aspetti europei - cucinapadovana.it

annuncio pubblicitario
Guerra dei 30 anni in Europa
LA SPAGNA E L'IMPERO GERMANICO - La politica spagnola aveva fallito i suoi
obiettivi in tutti i suoi domini e non aveva unito l'Europa, nè politicamente (sotto gli
Asburgo) né dal punto di vista religioso sotto il cattolicesimo. Ma la Spagna, malgrado
il dissesto finanziario e i disastri militari subiti, rimaneva comunque una formidabile
potenza militare e un grande impero coloniale nei primi anni del seicento.
L'arte e la letteratura spagnole fecero parlare di secolo d'oro.
Ricordiamo solo Miguel Cervantes de Saavedra (1547-1616), che nel suo Don
Chisciotte sembrava simboleggiare un lato della sognante anima castigliana, i grandi
romanzi picareschi spagnoli, dalle strane avventure di zingari e di poveri diavoli, i
drammaturghi come Calderòn, commediografi come Tirso de Molino, i suoi saggisti
politici e morali.
Per l'arte ci basti ricordare la pittura di Velasquez, Murino e Ribera.
Forse un periodo di pace e tranquillità dopo tante guerre e un'economia più accorta
avrebbe potuto evitare alla Spagna la disastrosa decadenza che si preparava, ma
purtroppo l'assolutismo monarchico e una serie di sovrani inetti e tarati mentalmente
non concessero alla Spagna un governo che assumesse le decisioni più opportune.
Il potere effettivo fu esercitato dai favoriti, che malgovernarono e lanciarono il paese in
avventure folli. Dal 1618 al 1642 il conte duca Olivares fu il vero padrone della
Spagna.
Nel 1619 furono cacciati i MORISCOS, cioè i discendenti dei mussulmani del regno di
Granada, i quali resistettero scatenando una micidiale guerriglia, che durò molto
impoverendo ulteriormente contadini e artigiani. Ma l'ultima e mortale decisione fu di
riprendere la lotta contro tutti i paesi protestanti, scatenando la guerra dei trent'anni,
che devastò l'Europa e segnò la morte della potenza spagnola.
Le conseguenze più gravi furono sopportate dagli stati germanici. - Nella seconda metà
del Cinquecento, mentre Francia e Olanda erano state coinvolte in guerre sanguinose,
la Germania aveva trascorso un periodo relativamente tranquillo grazie al fatto che gli
Asburgo d'Austria erano stati troppo occupati a combattere contro i Turchi per potersi
occupare dell'unità dell'impero tedesco. Inoltre la riforma protestante aveva
ulteriormente rafforzate le spinte centrifughe.
La pace di Augusta del 1555, aveva mantenuto una relativa tranquillità nel corpo
dell'Impero anche grazie alla tolleranza religiosa degli imperatori Ferdinando I di
Asburgo (1556-1564) e Massimiliano II (1564-1576).
Sotto il regno di Rodolfo II le cose iniziarono a peggiorare anche per le rinnovate
tensioni tra cattolici e protestanti. Principi luterani e imperatori cattolici avevano
convissuto tranquillamente finchè il radicalismo calvinista, rifluito dalla Francia e
dall'Olanda, fece proselitismo nei territori contigui della Germania e fu accolto nel
Palatinato Renano la cui capitale, Heidelberg, diventava uno dei massimi centri
intellettuali riformati.
Al polo opposto la Compagnia di Gesù spendeva tutte le sue influenze per la
riconquista al cattolicesimo dei territori passati alla Riforma Protestante. I principali
sostenitori dei Gesuiti erano i principi di Baviera.
Per la clausola cuius REGIO, EIUS RELIGIO della pace di Augusta, ogni volta che un
principe cattolico aderiva al protestantesimo o viceversa, tutti i suoi sudditi erano
costretti a cambiare anch'essi di religione oppure dovevano emigrare. La pace di
Augusta conteneva anche la clausola del Reservatum Ecclesiasticum, per la quale i
signori ecclesiastici, diventati protestanti, dovevano rinunziare ai propri feudi. Poiché
questa clausola era stata evasa spesso esistevano vari signori protestanti, in posizione
irregolare, i quali temevano per i propri beni e aderivano volentieri al radicalismo dei
massimi nemici del cattolicesimo. A queste tensioni si aggiungevano gli effetti
dell'inflazione che colpiva l'Europa. Essa decimava i patrimoni dei banchieri tedeschi e
riduceva in critiche condizioni la piccola nobiltà spingendola a gettarsi in qualsiasi
avventura. In questo clima si aprì la questione della successione di Clève, un vasto
stato feudale nella zona renana, alla cui eredità pretendevano sia gli elettori del
Brandenburgo, sia i duchi di Neuburg. Ambedue i pretendenti erano luterani, ma per
trovare appoggio alle loro ambizioni passarono rispettivamente al campo riformato gli
uni e cattolico gli altri.
Sorse così da una parte la Unione Evangelica, capeggiata dall'elettore del Palatinato
Renano, e si creò dall'altra la Lega Cattolica, capeggiata dalla Baviera.
L'imperatore Rodolfo II si rivelò incapace di dominare la situazione. La Spagna
appoggiò la Lega Cattolica, e l'Unione Evangelica, in risposta, cercò appoggio in Enrico
IV di Francia. Si giunse così ad una crisi internazionale, che faceva riprendere il
tradizionale duello tra Francia e Spagna.
