultima a mal partito, minacciando di sovvertire l'assetto stesso sancito dai trattati di Westfalia. Il Mazarino allora, trascinandosi dietro, ancora una volta, l'Inghilterra e l'Olanda, riuscì a porsi come mediatore fra i contendenti ed a chiudere tutta la partita, con le paci di Oliva, tra Polonia e Svezia, e di Copenaghen, tra Svezia, Danimarca e Brandenburgo (1660). Con questi trattati, Polonia e Svezia erano ugualmente salvate dalla rovina e quindi legate in permanenza alla Francia, cui dovevano guardare da allora in poi come alla propria salvaguardia contro i loro vicini. La Danimarca era obbligata a cedere alla Svezia la Scania, cioè il lembo di costa scandinava prospiciente il Sund, e quindi cessava di detenere la porta d'ingresso del Baltico e di potere esigere tributi dalle navi in transito, con evidente vantaggio per il traffico marittimo anglo-olandese, riducendosi pertanto ad una potenza di second'ordine. All'influenza francese, ormai stabilita saldamente sull'Europa orientale, altresì, veniva legata una nuova potenza, che giusto allora cominciava ad affacciarsi sul Baltico: la dinastia degli Hohenzollern.