Capitolo 1: il teatro greco • Il luogo scenico: la nascita dello spettacolo Abbiamo notizie sullo spettacolo greco dai suoi esiti maturi nel V secolo a.C.: nessuna testimonianza documentaria. Sappiamo che il teatro greco è un originale modello di edificio teatrale per creare generi drammaturgici codificati, destinati a condizionare il futuro sviluppo di tutto il teatro occidentale. Gli studiosi collegano l’origine del teatro in Grecia ai riti e al folclore che accompagnavano le cerimonie religiose, con molte melodie e danze ritmiche. Origini rituali del teatro. Riti legati alla fertilità della terra. X Aristotele la nascita della tragedia risale ad un canto popolare corale in onore del dio Dionisio durante le cerimonie a lui dedicate. Il legame con alcuni rituali è dato anche dall’ambiguità di alcuni elementi del luogo scenico. Cuore dello spazio teatrale del V secolo è infatti l’orchestra (dal verbo greco orchemai = mi muovo danzando), un’area di forma circolare in terra battuta riservata alle danze del coro. Le origini dell’orchestra sono antiche rispetto al dramma, che risalgono alle aie circolari, utilizzate come spazi per la trebbiatura del grano, usate per le danze rituali e feste religiose. Poi le maschere sul volto dell’attore, si riconduce a usi cerimoniali. Legami con la religione per la costruzione di teatri in prossimità di templi. Divinità principale legata al teatro è Dionisio, dio della fecondità e dell’ebbrezza. Con l’arrivo ad un’originale forma drammatica, si abbandona il legame con il rito, che si ripete nei secoli, cedendo il posto ad una creazione autonoma. Ruolo di spicco spetta ad Atene, dove si afferma il teatro, diventando uno dei tratti caratteristici della sua civiltà. Almeno fino alla fine del V secolo ac, la storia del teatro occidentale ha coinciso con avvenimenti drammatici apparsi in scena nella città di Atene. • Il luogo scenico nella Grecia antica: • Esigenza di ampi spazi all’aperto per gli edifici teatrali. I teatri più antichi erano costituiti da un semplice spazio livellato in terra battuta, collocato ai piedi di un declivio naturale, sul quale prendevano posto gli spettatori. La parte inferiore, orchèstra, al centro c’era l’altare del dio. Poi successivamente si introducono le gradinate in legno sul pendio della collina, prima destinate a pochi poi a tutto il pubblico. Ma non abbiamo quasi alcuna testimonianza. Ci pervengono le testimonianza di Vitruvio, architetto latino, con de architettura dl I sec ac e con il grammatico greco Polluce con onomasticon, II sec ac. Attraverso varie testimonianze si è fatto un modello di teatro ligneo preeschileo, precedente l’epoca di Eschilo, con cavea a pianta trapezoidale e gradinate costruite lungo il perimetro dell’orchèstra. Tale forma doveva avere il teatro di Torico in Attica e il teatro di Siracusa nei loro progetti iniziali. Il prototipo dell’edificio teatrale greco del V secolo è il teatro ad Atene dell’Acropoli dedicato a Dionisio e alla base del declivio naturale dell’Acropoli fu realizzata un’orchèstra di forma probabilmente ancora trapezoidale. Dietro si vedeva l’aperta campagna. Esempio è il prometeo incatenato di Eschilo, dove si realizzava la caduta nell’abisso dell’eroe, l’attore riappariva in scena nella tragedia successiva. Nell’evoluzione accanto all’unico attore appaiono un secondo e un terzo attore, ed è necessario costruire una tenda o baracca per depositare maschere, costumi, attrezzature sceniche, e consentire l’entrata in scena. la costruzione chiamata skenè è in legno, e rende necessario lo spostamento dell’orchèstra verso il declivio riservato al pubblico, per creare uno spazio adeguato a ospitarla. (vedi figure pag.22 e 23). Nuova orchestra più piccola. La skenè ha anche l’elemento scenografico, con un’ambientazione urbana dei drammi seriori. Struttura allungata con una parete frontale con vari disegni, ai lati della skenè ci sono due paraskènia, due avancorpi, tra di essi c’è una pedana, sulla quale recitano gli attori. Nella facciata della skenè si aprono della parte dell’ingresso degli attori. Nel IV secolo le porte passano a 3, per la ricostruzione della skenè in pietra. Alle estremità del palco si aprono due passaggi detti pàrodoi,che consentivano l’entrata e l’uscita del coro. La parte per il pubblico, della thèatron, luogo in cui si vede, di forma prima trapezoidale e dopo emiciclica, meglio visibile. Era costituito da gradinate lignee, divise da un corridoio, detto diazoma, con scalette, klimakes, che consentivano l’ingresso e l’uscita al pubblico. altra via d’accesso è un sentiero che taglia le colline dell’Acropoli e che è alla sommità delle gradinate. Le strutture delle gradinate dovevano essere solide, con il sostegno di terrapieni. Nella prima fila c’erano personalità eminenti e ospiti d’onore. Al centro il posto d’onore ben ornato, era riservato al sacerdote di Dionisio. • Il luogo scenico nell’età ellenistica: • Nel IV secolo decade la potenza politica di Atene e c’è la diffusione delle attività teatrali. La tragedia è esportata fuori dall’Attica, e c’è la produzione di numerosi edifici teatrali. Ci sono i teatri di Epidauro e Di megalopoli nel Peloponneso, il teatro di Pergamo vicino alla costa turca, il rifacimento del teatro di Dionisio e di Siracusa. Rappresentazioni teatrali più frequenti, privilegiano la componente spettacolare con scenografia più illusionistica, forti emozioni, spettacolo da cerimonia civico-religiosa al divertimento e alla manifestazione culturale. Svalutazione del ruolo del coro, interesse per il protagonista e l’intreccio. Sotto il profilo architettonico ci si concentra di più sulla scena che sull’orchestra. La facciata della skenè è più alta e monumentale. La piattaforma davanti ad essa lascia posto a un lungo e stretto palco, logèion, sorretto da un colonnato, la proskènion. Su tale struttura agiscono gli attori. Dietro la facciata presenta 3 aperture larghe , thyròmata, dove ci sono pannelli in legno dipinti, pinakes, in funzione di scenografia. L’orchestra si rimpicciolisce, c’è dislivello tra il coro e la parte in cui operano gli attori. L’azione si svolge inizialmente a livello dell’orchestra, per poi trasferirsi sul palco vero e proprio. Le parodoi collegano la skenè alla cavea tramite portali, pylones, che la sormontano. Esempio di teatro nel periodo ellenistico è il teatro Epidauro, costruito tra il IV e III secolo sotto progetto di Policlito. Edificio con eccezionale resa acustica. La circonferenza dell’orchestra è avvolta per circa due terzi delle gradinate per il pubblico sulla sua linea tangente c’è la skenè fra il palco e le due ali della cavea, le parodoi sono monumentali portali in pietra a due ingressi che uniscono la scena che limita le gradinate. Esiste intorno all’orchestra un canale lastricato per lo scalo dell’acqua piovana, l’euripo, dal IV secolo. (fig. pag. 28) C’è anche il teatro di Eretria nell’Eubea. L’edificio fu costruito addossando la cavea a un terrapieno artificiale, con muri di sostegno. Spazio per il pubblico a semicerchio con due bracci che si uniscono all’orchestra. La skenè è in pietra più profonda e complessa e con l’arretramento dell’orchestra verso la cavea. Al centro c’è una scala che va ad un passaggio collegato con il centro dell’orchestra, la saletta di Caronte, per apparizioni varie. • Lo spettacolo: • Generi drammatici: • Risalgono al 534 ac le prime rappresentazioni di spettacoli teatrali in Grecia. Pisistrato introdusse gli agoni drammatici nelle dionisie grandi o urbane, feste istituite in onore di Dionisio. In seguito con l’aggiunta di spettacoli comici. Inserivano nelle rappresentazioni anche ricorrenze importanti della vita politica e religiosa, c’erano delle competizioni, e le rappresentazioni tragiche e comiche erano il corrispettivo teatrale delle gare atletiche per conseguire un primato davanti alla comunità. I poeti erano chiamati a comporre solo in vista delle gare ma successivamente si ripresero le opere al di fuori dei concorsi. Le gare erano distinte in generi, prime le tragedie con una trilogia di tragedie, poi un dramma satiresco. Il complesso delle opere costituiva una tetralogia, ed erano rappresentati dall’alba al tramonto. La tragedia era un rafforzamento dei valori della civiltà greca e si attingeva dai racconti mitici, e i personaggi erano eroi della tradizione. Lingua e stile sono elevati, lontani da ogni locuzione volgare e quotidiana, pensieri tradotti in altissima forma poetica, il verso è forma espressiva delle parti chiamate liriche e per il dialogo. Poi c’è la commedia, con concorsi separati. Soggetti presi dalla realtà quotidiana, attualità, come guerre e condizione sociale della donna. Invettive contro personaggi politici in vista, i personaggi sono uomini comuni, capaci di risolvere le situazioni, seguono scene buffonesche. L’intreccio è diviso in 2 parti dall’intervento del coro, con situazioni svincolanti dall’argomento. Altro genere è il dramma satiresco, stessa struttura metrica della commedia, stesso linguaggio, e i personaggi tratti dal mito. Manca però la solennità dei caratteri e la trama, c’è lieto fine. Scene farsesche, moti e lazzi anche volgari, festosità del coro. Dal IV secolo il genere inizia a decadere. Oltre alla declamazione poetica nelle gare c’era la danza, il canto del coro, l’accompagnamento musicale, la scenografia. • Feste religiose e agoni drammatici • Le rappresentazioni erano all’interno del programma delle diverse feste per Dionisio. La solennità più antica era quella delle Antesterie, a fine febbraio dove si spillava il vino nuovo. Feste più importanti erano Lenee, le grandi Dionisie, con ampio spazio agli spettacoli teatrali. Fuori città c’erano le piccole dionisie o dionisie rurali, a dicembre e gennaio, con concorsi tragici e comici con testi già conosciuti. Le lenee erano ad Atene nel mese di gamelione, a gennaio febbraio, prima nel recinto sacro di Dionisio leneo poi nel teatro dell’Acropoli. C’è la processione per le vie della città e competizioni teatrali, soprattutto commedie, in seguito anche tragedie. Era una festa locale dove si radunava la popolazione della città, senza stranieri fra il pubblico svolgendosi in un periodo invernale. Altre feste più importanti per le rappresentazioni drammatiche erano le grandi dionisie o dionisie urbane, ultima tra le feste, era nel mese di elafebolione, marzo aprile, era una festa panellenica che riuniva esponenti di tutto il mondo dato che era il periodo della riapertura della navigazione e dei commerci. Rappresentazione di tragedie con rituali che rappresentavano la potenza e lo splendore di Atene. Importanza anche politica e religiosa. Feata finanziata dallo stato e dai cittadini più abbienti. Il magistrato preposto alla direzione della festa era l’arconte eponimoa cui spettava la scelta dei drammaturghi. Ammetteva tre poeti tragici che forniva una trilogia seguita da un epilogo. C’erano anche tre poeti comici che in seguito divennero cinque, con la diminuzione degli interventi del coro. L’arconte designava ad ogni drammaturgo un corego, che si occupava del coro e delle spese necessarie. Chi offriva i suoi servigi allo stato riceveva in cambio l’esenzione dal servizio militare e riconoscenza pubblica. La coregia era quindi un atto di generosità per la patria. L’assegnazione del corego al poeta era determinante ai fini della gara dato che provvedeva a tutte le spese. Successivamente si decidevano i giudici, i tritai, venivano redatti dieci diversi elenchi di candidati corrispondenti alle 10 tribù che esistevano, e i nomi andavano in 10 urne e poi rivelati a tutti. Il giorno prima della festa si teneva la cerimonia del proagon, la gara preliminare. Era la presentazione ufficiale dei concorrenti dove partecipavano tutti per fornire tutte le informazioni. Questa festa durava 6 giorni, tutti partecipavano e c’erano anche animali destinati ai sacrifici. Il primo giorno non comprendeva gare teatrali, ma a competizioni tra cori. Le gare invece vere e proprie si svolgevano in una sola giornata, prima le gare comiche poi nei 3 giorni successivi le tragedie. Gli inizi degli spettacoli erano preceduti da riti ufficiali che ribadivano il carattere religioso e sociale della manifestazione. Devoto omaggio alla divinità, solidarietà e prestigio della polis. Si purificava il luogo scenico con un sacrificio di un maialino e di purificava poi la scena. seguiva una sfilata e la proclamazione delle onorificenze dei cittadini per i servigi resi alla patria e venivano presentati i figli dei caduti giunti alla maggiore età. Poi arrivo dei giudici, e iniziava la gara con squillo di tromba. Neppure il difficile periodo delle guerre persiane ostacolò queste manifestazioni (500-479 ac). Riduzione dei giorni però da 4 a 3. al termine delle rappresentazioni c’erano le cerimonie per determinare il vincitore. C’era una classifica e i vincitori erano incoronati dall’arconte con un serto di edera, pianta sacra a Dionisio. Poi gli veniva dato un premio in denaro e il suo nome veniva poi inciso su tavole esposte al pubblico dell’Acropoli. Da questo Aristotele trasse spunto per le Didascalie nel IV secolo ac, e le vittorie dionisiache urbane e lenee. Simile era la cerimonia per le premiazioni dei comici, che avveniva subito dopo la recita dell’ultima commedia con apparati meno suntuosi. L’ultimo giorno aveva luogo un’assemblea, dove i cittadini giudicavano l’operato dell’arconte, dei coreghi e dei giudici. Era possibile fare reclami e ricorsi. Celebre è l’episodio di Demostene che nel 349 ac disse di essere stato colpito mentre fungeva da corego. Scrisse poi per l’occasione Contro Midia. Il personale coinvolto per l’organizzazione è vario, attori, musicisti, istruttori, comparse, comprimari, coro, macchinisti, costumisti, coreuti, 500 cantori, 24 per il coro, il pubblico. • Gli attori: • Figura in origine vincolata alla struttura del coro: da esso l’attore si sarebbe distaccato, impersonando un ruolo drammatico, ponendo fine alla pratica di risolvere nel canto corale la rappresentazione della vicenda. La parola hupokritès in greco designa l’attore, colui che risponde. Risponderebbe alla domanda del coro, evocando una trama dotto forma di monologhi, o dialoghi intrecciati con il capo-coro. Altra spiegazione del termine è interprete, spiegando al coro gli intrecci della trama. La responsabilità del passaggio alla forma drammatica è di Tespi, attore autore, che si sarebbe distaccato dal coro dando vita ad un nuovo spettacolo. Originariamente l’attore coincideva con l’autore del dramma, anche musico e coreografo. Da metà V secolo, l’attore si emancipa dal poeta, vengono poi introdotti premi separati. Tutti gli interpreti dovevano essere di sesso maschile e tutti i personaggi femminili erano interpretati da maschi. Le parti infantili erano interpretate da bambini che figuravano come comparse mute. Nella poetica, dove si affronta lo sviluppo della tragedia, Aristotele attribuisce ad Eschilo l’introduzione del secondo attore e a Sofocle quella del terzo. Si distinguevano in protagonista, parte principale, poi deuteragonista o secondo attore con i ruoli degli antagonisti eroici in lotta con il protagonista. I personaggi secondari o negativi erano del terzo attore, triragonista. Ogni attore doveva sostenere più di una parte perché erano solo in 3. attenzione quindi alla composizione del testo. C’erano dei consiglieri che giustificavano le entrate e le uscite dei personaggi. Per alcune scene particolarmente difficili da gestire con soli 3 attori, si ricorreva alla comparsa muta, il kophon prosopon, che poteva rimanere in scena anche per lunghi tratti senza parlare. Un numero maggiore di attori avrebbe reso difficile, dato l’uso delle maschere, il riconoscimento dei personaggi e capire da chi provenivano le battute. La voce era il pregio maggiore dell’attore, era importantissima per farsi sentire da tutto il pubblico. doveva essere bravo nei monologhi e nei dialoghi, infatti passavano molto tempo ad esercitarsi. L’attore doveva poi avere grande compostezza in scena, la recitazione tendeva ad essere stilizzata. Più avanti la gestualità se fece più sciolta e animata. L’esibizione dell’attore era considerata servizio di pubblica utilità e educazione. Dal 449 il protagonista è stipendiato dallo stato e a lui spetta la scelta degli altri due attori, la sua interpretazione può essere premiata e il suo nome inserito nei pubblici elenchi dei vincitori. Nel IV secolo la fama dell’attore aumenta, alcuni hanno compiti diplomatici, nascita dei fenomeni di divismo, si concedevano frequenti licenze sulla lettura del testo e apportavano modifiche. Fenomeno che investe particolarmente Euripide, arrivando ad imporre agli attori di attenersi a quello scritto perché c’era già una copia originale negli archivi di stato. Ampiezza delle parti cantate che porta l’evoluzione dello stile recitativo e l’esaltazione delle capacitò melodiche dell’interprete con i pezzi più famosi n una sorta di recitals, tratti da varie tragedie, soprattutto dal III secolo ac. Si forma un nuovo genere di attore professionista, tragoidos, che si esibisce cantado con l’accompagnamento della cetra e dell’auto. L’attore estende anche le sue interpretazioni alle parti in trimetri giambici. Compare anch la figura del komoidos, l’attore comico dotato di analoghi requisiti vocali, che si esibisce nella commedia nuova. Ci sono poie le compagnie di professionisti, con la costituzione della corporazione detta degli artisti di Dionisio, per lungo tempo, con attori anche auleti, istruttori, coreuti, e poeti. La corporazione intrattiene rapporti con i committenti degli spettacoli. Si afferma un teatro di intrattenimento, svincolato dall’originario fine educativo e celebrativo, che arriverà in Italia esercitando influssi sull’attore romano. • Il coro: • La sua presenza rimanda alle origini del dramma. Nella metà del V secolo il coro tragico era composto da dodici elementi, portati a 15 da Sofocle, nella commedia invece c’erano 24 coreuti. I membri del coro erano reclutati dai coreghi fra i cittadini, forniva loro un istruttore per l’addestramento. Ogni coro era guidato da un corifeo, che dialoga con l’attore durante l’azione. A volte il coro si divide in sue semicori, con un capo a testa. Tutti erano di sesso maschile, il luogo d’azione era l’orchestra, dove il coro danzava e durante le sezioni recitate dagli attori stava in silenzio, con disposizione quadrangolare su varie file. L’entrata in scena avviene in corrispondenza della parodo, il canto d’ingresso che prende nome dalla porta d’accesso all’orchestra che costituisce l’inizio nelle tragedie o segue il prologo. Il ritmo del canto era anapestico, adatto alla marcia di ingresso o a metri lirici e essere eseguito dal coro dopo l’ingresso. Altro momento era lo stasimi, canti da fermo, che intervallano le parti per l’azione. Lo spettacolo poteva chiudersi con una sezione in musica che accompagnava l’uscita. Altri canti nei momenti di tensione dell’azione, come il kommos, mi percuoto in senso di dolore, dialogo lirico fra attori e coro. Nel V secolo, il coro era nella parodo, nei dialoghi, e nella parabasi, canto posto a metà azione dove ‘autore faceva esprimere al coro le proprie riflessioni sulla vita sociale e artistica. I coreuti si presentavano senza maschera trattando i vari argomenti non estranei all’azione. Cosi il coro rimane in scena per tutto il dramma, dopo la parodo andava nell’orchestra ed erano immobili durante la recita. Necessaria la presenza per l’uditorio che poteva confrontare l’azione eroica con la propria quotidianità attraverso la mediazione del coro. Situazioni esemplari del comportamento umano, che commentavano un concetto attingendo all’azione. Nella commedia il coro parlava in nome del poeta esprimendo opinioni per la solidarietà del pubblico. per Orazio è consigliere e moderatore di effetti. Coro è spettatore ideale, ed era un commentatore. Il coro agiva sempre all’interno delle vicende tragiche, dato che è sempre parte di un insieme. Evoluzione: nella prima metà del V secolo il coro ha notevole rilievo, come in Eschilo. Con Sofocle l’interesse si sposta sull’individuo e il coro perde un po di importanza. Serie di interventi per limitare il ruolo scenico del coro, le parti corali diminuiscono, ampliamento delle parti liriche. Il coro non condiziona più l’azione ma commenta il tema centrale. Allontanamento accentuato nel IV secolo dove si riduce a puro intermezzo lirico, senza nesso con la trama. • Scenografia e scenotecnica: • Innovazioni per catturare l’attenzione con vari effetti, si utilizzavano come scenografia gli elementi naturali come rocce e cespugli, che erano alle spalle dello spazio scenico, altare posto al centro dell’orchestra. In seguito la facciata della skenè assunse una funzione di fondale. Dal IV secolo, ci fu l’uso delle tre porte, sulla parete della skenè, quella centrale per il protagonista, a destra per il secondo attore e sinistra per il terzo. Poi le parodoi per l’accesso di altri personaggi che venivano a destra dall’agorà e a sinistra dalla campagna. Le prime scene dipinte risalgono a metà V secolo. L’introduzione delle prime scene parzialmente dipinte risale alla metà del V secolo. La pìnakes è la tela dipinta. Disegni assai stilizzati posti entro le aperture della skenè per suggerire i luoghi di ambientazione. È di Sofocle l’invenzione della scenografia. Era riconosciuta la magnificenza dell’apparato scenico, l’esistenza di una pur semplice scenografia prospettica. A volte per ottenere dei cambi di scena si ansavano i periàktoi, prismi a base triangolare ruotanti su perno, forse collocati in prossimità delle pàrodoi e recanti una porzione di scena diversa dipinta su ogni facciata che veniva poi mostrata al pubblico facendo girare il tutto. L’azione si svolgeva all’aperto e non poteva contare su effetti luminosi artificiali, dato che gli spettacoli si svolgono alla luce del giorno. Non esistevano sipari. Quindi non si rappresentavano uccisioni o scene particolarmente complesse. C’era l’uso di arredi, o cose di forte significato simbolico o evocativo. Arredi e oggetti di scena venivano introdotti solo per il valore drammatico e suggestivo. Sofocle mostra un’attenzione particolare per arredi e oggetti scenici carichi di potere evocativo. Per Euripide gli oggetti di scena divengono mezzi efficaci al fine di accentuare la tensione, caratteristico è l’impegno della dettera come oggetto simbolico dove poi si sviluppava la vicenda. C’è poi l’impiego dell’oggetto personale come riconoscimento che viene inaugurato nella tragedia euripidea e poi nella commedia nuova. Altro elemento era il carro trionfale seguito dal corteo, che esprimeva la magnificenza e il trionfo effimero dell’eroe che si preparava alla catastrofe. Grande effetto dato dalle macchine teatrali, una è l’enkùklema, piattaforma girevole spinta fuori da una delle porte di fondo immaginando scene che si sviluppavano all’interno. Grandi effetti drammatici. Altro meccanismo era la mechanè, sollevava in aria o calava dall’alto attori, di solito divinità. Frequente in Euripide per apparizione degli dei. Nella commedia invece si usava per le parodie delle vicende tragiche rompendo l’illusione scenica. C’erano poi effetti speciali con tempeste con tuoni e fulmini, con il keraunoscopèion, e il bruontèion. All’apparizione degli dei era riservato anche il thèologeion, terrazza posta sopra la skenè dalla quale gli dei pronunciavano i loro discorsi. Per la comparsa di fantasmi si usava la scaletta di caronte, passaggio sotterraneo che collega la parete ad una botola al centro dell’orchestra. • Costumi: • Ricavato dall’abbigliamento sacerdotale per il culto di Dionisio, ben distinto dall’abito quotidiano. A Eschilo risale il merito di aver introdotto costumi che permettevano l’immediata individuazione sociale del personaggio. Gli eroi di alto rango, sia maschili che femminili, avevano una tunica, chitòne, che scendeva fino alle caviglie, dotata di maniche lunghe. Poteva essere anche più corto, come il guerriero. I colori anche erano importanti, per lo più a righe chiare e vivaci e ben ricamate, gli uomini di governo avevano abiti porpora, i poveri abiti scuri, il lutto era nero, mentre i vinti avevano vesti a brandelli. Sopra il chitone gli attori indossavano un mantello lungo e ampio, bimàtion, oppure corto e rotondo, chlamùs, variamente colorato o ricamato. Gli indovini avevano un mantello speciale, agrènon, lavorato a rete e lungo fino ai piedi. Persone si umile estrazione sociale avevano vesti semplici di colore pallido e spento. I personaggi femminili portavano spesso il peplo, pezza di lana quadrata appuntata sulle spalle e fermata da una cintura, mentre l’abito per la dea era il phàros, raffinata veste di lino. Ai piedi l’attore indossava calzari o stivaletti in pellame morbido, a volte con ricchi ricami. Il costume tragico era sempre convenzionalmente anacronistico, gli abiti erano contemporanei nonostante narrassero vicende più antiche. Per gli stranieri c’erano abiti dell’epoca. I persiani avevano berretti ricamati e calzoni. I personaggi tragici avevano copri capi, ma anche per i mercanti, frequenti i veli per le vergini, cerchi di mantello o diademi per le dee, corone per gli araldi e i messaggeri. Poi ci sono gli accessori, che definivano i personaggi. Nel IV secolo anche il costume si evolve, arriva una calzatura con suola alta fino a 15 cm, il kòthornos, simbolico della tragedia. Imbottiture al torace e al ventre, coperte dal costume che era completato da una maschera dalla fronte enorme e una massa di capelli ricci, onkos. Il costume teatrale della commedia antica era una tunica corta e imbottita, dotata di un fallo in cuoio. Forme grottesche esagerate e copricapo e accessori particolari come elementi di comicità. C’erano anche scene di travestimento. Nella commedia nuova scompare il fallo e l’imbottitura, mentre il costume si avvicina agli abiti quotidiani con differenze in base al personaggio. Il colore più importante e simbolico, rosso per i giovani, nero per i lenoni e i parassiti, azzurro per le donne mature e il bianco per i nobili. I costumi del coro erano meno elaborati, ma c’era vasta gamma; il coro delle eumenidi, costumi neri e maschere con shock emotivo al pubblico. espressivi anche i costumi dei coreuti, che in alcune opere di Aristofane si presentavano con l’aspetto di animali, insetti isole, nuvole. Poco informati sul costume del dramma satiresco, il coro indossava solo perizomi in pelle di capra a cui erano appesi un fallo e una cosa, mentre gli attori indossavano rifacimenti grotteschi del costume serio corrispondente. • Maschere: • La presenza delle maschere deriva dalle processioni e dalla cerimonia delle origini in cui essa costituiva elemento necessario per conseguire il distacco rituale dal quotidiano e l’accostamento all’atmosfera sacrale. Origine religiosa, uso di tipo funzionale e pratico, c’era distanza con il pubblico e i mutamenti del volto risultavano impercettibili. La maschera enfatizza e fissa l’espressione principale, la rendeva evidente e informava lo spettatore anche sull’età e la condizione sociale dell’eroe fin dal suo ingresso. La maschera consentiva di riconoscere subito i personaggi dato che la trama già era nota. Era poi più facile passare nei panni di altri personaggi durante lo spettacolo. Tutti indossavano una maschera tranne il flautista che suonava senza maschera. La maschera copriva interamente il volto e la parte anteriore della calotta cranica, orecchie incluse, e si indossa sopra un berretto di feltro. Perforazione agli occhi e alla bocca. Sotto gli occhi c’era una sottolineatura con striature colorate. I materiali erano lino, sughero e legno, ritoccati a stucco e dipinti in bianco per simulare il colorito della pelle per le donne e in tonalità bianco grigia per i maschi. La serie più ricca rinvenuta a Lipari ha maschere della commedia nuova, III secolo, ci furono presentati 28 tipi diversi di maschere tragiche e 44 di maschere comiche. Nel V secolo non si disponeva di cosi tante maschere e il mutamento dello stato d’animo raramente corrispondeva ad una maschera. Accanto alle maschere tradizionali ce en erano altre speciali come quelle per le divinità, per i personaggi mostruosi o fantastici o quelle per personaggi politici o letterati. Nell’età di Licurgo c’è un nuovo tipo di maschera, bocca più larga, labbra maggiormente dischiuse, fronte spaziosissima, con un’acconciatura a forma di piramide. Primo passo verso la maschera tragica di età ellenistica con fronte aguzza, segnata dal tratto forte di folte sopracciglia, occhi grandi e sbarrati, bocca spalancata. Nella commedia nuova il personaggio appare suggerito già esteriormente, per l’età, condizione sociale, carattere. • Musica: • Musica posto preminente. Già dall’inizio per i riti religiosi, alla musica erano attributi poteri magici, considerata dono degli dei. Musica legata a danza e poesia, il coro si muoveva nell’orchestra, che si muova con braccia e gambe sulla musica. Musica esclusivamente vocale, funzione di accompagnamento della voce umana. Strumenti erano la cetra e la lira, poi l’aulòs e il càlamos, simili a oboe e flauto. Più rari erano le trombe, strumenti di percussione o arpe e sistro. Fin dal IV secolo c’era la presenza di un citarista e di un auleta che all’inizio dello spettacolo si posizionava presso la thymele e poi ai margini dei palco. Le musiche per tragedie e commedie erano opera dei drammaturghi, con ruolo quindi anche di compositori. Nella tragedia la musica interviene solo con la parodo, prima parte rigida, ritmo lento e scandito, per la sfilata del coro, la seconda era libera creazione melodica del compositore. La musica di accompagnamento della parte recitata aveva ritmo più o meno rapido. Nell’epilogo, con l’uscita del coro, si tornava al ritmo iniziale. Lo spettacolo ha subito variazioni sulle componenti melodiche. Per Eschilo, anche compositore, c’era più musica di parti parlate, la musica era un sottofondo che esaltava la parola poetica e disciplinava i movimenti del coro. Strutture ritmiche ben definite. Sofocle attribuì meno importanza alla melodia ma preferiva motivi orecchiabili. A lui è dovuta anche l’introduzione di strumenti orientali, come arpa, cetra, aulòs. Con Euripide la musica assunse più rilievo, parti cantate predominanti, e abili professionisti. Inventa anche duetti e terzetti lirici e recitativi, dove le voci si inseguono. L’unico documento completo che abbiamo è l’Oreste di Euripide, libertà compositiva, rilievo all’interpretazione, che porterà alla modifica dello spettacolo in età ellenistica in un recital dei migliori brani. Nella commedia la musica era importante, ritmo lineare, forma vivace, suoni raffinati, apprezzate anche le parodie di celebri motivi musicali della tragedia. • Il pubblico: • In quanto evento pubblico di rilevanza religiosa e politica, lo spettacolo teatrale era rivolto all’intera comunità. La struttura ad ampio semicerchio, denota la destinazione a tutta la popolazione 17.000 persone per il teatro di Epidauro e 14.000 per quello di Dionisio. Gli spettatori giungevano a teatro sin dal mattino del giorno fissato per l’agone drammatico, erano provvisti di cibo e bevande dato che durava tutto il giorno. Nel V secolo il pubblico era di cittadini liberi, per i quali l’ingresso era pagato dallo stato. C’erano anche molti visitatori da altre città. Fin dal V secolo le donne libere presenziavano agli spettatori drammatici, con minore frequenza rispetto agli uomini, dall’inizio del IV secolo il pubblico comprendeva anche le donne, i bambini, e schiavi accompagnati dai padroni. Il pubblico frequentava con passione, curiosità di vedere i miti della tradizione, giudicavano gli organizzatori, osservavano con attenzione ogni particolare. Pubblico attento e competente. Il pubblico era solito chiedere il bis di pezzi più riusciti gridando authis, ancora. Erano graditi aneddotici ben dosati, uno sviluppo chiaro dell’intreccio e i passi in cui si trasmesse devozione religiosa, moralità pubblica e valori umani in generale. Applaudivano energicamente per esprimere il loro consenso. Se non piaceva fischiavano, battevano i piedi contro i sedili, e a volte lanciavano oggetti agli attori arrivando a sospendere la rappresentazione. Cercavano di ammorbidire il pubblico con opere di elogi alla libertà di Arene. I poeti comici scherzavano volentieri con il pubblico. Aristotele individua nel pubblico nel IV secolo due tipi di spettatore: il cittadino istruito e attento, dall’altra l’artigiano o l’operaio che dormono o fischiano a sproposito. Nel IV secolo il pubblico muta comportamento e diventa più indisciplinato e insofferente. Quindi anche prima non tutti erano esperti e attenti e non erano in grado di cogliere i vari riferimenti alla vita politica o alla cultura del tempo come la commedia aristofanesca. Si manteneva vivo l’interesse grazie ai personaggi grotteschi, comici anche se non si coglievano i significati dei messaggi. Impegno finanziario assunto dallo stato per permettere alla maggior parte dei cittadini di poterne usufruire. Gli invitati non pagavano, il resto si, costo era 2 oboli. Dall’epoca di Pericle, lo stato concesse ai cittadini liberi un risarcimento del prezzo di ingresso al teatro che ammontava a duo oboli per un giorno di spettacolo e a una dracma per tre. Il ricavato dei biglietti era incassato da un amministratore che con esso provvedeva alla manutenzione e ai lavori per migliorare l’edificio. I biglietti avevano contrassegni in piombo, e dal IV secolo anche in bronzo su cui era incisa da un lato la testa di Atene, e dall’altro l’indicazione del settore del theatron a cui lo spettatore era destinato con una lettera. Non c’erano posti numerati. Poi anche biglietti in avorio e osso, riservati a persone importanti. Le prime file erano per le autorità e vi provvedeva lo stato. Prime file per sacerdoti, funzionari in carica, condottieri militari, benefattori e i figli di maggiore età dei caduti in guerra. Poi i giudici. Massimo onore per i sedili di marmo lungo la circonferenza dell’orchestra occupati dagli arconti e dalle massime autorità religiose. Il sedile centrale era per il sacerdote di Dionisio. Gli stranieri, ospiti d’onore della città erano accompagnati a sedere da un funzionario. Si aggiungevano i membri del consiglio ai quali era riservato un settore particolare, gli strateghi e gli efebi. Si mescolavano tutte le classi sociali. Assidua frequentazione che trasformava lo spettacolo in un significativo strumento culturale sostenuto dagli organi di governo a beneficio di tutti i cittadini. • La drammaturgia: • Nascita della tragedia: • La parola tragoidìa è un termine antico di etimologia incerta, è composto da tràgos=capro e oidè=canto. Ci sono varie interpretazioni, nell’età ellenistica significa canto per il capro, sia come capro premio per la gara di canto o canto eseguito durante il sacrificio di un capro, animale sacro a Dionisio. Altra possibilità è canto dei capri, cioè di attori travestiti da capri. Due origini diverse del dramma. È indubbio che è nata all’interno delle celebrazioni legate al rito religioso di Dionisio. Fonte più autorevole è Aristotele che nella poetica ci informa che la culla della tragedia è costituita dall’improvvisazione di coloro che intonavano il ditirambo, inno corale in onore a Dioniso. Ci dice che la tragedia delle origini subì molti mutamenti e ci mise un po’ per liberarsi della sua iniziale impronta satiresca. Legame confermato dal fatto che è attribuito a Arione di Corinto il passaggio del ditirambo da rozza improvvisazione a forma d’arte corale interpretata da un coro di satiri. Il dramma satiresco era prodotto dallo stesso autore delle tragedie su argomenti provenienti dal medesimo patrimonio mitologico costruito con schemi metrici e stilistici simili, interpretato dal coro già usato per la tragedia. I cori tragici originariamente celebravano le vicende e i patimenti degli eroi e solo dopo furono trasferiti alle vicende dionisiache. • Con il V secolo la tragedia diventa genere letterario, il pubblico esigeva che la tragedia si sviluppasse secondo una successione di parti fisse, doveva aprirsi con un prologo, lunga introduzione costituita da un monologo, un dialogo o una scena che chiariva l’identità dei personaggi. Inizialmente non esisteva ma con Euripide assume importanza dato che introduceva la vicenda e dava un quadro ben preciso. Poi seguiva la parodo, canto introduttivo del coro, in 2 parti distinte. In alcune tragedie si ha una seconda parodo detta epipàrodo. Le parti riservate alla recitazione degli attori erano gli episodi, con numero variabile da 3 a 7, una o più scene con dialogo fra attori e attori e coro. C’erano anche parti cantate dall’attore nel canto a solo della monodia o canti del coro in alternanza con l’attore. Metro tipico è il trimetro giambico, verso che produce il ritmo spontaneo della conversazione corrente. Gli episodi erano intervallati dagli stasimi, canto del coro che poteva integrare l’azione, o in seguito apparire indipendenti alla vicenda. La ripetizione dell’alternanza episodio-stasimo è l’ossatura strutturale della tragedia. L’ultimo episodio era chiamato esodo, privo di struttura, è di forma diversa nelle varie tragedie. • La grande stagione della tragedia greca: • Eschilo: Primo è Eschilo, con prima vittoria di un concorso drammaturgo nel 848 a.C. Dei suoi predecessori sappiamo poco, PRATINA di Fliunte, autore di tragedie e drammi satireschi, e FRINICO di Atene, tragedie ispirate a vicende della storia greca contemporanea. Eschilo fu autore di drammi, coreografo, maestro di effetti speciali. Abbiamo 80 titoli di drammi e 7 opere complete: persiani, sette contro tebe, prometeo incatenato, supplici, oltre a Agamennone, coefore, eumenidi,che costituiscono l’orestea, unica trilogia dell’antichità giunta a noi. Concezione della trilogia come gruppo di drammi legati dal medesimo soggetto mitico, sviluppato in fasi distinte da ognuno di essi. Questa forma di trilogia legata è per lui un’esigenza formale per esprimere le proprie convinzioni religiose e morali, dove protagonisti erano tutti. Elementi centrali sono il destino, il rapporto dell’uomo con le forze sovrannaturali, volontà degli dei come infallibile, problema della giustizia, rapporto colpa pena. Alla norma della trilogia tematica si sottraggono i persiani rappresentati nel 472 a.c. come secondo dramma di una terna di tragedie senza nesso di argomento. L’opera rappresenta un unicum in quanto il poeta vi sviluppa un soggetto storico di viva attualità quale la vittoria greca sulle truppe persiane di Serse. Si rivive la dolorosa esperienza della guerra nell’animo del popolo persiano. È affidata al coro una parte predominante, dall’azione satirica e dall’apparato scenico assai semplice. Tragedia riconosciuta come di impianto arcaico, legata alla struttura della tragedia delle origini. 