LA FRANCIA - La pace di Vervins aveva chiuso la guerra contro Filippo II (1598). La
Francia aveva finalmente trovato pace e benessere relativo sotto il regno di Enrico IV.
Il sovrano francese si era proposto di promuovere il benessere del suo popolo, e chiamò
a realizzare questo programma l'ugonotto DUCA DI SULLY, che riordinò le finanze
del regno e promosse l'agricoltura, le bonifiche, i lavori pubblici.
Enrico IV cercò di sviluppare anche altre forme d'attività economica oltre l'agricoltura.
Fu incoraggiato l'impianto in Francia di industrie di lusso, come vetrerie, maioliche,
tappeti ecc. Furono fondate le prime colonie francesi nel Canada e nelle Antille.
Riconquistata l'antica prosperità economica, rafforzata nella struttura finanziaria,
pacificata religiosamente dall'editto di Nantes, riordinata nella sua struttura
amministrativa su basi fermamente assolutistiche, intese a comprimere l'irrequieta
aristocrazia, la Francia tornava così ad avere un peso preminente nella politica
internazionale.
Nel 1610 Enrico IV già mirava ad una ripresa dell'antico conflitto tra la Francia e gli
Asburgo, profittando della questione di Clève e stringendo alleanze con l'Olanda, la
Svezia, la Danimarca i protestanti tedeschi e il duca di Savoia, quando all'improvviso
il suo assassinio per opera di un prete fanatico, Francesco Ravaillac interrompeva
bruscamente i preparativi offensivi.
La Francia tornò ad attraversare una fase di torbidi interni. Insidiata dalla grande
aristocrazia, osteggiata dal Parlamento di Parigi, MARIA DEI MEDICI reggente per il
figlio giovinetto Luigi XIII (1610-1643) dovette rinunciare ad ogni ambizione
espansionistica e cercare un ravvicinamento con la Spagna.
La situazione cominciò a migliorare quando Luigi XIII uscì dalla tutela della madre
(1617), e giunse al governo della Francia Armand Duplessis di Richelieu (1585 1642),
vescovo di Lucon, uno degli uomini che dominarono la scena politica dell'Europa.
Abilissimo diplomatico e uomo di ferrea e spregiudicata energia, il Richelieu può
considerarsi uno dei creatori della grandezza Francese. Prima di impegnare la Francia
in una politica estera dai grandi obiettivi, Richelieu aveva bisogno di ristabilire
l'autorità della monarchia, scaduta nel periodo della reggenza. Egli represse con pugno
di ferro la superbia della nobiltà, di cui stroncò duramente le agitazioni. e domò gli
ugonotti.
L'Editto di Nantes permetteva agli Ugonotti di opporsi con forze proprie alle forze del
re per difendere i propri diritti. Per togliere di mezzo questa sorta di stato entro lo
stato, il Richelieu adoperò le armi contro gli ugonotti, assediandone la fortezza
principale, la Rochelle. benché questa, soccorsa da aiuti inglesi. resistesse per lungo
tempo. Riuscito nel 1628 ad ottenere la capitolazione della Rochelle, il Richelieu fece
seguire a queste drastiche misure un regime di tolleranza religiosa, col quale ogni
residuo delle passate lotte intestine poté essere cancellato. Così pacificata e rafforzata,
la Francia era pronta a entrare nel grande conflitto europeo.
IL PROBLEMA DEL BALTICO - Intanto sulle rive del mar Baltico le potenze
rivierasche erano in competizione per il suo dominio. Sulle rive di tale mare si
scontravano il cattolicesimo della Polonia, l'ortodossia della Russia, il luteranesimo dei
re scandinavi e dei tedeschi. A tali rivalità religiose corrispondevano rivalità di traffico
commerciale per il trasporto del grano russo e polacco, della canapa e del legname
delle foreste dell'Europa nord-orientale, del rame e del ferro delle miniere svedesi, che
venivano scambiati con i prodotti industriali dell'Occidente e quelli coloniali
dell'Oriente.
Il Baltico rivestiva un'importanza determinante per tutti i paesi dell'Occidente
europeo. Solo dal Baltico l'Olanda e l'Inghilterra potevano trarre le materie prime per
le costruzioni navali. Dalle sorti del Baltico dipendevano le sorti delle grandi rotte
oceaniche.
Il Baltico aveva visto crescere la potenza della DANIMARCA, che dominando sulla
Norvegia e la Scania controllava lo stretto del Sund. Importantissima anche la
posizione della POLONIA, che imponendo il proprio vassallaggio ai Cavalieri
Teutonici, sulle coste della Prussia e della Livonia, controllava i porti e gli estuari da
Riga sino a Danzica. A contrastare il controllo danese e polacco si affacciavano altre
forze, tra cui il regno di SVEZIA, sorto a vita indipendente nell'epoca della Riforma,
per opera del suo primo re GUSTAVO VASA.
