Il potenziale e la corrente 1. L`energia potenziale elettrostatica

Capitolo
X
Il potenziale e la corrente
1. L’energia potenziale elettrostatica
Per quali motivi a suo tempo abbiamo introdotto la grandezza fisica “lavoro”?
Il lavoro è stato introdotto perché l’evidenza sperimentale mostra che esiste una
differenza fra i due fenomeni seguenti:
a) su di un sistema è applicata una forza il cui punto di applicazione si muove;
b) su di un sistema è applicata una forza il cui punto di applicazione resta fisso.
Se il punto di applicazione della forza si sposta durante l’azione, infatti, a seconda
dell’angolo che essa forma con lo spostamento, il sistema aumenta o diminuisce la
propria capacità di agire modificando se stesso e l’ambiente. A tale capacità di
modificare le cose si dà il nome di energia. Inoltre si osserva che l’effetto sull’energia
di un sistema di una forza il cui punto di applicazione si muove, è differente se la
forza in questione ha una componente diretta lungo lo spostamento oppure se gli è
perpendicolare. Si decide pertanto di misurare queste proprietà introducendo una
opportuna grandezza fisica nota come lavoro. Quando il punto di applicazione di

una forza costante F , subisce uno spostamento rettilineo individuato da un vettore

s come in figura, diremo che ha compiuto il lavoro elementare L :


L | F || s | cos   Fs
Qual è il significato del segno del lavoro elementare?
Come si capisce dalla figura, il segno del lavoro elementare ha un significato fisico:


una forza F che forma un angolo 0    90 con s , (e quindi

F  F cos   0 ), compie lavoro elementare positivo, detto anche lavoro motore

perché F sta contribuendo al moto nella direzione dello spostamento. Se viceversa

90    180 compie un lavoro negativo, detto lavoro resistente perché F sta

contrastando il moto nella direzione di s .
1

F
L > 0

s


F = F cos > 0

F
L < 0


s

F = F cos < 0

F
L = 0

F = 0

s

Fi
B
i

si

F4

 s3

F1
A

F3
 2
s2
1

s1
E se la traiettoria è curvilinea?
Per spostamenti più complessi, che seguono traiettorie curve, e forze che variano la
loro direzione e la loro intensità in ogni punto, la definizione di lavoro si generalizza
suddividendo la traiettoria del punto di applicazione in tanti spostamenti

elementari rettilinei si come in figura, ad ognuno dei quali associamo un vettore


costante Fi , che rappresenti F nel tratto interessato ed un angolo i :

F2
L

F
i
si cos i
Come fa un sistema ad immagazzinare energia?
La “capacità di agire” che chiamiamo energia, e che il sistema acquista (o cede) per
l’azione di forze che spostano il proprio punto di applicazione,
può essere
immagazzinata solo in due modi:
(1) nello stato di moto in cui le parti del sistema si sono portate: questa
modalità si dice energia cinetica
(2) nella configurazione che le sue parti assumono: questa modalità è detta
energia potenziale.
Come si misura l’energia cinetica di un sistema?
Il contenuto di energia cinetica K incamerato in un sistema è il lavoro che occorre
fare per portare tutte le sue parti da una situazione in cui sono ferme fino alla loro
velocità attuale. Come abbiamo a suo tempo dimostrato, per un oggetto puntiforme