474 a.c., sette contro tebe, tragedia di lail e edipo, seguita dal dramma satiresco la sfinge. Si affronta il dramma di una famiglia condannata al fato, edipo è costretto a uccidere il proprio padre e a sposarsi con la madre. L’azione inizia quando epido è gia morto e i suoi figli sono in lotta fra loro, battaglia e morte dei due fratelli. Eteocle è l’eroe centrale che è sia guerriero magnanimo e figlio di edipo su cui incombe la maledizione paterna. Assume su di se il destino di tebe e della sua famiglia. Le supplici, dopo il 469 ac. sono una delle sette tragedie completamente conservate di Eschilo. Facevano parte di una trilogia tragica che comprendeva Gli Egizi e Le Danaidi, più il dramma satiresco Amimone.Narra dell'arrivo ad Argo dall'Egitto di cinquanta figlie di Danao fuggite per evitare il matrimonio forzato con i cugini e che con l’ospitalità ottenuta dal re Pelasgo facevano seguito le nozze e l’uccisione dei mariti da parte delle ragazze. Una invece risparmia il marito. Apre la scena il coro, vero protagonista. Poi c’è prometeo incatenato, tratta di dei, prometeo viene incatenato a una rupe della scozia per aver rubato il fuoco all’olimpo e averlo donato con eccessiva benevolenza agli uomini. Zeus vuole sapere la sua sorte. Significato della tragedia complesso, un ribelle combatte la tirannia di zeus. Prometeo è colpevole però per l’insubordinazione nei confronti dell’autorità divina. C’è poi una riconciliazione tra zeus e il titano, con un consolidamento del pi dio. Con l’orestea nel 458 ac compone una trilogia sulla maledizione caduta sulla casa degli atridi. Primo dramma è Agamennone, annuncio della vittoria dei greci giunto a Argo. La regina Clitemnestra vede avvicinarsi il ritorno del marito e il giorno della vendetta per il sacrificio della figlia. Arriva Agamennone, la regina poi si alza in piedi sui due cadaveri. In Coefore, la regina, tormentata dal rimorso invia alla tomba di Agamennone la figlia Elettra. Arriva anche Oreste tornato per vendicare il padre. I due fratelli si incontrano e gridano vendetta. Oreste va alla reggia sotto mentite spoglie e trucida Egisto, amante della regina, poi la regina stessa. Il giovane dopo la gioia cade in smarrimento e viene perseguito dalle Erinni, mostri simbolo dello sdegno dei morti consanguinei. In Eumenidi, Oreste si era rifugiato nel tempio di apollo viene poi inviato dal dio alla città di Pallade, ad Atene, per rimettersi al giudizio del tribunale. I voti sono pari e solo l’intervento di Atena scioglie Oreste dalla colpa. La dea invita le Erinni a deporre la vendetta e a mutarsi in Eumenidi stabilendosi ad Atene. I temi centrali, sono il problema della giustizia e il rapporto colpa pena. La trilogia è esplorazione della natura della giustizia terrena e divina. Gli dei puniscono la violenza che genera altra violenza. Per Eschilo è indispensabile l’intervento della divinità che è una necessità sociale. Moralista, discepolo di Zeus, capace di esprimere le grandi verità dell’esistenza in uno stile solenne. Stile magnifico e sfarzoso, vocabolario vastissimo, innovativo, creazione di epiteti composti da due o più termini. Impiego di straordinarie immagini metaforiche che percorrono i drammi, padronanza dell’effetto spettacolare, ardite coreografie curate dal poeta. • Sofocle: attività per tutto il V secolo, nella sua carriera ottiene 20 vittorie superando ogni suo rivale. Popolare fino alla morte. Dei 130 drammi da lui firmati, a noi ne sono arrivati 7: antigone 442 ac, aiace, edio re, trachinie, elettra, filottete 409 ac, edipo a Colono. Uso della trilogia composta da drammi autonomi per soggetto e sviluppo. Impone la misura drammatica formale destinata a affermarsi come unica espressione del genere tragico nella tradizione teatrale in Occidente. La scelta di pezzi autonomi nella trilogia e la rinuncia alla continuità tematica rispondono ai gusti di Sofocle, che ama costruire il dramma intorno a un unico personaggio protagonista assoluto. La visione tragica, si risolve nella rappresentazione dell’agire o del partire di un uomo solo, che entra in conflitto con il destino e i valori suoi personali. I suoi eroi sono incarnazioni dei grandi valori dell’umanità, che difendono da ogni compromesso. Sono creature inflessibili fedeli alla loro natura e ai loro disegni fino alle conseguenze estreme. Caratteri presenti in Antigone dove la vicenda si collega alla saga texana, ideale prosecuzione di sette contro tebe di Eschilo. Dopo la morte di Polinicia, Antigone, figlia di Edipo, contravvenendo alle leggi dello stato seppellisce il fratello, lasciato insepolto perché considerato nemico della patria. Viene arrestata e rinchiusa dove si uccide mentre lo sdegno degli dei colpisce la famiglia del nuovo re di Tebe. Valori racchiusi nella protagonista fiera del suo eroismo e della sua fede. Simile è Aiace, protagonista della tragedia eponima che sceglie la morte per non tradire il suo ideale di vita degna e gloriosa. Accecato dall’ira per volontà di Atena, fa strage di greggi credendoli l’esercito nemico. Tornato lucido si uccide dalla vergogna. Sottolinea l’accettazione eroica della sorte da parte del personaggio che non ha indugio, chiuso nel suo orgoglio. Eroe domina la tragedia, e l’ultima parte sulla sepoltura del morto risulta più debole. Poi ci sono Elettra e Filottete che ripropongono il personaggio magnanimo tormentato da sofferenze. Elettra riprende l’argomento di Coefore, dal punto di vista della fanciulla, con la scena del riconoscimento e poi l’episodio della morte, mentre Filottete ruota intorno alla figura del guerriero abbandonato a Lemno al quale i greci cercano di rubare l’arco necessario per la conquista di Troia. Tutti i personaggi accettano con dignità la loro sorte. Poi c’è le trachinie su due protagonisti Eracle e Deianira, vittime dell’amore, Deianira innamorata e gelosa invia a Eracle un liquido mortale che la uccide e l’altra succide per il rimorso. La più celebre tragedia è Edipo re, ispirato alla saga dei Labdacidi, e sull’indagine che Edipo ignaro del suo passato, conduce per scoprire l’assassinio di Laio fino a scoprire il suo orribile stato di parricida e sposo della madre, arriva a punirsi e si cava gli occhi e si maledice. Perfetta concentrazione delle parti, nel successo degli eventi e dei colpi di scena. crea degli episodi che mantengono viva l’attenzione dello spettatore con vari imprevisti e peripezie. Sempre lui è protagonista di Edipo a Colono, giunto a Colono, Edipo con Antigone, ottiene ospitalità nel luogo dove un oracolo gli ha predetto che dovrà lasciare la vita. Lo visitano i figli, il sovrano di Tebe, il re di Atene. Rimane distaccato da tutti, sapendo di dover abbandonare la vita. Sofocle poi si congeda dal pubblico. l’opera rivela un pessimismo della visione esistenziale del poeta. La vita umana gli appare colma di infelicità e dolore, e vano è per l’uomo cercare una spiegazione dato che la giustizia divina agisce per vie imperscrutabili. Armonia e eleganza di stile, è anche maestro nell’uso teatrale. Effetti spettacolari meno numerosi, interesse più sull’intreccio e sul dialogo. • Euripide: la sua tragedia porta in se le tracce dei rivolgimenti culturali e politici ella civiltà ateniese alla fine del V secolo. Scarso numero di vittorie, successo in seguito. Ci sono pervenute 17 tragedie: alcesti 438, medea 431, eraclidi 430, Ippolito 428, Andromaca 425, ecuba 425, supplici 424, eracle 423, ione 418, elettra 417, troiane 415, Ifigenia in taurine 412, elena 412, fenicie 408, oreste 408, baccanti e Ifigenia in aulide dopo il 405. è innovatore radicale, ama rielaborare le leggende, costituire nuove versioni di celebri miti o episodi poco conosciuti spostando i luoghi dell’azione, la successione degli avvenimenti e modificando la genealogia dei personaggi. L’intreccio è complesso e ricco di peripezie. Eroi con caratteristiche imprevedibili, passando da un ruolo al suo opposto con grande disinvoltura. Ridimensionamento della statura eroica del personaggio, ci sono eroi e eroine assai fragili, che trovano la forza dell’azione e del gesto titanico solo di fronte alla morte con grande coraggio. Scandaglio della psicologia femminile, con grandi figure di donne come Alcesti, tragedia a lieto fine con eroina protagonista che accetta di morire in luogo del marito e viene poi strappata agli inferi da Eracle. Domina l’anima delicata di Alcesti. Più risoluto è il carattere delle due eroine Medea e Fedra. Medea è abbandonata da Giasone che preferisce la figlia del re di Corinto, medita la vendetta eliminando insieme alla rivale i suoi figli. Passionalità e orgoglio dominano, e Fedra protagonista dell’ ippolito coronato, è regina infelice che vive il suo amore per il figliastro e l’unica via d’uscita è la morte. Nessuna delle eroine rinuncia ad abbandonare il loro caso, atteggiamento riconducibile alla formazione dell’autore di Atene. Sul protagonista vertono anche Ecuba e Eracle, che presentano una violenta Trasformazione dell’eroe e il dramma ricorre a elementi patetici e al gusto per l’orrido. Si esprime anche in tragedie che mettono in scena la collettività come Eraclidi, supplici, troiane, fenice. Rappresentazione della catastrofe di un gruppo etnico o familiare, l’azione procede con episodi autonomi. Sperimentazione anche in elena, ione e Ifigenia in taurine con sviluppo romanzesco della vicenda, lieto fine, carattere borghese dei personaggi, mostrano evidenti punti di contatto con la commedia nuova. La trama di elena: elena donna fedele e virtuosa, mai giunta a troia, è andata in egitto e viene trovata da Menelao e organizzano una fuga dal sovrano che vorrebbe sposarla. Fuga si ritrova anche in ifigenia in auride, e ione sul ritrovamento di un figlio esposto un fasce e creduto morto. Caratteristiche dei drammi dell’ultimo periodo sono l’uso di prologo espositivo, il ricorso all’impiego del deus ex machina. Informa attraverso il prologo degli antefatti delle vicende spesso nuove e complesse. L’apparizione di una divinità per mezzo di una macchina teatrale è mezzo tecnico cui il poeta ricorre per concludere un dramma difficile. Le baccanti, ultima opera, vede protagonista una divinità, di Dionisio, la vendetta nei confronti dei nemici del culto. Opera nella quale Euripide utilizza un episodio della storia sacra di Dionisio per costruire personaggi drammaticamente efficaci nelle figure del dio e del re Penteo, inserendoli in n intreccio unitario che procede con tensione crescente verso un finale di grande tragicità. La tragedia di Euripide ha un linguaggio tratto dalla conversione corrente, stile semplice e lineare, verso mosso e vivace, soluzioni metriche libere e ricche. • Il dramma satiresco: negli agoni drammatici del V secolo era ricorrente l’abitudine di far seguire alla trilogia tragica un dramma satiresco, eccezione è l’ Alcesti, di Euripide, con definizione di pezzo prosatiresco. La maggior parte scompare in epoca antica, sopravvive solo il ciclope di Euripide, altro dramma satiresco di Sofocle è i cercatori di tracce o i segugi , e altri frammenti di diversi lavori. Il dramma satiresco risponde all’esigenza dei drammaturghi greci di sollevare lo spirito del pubblico che avesse appena assistito alle tragedie, spettacolo giocoso, comico. C’è la caricatura degli eroi mitici, linguaggio, ritmi metrici, congegni scenici, sono del tutto simili alla tragedia. rifacimento di stile elevato, l’estensione del dramma è più contenuta, il coro è costituito da satiri, mitologici ambienti del bosco e campagna, metà uomini e metà capri, creature rozze e primitive, arroganti, sono i principali personaggi. Il coro è scortato da un accompagnatore, il loro genitore Sileno, che oltre ad avere una parte nel dramma, interviene nell’esecuzione del coro come corifeo. C’è la beffa del teatro serio. Esempio è ciclope di Euripide, la vicenda si ispira all’incontro tra Ulisse e poliremo, atmosfera qui spensierata e giocosa con contrappunto comico per i satiri in scena. intervengono con il loro aiuto goffo mentre odisseo sta attaccando il mostro, cosi dove sileno distrae l’eroe con le sue chiacchiere per rubare del vino. Nelle trame del dramma satiresco gli eroi sella tragedia subiscono in riadattamento comico, sono immersi in un clima di assurdità che li rende disarmonici nel complessivo tono burlesco, si trasformano loro malgrado in veri eroi comici. Riproduce anche circostanze del genere serio ribaltandone il significato. Spesso l’eroe è intelligente e mette a punto intrighi per sopraffare mostri e nemici, il protagonista diventa il briccone scaltro. Il dramma si presenta come specchio deformato delle tragedie e il protagonista tragico riappariva ridicolo. Abitudine di trarre alimento da una casistica ristretta dei temi, situazioni e personaggi fissi. Esempio è il Ciclope, con eroe mitico, sconfitta di mostri e giganti, ospitalità violata, evasione o salvataggio finale del protagonista. Nella conclusione rientra il coro dei satiri che recitano la parte di schiavi sottratti alla tutela di Dionisio che alla fine ottengono il permesso di ritornare. C’è poi il ricorso magico al prodigioso, appaiono spesso maghi e maghe, fattucchiere, mostri, esseri fantastici e oggetti fatati, ambientazione esotica, lieto fine. Il pubblico sapeva che l’eroe doveva combattere contro mostri da favola, solo apparentemente spaventosi, già rassegnati a una sconfitta. Dal 340 i drammi satireschi incominciarono a essere rappresentati indipendentemente dalle tragedie. Nasce un nuovo tipo di dramma satiresco, si mantiene il coro di satiri, ma la trama si ispira a temi della commedia contemporanea. Abbandono di intrecci mitologici per privilegiare la satira attuale. Esempio sono Agen di Pitone del 324, su commissione di Alessandro magno per screditare il suo ministro Arpalo. Poi ci fu Timocle. • La commedia attica antica: su questa commedia la fonte principale è Aristofane, nella sua Poetica, ci dice che la commedia nasce in seno alle falloforie, processioni legate al rito della fecondità, nucleo fondamentale a inizi VI secolo era il trasporto di enormi falli, simboli della riproduzione e della fertilità. I fallifori si accompagnavano con canti rituali inneggianti ai demoni della fecondità e poi a Dionisio. Il termine komoidia ha il significato di canto del komos, accesso alla gioia e la baldoria che accompagnavano il simposio celebrato dopo il corteo. Altra etimologia risale a kome, villaggio, la commedia sarebbe stata in canto del villaggio. Per gli atenesi la commedia nasceva dal passaggio nel villaggio di un gruppo di attori, mentre i Dori si Megera rivendicavano il merito. È probabile che la concomitanza delle feste falloniche abbia favorito l’inserimento della beffa nei confronti del pubblico in più le processioni e l’inno propiziatorio. Somiglianza tra il canto fallonico e la parabasi, una delle parti fisse della commedia attica del V secolo, dove il coro sfila davanti al pubblico per rompere ogni illusione scenica e cantare un inno in onore del dio, con beffe rivolte agli spettatori. La falloforia fornisce alla commedia la componente lirica del coro, la componente drammatica risale alla farsa fliacica, scene improvvisate dai fliaci attori irregolari, con travestimento grottesco. La farsa fliacica è un’azione teatrale su curiose situazioni quotidiane con forma di comicità. L’origine andrebbe cercata a Megera sull’Istmo. Il primo nucleo del teatro comico con elementi farseschi si rintraccia in ambiente dorico. Esempio sono le opere di Epicarmo, poeta comico, la sua commedia è insieme di scene farsesche intorno a un filo drammatico, azione pura e rapida senza coro, basata sulla parodia mitologica di eroi come Odisseo e Eracle, e argomenti di vita quotidiana. Elemento drammatico con elemento lirico attico, dando vita ad una forma di atre nuova. Dal genere drammatico più illustre derivano il prologo e la parodo. Nella prima parte c’è forma fissa, agòn, dove il protagonista e l’’antagonista si minacciano. A metà commedia gli attori si allontanano e la scena viene occupata dal coro, che si rivolge al pubblico e sfila. Intermezzo con canti e parti recitate, la parabasi, è lo strumento poi con cui il poeta esponeva le sue idee. L’azione poi riprendeva con una seconda parte costituita da scene buffonesche. I più antichi commediografi attici sono, Chionide, Magnete, di cui non abbiamo notizia, poi Cratino e Eupoli, a metà V secolo, con parodie mitologiche e attacchi a personaggi politici. • Noi abbiamo notizie solo di Aristofane, 44 lavori, ne abbiamo 11: acarnesi, cavalieri, nuvole, vespe, pace, uccelli, lisistrata, tesmoforiazuse, rane, ecclesiàzuse, pluto. Le sue commedie attingono dalla realtà ateniese, ridicolizzando vizi e costumi dell’epoca con attacchi anche a singole persone. Tecnica del cabaret. In acarnesi, il coro conferisce il titolo alla commedia, che è costituito dai carbonai del demo attico di Acarne, rappresentati come fautori della guerra contro Sparta. Tema principale è la guerra e le negative conseguenze. Il protagonista Diceopoli decide di stipulare la pace con la città nemica. Contrasto tra la tranquilla esistenza di lui e la tensione del partito della guerra, mentre il poeta mette in scena parodie della tragedia con Euripide. Attacchi politici, buffonate, scherzi, lodi alla pace, critica della produzione tragica contemporanea. La satira politica trova espressione compiuta nei cavalieri, con stretto rapporto con la vita politica di Atene, vuole dare battaglia a Cleone, potente demagogo, rappresentandolo in scena sotto le vesti di paflagone, servo astuto di demo, capace di dominare il padrone. Alla fine dopo vari contrasti e episodi si arriva alla cacciata di paflagone e restituisce a demo serenità. Incentrate sulla satira degli intellettuali e dei filosofi sono le nuvole dove Aristofane muove un attacco a Socrate e alla di lui dottrina. Il contadino strepsiade sommerso dalle spese, decide di frequentare la scuola dei filosofi per imparare la tecnica per non pagare i debiti. Cacciato manda il figlio al suo posto, ma il giovane si ribella al padre. Si da qui corpo alla metafora e si traducono concetti astratti e filosofici in forme concrete e quotidiane. Ci sono poi le allusioni letterarie, il più bersagliato è Euripide che appare in acarnesi, rane, tesmoforiazuse. Nelle rane, c’è la discesa agli inferi di Dionisio, incaricato di riportare in vita il poeta. Indeciso tra Eschilo e Euripide, vince Eschilo. Qui le scene di umorismo precedono la parabasi, e la seconda parte è più seria, soggetto letterario che culmina nel duello poetico tra i due tragici. Espressioni dense di nomi di eroi e intonazioni ricalcate sullo stile epico. Le composizioni corali e i canti a solo divengono buffoneschi e volgari accompagnamenti di danze. Parodia delle eroine femminili è la vicenda di tesmoforiazuse, dove le cittadine atenesi prendono posizione contro il poeta, reo di averne smascherato i difetti in modo plateale nelle sue tragedie. Frequenti gli echi distorti del linguaggio poetico euripideo, posti in bocca agli eroi comici, salendo sul piedistallo che gli fornisce la scrittura lirico tragica esprimendo i problemi della realtà. Il pubblico non sapeva cogliere le allusioni letterarie ma la satira rimaneva godibile anche grazie alla presenza di costumi e arredi scenici che accentuavano il significato delle parole. Trionfo della fantasia e dell’estro comico sono gli uccelli, considerati il suo capolavoro. Desiderio di una vita umana diversa, spensierata e lieta come quella degli uccelli, crea una città fantastica posta nell’aria fra gli dei e gli uomini. Il coro è composto da creature alate, con piume, è un ingrediente scenico per prodigiosi spunti sia per gli effetti scenici sia per la musica. Gli uccelli incarnano il lato musicale e fantasioso della commedia antica e il suo vertice di sfarzosità scenica e costante riferimento alla realtà cittadina. Il costume sociale è colpito nelle vespe, giudizi popolari che proprio come le vespe che formano il coro, amano pungere gli altri cittadini. Con la pace e lisistrata torna a trattare della pace, con soluzioni come lo sciopero sessuale. Le altre due commedie, ecclesiazuse e pluto si differenziano per l’affievolito ruolo del coro. La parabasi è eliminata a favore di un intervento coreografico dei coreuti con pezzi lirici di repertorio. Agganci con l’attualità ma anche interesse su argomenti più generali come il contrasto fra sessi, ricerca della felicità. Nelle ecclesiazuse le atenesi approvano una risoluzione che porta il potere della città nelle loro mani. Pluto è a lieto fine, il dio della ricchezza distribuisce i suoi favori agli uomini sulla base dei loro meriti. Il consenso del pubblico rimane costante per tutta la carriera. • La commedia attica di mezzo e la commedia nuova: si colloca la commedia di mezzo fra il 385 e il 336 ac, nessun testo completo è giunto fino a noi. Il ruolo del coro si riduce e si elimina la parabasi. Scomparsa dell’elemento lirico e musicale, mancano invenzioni fantasiose nelle trame per lasciare posto a intrecci ispirati alla realtà quotidiana, attacchi politici occasionali. Argomento prediletto è la parodia mitologica. Fra i poeti attivi si ricordano Anassaride, Antifone e Alessi. La commedia nuova, con la commedia intera di Menandro. Collocata a partire dalla morte di alessandro magno la commedia nuova prosegue il processo di distacco dalle forme comiche del V secolo. Il coro non ha più alcuna parte nella rappresentazione della vicenda e i suoi interventi servono solo a intrattenere il pubblico con canti e danze negli intervalli. Gli attacchi personali diventano rari, scompare l’insistito riferimento alla finzione scenica, vengono eliminate le interruzioni dell’azione. La commedia nuova privilegia emozioni e contrasti quotidiani, rivolge il suo interesse ai rapporti interpersonali di una compagine sociale assai ristretta. La trama verte su innamoramento contrastato arricchito da colpi di scena, sorprese e litigi. Gusto per l’indagine psicologica e i commediografi sviluppano lo studio dei caratteri umani dando vita a personaggi destinati ad avere notevole fortuna in tutto il successivo teatro di ispirazione classica. Fra i modelli cui la commedia muova si rifà non sarà inutile ricordare la tragedia euripidea, soprattutto in riferimento al romanzesco e alla rappresentazione dell’amore in scena. I maggiori esponenti sono nella prima metà del IV secolo: Difilo, Filemone e Menandro. Il misantropo, e frammenti di altre tre commedie: samia, fanciulla tosata, arbitrato. Il misantropo, l’intreccio ruota intorno alla figura del contadino anemone, che vive solo con la figlia. Il ricco sostrato innamorato della ragazza, cerca il consenso del padre che alla fine dopo un salvataggio accetterà. Carattere complesso e multiforme. Innamoramento, femminilità della giovane amante, la saggezza della nutrice, imprudenza dello schiavo e la passione per la burla del cuoco. Il contatto con il pubblico è istituito attraverso il prologo. Le caratteristiche si accentuano nelle commedie successive, che propongono una comicità più raffinata. Ne la donna di samo, la trama è intorno ad un bambino nato fuori dal matrimonio e di una donna che accetta di far credere il bimbo suo figlio e consente il matrimonio fra i due genitori. La fanciulla tosata, ha caratteristiche della commedia del IV secolo, storia di un amore e presunto tradimento. L’arbitrario, ci sono 2 sposi, e della violenza subita dallo stesso marito prima che i due si incontrassero e del bambino che è nato. I due alla fine si conciliano. Gli altri personaggi sono riconosciuti dal pubblico, per le maschere e i nomi. I temi sono la vita privata dell’individuo, l’amore, sentimento umano e quotidiano. La sua commedia strappa risate. Il suo mondo trae ispirazione dalla realtà per mettere in rilievo la fragilità dell’uomo e la finzione del caso nella vita di ogni giorno. Lieto fine e mancanza di personaggi veramente negativi. Esaltazione della virtù fondamentali dell’uomo onesto e della sconfitta della falsità. • Il mimo: grande favore verso il pubblico, origini più antiche, è una rappresentazione popolaresca, consistente in una serie di scene comiche brevi, prive di nessi organici, di intreccio e lasciate all’improvvisazione degli interpreti che vi inserivano danze, esercizi acrobatici e imitazione dei suoni della natura. Non fu mai introdotto nelle competizioni drammatiche ufficiali, ma solo a esibizioni di piazza. Non si sa bene quando iniziarono ad andare su un testo scritto. Uno è Sofrone del V secolo. Solo dal III secolo il mimo si diffonde in tutto il mondo di lingua greca. Eroda, anni 250 ac, testimonia la fortuna del genere, i suoi 8 mimiambi, propongono scenette quotidiane agite da personaggi per molti versi analoghi a quelli tipici della commedia nuova, come amanti infedeli, artigiani e schiavi. Eroda ha un linguaggio affettato e prezioso, hanno però scarsa efficacia drammatica. Nella seconda metà del III secolo si diffonde il mimo basato quasi esclusivamente sulla danza e linguaggi gestuale. CAPITOLO 2. IL TEATRO ROMANO 1) Il Luogo scenico 1.1 Gli edifici teatrali greco-romani La società romana mostrò diffidenza nel costruire teatri stabili in pietra, l’austero senato riteneva contraria al buon costume la presenza di teatri in muratura perché avrebbero potuto offrire occasioni di ozio. Pertanto gli spettacoli ebbero luogo per lungo tempo entro primitive strutture lignee, erette provvisoriamente e strutte quando il periodo di festa entro cui le rappresentazioni erano inserite fosse terminato. Fino agli ultimi anni della repubblica, gli unici veri edifici teatrali presenti nel mondo romano rimasero circoscritti nell’area geografica –ellenistica, dove si impose un nuovo modello architettonico caratterizzato dal ripensamento e modifica di alcuni elementi costitutivi dei precedenti elementi greci (edifici eretti a Permesso(figura 2.1 pag 94), Patara, Megara, Efeso II sec a.C., mostrano caratteri originali che li differenziano dal periodo precedente: - zona riservata al pubblico si avvicina alla scena (con gradinate che partono direttamente dall’orchestra) - la zona dell’orchestra viene ristretta dall’avanzamento della struttura scenica - il palcoscenico, si fa più basso e profondo rispetto alla norma ellenistica - la scena, realizzata in pietra si sviluppa alta e sontuosa, assumendo carattere monumentale - resta assai poveramente decorata la parte sottostante il palcoscenico il proskénion. 1.2 Gli edifici teatrali romani Gli spettacoli a Roma si svolsero entro strutture lignee provvisorie, costituite semplicemente da un palco rettilineo e sopraelevato (proscaenium), disposto longitudinalmente lungo una parete , nella quale si aprivano porte per consentire le entrate in scena degli attori, la parete era provvista di una piccola tettoia, gli spettatori prendevano posto su panche disposte davanti al palco, collegato a terra da una breve scala di 5 o 7 gradini. Strutture idonee alla rappresentazione di commedie e tragedie venivano erette anche all’interno dei circhi o presso i templi . Teatri di pietra cominciarono ad apparire nella prima metà del I secolo a. C., ma soltanto nel 55 a.C. Roma ebbe un theatrum lapideum edificato da Pompeo(l’edificio di cui non resta alcuna traccia, presentava un ardita soluzione architettonica costituita da una serie di gradinate di pietra (cavea) sostenuta da una sistema di arcate , alla cui sommità sorgeva un tempio dedicato a Venere victrix, accessibile soltanto attraverso le gradinate medesime, la connessione con il luogo di culto permise la sopravvivenza dello stesso giustificandolo agli occhi del senato.)vedi figura 2.2 pag 96 Nel 13 a.C. fu eretto a Roma un secondo teatro stabile, quello di Balbo, seguito due anni più tardi da quello realizzato da Augusto in memoria del defunto nipote Marcello(Teatro di Marcello figura 2.3 pag 97). Il teatro di Marcello si presenta come una costruzione autonoma , eretta all’interno della città su un terreno pianeggiante , non si sente più la necessità di sfruttare un declivio naturale. Nell’ordine inferiore sono collocati gli ingressi al teatro, collegati con un sistema di scale che consentono di raggiungere , ogni settore (cuneus) della cavea e di accedervi tramite i vomitoria, ingressi con soffitti a volta , orizzontalmente le gradinate sono percorse da corridoi (diazoma ) come nel teatro greco mentre la sommità della cavea è disposta una galleria in legno o pietra detta porticus. La scena acquista in profondità ed è chiusa alle spalle da una festosa scaenae frons. Nell’età imperiale numerosi furono gli edifici teatrali costruiti oltre che nella capitale, in tutta la provincia romana e adornati sempre più sontuosamente : i luoghi di spettacolo più antichi, quelli di Siracusa e Pompei furono modificati e dotati di facciate sceniche più ricche, mentre i teatri ellenistici venivano adattati al nuovo stile architettonico romano. La preferenza del pubblico per gli spettacoli coreografici e circensi favorirono lo sviluppo dell’anfiteatro (letteralmente doppio teatro), costituito da una vasta arena ellissoidale circondata da gradinate. Fra i più famosi anfiteatri diffusi in tutto il mondo romano erano quello di Pompei (80 a.C.), Capua e Bozzoli (I sec d. C.) mentre a Roma il maggiore era certamente l’anfiteatro Flavio, detto Colosseo inaugurato nel 80 d.C.. 2)Lo spettacolo 2.1 Forme arcaiche di spettacolo indigeno Le origine dello spettacolo romano risalgono a una varietà di rudimentali manifestazioni drammatiche, sostanzialmente comiche e satiriche che connotano il temperamento del realistico popolo italico primitivo, amante della beffa personale, della battuta ridanciana, pungente, spinta non di rado fino al limite dell’oscenità. I FESCENNINI VERSUS : Un linguaggio fortemente sboccato e una comicità violenta costituivano i tratti del fescennini versus, canti rustici improvvisati che accompagnavano le feste per la mietitura e la vendemmia e che in seguito si estesero anche a numerose occasioni sociali della Roma repubblicana, divenendo caratteristici delle feste nuziali. Il termine fescenninus è posto da alcuni grammatici antichi in relazione con al città falisca di Fescennio (nell’Etruria) mentre da altri è giudicato derivazione di fascinum = malocchio e anche membro virile, con attribuzione a tale forma poetica di una funzione apotropaica, di allontanamento cioè delle energie negative tramite riferimenti indecenti. LA SATURA Prima forma drammatica originale del teatro romano, il termine è di origine controversa: la connessione con il greco saturos è del tutto falsa, mentre appare più verosimile l’etimologia che ricollega tale forma di spettacolo a satura lanx, un piatto misto di primizie che veniva offerto agli dei ed era chiamato satura per la varietà e l’eterogeneità degli ingredienti. Gli artisti che ne erano interpreti furono detti histriones, da ister termine etrusco per attore. Quando Livio Andronico introdusse sulle scene il modello greco di teatro drammatico, gli attori dilettanti abbandonarono la satura per tornare al vecchio scambio di frizzi liberi in versi, perciò gli attori professionisti la utilizzarono come un exodium come scherzo comico posto in chiusura della rappresentazione di uno spettacolo teatrale LA FABULA ATELLANA Di origine italica, fu anche la fabula atellana, forma di farsa popolare costruita su uno schema predeterminato che prevedeva un intreccio arricchito da equivoci e divertimenti farseschi(tricae) sul quale gli attori improvvisavano battute salaci, lazzi e scherzi comici. Il nome deriva dalla città osca di Atella (tra Capua e Napoli), all’epoca territorio di stretto contatto con le forme spettacolari diffuse nella magna Grecia. Caratteristiche principali: - la presenza di personaggi fissi e ricorrenti: Maccus lo sciocco, Baccus il mangione ingordo e chiacchierone sguaiato, Pappus il vecchio stupido, Dossennus il gobbo astuto o il ghiottone parassita -tendenza alla tipizzazione - impiego di vere e proprie maschere - improvvisazione estemporanea da parte degli interpreti Il successo dell’atellana fu così grande che essa venne assimilata per diventare il genere prediletto dai dilettanti, assumendo la collocazione di exodium ossia di scena comica conclusiva negli spettacoli tragici , finendo per includere anche parodie di soggetto mitologico. IL MIMO Una forma di spettacolo di origine greca che fu accolta prontamente dalle popolazioni italiche e poi dai romani, diventa negli ultimi anni della repubblica e in età imperiale il più popolare e fortunato fra gli spettacoli teatrali. Nel 238 a.C. l’istituzione di una festa in onore della dea Flora divenne un’importante occasione annuale per l’esibizione di tale tipo di spettacolo, a Roma si è evoluto fino a diventare la rappresentazione di un episodio di vita quotidiana, con trama semplice e conclusione inaspettata ma poteva anche limitarsi a una rappresentazione di arte varia con canti, danza e giochi di abilità, gran parte dell’attrattiva era la presenza di interpreti femminili, la cui esibizione rasentava spesso i confini della decenza 2.2 Generi drammatici Con la conquista della Magna Grecia (282-272 a.C.) agli influssi italici sul mondo dello spettacolo romano si sostituì la preponderante influenza ellenica. Da Taranto sarebbe giunto Livio Andronico, il più antico fra gli autori drammatici latini conosciuti, grazie al quale nel 240 a.C. Roma ebbe la prima rappresentazione di tragedia regolare ( cioè con testo scritto e con attori che dovevano apprendere a memoria). Dopo una prima fase di riduzione e adattamento degli originali greci, si passò presto all’introduzione entro schemi e argomenti ellenici di elementi propri dello spirito latino, più vicini al gusto del pubblico romano. Il testo teatrale di qualsiasi tipo fosse era chiamato fabula, termine che necessitava di un aggettivo qualificativo per l’individuazione dei generi. Gli autori latini trovarono i loro modelli ideali nella grande produzione greca del V secolo con una netta predilezione per l’opera di Euripide. La tragedia latina di diretta ispirazione greca fu detta fabula cothurnata (dall’alto calzare a mezza gamba indossato dagli attori tragici ellenistici), o meno frequentemente fabula crepidata (da crepida sandalo greco). Ben presto accanto alle tragedie di ambientazione greca comparve un genere di tragedia nazionale, con soggetto, personaggi e costumi romani, detto fabula praetexta (dalla toga bordata di porpora indossata dagli attori per imitare l’abito dei magistrati romani). Analogamente la commedia latina trasse ispirazione dalle opere fiorite nell’ambito della commedia nuova greca, adatte a divertire il pubblico con intrecci ispirati alla vita quotidiana, il genere più diffuso è la fabula palliata, grecizzata nella trama oltre che nei costumi dei personaggi che indossavano il pallium ampio mantello tipicamente greco. Mentre la fabula togata prendeva il nome dalla toga romana, commedia di ambientazione romana o italica si distingueva ulteriormente in trabeata quando i personaggi in scena erano del ceto dei cavalieri, tabernaria se ambientata fra le classi popolari. 2.3 L’organizzazione degli spettacoli : i ludi Anche a Roma le rappresentazioni drammatiche e gli spettacoli di vario genere erano promossi e disciplinati dallo stato e avevano luogo in occasione di pubbliche feste religiose. Dapprima legati a occasioni episodiche , i ludi divennero presto stabili(ludi stati), legati a determinati periodi dell’anno e finanziati con denaro pubblico: I ludi romani celebrati in onore di Giove Ottimo Massimo nel mese di settembre I ludi plebei istituiti con l’intento di assecondare il gusto del popolo minuto per gli spettacoli I ludi florales istituiti in onore della dea Flora nel 238 a.C. in essi predominavano le rappresentazioni di mimi che per sottolineare i legami con i rituali della fecondità, introdussero esibizioni di ballerine nude, gioghi di animali e rituali orgiastici. Ludi votivi per le celebrazioni di eventi particolari, quali grandi vittorie militari, funerali di grandi personaggi importanti, inaugurazione di monumenti pubblici e più tardi circostanze fauste e infauste legate alla famiglia imperiale venivano organizzati i ludi votivi spesso prolungati e sfarzosi a testimonianza della grandezza e della magnificenza del committente. Le rappresentazioni teatrali romane non assunsero mai il valore davvero determinante che avevano avuto nella vita pubblica e spirituale del mondo greco, a Roma la partecipazione era considerata dai cittadini piuttosto un semplice divertimento o un modo piacevole per trascorrere il tempo libero. L’evento teatrale non era percepito come veicolo di cultura e di educazione civile bensì come circensis, offerto gratuitamente dallo stato alla plebe alla pari dei giochi sportivi e gladiatori. In età repubblicana l’organizzazione degli spettacoli era compito strettamente riservato alla magistratura degli aediles, o in alcuni casi dai pretori urbani, utilizzando i ludi come mezzo di propaganda elettorale e affermazione della propria popolarità, tale tipo di committenza esercitava un certo condizionamento sulla libertà di pensiero dei drammaturghi. Dell’importanza degli spettacoli offerti al pubblico gratuitamente per ottener il consenso politico furono ben consapevoli i grandi generali romani (Lucio Silla, Giulio Cesare…). 