Di questo paese, fino ad allora estraneo alla vita politica europea, Gustavo Vasa ed i
suoi successori erano riusciti a fare uno stato moderno, governato da una monarchia
assoluta, dotato di un ottimo esercito. Le risorse minerarie della Svezia erano sfruttate
sempre meglio e le vaste foreste scandinave alimentavano una sempre più florida
industria navale. La Svezia aveva fatto il proprio ingresso nelle questioni
internazionali a fianco della Francia nelle guerre del sec. XVI contro gli Asburgo.
RUSSIA - Ad Oriente della Svezia un altro stato premeva per affacciarsi sul Baltico: la
Russia. La Russia della seconda metà del sec. XVI appariva un paese più asiatico che
europeo, estraneo alla evoluzione civile dell'Occidente. La lunga dominazione tartara
aveva lasciato in eredità costumi poco europei, dall'abitudine di tenere chiuse le donne
in una specie di harem o terem, ai lunghi caftani che costituivano l'abbigliamento
usuale del popolo, dalla corruttela e dal dispotismo del governo, alla crudeltà asiatica
dei suoi sistemi giudiziari.
ll sovrano russo viveva a Mosca in una specie di città entro la città, il Cremlino. Ai
suoi ordini stava una guardia del corpo permanente — gli strelzy o moschettieri —
simile ai giannizzeri turchi. Il suo potere, quasi divino, era senza limiti. Una grande
influenza sullo stato era esercitata dai monaci e dai preti o popi, spesso ignoranti,
fanatici, superstiziosi. Accanto a loro avevano una parte più o meno notevole nel
governo, a seconda della energia di ciascun sovrano, i nobili o boiari. Non c'era
nemmeno da pensare a borghesia o ceti medi. I contadini russi o mugik, raccolti nelle
loro comunità rurali o mir, esercitavano un'agricoltura arretrata e la loro condizione
era praticamente di servi della gleba.
Alla metà del sec. XVI, tuttavia, lo stato russo aveva conosciuto un periodo di notevole
rafforzamento sotto Ivan IV il Terribile (1533-1584), che, lasciato il vecchio titolo di
Granduca di Mosca, aveva assunto quello di imperatore o Zar, a manifestare la volontà
di continuare l'impero di Bisanzio. Ivan IV fu il vero creatore della potenza della
Russia.
Lo stato moscovita, al momento dell'ascesa al trono di Ivan il Terribile, non
comprendeva altro che la parte nord-occidentale della Russia propriamente detta.
Priva di sbocchi sul mare. Sotto di lui il dominio russo si estese fino al Volga, sui
territori fino ad allora dominati dai tartari, conquistando le piazzeforti fluviali di
Kazan e di Astrakhan. Durante il suo regno furono allacciati i primi rapporti tra la
Russia e l'Occidente attraverso i mercanti olandesi e la Compagnia Russa di Londra.
Ad Ivan il Terribile risale la prima intuizione di quella che sarebbe stata per secoli la
grande aspirazione della Russia: lo sbocco sul mare. Per accostarsi alle rive del mare,
le orde di Ivan il Terribile si rovesciavano sulla Livonia ed entravano in competizione
con gli altri stati rivieraschi. Da quel momento pertanto, l'Impero russo cominciava ad
affacciarsi nella politica dell'Europa.
POLONIA - Anche il regno di Polonia era nelle condizioni di partecipare alla contesa
per il dominio del mar Baltico. La Controriforma cattolica si era appoggiata in
Occidente sulla Spagna e in Oriente sull'impero austriaco degli Asburgo. Stesso
appoggio alla controriforma stava assumendo la Polonia nella seconda metà del secolo
XVI grazie alla diplomazia dei Gesuiti.
Alcuni storici affermano che la potenza polacca a partire dalla seconda metà del
cinquecento sia una creazione dei Gesuiti. Infatti il regno polacco sembrava avviato
alla decadenza. La monarchia era in balia di aristocratici turbolenti e anarchici. La
Polonia era incapace di sopportare la concorrenza degli stati vicini, più moderni e
stabili.
Inoltre la Polonia era terreno di conflitto tra luterani, calvinisti, sociniani, cattolici.
La dinastia degli Iagelloni si era estinta nel 1572 e le lotte per la successione avevano
indebolito ulteriormente la monarchia, che si era trasformata in elettiva.
Il regno polacco poté risorgere fino al punto da competere per l'egemonia del Baltico,
grazie agli sforzi combinati della compagnia di Gesù e dei due sovrani Stefano Bàthory
(1576-1586) e Sigismondo III Vasa (1587-1632), cugino del re di Svezia, zelantissimo
nell'opera della Controriforma. I gesuiti distruggevano il protestantesimo e rendevano
la Polonia una roccaforte del cattolicesimo, contemporaneamente Stefano Bàthory
prima e Sigismondo Vasa dopo estendevano la potenza della Polonia e la fede cattolica
sui territori vicini. Le forze polacche e svedesi combinate costrinsero la Russia a
ritirarsi dalle recenti conquiste della Livonia.
