PUBBLICITÀ E SESSO La coppia del secolo Silvia BORRI 1 Indice: Definizione pubblicità ........................................................................... pag.3 Aspetti generali…………………………………………..……...……..pag.3 Il sesso:arma dei pubblicitari…………..…..…………………………..pag.4 Gli effetti subliminali…………………………………………………..pag.6 Il consumatore………………………………..…………………….....pag.10 Pier Paolo Pasolini………………………………………..............…..pag.13 Sandra Puccini…………………………………………………….…. pag.14 Henri de Toulouse Lautrec………………………………………..… pag.15 Bibliografia………………………………………………….……….. pag.15 2 PUBBLICITÀ E SESSO La coppia del secolo Il termine «pubblicità», dal latino publicare, clamare, advertere, significa letteralmente «rendere pubblico, far conoscere, rendere noto»; solo nella versione tedesca del termine « die Werbung» comprende anche l’idea della seduzione, cioè del conquistare persuadendo più che convincendo veramente. La pubblicità, infatti, è una forma di comunicazione altamente persuasiva: immagini, musiche, colori, testimonials mirano ad influenzare le nostre opinioni, i nostri comportamenti, puntando su obiettivi predeterminati. Mentre gli spots si addicono maggiormente all’audiovisivo, la réclame è più riconducibile al cartaceo. Spots e réclames sono, per lo più, creati e diffusi all’interno di una «campagna pubblicitaria», cioè di un insieme programmato e coordinato di tutto ciò che serve per ideare, realizzare e diffondere, in modo organico e protratto nel tempo, il messaggio pubblicitario. Essi, con i loro slogans e le loro immagini, hanno lo scopo di indurci a fare e/o acquistare qualcosa; è un’attività di per sé legittima che, però, spesso si serve, se non proprio dell’inganno, della manipolazione della verità. La pubblicità serve dunque a far conoscere a tanti, se non a tutti, prodotti o servizi o imprese, in base all’assioma comunicativo secondo il quale chi, o cosa, non ottiene visibilità, non esiste. Si tratta di una forma di comunicazione fortemente orientata e generalmente parziale, trasmessa con messaggi, detti in gergo «slogans», cioè «grida di guerra», per lo più brevi –se non brevissimi-, incisivi, sintetici, ricchi di elementi che fanno leva sull’emotività dell’utenza cui è rivolta. Gli slogans hanno il compito di esaltare alcuni aspetti del prodotto e di mascherare, o nascondere altri; si tratta sempre di una forma di comunicazione parziale, «ad hoc», dalle caratteristiche diffusive; è invadente, ripetitiva, utilizza largamente tutti i mezzi di divulgazione possibili: radio, televisione, carta stampata quale riviste e quotidiani e cartellonistica di ogni genere. Al fine di perseguire meglio i propri obiettivi, la pubblicità si serve spesso di una disciplina complessa attraverso la quale si forniscono alle aziende, per mezzo di ricerche e di studi, utili indicazioni: il marketing. Il suo significato letterale è «fare mercato», quindi «l’arte del mercanteggiare» e anche quella «del proporre mercanteggiando», accezione questa che implica un concetto di vendita ed uno di discussione del prezzo. Il marketing è anche la modalità attraverso la quale si «mette in vendita» un prodotto allo scopo di renderlo appetibile e assolutamente irrinunciabile. 3 Luis Bassat dà, ne “Il nuovo libro della pubblicità”, un’altra definizione di pubblicità, un po’ più personale, secondo la quale essa è “l’arte di convincere i consumatori”. Vendere è un’arte, un’arte da uomini e non da geni. Essa ha sì nella tecnica il suo migliore alleato, però ha anche bisogno di quella scintilla magica che solo l’intuizione può dare. Essa mescola un grammo di intuizione con un’ottima dose di buon senso in una pentola fabbricata con le tecniche più avanzate. Questa è la formula segreta della pubblicità efficace. Sulla corda ondeggiante del mercato, solo un giusto equilibrio fra scienza e arte, fra ricerca e creazione, ci permette di camminare evitando il rischio di cadere nel precipizio. Una notizia alquanto curiosa, ma nello stesso tempo allarmante, risalente al luglio del 2007 e riguardante la Grecia, dimostra la necessità di un’imminente intervento in campo pubblicitario. Pare infatti che in questo paese sempre più automobilisti incappino in gravi incidenti a causa della massiccia presenza sulle strade di giganteschi cartelloni pubblicitari dove sono presenti bellissime donne seminude o del tutto nude, facenti la réclame per profumi, pacchetti di sigarette o compagnie telefoniche. La loro avvenente sensualità sembra che non possa fare a meno di procurare nell'automobilista di turno un tempesta ormonale o quanto meno un interesse acceso verso quel tipo di immagine. Tutto ciò ha scaturito nella gloriosa nazione ellenica una bagarre paurosa, perchè da un parte ci sono i carrozzieri e le compagnie di assicurazione che gongolano, dall'altra ci sono invece i comuni, che in seguito alle inquietanti statistiche riguardanti gli incidenti di questo tipo stanno decidendo saggiamente di rimuovere gran parte di questi cartelloni pubblicitari. Del resto come meravigliarsi, in Italia l'utilizzo del sesso nella pubblicità è una costante da ormai almeno venticinque anni, se non di più. Per vendere profumi, orologi, detersivi, automobili, birre, alcolici, medicinali, carta igienica e chi più ne ha più ne metta, il sesso rimane sempre l'ingrediente principale, il sale di ogni minestra. Tutto ciò però ha avuto su di noi degli effetti disastrosi. Il sesso sia diventato ormai una potente arma nelle mani dei pubblicitari. Lo psicologo tedesco Erich Fromm lo aveva previsto già una trentina di anni fa. In tempi non sospetti egli lanciava l'allarme dell'eccessivo e smodato utilizzo del sesso per fini pubblicitari nel mondo occidentale, i cui effetti nel corso dei decenni si sarebbero rivelati poi disastrosi. Esattamente quello che sta succedendo oggi. Uno degli effetti più diffusi è certamente il calo della libido (dal latino "desiderio"), intesa nei termini freudiani, di "espressione dinamica nella vita psichica della pulsione sessuale", cioè di manifestazione dinamica dell’energia psichica dovuta a uno stesso istinto di conservazione. In particolare la libido è l’insieme di tutte le pulsioni sessuali. Nessun evento psichico, dice Freud, è determinato dal caso: ogni processo mentale ha una causa ben specifica, spesso identificabile solo attraverso l'indagine dell'inconscio. 