2.4 Gli attori L’introduzione degli attori a Roma fu dovuta all’influsso della cultura etrusca sulla giovane città (come mostra l’origine etrusca del termine histrio per definire l’attore). Il primo autore drammaturgo latino fu Livio Andronico, fu anche impresario e attore (si limitava a interpretarle mimicamente mentre una voce fuori campo leggeva la sua parte) delle sue opere. La funzione di autore-autore godette a Roma di notevole reputazione se nel 207 a.C. il senato permise la fondazione del collegium scribarum histrionunque(la confraternita degli autori e attori). Ben presto però i poeti preferirono affidare l’esecuzione scenica a gruppi di artisti specializzati. Già tra il III e il II sec agivano a Roma compagnie drammatiche professionistiche, guidate da un capocomico-impresario chiamato dominus gregis, facevano parte della compagnia anche un conductor(direttore delle prove) e un choragus (sovrintendeva alla realizzazione di costumi e messinscena). Come in Grecia gli attori erano tutti di sesso maschile , ma ciascuno personaggio doveva essere interpretato per intero da un stesso attore, ogni artista poteva sostenere anche più parti. Già in età palatina e terenziana gli attori non godevano più di buona reputazione sociale la denominazione grex per indicare i membri di una compagnia, sembrava sottintendere un rapporto servile fra gli attori e il capocomico. Gli attori potevano essere percossi dal capocomico in caso di insuccesso. Per la mentalità comune 2.5 Il coro Lo spazio scenico del teatro romano non era predisposto per accogliere un coro , la presenza del coro nel teatro drammatico latino si configura perciò solo come elemento marginale e derivato dall’ossequio nei confronti degli illustri modelli greci. La tragedia mantenne i caratteri strutturali esteriori dei modelli greci, fra cui la divisione della materia in cinque parti separate da canti corali, già trasformati in ambiente ellenistico in semplici intermezzi lirici, nei quali parte preponderante avevano la musica e la danza, mentre più labili divenivano i loro legami con l’intreccio principale. La commedia si sviluppò secondo una struttura originale che prevedeva l’alternanza di parti recitate e parti cantate dagli attori stessi, così l’elemento lirico divenne parte integrante dell’azione e gli intermezzi non ebbero più ragione di esistere. Anziché nell’orchestra , nel teatro romano il coro agiva comunque sul palcoscenico, il coro lo usava per gli intermezzi, entrava e usciva passando di solito dall’ingresso della versura di destra. 2.6 Scenografia e Scenotecnica L’apparato scenografico per la rappresentazione del dramma era molto semplice e convenzionale : nel teatro ligneo del III-II sec a.C. dietro al palcoscenico si ergeva una parete grezza di legno, nella quale si aprivano porte fisse. Il palco rappresentava una strada di città che convenzionalmente conduceva al porto nella parte a sinistra rispetto allo spettatore. Nello spazio antistante potevano essere collocati alcuni arredi scenici allusivi: è probabile che spesso vi comparisse un altare(come testimonia una commedia di Plauto “la commedia del fantasma”). Anche per la tragedia di età repubblicana è lecito supporre che la scenografia non si presentasse diversa Una maggiore verosimiglianza assunse la scena tragica a partire dal I secolo a.C. con l’edificazione della scaenae frons in pietra Vitruvio parla di tre tipo di scenografia pittorica distinguendo : una scena tragica con particolari architettonici sontuosi, una scena comica con case di città e una satiresca con alberi e montagne. Già alla fine dell’età repubblicana era in uso il sipario detto auleum che veniva sollevato dal piano del palco per nascondere la scena in preparazione e veniva abbassato al momento opportuno. Un altro tipo di sipario detto siparium fu particolarmente impiegato nelle rappresentazioni di mimi, in origine una piccola tenda dietro la quale gli artisti si preparavano per entrare in scena, fu in seguito dipinto e accresciuto nelle sue dimensioni fino a assumere la funzione di vero e proprio fondale. Tutti i macchinari scenotecnica del teatro greco erano noti ai romani. Il gusto per il macchinismo e per la verosimiglianza teatrale, unito a una certa inclinazione verso il sadico e l’orrido condusse a certi eccessi come durante l’impero di Nerone un fanciullo a cui era affidata al parte di Icaro fu sollevato in alto e lasciato precipitare a terra, sfracellandosi sulla scena e durante gli spettacoli inaugurali del Colosseo si crocifisse in scena un condannato a morte. 2.7 Costumi Al costume teatrale i romani dedicarono sempre un’attenzione particolare, sulla scena romana l’abbigliamento dell’attore determinava immediatamente l’ambientazione e l’origine: - gli attori della Palliata indossavano abiti in uso in Grecia per la vita quotidiana, caratterizzati da un mantello (pallium) che si portava sopra la tunica. L’abito corrispondente femminile era la palla, lunga e maestosa sopravveste (poi c’erano costumi per personaggi che tornavano da un viaggio, per gli schiavi, per i militari). - particolare attenzione era assegnata alle calzature: la tragedia di argomento greco era individuata dalla presenza dell’alto sandalo teatrale (cothurnus), o più raramente dalla tipica scarpa greca (crepida), mentre dalla ciabatta impiegata dagli attori comici (soccus) si originò proprio l’abitudine di individuare il genere comico). - uno stile diverso per i mimi, costituito da un cappuccio ( ricinium), alcuni mimi indossavano anche il centunculus una corta giubba costituita da toppe colorate che si accompagnava a calzamaglia con fallo ben visibile. -il costume tragico si modificò nel corso dei secoli assumendo proporzioni esagerate, con innalzamento iperbolico dell’onkos e dei coturni che rendevano l’attore impacciato e innaturale nei movimenti. - Per tutti i generi teatrali gli attori dovevano indossare la parrucca, gli schiavi portavano parrucche rosse perché secondo i romani indicava scaltrezza e furfanteria. 2.8 Maschere L’uso della maschera è argomento tuttora discusso dagli studiosi che discordano sull’epoca della sua introduzione. È indubbio che fosse in uso nel teatro del I sec. a.C., quando la utilizzava il Roscio che la tradizione vuole esserne stato l’introduttore a Roma. I testi comici che ci sono pervenuti contengono numerose allusioni alla mimica facciale, mentre i cambi di parte cui si è accennato pare venissero eseguiti solo attraverso mutamenti di parrucca e trucco. Certamente la maschera fu da sempre caratteristica degli attori delle atellane (farsa popolare) che probabilmente usavano esemplari caricaturali e deformi. Privi di machera erano invece i mimi, mentre i pantomimi di età imperiale solevano ricorrere a particolari tipi di maschere bifronti, con espressioni opposte di gioia e dolore, per rendere più facilmente gli improvvisi mutamenti di stato d’animo previsti dalle loro rappresentazioni. 2.9 Musica In tutti i generi teatrali romani era presente l’elemento musicale : fin dall’avvio l’azione era seguita dal tibicen, il musicista che suonava il flauto(tibia). In Età imperiale l’accresciuta dimensione degli edifici teatrali in pietra e il mutamento del gusto, sempre più orientato in senso spettacolare, rese necessario l’aumento del numero dei suonatori e la diversificazione degli strumenti, ai flauti su accompagnarono gli ottoni, con musiche simili a quelle di carattere militare che il pubblico romano gradiva molto. 2.10 Il Pubblico Gli intrattenimenti teatrali erano rivolti a tutta la popolazione, che indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza. I romani dell’età repubblicana amavano in particolare i giochi circensi, ma frequentavano anche il teatro drammatico, l’uditorio è composto da uomini e donne di ogni ceto sociale, ma compaiono anche littori, balie con bambini, prostitute e numerosi schiavi, che sono invitati a non sedersi finchè abbiamo preso posto tutti gli uomini liberi presenti. Si trattava di un pubblico turbolento, poco disposto al silenzio e alla pazienza, desideroso di divertirsi e ridere immediatamente. Viene citato anche da un episodio che racconta il grande drammaturgo Terenzio, che testimonia lo scarso impegno culturale del pubblico romano che richiedeva allo spettacolo di essere solo un momento piacevole di svago e per tale ragione privilegiava i giochi circensi ai raffinati adattamenti del teatro greco. Poiché gli spettacoli si svolgevano a breve distanza l’uno dall’altro gli spettatori usavano mangiare e bere in teatro senza abbandonare il proprio posto, portandosi probabilmente le vivande da casa. È difficile anche determinare come il pubblico venisse informato degli spettacoli di imminente programmazione: solo in età imperiale infatti comparvero avvisi murali affissi o dipinti in luoghi pubblici con l’indicazione dei tipi di spettacolo in programma. L’ingresso agli spettacoli a Roma era libero e gratuito per i cittadini, essendo le spese di allestimento sostenute dallo stato e spesso integrate da privati magistrati. Fin dalle origini furono previsti posti destinati alle sole personalità cittadine, mentre il pubblico assisteva alle gare stando in piedi. 2.11 Il Pantomimo la forma spettacolare più in voga nell’età imperiale fu il pantomimo, introdotto in Roma secondo la tradizione da Pilade di Cilicia e Bacillo di Alessandria nel 22 a.C.. Si trattava di una forma di intrattenimento teatrale nella quale un coro o un cantore eseguiva i brani più belli di alcune tragedie, mentre un unico attore interpretava mimicamente tutti i personaggi, cambiando maschere e raffigurandone con gestualità fortemente espressiva i mutevoli stati d’animo. Anche le donne potevano esibirsi sulla scena , come avveniva nel mimo, benché i soggetti del pantomimo fossero attinti dalla mitologia greco-latina e non dalla vita quotidiana. Tale carattere colto guadagnò al pantomimo i favori dell’aristocrazia, che vi riconosceva un genere sostitutivo della tragedia. Ben presto i testi destinati agli interpreti pantomimici si costituiscono in composizioni originali (fabulae salticae)impegnando anche grandi poeti del 1 secolo d. C., fra i quali M. Anneo Lucano e P. Papinio Stazio. Nel corso dell’età imperiale mimo e pantomimo si confusero spesso, rimanendo le forme teatrali di maggior successo fino a tutto il IV secolo. Già in quello precedente alcune opere pantomimiche assunsero intenti parodistici nei confronti della nascente chiesa cristiana. 2.12 Spettacoli circensi Lungo tutto il corso della storia di Roma le varie forme di spettacolo che avevano luogo nel circo godettero di fortuna incontrastata: le corse dei carri furono introdotte fin dal periodo regio presto si aggiunsero i giochi dei gladiatori le cacce in epoca imperiale le nautiche, i balletti acquatici e le esibizioni ginniche L’entusiasmo popolare si accendeva proprio in occasione dei ludi circenses: nel circo Massimo, il più antico di Roma. Carattere violento avevano i combattimenti fra i gladiatori, compresi nei ludi statali, ma più spesso promossi da privati cittadini. I giochi contrapponevano coppie di combattenti detti gladiatores(da gladium, la corta spada di cui erano armati). Con l’avvento dell’impero i ludi gladiatores divennero l’intrattenimento più diffuso. I duelli si concludevano generalmente con la morte di uno dei contendenti, mentre il vincitore si accingeva a intraprendere un nuovo duello.Per conciliare il consenso del popolo gli imperatori si preoccuparono di arricchire i divertimenti del circo inserendo le venationes ossia i combattimenti di gladiatori con animali feroci. Particolarmente spettacolari erano le naumachie autentiche battaglie nvali realizzate in bacini artificiali o nelle arene degli anfiteatri allagate. La passione del pubblico romano per i divertimenti sadici e cruenti era così profonda che essi sopravissero all’affermarsi del cristianesimo. 2.13 i trionfi Fra le manifestazioni non propriamente teatrali caratteristiche della vita romana, meritano una collocazione particolare i trionfi, cerimonie di onorificenza al valor militare concesse ai generali vincitori di una guerra contro un nemico esterno. La celebrazione di un trionfo poteva svilupparsi nell’arco di più giorni e coinvolgeva tutto il popolo che abbandonava le proprie attività per riversarsi nelle strade e assistere al passaggio dell’eroe. Dietro al comandante veniva l’esercito che poteva indirizzare al proprio comandante canti di scherno, spesso costituiti dai fescennini versus o inni di vittoria e lode. Alcuni trionfi furono assai sontuosi come quello del console E,milio Paolo dopo la sua vittoria su Perseo, re di Macedonia(167 a.C.) 3) La Drammaturgia 3.1 la commedia palliata la commedia latina nasce come risultato della commedia nuova greca: gli autori più noti sono Plauto e Terenzio, rivelano spesso nel prologo il titolo del testo originale a cui si sono ispirati. Il pubblico accoglieva favorevolmente la denunzia della fonte come garanzia di qualità, poiché l’ossequio al modello greco costituiva un canone dell’estetica letteraria del tempo. La quasi totalità delle commedie scritte nel III-II sec A.C. appartiene al genere delle palliata, mutuata dalle opere dei commediografi greci (Menandro, Difilo, Filemone, Demofilo, ma anche da autori della commedia di mezzo quali Alessi e Antifone. Dai testi greci sono ricavati gli intrecci delle commedie, generalmente ambientate in terre straniere e in un mondo non romano, e costruite intorno ad avventure amorose, con inevitabili travestimenti, scambi di persone, riconoscimenti e vicende intricate che si concludono felicemente grazie all’astuzia di alcuni personaggi. Ritornano alcuni tipi della commedia nuova : padri avari e brontoloni, giovani innamorati e scialacquatori, servi scaltri, ingenue fanciulle e cortigiane spregiudicate. È certo che l’operazione di riscrittura (detta in latino vertere = tradurre) compiuta dai drammaturghi romani si svolgesse con una certa libertà, che consentiva di adattare il testo originale alla situazioni comiche desiderate, sintetizzandone o diluendone lo sviluppo scenico oppure interpolando nella trama del modello principale scene tolte da altre commedie. Tale tecnica che i latini chiamano CONTAMINATIO, alludendo appunto alla contaminazione della linearità strutturale del dramma con inserti non necessari all’economia della piece. La medesima mescolanza tra ossequio al modello greco e creazione originale si riscontra già nell’impianto strutturale della commedia platina, dal modello greco deriva: la scansione del testo in prologo, azione e epilogo mentre scompaiono gli intermezzi riservati al coro e la vicenda scorre per intero senza interruzioni. Carattere peculiare della commedia latina è l’alternanza di parti recitate (diverbia) e parti cantate (cantica). Le prime palliatae comparvero sui palcoscenici di Roma subito dopo l’inizio delle rappresentazioni regolari: commedie furono scritte da Livio Andronico (attivo dal 240 al 207 a.C.) e soprattutto da Nevio (270 –201 a.C.), i cui frammenti pervenutici denunziano l’introduzione del gusto satirico e buffonesco che risente dello spirito acre e primitivo dei fescennini, della satura e dell’atellana. Solo con Plauto (nasce a Sarsina, città dell’Umbria 251- 184 a.C.) la commedia latina giunge a maturazione, primo fra gli scrittori dell’età arcaica a dedicarsi esclusivamente al teatro. Plauto rivela una perfetta conoscenza dei meccanismi del teatro del suo tempo e dei gusti del pubblico romano, interessato ai contenuti provenienti dalla cultura ellenistica, ma non abbastanza raffinato per gustare l’organicità della commedia nuova e la caratterizzazione psicologica dei suoi personaggi. Egli assume così soggetti greci ai quali mescola elementi provenienti dalla grassa comicità italica, ne nasce un nuovo genere di commedia che trae scene e figure comiche delle vita quotidiana di Roma e le ricompone entro un modello convenzionale con trame prevedibili e intrecci assai complessi che offrono ampio spazio alla facoltà d’invenzione del poeta, anche a scapito della verosimiglianza delle vicende. La palliata platina è ritenuta perciò essenzialmente commedia d’intreccio più che di carattere. La vicenda non interessa particolarmente il poeta, ciò è testimoniato dal fatto che spesso le sue commedie sono recedute da un prologo di carattere espositivo con funzione informativa riguardo agli antefatti, allo sviluppo dell’azione e non di rado anche al lieto fine. Plauto mostra di preferire la costruzione della beffa a danno del personaggio negativo, ordita dal servus, lo schiavo fidato, alleato naturale del giovan padrone del quale cerca di favorire gli amori. La figura del servo, già tipica della commedia nuova, assume in Plauto un rilievo eccezionale, egli è l’intelligenza che muove la vicenda e ne dirige gli sviluppi, controllando, influenzando e commentando in scena con ironia e lucidità il succedersi degli avvenimenti. Il trionfo finale dello schiavo rispecchia del resto, il pensiero del poeta che identificandosi con il personaggio assegna all’intelligenza beffatrice e all’ ironia la vittoria sulla grettezza d’animo e sui vizi. La sapiente vena caricaturale del drammaturgo latino trova conferma nella rappresentazione degli altri tipi della commedia greca: basti ricordare qui il protagonista de Il soldato fanfarone, esempio di militare smargiasso e vanaglorioso, oppure la felice caratterizzazione del vecchio avaro nell’ Aulularia, o ancora il cinico e spietato Ienone dello Pseudolo, una delle figure più complesse e corpose del teatro Plautino. Una collocazione particolare merita Anfitrione, fortunata commedia incentrata sulla parodia mitologica in cui al tema della beffa giocata da Giove al generale Anfitrione, del quale il dio ha assunto le sembianze per poterne sedurre la fedele moglie Alcmena, si aggiunge la girandola degli equivoci ingenerati dalla perfetta somiglianza di due persone, in un esilarante meccanismo comico che troverà un’latra celebre espressione ne I due gemelli. I romani stessi riconoscevano la grande originalità di Plauto soprattutto nella padronanza del dialogo e del metro, Plauto sa attingere a ogni livello del patrimonio latino, alternando lazzi popolari, motti proverbiali con espressioni colte di origine greca. La varietà di metri costituisce un aspetto fondamentale della grandezza artistica di Plauto. Le parti cantate divengono elemento essenziale della sua commedia, infatti i cantica occupano i due terzi dell’estensione del testo e sono determinati per sottolineare situazioni, gradazioni psicologiche e per articolare la successione degli eventi che si sviluppano sotto forma di monodie. Valente drammaturgo fu anche Cecilio Stazio (230/220 – 168 a.C.), delle sue commedie tutte palliatae nessuna e giunta completa a noi. Bisogna escludere Cecilio da novero degli autori latini che utilizzavano la contaminatio, Terenzio ci fa pensare che egli svolgesse piuttosto l’operazione del vertere con le intenzioni rispettose si un traduttore, intento a mantenere nella sua opera i caratteri del testo originale. Dopo un inizio difficoltoso , la produzione drammatica di Cecilio riuscì a conquistare il favore del pubblico romano. Minore favore incontrò presso i contemporanei l’opera di Terenzio(nasce probabilmente nel nord’africa185/184 – muore nel corso di un viaggio in Grecia 159 a.C.), ultimo grande autore della commedia palliata, il suo nome fu legato a quello che degli storici moderni definiscono il Circolo degli Scipioni. La frequentazione con il colto circolo intellettuale segnò in maniera decisiva la formazione umana e intellettuale di Terenzio che cominciò a comporre commedie sotto l’influenza del cenacolo letterario, tanto da essere scambiato dai critici con un semplice prestanome dei suoi nobili protettori. nel 166 a.C. esordio teatrale avvenne con L’Andria (la ragazza di Andro) nel 165 a.C. Hecyra (la suocera) nel 163 a.C. Heautontimorumenos(il punitore di se stesso) nel 161 a.C. Eunuco e Formine nel 160 a.C. l’ultima commedia terenziana pervenutaci Adelphoe(i fratelli) Al loro apparire le opere furono vivamente contestate da pubblico e critica: gli spettatori romani abituati a considerare la commedia un genere di intrattenimento popolare, rimanevano disorientati di fronte a testi che richiedano sforzi di meditazione e dibattevano problematiche culturali legate agli originali menandrei. Come i suoi processori Terenzio trae i soggetti dalle sue commedie dal teatro comico greco ma a differenza di Plauto, accentra il proprio interesse sulle tipologie umane che sono messe in gioco dall’intreccio della commedia, più che all’individuo si rivolge ai tipi del giovane innamorato, del vecchio, della suocera, della cortigiana che vengono studiati nelle loro reazioni e nei mutamenti psicologici, anche a costo di una diminuzione della comicità nella situazione e nel personaggio stesso. È presente anche l’impiego della contaminatio che induce Terenzio a introdurre elementi originali nella trama, interpolando scene e personaggi appartenenti a commedie diverse, ma accomunati dal medesimo spirito. Caratteristica della drammaturgia terenziana è la presenza di coppie di personaggi simili che nel confronto con circostanze analoghe, più nitidamente rappresentano le diverse inclinazioni dello spirito umano. Il contrasto tra anziani e giovani è tratteggiato con finezza e penetrazione in commedie con la Fanciulla di Andro, il punitore di se stesso e i fratelli che affrontano direttamente il problema dell’educazione. I diverbi tra padri e figli che in plauto erano fonte di pura comicità, si trasformano in Terenzio nello strumento per meditare seriamente sui problemi della convivenza familiare sociale. Scarso sviluppo hanno nella sua commedia i cantica, la cui esuberanza musicale costituiva una delle maggiori glorie di Plauto, mentre grande spazio è riservato al dialogo semplice e sciolto che conferisce maggiore verosimiglianza. La principale innovazione tecnica rispetto alla tradizione palatina consiste nell’abolizione del prologo informativo, la cui funzione era di rendere edotto il pubblico intorno all’antefatto dell’azione e al suo probabile svolgimento. I prologhi terenziani assumono invece un carattere letterario e polemico in essi il drammaturgo difende la propria arte dalle critiche degli avversari su questioni di poetica, chiarisce il rapporto con i modelli utilizzati, definisce il suo ideale di teatro, contrapponendo una commedia stataria che fondi l’azione drammatica sul dialogo a una commedia motoria incentrata su una vicenda movimentata, ricca di colpi di scena. La comicità proposta da Terenzio risulta moderata e pensosa, ami indulgente agli elementi farseschi, piuttosto finalizzata ad approfondire ogni situazione sotto il profilo morale. Una parziale eccezione alla poetica seria e pedagogica di Terenzio è costituita da Eunuco e Formine che si presentano con caratteristiche decisamente comiche, non è un caso che Eunuco sia stata il maggior successo di pubblico conseguito in vita dal poeta.Il Teatro di Terenzio conobbe una straordinaria fortuna postuma che lo condusse a divenire nel Rinascimento il modello principale della moderna commedia regolare. Già nel corso del II secolo a.C. il genere della palliata si avviò a decadenza, le ragioni della continua perdita di favore: -logorante ripetitività degli intrecci -evoluzione culturale della società romana che vide i maggiori autori allontanarsi dal teatri considerato ambito rozzo e popolare La palliata cominciò a essere percepita come un genere arcaico: lo stile platino era ormai lontano dal altino contemporaneo e la stessa metrica dei cantica risultava sempre meno comprensibile perché legata a un sistema prosodico ritenuto anarchico e irregolare. 3.2 La commedia togata Un tentativo di rinnovamento del teatro comico latino fu costituito dalla commedia togata. Un tipo di commedia di ambiente romano o italico era già apparso nella produzione drammatica di Nevio, che aveva portato in scena vicende allusive alla realtà politico-sociale romana, ma solo alla fine del II secolo la fabula togata entrò a pieno titolo nella letteratura drammatica latina, come genere modellato sulla palliata, di cui riprendeva la tecnica strutturale e stilistica, pur ambientando le proprie trame e trovando i propri caratteri nella vita italica, nella commedia togata non era possibile presentare sulla stessa scena schiavi più abili e intelligenti dei padroni. L’autore ritenuto pioniere del genere è Titinio, di lui possediamo solo i titoli di 15 commedie da cui possiamo evincere lo spirito e la natura degli argomenti trattati. Il più imposrtante autore di togatae è Lucio Afranio, la cui opera era lodata dagli antichi per l’eleganza dello stile e giudicata da Orazio degna di competere con quella di Menandro. I 44 titoli di opere pervenuteci spaziano in tutti i campi della vita sociale e familiare italica e romana. Ultimo rappresentante della togata fu Tito Quinzio Atta morto nel 77 a.C. le cui opere restano solo una dozzina di titoli fa i quali Le terme, la nuora e la partenza del coscritto. 3.3 La Tragedia La tragedia latina si connota come genere derivato dai modelli greci, nonostante sia andata perduta la pressoché totalità della produzione tragica di epoca repubblicana , la scomparsa dei testi tragici non deve indurre a ritenere che nell’ambito del teatro drammatico romano la tragedia rivestisse un ruolo di scarso interesse per il pubblico, in realtà abbiamo notizia di rappresentazioni tragiche almeno fino alla fine del I secolo a.c. e sappiamo che gli spettatori conoscevano le trame e i personaggi delle opere più famose fino al punto di arrivare a saperne ripetere le battute. Attraverso il filtro della cultura ellenistica la tradizione drammatica greca arriva a Roma soprattutto attraverso i drammi di Euripide, cui vanno nel III secolo a.C. le presenze del pubblico, mentre la retorica e la filologia alessandrina inducono i latini ad accostare contenuti e forme della poesia tragica a quelle dell’epica. Ciò spiega il fenomeno per cui i primi tragediografi latini Livio Andronico, Nevio ed Ennio sono contemporaneamente grandi poeti epici e giustifica i caratteri della nascente tragedia latina: la spiccata preferenza per i temi che abbiano connessione con la distruzione di Troia, alla quale la leggenda faceva risalire attraverso Enea l’origine del popolo romano e la scelta di uno stile elevato. Caratteristica del gusto romano è l’accentuazione delle situazioni patetiche, il pubblico apprezzava molto le descrizioni agghiaccianti, le azioni violente, gli effetti melodrammatici. Rimangono sostanzialmente fedeli alla struttura del dramma greco, i frammenti giunti a noi suggeriscono l’impressione di una certa libertà (riguardo alla modalità di imitazione degli originali greci), mentre il senso generale pare sempre rispettato. Si assiste alla nascita di un dramma nazionale la fabula praetexta, agli argomenti della mitologi greca si sostituiscono gli eroi della storia contemporanea o della leggenda di Roma: iniziatore del genere è considerato Nevio, autore del dramma Clastidium. Tra il filone celebrativo delle gesta di generali romani contemporanei e gli episodi della storia nazionale remota e leggendaria la praetexta continua a scegliere i suoi argomenti anche dopo Nevio. I due tragediografi più importanti del II secolo furono Pacuvio e Accio che composero rispettivamente un Paulus e un Brutus. La praetexta dovette essere una forma drammatica di diffusione limitata e difficile composizione, limitata per la consuetudine di evitare nomi e riferimenti diretti a personaggi importanti ancora in vita. Marco Pacuvio, figlio di una sorella di Ennio fu il primo autore latino a dedicarsi esclusivamente alla produzione tragica, di lui ci restano 12 titoli di cothurnatae che attestano come egli scegliesse i suoi argomenti nel consueto repertorio tragico greco prediligendo miti e leggende semisconosciutied elaborando i modelli contaminadoli con loro per ottenere intrecci in cui a torbide passionisti unissero vicende patetiche e romanzesche. Il più celebre e prolifico tragediografo latino fu Lucio Accio, di lui ci sono pervenuti oltre 40 titoli. Tutti i grandi cicli leggendari furono toccati da Accio, che pare elaborarli con grande libertà per infondere un paths solenne e un colorito drammatico vigoroso.Si accompagna uno stile magniloquente, ricco di costruzioni artificiose, audaci neologismi, giochi di parole e di fastosità espressiva che lo fecero giudicare il tragediografo più innovatore. La strada percorsa da Pacuvio e Accio segnò il destino del genere, la tragedia divenne raffinata occupazione privata di patrizi colti, spesso famosi uomini politici che scrivevano senza pensare alla rappresentazione e al contesto teatrale. Nei primi decenni dell’impero il componimento tragico divenne esercitazione declamatoria riservata alla recitatio ossia a privata lettura di brani drammatici a opera dell’autore di fronte a un pubblico. In tale contesto si situa l’opera teatrale di Lucio Anneo Seneca (4 a.C. – 65 d.C.) unico autore latino di tragedie giunte in forma non frammentaria fino a noi. (Ercole furioso, Le troiane, Medea, Fedra, Edipo…). Tutte le tragedie hanno un corrispettivo modello greco in gran parte euripideo, nei confronti del quale Seneca mostra sempre di mantenere atteggiamento analogo a quello dei precedenti autori : ossia larga autonomia, interventi di contaminazione e ristrutturazione dell’impianto drammatico. Le vicende narrate si configurano come conflitti fra forze contrastanti nell’animo umano, come opposizioni nette tra ragione e passione, scene costruite su toni raccapriccianti e quasi disumani, uno stile solenne e ampolloso tendente al cumulo espressivo e all’enfasi declamatoria. Sembra che le opere di Seneca fossero destinate esclusivamente alla lettura ma sembra comunque improprio escludere un ipotesi di rappresentazione per talune di esse. Le tragedie di Seneca ebbero comunque una straordinaria fortuna postuma che nel rinascimento ne fece uno dei maggiori modelli tragici classici. 3.4 L’atellana Impostasi nel repertorio latino in forma di exodium,acquista vigore e assurge a dignità letteraria alla fine del II secolo a.C. . Nel momento storico che vede l’esaurirsi delle vecchie forme drammatiche del teatro comico, l’antica farsa di origine osca, in gran parte improvvisata, torna ad attirare l’interesse del pubblico romano per il suo carattere popolaresco e spontaneo. I più celebri autori di atellanae furono Lucio Pomponio e Novio, dai titoli delle loro commedie e dai pochi frammenti pervenutici emerga la varietà dei soggetti trattati, attinti dal patrimonio tradizionale della commedia latina. La scarsità delle testimonianze letterarie dopo la metà del I secolo induce a pensare che l’atellana tornasse a una forma semimprovvisata è certo che come genere di intrattenimento essa avesse ancora grande popolarità durante la prima età imperiale, mantenendo sempre il suo carattere rustico e italico. 3.5 Il mimo Domina le scene romane del I secolo a.C. il mimo, monopolizzando i consensi del pubblico più di qualsiasi altra forma di spettacolo teatrale. Il mimo si era inserito per gradi nei ludi romani e nelle altre manifestazioni ufficiali con funzione di intremezzo o di exodium sostitutivo dell’atellana. Nel I secolo il genere, divenuto ormai assai popolare moderandosi nei contenuti e nella forma rispetto alla primitiva licenza, arrichendosi di motti arguti e massime morali, assurse a dignità letteraria grazie all’opera di Decimo Laberio e Publilio Siro. Di Decimo Laberio sappiamo che alcuni suoi mimi si rifacevano atrame simili a quelle della palliata, mentre altri si richiamavanoa esempi greci del genere; tutti erano caratterizzati da un intonazione sboccata e farsesca. La popolarità di Laberio fu minata da Publilio Siro uno schiavo affarncato proveniente dalla Siria che divenne assai popolare in Roma nella seconda metà del I secolo come istrione e drammaturgo. Dalla sua attività di mimografo e improvvisatore non possediamo che due titoli Il Brontolone e I potatori. Con Publilio Siro si esaurisce la tradizione mimografica romana mentre il genere smarrisce per gradi i suoi caratteri originari, ritornando farsa improvvisata da palcoscenico e confondendosi in parte con la pantomima. Capitolo 3. Il teatro europeo tra Medioevo e Età Umanistica IL LUOGO SCENICO ►I luoghi dello spettacolo medievale Il crollo dell’impero romano d’occidente e la fine del mondo antico provocarono la decadenza e, in seguito, la scomparsa della ricca e variata tradizione spettacolistica del mondo romano. A accelerare il processo di estinzione furono le invasioni barbariche, l’instabilità politica dei nuovi regni, ma soprattutto l’avversione della chiesa cristiana nei confronti degli spettacoli, considerati occasione di perdizione e espressione di idolatria. Gli spettacoli del circo comunque continuarono episodicamente anche nel V e VI secolo. I padri della chiesa contro tutte le forme teatrali pagane condussero nel VII secolo all’abbandono e alla rovina di tutti gli edifici antichi e ben presto alla rimozione dell’idea stessa di teatro. Per secoli l’Europa non conoscerà un edificio destinato in modo permanente alle rappresentazioni. Le forme teatrali medievali erano costrette a esprimersi nel contesto di altri luoghi, provvisoriamente adattati per l’occasione. Ciò deriva da una concezione discontinua dello spazio scenico. Si cominciarono ad occupare la chiesa , gli spazi adiacenti e, più tardi, le vie della città. La basilica cristiana ospita le prime forme di spettacolo originali all’interno della liturgia: dentro la chiesa si verificheranno le prime adunanze di pubblico, dapprima incapace di distinguere lo spettacolo dalla cerimonia ecclesiale, in seguito per assistere a eventi <teatrali> che traggono i loro soggetti dalle verità della fede. Lo spazio architettonico del luogo fu organizzato per lo spettacolo sfruttando la valenza simbolica: l’altare, che rappresentava il sepolcro di Gesù, era il luogo di esecuzione dei drammi liturgici. Nel caso l’altare era provvisto di ciborio si potevano creare efficaci effetti teatrali, che svelavano una sacra visione, usati in occasione della messa in scena di drammi liturgici natalizi. La cripta era immagine della grotta mistica, poteva rappresentare il luogo della natività o della resurrezione. La facciata della chiesa era usata come trasposizione del paradiso, o dell’inferno o del limbo, e per le celebrazioni del giudizio universale. Ogni parte della chiesa era coinvolta nella rappresentazione degli uffici drammatici. Grazie alle valenze simboliche attribuite ai diversi elementi architettonici, non si riteneva necessario alcun complemento scenico. Lo sviluppo del dramma liturgico e la diffusione dell’architettura romanica, caratterizzata da una concezione dello spazio più complessa, indussero l’introduzione di elementi figurativi che consentissero di meglio individuare scenicamente il luogo dell’azione. Si trattò di semplici oggetti: una cattedra, una sedia… In seguito, fin dall’XI secolo, i luoghi scenici furono individuati mediante basse piattaforme o palchetti, in cui i diversi personaggi stazionavano durante lo svolgimento della scena per poi spostarsi. Gli spettatori trovavano posto negli spazi lasciati liberi tra una stazione e l’altra. L’evoluzione delle strutture sceniche, che da piccole e rudimentali piattaforme divengono elaborate costruzioni dotate di elementi scenografici e scenotecnica, rende lo spazio della chiesa limitato. La rappresentazione di drammi sacri si trasferisce all’aperto, occupando il sagrato e la piazza principale. La conquista dello spazio scenico all’aperto coincide, a partire dal XII secolo, con la comparsa del dramma sacro in volgare che il pubblico può perciò comprendere. L’aspetto scenografico e gli effetti speciali divengono più determinanti: il sagrato viene abbandonato a favore della piazza del mercato, centro della città medievale. Di forma rettangolare, chiusa da edifici, collegata al tessuto viario attraverso stretti vicoli, che consentono agli allestitori di disciplinare l’ingresso del pubblico, in una prima fase in piedi, poi, con l’allungamento degli spettacoli estesi in più giornate, seduto su panche e gradinate. Lo spazio riservato agli spettatori era minimo in rapporto a quello occupato dai palchi della scena multipla. Gli organizzatori poi non sembravano preoccupati di curare la disposizione scenica e i movimenti degli attori in funzione della visibilità da parte del pubblico, che viene chiamato a partecipare, mescolandosi agli attori, e non solo ad assistere. Nel Quattrocento e in gran parte del Cinquecento molte piazze europee rimangono il principale luogo teatrale cittadino, in cui vengono rappresentati tutti i generi religiosi in lingua volgare, dai misteri e dalle passioni francesi, ai miracoli e alle moralità inglesi e, in Italia le laude drammatiche e le sacre rappresentazioni. Talvolta l’intera città si trasformava in luogo teatrale e lo spettacolo si sviluppava lungo le strade, con tappe nei luoghi più significativi. Il fenomeno si diffuse in Inghilterra, dove la rappresentazione si faceva itinerante, avvalendosi di appositi carri, i pageants; a Milano, nel caso della Festa dei re Magi nel 1336, la messinscena si snodava per il centro cittadino si trasformò in una festa popolare. Nel XV e XVI secolo, grazie agli influssi della cultura umanistica interessata allo studio del teatro antico, rappresentazioni sacre furono allestite seguendo lo schema di disposizione circolare dei luoghi deputati entro gli antichi anfiteatri romani sopravissuti in Francia e Italia: spazi circolari all’aperto destinati allo spettacolo furono realizzati in legno in diverse città di area