Subito dopo, l'ascesa di Sigismondo Vasa al trono svedese (1592-1599) offrì a
quest'ultimo l'occasione di attrarre anche la propria patria di origine nell'orbita della
politica polacca e della Controriforma. Riuscito vano il tentativo di assorbimento della
Svezia, per la resistenza opposta tanto sul terreno religioso quanto su quello politico
dai suoi abitanti, Sigismondo si volse verso la vicina Russia, dove un usurpatore, Boris
Godunov (1598-1605), aveva fatto scomparire l'ultimo rampollo di Ivan il Terribile, il
principe DEMETRIO, e si era istallato sul trono degli zar. Un falso Demetrio (16051606) sostenuto dai polacchi ed accompagnato da missionari gesuiti, e
successivamente un secondo falso Demetrio (1609-1610), tentarono di impadronirsi
della corona e insediarsi in Mosca. Se il tentativo dei falsi Demetri avesse avuto
successo, la Russia sarebbe entrata nell'orbita della Polonia e del cattolicesimo, e la
storia del mondo sarebbe cambiata. Ma la penetrazione polacco svedese in Russia fu
respinta al pari della penetrazione cattolica. Dopo una fase di sanguinose agitazioni
passata alla storia col nome di PERIODO DEI TORBIDI, il popolo alzava così al trono
un principe interamente russo e di religione ortodossa. lo zar Michele Romanoff (16131645). Da allora fino alla rivoluzione del 1917, la famiglia dei Romanoff non sarebbe
più discesa dal trono degli zar.
PERIODO BOEMO PALATINO - La guerra dei Trenta Anni consistette in diversi
conflitti, incastrati l'uno nell'altro.
Nel primo periodo o boemo-palatino, la guerra appare come un conflitto interno
dell'Impero. Inizia in Boemia, dove da tempo si contrastano l'elemento nazionale slavo
con quello tedesco importato dagli Asburgo, il cattolicesimo della Controriforma ed il
protestantesimo calvinista.
Nel 1609 i protestanti boemi avevano ricevuto da RODOLFO II una (Lettera di
maestà), che garantiva il diritto di esercitare il proprio culto e di costruire le proprie
chiese. In seguito, con l'imperatore, MATTIA (1612-1619), gli Asburgo si mostrarono
meno tolleranti. Il malcontento dei protestanti si aggravò quando si seppe che al
vecchio imperatore sarebbe succeduto l'arciduca FERDINANDO II D'ASBURGO, di
cui era nota la determinazione di sterminare il protestantesimo.
In seguito a una violazione della Lettera di maestà, i boemi si ribellarono
apertamente. Il 23 maggio 1618 due messi imperiali, furono gettati dalle finestre del
castello di Praga (defenestrazione di Praga).
Bel presto la ribellione si allargò anche al territorio austriaco. L'imperatore Mattia
morì e Ferdinando II (1619-37) gli succedeva. I ribelli si rifiutarono di riconoscerlo
come re di Boemia ed elessero come proprio re Federico V, capo dell'Unione Evangelica
ed elettore del Palatinato.
Alleati di Ferdinando II: la Lega cattolica, del duca Massimiliano DI BAVIERA, il re di
Spagna FILIPPO III, che dalle Fiandre attaccava i territori del Palatinato.
Alleati dei ribelli furono i principi calvinisti della Transilvania.
Si mantennero invece neutrali i Luterani di Germania, la Francia e l'Inghilterra,
anche se Federico V era genero del re Giacomo I Stuart.
Il conflitto si ripercosse anche in Italia, a causa dell'importanza strategica della
Valtellina, via di comunicazione fra i domini spagnoli del Mediterraneo e l'Impero
Germanico. Gli spagnoli, attraverso la Valtellina, portarono in Germania le loro
invincibili fanterie.
Presso Praga (1620), i boemi furono schiacciati (battaglia della Montagna Bianca).
Federico V fu deposto dalla dignità di elettore e cacciato dal Palatinato, che fu
attribuito a Massimiliano di Baviera, assieme al titolo elettorale. L'Unione Evangelica
fu sciolta, la Lega Cattolica trionfava in tutta la Germania.
La popolazione boema fu decimata; moltissimi nobili furono sostituiti con nobili di
sangue tedesco. Funzionari asburgici imposero il dominio assoluto di Ferdinando II. I
Gesuiti installati a Praga dispersero gli ultimi residui di opposizione religiosa. La
religione, la lingua e la cultura boeme furono praticamente cancellate.
Sul trono degli Asburgo di Spagna saliva un altro fantasma di sovrano, FILIPPO IV
(1621-1665)dominato dall'onnipotente CONTE-DUCA d'OLIVARES.
La situazione internazionale avrebbe offerto alla Spgna la possibilità di interrompere
finalmente la rovinosa serie delle sue guerre europee. Ma il conte-duca era ambizioso e
voleva la rivincita sui ribelli di Olanda. Prese occasione dalla sconfitta dei protestanti
tedeschi e nel 1620, tornò a dichiarare guerra agli olandesi ed iniziava una serie di
campagne in cui il meglio delle sue truppe sarebbe stato consumato in lunghissimi
assedi contro le fortificazioni dei Paesi Bassi.
Ma non basta: contemporaneamente la Spagna fu impegnata contro la Francia,
Venezia e il Duca di Savoia per mantenere aperta la via della Valtellina.
PERIODO DANESE I piani dell'Olivares e le vittorie degli Asburgo d'Austria destavano l'ostilità della
Francia. Mentre Richelieu contrastava la Spagna nella questione della Valtellina, la
sua diplomazia aizzava le corti protestanti contro gli Asburgo ed incoraggiava gli
Olandesi contro la Spagna. La vittoria cattolica convinceva gli Asburgo ad affacciarsi
verso i territori protestanti della Germania settentrionale.
