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Fichte
Vita e pensiero del filosofo. Analisi delle opere principali con estratti antologici
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1. La vita
2. Le opere
3. Il contesto culturale
3.1 La condizione psicologica dell’uomo romantico
3.2 Romanticismo e infinito
3.3 Romanticismo e natura
3.4 Romanticismo e esaltazione del
sentimento
3.5 Romanticismo e libertà
3.6 Romanticismo e religione
3.7 Romanticismo e soggettività
4. L’Idealismo come fondamento della
riflessione fichtiana
5.Il passaggio dal criticismo kantiano
all’idealismo fichtiano
6.La struttura dell’idealismo fichtiano
nella Dottrina della scienza
6.1 L’io pone se stesso
6.2 L’io oppone a sé un non-Io
6.3 Il momento della sintesi: la
reciproca limitazione e opposizione
nell’Io dell’Io limitato al non Io limitato
7. Il processo
conoscitivo
8. La morale nella
concezione fichtiana
9. Il giusnaturalismo:
la scelta politica
idealista
10.Lo stato
commerciale chiuso
11.Riferimenti
antologici tratti dalla
Dottrina della
scienza
11.1 I “tre principi”
della Dottrina della
Scienza
11.2 L’Io pone se
stesso
11.3 Il primo
principio
11.4 Il principio
d’identità
11.5 Il principio
d’opposizione
11.6 Io assoluto e
Io divisibile
11.7 Libertà e
intuizione intellettuale
1. La vita
Johann Gottlieb Fichte nasce a Rammenau nel 1762. La sua famiglia di origine contadina versa in condizioni
di forte disagio. Per questa ragione la fanciullezza di Fichte è caratterizzata da un’estrema miseria che lo
costringe ad adoperarsi per poter aiutare l’economia familiare. Svolge l’attività di guardiano di oche. La
povertà, tuttavia, costituisce per il filosofo un’alta esperienza morale: le proprie origini sono motivo di
orgoglio.
Grazie al barone von Militz, Fichte ha la possibilità di intraprendere un corso di studi e formarsi. Il nobiluomo
rimane talmente colpito e attratto dall’intelligenza e la genialità del ragazzo che decide di prenderlo sotto la
sua ala protettrice e di aiutarlo.
Frequenta il liceo ginnasio a Pforta. Nel 1780 si iscrive al corso di laurea in Teologia a Jena.
Successivamente si trasferisce a Lipsia e vive un periodo di grandi ristrettezze economiche in seguito alla
graduale diminuzione dei sovvenzionamenti del barone. Per questo motivo Fichte vive di lezioni private e di
servizi di precettore.
Nel periodo di tempo che trascorre a Zurigo come precettore conosce Giovanna Rahn la donna che in
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seguito diventa sua moglie.
L’anno della svolta fichtiana è il 1790, anno in cui il filosofo apprende la filosofia kantiana, in maniera
particolare i messaggi di libertà e il nuovo senso della vita che gli fornisce la Critica della Ragion pratica.
Il pensiero di Kant arricchisce a tal punto
l’interiorità di Fichte che nel 1791 ne
deriva un’opera dal titolo Saggio di una
critica di ogni rivelazione nella quale
espone e applica i principi del Criticismo.
Dapprima attribuita allo stesso Kant,
l’opera fichtiana, pubblicata dall’editore
senza il vero nome dell’autore per
intercessione di Kant, ottiene un successo
inaudito e decreta la popolarità del
filosofo.
È questo il momento d’oro della
speculazione fichtiana: a questo periodo
risalgono le opere più celebri quali i
Fondamenti della dottrina della scienza, i
Discorsi sulla missione del dotto, i
Fondamenti del diritto naturale e il
Sistema della dottrina morale.
Il 1799 lo vede protagonista di una
polemica sull’ateismo quando un suo
discepolo, Forberg pubblica un articolo in
cui dichiara che si può non credere in Dio
e allo stesso tempo essere religiosi
credendo nella virtù.
L’agnosticismo e l’ateismo come alternativa alla religione cristiana sono delle soluzioni mal viste , tanto da far
degenerare la polemica, sedata con l’allontanamento di Fichte, costretto a rassegnare le dimissioni.
Segue un trasferimento a Berlino durante il quale il filosofo entra in contatto con gli esponenti del
Romanticismo, per l’appunto Schlegel, Schleiermacher, Tieck e lavora dando lezioni private.