4 Quest’ultimo, dal punto di vista descrittivo, è l’insieme di tutti quei prodotti della psiche che non raggiungono la coscienza, mentre da un punto di vista topico, è un "luogo" dell'apparato psichico dove vengono deposti i contenuti della coscienza fatti oggetto di rimozione. In questo senso, un pensiero improvviso, una canzone che inizia a ronzarci in testa, il ricordo di un evento nel momento in cui guardiamo una fotografia, il sentimento causato da un quadro sono tutti dovuti a cause ben specifiche, che l'analisi dei contenuti inconsci, consci e preconsci potrà rivelare. La libido è quindi lo stato di eccitazione prodotto dallo stimolo. La risposta che un uomo può dare ad uno stimolo può avvenire per istinto o per pulsione. Il primo è considerato come la necessità di reagire agli stimoli mediante un comportamento innato, stereotipato e costante, secondo cui ad ogni stimolo corrisponde una prefissata risposta motoria. La seconda, invece, è descritta come la capacità umana di reagire agli stimoli senza che sia inclusa necessariamente una risposta motoria. Come affermava Freud, la sessualità riveste un’ importanza fondamentale di tipo ancestrale nella vita di tutti noi, di conseguenza, questo continuo bombardamento mass-mediatico a sfondo sessuale non è affatto casuale, e si sta rivelando un potentissimo mezzo di inibizione della volontà collettiva di noi tutti intesi come massa demografica. Il fine ultimo non è comprare, consumare e basta, bensì comprare consumare e non pensare. Tutto ciò fa parte di un disegno molto più grande dietro al quale si celano menti raffinate, il cui fine ultimo è quello di tenere sotto controllo la potente onda emozionale che potrebbe spingere quella enorme massa di popolazione di cui noi tutti facciamo parte. Molti di noi vengono oggi influenzati assai più di quanto non sospettino, e la nostra esistenza quotidiana è sottoposta a continue manipolazioni di cui non ci rendiamo nemmeno conto. All’opera su vasta scala ci sono infatti forze che si propongono, e spesso con successi sbalorditivi, di convogliare le nostre abitudini inconsce, le nostre preferenze di consumatori, i nostri meccanismi mentali, ricorrendo a metodi presi a prestito dalla psichiatria e dalle scienze sociali. È molto significativo come tali forze cerchino di agire su di noi a nostra insaputa, tanto che i fili che ci fanno muovere sono spesso, in un certo senso, occulti. L’impiego della psicoanalisi di massa nelle grandi offensive di persuasione sta ormai alla base di un’industria multimiliardaria. E i persuasori di professione non hanno esitato a servirsene, avidi come sono di tutto ciò che possa aiutarli a propagandare con maggior efficacia le loro merci. Ciò che gli specialisti vanno cercando sono i perché del nostro comportamento, così da poter manipolare a proprio vantaggio le nostre abitudini e preferenze. Si son dati perciò a studiare perché le banche ci mettano paura; perché ci piacciano le enormi automobili; perché vogliamo possedere una casa; perché gli uomini fumino sigari; perché dal tipo di automobile che scegliamo si possa prevedere la marca di benzina che compreremo; perché le massaie cadano in una sorta di trence ipnotica appena varcata la soglia di un supermarket; perché gli uomini entrino nelle agenzie di vendita di automobili attratti dalla macchina decappottabile in vetrina, ma finiscano per comprare una vettura chiusa; perché i bambini preferiscano i cereali da colazione che scoppiano, crepitano e crocchiano. 5 I manipolatori di simboli e i loro investigatori hanno imparato a studiare e a conoscere il nostro subcosciente grazie a psichiatri e studiosi di scienze sociali (in special modo psicologi e sociologi), i quali prestano opera di consulenti pratici presso varie ditte, oppure decidono di aprire per conto proprio degli istituti di ricerca. «La ricerca delle motivazioni è quel tipo di ricerche che si propone di scoprire in base a quali motivazioni la gente faccia le proprie scelte. Essa si serve di metodi atti a raggiungere la parte inconscia o subconscia della mente umana, poiché le preferenze sono in generale determinate da fattori di cui l’individuo non è consapevole… Al momento dell’acquisto, infatti, il consumatore agisce di solito obbedendo a impulsi emotivi, inconsciamente stimolato da immagini e simboli grafici che nel suo subcosciente si trovano associati con il prodotto.» (Louis Cheskin, direttore di un’agenzia di Chicago che conduce inchieste di tipo psicanalitico) Gli effetti subliminali Verso la meta del 1956 apparve sulla prima pagina del London Sunday Times la notizia che negli Stati Uniti alcuni esperti di problemi pubblicitari stavano sperimentando speciali «effetti subliminali», atti a trasmettere messaggi pubblicitari aggirando le difese frapposte dalla coscienza. Secondo il corrispondente del giornale, in un cinematografo del New Jersey, durante le normali programmazioni dei film, veniva proiettata sullo schermo la pubblicità di una marca di gelati. Il testo pubblicitario si sovrapponeva al fotogramma del film, per una infinitesima frazione di secondo, in modo che gli spettatori non potessero leggerlo ma tuttavia lo registrassero in modo del tutto inconscio. Ne era risultato, sempre secondo il settimanale, un netto e altrimenti inspiegabile aumento nelle