REALIZZAZIONE E STUDIO DI UN
OSCILLATORE A DENTI DI SEGA
ATTENZIONE: PERICOLO!
In questa esperienza si impiegano alte tensioni. E’ fatto obbligo
di fare controllare i collegamenti al tecnico prima di accendere.
Dicesi tensione a denti di sega (Fig. 1) una tensione variabile V
che, con periodo T, varia linearmente con il tempo da zero a un
massimo Vmax, per poi tornare bruscamente a zero.
V max
T
V
t
Fig. 1
Per ottenerla si usa un circuito, detto oscillatore a denti di
sega, che è basato sulla carica relativamente lenta di un
condensatore attraverso una resistenza, seguita dalla scarica
molto più rapida dello stesso condensatore attraverso una
valvola a gas.
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Lo schema di principio di tale circuito è riportato in Fig. 2.
R
V0
C
G
Fig. 2
In assenza della valvola a gas G la tensione VC ai capi di C
aumenterebbe fino a raggiungere la tensione V0 dell’
alimentatore secondo la ben nota relazione
  t 
RC
VC  V0
1 e 



(1)
(vedi Fig. 3, curva “VC“). La presenza di G in parallelo a C
modifica però il comportamento del circuito: quando infatti il
condensatore raggiunge la tensione VI di innesco della scarica
nel gas, la valvola G diventa conduttrice e poiché la sua
resistenza è trascurabile rispetto a R, la fase di carica si
interrompe temporaneamente e il condensatore si scarica
attraverso G in un tempo brevissimo. Tale scarica continua fino
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a che VC scende dal valore di innesco VI al valore per cui il gas
cessa di essere conduttore (tensione di disinnesco VD ); allora G
non lascia più passare corrente e il condensatore riprende a
caricarsi con la costante di tempo RC; quando la tensione ai suoi
capi raggiunge nuovamente il valore VI la valvola a gas conduce
di nuovo, C si scarica nuovamente attraverso G ed il processo si
ripete. Scegliendo R, C e la tensione V0 in maniera tale che le
scariche (tratti verticali in Fig. 3) avvengano durante la parte
iniziale delle fasi di carica del condensatore, quando la curva
esponenziale VC è quasi rettilinea, si ottiene la voluta tensione
a denti di sega.
V0
VC
V
VI
VD
0
t
Fig. 3
Volendo ora calcolare il periodo T dell’ oscillazione, si osservi
che esso si può confondere con il tempo di carica giacché il
tempo di scarica risulta trascurabile nei confronti del primo.
Basta allora determinare quei valori di t che soddisfano la (1)
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per VC pari a VI e VD e farne la differenza. Risolvendo la (1)
rispetto a t avremo:
t  RC ln
V0
V0 VC
(2)
Pertanto risulta:
tI  RC ln
V0
;
V0  VI
tD  RC ln
e quindi:
T  tI  tD  RC ln
V0
V0 VD
V0  VD
V0 VI
(3)
Dall’ espressione (3) si vede che il periodo dipende da R, C e
dalla tensione di alimentazione VO, oltre che dalle tensioni di
innesco e disinnesco VI e VD della valvola a gas utilizzata.
Il circuito realizzato per l’esperienza è illustrato in Fig. 4.
V0
RV
-
-
R
I
I
I
V
G
O
+
+
C
1
C2
C3
Fig. 4
L’ area in grigio rappresenta l’ alimentatore che fornisce la
tensione V0. Il reostato RV è quello sul suo pannello frontale.
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Il voltmetro V consente di misurare V0 con una precisione
migliore di quella dell’ indicatore presente sul pannello dell’
alimentatore.
Gli interruttori I consentono di inserire o escludere ciascuno
dei 3 condensatori. In tal modo, essendo i 3 condensatori
disposti in parallelo, si possono ottenere vari valori di capacità.
Ne conseguono, a parità di resistenza R, vari possibili valori per
la costante di tempo RC. Aprendo tutti e 3 gli interruttori
nessun condensatore è collegato.
Un oscilloscopio a raggi catodici O va collegato al circuito come
indicato in figura in modo che al suo ingresso sia presente la
stessa tensione (variabile nel tempo!) che c’ è ai capi della
valvola G.
Inoltre, è in dotazione all’ esperienza un cronometro.
Modo di operare
1. Realizzare il circuito schematizzato in Fig. 4.
2. Inserire uno dei condensatori, per esempio quello di capacità
più piccola (RC risultante più breve).
3. Accendere il generatore e far crescere la tensione fin
quando la valvola a gas comincia a lampeggiare. Aumentare
ancora V0 ben oltre tale valore. La lampada emette un lampo
ogni volta che avviene la scarica (tratti quasi verticali in Fig.