Nel 1805 diviene, per un breve periodo di tempo, insegnante presso l’Università di Erlangen.
Il fervore culturale con il quale sostiene la propria nazione nell’opera Discorsi alla nazione tedesca,
lo rendono a tal punto celebre che nel 1810, quando viene fondata l’Università di Berlino viene nominato
professore ordinario dal re e successivamente ricopre anche l’incarico di rettore in quella stessa università.
Muore nel 1814 di colera, malattia che gli trasmette sua moglie Giovanna per essere stata a contatto e
curato i soldati negli ospedali militari.
2. Le opere
La produzione filosofico-letteraria delle opere di Fichte è ampia ed estremamente significativa.
Le opere che il filosofo tedesco produce durante la prima fase della speculazione sono le seguenti: Saggio
di una critica di ogni rivelazione del 1792 e Rivendicazione della libertà di pensiero del 1793, opera che il
filosofo pubblica anonimamente e in segno di polemica contro i provvedimenti che riducono la libertà di
stampa. Al periodo jenese risale la composizione dell’opera più importante e cioè Fondamenti dell’intera
dottrina della scienza.
Attraverso quest’opera Fichte intende rintracciare i
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principi supremi da cui desumere sistematicamente la
filosofia.
Con la Wissenshaftslehre, la dottrina della scienza, la
filosofia diventa scienza rigorosa e non più una ricerca.
A questo periodo appartengono anche altre opere quali
il saggio intitolato Discorsi sulla missione del dotto del
1794 e i Fondamenti del diritto naturale del 1796. Il
saggio mette in primo piano il ruolo dell’intellettuale
nell’epoca contemporanea e lo figura come un uomo di
cultura, un intellettuale borghese moderno, parte
integrante di un circuito sociale e culturale ben delineato
e definito. Il dotto che intende Fichte è un intellettuale
che partecipa attivamente alle trasformazioni della
società in cui vive.
Con i Fondamenti del diritto naturale, invece, il filosofo riflette anche in merito al pensiero politico
soffermandosi su posizioni giusnaturalistiche che si stabilizzeranno successivamente in un organicismo e
nazionalismo politico più vicino all’atmosfera culturale romantica.
Del 1798 è invece il Sistema della dottrina morale con il quale Fichte intende elaborare un’etica pratica e
reale che sia in grado di spiegare le dinamiche dell’agire umano che si comporta in base alla propria essenza
sensibile e sociale.
Infine i Discorsi alla nazione tedesca del 1808 proclamano il filosofo tedesco a sostenitore del proprio popolo
che, in seguito all’invasione napoleonica deve impegnarsi strenuamente a rilanciarsi moralmente e
politicamente per ristabilire la superiorità in ambito europeo.
.
3. Il contesto culturale
L’atmosfera culturale in cui si inscrive l’esperienza filosofica fichtiana costituisce un momento estremamente
importante dell’intera storia del pensiero occidentale.
Fichte vive negli anni in cui sono in corso le profonde trasformazioni che hanno generato il Romanticismo.
Definire il romanticismo non è affatto semplice vista la molteplicità di esiti che esso ha prodotto.
Innanzitutto il termine “romantico” fa la sua primissima apparizione nell’Inghilterra del XVII secolo, a
designare, secondo la definizione lasciataci da A. C. Baugh “tutto ciò che avesse un che di stravagante,
favoloso, irreale, fantastico come si trova in certi romanzi cavallereschi”. Successivamente viene ripreso non in accezione
negativa ma nel senso di situazione piacevole fino a
significare la vera e propria rinascita dell’istinto e
dell’interiorità dell’uomo, il risveglio dell’anima, il trionfo
delle
emozioni
che
il
Razionalismo
aveva
completamente soffocato”.
Considerando, invece, il romanticismo come categoria
storiografica possiamo dire che esso rappresenta un
movimento spirituale che produce trasformazioni
significative non solo nella poesia e nella filosofia ma
anche in campi come l’arte e la musica.
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L’atmosfera romantica si diffonde ben presto in tutta Europa tanto da creare nel periodo che va tra la fine del
1700 e prima metà del 1800 una rete di tanti romanticismi europei. Ogni nazione produsse, di fatto, un
romanticismo con peculiarità e caratteristiche proprie.
Tuttavia, nell’eterogeneità di queste atmosfere romantiche europee, si possono rintracciare dei tratti comuni
e soprattutto una tendenza psicologica univoca.