Preoccupato per questa avanzata e sostenuto da finanziamenti francesi il re di
Danimarca CRISTIANO IV (1596-1648) entrava in guerra contro l'imperatore,
aprendo il Periodo Danese (1625-1629) della guerra dei Trent'Anni.
Le vittorie militari toccarono all'esercito della Lega Cattolica condotto dal generale
TILLY, e a quello dell'imperatore Ferdinando, guidato da Alberto di Wallenstein.
Boemo di nascita, il Wallestein aveva parteggiato per gli Asburgo contro i suoi
connazionali arricchendosi con i beni confiscati ai ribelli dopo il disastro della
Montagna Bianca. Con queste ricchezze aveva messo insieme un esercito poderoso di
mercenari, di cui si assicurava la fedeltà con i saccheggi e le contribuzioni, imposte con
uguale rapacità ad amici e nemici. Era spietato, cinico e dimostrava uno straordinario
genio militare. Cristiano IV di Danimarca fu battuto dagli eserciti di Wallestein e Tilly
e obbligato a firmare la PACE DI LUBECCA (1629) ed a ritirarsi dalla lotta.
L'imperatore emanò l'EDITTO DI RESTITUZIONE, col quale i protestanti erano
obbligati a restituire i beni ecclesiastici incamerati dopo il 1552.
Il diretto dominio degli Asburgo venne esteso a varie città e terre della Germania
settentrionale.
Lo strapotere degli Asburgo cominciava a preoccupare anche i principi cattolici della
Germania. Appariva chiaro il progetto di Ferdinando II di unificare la Germania. Egli
chiedeva inoltre la trasformazione della sua dignità da elettiva a ereditaria.
PERIODO SVEDESE - Un grande stato asburgico-cattolico, sostenuto dalla burocrazia
viennese, dai gesuiti e dalle milizie del Wallenstein, stava per imporre la propria
egemonia sul resto del continente.
Ma il cardinale di Richelieu, pur evitando ancora la guerra aperta, tesseva la propria
trama contro gli Asburgo. L'ostilità dei principi tedeschi costringeva l'imperatore a
sciogliere l'esercito del Wallenstein ed a rinunziare all'ereditarietà della corona
imperiale. L'Olanda consumava le risorse della Spagna. In Italia, la Francia si
ingeriva nella II GUERRA DEL MONFERRATO (1627-31), riuscendo ad invadere il
Piemonte e a minacciare la Spagna nella Valle Padana.
Nel contempo, il Richelieu otteneva un decisivo successo politico attirando nella lotta
contro gli Asburgo la potenza svedese ed il suo ardito e brillante sovrano GUSTAVO
ADOLFO.
Mentre l'imperatore Ferdinando II e le truppe del Tilly e del Wallenstein disfacevano i
protestanti ed instauravano il dominio degli asburgo sull'Europa centrale, il giovane re
degli svedesi, Gustavo Adolfo (1611-1632), aveva assicurato al suo regno il possesso
delle rive del Baltico, con una serie di fortunate campagne contro tutti i suoi vicini. I
russi di Michele Romanoff erano stati cacciati dal Baltico settentrionale ed i confini
svedesi estesi dalla Finlandia alla Carelia ed alla Ingria (1617) comprendendo anche
quel terreno sul quale molti anni più tardi sarebbe sorta Pietroburgo.
Sigismondo Vasa, re di Polonia, era stato obbligato a retrocedere la sua antica
sovranità sulla Livonia e sulle coste meridionali del Baltico. Adesso che il re di
Danimarca era stato battuto dalle forze cattoliche ed eliminato dalla lotta, la Svezia si
vedeva direttamente in contatto con le forze del Wallenstein, rinforzati dalla parte del
mare dalle flotte della Spagna, che risalivano dalle coste fiamminghe, mirando a
tagliare fuori dal commercio con i mari settentrionali gli odiati olandesi. Il motivo
economico del predominio marinaro sui traffici del Baltico, si fondeva così con i motivi
della sicurezza militare della Svezia e della difesa della fede protestante dagli attacchi
combinati delle grandi potenze cattoliche.
Nel 1630 il giovane sovrano si lancia in una guerra sul suolo tedesco contro la potenza
degli Asburgo. L'oro della Francia e dell'Olanda lo sostiene. I principi protestanti del
Brandenburgo e della Sassonia sono finalmente persuasi ad intervenire anch'essi nella
lotta a fianco di Gustavo Adolfo.
Una serie di vittorie folgoranti segna il cammino di Gustavo Adolfo. A Breitenfeld,
nella Sassonia, l'esercito del Tilly è messo in rotta (1631). Il ducato di Baviera è
invaso: gli svedesi entrano nella sua capitale Monaco. In meno di un anno tutta la
Germania è ai piedi di Gustavo Adolfo.
Nel colmo del pericolo, Ferdinando II richiama Wallenstein, il vecchio predone
sfrenato, il quale è il solo che può salvare le fortune degli Asburgo.