vendite dei gelati. « Gli effetti subliminali, nel campo visivo e sonoro, sono noti da vari anni agli psicologi sperimentali» precisava il giornale. E considerava la possibilità che in futuro questa tecnica venga usata anche nella propaganda politica, senza che il soggetto sia cosciente dell'influenza cui viene sottoposto. Ne “I persuasori occulti”, il sociologo americano Vance Packard scrive nell’introduzione al capitolo dedicato al binomio della pubblicità e sesso: “L’infatuazione per il proprio corpo è un tratto infantile… che permane nel subconscio di molti adulti… Se sia moralmente lecito speculare su di esso… per vendere un dato prodotto… è un’altra questione”. Come prima affermato, già da molti anni le agenzie pubblicitarie si servivano largamente di motivi sessuali per attrarre l’occhio del consumatore. Con l’avvento delle nuove tecniche il sesso venne però utilizzato nelle sue piaghe più complesse. Si volle agire sugli strati più bassi dell'umana coscienza. I motivi «piccanti» e di semplice «seduzione» cominciarono a venir utilizzati nella normale routine della vendita, perchè giudicati come armi di forte penetrazione. Intorno al 1950 i profumieri, che conducevano tra loro una accanita gara di promesse con testi e immagini a sfondo apertamente sessuale, difficilmente riuscivano a vendere alle donne un secondo flacone quando il primo, carico di rosee prospettive sessuali, s'era rivelato insufficiente a far crollare nelle braccia dell'interessata un uomo di suo gradimento. 6 L'Istituto per la Ricerca Motivazionale, dopo aver analizzato il problema, riferì che le toilettes di molte donne erano gremite di «entusiasmi morti»: flaconi polverosi, bottiglie mai aperte, vasetti di cosmetici consumati a metà. A quanto sembra, la percentuale delle clienti che restano fedeli a un particolare prodotto o marca è in questo campo paurosamente bassa, e le industrie del ramo sono costrette a combattere le continue delusioni e a rinfocolare le speranze gettando ininterrottamente sul mercato nuovi prodotti; il che costituisce una pratica dispendiosa e scoraggiante. Un'altra difficoltà per gli industriali rappresentava il fatto che le donne moderne non si lasciavano più incantare dalla semplice prospettiva di accalappiare un innamorato. Volevano qualcosa di più: e cioè essere accettate a rispettate dagli uomini. Era un problema che andava studiato a fondo. Secondo la relazione dell'istituto, la situazione richiedeva «simboli sessuali più sottili e di un tipo più passivo di quelli usati per la generazione precedente»; e inoltre un'accorta fusione di elementi, quali la poesia, la fantasia, il capriccio; quanto al sesso allo stato puro, doveva essere decisamente edulcorato. Mentre le nuove tecniche imponevano questa attenuazione di motivi sessuali, l’uso pubblicitario del sesso come semplice richiamo per l'occhio assu meva forme sempre più ardite. Il pubblico era diventato blasè e tollerante. Reggiseno e guaine elastiche, ad esempio, vennero presentati in forme addirittura sconvenienti, con tocchi di masochismo e di esibizionismo. Un manifesto tra i più diffusi mostrava una bella ragazza delle trecce bionde e vestita soltanto di reggiseno e guaine, trascinata per i capelli da un moderno uomo delle caverne. Lo slogan era un giocoso riferimento ai busti a stecche di balena: “Vieni fuori dall'età dell'osso, Carina !”. In un altro cartellone erano di scena due innamorati al Luna Park: scagliato da una bocca d'aria “a sorpresa” un vento fortissimo sollevava le gonne della ragazza fino a coprirle la testa, mettendo in mostra il busto che, naturalmente, era chiuso nella guaine offerta in vendita. La ragazza arrossiva pudicamente. Il più discusso, tra i numerosi richiami di questo tipo fu la serie “Ho sognato che fermavo il traffico col mio reggiseno Maidenform”. La situazione variava da cartellone a cartellone, ma la protagonista, una ragazza vestita di tutto punto salvo che dalla vita in su, era sempre ritratta mentre si aggirava in reggiseno tra persone vestite normalmente. La giustificazione addotta dagli ideatori della campagna era che, trattandosi di un sogno, l'abbigliamento della ragazza non offendeva la morale. Ma gli esperti non si trovarono tutti d'accordo circa l’opportunità di questo manifesto e le ripercussioni che poteva avere sul subcosciente delle clienti. Alcuni affermarono, dopo essersi consultate coi loro psicologi, che la scena rappresentata non avrebbe avuto altro risultato che provocare nelle donne uno stato di ansietà, giacché dava corpo a un'angoscia onirica molto diffusa. Altri invece difesero l’efficacia della campagna, sostenendo, con l’appoggio dei loro consulenti, che il desiderio di apparire nude o sommariamente vestite in mezzo a una folla « si riscontra in ciascuno di noi». Questa seconda interpretazione finì, evidentemente per avere la meglio, tanto che la campagna venne intensificata e la Maidenform lanciò addirittura un concorso con premi fino a 10.000 dollari invitando il pubblico a presentare idee o sogni utilizzabili dai bozzettisti della ditta. 