3.1 La condizione psicologica dell’uomo romantico
L’ethos dell’uomo romantico consiste appunto in uno stato interiore di profondo dissidio, un continuo
desiderio inappagato, una volontà di elevarsi dalla realtà per ricercare un’inafferrabile dimensione altra. Secondo le parole di L. Mittner «inteso come fatto psicologico, il romantico non è il sentimento che si
afferma al di sopra della ragione, o un sentimento di particolare immediatezza, intensità, o violenza, e non è
neppure il cosiddetto sentimentale, cioè un sentimento malinconico-contemplativo».
Il romanticismo pone al centro di tutto la sensibilità.
L’uomo romantico infatti è un uomo fortemente
impressionabile, irritabile e reattivo: proprio da questo gli
deriva l’amore per l’ambivalenza, per quel sentimento
della precarietà, di irresolutezza, un senso di
irrequietezza e di inquietudine interiore.
Sehnsucht è il termine tedesco che indica in maniera
precisa quello struggimento tipico degli uomini
romantici; non una nostalgia o un desiderio inappagato
ma vero e proprio ardore e tormento per un desiderio
che non potrà mai esaudirsi perché irraggiungibile:
“desiderare il desiderare”. 3.2 Romanticismo e infinito
Il Romanticismo si caratterizza come atmosfera culturale che aspira all’infinito. Questo è un tema molto caro
ai romantici proprio nel momento in cui il “desiderio di desiderare” diventa quella sete di infinito tipicamente
romantica.
L’infinito di cui ci parlano i Romantici è uno Streben, un tendere in continua azione, questo atto di
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avvicinamento all’infinito non ha mai fine. Lo scontro fra finitezza umana e infinitezza dell’universo.
L’uomo romantico sente uno struggimento interiore che lo fa anelare continuamente verso l’immenso senza
limiti, verso il superamento dei confini della dimensione materiale e spirituale: è un uomo ansioso
d’assoluto.
3.3 Romanticismo e natura
La Natura è un tema fondamentale della riflessione romantica. Essa assume un ruolo totalmente diverso
dalla concezione che di essa si aveva in ambito illuministico.
Per i romantici la natura è intesa come vita che crea infinitamente altra vita attraverso la morte. La morte non
è che il pretesto per la generazione di altra vita. Dalla natura ha origine tutto ciò che costituisce la realtà,
l’uomo compreso. L’universo agisce in base a un principio unico, a un Dio immanente e vitale.
La natura è il luogo in cui l’uomo romantico si rifugia perché mette in comunicazione uomo e assoluto, uomo
e dimensione altra che non può essere colta se non attraverso un abbandono ai sensi. La natura non è più il
complesso di leggi e regole asettiche che solo la ragione può comprendere.
3.4 Romanticismo e esaltazione del sentimento
Il romanticismo propone come risposta al razionalismo illuministico, la riscoperta del sentimento,
l'abbandono all’emozione forte, l’esaltazione di tutto ciò che può alimentare l’emotività, sia positivamente che
negativamente. Da qui deriva il senso di tragicità della vita, per cui l'uomo è gravato dal peso della morte e dell'impossibilità
di una piena felicità. Per questa ragione i romantici rifiutano il progresso e lo sviluppo scientifico in pratica
qualsiasi esito ottimistico di derivazione illuminista.
3.5 Romanticismo e libertà
Questo atteggiamento romantico tipicamente proiettato
verso l’assoluto, non può fare altro che far desiderare
all’uomo di questa età un maggiore senso di libertà. L’uomo romantico è cosciente della propria
individualità perché agisce liberamente. La ragione
non fa di lui un uomo libero a differenza della religione.
Nell’Enrico di Ofterdingen , il poeta Novalis scrive:«Ogni cultura mena a ciò che non si può chiamare se non
libertà, per quanto con questo termine si debba designare non un semplice concetto, ma il fondo operante
dell’essere tutto. […] E questa libertà appunto, o magistero, o dominio, è l’essenza, il lievito della coscienza.
In essa si palesa la sacra individualità, l’immediato operare della personalità, e ogni atto del maestro è al
tempo stesso rivelazione del mondo alto, semplice, spiegato, è parola di Dio».
3.6 Romanticismo e religione
L’età romantica vede, in linea generale, un ritorno al senso religioso che l’Illuminismo e la ragione avevano
accantonato. Si diffonde una rivalutazione della fede intesa come rapporto privilegiato fra l’uomo e l’infinito e
l’eterno.