A Norimberga il Wallenstein riesce per la prima volta a fermare l'inpeto di Gustavo
Adolfo. Poco dopo, sulla pianura di Liitzen (1632) i due grandi condottieri si
fronteggiano per la seconda volta in campo aperto. Gli Svedesi vincono, ma Gustavo
Adolfo muore in battaglia. L'esercito svedese continua la lotta sotto la guida del
cancelliere AXEL OXENSTIERNA.
Nel campo imperiale regna il sospetto per la condotta equivoca del Wallenstein, che se
ne sta ozioso in Boemia ed avvia trattative personali con i nemici atteggiandosi quasi a
sovrano indipendente dai voleri dell'imperatore. Subodorando un tradimento,
Ferdinando II fa allora sopprimere il Wallenstein da un gruppo dei suoi mercenari
(1633). L'esercito imperiale coglie una brillante vittoria sugli svedesi sul campo di
battaglia di Nordlingen (1634).
Stanchi di una guerra che appare sempre più combattuta sul suolo tedesco per
interesse di potenze straniere, e rassicurati dall'imperatore circa la propria posizione
religiosa, i principi della Sassonia e del Brandenburgo firmano la pace di Praga (1635).
La Svezia è lasciata sola contro le forze dell'Impero, sul cui trono è asceso il nuovo
sovrano FERDINANDO III (1637-1657).
PERIODO FRANCESE - Come una macchia d'olio, la guerra dei Trenta Anni si
estende ancora ad altri paesi.
L'intervento della Francia del Richelieu nella lotta viene infatti a saldare insieme le
due guerre tra Spagna ed Olanda e tra Svezia ed Impero, che fino ad allora si erano
trascinate isolatamente l'una dall'altra. Anche l'Italia vede entrare in guerra contro gli
Spagnoli, a fianco della Francia, il duca di Savoia Vittorio Amedeo I, il duca di
Mantova, nonché quello di Parma, Odoardo Farnese. Già intorno al 1640 si comincia a
delineare il fallimento della politica dell'Olivares ed il tracollo della potenza spagnola.
In Catalogna, gli abitanti si sollevano contro il governo di Madrid e si pongono sotto la
protezione della Francia, i cui eserciti invadono il Roussillon. Lo stesso fanno quelli del
Portogallo, che dalla lunga unione con la Spagna non hanno ritratto altro che sconfitte
navali e perdite nel proprio impero coloniale, rivendicando la propria indipendenza e
ristabilendo sul trono la dinastia di Braganza. Nel 1643 il più grande dei generali
francesi, il PRINCIPE DI CONDÉ, riporta a Rocroi, nelle Fiandre, una schiacciante
vittoria, in cui le fanterie spagnole stesse sono per la prima volta sbaragliate in campo
aperto.
La morte quasi contemporanea di alcuni tra i maggiori protagonisti dell'immane
conflitto, come l'Olivares (1642), il cardinale Richelieu (1642) e Luigi XIII (1643), non
basta ancora ad arrestare l'interminabile guerra. Soltanto la stanchezza consiglia
finalmente i belligeranti ad iniziare trattative di pace, che vengono avviate nelle due
cittadine di Munster ed Osnabruck nella Westfalia. Ma gli interessi sono tanti e
contrastanti e i diplomatici per quattro anni non riescono ad accordarsi, mentre la
guerra prosegue furiosa. Gli svedesi tornano a dilagare in Boemia e nella Germania
meridionale, come nei giorni di Gustavo Adolfo: i calvinisti della Transilvania
attaccano i territori asburgici della Moravia; il Condé marcia all'interno dei Paesi
Bassi spagnoli, puntando su Anversa. Appunto sotto la spinta di questi ultimi eventi,
le trattative di Munster ed Osnabruck arrivano finalmente alla conclusione nel 1648
nella pace di Westfalia, ponendo termine così ad una delle più spaventevoli calamità
che l'Europa abbia subito.
LA PACE DI WESTFALIA - La pace di Westfalia segna il tramonto della egemonia
degli Asburgo ed il crollo del disegno ambizioso di Ferdinando II di creare un grande
stato cattolico ed unitario nell'Europa centrale sotto lo scettro austriaco. Viceversa
essa rappresenta il trionfo della Francia, il riconoscimento della supremazia Svedese
sul Baltico la definitiva affermazione dell'indipendenza dell'Olanda.
La politica di Richelieu ha trovato un degno continuatore nel cardinale italiano Giulio
Mazarino, diventato il vero padrone della Francia, grazie alla fiducia della regina
vedova Anna d'Austria reggente per il figlio bambino LUIGI XIV (1643-1715). Grazie
al Mazarino, la marcia della Francia in direzione del Reno, iniziata cento anni avanti
da Enrico II, con l'occupazione di Metz, Toul e Verdun, raggiunge il suo primo grande
successo con l'annessione definitiva dei tre vescovati allo stato francese e l'acquisto di
parte della Alsazia. A questa si aggiunge, a completare il capolavoro diplomatico del
Mazarino, la distruzione dell'unità politica della Germania e la sua totale apertura
alla penetrazione dell'influenza francese. Ciascuno dei 350 stati e staterelli dell'impero
germanico acquista difatti, in forza delle clausole del trattato di Westfalia, il diritto di
una potenza sovrana, cioè quello di fare alleanze con le potenze vicine, di dichiarare
guerra e pace anche senza il consenso dell'imperatore. L'autorità di quest'ultimo e con
essa ogni effettiva unità politica dell'Impero tedesco viene così a ridursi praticamente
a nulla. La funzione di garante della esecuzione del trattato e di custode della libertà
dei piccoli stati tedeschi, assegnata alla Francia dal trattato di Westfalia, le assicura
qualsiasi possibilità d'intervento militare e diplomatico. Da allora in poi, l'egemonia
dello stato francese sui suoi minuscoli ed impotenti vicini di oltre Reno è inevitabile;
come inevitabile è la penetrazione della cultura francese nel cuore della Germania,
impoverita economicamente e regredita verso i livelli più bassi della civiltà umana
dall'imperversare trentennale della guerra devastatrice sui suoi territori.