3). Pertanto la durata di ciascun lampo è praticamente
brevissima, mentre l’ intervallo tra un lampo e il successivo è
praticamente pari al periodo T.
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4. Provando a questo punto a inserire varie combinazioni di
condensatori in parallelo sarà evidente che per capacità
relativamente grandi i lampi sono relativamente rari, tanto
da poter essere facilmente distinti a occhio nudo, mentre
con il solo condensatore di capacità più piccola essi sono ben
più frequenti, al limite dando quasi l’ illusione che la valvola
sia sempre accesa (questo accade se il periodo è dell’ ordine
di o inferiore a 1/10 di secondo, che è il tempo di
permanenza delle immagini sulla retina).
5. Mantenere inserito, per il momento, solo il condensatore con
capacità minore (lampi più frequenti).
6. Osservare il grafico della tensione all’ oscilloscopio. A tal
fine, occorre regolare opportunamente le scale dell’
apparecchio affinché sia completamente contenuto nello
schermo il grafico di almeno uno o due periodi completi.
Accertarsi innanzitutto che l’ oscilloscopio sia predisposto
per accettare tensioni d’ ingresso continue (selettore sotto
la manopola dei volt su “DC”). Apposite manopole e selettori
regolano a quanti milli- (o micro-) secondi corrisponde una
divisione sull’ asse orizzontale (quadratini della griglia
disegnata sullo schermo) e a quanti volt corrisponde una
divisione sull’ asse verticale. Inoltre affinché nello schermo
siano contenuti periodi completi può essere necessario agire
un po’ anche sul valore di V0 (il periodo dipende da V0 come è
evidente dalla (3)! ) Come linea guida generale, si ricordi che
sarebbe bene che V0 fosse il più grande possibile in modo
che qualunque sia VI (che si determinerà più avanti), l’
oscillazione a denti di sega abbia luogo in corrispondenza
della parte iniziale della curva esponenziale di carica (“VC” in
Fig. 3). Nel grafico visibile sullo schermo la distanza
orizzontale tra due punti omologhi della figura rappresenta il
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periodo T, mentre l’ altezza di ciascun “dente” rappresenta
la differenza di tensioni VI-VD.
7. Determinare ora fenomenologicamente la tensione di innesco
VI. A tale scopo, ridurre lentamente V0 fino a quando la
valvola smette di lampeggiare e la figura a denti di sega non
si osserva più sullo schermo. Il valore di V0 attorno al quale
basta una piccola variazione di tensione per far apparire o
scomparire il fenomeno rappresenta proprio la tensione di
innesco VI.
8. Dal valore di VI così individuato e da quello della differenza
VI-VD letta sull’ oscilloscopio, nonché noti o misurati R e C
(capacità del condensatore attualmente inserito), dedurre il
valore “previsto” del periodo T dalla (3) e confrontarlo con
quello osservato direttamente sull’ oscilloscopio.
9. Inserire ora tutti i condensatori in parallelo, realizzando
così la capacità equivalente massima. Poiché il periodo è ora
significativamente più lungo, la figura a denti di sega è
visualizzabile all’ oscilloscopio con una certa difficoltà, ma l’
intervallo VI-VD dovrebbe ancora essere misurabile. Inoltre,
come si può verificare mediante la procedura descritta in 7.,
VI è lo stesso di prima, essendo una caratteristica della
valvola che non dipende dagli altri elementi del circuito.
Adesso però il periodo si può dedurre più comodamente
adoperando il cronometro per misurare l’ intervallo di tempo
tra due lampi successivi. In pratica, una tale misura diretta
sarebbe pesantemente affetta dall’ errore dovuto ai tempi
di reazione umani che sono dello stesso ordine di grandezza
del tempo da misurare, perciò conviene contare il tempo
necessario per n lampi, con n dell’ ordine almeno di qualche
decina, e dividere il tempo registrato per n.
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10. Confrontare anche in questo caso il periodo “teorico”, che si
ottiene adoperando nella (3) i valori di VI, R, VD attualmente
determinato e la capacità C equivalente attualmente
inserita, con il valore dedotto dal cronometraggio dei lampi.
11. Inserendo combinazioni intermedie di capacità si otterranno
condizioni in cui sarà di volta in volta più comodo leggere il
valore del periodo T sulla scala orizzontale dell’ oscilloscopio
oppure contando i lampi. Per ogni capacità inserita
confrontare il periodo misurato sperimentalmente con quello
predetto dalla (3) adoperando in questa formula VI e R, che
non cambiano, e di volta in volta gli appropriati valori di VD e
della capacità equivalente C.
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