Gli indirizzi religiosi che si diffondono in questo periodo sono molteplici e diversificati ma tutti accomunati da
un sentimento interiore e da un’intuizione del divino che possa mettere in comunione l’uomo con Dio stesso.
L’elemento innovativo della religione romantica sta in questa presa di coscienza dell’uomo come parte di un
tutto universale che può entrare in comunione con Dio e stabilire un contatto con una dimensione superiore.
L’uomo romantico diventa il detentore di una responsabilità morale.
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3.7 Romanticismo e soggettività
L’uomo romantico si ripiega su un individualismo che mai prima d’ora la civiltà aveva conosciuto.
Il romanticismo esalta la soggettività e l’individualità dell’uomo come punto di vista privilegiato per l’osservare
il mondo.
Per questo motivo la cifra distintiva dell’atmosfera romantica in generale è l’introspezione. Tutta la
produzione letteraria romantica pone l’accento sulla vita psicologica intima dei protagonisti.
Lo spazio psichico assume via via maggiore importanza e interesse.
L’uomo ha la possibilità di riflettere su ciò che lo riguarda personalmente, sia che si tratti di vita concreta,
pratica che di vita interiore.
4. L’Idealismo come fondamento della riflessione
fichtiana
Johann Gottlieb Fichte è un filosofo idealista.
L’idealismo costituisce quella corrente filosofica che si
diffonde durante il periodo romantico e che si incentra
fondamentalmente su una visione del mondo per cui
tutta la realtà che lo costituisce è già data, è, cioè,una
prerogativa mentale dell’uomo che la possiede a priori
come costruzione della mente.
L’idealismo celebra il trionfo della realtà come entità
spirituale. Ancora, esso interpreta la vita in chiave etica.
L’obiettivo dell’idealismo tedesco, in maniera particolare la speculazione di Fichte ci parla di un tentativo
graduale di identificazione dell’ oggetto con il soggetto in modo che si possa rintracciare un principio che dia
spiegazioni su tutto.
Fichte perviene all’idealismo attraverso la riflessione del criticismo Kantiano. Il filosofo tedesco, come tutti i
filosofi idealisti negano l’esistenza della cosa in sé (noumeno) di cui parla Kant. Questa realtà secondo Kant
esterna e inconoscibile all’uomo cessa di essere tale nel momento in cui un soggetto fa esperienza degli
aspetti fenomenici che la costituiscono. Attraverso la sensibilità l’uomo conoscerà la realtà. L’Io diventa il
principio assoluto della realtà.
5.Il passaggio dal Criticismo Kantiano all’Idealismo fichtiano
Quando Fichte viene a conoscenza dell’opera del filosofo illuminista Kant, tutta la sua speculazione sarà
influenzata dai principi e dalle idee del Criticismo, quel particolare indirizzo filosofico che si propone di
analizzare il sapere filosofico per gradi, per problematiche al fine di valutare i principi reali che la
caratterizzano.
Fichte è, di fatto, un profondo amatore e divulgatore della filosofia kantiana nonché studioso appassionato
delle Critiche del filosofo criticista, modello teorico di base per l’elaborazione di tutto il pensiero successivo.
Innanzitutto, Fichte decide di dedicarsi allo studio dell’opera kantiana perché ritiene che il filosofo avesse
mancato di rintracciare e di rivelare il principio unificatore delle tre critiche.
Come scrive lo stesso Fichte: «Ho abbracciato una
morale più alta,e, invece di occuparmi delle cose
esterne, mi occupo maggiormente di me stesso, il che
mi ha dato una pace che ancora non conoscevo: pur
essendo immerso in una situazione economica precaria,
ho vissuto i giorni più belli della mia vita […]. Sono ora
assolutamente convinto che la nostra volontà è libera
[…] e che il fine della nostra vita non è essere felici, ma
meritare la felicità […]. Mi sono immerso nella filosofia di
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Kant. Vi ho trovato la medicina alla vera radice dei miei
disagi, e per di più gioia a non finire.»
Tuttavia, Fichte ritiene che Kant non sia stato esauriente
nell’esposizione delle sue teorie filosofiche.
«Ho piena convinzione che Kant si sia limitato a indicare
la verità ma non l’ha né esposta né dimostrata».
Fichte è convinto che la l’eccezionalità del pensiero kantiano si esaurisca nel momento in cui non individua i
principi teoretici e pratici che fondano la filosofa nella sua globalità, vale a dire lo spirito dell’uomo.