di massa m e velocità v tale lavoro vale:
1 2
K  mv
2
Quindi l’energia cinetica di un sistema è la somma di tanti addendi della forma
2
1
ognuno relativo ad una delle sue sue parti (supposte puntiformi). Vale
2m v
inoltre il teorema dell’energia cinetica, secondo il quale il lavoro complessivamente
svolto su di una particella è pari alla variazione della sua energia cinetica:
Ltot  K
Come si misura l’energia potenziale di un sistema?
Un sistema è in grado di incamerare energia potenziale solo nel caso in cui può
compiere un tipo di lavoro tutto a spese (o a vantaggio) di un cambio nella sua
configurazione. Un lavoro pagato solo con una variazione nella configurazione non
può dipendere dalla traiettoria seguita per andare dalla situazione iniziale a quella
finale, come invece accede genericamente. Infatti le possibili traiettorie che
conducono da uno stato all’altro sono infinite: se il lavoro dipendesse dal tragitto
seguito dai punti di applicazione delle forze, potremmo ottenere infiniti valori
diversi del lavoro pur a parità di configurazione finale. Possiamo introdurre
un’energia potenziale solo se fra le parti del sistema agiscono delle particolari
forze, dette conservative, il cui lavoro non dipende dalla traiettoria ma unicamente da
quali sono la configurazione iniziale e finale del sistema. In questo caso si sceglie una
configurazione di riferimento R e si definisce energia potenziale U del sistema nello
2
stato A , il lavoro che le forze conservative interne svolgono quando esso si porta da
A nello stato R:
U A  LAR
Si può inoltre dimostrare che il lavoro delle forze conservative LC quando il sistema
passa da una configurazione ad un’altra differente è pari alla variazione nell’energia
potenziale cambiata di segno:
LC  U
La forza di Coulomb è conservativa?
Si, la forza elettrostatica è conservativa. Per dimostrarlo poniamoci in una

regione di spazio che sia sede di una forza Coulombiana FE dovuta ad una
carica puntiforme positiva Q . In un punto A vi sia un’altra carica puntiforme
q , così piccola rispetto a Q , da poter trascurare la sua azione nello spazio
rispetto alla forza dovuta a Q . Poniamo anche che q sia negativa, ma il
ragionamento che faremo si potrà ripetere anche nel caso di segno positivo.
Supponiamo ora che la carica q si sposti dalla posizione A ad una nuova
posizione B. Si faccia attenzione perché non si sta dicendo che è la forza
elettrostatica dovuta a Q , ad essere la causa dello spostamento. In generale
potremo pensare di prendere q con le nostre mani e di portala da A in B, e
durante una tale operazione la forza elettrostatica potrebbe sia agevolarci che
fare resistenza: dipenderà dalle posizioni A e B rispetto a Q . Costruiamo una
quadrettatura dello spazio intorno a Q facendo uso solo di linee radiali e
circolari. Supponiamo di muovere q da A in B spostandosi solamente lungo
dei pezzettini di quadrettatura. In figura sono evidenziate due traiettorie di
questo tipo, contrassegnate dai numeri 1 e 2, ma molte altre sono possibili. Il

lavoro svolto dalla forza elettrostatica FE lungo uno qualsiasi degli archi

circolari è chiaramente zero dato che FE è sempre diretta radialmente, e cioè
perpendicolare in ogni punto a tutte le circonferenze centrate in Q .
Durante uno spostamento radiale il lavoro dipende solo da quale anello della
quadrettatura delimita il tratto, ma non dalla sua posizione entro di esso. Infatti
sebbene la forza elettrica vari con l’inverso del quadrato della distanza da Q ,
essa ha simmetria sferica, e cioè ponendoci ad una fissata distanza r da Q , non
ha alcuna importanza trovarsi sopra di essa o sotto, oppure ad est o a nord:
misureremo sempre uguale intensità e quindi compirà lo stesso lavoro a parità

di spostamento. Inoltre FE forma sempre con la traiettoria, un angolo di 0° se q
si sta muovendo verso l’interno (e quindi cos   1 ) oppure di 180° se q si sta
muovendo verso l’esterno (e quindi cos   1 ). Allora, se lungo la traiettoria
vi sono tratti radiali percorsi prima in avanti e poi indietro, anche se non
consecutivamente, il lavoro associato ai due spostamenti sarà uguale ed opposto,
e nel complesso nullo. Pertanto il percorso che conta ai fini del lavoro netto di

FE è solo la differenza fra il raggio della circonferenza dove si trova la
posizione di arrivo e quello dove si trova la posizione di partenza. Questa
3
1
B
q
A
2
Q