7 La speculazione sul fattore sessuale da parte dei maghi della profondità può investire i più impensati settori del mercato. Una grande industria di penne stilografiche del Middle West ordinò un'indagine sulla sessualità e sulle implicazioni sessuali delle penne. Un consulente psicologico di Chicago, McMurry, prese in esame i motivi per cui la gente compra le penne stilografiche e giunse alla conclusione che la penna è per l’uomo una proiezione del suo corpo, il che spiega perchè egli sia disposto a pagare fino a quindici dollari una penna che ha una «personalità» di suo gradimento, ignorando i modelli meno costosi che pure scrivono altrettanto bene. Il cosiddetto « sport » della lotta libera dà la misura degli eccessi cui può giungere la speculazione sui motivi sessuali. Si scoprì che i truculenti spettacoli dei lottatori di professione, ritenuti uno sport «duro» e adatto alla visione di soli uomini, sopravvivono esclusivamente grazie a un numeroso e appassionato pubblico femminile. Un’ inchiesta condotta dalla Nielsen tra il pubblico che assiste abitualmente alla trasmissione televisiva di simili incontri, rivelò che le spettatrici erano due volte più numerose degli spettatori. Gli organizzatori degli incontri, dosando abilmente gli ingredienti più indicati per suscitare il massimo degli strilli femminili, spostarono allora l’accento sul sadismo (i campioni avvinghiati in una stretta terribile) sulla potenza e violenza del maschio (pugni sul petto nudo, flessioni dei bicipiti) e sulla moda (costumi sempre più vistosi ed eleganti per i lottatori). Un classico esempio delle possibilità commerciali che i nostri segreti desideri sessuali offrono alla ricerca motivazionale è dato da una indagine condotta per la Chrysler dal doctor Dichter, nota sotto il titolo di Amante versus Moglie. Dichter venne invitato a indagare un fenomeno che lasciava molto perplessi gli uffici vendite della casa. La maggior parte degli uomini comprava berline chiuse, e solo una minoranza acquistava vetture decappottabili; eppure era evidente che tutti i consumatori preferivano queste ultime. Le agenzie si erano accorte che il numero dei visitatori di sesso maschile saliva notevolmente quando nella vetrina del loro salone era esposto un modello decappottabile. Studiata la relazione, Dichter concluse che gli uomini vedevano nella macchina aperta il simbolo di una possibile amante. La vettura decappottabile li faceva sognare alla giovinezza, a romantiche avventure, così come si può sognare un'amante. Il povero uomo sa benissimo che non avrà mai un'amante, ma sognare è sempre piacevole. Appunto questo sogno lo spingeva a entrare nel salone di esposizione. Una volta lì, si decideva, in fin dei conti, per una macchina chiusa a quattro porte, così come, anni prima, aveva sposato una brava ragazza sapendo che sarebbe stata una buona moglie e un’ottima madre. «Simbolicamente sposa una berlina chiusa» spiegò un portavoce del dottor Dichter, che è una macchina utile, pratica, coi piedi per terra, sicura. Il dottor Dichter affermò tuttavia che la Chrysler avrebbe commesso un errore imperdonabile puntando tutto sulle berline soltanto perchè questo era il modello che la maggior parte degli uomini finiva per scegliere. La società doveva invece invitare il cliente al sogno - «amanteavventura» esponendo, con grande rilievo i modelli decappottabili. Il portavoce illustrava così il pensiero del dottor Dichter: «Se riusciamo a creare una fusione tra moglie e amante – tutte le qualità che cerchiamo in una moglie più il senso di giovinezza e d'avventura che vogliamo da un'amante – otterremo... o meraviglia, la hardtop!». L'hardtop (tetto-rigido, una macchina, cioè, che conserva la linee delle decappottabili ma che ha il tetto, invece che di tela, di metallo o di plastica) divenne infatti ben presto il modello di maggior successo che il mercato automobilistico americano avesse avuto da molti anni, e tutto il merito dell'innovazione spetta all'organizzazione del dottor Dichter e al suo studio Amante versus Moglie. Gli analisti motivazionali si accorsero, verso la metà del secolo, che gli americani, uomini e donne, avevano gran bisogno di essere assicurati sessualmente. 8 Milioni di donne cercavano disperatamente di dimostrare a se stesse di essere ancora essenzialmente femminili; e milioni di uomini cercavano disperatamente prove definitive della propria indiscutibile e forte mascolinità. Gli industriali non tardarono a pensare alla possibilità di offrire alle une e agli altri dei prodotti capaci di fungere da simboli rassicuranti. L’agenzia condusse uno studio in profondità sulla vendita della biancheria intima, e accertò che la donna vuole in primo luogo poter guardare con approvazione se stessa, e in secondo luogo cerca l’approvazione delle altre donne. L’approvazione del maschio –rappresentata nella simbologia pubblicitaria dallo sguardo ammirato di un giovane dall’aria romantica- venne giudicata la meno efficace per vendere biancheria femminile. Di conseguenza, l’agenzia elaborò una strategia pubblicitaria basata semplicemente sull’immagine di una donna in sottoveste o in camicia da notte che si sta ammirando in uno specchio, e che invita le altre donne a fare la stessa cosa. Si dimostrò efficacissimo e le vendite della biancheria in questione salirono, nel giro di due anni, molto al di sopra dei livelli del ramo. Quanto agli uomini, si scoprì che avevano bisogno di essere rassicurati circa la loro virilità perché l’invadenza delle donne in numerosissimi campi li costringeva a una lotta sempre più accanita per dimostrare di essere ancora i veri padroni. Particolare è il caso dello spettacolare travestimento assunto dalle sigarette Marlboro, portato a termine nel 1956, che, in principio, con il loro bocchino color rossetto e carta color avorio, si rivolgevano soprattutto al pubblico femminile. Questa netta caratterizzazione sessuale era stata adottata dai proprietari con una certa esitazione, giacché il numero dei fumatori di sesso maschile era ancora doppio di quello femminile. Ma quando la paura del cancro orientò milioni di uomini verso le sigarette col filtro, la Marlboro decise di compiere un voltafaccia sessuale e di correre appresso agli uomini, sia pure cercando di trattenere il maggior numero possibile di fumatrici. Venne disegnata una confezione più virile: vennero scelti il bianco e il rosso, in sgargiante contrasto. Seguirono altre significative modifiche. I manifesti pubblicitari cominciarono a presentare uomini dotati di maschia, rude presenza, assorti nel loro lavoro. Per ottenere