Solamente chi riuscirà a identificare tali principi sarà in grado di trasformare la filosofia in scienza, un sapere
vero e proprio.
Fichte ritiene che Kant abbia fornito tutti i dati per poter operare questo passaggio dalla filosofia alla scienza
ma che non sia stato in grado di costruirlo, di metterlo in pratica. È questo l’obiettivo di Fichte, trasformare la
filosofia in scienza rigorosa, creare quella Wissenschaftslehre, la dottrina della scienza originantesi da un
principio supremo unico.
Da questa riflessione scaturirà il passaggio dal criticismo di stampo kantiano all’idealismo che con Fichte si
imporrà è diventerà fondamentale in tutta la speculazione successiva
Fichte ammette che il nuovo sistema, la dottrina della scienza si
basi su un IO puro, su un’intuizione pura, che si autopone e
autocrea e che determina e fa scaturire in tal modo tutta la realtà e
la libertà.
In questo risiede il superamento dell’io penso kantiano.
«La geniale e potente scoperta di Fichte è l’affermazione dell’io:
non più l’io teoretico o il principio della coscienza, ma l’io puro,
l’intuizione intellettuale l’io che si coglie da sé e che afferma se
stesso: l’io che fornendo il sostrato noumenico al mondo fenomenico garantisce l’unità di sensibile e
intelligibile e si presenta così come principio unico e supremo, capace di resistere a ogni scetticismo e di
fondare la filosofia come scienza, l’io che dividendosi pone l’io teoretico e l’io pratico e che nel suo ardente
anelito di libertà unisce infinità e limitazione».
6.La struttura dell’idealismo fichtiano nella Dottrina della scienza
L’opera principale di Fichte è la Dottrina della scienza. In essa, il filosofo descrive in maniera molto rigorosa
e puntuale i principi della sua nuova filosofia.
Questo principio costituisce la tesi, il primo atto dell’IO, l’azione di porre qualcosa.
Con il primo principio dell’io che pone se stesso Fichte intende che l’azione precede l’essere , l’essere deriva
dall’azione. Fichte dice che l’essere non è un concetto originario ma un prodotto dell’agire.
In definitiva l’io fichtiano è un’intuizione intellettuale.
«L’intelligenza…secondo l’Idealismo è di per sé attiva e assoluta, non passiva perché essa è il principio
primo e supremo al quale nulla precede da cui possa derivarle un carattere di passività.»
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L’io e l’intelligenza non sono evidentemente l’Io e l’intelligenza dei singoli individui ma si tratta dell’Ichheit, Io
assoluto, Egoità .
L’idealismo fichtiano parte dall’assunto secondo cui l’io non è altro che l’unione di pensante e pensato. In
questo modo si avrà una coscienza in cui soggetto e oggetto coincidono.
L’obiettivo che Fichte si pone con l’opera maestra la Dottrina della scienza è quello di sistematizzare il
sapere, ossia fondarlo in modo tale che possa essere considerato una scienza.
In questa maniera, appunto, il filosofo intende elevare lo statuto della filosofia da branca del sapere a vera
scienza assoluta. Fichte intende trasformare la filosofia in “scienza della scienza”.
La filosofia che intende Fichte è una dottrina in cui forma e materia si uniscono perfettamente. La forma si
espliciterà nel contenuto e il contenuto nella forma, cioè nella materia. La logica subentrerà in quanto
fondamento del principio assoluto formale e sostanziale. Il principio assoluto determina il sapere da un punto
di vista logico, formale e sostanziale
Essendo il principio assoluto totalmente incondizionato, non costituisce un fatto, un Tatsache, ma un atto, un
Tathandlung assolutamente libero.
Per Fichte la scienza si fonda appunto su quest’atto della coscienza del soggetto che si auto pone, cioè un
Io che crea una realtà per se stesso.
6.1 L’io pone se stesso
Questo costituisce il primo principio dell’idealismo
fichtiano. Esso si basa sul principio di non contraddizione
aristotelico, ovvero il principio di identità della filosofia
moderna.
Secondo tale principio A=A. Esso costituisce un legame
logico che ammette che se si ha l’esistenza di un
determinato oggetto allora esso sarà uguale a se stesso.
Tale legame può essere posto solamente e semplicemente
dall’Io che pensa, dall’Io intuizione.
L’una è un’identità data, l’altra è un’identità che si pone, e ,
ponendosi, pone anche quella.