F
Q

s

F

s
proprietà permette di concludere che quando spostiamo q da A in B il lavoro

che FE compie è indipendente dal fatto che si segua la traiettoria 1 o la 2, e cioè
non dipende, almeno un questo caso, dal percorso seguito.
Questo dimostra che la forza elettrostatica è conservativa?
Si: considerando
una traiettoria qualunque, con una quadrettatura
sufficientemente fitta, è possibile approssimarla con la precisione desiderata,
con un percorso di tratti radiali e circolari. Con attenzione al dettaglio di ciò che
succede negli spigoli, calcolare lavoro lungo la spezzata radiale e circolare è lo
stesso che calcolarlo lungo la traiettoria curva. Grazie al principio di
sovrapposizione poi, qualunque sia la configurazione che origina la forza
elettrostatica (uno strato piano, un filo carico, un corpo irregolare) essendo
questa il risultato della azione di tante cariche puntiformi, ed essendo
conservative tutte le singole forze elettrostatiche corrispondenti, lo sarà anche la
forza dovuta all’intera distribuzione di carica1. Dalla conservatività discende
poi la possibilità di introdurre un’energia potenziale elettrostatica.
R

E
1
q

r
2
3
A
Come è definita l’energia potenziale elettrostatica?
La definizione di un’energia potenziale richiede una configurazione di
riferimento, come si fa quando diamo una distanza riferendoci alla posizione a
partire dalla quale è stata misurata. Non avrebbe senso dire semplicemente “la
mia distanza è 4 km”, dobbiamo riferirci a qualcosa. In questo modo, in
qualunque punto A nella regione di spazio sede di campo elettrico, si trovi una
carica puntiforme q , potremo associare ad esso, senza ambiguità, il lavoro LAR
che le forze elettrostatiche svolgono se qualcuno prende la carica q e la porta
da A nella posizione di riferimento R. Visto infatti che tale lavoro non dipende
dalla traiettoria che si decide di seguire, non è necessario specificare altro.

Individuando quindi ogni posizione dello spazio con un vettore r , avremo la

possibilità di costruire una funzione U (r ) , detta energia potenziale elettrostatica
della carica2 puntiforme q rispetto alla posizione di riferimento R:

Energia potenziale elettrostatica U (r )
di una carica puntiforme q che si trovi in un punto dello spazio individuato da

un vettore r , è il lavoro che la forza elettrostatica compie quando q si sposta,
da dove sta, in una posizione scelta come riferimento.
Come si sceglie la configurazione di riferimento?
La configurazione di riferimento che più conviene è quella dove la carica di cui
si sta calcolando l’energia potenziale si trova libera dall’influenza di ogni altra
carica. Tale scelta è coerente con l’interpretazione dell’energia come capacità di
1
Va osservato che la caratteristica della forza elettrostatica di essere conservativa è stata dimostrata facendo
unicamente uso del fatto di essere centrale, cioè di dipendere solo dalla distanza da un punto. In linea di
principio, per qualunque forza centrale, come ad esempio la forza gravitazionale, si può ripetere il ragionamento.
Più propriamente l’energia potenziale è associata al sistema formato dalla carica q e dalle altre che
producono il campo. Tuttavia delle altre cariche è noto solo l’effetto che producono tramite il campo,
ed essendo q l’unica parte mobile si può parlare anche di energia potenziale associata alla carica q.
2
4
spostare le forze, cioè di cambiare configurazioni e stati di moto: quando
l’interazione è nulla, sarà nulla anche la capacità di modificare le cose che ad
essa è associata. Dato che la forza coulombiana decresce con l’inverso del
quadrato della distanza, essa si annulla solo a distanza infinita, pertanto
porremo come posizione di riferimento quella in cui la carica in oggetto è a
distanza infinita da tutte le altre. In base alla nostra definizione avremo che
l’energia potenziale nella configurazione di riferimento dovrà essere zero
perché, se la carica q già si trova in R, evidentemente nessuno spostamento
deve essere fatto per portarcela e quindi nessun lavoro viene compiuto dalla
forza elettrostatica. Chiaramente ad una scelta differente della posizione di
riferimento corrisponderà un valore differente dell’energia potenziale. Questo
non è un problema perché nella formula per il calcolo del lavoro L  U
figura solo la differenza di energia potenziale, che non dipende dalla
configurazione di riferimento.
Esempio 1
In una regione sede di campo elettrico viene mantenuta ferma una carica
puntiforme di massa m  15 g in un punto A dove ha energia potenziale
U A  30 J . Quando la carica viene liberata, inizia a muoversi sotto l’azione delle
sole forze del campo elettrico. Quanto lavoro ha eseguito la forza elettrica nel
momento in cui la carica passa per una una posizione B dove la sua energia
potenziale è U B  10 J ? Quant’è la sua velocità in quell’istante?
Il lavoro delle forze conservative è dato dalla variazione di energia potenziale
cambiata di segno quindi:
LAB  U  U A U B  30 J  10 J  20 J
Dal teorema di conservazione dell’energia si ha:
U  K  Lest
dove Lest è il lavoro delle forze esterne al sistema cui è associata l’energia
potenziale, in questo caso la carica che si muove e la distribuzione delle altre
cariche che genera il campo. Poiché è specificato che la carica è solo sotto
l’effetto delle forze del campo elettrico si ha Lest  0 , da cui:
 2
U  K  0  (U B U A )  ( 12 m vB  0)  0
1
2m