fotografie di effetto veramente realistico, la ditta si servì di molti «modelli» non professionisti (marinai, cowboys, e, a quanto sembra, alcuni redattori della stessa agenzia pubblicitaria della Marlboro). E gli slogan presero a vantare «l'aroma per uomini» della Marlboro. Ma l'innovazione più strabiliante stava forse nel fatto che i «duri» presentati nella lunghe serie di cartelloni – fossero essi mandriani, pescatori, sciatori o redattori pubblicitari – avevano, dal primo all’ultimo, una caratteristica comune: erano tutti di origine non soprannaturale. Per una prodigiosa coincidenza tutti avevano dei tatuaggi, e per un caso ancora più prodigioso, tutti i tatuaggi erano sul dorso delle mani, in modo che nei primi piani delle fotografie risultavano visibilissimi. La società infatti restava ferma nella convinzione che il tatuaggio fosse particolarmente idoneo a dare ai suoi modelli l’ultimo tocco di virilità, e l’aria di uomini «con un passato interessante». È particolarmente curioso osservare che, secondo le prime relazioni, la Marlboro, grazie a questa campagna, non solo conquistò vasti strati del pubblico maschile, ma non perse terreno fra le donne, le quali si mostrarono felicissime di contemplate ammirate i rudi rappresentanti della sigaretta. E la Marlboro ebbe l’accortezza di continuare a definirsi «una sigaretta per uomini che piace anche alle donne». 9 La psichiatria freudiana, secondo la quale molti adulti ricercherebbero inconsciamente quelle piacevoli sensazioni orali provate durante il periodo dell'allattamento e nei primi anni del l'infanzia, dischiuse nuovi orizzonti ai maghi della pubblicità. «In tutte le civiltà si riscontra il bisogno insopprimibile di appagamento orale mediante l’atto di fumare o masticare. L’esigenza, profondamente radicata, di assorbire attraverso la bocca trae origine dalla reazione dell’infante alla fame e alla tensione. La pubblicità oltre a servirsi di questi desideri di appagamento orale innato in ognuno di noi, fa leva anche sui conflitti inconsci tra pulsioni e forze. Le pulsioni, inaccettabili per la mente cosciente, vengono rimosse, mentre le pulsioni che vengono ritenute pericolose per il soggetto vengono fermate con l'ausilio dei cosiddetti meccanismi di difesa. L’inconscio è considerato la sede di desideri, impulsi e ricordi dimenticati, o meglio, rimossi. Secondo questa teorizzazione l'inconscio "spinge" per la realizzazione di tali desideri/impulsi, secondo quello che è detto "principio di piacere" (un principio di azione e ideazione basato sul soddisfacimento, anche tramite forme indirette, del desiderio sessuale). Freud elaborò il concetto di conflitto psichico. Egli ipotizzò che l'energia sessuale potesse entrare in contrapposizione con altri tipi di energia sfociando in un vero e proprio conflitto, la mancata risoluzione del quale avrebbe portato al sorgere di un sintomo psichico (come potrebbe essere una fobia) o fisico (come una paralisi isterica). Inizialmente parlò di conflitti generati dalla contrapposizione tra libido e pulsione dell'Io, mentre più avanti la contrapposizione venne posta tra pulsioni di morte e pulsioni di vita (in cui si poneva la libido). Il consumatore La pubblicità è un ponte fra il prodotto, o il servizio, e il consumatore. La pubblicità non è una strada da percorrere, ma da tracciare. Dice Antonio Machado:«no hay caminos si no que el camino se hace al andar» – non ci sono strade se la strada non si fa camminando. Il consumatore sceglie la pubblicità Negli Stati Uniti si stima che la media delle proposte pubblicitarie che un consumatore incontra possa arrivare a 2000 al giorno. Nel nostro paese non ci sono studi così precisi, ma si pensa che siano più di mille. Il problema dell’affollamento pubblicitario non è così nuovo come molti pensano. Nel 1759 Samuel Johnson scriveva su The Idler: «Gli annunci pubblicitari sono oggi così numerosi, che sono letti con negligenza, ed è perciò divenuto necessario conquistare l’attenzione con magnificenza di promesse, e con eloquenza talvolta sublime e talvolta patetica». Non è sorprendente, perciò, che il consumatore cerchi il modo di evitarla. Ciò che oggi facciamo con il telecomando esisteva molto prima che i mezzi elettronici lo rendessero più facile. L’occhio umano è capace di saltare quasi istintivamente gli annunci in un giornale o in una rivista. 10 Più ampiamente, il sistema percettivo ci permette di eliminare e “non vedere” o “non sentire” ciò che non ci interessa. Anche indipendentemente dalla pubblicità, la quantità di stimoli quotidiani è infinitamente superiore alla nostra capacità di percepirli. Prove sperimentali hanno dimostrato come le persone sappiano “non vedere” (o rimuovere) qualcosa se per loro non è interessante, anche se l’hanno davanti agli occhi. Questo è uno dei motivi per cui è molto difficile far “cambiare idea” a una persona. Il consumatore oggi è un esperto nell’uso delle tecniche di selezione per filtrare i messaggi che riceve. Un esame superficiale dei messaggi gli basta per decidere quali ascolterà ed elaborerà e quali ignorerà spietatamente. Ci sono solo quattro grandi fattori in gioco in questa selezione: le esigenze del consumatore, i suoi gusti e umori del momento, ma soprattutto la capacità creativa dei pubblicitari per essere rilevanti e richiamare la sua attenzione. Dei mille messaggi quotidiani, un consumatore normale arriverà a ricordarne con precisione tre. I restanti 997 possono rimanere sterili, perciò nella lotta per superare questa soglia non dobbiamo lesinare sforzi creativi. Il “ricordo” specifico di un messaggio pubblicitario non consiste però nella misura della sua efficacia. Ci sono annunci, film e manifesti che il consumatore ricorda, per qualche loro caratteristica insolita o interessante, ma di cui non tiene alcun conto nelle sue