La rovina della Germania viene ribadita nella sua parte settentrionale dalla
installazione della Svezia sulle sue coste del Baltico e del mare del Nord. Già in
possesso, dopo le sue guerre con la Russia e con i Polacchi, delle terre dell'Ingria, della
Carelia e della Livonia, la Svezia completa il proprio dominio sul Baltico con l'acquisto
di Stettino, Stralsunda e Wismar e mette il piede nel mare del Nord col possesso di
Brema e Werden. Le foci di tutti i grandi fiumi della Germania, cioè le porte delle
maggiori vie della penetrazione commerciale ed economica nell'interno dell'Impero,
sono ormai nelle mani della Svezia. Unico compenso a tanto disastro è per la
Germania la fine delle guerre di religione. La pace di Augusta viene riconfermata ed
estesa ai calvinisti, oltre che ai luterani. L'elettore del Palatinato riacquista il titolo
elettorale e metà dei propri territori, mentre l'altra metà, sempre col titolo elettorale,
resta al duca di Baviera. In tal modo, il numero degli elettori del Sacro Romano
Impero sale da sette ad otto.
Praticamente, la pace di Westfalia, ponendo fine al sogno egemonico degli Asburgo in
Europa, riconoscendo l'indipendenza dell'Olanda e l'esistenza di più confessioni
religiose all'interno dell'impero, rappresenta la fine dell'età della Controriforma.
Il grandioso progetto della ricostituzione dell'unità religiosa dell'Europa sotto la guida
spirituale del Papato e della Compagnia di Gesù, l'egemonia politica della casa
d'Austria e quella militare degli invincibili fanti di Castiglia è tramontata in uno dei
più orrendi laghi di sangue che la storia occidentale abbia mai conosciuto.
LA GUERRA DI FRONDA - Durante trenta anni una parte grande del continente
europeo è stata preda di saccheggi e stragi. Nessuno dei governi belligeranti era più in
grado di pagare regolarmente le proprie truppe, ogni esercito si era abituato a vivere
di rapina. Ai danni prodotti dal passaggio e dai saccheggi degli eserciti, occorre
aggiungere gli effetti delle carestie e delle pestilenze, gli effetti dei carichi fiscali nei
paesi belligeranti. In Germania la popolazione decimata ed abbrutita dalle sofferenze
si è ridotta in talune zone ad un quinto e persino ad un decimo, miseria e disperazione
regnano anche in Francia, in Spagna, in Italia, nei paesi della Scandinavia. La Spagna
è ridotta ad un deserto, i domini spagnoli in Italia accusano una significativa
diminuzione di abitanti, che arriva a toccare il 15-20 % della popolazione.
Comprensibilmente pertanto, gli anni della pace di Westfalia sono anni di violente
crisi interne, di agitazioni nelle masse popolari, esasperate dalla intollerabile
oppressione esercitata dai governi. Nei domini della Spagna, alle rivolte della
Catalogna e del Portogallo, si aggiungono quelle di Napoli e Palermo.
La stessa Inghilterra subisce una rivoluzione religiosa, politica e sociale in cui il
radicalismo calvinista avrà una parte preminente. Anche in Francia, nonostante i
trionfi di Rocroi e della pace di Westfalia, si apre una crisi interna.
Il Mazarino, questo straniero che la voce pubblica diceva amante della reggente ANNA
D'AUSTRIA, restava profondamente impopolare tra i francesi. I corrotti e primitivi
sistemi fiscali, che il Mazarino aveva adoperato per procurarsi i mezzi per la guerra,
esasperavano la borghesia ed il popolo.
Da parte sua la nobiltà intendeva profittare della minore età del sovrano per
abbandonarsi nuovamente alle sue abitudini di indisciplina e di prepotenza, e non
sopportava l'indirizzo autoritario del governo. In Francia non esisteva un organo
rappresentativo del genere del Parlamento inglese, giacché gli Stati Generali, riuniti
per l'ultima volta nel 1614, non si erano mai più adunati. V'era un organo di supremo
controllo giudiziario, il Parlamento di Parigi, formato da magistrati della nobiltà di
toga, che, sebbene di nomina regia, aspirava ad un controllo sugli atti del governo,
simile a quello del Parlamento inglese.
All'indomani della pace di Westfalia, il malcontento generale sfociò in una rivolta
contro il Mazarino, nota come rivolta della Fronda, dal nome di un attrezzo per
lanciare sassi, assai in voga tra i monelli di Parigi. Il popolo Parigino si sollevò in
seguito all'arresto uno dei presidenti del Parlamento, che si era rifiutato di legalizzare
la politica fiscale del Mazarino. La corte fu obbligata a fuggire dalla capitale. Il
principe di Condé, richiamato dal fronte dei Paesi Bassi, soffocò questa prima
agitazione o Fronda Parlamentare.