vB
2
 U A U B


vB 
2  20
m/s  51.6 m/s
15  103
Quali conseguenze pratiche ha la conservatività della forza elettrostatica?
Se per assurdo la forza coulombiana non fosse conservativa potremmo sfruttarla
come sorgente illimitata di energia. Infatti immaginiamo di trovarci in una regione
sede di campo elettrico, ad esempio costante verso il basso come nello spazio fra le
armature di un condensatore. Poniamo che quando una carica q si sposta dalla
posizione A alla posizione B, la forza elettrostatica compia un lavoro di 3 J lungo la
traiettoria rettilinea in figura, ed un lavoro differente, di 4 J lungo la traiettoria
curvilinea. Allora potremmo portare in alto q seguendo il percorso rettilineo, in
modo da spendere 3 J di lavoro contro la forza elettrostatica (è il minimo che occorre
5

E
B
3J
4J
q
A
per farla arrivare ferma in cima). Quassù costruiremmo una guida curva avente la
forma della seconda traiettoria e lasceremmo rotolare q lungo di essa: arriverebbe
in fondo con un’energia cinetica pari al lavoro del peso, e cioè 4 J . Ci sarebbe per
noi un guadagno netto di 1 J di energia ogni volta, e la possibilità di ripetere il
percorso all’infinito, cioè disporremmo di una sorgente energetica inesauribile!
Quanto lavoro compie la forza elettrostatica lungo un percorso chiuso?
Immaginiamo di costruire un dispositivo a girandola, come quello in figura,
dove delle sfere cariche sono sostenute da bracci isolanti liberi di ruotare. Esso
non potrebbe mai mettersi in moto e continuare a girare sotto l’azione solo di un
campo elettrostatico. In caso contrario infatti al termine del primo giro ciascuna
delle sfere tornerebbe al punto di partenza con un’energia cinetica che prima
non aveva, ed in base al teorema di conservazione dell’energia U  K  0
questa dovrebbe essere presa dalla variazione U di energia potenziale
elettrostatica. Ma al termine del giro non può che essere U fin  U in (e quindi
U  0 ) dato che l’energia potenziale dipende solo dalla posizione della carica
nel campo, ed in questo caso posizione iniziale e finale coincidono. Da questo:
(U fin  U in )  (K fin  Kin )  0