scelte. Ci sono, invece, infinite cose di cui egli è convinto anche senza ricordare esattamente da quale persona, fonte, fatto o circostanza abbia ricavato quella convinzione. Questo vale anche per la pubblicità. Il consumatore raccoglie ciò che gli interessa o che può essergli utile, dimenticando il resto. Ogni messaggio che egli riceve (pubblicitario o non) non è un segnale isolato; nel momento in cui lo percepisce si mescola immediatamente con le sue conoscenze, esperienze e opinioni, diventando così una sua conoscenza, che può essere molto diversa da ciò che qualcuno aveva intenzione di dirci. Il consumatore si aspetta dalla pubblicità informazione, comunicazione interessante e fiducia Come ogni atto di comunicazione, la forza e il valore della pubblicità dipendono dal suo destinatario. Deve essere rivolta a lui, pensata per lui, interessante per lui. Come? Dedicando molta attenzione alle tre cose fondamentali che i consumatori si aspettano dalla nostra pubblicità: informazione, divertimento e fiducia. L’informazione può essere di molti tipi. Può essere l’essenziale, cioè far conoscere le caratteristiche del prodotto. O andare oltre, per dimostrare come funziona, che cosa farà in favore del consumatore o in che cosa è diverso da altri prodotti simili. Si considera utile anche un’informazione meno diretta, ma che può essere ugualmente decisiva, come il riferimento al tipo di persone che usano questa marca, o all’impresa che la produce, o a quegli altri valori che da una ricerca risultino i più importanti per il consumatore in quel prodotto. Più si conosce il consumatore e si capiscono le sue esigenze, più vicina a lui sarà l’informazione. La qualità del messaggio - che sia divertente, stimolante, interessante – è un altro fattore. Può attirare il pubblico e far sì che gradisca il messaggio, cosa del tutto desiderabile. La ricerca dimostra che se un annuncio è gradito vende di più. Tuttavia, molti annunci non fanno altro che intrattenere. Alcuni arrivano all’estremo di preoccuparsi così tanto di essere attraenti da dimenticare di spiegare a spettatori o lettori a che cosa serve il prodotto. Questa caduta in picchiata nel mondo dello spettacolo può essere mortale se non ci si protegge con le reti di sicurezza dell’informazione e della fiducia. In pubblicità, la fiducia non si conquista con l’impatto, ma con un processo graduale. La fiducia totale arriva solo come risultato di tante piccole fiducie parziali che si concedono ai prodotti. 11 Se qualcuno crede in un prodotto e lo compra una volta vuol dire che comincia a dare fiducia ad esso, ciò implica l’obbligo da parte della ditta di non deluderlo. Si è dimostrato precisamente, in base a ricerche, che quando qualcuno ha comprato un prodotto una volta è più disposto a prestare attenzione alla pubblicità di quel prodotto, perché sente la necessità di dimostrare a se stesso che la sua scelta è stata giusta e il prodotto merita di essere usato. A questo punto il processo di costruzione della fiducia ha inizio. Il consumatore non è fedele a una sola marca: sceglie entro una gamma Andrew Ehrenberg della London Business School dimostrò, al di là di ogni dubbio, non solo che i consumatori di una marca specifica comprano nella stessa categoria anche altre, ma anche che, nella maggior parte del settore alimentare, solo dieci consumatori su cento comprano esclusivamente la stessa marca per tutto un anno. Le sue ricerche dimostrarono che ogni consumatore ha un repertorio di marche. Ognuna di esse è intercambiabile con le altre, perché probabilmente ognuna di esse è acquistata abitualmente da quel consumatore. Quelle che non fanno parte del suo repertorio sono percepite come non accettabili. Perciò, il primo obiettivo della pubblicità è far sì che la marca appaia in questa short list, in questa ristretta lista privata di marche pre-scelte. È un ammonimento molto importante per le nuove marche che hanno la pretesa di introdursi nel mercato. Il consumatore cerca informazioni se il rischio è alto, e trova nella fedeltà l’acquisto sicuro Ci sono prodotti il cui acquisto è associato a un certo rischio, come per esempio le automobili per il loro prezzo, o gli alimenti infantili per la responsabilità che si assume. Quanto più alto è il rischio, tanto più estesa è la ricerca e più probabile che il consumatore presti attenzione a varie fonti di informazione, compresa la pubblicità. La pubblicità non deve ingannare e non deve lasciare un senso di delusione, nell’esperienza immediata o a distanza di tempo al consumatore preoccupato per il rischio che deve assumere, ansioso di trovare informazioni e argomenti convincenti nella nostra comunicazione. La sfida per la pubblicità è lavorare con misura. E quando si lavora per un prodotto nuovo o ad alto rischio, o per una nuova marca, informare è più importante che sedurre. Ci sono diversi tipi di rischio, come quelli che derivano dall’uso del prodotto (come nel caso degli attrezzi meccanici o degli insetticidi) o quelli che riguardano la soddisfazione delle aspettative (come nei prodotti di prezzo alto, quali le automobili, gli elettrodomestici o le vacanze) o i rischi psicologici di relazione (in quei prodotti di consumo che implicano ostentazione della marca, come la moda, le bevande alcoliche, le sigarette ecc.). Essere consumatore non è una professione cui ci si dedica in modo esclusivo. Tutti siamo consumatori e facciamo scelte di acquisto; né il tempo né le altre nostre vocazioni e occupazioni ci permettono di essere assolutamente rigorosi e coerenti nelle nostre scelte quotidiane. Ciò che può aiutare ad ottenere la fedeltà del consumatore è conoscere, da parte della ditta produttrice, le sue abitudini. Il bombardamento di novità già contribuisce a rompere la routine, ma l’istinto di conservazione fa sì che, in certi acquisti, prevalga la scelta abituale e sicura. Conoscere questo atteggiamento è altrettanto utile per la marca consolidata – che deve cercare di rafforzare le abitudini di acquisto – quanto per la marca nuova, il cui obiettivo è romperle. 