L’io si auto pone incondizionatamente perché è un atto non
un fatto.
6.2 L’io oppone a sé un non-Io
Alla tesi o primo principio fichtiano della posizione, segue in contrapposizione il secondo principio detto di
opposizione e perciò l’antitesi.
Esso afferma che l’Io oppone a sé un non Io. Possiamo schematizzarlo nella seguente formula “non A non è
=A”in cui A e non A sono poste dall’Io, cioè dalla sua intuizione.
In tale modo Fichte giunge alla conclusione secondo cui alla stessa stregua dell’Io che pone se stesso, esso
è in grado anche di opporre se stesso, di opporre qualcosa di diverso dal sé.
L’opposto dell’Io sarà per forza un non Io che darà origine all’attività e al movimento.
6.3 Il momento della sintesi: la reciproca limitazione e opposizione nell’Io dell’Io limitato al non Io limitato È questo il momento della sintesi. Il terzo principio di Fichte rappresenta il momento della sintesi, della
composizione.
In questa fase Io e non Io si oppongono. Tutto ciò lo fanno all’interno dell’Io stesso in una compresenza
perfetta
7. Il processo conoscitivo
Un atto conoscitivo avviene secondo il filosofo in due parti: da un lato si trova il soggetto che determina
l’oggetto e inversamente dall’altro c’è l’oggetto che determina il soggetto.
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Ancora, quando conosce il soggetto fa riferimento al’immaginazione. Fichte distingue l’immaginazione
produttiva e immaginazione riproduttiva
Nel primo tipo di immaginazione si realizza il primo principio dell’io e cioè il soggetto oppone a se stesso
l’oggetto (opposizione Io non Io). L’immaginazione produttiva agisce inconsapevolmente.
Il secondo tipo d’immaginazione, quella riproduttiva, pone il soggetto in quanto attore dell’opposizione
inconsapevole del non Io a se stesso.
Il soggetto è inconsapevole del non-Io perché non è lui a determinarlo. Egli lo riconosce ma non lo pone.
L’intuizione ci fa cogliere l’oggetto che è stato determinato dall’IO assoluto.
In definitiva l’immaginazione produttiva produce la conoscenza inconscia degli oggetti.
L’Io e il non Io non si autoescludono ma si oppongono in
maniera che l’uno non escluda l’altro.
La produzione di un non Io è il prodotto evidente di un
limite o di una determinazione dell’Io. Il non io
determinato supporrà necessariamente la presenza di
un Io determinato.
Il non-Io rappresenta tutto ciò che è opposto all'Io ed è
diverso da questo. Poiché ogni conoscenza deve essere
conoscenza di qualcosa di esterno deve esistere il nonio.
Nelle parole di Fichte:«l’Io oppone nell’Io all’Io divisibile
un non Io divisibile».
8. La morale nella concezione fichtiana
Per il filosofo tedesco l’uomo possiede una legge morale che è la misura del suo essere al mondo e
all’interno di esso.
Quando l’uomo conosce, pone “l’Io come determinato dal non-Io”. In ambito morale, invece, succede che
“l’io pone se stesso come determinante il non-io”. L’Io costituisce, come abbiamo già detto in precedenza, un
atto, un’azione libera e infinita. L’obiettivo che si pone o che dovrebbe porsi è questa aspirazione all’infinito.
Per questo ha necessariamente bisogno di un non-io in opposizione che Fichte individua nella natura intesa
sia come natura esteriore, oggettiva che come natura interiore, soggettiva, sensibilità.
Il fine ultimo al quale aspirerà l’Io è appunto la libertà, il superamento dell’opposizione del non-io. Solo
attraverso questo superamento l’Io si emanciperà dalla natura e realizzerà la propria libertà. Tuttavia l’uomo
non riuscirà mai a perseguire completamente il fine della libertà perché sarà continuamente ostacolato dalla
presenza di numerosi non-io, da ostacoli sempre diversi che intralceranno la sua corsa verso la libertà
definitiva. L’uomo deve infinitamente superare
questa dipendenza fra soggetto e oggetto
con la consapevolezza di una libertà
totale irraggiungibile.
La morale che propone Fichte consiste in
un’“etica dell’azione, dell’intrapresa e del
lavoro”, di un impegno nel mondo che
rappresenta il luogo d’azione in cui l’uomo
deve agire. www.ABCtribe.com - la riproduzione non autorizzata è vietata in qualsiasi forma e modalità
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