E

C (E )  0

C (E )  0

K fin  Kin
Il dispositivo non può quindi variare la sua energia cinetica3 solo per l’azione
di un campo elettrostatico: se è inizialmente fermo, rimane fermo, e se già sta
girando, il campo elettrostatico non è in grado né di rallentarne né di
accelerarne la rotazione. Il fatto che U  0 su di un percorso chiuso, cioè che
la forza elettrostatica non può compiere lavoro su di un percorso chiuso, è una via
alternativa per enunciarne la conservatività. Come sappiamo anche la gravità è
una forza conservativa, ed analogamente non ci aspetteremmo mai che una
girandola possa mettersi in moto soltanto sotto l’azione del suo peso. Anzi,
quando ci troviamo in presenza di questi fenomeni, immediatamente pensiamo
a dispositivi artificiali che li producano (ad esempio la pompa che fa girare

l’acqua in un presepio). Indicando quindi con il nome di circuitazione C (E ) il
lavoro della forza elettrostatica su di una carica unitaria che segue un percorso
chiuso (si tratta quindi del lavoro del campo elettrico, che è la forza per unità di
carica), possiamo dire che:
La circuitazione del campo elettrostatico è zero:

C (E )  0
cioè il campo elettrostatico non può mettere in moto una carica inizialmente
ferma e farle percorrere una traiettoria chiusa.
Se per caso lo facesse sarebbe un’indicazione del fatto che il campo elettrico all’origine del
fenomeno non è prodotto da una configurazione statica di cariche. Analogamente, come vedremo,
per far circolare delle cariche in un qualunque circuito elettrico, è necessario un dispositivo
elettromotore, come la pila, che possa compiere lavoro lungo un percorso chiuso, rifornendo le cariche
dell’energia che vanno dissipando nel tragitto
3
6
Quale espressione ha l’energia potenziale nel campo di una carica puntiforme?
Il calcolo del lavoro LAB della forza elettrostatica esercitata da una carica
puntiforme Q su di una piccola carica q , relativamente ad uno spostamento
radiale da distanza rA fino ad una maggiore distanza rB , è reso difficile dal
fatto che la forza elettrostatica varia di intensità lungo la traiettoria. Nella
formula per il calcolo del lavoro su un tratto rettilineo:
 
L  F s cos 
possiamo sostituire

s  rB  rA e cos   1 (   0 in quanto sia la forza
elettrica che lo spostamento sono radiali verso l’esterno). Però non sappiamo

cosa mettere al posto di F  kQq / r 2 dato che il valore di r cambia da rA ad
rB e con esso cambia l’intensità della forza elettrica lungo lo spostamento. Se
quindi sostituiamo nella formula il valore massimo kqQ / rA2 assunto dalla forza
otteniamo un lavoro troppo grande, e se sostituiamo il minimo kqQ / rB2 un
lavoro troppo piccolo, cioè:
k
 

s  rB  rA
Qq
Qq
(rB  rA )  LAB  k 2 (rB  rA )
rB2
rA

rB
Useremo allora un valore intermedio approssimato, ponendo al posto di r 2 il
prodotto delle distanze massima e minima:
q

rA
2
r  rArB
il risultato sarà tanto migliore4 quanto più le due posizioni sono vicine fra loro:
LAB
Q
 rB


rA 
Qq

  kQq  1  1 
k
(rB  rA )  kQq 




rArB
rA rB 
 rA rB
rA rB 
Questa formula puo essere applicata anche al caso di due posizioni molto
distanti fra loro, semplicemente suddividendo la traiettoia fra rA ed rB in
piccoli spostamenti, prima da rA ad r1 , poi da r1 ad r2 , eccetera, così brevi da
poter applicare a ciascuno il risultato trovato prima. Si ottiene una serie di
addendi della forma 1/ r ciascuno prima sommato e poi sottratto, in modo che
dopo le semplificazioni rimangono solo i valori iniziale e finale:
1
1
1
1
1
1
1 