francese. Più celebre il Mistero di San Lazzaro nel 1516, fu eretto un anfiteatro provvisorio in legno, provvisto di palchetti, gradinate e dotato persino di teli di lino destinati a riparare dalla pioggia. ►Gli spazi scenici Carattere dello spazio teatrale medievale è la presenza di una scena multipla, frazionata in diversi luoghi, che convenzionalmente rappresentano ciascuno un momento determinato del dramma. Tutti i luoghi dell’azione sono presenti contemporaneamente per essere utilizzati uno dopo l’altro o, talvolta, anche simultaneamente, considerati entità indipendenti. L’allargamento del repertorio dei drammi liturgici, necessitanti di allestimenti scenici sempre più complessi, impose l’introduzione di piccoli palchi o piattaforme sopraelevate, sovrastate da rudimentali edicole aperte sui lati e munite di tendine. Tali approssimative costruzioni lignee, destinate a designare, con semplici elementi, luoghi precisi della rappresentazione, rendendoli immediatamente riconoscibili. Il rapporto di individuazione era di tipo simbolico: due o tre arbusti indicavano il paradiso terrestre, una sedia la casa di Maria. Talvolta la ricostruzione del luogo scenico si faceva più elaborata e spettacolare: nel caso del castello di Emmaus, c’era una pedana coronata da un ciborio e dotata di tavolo e sedie. Le parti fisse della scena medievale assumono diverse denominazioni nelle didascalie dei drammi sacri: in area italiana troviamo loci deputati o luoghi deputati (destinati a rappresentare convenzionalmente una precisa località), si alternano anche sedes o regiones. Si diffonde il termine tecnico francese mansions, in ambito anglosassone houses. Un limitato numero di luoghi drammatici era sempre presente sulla scena e, qualunque fosse la vicenda rappresentata, costituivano lo sfondo dell’azione: il paradiso e l’inferno, il palazzo. Erano questi gli apparati scenici progettati con maggior cura e dotati di una decorazione ricca e sfarzosa. Il paradiso costruito in un luogo sopraelevato, prevedendo sufficiente spazio per il trono divino e le gerarchie angeliche. Oppure la chiesa nella sua globalità poteva rappresentare il regno dei cieli, in contrapposizione con il mondo, organizzato sul sagrato. Analogamente l’inferno, dalla rappresentazione di esso si doveva trarre ammonimento riguardo alle punizioni eterne. Collocati a metà tra paradiso e inferno si trovava il palazzo, a simboleggiare il potere terreno, in equilibrio tra bene e male. La sua rappresentazione era varia, da una semplice predella con un trono, a un palco sormontato da un baldacchino retto da colonne, sufficientemente largo per ospitare il sovrano e un corteggio di dignitari. Da quando lo spettacolo religioso si trasferisce nelle piazze si assiste a scelte consapevoli e originali nella dislocazione dei palchi che in seguito si assestano come tipiche di determinate aree europee. Una prima forma di messinscena riproduce nella piazza la disposizione longitudinale della chiesa: è il caso del Mistero tedesco di Villingen, del 1646. I luoghi drammatici, posti ciascuno su un piccolo palcoscenico indipendente, si susseguono secondo un itinerario processuale. A restituire il senso dell’antechiesa, del coro e del presbiterio, si pongono tre porte a segnare le tappe fondamentali. L’allestimento dei luoghi drammatici è abbastanza semplice, in alcuni casi si avvale di un unico elemento simbolico. Durante l’azione gli attori agivano sul piccolo palco della mansion e nell’area immediatamente circostante, detta platea, intesa come spazio integrante della mansion e come luogo riservato al passaggio degli attori verso la successiva tappa del dramma. Con l’aumento di durata e complessità delle rappresentazioni, si afferma una nuova tecnica di messinscena, porre i vari apparati scenici l’uno accanto all’altro su un piccolo palcoscenico, che si estende in larghezza, come in una grande composita scena fissa. I luoghi deputati, tutti presenti sul palco, possono disporsi a semicerchio oppure allinearsi orizzontalmente uno di seguito all’altro come avvenne a Valenciennes nel 1547. I luoghi drammatici sono posti frontalmente rispetto al pubblico, distribuiti tra paradiso e inferno, collocati alle due estremità. La semplice capanna, inizialmente costruita di tela o legno, cede il posto a raffinate edicole. La distribuzione dei luoghi deputati secondo una linea circolare è caratteristica dei paesi anglosassoni, del genere allegorico della moralità: i palchi singoli erano posti tutt’intorno all’area circolare scelta per la rappresentazione, entro la quale confluiva il pubblico, un esempio è il disegno de Il castello di Perseveranza , secolo XV. In Inghilterra, alle rappresentazioni sacre con struttura scenica fissa era preferito lo spettacolo itinerante, realizzato per mezzo di carri, detti pageants, sui quali erano costruiti capanni o edicole per ospitare i differenti luoghi deputati, la parte sottostante il piano del carro, coperta da tende, era utilizzata come spogliatoio e comunicava con la parte superiore attraverso una botola. Questi carri erano condotti in processione attraverso la città e sostavano in punti determinati per consentire la rappresentazione di scene sacre. Gli apparati dei pageants erano talvolta sontuosi. Diffusi abitualmente anche nei Paesi Bassi e in Spagna. Anche lo spettacolo teatrale profano, diffuso lungo tutto l’arco del Medioevo, poteva contare su un apparato scenico, anche se rudimentale: si trattava di una pedana sul fondo della quale era posta una tenda dotata di aperture, che poteva girare su tre lati, formando una stanza aperta solo dalla parte del pubblico. Se ne servivano i giullari o le compagnie di saltimbanchi, che la montavano nelle piazze delle città, mentre cantastorie e artisti più poveri non disponevano di alcun apparato scenico e si accontentavano di dare spettacolo sulla terra nuda. ►Verso la scena dipinta e il teatro di corte In tutta Europa si sviluppano e si raffinano le tecniche di organizzazione scenica dello spettacolo religioso, in Italia si assiste anche all’elaborazione di diverse forme di spettacolo profano, con l’uso di spazi alternativi e elaborando apparati scenici diversi. Un primo filone di spettacolo profano è quello della commedia umanistica, ricalcata sul modello classico latino e fiorita nelle scuole e nelle università fin dal secolo XIV: le rappresentazioni si svolgono in occasione delle ricorrenze accademiche, utilizzando aule o cortili, attori dilettanti e elementi scenografici ridottissimi o inesistenti. Più interessante è l’esperienza nelle corti italiane nella seconda metà del Quattrocento: i signori organizzano spesso feste e manifestazioni spettacolari, finalizzate a mostrare la grandezza e lo splendore della corte. Una delle modalità è costituita dalle forme itineranti di entrate e trionfi che utilizzano il tessuto viario cittadino trasformandolo in apparato scenografico effimero per il corteo che fa mostra di se. Più ricco è lo spettacolo privatamente organizzato all’interno del palazzo signorile, come completamento di una festa o di un banchetto: le corti italiane ospitano le prime rappresentazioni in latino di testi terenziani e plautini , che affrontano nuovi problemi di organizzazione dello spazio. Lo spettacolo è posto dentro una grande sala rettangolare, l’azione scenica è collocata su uno dei lati corti e lo spazio rimanente è lasciato agli spettatori. Gli apparati scenici riprendono lo schema strutturale del teatro medievale. Un esempio è la messinscena de I due gemelli di Plauto, nel 1486 a Ferrara: lo spazio scenografico impiegato si ispira ancora alla tradizione medievale, con case praticabili costruite in legno come le mansions e concepite come unità spaziali distinte. I diversi modelli di spettacolo elaborati nell’Italia del XV secolo non costituiscono vera innovazione rispetto alla prassi medievale per quanto attiene all’uso dello spazio scenico, bensì variazioni di una civiltà teatrale in evoluzione, nella quale già si dibatte del recupero degli schemi rappresentativi del teatro greco e romano. LO SPETTACOLO ♠ Forme di spettacolo nell’alto Medioevo Alla fine del II secolo d.C. Tertulliano afferma l’incompatibilità tra la fede cristiana e lo spettacolo, prodotto della mentalità pagana e luogo di idolatria. I padri della chiesa mirano a colpire soprattutto la figura dell’attore-istrione che dà spettacolo con il proprio corpo, esibendosi in finzioni che possono suscitare nel pubblico turbamenti e passioni reali, la cui intensità può prevalere sulla ragione. La condanna morale e sociale dell’attore trova origine già in alcuni autori della classicità romana, tra cui Seneca, Marziale e Cicerone, che lamentavano la decadenza del teatro letterario a favore di una volgare spettacolarità. Bersaglio principale della condanna degli scrittori cristiani è la matrice visiva che lega il teatro alle altre forme spettacolari. L’accusa di attrazione ammaliante e peccaminosa, unita a quella di idolatria, per i riferimenti alle divinità pagane contenuti nei testi classici, e a quella di oscenità, ne segnano, a partire dal IV secolo, l’inevitabile crollo esteso ad ogni manifestazione spettacolare risalente all’età antica. La numerosa compagine di scenici (artisti impiegati in forme diverse di spettacolo) si trovò esclusa da ogni circuito si esibizione cittadina. Sopravvisse soltanto un numero assai esiguo di artisti ambulanti, definiti mimi, come intrattenitori attivi sia in occasione di feste pubbliche, sia nelle ricorrenze particolari e private dei banchetti o delle nozze. Tali forme di teatralità non scomparvero mai completamento e per parte dell’alto Medioevo costituirono l’unica sopravvivenza del teatro profano in gran parte dell’Europa. Gli artisti girovaghi riuscirono nella pratica a trovare sufficienti sedi di esibizioni, insinuandosi persino negli ambienti religiosi, tutelati dall’ambiguità che regolò per buona parte del Medioevo gli atteggiamenti della chiesa, tanto rigida nella censura teorica, quanto flessibile nella prassi. Si definivano con i nomi latini mimus e histrio, compaiono dal VIII secolo i termini joculator e jocularis, e dal XI secolo le derivazioni di giullare, joglar, jogler, juglar. Gli spettacoli di tali artisti sono contraddistinti dalla versatilità degli interpreti nelle loro prestazioni, mimica e gestualità sono accompagnate da musica e danza, coniugando il talento della recitazione verbale con le doti mimiche, imitando fenomeni della natura con esercizi acrobatici e con il suono di alcuni strumenti musicali. In epoca barbarica la teatralità si limita alle corse dei carri, alla simulazione di combattimenti e all’attività dei mimi girovaghi. Nessuna delle forme di spettacolo girovago manteneva contatti diretti con il teatro antico: nel VII secolo Isidoro di Siviglia descriveva il teatro romano come una tradizione ormai da tempo tramontata e ne interpretava il meccanismo in maniera deformata. Seppure in modo distorto e parziale, la passione per il teatro antico sopravvisse in alcuni ambienti colti, legati alle corti e ai monasteri, che produssero rudimentali tentativi di riesumazione delle forme drammatiche classiche entro testi scritti con destinazione scenica. Il carattere letterario di stampo classico e il contenuto ispirato alla dottrina cristiana, la Cena Cypriani, risalente al IX secolo, fu composta come mimo conviviale. Descrive le modalità dello spettacolo che vedrà saltare, cantare, jocare, con i numerosissimi personaggi, con frequenti mutamenti d’abito e l’apporto di animali vivi e morti. L’atteggiamento della chiesa nella condanna morale colpisce nei trattati solo l’arte dell’attore, mentre l’attività drammaturgia subisce un distorto processo di assimilazione che conduce all’accettazione della forma drammatica, purché garantita dalla letterarietà derivata dalla cultura classica. Si colloca in età carolingia (IX secolo) il genere drammatico delle fabulae funeraticiae, rievocazioni funebri delle azioni più rilevanti compiute in vita da un uomo illustre. Il più illustre esempio è costituito dal Dialogo di Hathumoda, composto dal monaco Agio nell’874. il testo è un’elegia in forma di dialogo che celebra la vita della monaca, narrata dalla voce dell’autore cui risponde il coro delle suore. Per il Medioevo il teatro era un’attività diffusa e disseminata in occasione delle feste. L’introduzione di elementi pagani nella cultura cristiana è fenomeno intrinseco allo sviluppo delle cerimonie festive interne alla chiesa: i rituali pagani che prevedevano in epoca remota la licenza sfrenata in alcune occasioni dell’anno ritrovarono vita nelle celebrazioni parodistiche organizzate annualmente dai chierici con lo scopo di rovesciare la gerarchia ecclesiastica, facendo trionfare il disordine. A partire dal XII secolo tali occasioni divennero note con il nome di feste dei folli e conobbero larga diffusione in tutta Europa, e saranno all’origine dei generi comici della farsa e della sottie. C’era un intento di assimilazione culturale delle feste pagane da parte della chiesa. In sostituzione delle feste che nella Roma pagana celebravano l’inizio dell’anno solare, la chiesa cristiana permise l’istituzione di cerimonie paraliturgiche quali la festa degli Innocenti. Un’altra stagione consueta per le feste pagane era l’inizio della primavera, a Roma aveva luogo un’importante festa, detta cornomannia, che coinvolgeva gli arcipreti della città. La cornomannia svolgeva una funzione simbolica coniugando tradizione popolare di matrice pagana e dottrina cristiana, e consentiva uno sfogo all’irruenza dei giovani appartenenti al basso clero. Le gerarchie ecclesiastiche seguirono sempre con preoccupazione lo svolgimento di tali cerimonie. Nel corso dei secoli, furono emanati numerosi decretali volti ad annullare o almeno a limitare gli eccessi di tali spettacoli. Ma rimasero in auge in tutta Europa fino al XV secolo. L’intervento diretto del re di Francia Carlo VII, nel 1438, trasformando in legge dello stato i divieti ecclesiastici, segnò il tramonto delle cerimonie parodistiche altomedievali, in un’epoca in cui lo spettacolo comico e satirico aveva trovato altre vie di autonomia espressiva. ♠ I modi dello spettacolo religioso e profano nei secoli X-XV Tra il IX e il X secolo il modello liturgico latino della chiesa si aprì a innovazioni, riforme, nuove cerimonie. Comparve intorno alla metà del X secolo, nell’ordine benedettino, un breve testo in latino destinato al coro dei monaci che eseguiva prima della messa pasquale. La cerimonia, denominata Quem quaeritis dall’incipit, rappresenta la visita delle tre Marie al sepolcro e l’annunzio della resurrezione di Cristo. Si tratta di un breve testo in forma dialogica. Originariamente la cerimonia veniva eseguita dal coro a vantaggio esclusivo della comunità monacale. La presenza di pubblico è invece attestata in connessione con la comparsa di un’altra cerimonia, la Visitatio sepulchri. La componente spettacolare veniva accentuata introducendo un elemento scenografico a rappresentare il sepolcro e qualche accessorio significante, come il lenzuolo che avvolge il Cristo morto. La collocazione liturgica, tra le celebrazioni del pomeriggio o della mattina del sabato santo, le conferì un carattere di rilievo, favorendo il suo sviluppo in versioni più elaborate. Intorno alla metà dell’XI secolo appare una nuova formulazione della vicenda delle tre Marie al sepolcro, la Visitatio II, in cui intervengono anche i personaggi di Pietro e Giovanni. L’allestimento scenografico e teatrale: la costruzione di un sepolcro, i monaci si pongono come attori, il coro da ruolo di protagonista a commentatore dell’azione, nel testo è anche presente un’indicazione, con valore di didascalia, relativa alla minore celerità nella corsa dell’apostolo più anziano. Nella metà del XIII secolo compare la Visitatio III, nella quale viene assegnata una battuta a ognuna delle tre Marie e viene introdotto il personaggio di Cristo. Le intenzioni spettacolari sono denunziate dalle didascalie che indicano movimenti, espressioni mimiche, costumi. Per sollecitare l’attenzione del pubblico, si introducono brevi episodi agiti da personaggi minori, come il venditore di profumi. La presenza degli spettatori è indispensabile, il testo prevede ripetutamente che gli interpreti si rivolgano direttamente ad populum. Tra il XI e il XIII secolo, nelle chiese di tutta Europa di assiste alla fioritura del dramma sacro in latino, caratterizzato da un’azione dialogata, una messinscena e uno spartito musicale. Viene recitato nelle cattedrali in occasione delle principali festività, in situazioni disgiunte dal rito e create per lo spettacolo. I temi principali dei drammi pasquali restano quelli della resurrezione e della visita al sepolcro, che si arricchiscono di scene secondarie venendo a costituire il cosiddetto Ludus paschalis. Dramma autonomo è Peregrinus, che sceneggia il viaggio di Emmaus, con un apparato scenografico assai vistoso con un castello eretto su un palco nel centro della chiesa, e l’effetto scenico della sparizione di Gesù attraverso una botola. Si assisteva a spettacoli sacri anche nel periodo natalizio con rappresentazioni del Bambino nel presepe e la venuta dei magi, l’incontro con Erode e la strage degli innocenti. Esempio è la festa dei Re Magi a Milano nel 1336, in cui il corteo dei re attraversava la città per giungere alla chiesa di San Lorenzo dove avveniva l’incontro con Erode, poi, guidati da una stella dorata, fino al presepe nella chiesa di Sant’Eustorgio. Gli autori dei drammi sacri, forti del successo educativo, cercarono altri argomenti attingendo dalle parabole, dai miracoli dei santi e dalle leggende mariane, per sviluppi spettacolari inauditi, con effetti scenici e uso dello spazio assai ardito. Si ricorda la Festa per la presentazione della beata Maria Vergine , Avignone 1372: un breve testo corredato da ampie didascalie che si soffermano sui costumi, gli apparati scenici, le coreografie studiate in modo da offrire una buona visuale al pubblico. Il trionfo dello spettacolo d’apparato si ha con la Rappresentazione dell’Anticristo, testo di area tedesca del XII secolo, con azione dislocata in vari luoghi, scene di massa, personaggi storici e figure allegoriche, quattro battaglie e un terremoto finale. Tali spettacoli erano organizzati dal clero, che prima si avvaleva di chierici e diaconi in qualità di attori, poi cercando la collaborazione di laici a causa dello sviluppo assunto dagli apparati scenici. Per mantenere l’attenzione del pubblico si introducono nei testi latini battute in volgare. L’inserimento divenne sempre più massiccio in corrispondenza di scene agite da personaggi secondari. Le proporzioni dei testi, unita alla ricerca di effetti spettacolari resero la chiesa inadatta ad ospitare gli spettacoli che si spostare in luoghi aperti, come il sagrato e la piazza. Con la nascita di un teatro religioso in volgare le sorti delle diverse regioni d’Europa. si distaccarono. Parallelamente alla drammaturgia in volgare continuò a sopravvivere il dramma sacro in latino, che rimase concorrente delle rappresentazioni teatrali nelle lingue nazionali. Nel corso dei secoli XIII e XIV, vengono coinvolte nella preparazione dell’evento le municipalità e le corporazioni di arti e mestieri, che partecipavano nella scelta dei testi e commissionando agli autori la revisione di alcuni parti delle opere. Scelte tematiche e strutturali diverse: misteri e miracoli in Francia, autos nella penisola iberica, miracle plays e morality in Inghilterra, laude drammatiche e sacre rappresentazioni in Italia. Le corporazioni si organizzavano mesi prima dell’evento, che si teneva verso l’inizio dell’estate. Venivano assegnati ai differenti artigiani i lavori necessari alla realizzazione degli apparati scenici. La corporazione provvedeva anche alla preparazione dei copioni, rotoli di pergamena su cui erano scritte le sole battute previste per ogni parte e destinati a essere riconsegnati dopo lo spettacolo per rimanere negli archivi delle gilde a disposizione degli attori futuri. Le prove iniziavano qualche settimana prima dello spettacolo sotto la guida di un coordinatore. Gli spettacoli più importanti erano annunziati alla comunità cittadina qualche giorno prima, attraverso il bando cui seguiva una sfilata degli attori in costume per le strade della città. Il giorno della rappresentazione era occasione di collettiva riunione nella piazza e le attività lavorative venivano sospese per la festa. L’altro filone del teatro medievale era l’opera dei giullari, artisti solitari, interpreti e anche autori di ballate, canzoni, dialoghi, contrasti e farse, eredi delle tecniche istrioniche dei mimi della tarda romanità e dell’alto Medioevo. L’abitudine al nomadismo, l’invettiva mordente, l’adulazione carica di ironici sottintesi i quali intrattengono tipi disparati di pubblico passando dallo spettatore popolare a quello colto, erano le loro caratteristiche. A partire dal XI secolo, centro di attività privilegiata per i giullari divenne la corte. Attraverso le corti bandite, re e feudatari rendevano nota l’intenzione di celebrare con feste, banchetti e spettacoli, grandi eventi come nascite, matrimoni, vittorie militari, e chiamavano turbe di giullari, attirati dalle generose ricompense. La magnificenza di tali eventi è testimoniata dall’ingente numero di intrattenitori chiamati a corte: nel 1324 a Rimini, alla corte dei Malatesta accorsero oltre 1500 giullari. Intorno al XII secolo la professione giullaresca assunse connotazioni nuove: alcuni artisti si pongono al servizio stabile presso un signore. Verso la fine del Medioevo si assiste ad una progressiva specializzazione professione del giullare. Anche gli ambienti religiosi non mancano di apprezzare il fascino della grulleria: malgrado la riprovazione teorica, vescovi e prelati li accolgono per scopo di passatempo personale e per l’interpretazione di alcuni personaggi negli spettacoli religiosi. Nei secoli XIV e XV, nel teatro religioso, i testi si arricchirono di nuove tematiche: in Francia e Inghilterra si presentano drammi ciclici, che sceneggiavano tutta la storia religiosa dell’umanità dalla creazione al giudizio universale. Altro soggetto sarà la Passione di Cristo. Intere città partecipavano alle rappresentazioni. La sua fortuna perdurò in alcuni paesi per tutta la prima metà del Cinquecento, fino al periodo della riforma protestante e delle guerre di religione. ♠ Il teatro volgare italiano In ambito italiano il teatro religioso non seguì quella linea che prevedeva inserti sempre più consistenti in lingua volgare. Si distaccò dalla lingua latina grazie all’iniziativa della confraternite laiche che, nel secolo XIII, accompagnandosi nel canto delle laude con composizioni poetiche a tema religioso, di carattere ora lirico, ora drammatico. La nuova forma drammatica manifestò una natura teatrale, in grado di coinvolgere il pubblico grazie all’uso di dialoghi in volgare. Le prime laude di carattere drammatico si limitavano all’esecuzione di un dialogo tra due solisti. Incominciarono ad utilizzare per le rappresentazioni chiese o oratori, con adeguati apparati scenici e da alcuni effetti spettacolari. Al proliferare della lauda rappresentativa, si sviluppa il genere della sacra rappresentazione, affine al precedente per tematiche e modalità di messinscena, diffuso capillarmente, tanto che ogni città elabora una propria drammaturgia religiosa. Le rappresentazioni fiorentine quattrocentesche svilupparono enormemente la dimensione spettacolare e scenografica che rispecchiava i valori edonisti della borghesia cittadina dell’epoca, mente l’aspetto sacro era in realtà limitato alle linee esteriori della vicenda. Più vivace è il teatro volgare profano, affidato in Italia all’attività di buffoni, ciarlatani, e ad alcune farse rusticani, opera di autori colti come Antonio Caracciolo e Giovan Giorgio Alione. Basate sul tema della beffa al villano ingenuo, tali farse si rappresentarono grazie a compagnie di giovani accademici dilettanti oppure all’interno delle corte come intermezzi. La rappresentazione di commedie plautine e terenziane costituisce una nuova forma di teatro in volgare. ♠ Lo spettacolo umanistico tragico e comico Fenomeno italiano è lo sviluppo, nel XIV e XV secolo, di circoli umanistici che si propongono, attraverso la riscoperta della drammaturgia plautina e terenziana, il recupero delle modalità rappresentative del teatro drammatico dell’antica Roma. Le tragedie scritte in latino dai protoumanisti sono considerate opere meramente letterarie, destinate al più a una pubblica lettura, mentre le commedie, composte sulla falsariga della struttura classica con inserti di costume contemporaneo, trovano possibilità di rappresentazione all’interno degli ambienti goliardici che le hanno prodotte. Nei maggiori atenei italiani fiorisce la commedia umanistica, per la quale si organizzano allestimenti in occasione dei saggi di fine anno o del carnevale. Interpreti sono gli studenti, umanisti, studiosi e a volte mimi ambulanti. Lo spettacolo si volge nei locali della scuola o di un palazzo con poverissimi mezzi scenografici. Il centro più vivace fu l’ateneo di Pavia. Il carnevale era a Pavia un momento di sfrenata espressione della creatività drammatica dell’ambiente studentesco: la festa coinvolgeva l’intera cittadinanza in cortei, con recite improvvisate a fini parodistici nei confronti della vita universitaria. Nel XV secolo, recite di commedie plautine e terenziane furono promosse anche dalle corti. Ospitate nelle sale dei palazzi e allestite da dilettanti. Gli spettacoli erano basati su scene multiple con l’erezione di poche case praticabili. Il gusto per la decorazione e la cura nella scelta dei materiali attestano come la rappresentazione della commedia latina, presso le corti quattrocentesche, si ponesse semplicemente come uno dei tanti elementi di attrattiva in grado di accrescere la magnificenza della festa principesca. ♠ Lo spettacolo nella città Accanto alle forme del teatro religioso e alle esibizioni giullaresche, la società medievale conobbe altri modelli di teatralità che si realizzavano in occasione di pubblici festeggiamenti cittadini. Lo spettacolo divenne immagine della potenza, della ricchezza e dell’ingegno della città. Dapprima fu il signore a offrire al suo popolo l’immagine teatralizzata della propria grandezza: in Inghilterra attraverso il torneo, pubblica esibizione delle potenzialità militari del regno, si svolgeva in un grande campo con strutture sceniche elaborate e circondato da tribune e gallerie. Teatralissima era l’entrata in campo dei cavalieri: arricchita don discorsi, danze e pompe festose. La sfida si articolava secondo una drammatizzazione elaborata: i cavalieri combattevano per uno scopo drammatico, come la liberazione della fanciulla. Più importante e coinvolgente era lo spettacolo offerto dalle entrate dei sovrani nelle città, per la ricchezza del corteo degli ospiti, per il numero di apparati predisposti in loro onore. Il percorso cittadino che il corteo doveva compiere veniva costellato di archi trionfali lignei, strutture decorative, facciate architettoniche fittizia, piattaforme e palchi sui quali erano poste figure allegoriche o quadri viventi che richiamassero episodi di storia della città o ricreassero celebri scene tratte dalla letteratura sacra o di corte. Tutta la popolazione partecipava all’evento. Fra le entrate memorabili: quella di Eleonora d’Aragona in Ferrara nel 1473. Elemento caratteristico delle celebrazioni ufficiali e delle feste di corte italiane del XV secolo è la presenza dei trionfi, spettacoli allegorici di tipo itinerante, elaborati dai dotti umanisti sul modello degli antichi trionfi romani e entrati nella moda letteraria dopo la pubblicazione dei celebri Trionfi del Petrarca, nel 1374. Erano imponenti sfilate di carri, trainate da animali mascherati, sui quali trovavano posto figure allegoriche sedute in trono e circondate dal loro corteggio, ovvero personaggi storici e mitologici, immobili o liberi di mimare scene a soggetto. I trionfi quattrocenteschi erano organizzati in occasione di entrate, matrimoni, feste carnevalesche o santoriali. ♠ Scenografia, scenotecnica e costumistica In un teatro nato entro la struttura della chiesa, arredi e costumi furono inizialmente forniti dalle sacrestie: i cantori che interpretavano le tre donne al sepolcro indossavano la dalmatica, mentre l’angelo era individuato con una sola stola bianca. Oggetti scenici come il turibolo, il lenzuolo, la croce, il bastone, i rotoli di pergamena erano proprietà della chiesa. Quasi inesistente era la scenografia per drammi che utilizzavano come luoghi scenici le parti della chiesa, dove venivano allestiti pochi elementi allusivi. Il modesto apparato spettacolare era compensato dalla componente coreografica, che permetteva di far attraversare la navata a tutto il coro oppure di far muovere i soli personaggi delle donne. La presenza di un pubblico profano suggerì l’idea di creare effetti propriamente teatrali al fine di suscitare meraviglia. Uno dei primi effetti realizzati fu l’apparizione e il volo dell’angelo. Interpretati da giovinetti, gli angeli apparivano tra nuvole di stoffa appesi con un sistema di corde alle volte della chiesa, sostenuti da ingegnosi sistemi di carrucole. Altro attrezzo scenico era la stella cometa. Il trionfo dei macchinisti e degli effetti scenici si ebbe con il trasferimento delle rappresentazioni all’aperto: disponevano di mansions più ampie entro le quali era possibile celare i meccanismi necessari per alcuni emozionanti effetti teatrali. Per la realizzazione di paradiso e infermo era necessario il ricorso ad ardite costruzioni e l’impiego di numerosi macchinismi. Il paradiso era collocato in un luogo eminente, raffigurato come sede di delizie, con profusione di tende e cortine in tessuti preziosi, fra le quali compariva il trono di Dio, circondato dalla gerarchie angeliche. Alle spalle del suo trono si poteva trovare il sole, circondato dai pianeti in rotazione con luna e stelle. talvolta il paradiso comprendeva anche la rappresentazione dell’Eden con alberi da frutto e profusione di foglie e fiori. Celebre macchinismo del paradiso è quella di Filippo Brunelleschi, dotato di un sofisticato sistema di ingegni (come i macchinisti erano definiti in area italiana). Fuori d’Italia, l’inferno divenne uno degli elementi scenografici fondamentali delle grandi rappresentazioni urbane: raffigurato come una grande bocca spalancato che inghiotte i dannati, necessitava di macchine in grado di emettere fiamme, fumo e scoppi e diffondere nell’aria odore di zolfo. Anche l’elemento costumistico si era andato raffinando: gli attori indossavano abiti con connotazioni aderenti al personaggio che interpretavano e al suo stato d’animo, così i colori acquistavano funzione simbolica. Generalmente simili agli abiti di uso quotidiano, i costumi potevano adeguarsi in casi speciali ai caratteri delle scene da interpretare: diffuso era il costume color carne per far sembrare denudato Gesù, vesti e maschere animalesche per i diavoli, per i Magi abiti fastosi di carattere orientaleggiante. Un uso raffinato degli ingegni per gli spettacoli profani compare in Italia nella seconda metà del Quattrocento, in relazione con l’organizzazione delle feste pubbliche e delle rappresentazioni allegorico-mitologiche promosse dalle corti. Esempio: Il paradiso, Milano 1490, presso la corte di Ludovico il Moro, il paradiso fu ideato da Leonardo da Vinci. ♠ Gli attori I primi interpreti degli uffici drammatici nati nei monasteri benedettini furono alcuni membri del coro dei monaci, che rivestivano così una funzione rituale simbolica. Monaci di sesso maschile interpretavano anche le parti femminili delle Marie e i costumi erano costituiti da parametri liturgici, senza alcuna preoccupazione realistica. Con lo sviluppo dell’ufficio in dramma liturgico, anche il ruolo dell’interprete venne a definirsi in senso più teatrale, necessitando di una preparazione e di un corredo di costumi e accessori, ma rimase competenza del personale ecclesiastico, dal clero superiore fino ai chierici e ai semplici pueri, allievi delle scuole cattedrali. Allorché le rappresentazioni liturgiche si diffusero anche nei monasteri femminili erano le monache a dare vita allo spettacolo. Sia per l’introduzione di parti in lingua volgare, sia per l’estensione dei drammi che richiedessero parecchi attori e comparse, le gerarchie ecclesiastiche si rivolsero ad interpreti laici. Importanza era assegnata alla chiarezza della dizione, alla scelta dei toni della voce e alla componente gestuale, destinata a rendere più espressive le parole. Dal XIII secolo, c’era la presenza di ecclesiastico coordinatore della messinscena, in grado di sovrintendere all’intera macchina dello spettacolo, caricandola dei significati desiderati. Per i testi che presentavano passi narrativi di qualità poetica assai elaborata, c’era l’esistenza di un maestro di cerimonie o di un dicitore che, alternasse la lettura alle scene interpretate dagli attori. Con il passaggio dello spettacolo nelle mani delle corporazioni cittadine, anche gli attori si trovarono a dipendere da loro: dapprima reclutati occasionalmente, in seguito essi si riunirono in confraternite che si dotavano di un repertorio, di un magazzino di costumi e arredi scenici. In Italia le prime confraternite si costituirono per l’esecuzione della laude drammatiche: nate come associazioni devozionali e trasformatesi per in gradi in compagnie responsabili dell’allestimento teatrale, esse giunsero a assumere posizioni di spicco soltanto nel XV secolo. Parallelamente alla fioritura del teatro religioso, svolgono la loro attività lungo tutto il corso del Medioevo gli attori professionisti, interpreti di spettacoli profani di arte varia, contro i quali si abbattono l’anatema della chiesa e il disprezzo della società costituita. Si tratta della stirpe dei giullari. Per lunghi secolo la loro attività rimase sotterranea. Costituiscono un coraggioso tentativo, pur votato a un sostanziale fallimento, di collocare il ruolo dell’attore profano su un piano analogo a quello dei cittadini esercenti altri arti e mestieri per ottenere un riconoscimento sociale da parte delle istituzioni che, tuttavia, ancora a lungo manterranno ai margini della compagine sociale l’attore professionista. ♠ Il pubblico Il teatro religioso medievale si rivolge all’intera comunità, fra tutte le classi sociali soprattutto le più povere, che nella rappresentazione trovano occasione di apprendimento e verifica dei contenuti della fede cristiana. Gli allestitori ecclesiastici inseriscono entro i drammi concessioni al gusto del pubblico, come gli elementi quotidiani e realistici e anche effetti spettacolari in modo da coinvolgere emotivamente gli spettatori. Il pubblico è attento e partecipe agli eventi rappresentati. Lo spazio scenico medievale non prevede per il pubblico un luogo separato dalla scena, ma mescola spettatori con attori nella spazio dello spettacolo, prevedendo numerose scene recitate dagli attori a contatto diretto e fisico con il pubblico. Lo spettacolo medievale non prevede l’esistenza di biglietti che ne regolino la fruizione o servano a riservare posti particolare, ad eccezione dei piccoli palchi destinati alle autorità o ai signori del luogo, in posizioni separate dal pubblico. I costi dello spettacolo sono interamente sostenuti dalle gerarchie ecclesiastiche e dalle corporazioni cittadine. LA DRAMMATURGIA ♦ La Cena Cypriani La teatralità altomedievale si esprime soprattutto in forme che prescindono dall’esistenza di un testo scritto premeditato, ma ci sono eccezioni in la rappresentazione scenica prende vita direttamente dalla scrittura drammaturgia che la determina in tutte le sue componenti. È il caso della Cena Cypriani: si tratta di un mimo conviviale, scritto tra il IV e il VII secolo, e non si conosce nulla dell’autore. L’opera conobbe una discreta fortuna e dalla sua versione tardoantica fu tratta una seconda redazione intorno all’855 per mano di Rabano Mauro. Nell’876, il diacono romano Giovanni Immonide elaborò una trascrizione del testo in versi quindicinali, esplicitamente componendola per una messinscena al cospetto della corte papale. Nell’XI secolo, Asselin di Reims ne stese un nuovo adattamento. In tutte le versioni restano invariati il soggetto e la struttura drammatica del testo, come il carattere irriverente e grottesco. In venticinque quadri scenici è descritto lo svolgimento di un banchetto al quale sono invitati numerosi personaggi del Vecchio e del Nuovo Testamento. La fantasia dell’autore attinge ai materiali della Scrittura, trascrivendola in chiave grottesca e parodistica. Tutte le più note figure religiose sono presentate in modo immediatamente riconoscibile, grazie all’ausilio di elementi scenografici che si riferiscono alla loro vicenda biblica: Eva è seduta su una foglia di fico, Noè sopra un’arca… Il testo è dominato dallo spirito buffonesco e dissacratorio proprio delle manifestazioni carnevalesche di ascendenza classica che mirano a ribaltare l’ordine costituito. Originale è la combinazione fra soggetto religioso cristiano e modalità strutturali pagane, cui si aggiungono elementi propri della cultura popolare. Il carattere teatrale delle azioni è descritto dettagliatamente con in una didascalia all’interno del testo. ♦ I drammi terenziani di Rosvita di Gandersheim Fenomeno singolare e isolato è la produzione drammaturgia di Rosvita, monaca di origini aristocratiche vissuta in Sassonia. La religiosa ha fatto oggetto dei suoi studi non solo gli autori cristiani, ma anche alcuni scrittori pagani del mondo classico. Rosvita prese a modello le commedie terenziane per comporre i suoi sei drammi in latino: Gallicano, Dulcizio, Callimano, Abramo, Pafnuzio, Sapienza; riproponendo la struttura classica, lo studio psicologico dei personaggi, l’eleganza e la pulitezza dello stile, costituivano