Ben presto però il Condé prese un atteggiamento così tracotante, da indurre il
Mazarino a farlo arrestare a sua volta. Allora la Fronda risorse più violenta guidata
dall'alta aristocrazia, desiderosa di abbattere l'odiato italiano (Fronda dei Principi,
1650-52).
Mancava una vera coesione tra gli interessi dei vari gruppi che lottavano contro il
Mazarino. I giuristi del Parlamento di Parigi non avevano alcuna simpatia per la plebe
che alzava le barricate per le strade. Sia la plebe che i giuristi odiavano la nobiltà
tracotante, che si batteva soltanto per i propri interessi. Dividendo i propri avversari,
la corte costrinse il Condé a lasciare Parigi ed a fuggire nei Paesi Bassi. Il Mazarino
poteva rientrare nella capitale e restare arbitro dei destini della Francia.
LE PACI DEI PIRENEI, DI OLIVA E DI COPENAGHEN - Due conflitti restavano
aperti: la guerra tra la Francia e la Spagna, non rassegnata ancora alla sconfitta, e
l'interminabile lotta per l'egemonia sul Baltico. E dell'uno e dell'altro appunto
Mazarino riusciva a trovare la soluzione, ribadendo la preponderanza francese
sull'Europa, di cui aveva gettato le basi nel trattato di Westfalia.
Contro la Spagna il Mazarino riuscì a guadagnarsi l'alleanza dell'Inghilterra di
Cromwell e il formidabile esercito dei puritani. Al comando del TURENNE gli eserciti
di Francia e d'Inghilterra schiacciarono presso Dunquerque (1658) l'esercito spagnolo.
Stremata la Spagna chiese negoziati di pace che il geniale ministro trasformò in un
nuovo trionfo della potenza francese. Col trattato dei Pirenei (1659) gli Asburgo di
Spagna cedevano quelle terre del Rossiglione e della Cerdagne. che Carlo VIII aveva
ceduto a Ferdinando il Cattolico al tempo della sua spedizione contro Napoli cioè
consentivano alla Francia di portare il proprio confine sino alla invalicabile catena
montana dei Pirenei. Cedevano inoltre parte dell'Artois e talune città delle Fiandre,
nonché Dunquerque, che veniva attribuita all'Inghilterra, in cambio del suo
intervento. Cosa ancora più importante, lo scaltro cardinale otteneva per Luigi XIV la
mano di MARIA TERESA, figlia del re di Spagna Filippo IV. Qualora cioè gli Asburgo
di Spagna si fossero estinti, come già appariva probabile, dato lo sfacelo fisico della
dinastia, Luigi XIV avrebbe potuto legittimamente appropriarsi della stessa corona
spagnola. Era vero che la pace dei Pirenei lo impegnava a rinunciare ad ogni pretesa
del genere, ma il Mazarino aveva subordinato questa rinuncia al pagamento integrale
della dote di Maria Teresa, fissata in una cifra talmente alta che ben difficilmente
sarebbe stata pagata date le casse esauste di Filippo IV. Mazarino si volgeva poi a
sistemare a vantaggio della potenza francese anche il conflitto del Baltico.
La corona di Svezia era stata compromessa dagli sperperi e dalle follie della figlia ed
erede di Gustavo Adolfo, la regina CRISTINA (1632-1654).
Finalmente, quest'ultima si era indotta ad abdicare, per convertirsi al cattolicesimo e
recarsi a vivere in Italia, lasciando il trono ad un cugino, CARLO X, della dinastia
tedesca degli Zweibrucken.
Costui aveva lanciato il paese in un nuovo conflitto (Prima guerra del Nord: 16541660) aggredendo la Polonia e minacciando di distruggerla. L'intervento però della
Danimarca e dell'elettore del Brandenburgo, contro la Svezia, aveva messo
quest'ultima a mal partito, minacciando di sovvertire l'assetto stesso sancito dai
trattati di Westfalia. Il Mazarino allora, trascinandosi dietro, ancora una volta,
l'Inghilterra e l'Olanda, riuscì a porsi come mediatore fra i contendenti ed a chiudere
tutta la partita, con le paci di Oliva, tra Polonia e Svezia, e di Copenaghen, tra Svezia,
Danimarca e Brandenburgo (1660).
Con questi trattati, Polonia e Svezia erano ugualmente salvate dalla rovina e quindi
legate in permanenza alla Francia, cui dovevano guardare da allora in poi come alla
propria salvaguardia contro i loro vicini. La Danimarca era obbligata a cedere alla
Svezia la Scania, cioè il lembo di costa scandinava prospiciente il Sund, e quindi
cessava di detenere la porta d'ingresso del Baltico e di potere esigere tributi dalle navi
in transito, con evidente vantaggio per il traffico marittimo anglo-olandese,
riducendosi pertanto ad una potenza di second'ordine. All'influenza francese, ormai
stabilita saldamente sull'Europa orientale, altresì, veniva legata una nuova potenza,
che giusto allora cominciava ad affacciarsi sul Baltico: la dinastia degli Hohenzollern.
Scarica