Filosofia
prof. Diego Manetti
Dal CRITICISMO kantiano all’IDEALISMO hegeliano
L’idealismo è la massima incarnazione del Romanticismo filosofico.
Il Romanticismo è quel movimento storico-culturale che, a partire dalla Germania di fine
Settecento, si diffonde in tutta Europa nella prima metà dell’Ottocento all’insegna di una forte
reazione anti-illuministica, trovando espressione in movimenti (lo Sturm Und Drang, “Tempesta e
impeto”) e grandi individualità (Goethe, Schiller) che segnano l’arte, la filosofia, la letteratura, la
politica del tempo.
Motivi caratterizzanti: l’insofferenza verso i limiti del finito e l’aspirazione all’assoluto,
privilegiando la sfera del sentimento e dell’arte contro la ragione illuministica e kantiana.
A livello filosofico i temi romantici trovano espressione dell’Idealismo, il cui fondatore è Fichte
(1762-1814; opera principale: La dottrina della scienza, 1794).
Al pari dei primi discepoli di Kant, Fichte si trova alle prese con il problema lasciato aperto dal
criticismo kantiano, ovvero la “contraddizione” della cosa in sé che sarebbe pensabile come
esistente e tuttavia in conoscibile.
Per risolvere la contraddizione si tratta di scegliere un’alternativa: o il criticismo è vero, e dunque
bisogna abolire il noumeno e ricondurre tutto al soggetto; oppure il criticismo è falso e si deve
dunque ammettere il noumeno e tornare al realismo.
Ecco dunque che i seguaci di Kant, che non vogliono abbandonare il progetto del maestro,
restituendo piena centralità nel processo conoscitivo al soggetto, sottraendo un ruolo preponderante
e autonomo all’oggetto, decidono di affrontare le due principali contraddizioni lasciate aperte da
Kant:
(1) se per Kant l’oggetto è concepibile solo in funzione di un soggetto che se lo rappresenta, come
si può ammettere l’esistenza di una cosa in sé pensabile ma non esistente? Essa sarebbe un
concetto impossibile;
(2) se per Kant la cosa in sé è causa delle nostre sensazioni (poiché ne costituisce la premessa
indispensabile per cogliere i fenomeni), non è contraddittorio applicare la categoria di causa al
noumeno che non è un fenomeno (unica realtà possibile cui siano applicabili lecitamente le
categorie)?
Benché nella seconda edizione della Critica della Ragion Pura, del 1787, Kant avesse cercato di
rispondere a queste obiezioni affermando che il noumeno era un concetto limite piuttosto che una
realtà sostanziale (la quale coincideva invece con la realtà fenomenica), le contraddizioni
restavano.
E’ grazie a Fichte che si tenta il reale superamento di tali contraddizioni, cercando di dare
compimento al progetto originario del criticismo kantiano ma di fatto superandolo in un nuovo
indirizzo filosofico che prende il nome di Idealismo.
Per idealismo in senso lato si intendono le filosofie (il platonismo, il cristianesimo) che
privilegiano la dimensione “ideale” rispetto a quella “materiale”, affermando il carattere spirituale
della vita “vera”.
Per idealismo gnoseologico si intendono invece quelle correnti di pensiero che riducono l’oggetto
della conoscenza alla idea o rappresentazione del soggetto: da Cartesio a Kant, fino a Schopenhauer
che afferma: “Il mondo è una mia rappresentazione”.
In senso specifico, Idealismo è invece l’ampia corrente filosofica postkantiana che nasce in
Germania durante il Romanticismo e che si presenta come idealismo trascendentale
(collegandosi esplicitamente al punto di vista kantiano), soggettivo (contrapponendosi cioè
all’idealismo oggettivo di Spinoza, che aveva ridotto la realtà a un principio unico e infinito: la
Sostanza, intesa in termini di Dio come Natura), assoluto (l’io o lo spirito è il principio di tutto e
fuori di esso non c’è nulla).