letture edificanti con intento morale e catechetico per un pubblico di credenti. L’autrice non sembra prevedere nessuna possibilità di rappresentazione dei suoi lavori. L’intento di rifarsi all’illustre modello letterario era per fondare drammi incentrati sull’esaltazione delle virtù cristiane, soprattutto della castità. La derivazione classica da Terenzio si limita in Rosvita al puro fatto stilistico, che si risolve con un armonioso andamento ritmico del dettato e nell’espressione semplice e aggraziata; i soggetti sono tratti da fonti agiografiche, mentre la struttura drammatica si stacca interamente dall’esempio del teatro antico, per presentare intrecci articolati nello spazio e nel tempo, con spostamenti rapidi e continui dell’azione e salti temporali anche vistosi. La drammaturgia di Rosvita resta un tentativo di conciliazione tra la cultura pagana e quella cristiana. ♦ L’ufficio drammatico Secondo la concezione tradizionale il primo testo dell’ufficio drammatico cristiano si sarebbe sviluppato come interpolazione quasi naturale dei testi liturgici secondo l’abitudine di introdurre nei canti i tropi, ossia variazioni e ampliamenti testuali necessari per meglio modulare le vocali finali e conferire all’esecuzione una maggiore solennità. Altre tradizioni di studi collocano la nascita del Quem quaeritis in Italia, comparsa ora come tropo, ora come sviluppo delle modalità esecutive di antifone e responsori della tradizione liturgica romana. Secondo recenti ricerche, il testo sarebbe nato come base per un’autonoma cerimonia liturgica nel monastero francese di Fleury nel 930. Il Quem quaeritis si sarebbe posto come rievocazione simbolica di un emozionante momento della narrazione evangelica. Tratto innovativo dell’originaria cerimonia rispetto agli altri rituali in uso in ambito liturgico è la presenza di enunciti esortativi che legano strettamente parola e azione: la presenza di un verbo all’imperativo induce un movimento conseguente che implica un uso innovativo dello spazio ecclesiastico, certamente simbolico, ma già ora sfruttato anche in senso drammatico e propriamente teatrale. La consapevolezza dell’uso dello spazio della chiesa in funzione altra è attestata dalla più antica trascrizione testimoniata della Visitatio Sepulchri. ♦ Il dramma sacro La diffusione delle cerimonie drammatizzate nelle chiese episcopali delle città condusse al graduale arricchimento degli uffici originali e alla creazione di altre rappresentazioni basate sui testi della liturgia, sostenute dal clero per il loro ruolo didattico presso un pubblico illetterato. Fu ampliata la struttura della rappresentazione pasquale della Visitatio, introducendo due personaggi secondari. L’arricchimento di episodi drammatici trasformano l’originario ufficio drammatico in un vero e proprio dramma sacro, il Ludus paschalis. Altro momento liturgico significativo dell’anno liturgico cristiano è il Natale. Sul modello del Quem quaeritis pasquale, fin dall’XI secolo si crea il dialogo Quem quaeritis in presepe. Anche la cerimonia natalizia si evolve nell’ Officium pastorum. Compaiono anche testi incentrati su episodi dell’Antico Testamento, fra cui Daniele, l’Isacco e Rebecca; apprezzati anche i miracoli del Nuovo Testamento, come la resurrezione di Lazzaro o la conversione di San Paolo. Nei lavori seriori compare sempre più massicciamente l’abitudine di interpolare battute o piccole parti in lingua volgare nel testo latino, secondo la tecnica della farcitura. ♦ Misteri e miracoli Con il trascorrere del tempo, la presenza del volgare nei testi drammatici sacri si era fatta sempre meno episodica, specialmente nelle regioni dove il latino era sempre meno compreso e dove si comunicava in lingua moderna. La farcitura si fece evidente anche in ambito drammaturgico, producendo i primi esiti artisticamente validi in area francese, con la nascita di una fiorente produzione distinta in generi. I misteri: i testi teatrali di argomento biblico. I miracoli: opere di carattere agiografico che mettevano in scena episodi della vita di un santo o della Vergine. I testi teatrali francesi dell’epoca vengono indicati con il più generico termine di jeu, gioco. Appartiene alla tipologia del mistero è il dramma conosciuto come Jeu d’Adam, composto in dialetto anglonormanno intorno alla seconda metà del XII secolo, in testo affianca al dialogo il lingua volgare le didascalie scritte in lingua latina poiché destinate agli allestitori. Un allentamento dalla tradizione liturgica si verifica nella struttura drammatica del Jeu di Saint Nicolas, un miracolo composto dal poeta artesiano Jean Bodel, nato a Arras e vissuto fino ai primi del 1200. Le scene si susseguono secondo una tecnica di vorticoso montaggio che prevede cambi continui di ambientazione. Toni simili al dramma precedente caratterizzano la contemporanea operetta anonima in lingua piccarda, Cortese d’Arras, trasposizione della celebre parabola del figliuol prodigo in ambiente moderno, con personaggi che riflettono costumi e mentalità della borghesia francese dell’inizio del XIII secolo. Carattere fortemente lirico presenta il Miracolo di Teofilo, composto tra il 1260 e il 1270 in area francese da Rutebeuf. Il genere del miracolo mariano, inaugurato dalla storia di Teofilo trova grande diffusione all’inizio del Trecento, con i quaranta Miracoli sceneggiati di Nostra Signora , composti tra il 1339 e il 1382. Scritti in una lingua viva e ricca di espressioni colloquiali, i miracoli mariani testimoniano la religiosità del tardo Medioevo, caratterizzata dal desiderio di trovare conforto e misericordia nella devozione alla Madonna e fondata sulla convinzione che il pentimento e la penitenza valgano a lavare qualsiasi colpa. La loro messinscena coinvolgeva la città intera che nello spettacolo vedeva il proprio omaggio di comunità a Dio e ai santi: per tale ragione gli apparati scenici si fecero sempre più sontuosi e le proporzioni degli spettacoli si dilatarono fino a comprendere più giornate nei grandi misteri delle passioni del XV secolo. ♦ La lauda drammatica In area italiana il sorgere di una drammaturgia in volgare di soggetto religioso si identifica con la nascita della lauda, inno religioso in onore a Dio o alla Vergine. La creazione e la diffusione di componimenti poetici in volgare di carattere religioso si collega alla nascita della Confraternita dei Disciplinati o flagellati, la cui pratica di cantare lodi autoflaggelandosi in pubblico si estese presto in diverse regioni dell’Italia centrale e settentrionale, raccogliendo proseliti in tutte le classi sociali. Nata dapprima in forma lirica come lassa monorima,, la lauda adotta presto lo schema metrico della ballata di tradizione giullaresca, in cui si alternano la voce di un solista a quella del coro dei fedeli. Il nuovo genere ha una straordinaria diffusione che ha immediata presa sulle masse. I temi erano di ispirazione devozionale, incentrati sull’omaggio alla Vergine, il cui culto si intensifica. Il rapporto di voci costituito dalla lauda volgare stimola lo sviluppo di forme di tipo drammatico, con dialoghi più o meno articolati fra diversi personaggi: il solista divenne il protagonista, trasformandosi in attore e differenziandosi dal coro, che rappresenta in scena il gruppo di devoti. Corredata di monologhi e dialoghi, essa veniva recitata e cantata durante le cerimonie disciplinari e solo in un secondo tempo, la riunione dei fedeli fu indetta appositamente per recitare o ascoltare la lauda. L’esecuzione del componimento si trasformò in spettacolo necessitando di una preparazione specifica e di un apposito apparato scenico tratto dalla messinscena del dramma sacro. La produzione laudistica viene ricondotta a tematiche generalmente ordinate sulla base delle festività previste dal calendario liturgico. Le diverse confraternite riuniscono il loro intero repertorio delle laude nei laudari, da cui si attingono i testi per ogni esecuzione. La lauda drammatica più conosciuta è Donna del paradiso di Jacopone da Todi, si tratta di una poesia religiosa duecentesca. La nuova forma di drammaturgia in volgare presenta un notevole ampliamento di temi e una maggiore attenzione alla dimensione umana dei personaggi. Assume eccezionale rilievo la figura della Madonna. Accanto ai tradizionali episodi scritturali la duttilità del genere trova spazio anche per sceneggiare scene contemporanee. I laudari erano destinati presto a trasformarsi della forme della sacra rappresentazione che dominerà lo spettacolo del Quattrocento italiano. ♦ Gli autos sacramentales Mentre nei secoli XIII e XIV la drammaturgia latina e volgare di ispirazione liturgica raggiunge siti notevoli in diversi paesi europei, ma la penisola iberica resta ai margini del fenomeno, questo le determinerà un notevole ritardo nel decollo della letteratura drammatica iberica in volgare, motivato dalla tardiva introduzione del rito liturgico romano in Castiglia. Il primo isolato documento del teatro spagnolo in volgare: si tratta di un frammento di 147 versi appartenente a un dramma intitolato Auto o Representacion de los Reyes Magos : incentrato sul tema dell’adorazione dei magi. L’anonimo autore cerca di avvicinare il testo all’attualità attraverso l’introduzione di anacronistiche figure assai diffuse nella Spagna del tempo, quali abati, podestà, scrivani e retori in qualità di consiglieri del sovrano giudeo. Nel secolo successivo tale forma di composizione drammatica, denominata auto, non differisce sostanzialmente dagli affermati stilemi del dramma religioso latino. Nel corso del Quattrocento essa si evolse irrigidendosi e assumendo connotati colti che la conducono ad aprirsi a contaminazioni mitologiche e pagane, cosicché con il termine auto i letterati del tempo finiscono per indicare ogni tipo di composizione drammaturgica. Nel pieno Cinquecento la Spagna assiste all’affermazione di un’originale drammaturgia di ispirazione religiosa, con la diffusione degli autos sacramentales, sontuose processioni per la festa del Corpus Domini. Le prime composizioni furono opera di autori anonimi, legati alle corporazioni artigiane che ne curavano l’allestimento; in seguito anche valenti letterati se ne occuparono conducendolo a un’originale affermazione nel corso del Seicento. ♦ Il miracle play Nei secoli X e XI anche i paesi anglosassoni assistono allo sviluppo del dramma sacro legato alle cerimonie liturgiche. Ma soltanto nel Trecento si afferma un originale produzione di testi in volgare che si diffondono in tutti i maggiori centri in corrispondenza con l’istituzione della festa del Corpus Domini. Si moltiplica in tali città la produzione di Passion Plays, drammi basati sugli episodi della passione di Cristo, oltre a quella dei Christmas Plays, presto confluiti nei più ampi Epiphany Plays. Sul finire del XIII secolo la sacra rappresentazione viene realizzata sui sagrati e nelle piazze e subisce una radicale trasformazione della sua struttura, dando origine ai cicli di miracle plays. Attingevano liberamente i loro soggetto a tutta la storia sacra, e raccoglievano in se i generi francesi del mistero e del miracolo. Per una meditazione sull’intero processo di redenzione dell’umanità, dal peccato originale fino al giudizio universale: i testi composti per l’occasione potevano perciò realizzare l’aspirazione medievale di rappresentare drammaticamente tutta la vicenda dell’umanità. I testi scritti in vernacolo e rivolti ad un pubblico più vasto, prevedevano numerosi cambi di scena e l’impiego di un gran numero di comparse, per cui il loro complesso allestimento, sebbene rimasto sotto il patrocinio della chiesa, era organizzato da apposite corporazioni, conosciute con il nome di Corpus Christi Guilds. Rilevante è il numero di miracle plays pervenuteci nei cicli completi di Chester, York e Wakefield. Il ciclo più antico è quello di Chester, iniziato tra il 1327 e il 1329, comprendente venticinque rappresentazioni e un certo numero di banns, copioni per l’annunzio dello spettacolo. Le vicende rappresentate iniziano con la caduta di Lucifero e terminano con il giudizio universale. Caratteristiche dei miracle plays sono la presenza di un’azione semplice che si sviluppa secondo una sola linea principale, l’utilizzo di un linguaggio popolare e l’introduzione di alcuni elementi comici e realistici all’interno di episodi, secondo una tecnica destinata a trovare maggiore sviluppo nei cicli seriori. Le rappresentazioni di York registrano il processo evolutivo: gruppi di drammi di composizione più antica, contrassegnati da una tecnica drammatica rozza e tono puramente didattico. Con il ciclo di Wakefield, databile intorno al 1425, il miracle play raggiunge la sua più alta espressione. Le trentadue rappresentazioni, che narrano la storia del mondo dalla creazione alla morte di Giuda per impiccagione, si caratterizzano per la pittura dei personaggi e l’arguta e vivace ironia che rivela un segno della comicità e della satira rimasto ineguagliato. ♦ Il morality play Prende forma il genere drammatico della moralità, sviluppatosi a partire dagli inizi del XV secolo. I morality plays sostituiscono soggetti allegorici, con personaggi costituiti da personificazioni di vizi e virtù che lottano per conquistare l’anima dell’uomo. Le origini della moralità inglesi sono ravvisabili nelle tradizioni della danza macabra e dell’Ars moriendi. Tema principale del genere è quello, tipicamente medievale, della psychomachia (battaglia per il possesso dell’anima) secondo le modalità dell’ exemplum. Altro tema è quello della Morte che giunge a chiamare, senza alcuna distinzione, ricchi e poveri: intorno a esso ruota la vicenda de La superbia della vita (1350). La più celebre è interessante moralità inglese è Il castello di Perseveranza (1429), summa delle tematiche proprie del genere. Svolge il tema del bene e del male per il possesso dell’anima. Il tono moraleggiante e la granitica schematicità dei personaggi appesantiscono notevolmente l’opera, impreziosita dalla varietà dei sentimenti che vive in Umanità. Un’altra celebre moralità inglese del XV secolo, La chiamata di Ognuno, 1495. la ricchezza di sfumature psicologiche che caratterizza il protagonista, simbolo dell’eterna condizione disperata dell’uomo, dimostra come il genere giunga a completa maturazione stilistica solo verso la fine del 1400, tanto da influenzare grandi autori, da Shakespeare a Jonson. Se il tono della moralità è generalmente serio, alcuni testi presentano anche elementi comici, come il corrompere la Morte con dei soldi. Verso la fine del secolo XV compare un nuovo tipo di morality play che lascia spazio maggiore a elementi comici e realistici: l’ interludio, che predilige argomenti di carattere secolare a tende a smarrire il carattere educativo tipico della moralità medievale per sviluppare gli aspetti realistici della vicenda narrata. L’interludio costruisce l’anello di transizione tra la rappresentazione religiosa medievale e il teatro profano dell’epoca Tudor. ♦ Le passioni A partire dalla metà del XIV secolo il filone principale del teatro francese in volgare fu costituito dalle passioni, la rappresentazione di vita e morte di Cristo, che ebbero uno straordinario successo. Le più antiche passioni prevedevano ampie parti narrative, in cui confluivano episodi sacri tratti dai vangeli canonici e da quello apocrifo detto <<di Nicodemo>>, spesso mescolati con leggende e brani giullareschi: ne è un esempio la Passione palatina. La lunghezza dei testi era moderata e la loro rappresentazione non si estendeva mai oltre una giornata, come invece avverrà con le passioni del secolo successivo che divengono eventi di grandiosa spettacolarità. La prima grande passione quattrocentesca, conosciuta come Passione di Arras, è opera di Eustache Marcadè. L’opera consta di 25000 versi che sceneggiano tutto il ciclo della vita di Cristo, articolato in quattro giornate con l’intervento di centododici personaggi. Era la prima volta che un autore colto elaborava un piano drammaturgico che coordini il montaggio delle diverse parti della passione entro un insieme organico. La straordinarietà era che l’opera è scritta unitariamente da un solo autore. Nel 1452 Arnoul Greban presentò una Passione di proporzioni ancora più imponenti, con i suoi 35574 versi e l’intervento di duecentoventi personaggi che, per la ricercatezza dello stile e varietà di metri, è considerata la migliore passione francese del Quattrocento. Integrando la materia con le Postille di Nicolao di Lira e accogliendo elementi tratti da leggende apocrife, la vicenda si articola in quattro giornate. Derivato dalla Passione di Greban è Le mystere de la Passion di Jean Michel, rappresentato nel 1486 e composto di circa 45000 versi con centoquaranta personaggi. La vicenda è ricalcata fedelmente sull’illustre esempio precedente, ma l’autore riesce a conferirle al dramma un carattere personale, attenuando il peso degli elementi teologici a favore delle scene pittoresche e degli intermezzi comici affidati a personaggi minori. Anche nel Cinquecento il genere della passione continua a proliferare: è la sopravivenza di un genere assai popolare, ma orami anacronistico e privo di legami con la società entro cui continua a vivere, affatto diversa da quella che lo aveva generato. Nel 1548 il Parlamento di Parigi proibisce la rappresentazione dei Misteri della passione, per evitare che il teatro si trasformi in terreno di lotta fra cattolici e protestanti, il decreto non fa che sancire la fine di un genere di spettacolo che non ha più ragione di esistere. ♦ La commedia elegiaca Testimonianza del rinnovamento culturale in senso profano e dell’attenzione rivolta alla letteratura dell’antichità nella prima metà del XII secolo è lo sviluppo di un tipo di testo drammatico, la commedia elegiac. Al modello dei drammaturghi latini, Terenzio e Plauto, attingono la struttura scenica e alcuni celebri personaggi, mentre Ovidio suggerisce loro la scelta della metrica del distico elegiaco per sceneggiare situazioni realistiche e piccanti, tipiche del gusto popolare contemporaneo. A noi è pervenuto un gruppo di una ventina di testi latini, composti in metro elegiaco e in forma ora narrativa ora dialogica. Legati all’ambito scolastico, essi erano certamente destinati alla lettura e allo studio, e tali commedie hanno avuto una discreta diffusione in Europa. Una sostanziale affinità fra i testi rimonta al comune intento di infondere una nuova vita ai contenuti e alle forme della letteratura classica, rendendoli godibili agli intellettuali e agli aristocratici del tempo. Di tale poetica è portavoce Vitale di Blois, l’iniziatore del genere, e autore di un Geta o Anfitrione, composto intorno al 1150-1160, rielaborando la materia della commedia di Plauto. L’opera mista di dialogo e narrazione, ebbe grande successo e fu diffusa manoscritta in tutta Europa, inducendo l’autore a comporre una nuova commedia di ispirazione e titolo plautini, l’ Aulularia. In cui troviamo raffinate allusioni sarcastiche agli ambienti scolastici, retorici e filosofici del tempo che le rendevano in realtà pienamente fruibili solo da parte di ambienti ristretti, direttamente impegnati nel dibattito culturale. Guglielmo di Blois, autore di un’audace commedia, Alda, mette in scena i costumi della vita privata. La scabrosità dell’argomento e della risoluzione di alcune scene ha meravigliato gli studiosi che sono giunti a proporne una chiave di lettura satirica, basata su un presunto sentimento antifemminista dell’autore. Matteo di Vendome, la cui commedia Milo, elaborato esercizio metrico e stilistico ripropone un episodio della vita privata tratto da una novella orientale. Steso prevalentemente in forma narrativa, ripropone temi erotici e romanzeschi, immissioni di nuovi personaggi, stile raffinato e allusioni alle polemiche intellettuali dell’epoca. Fra le commedie ascrivibili a tale genere rimane Il babbeo, composto da un autore inglese, struttura interamente dialogata e l’efficacia drammatica che hanno indotto a ipotizzarne una destinazione propriamente scenica. ♦ Il teatro profano in Francia e in Italia Il fenomeno, diffuso in tutta Europa, la presenza di un teatro comico e profano e addirittura all’interno del dramma di origine religiosa, viene generalmente tollerato dalla chiesa che cerca di circoscriverlo antro brevi episodi di contorno alle storie bibliche, ma è destinato a svilupparsi autonomamente, distinguendosi in modo sempre più netto dalla drammaturgia sacra. Adam de la Halle scrisse la Rappresentazione della novella fronda, composto in dialetto piccardo e rappresentato verso il 1276, nel quale l’autore mette in scena se stesso. I motivi realistici, ispirati alla cronaca e alla conoscenza personale, si intrecciano sapientemente nel testo con elementi fiabeschi e carnevaleschi derivati dalla letteratura e dalle tradizioni popolari. È anche autore di la Rappresentazione di Robin e Marion, raffinata operetta di carattere lirico, arricchita di numerose canzoni in musica, tutta giocata sulle schermaglie della contadina Marion che rifiuta l’amore di un cavaliere per restare fedele al suo Robin. Anche il teatro religioso dei mysteres e dei miracles conobbe l’introduzione di elementi realistici più integrali e corposi: nelle pause si affermò l’abitudine di rappresentare brevi testi di carattere profano che potevano essere moralità, incentrate su vicende allegoriche a carattere edificante, ma più spesso erano farse, brevi testi costituiti da una serie di rapide scene schiettamente comiche nelle quali si desse libero sfogo alla risata. Secondo alcuni studiosi la farsa sarebbe nata dalle composizioni giullaresche, modificandosi attraverso una differenziata distribuzione delle parti comiche; altre teorie sostengono, almeno per la Francia, una derivazione diretta dal sermon joyeux, utilizzato nelle feste dei folli, nel quale si concentrava la comicità liberatoria e dissacrante delle gerarchie ecclesiastiche minori. Nel XV secolo la farsa si costituisce in genere drammatico autonomo, suscitando la nascita di corporazioni di attori delegate alla messinscena dei testi comici: la più famosa è la compagnia dei Basochiens. La farsa quattrocentesca francese è generalmente breve, contraddistinta da un’azione rapida e da un intreccio prevedibile, i suoi personaggi sono molto caratterizzati e si sviluppano intorno a pochi tipi. Capolavoro indiscusso del genere è l’anonima farsa di Maistre Pierre Pathelin. Nota è anche la Farsa del bucataio. Talvolta la farsa può lasciare il posto alla sottie, genere affine caratterizzato da un intento più propriamente polemico: i testi contengono allusioni a avvenimenti contemporanei, svolgendo una satira pungente nei confronti della società, tanto da provocare spesso reazioni da parte delle autorità civili e religiose. Dalla Francia il genere comico della farsa si diffonde in Italia sul finire del Quattrocento, con Pietro Antonio Caracciolo, di area napoletana, Farsa de lo imago e la Farsa dove se introduce una cita, lo cito, una vecchia, uno notaro, lo preite, con lo yacono, et uno terzo . Attinge ispirazione frequente alla tradizione novellistica italiana e francese. Spicca la farsa di Zohan zavattino, scritta in dialetto astigiano. ♦ I contrasti La comparsa dei primi testi drammaturgici in volgare italiano è legata allo sviluppo della poesia giullaresca che, tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, produce una serie di componimenti contenenti diversi elementi di carattere drammatico, quali monologhi, dialoghi, indicazioni sceniche e didascalie volte al controllo della prossemica e del linguaggio gestuale, con una consapevole destinazione scenica. Si tratta di ballate, canzoni in forma di dialogo tra coppie di personaggi, che descrivono una situazione di sventura o realisticamente presentano la figura del giullare interprete. Di natura più specificatamente teatrale è il contrasto, composizione letteraria in versi, parzialmente o totalmente dialogata, che sceneggia una disputa serrata tra due personaggi o due entità astratte che sostengono opposte tesi. Il contrasto transita con successo nella produzione dei giullari che utilizzano tale schema poetico per trattare dissidi della vita famigliare, desideri e pene d’amore, schermaglie di corteggiamento e abbandoni. I testi sono in genere anonimi: fa eccezione il celebre contrasto di Cielo d’Alcamo, Rosa fresca aulentissima, nel quale viene svolta la disputa tra l’innamorato e la donna che lo respinge. Composto tra il 1231 e il 1250, il testo presenta grande vitalità drammatica, sapiente costruzione delle situazioni, un dialogo vivacissimo e saldamente concatenato: nessun elemento può davvero garantire che esso sia stato concepito per essere recitato in scena. Interessante è la produzione di Ruggieri Apugliese, il cui componimento più conosciuto è Tant’aggio ardire e conoscenza o Serventese del maestro di tutte l’arte : si tratta di un lungo monologo, nel genere, tipicamente giullaresco, del vanto, composizione in cui l’autore-interprete elenca le straordinarie qualità in cui egli dice di essere dotato. Questa rappresentazione gli procurò l’ostilità delle autorità ecclesiastiche senesi che giunsero a accusarlo di eresia: una testimonianza dell’episodio è contenuta nella cosiddetta Passione. Il Detto dei villani, monologo più tardo, composto al principio del XV secolo da Matazone da Caligano. Il componimento costituisce il primo esempio di satira antivillanesca italiana, in cui vengono rappresentate, con ironia talvolta scurrile, la miseria della vita dei contadini dell’epoca. ♦ La tragedia umanistica L’eclissi della drammaturgia tragica antica aveva provocato per buona parte del Medioevo un generale disinteresse nei confronti di un genere poetico e drammatico del quale non si possedevano che poche e distorte notizie. All’inizio del XIV secolo, il ritrovamento da parte di Lovato de’ Lovati di un codice contenente tutte le tragedie di Seneca inaugura una nuova stagione per la riflessione intorno alla tragedia antica quale genere letterario autonomo, di cui l’autore latino viene a essere considerato l’unico indiscusso modello. Il gruppo di studiosi e eruditi italiani a cui appartiene Lovati è quello dei <<preumanisti padovani>>, di cui l’esponente più prestigioso è Albertino Mussato, che per primo sperimenta le possibilità metriche, stilistiche e strutturali della tragedia senecana nella composizione di un testo tragico originale, Ecerinis. Stilisticamente e linguisticamente la tragedia ricalca il modello senecano, essa però se ne discosta con decisione per quanto riguarda la struttura che ambienta l’azione scenica in diverse locazioni e prevede una durata degli avvenimenti articolata su un arco di sessant’anni circa. Innovativa è la scelta del soggetto, tratto dalla storia contemporanea: l’ Ezzelinide è la prima tragedia politica della drammaturgia europea, perché la sua trama è costruita intorno alla figura di un feroce tiranno. Ispirate a episodi della storia contemporanea, troviamo la Tragedia de casu Cesene di Ludovico Romani, o La cacciata di Antonio della Scala di Giovanni Manzini della Motta da Favizzano. Strettamente legata al modello latino è l’ Achille, tragedia in versi, composta nel 1390 dal poeta vicentino Antonio Loschi, che trae il suo soggetto dalla mitologia, presentando una struttura in cinque atti separati dai cori. La vicenda denunzia chiari influssi senecani nella presentazione dei personaggi, nell’importanza conferita al tema della fortuna, oltre che nella frequenza delle sentenze morali e delle espressioni magniloquenti. Una differente modalità di ispirazione tragica e di lettura dei classici è rappresentata nel pieno del Quattrocento, da Iempsale di Leonardo Dati, che sceneggia un episodio della storia romana, investendolo di intenzioni didattiche e conferendo alla vicenda un significato simbolico. A fianco delle vicende mitologiche, che ispirano la Progne di Gregorio Correr, ricompaiono episodi di attualità nelle vicende di famosi capitani di ventura quali De captivitate ducis Iacobi di Laudivio de’ Nobili Zacchia, oppure fatti storici contemporanei, quali la Historia Baetica e Ferdinandus servantus di Carlo Verardi da Cesena. ♦ La commedia umanistica La tradizione del teatro comico latino non aveva subito vere interruzioni nel corso del Medioevo: la fortuna di Terenzio era rimasta viva ininterrottamente, più limitata era la conoscenza di Plauto. Soltanto nel 1429, con la scoperta da parte di Niccolò Cusano di dodici commedie plautine, i dotti umanisti poterono approfondire lo studio della commedia classica su un numero più vasto di testi al fine di comprendere correttamente la struttura e le scelte stilistiche e metriche. All’interno delle maggiori università italiane, giovani autori componevano per esercizio e diletto commedie e opere comico-satiriche, mutuando lingua, spesso inserendovi allusioni alla vita goliardica e ai suoi costumi spregiudicati e beffardi. Pier Paolo Vergerio scrive la prima fra le commedie umanistiche pervenuteci, il Paolo, commedia per correggere i costumi dei giovani , che sceneggia l’allegra vita goliardica dello scapestrato studente. Dalla tradizione teatrale latina esso trae la vivace figura del servo beffatore e si presenta composto in versi che costituiscono un tentativo di riprodurre il difficile senario giambico classico. Più aderenti alle tipiche vicende della commedia latina, incentrate su un amore contrastato e rocambolesco, sono la Poliscena, commedia in prosa di Leonardo Bruni e il Philodoxus di un giovanissimo Leon Battista Alberti. Catinia di Siccone Polenton, composta in ambiente accademico padovano: si tratta di un dialogo fra cinque personaggi convenuti in un’osteria, in cui a scene vivaci e farsesche si alternano lunghe dissertazioni parodistiche nei confronti del mondo dei pedanti universitari del tempo. Estranea all’ambiente universitario è l’esperienza drammaturgica di Tito Livio Frulovisi. A lui si devono diverse commedie in latino di diretta ispirazione classica. Sotto le convenzionali trame tratte dai modelli latini, che ripongono amori felicemente coronati grazie a opportune agnizioni, figure di servi astuti capaci di risolvere ogni difficoltà, repentini mutamenti di fortuna, frulovisi si preoccupa di inserire riferimenti ai costumi veneziani dell’epoca e allusioni a personalità illustri. Due commedie, Simmaco e Oratoria sono addirittura ambientate in Venezia e contengono frequenti riferimenti a luoghi e fatti della cronaca cittadina del tempo. Le rappresentazioni dei suddetti testi provocarono feroci polemiche che costrinsero l’autore ad abbandonare la città. La Chrysis, commedia di stampo platino dell’umanista e futuro papa Enea Silvio Piccolomini, è ricca di riferimenti alla situazione politica europea dell’epoca, di trasposizioni all’interno degli schemi del teatro antico dei costumi e della filosofia della società cortigiana contemporanea, tesa a godere spensieratamente dell’amore e dei piaceri della giovinezza con spirito affine a quello degli antichi. Tutto il teatro comico quattrocentesco si configura come un fenomeno intellettuale d’ elite, composto in latino nel rispetto dei moduli stilistici terenziani e plautini: esso rimane strutturalmente lontano dal rigore classico, per avvicinarsi alle forme drammaturgiche medievali, con il variare dei luoghi dell’azione, l’estensione temporale delle vicende, l’assenza di una suddivisione in atti e di un equilibrio fra le parti, l’assoluta libertà compositiva che consente di unire sulla scena figure mitologiche con personaggi e costumi cristiani. ♦ La sacra rappresentazione La diffusione del dramma sacro in volgare in diverse parti dell’Italia suscita, nel corso del Quattrocento, la produzione di innumerevoli testi di argomento religioso che accolgono nelle trame episodi romanzeschi e spettacolari: accanto alle vicende della vita di Cristo, prevalgono storie dell’Antico Testamento e soprattutto vite di santi costellate di miracoli, caratterizzate da intrecci spesso inverosimili, ambientazioni in luoghi disparati e lontanissimi tra loro, attenzione agli aspetti umani. Si tratta di produzioni generalmente anonime, dotate di modesto valore letterario, destinate a rimanere patrimonio delle confraternite e a avere una diffusione esclusivamente locale. Soltanto a Firenze, dal XV secolo, i testi della sacra rappresentazione assumono una dignità di genere letterario, trovando autori legati ai gruppi culturali dominanti che nella composizione non si preoccupano di curare l’aspetto formale e poetico del dettato e di adeguarlo ai gusti della società contemporanea. Di provenienza fiorentina sono una quarantina di drammi composti in ottave endecasillabiche. In prosa sono le didascalie, ben disgiunte dal testo e composte con il preciso scopo di descrivere lo svolgimento dell’azione sotto il profilo recitativo e scenico. Altro carattere è la presenza di un prologo e di un epilogo, di norma definiti nei testi <<annuncio>> e <<licenza>>, e pronunciati da un angelo. Fra i componimenti più antichi si pongono quelli di Feo Belcari, ispirato da una fede fervente, compose diverse sacre rappresentazioni cercando di unire alle finalità educative del contenuto uno schema compositivo lineare ed equilibrato, un’azione ridotta a un unico episodio centrale e affidata alla potenza espressiva della parola, sorretta da un dettato stilisticamente curato. Fra i suoi testi ricordiamo l’ Annunciazione di Nostra Donna, l’Avvenimento dello Spirito Santo, San Pancrazio e Abram e Isaac. La rigidità schematica della narrazione e l’elementare concezione spettacolistica che caratterizzano la drammaturgia di Belcari,vengono a modificarsi: in Bernardo Pulci e Antonia Gianotti, nelle loro sacre rappresentazioni, fra cui Storia di Barlaam e Josafat di Pulci e la Santa Guglielma di Gianotti, si rinvengono una maggiore elaborazione sul piano della struttura drammatica, una ricerca di effetti spettacolari e una tendenza al comico e al realistico che sopravanza gli interessi religiosi: nella rappresentazione vengono introdotti delle inframesse, personaggi secondari profani ispirati alla realtà quotidiana, con la funzione di allentare la tensione dello spettatore attraverso episodi originali. Questo provocò un ampliamento anomalo delle parti profane che giunsero a interferire con la storia sacra principale, modificando l’intero carattere del genere. Pierozzo Castellano de’ Castellani scrive opere nella cui struttura testuale risaltano il gusto per il colore pittoresco e realistico, la vivacità delle scene, l’incisività delle battute che prevedono una continua frammentazione dell’ottava. Emblematica è la rappresentazione de Il figliuol prodigo. La Rappresentazione dei santi Giovanni e Paolo di Lorenzo de’ Medici, sceneggia in modo frammentario la conversione di Gallicano per opera dei santi Giovanni e Paolo. Il soggetto religioso non costituisce il fulcro di interesse dell’autore che conferisce maggiore vivacità agli argomenti di carattere profano e a quelli inerenti al principe e all’arte di governo. L’affermazione del gusto e della mentalità umanistici provocò presto la decadenza del genere della sacra rappresentazione che continuò a sopravvivere soltanto nelle edizioni popolari dei testi più famosi. ♦ Il teatro profano del Quattrocento Nell’Italia del Quattrocento, si sviluppa una vivace attività spettacolistica nelle corti principesche e signorili sotto forma di vari e piacevoli intrattenimenti. Peculiare ornamento del banchetto e della festa di corte sono spettacoli che si fondano su un testo drammatico, dotato di notevole valore letterario: oltre alle commedie latine, si mettono in scena testi appositamente composti per l’occasione dai poeti di corte, quali favole mitologiche, egloghe, rappresentazioni allegoriche. Modello drammaturgico di tale genere di spettacolo è la Favola di Orfeo, composta nel 1480 da Angelo Poliziano. L’argomento è di derivazione virgiliana e ovidiana, riprendendo il tema della morte di Euridice e della discesa agli inferi di Orfeo. Benché sia classicamente definito favola, il testo di Poliziano prevede una messinscena che si affida a elementi scenografici propri del teatro sacro medievale, con una scena multipla che offra contemporaneamente agli occhi dello spettatore la campagna, il monte, il fiume e l’Averno. La struttura drammatica è debitrice nei confronti degli schemi della sacra rappresentazione, da cui riprende l’uso del prologo e la giustapposizione delle singole scene, prive di una consequenziale e unitaria linea di svolgimento. Prodotto dalla drammaturgia cortigiana ferrarese è la Fabula di Cefalo di Niccolò da Correggio. Composta nel 1487, l’opera tratta un argomento di carattere pastorale derivato dalle Metamorfosi ovidiane. Influenzato dalle teorie umanistiche, l’autore divide regolarmente il suo lavoro in cique atti, e mantiene un’atmosfera serena anche nei momenti più tragici del dramma. Intorno alla corte di Ferrara appartiene anche Timone, commedia composta in vecchiaia da Matteo Maria Boiardo sulla base di un dialogo di Luciano. L’argomento classico risulta mero pretesto per sviluppare un’opera di carattere allegorico, quasi un profano exemplum. Benché l’opera presentai una struttura drammatica già regolare con la suddivisione in cinque atti preceduti da un prologo, l’interesse dell’autore è extrateatrale e si appunta piuttosto sulla meditazione filosofica che viene affidata a dialoghi lenti e prolissi. Il vasto repertorio dei testi composti per le feste di corte quattrocentesche sono drammi di modesto valore artistico, popolati di pastori, ninfe, divinità pagane, e caratterizzati da un linguaggio artificioso e sentimentale, in cui si rispecchiano il gusto e gli atteggiamenti di fondo della società cortigiana che della mitologia ha fatto festoso materiale di consumo. Spesso il testo viene predisposto solo in funzione dei sontuosi ingegni dello spettacolo. CAP. 4 LA RINASCITA DEL TEATRO L’INVENZIONE DEL TEATRO RINASCIMENTO = Complesso insieme di relazioni