12 Pier Paolo Pasolini, “I dialoghi con il lettore” Ne “I Dialoghi con il lettore”, nel capitolo “Il caos del tempo”, 1969, l’intellettuale Pier Paolo Pasolini trae spunto da una sequenza di Canzonissima per compiere una spietata analisi dei contenuti e delle forme televisivi, mettendo in giusto risalto il latente nondimeno autoritario significato ideologico insito nella trasmissione. “Acri, erano dunque i miei occhi, ma tutto sommato abbastanza distratti e lontani. Ho realizzato solo dopo un po’ quello che stavo vedendo: due donne molto simili una all'altra, stavano facendo delle evoluzioni, d'una assoluta facilità, come due automi caricati a molle, che sanno fare solo quei due o tre gesti, capaci di dare una inalterabile e iterativa soddisfazione al bambino che li osserva. Due o tre mossucce idiote, incastonate in un ritmo, che voleva essere gioioso e invece era soltanto facile. (…) A un'allegria collegiale e orgiastica, in cui la donna appariva come una scema, con dei pennacchi umilianti addosso, un vestituccio indecente che nascondeva e insieme metteva in risalto le rotondità del corpo, cosi come se le immagina, se le sogna, le vuole un vecchio commendatore sporcaccione e bigotto. Tutto ciò, che si presentava come leggero, era invece pesantemente volgare. (…) Non è questione di bruttezza o di bellezza. È questione di volgarità. E la volgarità della televisione deriva dalla sua sotto-cultura.” Nel capitolo “giornalisti, opinioni e TV” Pasolini dà invece una definizione del rapporto che la televisione instaura con i suoi spettatori, che è esattamente quello che non dovrebbe essere. Esso è: a) Tipicamente autoritario: infatti tra video e spettatore non c'e la possibilità di dialogo. Il video è una cattedra, e parlando dal video si parla, necessariamente, ex cathedra. Il video consacra, da autorità, ufficialità. Il video rappresenta l'opinione e la volontà di un'unica fonte d'informazione, che è quella appunto, genericamente, del potere. b) È un medium di massa: essa infatti, quale fonte di informazione centralistica, è manipolata per ragioni extra-culturali, e la sua diffusione deve tener anticipatamente conto del bassissimo livello medio della cultura dei destinatari, a cui si asserve per asservirli. La ricerca di richiesta di mercato che la televisione opera è tipica della cultura di massa. In realtà non si tiene conto di nessuna delle esigenze reali di questi vari gruppi sociali di cittadini, ma si tiene conto di una media irreale. Nel capitolo “Ma la donna non è una slot machine” de “Altre interviste” Pasolini pone al centro dell’analisi la donna e il suo ruolo nei mezzi audio-visivi. Nella Tv la donna è considerata a tutti gli effetti un essere inferiore: viene delegata a incarichi d'importanza minima, come per esempio informare dei programmi della giornata; ed è costretta a farlo in un modo mostruoso, cioè con femminilità. Ne risulta una specie di “puttana” che lancia al pubblico sorrisi di imbarazzante complicità e fa laidi occhietti. Oppure viene adoperata ancillarmente come valletta. La donna è mostrata come merce, specie nelle fotografie di piccole attrici sconosciute, costrette a mostrare le loro nudità, come se fossero oscene; ma anche quando si tratta di donne importanti, grandi attrici, grandi mogli di presidenti, eccetera, i loro, problemi sono mostrati sempre come problemi femminili, cioè sciocchi, convenzionali e graditi al maschio. 13 Pasolini inoltre lancia un appello ai giovani affinché essi si muovano a prendere una posizione impegnandosi direttamente nella società lanciando una denuncia alla televisione italiana. “Eh già. I giovani non muovono nessuna critica alla televisione così come è adesso. Non se ne accorgono, non la prendono in considerazione. Forse ne sono utenti: operando così una dissociazione (un po' schizoide) tra se stessi utenti della televisione e se stessi rivoluzionari. Forse per gli studenti la televisione appartiene a quell'ordine di fatti così bassi e spregevoli, da non essere degni di contestazione. (…) Ma nel caso che la televisione fosse partitica e parlamentare, e il suo livello salisse di colpo vertiginosamente, dalla piattezza attuale, all'altezza di una comunicazione veramente culturale e reale, allora è certo che i giovani non potrebbero fingere di non accorgersene. Sarebbero costretti ad accorgersene: e a rivolgere alla televisione la loro critica anti-parlamentaristica e antipartitica. E a volere quindi una televisione ancora più avanzata e libera. Forse si deciderebbero a occuparla. Magari!” Sandra Puccini, “Nude e crudi. Femminile e maschile nell’Italia di oggi” La scrittrice Sandra Puccini riprende il concetto di «mutazione antropologica» degli italiani, di cui Pasolini parlava inascoltato negli anni Sessanta. Con la lente dell’antropologa, Puccini ricostruisce percorsi connessi con la psicologia di giovani cresciuti all’interno di un universo fatto di pubblicità e di immagini onnipresenti. Ella espone tutta una serie di fenomeni di costume che manifestano l’autocomprensione che i due sessi hanno oggi di sé, e che risultano innescati e governati dal sistema dei mass media quale si è venuto formando in Italia con l’avvento della TV commerciale. Il corpo femminile è oggettificato ed esibito (nude), mentre il maschio regredisce e non raggiunge mai la pienezza del suo essere maschio (crudi). I ragazzi e le ragazze di oggi pensano prevalentemente all’aspetto (alla corporeità, mediata dai vestiti o dal loro toglimento) come unico valore, in quanto l’accettazione nel gruppo sociale vi è strettamente connessa. Per questo, per comprendere