Filosofia
prof. Diego Manetti
L’idealismo in senso specifico nasce con Fichte, quando questi sposta l’orizzonte gnoseologico
(conoscitivo) della riflessione al piano metafisico (dottrina dell’essere), abolendo la cosa in sé
quale realtà autonoma e “residua” rispetto al soggetto, togliendo così ogni limite al soggetto stesso e
facendo di esso un Io infinito, principio (1) del conoscere assoluto - per cui la filosofia cessa di
essere ricerca del sapere per diventare invece sistema, cioè strutturazione organica del sapere
assoluto - e (2) dell’essere, per cui l’Io è attività creatrice (fonte di tutto ciò che esiste) e infinita
(priva di limiti esterni, poiché la “cosa in sé” è stata ormai “assorbita” all’interno dell’infinità
dell’Io stesso).
Da ciò la tesi tipica dell’Idealismo tedesco secondo cui “tutto è spirito”, laddove per “spirito”
Fichte intende in ultima istanza la realtà umana in quanto realtà conoscitiva e pratica, come
libertà creatrice.
Come lo spirito crea tutta la realtà? Che cosa è dunque la realtà o la natura per gli idealisti? Per
rispondere a queste domande è fondamentale il concetto di dialettica: nella realtà non c’è mai il
positivo senza il negativo, la tesi senza l’antitesi, per cui lo Spirito per essere se stesso e
riconoscersi come tale ha bisogno di una Natura (materia) che gli si opponga. Come dire: un Io
senza un “non-Io” o un soggetto senza oggetto o un creatore senza creature sarebbero entità vuote.
Per Fichte in particolare l’uomo, incarnazione finita dell’Io assoluto, è lo scopo ultimo
dell’universo, e la natura (oggetto) è solo il mezzo o lo strumento di questo progressivo
realizzarsi dello spirito assoluto (soggetto). Per questa sua caratteristica l’idealismo di Fichte è
detto soggettivo, in quanto privilegia appunto il soggetto (l’Io, lo Spirito) a totale discapito
dell’oggetto (questo per rimarcare che, abolita la cosa in sé come estranea all’io, nulla esiste più al
di là del soggetto stesso che da lui non provenga originariamente). Si tratta dunque di una forma di
panteismo spiritualistico (tutto è Dio e tutto è Spirito, coincidendo Dio con lo Spirito) e di una
forma di monismo dialettico (il principio della realtà è uno – lo Spirito o Soggetto – che si realizza
contrapponendosi al suo contrario, cioè alla Natura e all’oggetto).
A detta di Hegel (1770-1831) l’idealismo soggettivo di Fichte presenta un insuperabile limite:
poiché l’Io è infinita attività creatrice, libera e spontanea, per esser tale dovrà infinitamente
continuare a creare - ovvero a opporre a sé un “non-Io”, superando il quale affermare la propria
soggettività – e tale processo farà sì che sempre esista un “residuo” al di là del soggetto, un nuovo
limite da superare, per cui Hegel parla di quello fichtiano come di un “cattivo infinito”.
Altro esponente di rilievo dell’Idealismo è Schelling (1775-1854, opera principale Idee per una
filosofia della natura, del 1797), il quale rifiuta il concetto fichtiano di Natura, inteso come
semplice mezzo di realizzazione dello spirito soggettivo, e la rivaluta come parte integrante
dell’Assoluto stesso, definendo quest’ultimo come insieme indistinto di soggetto e oggetto, spirito
(come natura invisibile) e natura (come spirito visibile). Per tale rivalutazione della Natura,
dell’oggetto, l’idealismo di Schelling è detto Idealismo oggettivo. L’arte diventa, per Schelling, la
via privilegiata per accedere all’Assoluto, assegnando fondamento filosofico a un tema assai
sviluppato nell’ambito del Romanticismo.
Secondo Hegel, l’idealismo di Schelling ha il pregio di recuperare il valore della natura, ma il
limite di confondere questa con il Soggetto all’interno di un assoluto concepito come unità
indistinta di entrambe le realtà, facendo dell’infinito di Schelling una entità confusa, paragonabile
a “una notte oscura in cui tutte le vacche sono nere”, cioè in cui si perdono le differenze e
specificità che caratterizzano invece Spirito e Natura.
Per superare i limiti da una parte del “cattivo infinito” di Fichte, dall’altra dell’infinito simile a
una “notte oscura” di Schelling, Hegel elaborerà la propria versione di filosofia idealistica, nei
termini di Idealismo Assoluto, superando definitivamente il criticismo kantiano.