tra fatti storici, fenomeni culturali, comportamenti sociali che, tra 400 e 500, dà vita all’invenzione del teatro. Componenti fondamentali del teatro rinnovate: luogo: la nozione di edificio teatrale perduta nella prassi medievale dagli allestimenti nelle chiese, sui sagrati e nelle piazze cittadine, ritrova centralità e interesse nella trattatistica rinascimentale; vengono realizzati veri e propri edifici teatrali stabili. drammaturgia: 3 generi canonici che nascono formalmente ricalcati sui modelli greco-latini proponendosi a loro volta come modelli sostanziati di regole = commedia, tragedia, dramma pastorale. attore: nascita della figura dell’attore professionista + organizzazione in compagnia comica. committenza: committenza signorile; la corte italiana diventa il centro di emanazione del nuovo gusto verso le altre corti europee svolgendo un’intensa opera di mecenatismo artistico. pubblico: pubblico elitario composto da cortigiani e nobili stranieri invitati alla festa dal principe per applaudirne l’iniziativa e compiacerlo. Lo spettacolo è infatti un progetto autoritario interamente gestito dalla corte. IL LUOGO SCENICO ITALIA: Lo spazio teatrale nel rinascimento si configura inizialmente come luogo teatrale, cioè come spazio solo occasionalmente adibito a luogo di rappresentazioni sceniche, assumendo solo sul finire del 500 la dignità di spazio specifico dello spettacolo e di teatro stabile. Questo binomio luogo/edificio teatrale porta all’idea di teatro all’italiana che dal 600 all’800 si impone come soluzione architettonica pressoché unica del teatro in Europa. Tale nuova concezione risente dell’esperienza rinascimentale soprattutto nella definizione dello spazio interno della sala teatrale: zona della realtà cioè quella riservata al pubblico e zona dell’illusione occupata dal palcoscenico. Due sono le fonti propositive eminenti della cultura rinascim. di fronte alla questione del luogo teatrale: teorica = volta allo studio e al ripristino integrale del modello teatrale degli antichi, inteso come organismo architettonico autonomo e di alto significato monumentale all’interno del tessuto urbano cittadino; pragmatica = riguardante gli allestimenti che produce le proprie tipologie strutturali a partire dalla precedente consuetudine nonché dalle condizioni materiali in cui di doveva svolgere lo spettacolo. Di primaria importanza nella riflessione moderna sul teatro degli antichi è il trattato De Architectura di Vitruvio, nel quinto libro del quale si discute organicamente di teatro. TEATRO DI SALA: si sviluppa in lunghezza piuttosto che in larghezza, organizzandosi intorno alla platea riservata ad una parte di pubblico, al centro della quale è collocata la pedana per il principe, vero fulcro dell’evento. Su uno dei lati brevi del rettangolo viene posta la scena rialzata e bene in vista, mentre sui lati lunghi sono collocate le gradinate a cui ha accesso controllato una parte del popolo chiamata al duplice compito di apprezzare e far più grande la gloria del principe. Non tutti i teatri di sala sono però strutturati in questo modo, ad es. il teatro del Campidoglio, progettato da Pietro Rosselli, che è il primo e unico caso di edificio teatrale autonomo del primo rinascim. costruito sulla piazza del campidoglio in Roma nel 1513. Si tratta anche di uno dei pochi esempi di intenzionale e concreta restituzione del teatro classico in cui la ripresa del modello romano risulta mediata dalla compresenza di altre suggestioni quali quelle degli apparati trionfali e dei cortili. E’ costruito interamente in legno, dipinto a finto marmo, ha pianta rettangolare e dimensioni notevoli. Analisi: 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) zoccolo: su cui poggia esternamente la facciata, alto circa 1 m da terra e ricco di motivi ornamentali parete decorata con colonne, lesene e riquadri: sormontano lo zoccolo attico: scandito da riquadri conclude la struttura ingresso: al centro del prospetto e basato sulla tipologia dell’arco trionfale colonne-obelisco: fiancheggiano l’ingresso cavea: allungata su tre lati del rettangolo gradoni: 7 di essi costituiscono la cavea e sono estesi fino all’altezza di 6 m da terra, sopra i quali le pareti della sala alternano riquadri dipinti e finestre 8) scena con cinque porte: parete opposta all’ingresso ripartita in cinque aperture 9) porte laterali: addossate alle pareti da utilizzarsi come entrata/uscita degli attori GLI EDIFICI TEATRALI: Il gran sogno della restituzione del teatro degli antichi interessa gran parte delle esperienze di Andrea Palladio, massimo architetto veneto del XVI sec. L’Olimpico di Vicenza è il più antico esempio di edificio cinquecentesco stabilmente destinato al teatro, pervenuto in buone condizioni fino a noi. Dopo la morte dell’architetto i lavori continuano con il figlio Silla ma vengono condotti a termine da Vincenzo Scamozzi nel 1585. l’olimpico costituisce la più rigorosa interpretazione del modello classico pur dando vita ad una restituzione non mimetica del teatro antico. Analisi: 1) vie prospettiche plurifocali: notevolmente sviluppate in profondità sono collocate dietro l’apertura delle cinque porte della scena 2) ianua regia: porta centrale contraddistinta da maggiori dimensioni e dal monumentale aspetto di arco trionfale 3) hospitalia: due porte laterali 4) versurae: al centro delle quali si aprono due ulteriori porte 5) proscenio 6) orchestra: in basso, al centro della cavea 7) cavea: a gradoni con pianta semiellittica per sfruttare al massimo lo spazio del contenitore in termini di capienza e di buona visibilità della scena 8) peristilio: a coronamento della cavea, a colonne corinzie e sovrastato da una balaustra Negli ultimi anni del 600 si verificano episodi fondamentali per la storia dell’architettura e della scenografia europea durante gli spettacoli tenuti presso il Teatro Mediceo degli Uffizi, opera di Bernardo Buontalenti. Il pavimento della platea è inclinato per garantire una migliore visibilità. Analisi: 1) ingresso del teatro 2) cavea con 6 gradoni per il pubblico femminile 3) area centrale con panche per gentiluomini 4) tribuna per il principe 5) scena con peritati Nel 1588 Vincenzo Scamozzi è chiamato a realizzare il Teatro Olimpico di Sabbioneta che viene inaugurato nel 1590 presentando la cultura teatrale cinquecentesca con alcuni elementi innovativi. Esso sorge su uno spazio a ciò appositamente destinato: tale scelta consente la definizione, nonché la prima configurazione storica, di un elemento che diventerà qualificante nella futura architettura teatrale cioè la facciata, il prospetto esterno del teatro. Di notevole interesse è anche la presenza di ingressi differenziati per principe,cortigiani,comici e musicisti. Il vano rettangolare della sala ospita una cavea mistilinea a cinque gradoni. Dal mediceo del Buontalenti, lo Scamozzi riprende l’inclinazione assegnata al pavimento, in leggera pendenza verso il proscenio. La cavea è sormontata da un peristilio costituito da 12 colonne corinzie con loggia praticabile al centro. La decorazione pittorica dell’aula, che raffigura l’idea del cortile e di una loggia-giardino, garantisce un armonico continum spaziale tra la zona riservata al pubblico e quella della scena. A partire dal 1576 i documenti indicano già attive le compagnie dell’arte a Firenze e nel decennio successivo entra in funzione lo “stanzone delle commedie” che, spoglio e disabitato può ospitare il pubblico delle esibizioni dei comici dell’arte che pagano un affitto. Di questo genere di stanze, affittate quindi alle prime compagnie del professionismo attoriale, si ha notizia anche in altre città italiane e in particolare a Venezia che diventerà il più grande centro europeo dal punto di vista teatrale. INGHILTERRA: La famiglia Tudor favorisce la ripresa e l’espansione della civiltà teatrale britannica e la risorta attività spettacolistica della corte e dei casati nobiliari favorisce il riconoscimento del professionismo attorale nel corso del 500. Iniziano anche ad essere edificati i primi edifici teatrali stabili aperti ad un pubblico pagante ad es. The Theatre in Shoreditch, una località a nord di Londra. L’origine della particolare tipologia di tali teatri all’aperto può essere dovuta a differenti fattori: alcuni riconoscono i cortili delle locande come modello archetipo; è noto infatti che gli attori inglesi recitassero in osterie, nei cortili delle quali veniva eretto un palcoscenico coperto da una tettoia altri studiosi riferiscono l’impianto dei teatri inglesi di epoca elisabettiana alla configurazione delle arene, ossia dei luoghi nei quali si svolgevano i combattimenti degli animali alcuni rileggono l’assetto tipico dell’impianto teatrale elisabettiano alla luce della diffusione dei modelli classici e della cultura architettonica rinascimentale provenienti dal continente La pianta dei teatri pubblici inglesi varia da un edificio all’altro e può essere circolare, quadrata o ottagonale mentre comune è la disposizione del sistema di gallerie sovrapposte a circondare il palco su cui si recita. Analisi: 1) yard: area a cielo aperto entro cui trova posto il pubblico in piedi 2) gallerie: provviste di panche o gradinate sono riservate ad un pubblico borghese o aristocratico 3) gentlemen’s rooms: zona della galleria separata e divisa in scomparti privati 4) stage: palcoscenico molto aggettato in avanti e perciò ben visibile da tre lati 5) heavens: tetto che ricopre il palco, riparando la scena dalle eventuali intemperie ma anche utile a contenere attrezzature sceniche 6) inner stage (palcoscenico interno): sezione del teatro sulla cui funzione e collocazione resta ancora da fare chiarezza; può essere una sorta di house sopraelevata oppure laterale e servire sia per la recita che per preparare, non visti dal pubblico, gli attrezzi da portare in scena al momento opportuno 7) upper stage (palcoscenico superiore): dove vengono recitate le parti del copione ambientate su mura, balconi e colline. I teatri sono di proprietà privata, ad es. la compagnia professionale Earl of Leicester’s Men possiede The Theatre ma più spesso il teatro è di proprietà di un privato che lo cede in affitto ad una compagnia. Oltre alla quota d’affitto il proprietario percepisce metà dell’incasso dei biglietti delle gallerie, il ricavato dello spaccio di vino e birra e della vendita di varie merci, nonché la somma dell’eventuale subaffitto del teatro a compagnie di acrobati, schermidori o attori dilettanti. La compagnia affittuaria percepisce invece i proventi della platea e della restante metà dei posti di galleria. Oltre ai teatri pubblici e all’aperto, operano in Inghilterra anche teatri privati, anch’essi a pagamento, con costi anche dieci volte superiori. Dal punto di vista strutturale questo tipo di teatri si distinguono dagli altri essendo sale o saloni riadattati all’uso teatrale e dunque inclusi all’interno dei palazzi. Office of the Revels: istituito nel 1544 da Enrico VIII è una sorta di ministero per le cerimonie ufficiali e l’intrattenimento di corte, destinato a svolgere un ruolo decisivo nella strategia di controllo della corona sulla vita teatrale del regno. Drammi, mascherate, danze e feste allegoriche sono tenute dall’aristocrazia inglese nella sala in cui ha luogo il banchetto e, come in italia, lo spettacolo concorre ad allietare il tempo del convito. Tale impianto si mantiene immutato fino all’epoca di Elisabetta I che fa costruire le Banqueting Halls cioè sale multiuso per cerimonie, banchetti e spettacoli presso la residenza reale di Whitehall. SPAGNA: Anche la Spagna si dota di un edificio teatrale stabile alla fine degli anni 70 del 500: risale infatti al 1579 la data dell’inaugurazione del primo teatro madrileno permanente e a pagamento, il corral de la Cruz. La forma strutturale prediletta per i teatri pubblici spagnoli è quella del cortile e può appartene oltre che a locande o edifici pubblici anche a case private di agiati borghesi. L’impiego di cortili come luogo di spettacolo provvisorio è infatti attestato in spagna fino dallo scorcio del secolo precedente e risulta frequente nella prima metà del 500. Il prezzo del biglietto d’ingresso comprende la quota d’incasso della compagnia recitante a una tassa sullo spettacolo destinata alle confraternite. Quasi tutti i corrales hanno pianta quadrata o rettangolare e lo spazio centrale, il patio, inizialmente a cielo aperto e in seguito coperto da un velario per riparare il pubblico dalle intemperie (il tetto viene aggiunto solo nel 700). Il teatro ha più entrate: di norma presso quella centrale si paga la prima quota del biglietto destinata agli attori mentre la seconda, per la confraternita, viene pagata all’ingresso del patio. Esso è destinato ad un pubblico maschile che sta in piedi poiché solo nel 600 verranno aggiunti gli sgabelli. Sui lati del patio sorgono le gradas cioè le gradinate per gli spettatori; sul lato opposto al palcoscenico sono disposte le botteghe per la vendita dei rinfreschi sopra le quali sorge la galleria per le signore. Più sopra si sviluppano altri due piani destinati a intellettuali, politi ed ecclesiastici. Per quanto riguarda il teatro di corte non si registra in Spagna una regolarità di iniziativa e committenza almeno fino al regno di Filippo II all’epoca del quale si rappresentano commedie, come nelle altre corti europee, nei saloni della reggia di Madrid. FRANCIA: Fin dal 400 le compagnie professionistiche si esibiscono sia in spazi all’aperto cioè le piazze dei mercati e delle fiere che in spazi al chiuso cioè il lo spazio teatrale. Esso ha pianta rettangolare lunga e stretta e un es. è l’Hotel de Bourgogne, sede stabile della Confrerie de la Passion che gestisce la sala affittandola alle varie compagnie che giungono nella provincia. Solitamente al centro della sala si apre lo spazio del parterre cioè della platea destinato al pubblico in piedi o su una panca addossata alle pareti lungo le quali sono presenti due o tre ordini di gallerie. Anche in Francia abbiamo l’uso degli stanzoni e di un florido teatro di corte. LA SCENA EVOLUZIONE: Nel 500 assistiamo ad una nuova configurazione prospettica dello spazio scenico: - I fase: prevalente interesse per la scena prospettica di città - II fase: le architetture perdono il diretto contatto con la realtà volgendosi alla conquista di spazi illimitati PREMESSE: A spiegare le origini della scena di città concorrono diversi fattori culturali: sforzo di visualizzare la città per antonomasia del mondo antico, Roma, mediante la giustapposizione in chiave allusivo-simbolica dei suoi edifici caratterizzanti apporto fondamentale della scienza prospettica applicata allo spazio urbano reale. Ad illustrare la varietà tipologica delle prime strutture sceniche presiede il carattere specifico dello spazio urbano e dei diversi centri cittadini (ad es. lo spazio di Firenze è diverso da quello di Ferrara) concetto di città ideale: mito umanistico che dopo aver animato l’immaginazione pittorica decorativa degli anni a cavallo tra 400 e 500 si distacca dalla realtà in potenza della progettazione urbanistica per approdare alla realtà fittizia e illusoria della scena teatrale suggestione esercitata dagli studi su Vitruvio apporto interessante dell’ultimo 400 alla pratica scenica proviene dalla corte ferrarese degli Estensi dove abbiamo un modello scenografico d’avanguardia cioè quello della “città ferrarese” che, benché anteriore alla pratica prospettica, è già capace di evocare la nozione unitaria di scena urbana moderna nozione di scena di città = connotata dall’unitarietà di spazio; spazio reale di una città determinata entro cui abbiamo lo svolgimento delle azioni quotidiane la scena rinascimentale nasce dall’impulso realistico che sta alla base dei nuovi testi della commedia cinquecentesca, le cui vicende sono ambientate entro spazi cittadini apporto fondamentale dell’arte pittorica a quella scenografica in quanto le consegna il prezioso strumento della prospettiva (infatti, gli scenografi del 500 sono in primo luogo pittori e architetti) Inizialmente la scena rimaneva immutata dall’inizio alla fine della commedia, si trattava quindi di una scena fissa ma successivamente iniziano ad essere impiegati elementi plastici e architettonici per accrescere l’effetto illusionistico di tridimensionalità. Il primato dell’invenzione della scena prospettica tridimensionale viene attribuito dai contemporanei a Baldassarre Peruzzi che idea un modello di piantazione scenica che attribuisce al palcoscenico maggiore profondità e cioè la formula piazza più strada. Con Vasari questa modalità si modifica nella strada lunga vasariana. 1545 Sebastiano Serio, trattato Il secondo libro di prospettiva dove prevede tre modelli scenografici differenti per i tre generi drammaturgici: 1) commedia: essa svolge vicende familiari di cittadini privati quindi viene prevista una città contemporanea i cui edifici abbiano carattere borghese e quotidiano 2) tragedia: essa ha per quadro una rappresentazione idealizzata di città antica, con monumenti che ricordino quelli celeberrimi di Roma che conferiscano dignità necessaria al rango di vicende e personaggi 3) scena satirica, destinata al nuovo genere drammaturgico del dramma pastorale: foresta con capanne di pastori, sentieri e colline La piantazione della scena è ottenuta mediante una doppia serie simmetrica di quinte ad angolo ottuso che, dal nome del loro codificatore, si usano definire quinte serliane, dipinte prospetticamente. Lo spazio scenico prospettico condiziona però l’attore dal punto di vista della libertà di movimento: se egli si avvicina troppo alle case, soprattutto a quelle di fondo, esse rivelano la loro dimensione ridotta rispetto alla figura umana. La presenza dell’attore viene così ad infrangere l’illusione prospettica, dunque esso deve limitarsi ad agire in proscenio, spingendosi al limite fino al primo declivio. LA SCENA MUTEVOLE: Lo sviluppo del palcoscenico porta all’evoluzione dell’immagine spaziale che progredisce verso la mutazione scenica a vista: mutamento a vista = in assenza del sipario che cadeva una sola volta dall’alto all’inizio dello spettacolo e veniva accolto in apposite fenditure del pavimento del palco. Le macchine che consentono le mutazioni sono i peritati, realizzati come quinte girevoli a forma di prisma a tre facce recanti differenti sezioni di prospettiva. INTERMEZZO: Questo genere di spettacolo, nato come funzionale intrattenimento tra un atto e l’altro della commedia, si afferma, nella metà del XVI secolo, come una fase saliente dell’evento, ponendo in ombra la commedia stessa che ormai risulta troppo prevedibile negli sviluppi d’intreccio e nella monotonia della scenografia cittadina. Al contrario l’intermezzo offre la ricchezza dei costumi, la meraviglia dei paesaggi cosmici, marini e pastorali. INGHILTERRA: In Inghilterra l’elaborazione del nuovo edificio teatrale prevede una scena fissa le cui partizioni servono a rappresentare convenzionalmente luoghi interni, superiori o lontani; ad es.: inner stage = la cui cortina o arazzo serve a occultare qualcuno o qualcosa che ad un certo punto deve comparire in scena gallerie superiori = nel caso di luoghi alti o lontani come finestre, balconi, mura di cinta del palazzo o della città I presupposti fondamentali della messinscena inglese sono 2: 1) essenzialità dello spazio, in cui a seconda dell’occorrenza e delle proprie disponibilità le compagnie collocano arredi e oggetti scenici 2) collaborazione del pubblico che immagina con la propria mente ciò che non compare materialmente in scena SPAGNA: In Spagna, come in Inghilterra, lo spazio dell’attore cioè il palco e la scena sono il nucleo generatore dell’edificio teatrale. La scena mantiene a lungo le proprie caratteristiche originarie, almeno fino a metà del XVII secolo, epoca dell’affermazione del gusto e delle concezioni tecniche dello spazio italiano. La scena fissa dei corrales denominata teatro è scandita in più livelli: 1) le porte al piano del palcoscenico 2) sopra di esse i due corredores 3) quarto livello, non visibile al pubblico, che ospita gli argani e i macchinari scenici Due pilastri verticali, incrociandosi con i tre livelli orizzontali, dividono il teatro in nove riquadri davanti ai quali possono essere appese tele dipinte. Abbiamo anche l’uso di botole, per il resto le descrizioni o le allusioni dei personaggi in azione bastano a creare la suggestione di un ambiente e di un epoca, sfruttando implicitamente la complicità del pubblico. FRANCIA: Lungo tutto il XVI secolo anche la scena francese non interrompe la continuità con la tradizione dello spettacolo medievale. Ma l’esempio della scenografia italiana inizia a filtrare anche in Francia attraverso l’esperienza del teatro dei collegi e delle rappresentazioni di corte. Una figura molto importante da questo punto di vista è l’italiana Caterina de Medici, regina che volge il proprio interesse a forme della fastosa spettacolarità ufficiale quali tornei e feste mascherate accompagnate da danza e musica. Per quanto riguarda lo spettacolo pubblico, ossia le rappresentazioni all’aperto o al chiuso, la scenografia è limitata ad una decorazione essenziale costituita da un semplice fondale, realizzato distendendo alle spalle degli attori uno o due arazzi dipinti con immagini convenzionalmente allusive ad un’ambientazione campestre o cittadina. LO SPETTACOLO SPETTACOLO CORTIGIANO ITALIANO: Varietà dello spettacolo rinascimentale: generi ereditati dal passato tardomedievale + nuove tipologie drammaturgiche e sceniche. Abbiamo un apparente confusione si codici e stili ma l’unità formale si realizza nell’evento contenitore della festa durante la quale si dà vita ad un ricco programma di manifestazioni, in sé distinte e autonome per tradizione culturale ed esperienza tecnica, ma unificate nella medesima aspirazione ad offrire lo spettacolo di un’immagine idealizzata della società. La festa rinascimentale è lo spettacolo promosso dalla corte, indica una volontà affermativa del potere nell’esaltazione della gloria del principe. Lo spettatore-suddito diviene parte integrante della rappresentazione in quanto egli sa di partecipare in maniera non solo passiva ad una più vasta celebrazione festiva di cui la commedia è solo uno dei momenti. Sulla piazza, la scena del potere è fruita dal concorso della cittadinanza entro un complesso ludico che vuole porsi come momento compensativo nei confronti di una condizione economica e sociale sempre più precaria per la gran parte della popolazione. Occasioni che generano feste: - nascite, battesimi diventano occasione di veri e propri spettacoli pubblici offerti come sanzione di gloria e prestigio eventi connessi alla morte per cui le cerimonie funebri si trasformano ben presto in complessi spettacoli l’arrivo in città di una personalità cui si vuole rendere omaggio e si distinguono tre tipi di cerimonia a seconda del grado d’importanza rivestito dall’ospite nei confronti della città: 1) il principe cui essa è soggetta 2) un ospite di alto livello, non responsabile del governo della città 3) la sposa/lo sposo promessi ad un membro della famiglia egemone giunti per la cerimonia nuziale In tali occasioni il volto quotidiano della città viene modificato con l’introduzione di elementi monumentali effimeri collocati nei punti cruciali del passaggio del corteo capeggiato dall’ospite cerimonia del possesso, ovvero la processione che si svolge in Roma per l’ascesa del Papa al soglio pontificio matrimonio, durante il quale il banchetto si trasforma in uno spettacolo di intrattenimento con canti, buffonerie, danze, il tutto con l’intento di suscitare sorpresa e meraviglia. Anche le portate sono un momento di spettacolo, essendo presentate secondo modalità di grande effetto visivo: spesso esse celano la sorpresa di animali vivi che escono dalle vivande. Le azioni sceniche previste per il banchetto ( balletti, pantomime, brevi recitazioni in versi ) hanno di norma tema mitologico in connessione con quello centrale della festa trionfi: consistono in una sfilata di carri allegorici indetti solitamente per onorare le consuete occasioni principesche dello spettacolo ufficiale come nozze ecc. Il carro, trainato da animali opportunamente camuffati, viene addobbato in modo da apparire come un edificio o un palco sul quale è collocato un tableau vivant i cui personaggi indossano costumi. momaria veneziana: genere di spettacolo tipicamente veneziano, rappresentazione pantomimica a sfondo profano, cadenzata dalla musica e dall’uso di maschere. In genere venivano rappresentate nei teatri del mondo, costruzioni lignee a pianta ottagonale o circolare. - Tornei e giostre diventano l’ostentazione aristocratica della bravura nelle arti marziali e dello sfarzo raffinato dei destrieri, dei costumi e delle armi. Offrendo elementi spettacolari inediti, esse assumono progressivamente l’aspetto di uno spettacolo a soggetto, guidato cioè dallo svolgersi di una trama narrativa. In occasione del loro allestimento vengono costruite tribune a palchi per accogliere il pubblico più nobile mentre lo spazio urbano viene sfruttato per situare strategicamente le strutture scenografiche destinate a divenire sempre più imponenti con l’andare del tempo I GENERI DRAMMATICI COMMEDIA: La commedia durante il Rinascimento ha una grandissima fortuna e i centri più attivi per quanto riguarda questo tipo di rappresentazione sono: Firenze: oltre agli spettacoli allestiti nel corso del cinquantennio di festeggiamenti medicei si ha notizia di altre rappresentazioni non di rado organizzate nell’ambito di una fruizione conviviale, privata o accademica Venezia: il gusto della commedia si afferma con qualche ritardo rispetto agli altri centri ma quando si impone fa della città un modello guida. TRAGEDIA: Incomparabilmente inferiore per incidenza quantitativa di messinscene, la tragedia nel suo isolamento letterario accampa isolati e pure notevoli e episodi. Le ragioni di tale ridotta fortuna scenica devono essere ricercate nelle caratteristiche drammaturgiche di un genere che si presta a messaggi politici insidiosi per il potere infatti essa mal si inserisce nel programma ludico, celebrativo della festa. DRAMMA PASTORALE: Sviluppatosi come rifondazione letteraria della più antica esperienza dello spettacolo ecloghistico d’epoca umanistica si inserisce nel dibattito teorico intorno alla Poetica di Aristotele, con l’affermazione di un’identità tutta moderna di gusto. INTERMEZZO: Già nel corso del XV secolo si era instaurata la consuetudine di allietare i banchetti aon azioni sceniche o esibizioni musicali eseguite tra una portata e l’altra, le cosiddette inframmesse che poi assumeranno il nome di intermedi ossia di intermezzi. Si distinguono in due tipi: apprenti: non comportano un’azione scenica e si addicono soprattutto al più impegnativo e ricco spettacolo di corte non-apparenti: si tratta di brani strumentali e canori da eseguirsi a scena vuota e costituiscono la soluzione più frequente per le rappresentazioni private, non ufficiali cioè le più diffuse anche se meno documentate. Se dapprima gli intermezzi hanno soltanto funzione di riempire il vuoto tra un atto e l’altro, vivendo dunque in funzione esclusiva della commedia, nel corso del secolo essi conquistano autonomia e importanza sempre maggiori fino ad imporsi per grandiosità di mezzi scenotecnici e per duttilità di struttura, sulla commedia stessa. Strutturandosi su una vera e propria trama rappresentativa, gli intermezzi giungono a stabilire con gli atti della commedia un rapporto di reciprocità: gli episodi intermediali fungono da intervallo alla trama della commedia, come gli atti di essa s’intercalano alle vicende degli intermezzi. I COSTUMI La tradizione dello spettacolo di corte attribuisce grande importanza all’abito di scena. Gia nel XV secolo lo sfarzo e il decoro propri della festa signorile assegnano al costume un preciso significato e un compito rilevante nella ricerca di una connotazione raffinata e sorprendente dell’allestimento. COMMEDIA: essa è animata da personaggi della realtà contemporanea cittadina e borghese per cui i costumi avrebbero dovuto ricalcare la moda corrente ma la chiave celebrativa della festa aristocratica frappone tra realtà e scena la propria lente deformante, proponendo una quotidianità stilizzata e raffinata, in ogni caso non sconveniente alla sontuosità dell’evento rappresentativo e alla mentalità del pubblico aristocr. TRAGEDIA: costantemente ambientata in epoche antiche, pone agli allestitori il problema arduo di ritrovare nell’abito di scena una connotazione storicizzante, senza però sacrificare il decoro consono alla festa signorile. PASTORALE +INTERMEZZI: hanno maggiore libertà creativa grazie all’implicita vocazione fantastica dei generi. COMPAGNIE DELL’ARTE: per loro il teatro deve essere un’attività regolare, basata sull’economia dei mezzi con il massimo risultato. Il guardaroba dell’attore è frutto di un oculato investimento individuale o di gruppo e la facoltà di riutilizzarlo per molti spettacoli è un requisito indispensabile. Aldilà degli abiti di scena prescritti per alcuni personaggi, come i vecchi o i servi, i costumi dei comici dell’arte non sono privi di raffinatezza e lusso (comparabilmente con le disponibilità della compagnia). Ad esempio, i costumi delle innamorate, modellandosi sulla moda corrente, possono essere messi in competizione con quelli delle dame, per ,mettere in risalto la bellezza dell’interprete. ACCADEMIE, COMPAGNIE, BRIGATE FESTAIOLE La preminente committenza ufficiale delle corti ha un ruolo determinante nell’affermazione del gusto per lo spettacolo, guidandone l’evoluzione verso i valori della sfarzosa illusione celebrativa. Ma l’attività teatrale vive in altre forme di committenza privata, soprattutto nelle città dove sopravvivono più a lungo le repubbliche rispetto all’egemonia del principe. Un ruolo significativo nell’elaborazione sperimentale di generi drammatici alti e difficili come la tragedia o nella sopravvivenza di forme di commedia irregolare rispetto al canone ufficiale, spetta alle accademie, alle congreghe, ai gruppi solidali come le compagnie di piacere che allo svago conviviale associano la passione per il teatro. Alcuni esempi sono: Compagnia della calza cioè insieme di giovani aristocratici riuniti sotto l’egida di un emblema allusivo ricamato appunto sulla calza destra come segno di appartenenza che a Venezia assicurano la committenza e la sovrintendenza all’organizzazione dello spettacolo A Siena operano: 1) pre-Rozzi: artigiani che coltivano da autori e attori un teatro comico misto di componenti popolaresche e colte 2) Rozzi: artigiani che si mantengono fedeli al proprio impegni dilettantistico e allo spirito corporativo, facendo della commedia rusticana il genere prediletto con scarse concessioni al gusto aulico della cultura ufficiale 3) Accademia degli Intronati: aristocratici per cui la scrittura drammaturgica è occasione di elegante cimento letterario GLI ATTORI TRA DILETTANTISMO E PROFESSIONISMO Lo spettacolo drammatico rinascimentale nasce e si sviluppa all’insegna del dilettantismo attorale, affidandosi al volenteroso e nobile impegno di cortigiani ed intellettuali che, certo ricompensati in forma diretta dal principe, si esibiscono nell’interpretazione di testi soprattutto comici, maturando negli anni esperienze che producono esiti artistici di qualche rilievo: dilettantismo colto, accademico e di scuola: rappresentazioni tardoquattrocentesche dei testi classici dilettantismo dei cortigiani: non deve essere sottovalutato, in quanto fondamentalmente legato alla disciplina della retorica e al culto della parola, per un doppio ordine di ragioni: 1) su di esso è costruito il concetto di rappresentazione drammatica regolare del Rinascimento 2) al nobile modello di attore, idealizzato dalla cultura accademica, vengono polemicamente contrapposti i primi comici professionisti della metà del XVI secolo Volendo redigere un catalogo delle categorie di comici attive nel primo trentennio del 500 ci si trova di fronte ad una realtà in trasformazione: - buffone: ha il pericoloso privilegio di divertire il principe con la sorpresa della battuta, la trasgressione e il ridicolo. Egli compare infatti vestito da matto, armato di tamburo e tromba, a scompigliare la danza o a scomporre l’ordinato allegorismo delle feste signorili. Il buffone tuttavia, oltre a frequentare le corti, vagabonda per le piazze delle città e dei borghi per intrattenervi un pubblico socialmente composito, narrando e recitando monologhi. Il bagaglio tecnico di una gestualità irriverente, la contraffazione della voce e la mimica spingono il buffone anche verso la recita di brevi numeri ciarlatano: colui che alla vendita di medicamenti definiti portentosi associa esibizione di attrazione varia (gioco di prestigio, numero acrobatico, narrazione di storie) per conquistarsi l’attenzione di un pubblico più numeroso di potenziali acquirenti. La sua arte si avvale delle tecniche del ben dire, allo scopo di convincere il pubblico a comprare oli capaci di assicurare mirabolanti imprese e miracolose guarigioni. Le esibizioni dei ciarlatani si perfezionano ben presto in un’accurata strategia di persuasione infatti risultano essere registi consapevoli in quanto si devono impadronire di una molteplicità di tecniche d’intrattenimento riuscendo ad organizzarle. Di qui la sua alleanza con la figura del buffone, l’assunzione della donna come oggetto da esibire…è in tale evoluzione che si riconosce un’analogia con la formazione delle prime compagnie dell’arte. Ciò detto non si devono identificare le esibizioni dei primi cda con quelle dei ciarlatani in quanto l’arte dei comici è frutto elaborato, sintesi complessa di un determinato tipo di cultura. IL PROFESSIONISMO DEI COMICI DELL’ARTE Il più antico documento pervenutoci a testimonianza della costituzione di una compagnia di comici professionisti è un atto notarile stipulato a Padova nel 1545. Esso sancisce che: Ser Maffio è capo della compagnia e gli si deve obbedire In caso di malattia di uno dei membri gli altri lo devono soccorrere e curare a spese comuni e se necessario riportarlo a casa liberandolo dal vincolo contrattuale I guadagni, escluso il necessario per vivere, vengono custoditi in una cassa comune da dividersi alla scadenza del contratto L’abbandono anticipato della compagnia comporta l’esclusione dalla divisione degli utili e una multa Acquisto di un cavallo a spese comuni Divieto di gioco d’azzardo Si insiste molto sulla dimensione commerciale dell’impresa e sulle norme che regolano la coesistenza dei membri. Infatti per Benedetto Croce “arte” in italiano antico significa mestiere, professione per cui commedia dell’arte significa “commedia prodotta da chi appartiene alla professione, al mestiere. Posizione diversa assume lo storico del teatro inglese Nicoll che alla parola “arte” attribuisce il significato di abilità speciale, talento per cui commedia dell’arte significa “commedia della bravura”. Il carattere specifico della cda consiste nella possibilità di produrre teatro senza ridurre il momento scenico a pura trasposizione verbale della pagina drammaturgia, e di sospingere il teatro verso finalità venali, di vendita senza però rinunciare alle sua dimensione espressiva. Nella cda l’attore, dunque, diviene l’autentico e unico compositore dello spettacolo. Tecnica dell’improvvisa: risultato di una straordinaria sapienza scenica che consente di dare agli spettatori l’impressione di naturalezza e spontaneità. L’improvvisazione realizza il paradosso apparente di tradurre in spettacolo il fantasma di un testo di commedia mediante la sagace prassi combinatoria dei suoi sparsi elementi strutturali. Su tale base agiscono i cda che danno vita ad un repertorio vasto e variato, praticamente infinito, attraverso il gioco combinatorio attuato da un numero relativamente ristretto di attori. Ciascuno di loro, nato e cresciuto all’interno della compagnia e istruito attraverso un lungo apprendistato condotto sul palcoscenico con funzioni di contorno, si specializza nell’interpretazione di un ruolo determinato cioè un tipo fisso scelto fra quelli propri della cda. Tra l’interprete e il suo ruolo si stabilisce negli anni una sorta di simbiosi per cui assume il suo nome anche nella vita privata. Ciascun attore costruisce il proprio ruolo in rapporto con gli altri attori e gli altri ruoli presenti in compagnia, “improvvisando” sera per sera sulla scorta di note, materiali conosciuti a memoria, di combinazioni sperimentate nel corso delle prove: il lavoro dell’attore della cda è quindi tutt’altro che libero ed estemporaneo ma anzi gli viene richiesto un dominio assoluto del proprio ruolo, un senso straordinario del ritmo, e la bravura del gioco di squadra. Le compagnie dei cda sono formate da 10-14 attori (numero sufficiente per dare vita ad una serie di intrecci nuovi in modo da cambiare lo spettacolo) e i membri adulti delle famiglie hanno i ruoli principali mentre gli altri svolgono funzioni marginali. I ruoli fissi sono: una o due coppie di innamorati (amorosi), giovani e di bell’aspetto (recitano senza maschera sul viso) che si esprimono con un linguaggio forbito e toscaneggiante, spesso attingendo al repertorio della poesia petrarchistica due vecchi, il Magnifico e il Dottore, caratterizzati comicamente dalla distorsione iperbolica di alcuni vizi (avarizia, pedanteria, libidine) e dalla parlata dialettale diversa a seconda della provenienza. Ad es Pantalone = veneziano; Balanzone = bolognese; Tartaglia = meridionale due servi (zanni) il primo dei quali è astuto (Brighella) e il secondo sciocco e balordo (Truffaldino); entrambi sono comici e sempre pronti a risolvere volontariamente/involontariamente la situazione arricchendola con gags gestuali o verabali, anche per loro abbiamo differenti dialetti Accanto ai ruoli fissi abbiamo anche dei ruoli mobili: servetta che è spesso innamorata di Arlecchino e perseguitata da uno dei due vecchi o da entrambi; rappresenta l’elemento erotico della compagnia infatti indossa gonne a mezza gamba e ha vistose scollature capitano che è la parodistica effige dei militari spagnoli E’ errato definire tutti i ruoli della commedia dell’arte con il termine di “maschera” perché solo i vecchi ne indossano una di cuoio. Essa limita le possibilità espressiva della mimica (solo la bocca resta scoperta) enfatizzando quella verbale e gestuale, conferendo agli attori un’andatura particolare resa necessaria dalla limitazione della visuale provocata dai fori per gli occhi. La cda richiede ai suoi attori la conoscenza mnemonica di una grande quantità di testi e lazzi (“pezzi” verbali e mimici) che ciascuno custodisce gelosamente negli zibaldoni (o generici), arricchendoli col proseguire degli spettacoli. Esempi di contenuto degli zibaldoni: amorosi = monologhi di disperazione e speranza, litigi per gelosia, dialoghi sentimentali vecchi = sbotti di impazienza, tirate pedanti, persuasive morali zanni = giochi di parole, qui pro quo, gags mimiche e acrobatiche Il canovaccio riassume l’intreccio della commedia, con l’indicazione dell’entrate/uscite dei personaggi in scena; ad esso è di norma allegato il catalogo delle robbe ossia degli oggetti e degli attrezzi di scena. L’originaria popolarità della cda, recitata per qualche decennio negli stanzoni affittati di fronte ad un pubblico formato dagli strati più umili della società, lascia presto spazio ad esibizioni raffinate, al cospetto di signori e principi che ospitano volentieri i comici onorati, percorrendo la vicenda centenaria e fortunata dell’improvvisa in tutta Europa. INGHILTERRA: Una serie di editti tra il 1550 e il 1570 da parte della Corona, vieta di mettere in scena opere di argomento sacro. A corte si affermano quindi i masques = spettacoli allegorici fondati sul mimo e sulla danza e conclusi con un ballo finale tra attori e pubblico; i tornei continuano ad essere rapresentati con fortuna trasformandosi in un evento sempre più spettacolare. Abbiamo il progressivo affermarsi della figura professionale dell’attore, sia sul piano istituzionale che legislativo, che riesce a conseguire un riconoscimento sociale ancora inesistente negli altri paesi europei. Master of Revels = licenza che consente alle compagnie di recitare ovunque, essendo i testi preposti alla revisione preventiva di un funzionario. Struttura delle compagnie professionali come società di partecipazione = le compagnie professionistiche, come quella degli Earl of Leicester’s Men, sono strutturate in forma di società composte da 4 o 5 attori i quali, all’atto di fondazione, versano una cospicua somma di denaro come quota di partecipazione, riservandosi poi di dividere spese e proventi. Tutta l’amministrazione della compagnia, e i relativi guadagni dunque, spetta ai soci fondatori. Costumi = occupano una parte rilevante dell’attenzione e delle spese degli attori elisabettiani. 