i valori dei ragazzi e ragazze di oggi occorre leggere testi come quelli di Moccia, che mostrano chiaramente come la percezione del sé passi attraverso le cose che si indossano, e che danno forma all’aspetto. Ma le cose che si indossano sono accessibili solo attraverso il circuito della produzione e dello scambio, quindi del commercio. E la TV commerciale domina l’immaginario degli Italiani, imprimendo la sua forma anche su quella non commerciale. La Puccini sonda un intreccio molto complesso, illuminando di volta in volta realtà differenti che concorrono tutte a determinare la temperie dell’epoca nella sfera dei rapporti uomo-donna: dai reality alla fiction, dai contenitori televisivi alle trasmissioni di Maria De Filippi, dai romanzetti per adolescenti alla pornografia. Maschi sempre più muscolosi, femmine sempre più procaci: e tutti sempre più narcisisti ed esibizionisti, a mostrare i loro corpi sempre più nudi, aiutati anche dalla moda che avalla e rinforza le rappresentazioni mediatiche. Egocentrici e concentrati, guardano i compagni per vedersi riflessi nei loro occhi. 14 L’inventore del manifesto pubblicitario: Henri de Toulouse-Lautrec Henri de Toulouse-Lautrec (Albi, 24 novembre 1864 – Saint-André-du-Bois, 9 settembre 1901) è stato un pittore francese, tra le figure più significative dell'arte del tardo Ottocento. È considerato l’inventore del manifesto pubblicitario. Divenne un importante artista post-impressionista, illustratore e litografo e registrò nelle sue opere molti dettagli dello stile di vita bohèmien della Parigi di fine Ottocento. Nella sua prima produzione, i quadri sono ancora cupi e realisti ma risentono già delle influenze impressioniste. Lautrec cominciò a sperimentare una nuova tecnica che consisteva nel fissare un foglio di carta per ricalco su un disegno a carboncino e successivamente nel dipingere poi l'immagine in trasparenza. In questo modo poteva dissociare il disegno dal colore, tecnica che era utilizzata già da Degas per il pastello. Nella primavera del 1887 Lautrec abbandonò lo studio di Cormon ed espose riuscendo a vendere il suo primo quadro. Lautrec si avvicinò all'avanguardia degli Artistes Inchoèrents definiti da Gérôme "Anarchici dell'Arte". Furono un gruppo di pittori ed illustratori di Montmatre che trattarono i temi artistici con umorismo ed anticonformismo. Lasciata l'accademia, le opere degli anni Ottanta risentirono di queste influenze, ma egli cominciò anche ad esplorare nuove correnti pittoriche avvicinandosi all'opera di Degas o ad i suoi vecchi compagni di corso come Van Gogh. Le opere di questo periodo furono perciò una commistione tra la struttura accademica e la pennellata frammentaria e più innovativa. Sempre nello stesso periodo dopo aver visto il manifesto di Bonnard, "France-Champagne" , si appassionò alla litografia e si fece accompagnare dallo stampatore Ancourt di rue Saint-Denise, è di questo periodo la commissione di Charles Ziedler proprietario del Moulin Rouge per un manifesto pubblicitario che riscontrò un discreto successo. Lautrec dimorò per lunghi periodi nei bordelli e poiché si sentiva un emarginato come le persone che frequentavano questi posti, divenne il loro confidente e il testimone della loro vita più intima. Infatti egli non rappresentò i bordelli con l'interesse umanitario dei suoi colleghi di sinistra, bensì per un interesse del divertimento pubblico. Molte volte i luoghi e le persone rappresentate sono viste perfino felici. Raramente ritrasse le prostitute in atteggiamenti erotici o di sofferenza perché comunque Lautrec nei propri lavori non mise mai in discussione la condizione sociale dei propri soggetti. Le opere dei primi anni furono perciò ispirate dal movimento impressionista, ed erano caratterizzate da una pennellata veloce e nervosa con l'apposizione di colori poco miscelati, i soggetti però al contrario dell'impressionismo, non sono un tutt'uno con l'ambiente in una fusione tra effetto luminoso ed atmosferico, ma la figura viene sempre rappresentata in primo piano e l'ambiente che la circonda è solamente un pretesto per caratterizzarla. 15 In seguito Lautrec utilizzò nelle proprie opere una pittura ad olio molto fluida, quasi dovesse eseguire un acquarello, dentro però uno schema compositivo ben delineato. Abbandonò del tutto le sensazioni ottiche di Manet o Monet, per concentrarsi principalmente sul carattere della figura umana. Estimatore dalla stampa giapponese, resa popolare da Théodor Duret, Lautrec diventò prima un collezionista di stampe di Ukyo-e ed in seguito questa passione si ripercosse anche nel lavoro con la semplificazione della linea e la stesura del colore in modo piatto ed omogeneo. La tavolozza del pittore divenne molto semplice con la presenza predominante di blu e verdi, contrapposti ai viola ed ai rosa. Inoltre Lautrec innovò la tecnica di stampa utilizzando il "crachis" o spruzzo. Otteneva un effetto puntinato sulle opere spargendo "a pioggia" con uno spazzolino da denti il colore durante le varie fasi di stampatura. Solitamente la figura principale era rappresentata con la stesura di un colore "piatto" omogeneo che si stagliava su uno sfondo "puntinato" ottenuta con lo spruzzo. Nella sua vita Lautrec eseguì 30 manifesti tra i quali sono famosi i manifesti pubblicitari di locali parigini (Divan Japonais, Moulin Rouge: Bal Tous les soirs, Aristide Bruant all'Ambassadeurs), che nel tempo hanno reso celebre la loro immagine. L'ultimo venne eseguito nel 1896. Illustrò anche alcune riviste come «La revue blanche» e «L'estampe originale». Invitato da Manuel Luque, collaborò inoltre a lungo con la rivista satirica «Le Rire». Bibliografia “I persuasori occulti”, Vance Packard “I Dialoghi con il lettore”, Pier Paolo Pasolini “Nude e crudi. Femminile e maschile nell’Italia di oggi”, Sandra Puccini 16