LAB  kQq  




 ...  
r1
r2
r2
r3
rB 
rA r1
Potremmo pensare di approssimare la distanza radiale r con la media aritmetica degli estremi:
(rA  rB )/ 2 , ma dovendo approssimare il valore del quadrato di r , la media geometrica degli
4
estremi dell’intervallo, rArB , risulta più accurata (come si conferma giungendo allo stesso risultato
tramite l’uso del calcolo integrale).
7
Ed infine, avendo scelto come configurazione di riferimento quella in cui la
carica q si trova infinitamente distante da tutte le altre, possiamo ottenere
un’espressione per l’energia potenziale di q nel campo generato da Q
calcolando il lavoro che la forza elettrica svolge quando rB   :
1
1
Qq
U (rA )  LA  kQq     k
rA  
rA
Esempio 2
Una carica puntiforme q  5.40  106 C viene respinta da un’altra carica
puntiforme Q  3.50  105 C e si allontana progressivamente da essa. Quale
lavoro ha compiuto la forza elettrostatica in un tratto in cui la distanza fra le due
cariche è passata da 4.00 m a 7.00 m ?
Applicando la formula trovata:
1
1
 1
1 
LAB  kQq     8.99  109  3.50  105  5.40  106 

J
 4.00 7.00 
 rA rB 
QB
 8.99  3.50  5.40  (0.250  0.143)  10956 J  15.9 J
rAB
rBC
QA
rAC
Come si scrive l’energia potenziale di un sistema di cariche?
Essendo l’energia una grandezza additiva, la formula è facilmente
generalizzabile al caso in cui le cariche siano più di due semplicemente
sommando le energie potenziali di tutte le coppie di particelle coinvolte. Ad
esempio per tre cariche QA , QB , QC l’energia potenziale del sistema si scrive:
QC
energia potenziale
elettrostatica  0
n
n
n
n
n
n
energia potenziale
elettrostatica  0
Q Q
Q Q
Q Q
U k A B  A C  B C
 r
rAC
rBC
 AB




Qual è il significato del segno nell’energia potenziale elettrostatica?
L’energia potenziale di un sistema rappresenta il lavoro che le forze del campo
compirebbero qualora il sistema stesso venisse smembrato portando a distanza
infinita una carica alla volta, mentre le altre rimangono congelate nella loro
posizione originaria. Se, durante lo smembramento, le forze del campo
compiono lavoro motore, vale a dire positivo, e quindi favoriscono il processo,
il sistema ha energia potenziale positiva. Viceversa se compiono lavoro
resistente, vale a dire negativo, e quindi per smembrare la distribuzione delle
cariche occorre lavorare dall’esterno, allora l’energia potenziale è negativa.
Quindi un sistema elettrico con U  0 è tenuto insieme dalle sue stesse forze e
per smembrarlo bisogna faticare: si pensi ad esempio ad un elettrone che orbita
attorno ad un nucleo atomico costituito solo da un protone, cioè un atomo di
idrogeno. Si tratta di un sistema ad energia potenziale negativa: per sottrarre
l’elettrone al nucleo bisogna esercitare una forza esterna e durante il
procedimento di estrazione ed allontanamento il sistema stesso lavora in modo
resistente. Viceversa, per tenere accostate due cariche dello stesso segno
dobbiamo intervenire con un vincolo contro la repulsione elettrica, e, non
8
appena il vincolo viene meno, il sistema si smembra da solo portando le cariche
a distanza reciproca infinita: la sua energia potenziale elettrica è positiva. Un
esempio di questo secondo caso può essere il nucleo di un atomo, dove
l’energia potenziale elettrica è positiva: sono le interazioni nucleari attrattive fra i
protoni, la cosiddetta forza forte, a tenere insieme delle particelle con carica di
segno concorde: in assenza di queste il nucleo si smembrerebbe.
9
 La Controfisica
E’ proprio l’energia potenziale
elettrostatica ad esser liberata nelle
esplosioni nucleari. Queste sono
ottenute
rendendo il nucleo più
grande sparandogli altre particelle
contro Una volta inglobate, il nucleo
diviene più instabile a causa della
maggiore distanza media a cui si
portano i protoni. Al crescere della
distanza infatti, l’attrazione nucleare
forte che li tiene insieme diminuisce
molto più rapidamente di quanto non
faccia la repulsione elttrostatica. In un
nucleo grande come quello di Uranio,
già poco stabile di suo a causa della
grande sparazione fra i nucleoni,
l’aggiunta di nuove particelle fà si che
si raggiunga una distanza media per
cui la repulsione elettrostatica vince
sull’attrazione forte e le particelle del
nucleo schizzano via come proiettili.