5 tipi: costumi della moda corrente costumi che ricordano quelli della classicità costumi per i personaggi di fantasia come fate o figure allegoriche costumi tradizionali rispetto le tragedie storiche inglesi costumi caratteristici per razze e esotismo SPAGNA: Autosacramental = genere che si afferma verso la metà del XVI secolo e che è contaminato da motivi propri del dramma morale, quali l’allegoria e la tesi didascalica, con la struttura del vecchio dramma biblico o evangelico. Dopo il 1555 i dilettanti vengono sostituiti dagli attori professionisti che recitano sui carros forniti dalle amministrazioni comunali. Fino alla metà del XVII secolo il sistema scenico dell’auto prevede due carros e una piattaforma mobile ma nel corso del 600 i carros aumentano fino a raggiungere il numero di quattro. Essi seguono un percorso a stazioni interno alla città concordato con il consiglio comunale. Quando si cerca di far luce sulle origini della figura professionale dell’attore in Spagna ci si trova di fronte ad una documentazione rarefatta e discontinua dalla quale si evince l’esistenza di artisti retribuiti per il lavoro di attori dal 1454. Lope de Rueda è la prima figura importante di attore, impresario e autore che eccelle nel ruolo di pazzo e imbroglione, sempre presente nella sua drammaturgia destinata soprattutto al pubblico popolare. In Spagna esistono 2 tipi di compagnie: quelle a base societaria simili al modello inglese quelle dirette da un impresario che remunera in maniera forfettaria gli attori ingaggiati A differenza del teatro elisabettiano, dove recitano solo uomini, nel 1587 le donne attrici vengono riconosciute ufficialmente all’interno della compagnia del marito o del padre. FRANCIA: Farse e sotties sono i generi prediletti del pubblico pagante delle piazze e delle fiere. L’origine dei primi attori professionisti francesi è da riferire con tutta probabilità alle associazioni borghesi impegnate sul fronte dello spettacolo come: confraternite laiche sodalizi ricreativi compagnie studentesche corporazioni di impiegati Fra le compagnie più celebri va ricordata quella di Agnan Sarat che organizza alcuni spettacoli con cda italiani a Parigi intorno al 1578. Per quanto riguarda gli spettacoli di corte essi hanno la funzione di diffondere un messaggio politico di solidità della corona e di riaffermazione del suo ruolo equilibratore e pacificatore nei destini della nazione anche se ciò è del tutto utopico e illusorio. Magnificenses = manifestazioni celebrative estese su un arco di più giorni che attraverso un complicato codice emblematico e allusivo esprimono il messaggio ideologico voluto. Spesso sono ambientate bei giardini delle residenze aristocratiche in cui la corte partecipa attivamente. LA DRAMMATUGIA LA DRAMMATURGIA REGOLARE IN ITALIA: 1508 = anno che segna il confine cronologico e culturale tra la nuova drammaturgia regolare e la tradizione quattrocentesca di testi drammatici di ispirazione classica. E’ l’anno in cui viene composta la Cassaria di Ariosto in cui abbiamo il primo caso di impiego teatrale della prospettiva di cui abbiamo notizia. Prima della commedia regolare la drammaturgia era in latino e in volgare ma ora vediamo la rinascita dei tre generi drammaturgici dell’antichità -commedia, tragedia e dramma satiresco risorto come dramma pastorale- con la conseguente costituzione di uno statuto formale normativo e caratterizzante per ciascun genere. Ad es. Commedia + tragedia = rispetto delle 3 unità (tempo, spazio e luogo) e della classica scansione in prologo, protasi, epitasi, catastrofe ed epilogo risolta all’interno della suddivisione in 5 atti. COMMEDIA: La Cassaria di Ariosto offre per prima in forma esemplare il corrispettivo moderno del genere comico di ascendenza classica che si rivela funzionale nell’ambito della nuova committenza signorile cui si rivolge. L’impianto strutturale e i caratteri fondamentali dell’invenzione, mista di antico e attuale, si impongono immediatamente con l’autorità della norma. Infatti, i temi classici si arricchiscono, duplicano e aggiornano nella contaminazione con le fonti letterarie moderne. I commediografi 500eschi preferiscono attenersi agli intrecci, ai tipi e alle situazioni comiche collaudate dei modelli classici anziché aspirare alla presa diretta della realtà: così la commedia risulta essere imitazione di imitazione piuttosto che imitazione della vita reale. La commedia riesce a trovare in Plauto e Terenzio i modelli da rielaborare, integrandoli con il portato della tradizione novellistica e, in alcuni casi, con l’osservazione diretta della realtà, in sintonia con le aspettative della committenza signorile e con il gusto degli spettatori contemporanei. Come scelta linguistica abbiamo la tendenza dell’utilizzo del volgare illustre. Un po’ di nomi: BERNARDO DOVIZI DA BIBBIENA = La Calandria, 1513: si afferma come un classico nell’ampio panorama della commedia rinascimentale NICCOLO’ MACCHIAVELLI = La Mandragola, 1518: convoglia nell’antimoralismo del lieto fine una visione critica della realtà storica e del costume civile contemporanei. La sistematica infrazione alle norme morali operata da tutti i personaggi della vicenda riproduce, infatti, la dissoluzione dei valori morali e sociali coltivati dall’umanesimo PIETRO ARETINO = Le sue opere si contraddistinguono per un intenso gioco formale di amplificazione della norma che giunge ad esporla alla massima contraddizione e alla dissoluzione. Ad es. ne La cortigiana Aretino dà vita ad un quadro provocatoriamente e autenticamente realistico che rovescia il gustoso divertimento della commedia in una satira violenta contro la corte pontificia rappresentata come una novella Babilonia ANGELO BEOLCO detto il RUZANTE = punta sulla “snaturalitè”, una naturalezza che nasce dalla concreta pratica della scena, dalla personale esperienza attorica, e dal contatto diretto con la gente comune come contadini e paesane che sono protagonisti delle sue opere LA VENEXIANA = rappresenta un capitolo singolare della scrittura comica 500esca in quanto si tratta di un’anonima commedia risalente probabilmente al primo ventennio del secolo. Vi si tratteggia, con satirica evidenza, il costume cittadino della Venezia borghese e benestante GELLI + D’AMBRA + VARCHI = commediografi che operano a Firenze BELO + CARO = commediografi che operano a Roma GIANCARLI + CALMO = commediografi che operano a Venezia DELLA PORTA + BRUNO = commediografi che operano nel meridione TRAGEDIA: Sembra restare isolata in un mondo a parte, lontana da qualsiasi illusorio realismo. E’ un fatto tuttavia che la trionfante affermazione della commedia convinca i letterati a sospingere la loro emulazione degli antichi anche sul fronte difficile del genere tragico. Di fatto la tragedia, risorta nell’italia del rinascimento, fallisce l’obiettivo di imporsi come genere dominante e solenne della scena nazionale, restando imbrigliata in una soffocante discussione precettista che ne ipoteca. Proprio sul nascere, la virtuale vitalità teatrale. Un po’ di nomi: GIAN GIORGIO TRISSINO = è il promotore di una tragedia ispirata al modello greco euripideo, caratterizzato da grandiosità di azione, nobiltà dei personaggi ed elevatezza formale impreziosita dall’uso del verso GIOVANNI RUCELLAI = le cui tragedie sono importanti dal pdv della sperimentazione ma che non conoscono la verifica sulla scena LUDOVICO MARTELLI = Tullia, : tragedia incompiuta dove l’autore condanna la tirannia e il falso demagogismo popolare con evidente rinvio all’attualità politica fiorentina GIOVAN BATTISTA GIRALDI CINZIO = Orbecche, 1541 : tragedia di derivazione senecana (anziché greca), contraddistinta quindi dal gusto per l’orrido e dalla passione morale SPERORE SPERONI = Canace, 1542: di argomento mitologico e derivazione ovidiana. La progettata messinscena va a monte a causa di uno degli interpreti, il Ruzante TORQUATO TASSO = Torrismondo, 1587: tra il ritmo spezzato dei versi dialogici e l’armonia elevatissima del lirismo dei cori egli compone un’opera in cui la dimensione interiore viene intensamente scandagliata attraverso il dialogo fra i personaggi DRAMMA PASTORALE: Il dramma satiresco, problematicamente descritto dagli antichi come una forma drammatica oscillante tra il comico e il commovente, pone ai letterati del rinascimento non pochi problemi per la formulazione di uno statuto corrispondente. L’immaginario naturalistico e campestre del 400-500 ha per la verità già messo a punto un’ampia e variegata gamma di messinscene e di elaborazioni poetico-drammatiche fiorite un po’ ovunque nelle corti e nelle repubbliche della penisola. Tale forma di ambientazione boschereccia, mescolata di comico e tragico, si rivela disponibile agli esiti della farsa e della festa signorile; la fruizione non risulta però esclusivamente cortigiana, ma anzi più largamente borghese e cittadina. Intorno agli anni 30, avendo il processo di regolarizzazione investito anche il teatro di argomento pastorale, la divaricazione tra il registro alto e quello basso si accentua imponendosi come una scelta, mentre il tentativo di sintesi si realizza tardivamente. Pochi nomi: TORQUATO TASSO = Aminta, 1573: determina la paternità ferrarese del genere. La vicenda alterna con equilibrio riflessioni liriche, passi narrativi e drammatici, trattenendo il patetismo sul confine della tragicità. Prodigioso equilibrio stilistico tra una lingua poetica semplice e l’eleganza dello sfondo arcadico che è vagheggiato dall’aristocrazia colta e raffinata della corte ferrarese. In tutto ciò l’elemento comico viene conservato e sono presenti autentici inserti musicali a chiusura di ciascun atto GIOVAN BATTISTA GUARINI = Pastor fido, 1595: intreccio più complicato e amplificazione del meraviglioso e del sentimentale; infatti, la figura del mago assume importanza e centralità, giustificando le più fantasiose invenzioni scenotecniche e gli scioglimenti più improbabili INGHILTERRA: Nel corso del XVI secolo i generi drammaturgici della tradizione medievale inglese vanno incontro al mutamento di cultura e di gusto inteso alla secolarizzazione del teatro, approdando a esiti testuali nuovi o scomparendo completamente. Ad es. non abbiamo più traccia di drammi ciclici o comunque della forma tradizionale di moralità. Interlude: se tale termine dapprima compare nel XIV sec per indicare complessivamente qualsiasi testo adatto oltre che alla lettura anche alla fruizione drammatica, all’inizio del XVI sec viene specificatamente riferito a quella variata drammaturgia destinata all’intrattenimento profano e all’allestimento al chiuso, più breve delle antiche moralità ma per talune componenti debitrice ad esse e anche influenzata dalla nuova cultura classicheggiante. Il primo es. è Fulgenzio e Lucrezia, 1516, di HENRY MEDWALL. Anche la drammaturgia inglese viene colpita dalla nuova corrente umanistica come dimostrano alcune opere di ambiente scolastico e universitario dei primi decenni del secolo. Professori e studenti di scuole e università coltivano lo studio della drammaturgia classica, allestendo testi comici e tragici in latino o componendone a imitazione in inglese. Non manca però una drammaturgia che mescola tradizione classica con quella nazionale, risultando gradita al pubblico popolare. University Wits: gruppo di ex studenti che fanno della drammaturgia la loro principale occupazione con cui collaborano molti attori professionisti. CHRISTOPHER MARLOWE è il drammaturgo più interessante del gruppo e caratterizza le proprie opere di personaggi grandiosi, mossi dalla bramosia di potere spinta fino alla propria dannazione. SPAGNA: La produzione drammatica secolare che precede in Spagna la grande stagione del siglo de oro si inaugura con la cosiddetta “generazione dei re cattolici”, composta da autori nati intorno agli anni settanta del XV sec e disposti alla verifica innovatrice degli stilemi della tradizione sacra e della tematica pastorale nel senso di un’attiva e originale sperimentazione. I primi drammi secolari spagnoli a essere rappresentati sono quelli di JUAN DEL ENCINA che opera sia sul versante della drammaturgia sacra che profana. Sullo scorcio del 1400 compare un anonimo testo che riscuote un grande consenso e cioè La Celestina, che viene attribuita all’ebreo convertito FERNANDO DE ROJAS, probabilmente spinto all’anonimato. Altri due nomi: JUAN DE LA CUEVA = uno dei più applauditi autori di drammi tragici operanti intorno agli anni 80. la sua drammaturgia si distingue dall’opera di altri autori per la continuità con cui si apre a trasferire sulla scena le leggende cavalleresche e romanzesche della tradizione spagnola, inaugurando un filone drammatico che in seguito avrà grande fortuna MIGUEL DE CERVANTES = Don Chisciotte FRANCIA: Nonostante il divieto imposto nel 1548 dal parlamento francese ai Confreres de la Passion di rappresentare drammi religiosi, l’antico genere tradizionale dei misteri viene ripreso ancora largamente dalla provincia. Le tensioni polemiche di parte protestante trovano efficaci veicoli d’espressione nelle forme tradizionali del teatro sacro (THEODORE DE BEZE) e della sottie (PIERRE GRINGORE). Sul versante della cultura classicista occorre registrare l’intensa opera di diffusione dei modelli del teatro antico svolta dai collegi di Parigi e dalle principali città francesi, dove non solo si fanno recitare testi classici in latino, ma si curano traduzioni e si promuove la composizione di opere originali in francese e in latino. Capitolo5: il gran secolo ►La fioritura di autori e attori, i numerosi eventi spettacolari e la diffusa edificazione di teatri, in Europa e nei paesi coloniali, fanno del XVII secolo, il gran secolo del teatro. Primo dato che interessa la lunga durata della storia teatrale, occidentale è la sempre maggiore acquisizione dell’esperienza rinascimentale all’interno del modello di spazio teatrale, che giunge fino a noi con la sala barocca, o all’italiana (nato nei maggiori centri teatrali della penisola e poi diffusosi nel resto d’Europa). ►Lo spettacolo implica per realizzarsi sia la libertà fantastica(invenzione di scene e suoni), sia l’esattezza razionale, la concretezza tecnologica delle macchine, la sapienza professionale. Emblematica di tale tendenza di gusto è la fortuna riscossa dal nuovo genere: il melodramma, anch’esso di nascita italiana. Scenicamente erede dell’ambientazione naturale e favolosa del genere pastorale e della sorprendente invenzione scenotecnica e coreografica degli intermezzi; ad essi il melodramma aggiunge il canto e la musica pervenendo ad una forma d’arte che aderisce perfettamente alla ricerca sinestetica dell’età barocca. ►La sala barocca nasce in Italia perchè espressione di una nuova epoca, caratterizzata da: 1) aumento di prestigio e iniziativa del ceto aristocratico rispetto alla supremazia signorile del secolo precedente →l’incontro a teatro diventa necessario a causa del radicarsi di una nuova mentalità nelle elites, sensibili al richiamo della fama e del decoro, 2) declino traffici mercantili a vantaggio dell’investimento immobiliare ►Nuove forme di committenza: accanto a quella ancora attiva del principe, si affacciano nuove figure appartenenti all’aristocrazia cittadina, per lo più vincolata in associazione accademica, che si fa promotrice non solo di grandi manifestazioni spettacolari allestite in luoghi provvisori, ma anche nell’edificazione di stabili sale teatrali, riconosciute dal controllo dell’autorità centrale sotto forma di licenza o di protezione. Spesso l’accademia o il principe sono i responsabili della gestione diretta della sala ma ben presto ad essi subentra la figura dell’impresario. ►Alcuni esempi: Venezia: conserva magistrature repubblicane, i teatri appartengono a nobili famiglie proprietarie, le quali li appaltano a impresari o li dirigono in proprio provvedendo al reperimento di compagnie di attori, cantanti, musicisti, scenografi→ qui il teatro si apre ad un pubblico pagante, avviando la moderna organizzazione teatrale. Napoli e Milano: domini spagnoli, il teatro pubblico si afferma sull’esempio della tradizione iberica pur adattandosi alle iniziative aristocratiche o borghesi locali. Roma e Firenze: la corte esercita ancora un forte controllo. ►In tale contesto la manifestazione teatrale( che nel 500 era episodio culminante all’interno di un complesso progetto culturale per celebrare il principe o la città) assume un carattere di autonomia, sganciandosi dall’evento celebrativo, ossia dall’ “ordine della festa”, tende ad imporsi come “ordine del teatro”, fenomeno regolare nel costume di una città, programmato nel calendario di stagioni teatrali, sostenuto da un’economia fondata sul mercato→rivoluzione culturale e sociale tutt’altro che univoca e rapida. ►Costituzione di un nuovo pubblico: socialmente più composito e numeroso, non essendo più l’accesso allo spettacolo condizionato dall’invito del principe, ma dal pagamento del biglietto. ►Teatro educativo: su un diverso fronte, l’età successiva alla Controriforma e alla formazione dell’ordine gesuitico realizza il programma ideologico di riforma del teatro educativo in opposizione al teatro “mercenario” delle compagnie di comici, il quale ha raggiunto, nella prima metà del secolo, i vertici della celebrità. Lo spettacolo barocco, infine, vive nelle piazze, nei grandi apparati scenografici effimeri costruiti in occasione delle fiere cittadine, o in occasione delle feste religiose. 5.1 Il luogo scenico Italia ☼ La tipologia del teatro all’italiana. Il modello del teatro all’italiana fonda le sue basi sugli spazi del grande spettacolo di corte, ma ben presto si perfeziona per accogliere un pubblico diverso, socialmente eterogeneo e più numeroso. Nella realtà ogni teatro è diverso dagli altri, eppure la pluralità dei singoli progetti risponde con coerenza a un solo modello ideale di sale teatrale. Tale modello tipologico si caratterizza fortemente, rispetto al passato, a cominciare ►dalla zona del palcoscenico, assai sviluppato in profondità in altezza. Sono in oltre previsti un sottopalco, coperto da un assito(tavolato) con botole e altri spazi retrostanti la scena. Tutti i cambiamenti sono opera dello scenografo che non coincide più, come passato, con l’architetto. ►Sul lato rivolto verso la sala, il palcoscenico viene delimitato da un grande prospetto architettonico, l’arcoscenico, o arco di proscenio, in genere decorato. Esso costituisce una cesura tra la zona d’illusione(scena) e la zona della realtà(palchi e platea). Per quanto attiene alla funzione tecnica di inquadramento della visione prospettica della scena, l’arcoscenio sembra essere ispirato alla pittura. Esso aveva una duplice funzione:1)occultare agli occhi degli spettatori i meccanismi di risalita del sipario e di mutazione delle scene 2)materializzare la vocazione invasiva dello spettacolo a tutto l’ambiente teatrale. ►Il sipario: diaframma posto a separare il palcoscenico dalla sala, coincide con l’arco di proscenio. Viene impiegato soltanto per nascondere la scena agli spettatori prima dell’inizio della rappresentazione. Viene rimosso mediante due sistemi: a risalita o a caduta. ►La zona del pubblico : sul piano della platea sta l’orchestra, al di là della quale si apre la platea che ha per lo più pianta a U allungata o mistilinea. Le sperimentazioni sulla ricezione acustica e visiva portano a mutare la pianta della sala teatrale, adottando la forma a campana, ovoidale, a semiellisse e a ferro di cavallo, in ogni caso con l’asse maggiore disposto perpendicolarmente al fronte della scena. Tutt’intorno si erge la grande curvatura della parete a palchetti(o alveare). Il tipico asseto ad alveare del teatro all’italiana corrisponde all’esigenza di distribuire nei diversi ordini di palchetti gli spettatori, distinguendoli per rango e per censo. Nei teatri pubblici, la platea è solitamente destinata al pubblico piccolo borghese, i due ordini centrali di palchetti agli spettatori più illustri, il palco centrale al principe o alla massima autorità cittadina. Al di sopra dell’ultimo ordinamento è situata una loggia, destinata alla numerosa servitù dell’aristocrazia. È frequentemente attestata la trasformazione della sala teatrale in luogo per balli o conviti eventualmente seguiti dallo spettacolo: l’accesso a entrambe le manifestazioni è regolato da un prezzo graduato del biglietto. ☼ Le fonti della sala all’italiana ►La configurazione della sala barocca discende da due diversi prototipi di ambiente: 1) teatro da sala,da cui prende la zona attrezzata del palcoscenico incluso l’arcoscenio, 2) teatro per tornei→disposizione del pubblico a tribune sovrapposte. Inoltre dal teatro-cortile deriva l’affaccio verticale del pubblico. ►L’anfiteatro in pietra del giardino di Boboli realizzato tra il 1618 e il 1637, progettato da Giulio Parigi. →restituisce con elegante evidenza la dimensione fastosa del gusto dello spettacolo da torneo. Il gusto barocco, specie nella prima meta del 600, favorì il moltiplicarsi degli spettacoli equestri, manifestazioni grandiose sempre più ricche di invenzioni e inserti drammatici e musicali. L’anfiteatro fiorentino trasferisce nell’impianto murario una delle tipologie più diffuse di accoglienza del pubblicoprima costruite in legno. Il dato di rilievo in tali costruzioni lignee e provvisorie è la disposizione verticale della zona riservata al pubblico, a logge e poi a palchi sovrappostiinfluenzerà la moderna definizione di teatro all’italiana. ►Teatro Farnese di Parma(fig. 5.1,pag 332): figura di particolare rilievocesura tra la trascorsa esperienza dell’edificio tardorinascimentale e la sua moderna evoluzione; costruito da Giovan Battista Aleotti nel 1618. L’estetica del barocco percorre tutta la concezione della struttura dell’Aleotti, molti elementi si richiamano allo stile architettonico del Serlio e del Palladiocome i due ordini sovrapposti di logge, in parte praticabili, che coronano l’ultimo giro della cavea, in funzione di peristilio. La forma a U della cavea a 14 gradoni si rifà alla pianta analoga dei teatri fiorentini: l’allungamento delle due ali laterali, effettuato in un secondo momento allo scopo di ospitare il crescente numero di spettatori. Il palco d’onore del principe si trova al centro della gradinata, anticipando il futuro palco reale e non più al centro della platea, come era nel Mediceo. Le dimensioni del teatro aleottiano consentono una capienza di circa tremila spettatori. Dietro il boccascena, decorato con motivi dedotti dalla scaenae frons palladiana, si apre un amplissimo spazio scenico. Spettacolo inaugurale è del 1628, opera-torneo Mercurio e Marte di Claudio Achillini su musiche di Claudio Monteverdi. ►La sperimentazione scenografica più sontuosa, con il perfezionamento e la razionalizzazione degli spazi del palcoscenico, prosegue, frattanto, anche nelle numerose sale di corte provvisoriamente adibite a teatro, e nelle residenze aristocratiche mediante sistemi sempre più perfezionati di montaggio e smontaggio. Esempi di sale teatrali aristocratiche: palazzo alle Quattro Fontane, Roma, 1632, vi lavorarono diversi artisti tra cui il Bernini e il pittore Pietro da Corona. Fu commissionato da i due cardinali Barberini, loro drammaturgo di fiducia era Giulio Rospigliosi, futuro Papa Clemente IX Chi soffre speri teatro Ducale in Mantova, inaugurato alla metà del secolo precedente su disegno di Bertani, distrutto da un incendio nel 1591. un nuovo teatro fu edificato da Viani. Opere rappresentate: la Dafne, l’Arianna e il Ballo delle ingrate del Rinuccini, l’Idropica del Guarini. Teatro di corte in Torino: inizialmente era una sala occasionalmente adibita a teatronel 1681, nel medesimo spazio fu edificato un teatro permanente progettato da Amedeo di Castellamonte. Teatri provvisori da torneo: -anfiteatro di Boboli(vd sopra), -modello padovano: 1636, in tale anno il marchese Pio Enea degli Obizzi, ordinò l’allestimento di un’opera-torneo, da tenersi nel teatro ligneo provvisorio costruito a Prà della Valle su progetto di Alfonso Rivarola, detto il Chenda. L’opera fu Ermiona. struttura a 5 file di logge consentiva di distribuire con ordine la cittadinanza invitata in base ai ranghi. - modello bolognese: 1639, sala del palazzo del Podestà si rappresentò il torneo, a piedi e a cavallo, I furori di Venere, che vide nuovamente all’opera il Chenda. Furono situati due palcoscenici ai lati opposti della sala con arcoscenico, congiunti alla platea da altrettante pedane, il pubblico fu schierato nei lati lunghi del teatro e distribuito nei 5 ordini sovrappostiallestimento bolognese suggerisce l’assetto dei palchi del San Cassian di Venezia. ☼ Le prime sale del teatro pubblico Nel tempo della sperimentazione del melodramma, la disposizione a palchetti sovrapposti fu ben presto collaudata nei teatri veneziani come la più idonea alle proprie esigenze e di lì, grazie al successo conseguito, diffusa in Italia e all’estero come nuovo modello per la sala teatrale. Il teatro pubblico, ossia il fenomeno della vendita di spettacoli ad un pubblico pagante, all’interno di edifici stabilmente e appositamente realizzati, si era diffuso ben prima dell’affermazione del melodramma e della struttura spaziale a palchetti. La ristrutturazione del nuovo modello all’italiana converte le sale, in teatri destinati al melodramma, pur permanendo destinati al melodramma. Milano: nonostante la battaglia antiteatrale del cardinale Borromeo, a partire dal 1598 nel teatrino delle commedie, eretto nel cortile di palazzo Ducale, vi recitano tutte le maggiori compagnie di comici dell’arte italiani: Uniti, Gelosi, Accesi e Fedeli, versando una tassa a favore del collegio delle Vergini Spagnole, associazione di pia assistenza, titolata a svolgere il controllo sull’attività teatrale della città. Sempre all’interno del palazzo Ducale vi era il Salone Margherita destinato al più prestigioso teatro di corte, trasformato nel 1717 nel teatro Ducale. Genova: attività regolare di una stanza affittata ai comici dell’arte presso l’osteria del Falcone, proprietà della famiglia Adornosala fu ridotta a teatro permanente ligneo, con pianta a U e palchetti nel 1653. Venezia: dalla fine del XVI secolo funzionano regolarmente le due “stanze” ne quartiere San Cassiano, proprietà delle famiglie Michiel e Tron. La creazione della rete dei teatri pubblici fece di Venezia il primo centro teatrale d’Europa. 1) San Cassian vecchio, appartenente ai Michiel, la sua fama era già solida prima del 1580, in seguito esso sarà ricordato come luogo che introdusse a Venezia la passione per gli spettacoli della commedia dell’arte. 2)San Cassian nuovo: eclissò la fama del precedente, costruito nel 1580 dalla famiglia Tron. Nel 1636 ottenne la licenza del Consiglio dei Dieci, di rappresentare opere in musica: l’anno seguente i Tron affittarono il teatro alla compagnia diretta da Benedetto Ferrari, il quale mise in scena il melodramma Andromedacon cui si suole far coincidere l’inaugurazsione della storia del melodramma come spettacolo pubblico, ossia a pagamento, in alternativa allo spettacolo di corte. Nel 700 iniziò la sua decadenza. 1622, apre il San Luca dei Vendramin. Nel 1638 fu ricostruito, in pietra, il teatro ligneo Santi Giovanni e Paolo(fam Grimani), destinato alle rappresentazioni comiche, nel 1939 fu inaugurato e destinato esclusivamente al melodramma.(fig 5.2 pag 340). Pianta mistilinea, correggendo al firma a U con una scalmanatura verso l’esterno a metà delle due ali allungate. La sala contava 5 ordini di 29 palchetti ciascuno, separati da tramezzi radiali. La platea, in leggera pendenza verso la scena, ospitava posti a sedere e in piedi per il pubblico, mentre l’orchestra si situava a ridosso del palcoscenico. L’arcoscenico introduceva al vasto palcoscenico provvisto di sofisticati macchinari scenotecnica per le mutazioni di scena. Altre sale veneziane: teatro Nuovissimo(1641), Sant’Apollinaire(1651), San Samuele(1656), Sant’Angelo(1676) Napoli: qui funzionavano, a partire dall’inizio del secolo, diverse “stanze” pubbliche: quella di San Giorgio dei Genovesi fu presa in affitto dai Gelosi(Carlo Frede, in arte Luzio Fedele). Nel 1618 si inaugurò la stanza San Giovanni dei fiorentinicompagnia degli Accesi; la sala contava 22 palchetti, 250 posti a sedere in platea e un buon apparato d’illuminazione con torciere e candele. I proventi della sala andavano agli impresari. Nel 1620 fu inaugurata la stanza di San Bartolomeo, proprietà dell’ospedale degli incurabili, simile alla precedente si caratterizza per la sofisticata attrezzeria scenotecnica. ☼ I teatri barocchi. Per l’innanzi la speculazione e la prassi costruttiva dell’edificio teatrale evolvono verso soluzioni sempre più sofisticate, da un lato tendono al miglioramento della visibilità e dell’acustica della sala, dall’altro all’ampliamento della sua capienza e al miglioramento delle potenzialità tecniche. Il modello del teatro all’italiana diviene un paradigma adottato in tutta Europa, maggiori esempi Santi Giovanni e Paolo, San Samuele, e Falcone, divengono un modello per le sale europee. Non tutti i teatri costruiti su iniziativa di singole famiglie ma anche per scelta delle accademie formate da facoltosi aristocratici. Caso rilevante di teatro accademico: teatro degli accademici Immobili di Firenze, architetto: Ferdinando Tacca, il suo teatro assunse le più moderne acquisizioni in fattodi architettura sulla scorta dei teatri accademici e di cirte italiani e di quelli pubblici veneziani. Pianta mistilinea, una derivazione della originaria pianta a U, tre ordini di palchetti, poggianti a terra su di un colonnato, sotto il quale è disposta una bassa cavea con pochi gradoni struttura a palchetti e gradinata coesistono. Al centro della platea veniva collocato il baldacchino per il principe. Ma la sperimentazione secentesca sulle piante si spinse a esiti particolarmente avanzati, vicini alla funzionalità della pianta a ferro di cavallo, sanzionata un secolo dopo dall’edificazione del teatro alla Scala di Milano. Il riferimento è al teatro Tordinona in Roma, di Carlo Fontana, primo teatro pubblico in Roma: esso aveva pianta a U leggermente svasata con 5 ordini di palchi. Ristrutturato nel 1695 dallo stesso Carlo Fontana che sperimentò una pianta a “magnete”, con l’alveare dei palchetti fino al soffitto. Infine, il teatro della Fortuna in Fano(fig 5.3 pag 345), opera di un grandissimo autore della scenografia barocca: Giacomo Torelli. ☼La scenografia barocca italiana: dall’illusionismo prospettico a asse centrale alla veduta per angolo. L’immagine scenografica tende rapidamente ad abbandonare quella tipicamente rinascimentale di città, la cui fortuna era legata ai generi della commedia e della tragedia, entrambi oscurati dalla voga mitologizzante e fantastica degli intermezzi prima, dall’opera torneo e dal melodramma poi. Divengono, perciò, presto predominanti sfondi fantastici di cieli, marine, selve, giardini, favolosi palazzi, in cui macchine sofisticate consentono voli e scomparse di personaggi, terremoti e incendi, tenebre e luce sulla scia degli intermezzi del Buontalenti che dei 4 elementi del cosmo aveva fatto tema delle sue scenografie fin dalla fine del 500. La necessità di mutare le scene nel corso dello spettacolo conduce all’abbandono delle quinte angolari e del sistema dei periatti che cedono il posto a due serie simmetriche di quinte pianeogni quinta formata da tanti pannelli quanti devono essere i mutamenti di scena: ciascuno può scorrere lateralmente lungo una guida in modo da scomparire alla vista del pubblico dietro le pareti dell’arcoscenio, scoprendo il pannello immediatamente retrostante. Il mutamento avviene manualmente e richiede un gran numero di manovratori. I fondali: il fondo della scena è occupato da un numero equivalente di fondali, costituiti da pannelli più larghi delle quinte, occupano interamente lo spazio visibile. Poiché fino alla metà del 600 l’immagine predominante della scena era un esterno, a sfondo naturistico o fantastico, in alto compariva un cielo che poteva essere dipinto su un unico pannello o da una serie di arie, tele più piccole fissate a assi curvi, sospese al di sopra di ogni quinta. Niccolò Sabbatini, scenografo, nel suo trattato Pratica di fabricar scene e machine ne’ teatri, le nozioni della scienza prospettica si associano con l’atteggiamento empirico dedotto dalla concreta prassi teatrale. ►Una prima fase della vicenda scenografica del secolo può considerarsi compresa entro termini cronologici costituiti da due avvenimenti: 1)la scena mutevole degli intermezzi del Buontalenti per le feste medicee del 1586 e 1589, 2) la prima messa in scena di un melodramma presso il teatro di San Cassian in Venezia(1637). In tale periodo predominano due tradizioni scenografiche: 1)quella fiorentina, promossa dai successori del Buontalenti e 2)quella ferrarese costituita dagli allievi dell’Aleotti. 1)la scuola scenografica fiorentina: la responsabilità di scenografo di corte passò dal Buontalenti a Giulio Parigi, a utore di due tornei in Firenze e dell’anfiteatro in pietra di Boboli. Il figlio Alfonso Parigi fui scenografo e inventore delle macchine per lo spettacolo Le nozze degli Deimotivo iconografico dei 4 elementi del cosmo. 2)la scuola ferrarese, costituita da Alfonso Rivarola, detto Il Chenda, e da Francesco Guittiopera torneo Mercurio e Marte, caratterizzata dal gusto per il movimento ininterrotto del cambio delle scene e delel masse figuranti. In Guitti, inoltre, è stato rilevato il gusto per le originali varianti sullo schema spaziale simmetrico, attraverso il lieve spostamento laterale del punto di veduta. ►L’ingresso del melodramma nei teatri pubblici veneziani inaugura una nuova fase nella produzione scenografica, specialmente dal punto di vista tecnico professionale. Il passaggio dall’irripetibile evento della festa di corte alla riproducibilità dello spettacolo destinato a un pubblico pagante, insieme alle ragioni economiche del funzionamento del teatro imprenditoriale, producono la normalizzazione dell’esperienza compiuta, la razionalizzazione del lavoro e degli investimenti, l’avanzamento tecnologico. I grandi scenografi che si affermano sulle scene veneziane provengono da altre città: il Chenda(ferrara), Giacomo Torelli, Giovanni Burnacini e il figlio Ludovico Ottavio(scuola marchigiana). Con gli ultimi due si affermerà ovunque la nuova prospettiva illusionistica all’infinito , il cui fuoco prospettico è collocato in un punto all’infinito, non solo oltre il muro del palcoscenico, ma anche oltre quello dell’orizzonte, con un effetto di lontananza non più razionalmente misurabile. Le invenzioni del Torelli: la scena soffittata, la macchina della gloriagrande carro recante in trionfo una figura allegorica, la gran ruota, ossia l’argano centrale che consentiva il cambio di scena in perfetta simultaneità e con risparmio di manovratori. Nel linguaggio scenico dei Burnacini, l’impianto spaziale a fuoco centrale sviluppa ossessivamente l’invaso simmetrico delle quinte: tale simmetria è esasperata nella ridondanza decorativistica che risolve le immagini architettoniche in strutture simboliche, in rifrazioni illusionistiche, che sprofondano in lontananze senza dimensione, ossia senza più nesso con lo spazio reale. La scenografia che così si configura, sogno illusorio di ambienti della fantasia, sciolta da ogni vincolo con la realtà. Del resto i generi che si sviluppano in età barocca si svincolano dalle norme dell’unita di luogo. Nei teatri pubblici si creano delle scenografie riutilizzabili e perciò generiche:carcere, bosco..ecc. L’istanza innovatrice promossa dai nuovi scenografi muove ancora dall’impianto prospettico e, rivoluzionando gli schemi tradizionali, decentra l’asse della composizione e moltiplica le fughe prospettiche con l’introduzione di telari traforati con trasparenti intuizione aperta dalla pittura. ☼ Spagna ►Il dato di maggiore novità nei teatri spagnoli del 600 riguarda la loro gestione, nel secolo precedente il controllo dei teatri era esercitato dalle confraternite di carità; dal 1615 la corte di Madrid stabilì che gli enti di assistenza dovessero essere finanziati dai comuni mediante il versamento di una quota fissa, dalla quale essi potevano detrarre la somma che le confraternite ricavavano dal provento dei teatri comuni e Corona avevano interesse al buon andamento economico dei teatri: di qui la maggiore influenza esercitata dallo stato sulle nuove istituzioni e sulla nascita di provvedimenti atti a favorire la prosperità dei teatri. Fu istituita a Madrid, nel 1616, una giunta dei corrales, per provvedere all’affitto o appalto dei teatri a impresari privati su contratti annuali. Nel 1632 alla giunta si sostituì la figura egemone del Protettorele confraternite percepivano parte degli introiti del teatro senza poter intervenire sulla loro gestione. ►Dal primo decennio del 600 il corral del principe in Madrid ebbe una facciata a due piani: in basso si aprivano 7 porte, in alto 5 finestre si affacciavano sui corridoi interni. Nella platea furono introdotti in prossimità del palco, i taburetes, sgabelli che consentivano un amaggiore comodità agli spettatori situati nel patio. La scena del teatro pubblico si arricchì di macchinari e elementi scenici più complessi: la tramoya, una sorta di piramide rovesciata, montata su di un perno per consentirne la rotazione e mostrare le varie facce dip’inte oppure atte a ospitare un personaggio che dovesse sparire o apparire all’improvviso; oppure l’ara coeli o nube, un ascensore per sollevare i personaggi verso la soffitta. Tale fenomeno si sviluppò per seguire il gusto del pubblico per effetti scenici realizzati nello spettacolo degli autos caratterizzati dal forte influsso dello spettacolo italiano. ►Se, fino allo scorcio del 500, la corte non aveva svolto un ruolo di autonoma promozione teatrale, limitandosi a invitare le compagnie operanti nel teatro pubblico a esibirsi nelle residenze reali, a partire dai primi decenni del nuovo secolo, essa diviene un importante centro della vita teatrale iberica. Anche la corte spagnola, come molte altre europee, introdusse nel corso dell’età barocca l’insegnamento dei maestri scenografi italiani. I più significativi prodotti di tal genere di mutamento culturale e di gusto furono costituiti dalla sala dell’alcazar e dal Coliseo del buen retiro, il teatro di corte all’interno del nuovo palazzo reale. La configuarazione risente appunto dell’influenza italiana e solo con l’edificazione del Coliseo del buen retiro, il grande spettacolo all’italiana, rico di effetti scenografici e scenotecnici, divenne una consuetudine rilevante nel costume di palazzo. Progettato da Cosimo Liotti, la particolarità della scena del Coliseo era costituita dalla presenza di una vera finestra situata sul muro di fondo del palco:essa poteva essere aperta per rilevare uno sfondo panoramico naturale autentico, lasciando agli spettatori il compito di distinguere il vero dall’artificiale. Tutta la seconda metà del 600 fu caratterizzata dal lusso e da spese straordinarie profuse dalla corte negli allestimenti spettacolari. Successore di Liotti fu Baccio del Bianco. ►La zarzuela: altro luogo scenico facente parte del sistema teatrale della corte, dotato di complicate macchine di scena. Fuori dal palazzo reale il costume teatrale spagnolo prosegue nella tradizione degli autos rappresentati nelle piazze, nelle vie, nelle chiese e nei nuovi collegi gestiti dai gesuiti. ►il contributo più interessante della tradizione gesuitica al teatro non consiste nell’allestimento occasionale, bensì nel consapevole e costante impiego del teatro come strumento fondamentale del metodo pedagogico sale dei collegi utilizzate per grandi allestimenti. La prassi teatrale gesuitica fece sì che la presenza di uno spazio stabilmente destinato allo spettacolo divenisse un fatto comune all’interno dell’organismo architettonico dei collegies: teatro degli studi reali diretto da gesuiti. Si diffuse anche l’usanza di ambientare rappresentazioni all’interno delle università, o in luoghi privati per i religiosi che non potevano accedere ai teatri pubblici. ☼ Inghilterra 1642rivoluzione puritana: Cromwell impose la chiusura dei teatri. Battaglia ideologica in favore o contro il teatro: la corrente puritana finì per identificare il teatro, molto amato dalla dinastia Stuart, con il potere politico che combatteva, mentre il rigore il rigore della corrente protestante lo considerava come uno strumento di corruzione morale e di scandalosa ostentazione di lusso e sperpero da parte della corona. La chiusura dei teatri durò dal 1642 al 1661 e fu accompagnata dalla demolizione di edifici di illustre tradizione. Prima della chiusura dei teatri, sotto Giacomo I(stuart), l’autorità centrale della corona sulla vita teatrale fu confermata dal provvedimento del 1608 che designava nel Master of Revels, non solo il responsabile della concessione delle licenze sui testi e del permesso necessari alle compagnie per recitare, ma anche colui che designava i luoghi deputati alle rappresentazioni. Tale provvedimento aprì le porte della city alle compagnie riconosciute dal re. Il re stesso si fece protettore di una compagnia professionale: i Lord Chamberlain’s Menpoi King’s men. Le compagnie operanti a londra tra il 1608 e il 1611 furono 3. Rispetto al secolo precedente l’edificio teatrale pubblicò non ebbe sostanziali novità nella struttura, notevole fu invece l’apertura di nuovi teatri e la ristrutturazione dei vecchiil Globe fu ricostruito nel 1613, l’anno seguente apri l’Hope, 1621 riaprì il Fortune. Le novità maggiori relative allo spazio scenico nei teatri pubblici riguardano la sua razionalizzazione dal punto di vista della piena agibilità del palco, prima occupato da sgabelli per gli spettatori più nobili, che intralciavano i movimenti dell’attore. Anche in Inghilterra i primi decenni del secolo furono caratterizzati dall’influenza delle nuove tendenze italiane, soprattutto nello spettacolo di corte. Figura centrale in tal senso è Inigo Jones, che si formò sull’esperienza degli scenografi italiani. La sala di Whitehall palace(fig 5.7 pag 362) fu ricostruita da Jones nel 1618: lungo i lati e sul fondo della sala erano disposte alcune file di gradoni per il pubblico di nobili, il baldacchino reale veniva collocato quasi al centro della sala. Tra parterre e palcoscenico si alzava una piccola scala di collegamento affinché i ballerini-attori potessero continuare le loro danze anche nello spazio centrale della sala. Dimensioni della sala:12 metri di larghezza per 8 di profondità, con accentuata pendenza. In occasione della rappresentazione del masques of blackness del 1605, Jones introdusse per la prima volta l’arco di proscenio e il sipario. Progettò inoltre il Cockpit-in-court, disegnando una pianta in cui, entro il perimetro rettangolare delle mura, si inscrivesse un teatro ottagonale. Un alto era occupato dalla porta d’ingresso, sopra la quale è situato il palco del re. Di fronte si ergeva il palco sul cui fondale si aprivano 5 porte. I lati restanti erano occupati da tre gallerie sovrapposte, mentre la platea ospitava panche curiosamente posizionate in maniera perpendicolare alla scena affinché il pubblico non volgesse le spalle al re.-->oltre alla serie di quinte scorrevoli, Jones vi introdusse anche macchine sceniche. ►chiusura delle sale teatrali: età di Cromwell=periodo di soffocamento della vita dello spettacolo, si registra la distruzione di diversi edifici: il Globe, il Fortune, il Curtain, il Blackfriars e l’Hope, l’arresto e la fustigazione di attori. Sopravvissero il Red Bull, il Cockpit e il Salisbury. ►I teatri della Restaurazione: la nuova fase dell’architettura teatrale, coincidente con la Restaurazione, non si caratterizzò inizialmente con una brusca rottura nei confronti del passato per cedere il passo all’irruzione della tradizione italiana: i nuovi teatri sembrano giustapporre la disposizione dello spazio riservato al pubblico, propria dei vecchi teatri privati alla scena italiana propria dei masques di Inigo Jones, caratterizzata dall’arco di proscenio, da quinte laterali piatte e fondali mobili. Tali soluzioni di compromesso si rivelarono inadeguate alle esigenze scenografiche del nuovo spettacolo della Restaurazione. Le due maggiori compagnie si rivolsero a Christopher Wren, nuovo astro dell’architettura che costruì il Royal Theatre e il Duke’s Theatrecaratteristiche:pianta a ventaglio, in platea sono distribuite a semicerchi delle panche senza schienale, mentre l’area centrale, priva di sedili, era occupata da una piattaforma inclinata che scendeva dall’arcoscenico verso la platea. ☼ Francia All’inizio del XVII secolo, il solo teatro stabilmente operante in Parigi era l’Hotel de Bourgogne, che nel 1629 divenne sede stabile ed esclusiva dei Comediens du Roi. Dal 1634 la compagnia guidata dal grande attore Montdory (Guillaume des Gilleberts), protetto da Richelieu stabilì la sua sede al Theatre du Marais il teatro poteva contenere 1500 persone, le due pareti laterali e quella di fondo erano occupate da tre gallerie, la più alta delle quali non presentava le divisioni in palchetti caratteristiche dei due ordini inferiori, bensì ospitava una serie di gradoni. Il palco è in forte pendenza verso il pubblico. La sua particolarità consisteva nella predisposizione di un secondo palco, collocato al di sopra di quello principale. L’ Hotel de Bourgogne fu ristrutturato nel 1647: fu data alla sala una pianta simile a quella a fero di cavallo. ►Il Ricordo di Mahelot, Laurent, e di altri scenografi dell’Hotel de Bourgogne , un manoscritto, attesta la permanenza della simultaneità, sulla scena, di differenti ambientazioni, collocate lungo le pareti del palcoscenico, rappresentate come mansions. Di norma non erano molto definite nel loro aspetto esteriore e venivano impiegate quasi come strutture neutre per rappresentare, a seconda della necessità, come una grotta, un palazzo, una spiaggia, una tomba...ecc. Esse erano solitamente ricoperte da tele dipinte. Nel manoscritto non mancano riferimenti alla scenotecnica e alle macchine. Si parla infatti di navi che attraversano la scena, do macchine impiegate per i voli, altre che producono fuoco, fumo e rumori. Nell’ultima parte del manoscritto, emerge una tendenza alla massima semplificazione della scena, ridotta negli elementi e nelle decorazioni a una scarna essenzialità. In tale periodo, trionfa il classicismo drammaturgico, l’attenzione degli spettatori convergeva unicamente sull’attore e sulle parole. ►Nel 1640 il cardinale Richelieu fece costruire nel proprio palazzo il Palais Royal, teatro che ebbe per primo, in Francia, un arcoscenico in muratura e un palcoscenico dotato di quinte mobili. Il cardinale Mazzarino, nel 1659 chiamò a corte Vigarani, per costruire la Salle des Machines che divenne il più vasto spazio teatrale in Europa. La grandezza della sala favorivano l’utilizzo di incredibili invenzioni scenotecniche, ma la resero del tutto inadatta alla musica a causa della pessima acustica. La Comedie Francaise nasce nel 1679 dalla fusione della troupe di Moliere, con quella del Marais e la compagnia del Bourgogne nel 1689 riuscì ad acquistare il jeu de paume de l’Etoile ristrutturandolo come teatro con pianta a ferro di cavallo. ☼ L’Olanda, la Germania, l’Europa settentrionale e orientale ►Liberatasi dal dominio spagnolo, le piccole repubbliche mercantili olandesi conobbero nel 1600 un secolo di straordinario splendore economico e artistico. Nelle città prevalevano le Camerate di retorica, organizzazioni strutturate come vere e proprie corporazioni, alle quali le autorità municipali delegavano tutte le iniziative spettacolistiche e teatrali pubbliche. Lo spazio scenico articolato su due piani sovrapposti: sia il palco inferiore, sia quello superiore erano suddivisi in 3 sezioni, occultate da altrettante tende chiuse o da aprirsi. Alla sommità di tale costruzione era sistemato un trono ove sedeva una figura allegorica. In tale sorta di spazi le Camerate di retorica inscenavano gare poetiche o farse con frequenti allusioni all’attualità sociale e politica. Lo Schoubourg, teatro di Amsterdam fatto costruire su spinta dell’accademia nata per dare nuovo impulso alla ricca tradizione teatrale. ►Nelle corti degli stati tedeschi e in quella dell’impero asburgico, il 600 significò la diffusione del modello architettonico italianoVienna, 1668, costruzione del teatro dell’ Opera: destinato al melodramma costituiva, in realtà, il punto di arrivo di una lunga e fortunata vicenda di radicamento presso la corte asburgica del genere lirico. Altro polo teatrale importante sono i collegi gesuiti che imponevano il loro originale modello di teatro pedagogico senza rinunciare alla fastosità delle scenografie. 5.2 Lo spettacolo. ☼ Una grande stagione di spettacolo ►1)ordine della festa e 2) ordine del teatro: alcuni generi come il balletto, il torneo, il melodramma, la tragedia e la commedia, partecipano a pieno titolo di entrambe le scansioni. I due ordini, infatti, convivono nel corso del secolo senza una rigida attribuzione di appartenenza all’uno o all’altro. Vero è che la progressiva affermazione della pratica professionale del teatro, farà nel corso del secolo dell’edificio e delle stagioni del teatro lo spazio ed il tempo emblematici dell’attività che vi si svolge, favorendo il riconoscimento dello statuto d’arte di quest’ultima emancipandola dai condizionamenti occasionali della festa signorile. L’impianto della festa di corte tende ad arricchire il proprio linguaggio nell’età delle monarchie assolute e della Controriforma. Il grande spettacolo di corte, con i suoi apparati stupefacenti si muove in una duplice direzione comunicativa, proponendosi come metafora di un concetto universale, accogliendo in sé la complessità di tutte le pratiche artistiche coeve. La retorica implicita nella festa barocca gravita intorno alla funzione metaforica della rappresentazione come sintesi di tutte le arti. I miti da cui attinge sono quelli della tradizione rinascimentale, ma il senso è nuovo: se nella festa del 500 il signora è garante e tutore dell’armonia universale, nella festa barocca che celebra il monarca assoluto, l’armonia è già data come fatto compiuto, il perno dello spettacolo è perciò fondato sulla contemplazione della figura del sovrano. ►A stabilire un primo determinante discrimine storico-culturale fra le diverse zone d’Europa interviene la scissione dell’antica unità ecumenica cristiana tra i paesi della Riforma e quelli della Controriforma avvenuta nel 1563. i diari di viaggio di stranieri in Italia registrano ammirazione per la raffinatezza degli spettacoli, e lo stupore e lo scetticismo di fronte a manifestazioni liturgiche che appaiono come ostentazioni del potere della chiesa romana. ►Il ruolo di quest’ultima nel teatro del 600 risulta rilevante per due motivi: 1)essa si serve dei grandi apparati spettacolari per amplificare la suggestione e la rilevanza delle pratiche liturgiche; 2)esercita con il proprio magistero morale una forte repressione nei confronti del teatro professionistico, non mancano infatti, nei paesi cattolici, le voci di condanna e l’istanza di una messa al bando del teatro, tale riforma trova riscontro anche nel calvinismo e nel puritanesimo. Nel mondo cattolico vengono comunque rivalutate le facoltà del teatro a patto che esso si a diretto con precise indicazioni culturali. ►La battaglia per la difesa dell’ortodossia cattolica scopre nel teatro un valido strumento di persuasione in particolare i padri gesuiti della Compagnia di Gesù: tra le altre cose essi furono educatori di giovani aristocratici grazie ad una rete di collegi, nel cui programma scolastico la recitazione veniva costituita come esercizio regolare con almeno due saggi pubblici annualitali spettacoli ebbero spesso caratteri di grandiosità scenica, utilizzando l’attrezzeria propria del meraviglioso barocco con lo scopo di accentuare la suggestione dell’evento miracoloso. Accanto a una florida produzione drammaturgica, l’ambiente gesuitico fornì rilevanti contributi teorici in tema teatraleDomenico Ottonelli tarttato Della Christiana moderatione del teatro. ☼ Italia Il grande spettacolo barocco: la corte Due eventi significativi furono 1)le nozze medicee del 1600 e 2)le nozze mantovane del 1608. 1)in una sala di palazzo Pitti fu rappresentata la pastorale di Rinuccini Euridice, primo dramma musicale rappresentato, archetipo del melodramma 2)si alternarono spettacoli all’aperto e al chiuso Generi spettacolari che confluiscono nella sala teatrale ►Lo spettacolo del torneo contò su di una solita e continua fortuna nel corso del 600, ma il processo della sua spettacolarizzazione, già in atto fin dal secolo precedente, si accentuò a vantaggio della piena traduzione delle figure dell’arte marziale in eleganti movenze coreografiche. Durante il 600, giostre, sbarre, tornei e caroselli presentano la tendenza a trasferirsi dallo spazio aperto della pubblica piazza a quelli chiusi del salone aristocratico o del teatro principesco, gli spazi cioè già propri della festa di corte e dell’intrattenimento accademico, smarrendo l’originario carattere comunitario e cittadino. Lo spettacolo del torneo si fonde con altri generi spettacolari: il balletto e il melodramma. ►il genere del balletto conobbe una straordinaria fortuna ►si presentavano ancora in gran copia i generi tradizionali: la tragedia, la commedia con intermezzi il dramma pastorale e il melodrammaClaudio Monteverdi, mette a punto con l’Orfeo una struttura musicale che consentiva l’espressione del contrasto interiore degli affetti attraverso il canto. Perché il melodramma acquisti una riconoscibile e omogenea struttura bisogna attendere fino al 1637, al teatro San Cassian, viene messa in scena il melodramma Andromeda (librettista Benedetto Ferrari) il successo fu tale che fu allestita anche La maga fulminea. Due centri italiani di rilievo per il melodramma furono Roma e Napoli. Spettacoli in piazza e in chiesa ►Lungo tutto il 600 si perpetuò la cerimonia degli ingressi per l’arrivo di un ospite illustre, secondo l’esperienza rinascimentale. ►nel periodo di carnevale si moltiplicavano iniziative spettacolistiche di varie genere: corsi mascherati, finte battaglie, brevi scenette di commedia delle maschere recitate per strada. ►Frequenti furono anche i grandiosi spettacoli pirotecnici per festeggiare un lieto evento politico-diplomatico. ►Feste cittadinefeste meno tradizionali, fioriscono nel corso del secolo, es: le fiere di mercato nelle varie città, in occasioni delle quali il recinto delle diverse botteghe viene apparato in suggestive forme di castello ecc.. ►teatri della mortecosì la chiesa enfatizza la grandiosità scenografica dei suoi riti, ad esempio i funerali. Il teatro dei professionisti Con i Gelosi si avverte per la prima volta il salto di qualità riferibile alla rinnovata reputazione del professionismo dell’Arte. È da notare la cura con cui il gruppo volle distinguersi dal comportamento delle altre formazioni, dandosi un nome e un’impresa che evocassero la dignità di un’accademia. Il nome denotava, infatti, simbolicamente una qualità morale. Negli anni successivi il precedente dei Gelosi fu ripreso al momento della costituzione di nuove compagnie: i Confidenti, gli Uniti, i Desiosi, gli Accesi, i Fedeli. Gli organici di tali formazioni andavano incontro a continue trasformazioni. Maggiori attori: Francesco Andreini(innamorato), Isabella Canali(innamorata), Giovan Battista Andreini(innamorato), Virginia Ramponi(innamorata), Pier Maria Cecchini, Flamino Scala, Tristano Martinelli(arlecchino), Niccolò Barbieri, Silvio Fiorillo. L’atteggiarsi della compagnia è sintomatico dell’ansia di autopromozione culturale mediante la quale i comici, da un lato, intendevano difendersi dagli attacchi mossi dalla chiesa e dalla cultura ufficiale contro il teatro professionistico, d’altro lato segnare una netta demarcazione tra il loro e il mondo degli istrioni di piazza che dell’esercizio dello spettacolo facevano mero espediente per la sopravvivenza. Pubblicarono tratatti per difendere la propria arte: bravure del capitan spavento(Andreini), teatro delle favole rappresentative(Flaminio Scala). L’ultimo ventennio del 500 e il primo del 600 sembrano fissare l’apice di un’ascesa sociale degli attori professionisti che da “gente sordida e mercenaria” li trasforma in comici onorati. S’intensificarono le chiamate a corte. Il repertorio di tali compagnie era assai vario, gli attori dell’Arte sapevano, infatti, interpretare sia una tragedia, sia una commedia, anche se il lavoro si fondava essenzialmente sull’improvvisazione. Le formazioni meno celebri svolgevano il proprio lavoro itinerante secondo circuiti prefissati: i percorsi italiani possono essere divisi tra il sistema del nordBologna, Torino, Milano, Mantova, Genova, Firenze, Venezia, da raggiungersi entro il carnevale; il sistema del suddove prevaleva Napoli e poi si scendeva fino a Messina e Palermo. Il periodo di formazione delle compagnie era la Quaresima, in cui non si recitava e gli attori davano vita a nuove equipes. Le formazioni prendevano in affitto da un proprietario privato o dall’amministarzione cittadina le stanze aperte al pubblico popolare pagante, messe a loro disposizione dietro licenza, e siservivano di scenografie semplici, negli scenari si fa spesso riferimento a porte e finestre, piazze e vie entro cuii si intrecciano le vicende dei personaggi. Scenografie e costumi venivano portate con sé dagli attori in ogni spostamento. Dalla metà del 600 in poi si infittiscono le attestazioni di stima da parte della classe aristocratica nei confronti degli attori, fino a spingere alcuni principi ad assicurarsi la stabile dipendenza delle formazioni migliori al proprio serviziocosì i comici ottenevano più facilmente le licenze. Però per alcune compagnie i vantaggi significarono una perdita di libertà. La crisi in cui precipitarono le formazioni dell’arte verso la fine del 600 è da ascrivere in larga misura allo stato di dipendenza dalle famiglie aristocratiche, il cui interesse si spostò verso altri generi, come il melodramma, perso l’appoggio le compagnie si trovarono nuovamente a combattere per la sopravvivenza. ☼ Spagna Se nel secolo precedente la committenza era identificabile con le confraternite e con gli Ayuntamientos(amministrazioni comunali), a partire dalla metà del 600 essa si trasferì all’aristocrazia e alla corte: lo stesso sovrano fu motore dell’edificazione di nuovi e grandiosi teatri. Tale evoluzione, accompagnata dall’affermazione delle nuove mode scenografiche all’italiana, influenzò in parte la produzione drammaturgica, che acquisì una maggiore elaborazione formale, mostrando di preferire temi filosofici e morali, degni di un pubblico colto. Esemplare in tal senso può essere giudicata la commedia di Calderon de la Barca, Il maggiore incantesimo, l’Amore. Prima dell’avvento al trono di Filippo IV, il teatro era stato oggetto di numerosi attacchi censori e moralizzatori, la corte emanò decreti restrittivi: censura preventiva e diminuzione delle compagnie. La realtà era ben diversa: molte compagnie recitavano anche senza permesso. Il numero di attori in una compagnia poteva variare da 16 a 20, si prevedeva la ripartizione degli incassi tra i soci, oppure un impresario pagava un salario ad ogni artista. Grandi interpreti del siglo de oro: Damian Arias de Penafiel, Josefa Vaca, Christobal Ortiz, Roque de Figueroa e Antonio Rueda. La condizione sociale e morale dell’attore professionista subirono, come in Italia, la dura condanna della chiesa, mentre i maggiori artisti furono tollerati dallo stato. Fra i principali moptivi di ostilità della chiesa nei confronti del teatro professionistico, agiva la condanna per la pubblica esibizione delle attrici. Il repertorio delle compagnie professionistiche era formato da testi drammaturgici composti da grandi autori del periodo: drammi sacri e profani, di argomento romanzesco, caratterizzati dalla complessità degli intrecci d’amore e d’avventura senza preoccupazione per l’unità di tempo. ☼ Inghilterra Un particolare impulso alla vita teatrale provenne dall’avvento al trono della dinastia Stuart, a cominciare da Giacomo I, egli fu protettore della formazione entro la quale operava Shakespeare come autore e attore: i King’s Men. Ma il dato più vistoso della passione stuartiana per il teatro si può collegare ai fastosi allestimenti dei masques. Essi si rappresentavano già ai tempi di EnricoVIII, ma la loro grandiosa determinazione formale deve essere ascritta all’epoca stuartiana e al talento dell’architetto-scenografo di corte Inigo Jones. Il ruolo determinante in essi era riservato alla danza: la trama allegorica del masque si snodava, infatti, sulla scansione fondamentale di tre danze principali, ma, accanto alle coreografie appositamente concepite, esso conteneva anche danze di società, adatte a favorire la partecipazione del nobile pubblico. Gli attori più celebri appartennero tutu ai King’s Men: Richard Burbage, John Heminge, Robert Armin, John Lowin, Joseph Taylor. Dopo la rivoluzione del 1642, che determinò la chiusura dei teatri, le compagnie continuarono a agire, pur fra molt5e difficoltà, nell’unico teatro salvatosi, il Red bull, oppure nelle dimore private, nelle taverne o nelle sale della palla corda. Tale resistenza divenne maggiore con il ritorno al potere della dinastia Stuart: gia nel 1650, infatti, il capocomico e autore William Davenant riuscì a eludere il divieto di produrre spettacoli drammatici presentando L’assedio di Rodi, uno spettacolo pubblico, in cui oltre all’adozione della scena all’italiana, fecero il proprio ingresso in scena alcune attrici, rovesciando l’antica consuetudine inglese. ☼ Francia Lo spettacolo a corte La tradizione della grande festa di corte si arricchì in epoca barocca. All’interno delle feste di corte trova posto il balletto e attraverso tale genere la scenografia all’italiana potè fare il suo ingresso nelle sale regie. Non erano balletti come noi modernamente li interpretiamo, erano piuttosto rappresentazioni pantomimiche cadenzate, eseguite con i passi delle danze dell’epoca, non solo da ballerini professionisti, ma anche da personaggi della corte abbigliati con magnifici costumi. Celebre il Ballo della notte, del 1635, nella parte del sole apparve il futuro Luigi XIV. Il gradimento della corte francese per la valenza festosa e grandemente spettacolare della danza è testimoniato dall’intensificarsi della presenza del balletto anche all’interno di altri generi, come quelli drammatici o lirici, con il conseguente sviluppo di forme derivate, denominate comedies-ballets e tragedies-ballettes. Persino l’opera italiana, di per sé già connotata da grandi effetti spettacolari prodotti dalle macchine, fu infarcita di momenti coreutici sulla via della realizzazione dello spettacolo totale nella sua accezione più grandiosa e stupefacente es: Le nozze di Peleo e Teti di Isaac Benserade. L’opera italiana si affermò come genere fastoso, degno della corte intorno alla metà del 600, durante il dominio del cardinale MazzarinoLa finta pazza di Torelli e l’Orfeo. L’Andromeda, dramma più vicino al gusto francese per la presenza di atti recitati, è definita piece a machine per le sue originali caratteristiche che segnarono l’esordio di un nuovo genere spettacolare. Le sorti dell’opera in francia si legano all’autorevole influenza del musicista Jean Baptiste Lully che atrraverso la collaborazione del librettista Philippe Quinault, determinò la definizione del carattere nazionale dell’opera lirica. Lo spettacolo dei professionisti Fin dall’inizio del secolo furono attive diverse formazioni di professionisti: la loro fortuna fino al 500 era legata alle tournees nelle grandi città della provincia più che alla piazza di Parigi, più prestigiosa essendo in vigore la limitazione del monopolio esercitato dalla Confrerie de la Passion, che proprietaria dell’unico teatro pubblico, l’Hotel de Bourgogne, vi rappresentava principalmente drammi di usa produzione. Dal 1597 lasciò la produzione e si limitò ad affittare la sala a varie formazioni professionistiche si ricordano quelle di Adrien Talmy e Valleran Le Conte. A Vallerai si deve il merito di aver formato le nuove leve di interpreti e capocomici degli anni successivi: Pierre Le Messiere, detto Bellerose, Guillaume des Gilleberts, detto Montdory, Henry la Grand, Hugues Gueru, robert Guerinformarono la Comediens du Roi e nel 1629 ottennero il diritto dal sovrano di recitare stabilmente al Bourgogne. Nello stesso anno Montdory si unì alla truppa di Le Noir, diede vita alla prima formazione in grado di contrastare i Comediens. Nel 1634, dopo un lungo pellegrinaggio attraverso vari teatri temporanei, la compagnia approdò stabilmente al Theatre du Marais, diventando di fatto la seconda stabile di Parigi. Le due compagnie percepivano sovvenzioni dal re che si permetteva di intervenire d’autorità al fine di trasferire attori da una formazione all’altra per riequilibrare il valore artistico. Tale interessamento della coronas alla vita teatrale sta all’origine della prima compagnia stabile e nazionale in europanascita della Commedie Francais. Accadde infatti che a turbare l’equilibrio delle due compagnie intervenisse la straordinaria equipe comica diretta da Moliere. Essa fu attiva prima al Petit Bourbon e dal 1660 al Palais Royal. La nascita della Commedie fu dunque determinata dalla fusione della compagnia del Marais con quella di Moliere per decreto reale, successivamente il re decretò che si unisse anche la compagnia del Bourgogne. Attori da ricordare: Floridor, Montfleury, Jodelet, Madeleine, Genevieve, Joseph e Armande, pilastri della compagnia insieme a Moliere oltre a La grange, mademoiselle du Parc, mademoiselle Champmesle e Michel Baron. I soli attori che ottenessero il permesso reale di recitare a Parigi oltre alla Commedie furono italiani: Triustano Martinelli, i Gelosi, Tiberio Fiorilli e Domenico Biancolelli. ☼ Area germanica La vicenda dello spettacolo in area germanica si afferma pienamente nel 600 per la sollecitazione di fattori culturali di provenienza straniera. Non che mancasse una tradizione spettacolistica propria, come attestano le rappresentazioni dei Meistersinger di Norimberga, i maestri cantori celebrati dall’opera wagneriana, ossia le compagnie di attori dilettanti formate da artigiani. Gli spettacoli dei Meistersinger, nel 500, venivano allestite su un palcoscenico abbastanza complesso, collocato nel coro della chiesa Santa Maria. Si costituì a partire dalla metà del 500, l’esperienza a sfondo internazionale del teatro di collegio, promosso principalmente dalla Compagnia di Gesù. La drammaturgia eminentemente tragica e in latino dei collegi legata alla formula di recitazione funzionale agli scopi pedagogici, attinse all’esperienza scenica della scenografia italiana. Altro importante vettore già nel XVII secolo, fu certamente il teatro di corte: in Austria e Baviera a Brunswick, Dresda e Hannover furono costruiti teatri all’italiana gestiti per intero dal personale artistico italiano. Il melodramma, il genere prediletto dalla nobiltà europea, esercitò una profonda influenza anche sulla cultura tedesca. L’area di lingua tedesca divenne “territorio di conquista” per le più importanti formazioni attorali europee, soprattutto inglesi. Per facilitare il proprio successo presso un pubblico di lingua diversa, gli attori inglesi, oltre a semplificare le trame, enfatizzarono l’apporto di musica e gestualità, inserirono frasi intere in tedesco e imposero con molta fortuna la figura del clown: un attore capace di esprimere la propria comicità in maniera diretta. Fra le compagnie inglesi in Germania sono da ricordare quella di John Spencer e quella di Robert Reynolds. Ben presto questa presenza di compagnie inglesi si trasformò in esperienza stabile. Nel sud della Germania e in Austria, invece4 si trovano ben presenti le compagnie dell’arte italiane. Il fenomeno del professionismo attorale tedesco, databile a partire dalla metà del 600, ma particolarmente significativo nel secolo successivo, allorché dal nomadismo passò alla stanzialitàcompagnia di Paul Andra Paulsen e quella di Joseph Anton Stranitzky. 5.3 La drammaturgia ☼ Italia Sul finire del XVI secolo, Gian Battista Guarini segnala le ragioni per le quali a suo avviso, il modello tragico e quello comico non incontrano più il favore del pubblico aristocratico, in una pagina del Compendio della poesia tragicomica, constata che l’incompatibilità culturale della catarsi della tragedia classica con il pubblico moderno, educato dalla morale cristiana, determina l’inevitabile fallimento di tale forma drammatica. Sorte non diversa egli accerta per la commedia rinascimentale. L’interesse del pubblico di corte viene catturato dalle manifestazioni teatrali connotate da un forte carattere spettacolare –coreografico,scenografico e musicale- nell’indifferenza per il merito poetico e letterario del testo, degradato a componente secondaria. Il successo dello spettacolo comico resta salvaguardato, in ambienti e occasioni diverse dalla festa signorile, dalla larga diffusione della commedia dell’arte, i cui artefici fondano non a caso il proprio magistero sulle doti performative anziché sul valore del testo drammaturgico. Sulla via aperta dal Guarini, quella cioè del dramma pastorale quale sintesi di tragico e comico, nel contesto di una valorizzazione dei sentimenti e di un’ambientazione mitologica-pastorale, si mosse Guidubaldo Bonarelli, autore di Filli di Sciro. La fortuna dell’opera dipese verisimilmente dalla complessità romanzesca dell’intreccio e dal tema del doppio amore che infrangeva la tradizione platonica e petrarchesca. Intrecci erotico-pastorali e ambientazioni mitologiche si riversarono copiosamente nelle composizioni poetiche destinate alle rappresentazioni in musica, eredi del dramma pastorale che ben presto cedette il passo a melodrammi, veglie, opere-torneo, generi di fruizione prevalentemente aristocratica, fondati sulla ridondanza coreografico-musicale e sulle meraviglie scenografiche e scenotecniche. Gli autori dovettero sperimentare il conflitto tra il valore della parola poetica e il fascino delle immagini e della musica: il loro disagio fu perciò determinato dalla progressiva e riduttiva trasformazione del ruolo di poeta a quello di librettista, autore di versi confezionatosi misura della musicada qui dipende il diradarsi di presenze insigni d’autore. L’evento teatrale cessò di essere concepito come traduzione scenica del testo drammaturgico: tra spettacolo e letteratura si aprì una frattura, sicchè l’autore poteva scegliere se coltivare in solitudine, lontano dalle scene, le propria vocazione drammaturgica, oppure adeguare il proprio talento a un modesto artigiano sottoposto alle regole dettate dai capricci degli interpreti e dai mutevoli umori del pubblico. Ciò avvenne soprattutto all’interno del teatro comico, rimanendo quello tragico arroccato nella difesa dell’impegno filosofico-morale e della dignità poeticoletteraria che da sempre contraddistinguevano tale genere. ►La tragedia secentesca non riscosse il successo del melodramma, come dimostra la vicenda delle opere teatrali di Federigo della Valle, impiegato presso la corte di Torino, il quale conobbe una certa notorietà con la tragicommedia mitologica Adelonda di Frigia, non conobbero le scene, invece, i suoi testi tragici, oggi rivalutatiMaria la reina, Iudit, Ester. ►Si ricorda anche il Solimano di Prospero Bonarelli . l’opera costituisce uno dei rari esempi di fortuna scenica della tragedia secentesca. Le ragioni del successo: ambientazione esotica, intreccio pieno di colpi di scena e efferate azioni a “effetto” pur nel formale rispetto dei canoni aristotelici. ►Aristodemo di Carlo de’ Dottori: in esso spicca l’eccezionalità della figura del protagonista, re di Messene e la figlia Merope, che si pone fra i pochi personaggi tragici del 600 italiano. ►L’Evandro di Francesco Bracciolini in cui è presente il ricordo dell’Orlando furioso e della Gerusalemme liberata. Il destino di alcuni personaggi e il tono poetico complessivo mettono a partito la grande lezione tassiana. ►La ricca messe di testi tragici composta dagli autori gesuiti dimostra come la finalità pedagogica e morale sia capace di coniugare esigenze sceniche e poetiche senza conflitto. Se nella tragedia del 500 il conflitto interiore del protagonista si definiva nei termini della scissione tra dovere politico e tensione sentimentale o morale, in quella gesuitica il protagonista risulta perfettamente integro nella sua assoluta devozione al bene fino al sacrificio assoluto della propria vita: l’ero cristiano della tragedia gesuitica è il martire. Se il modello della tragedia cinquecentesca erano le ambientazioni classiche, medievali, quello gesuitico attinge dalla Bibbia oppure dall’attualità delle guerre di religione.alcuni autori gesuiti: Bernardino Stefonio autore del Crispus, inserisce il meraviglioso solo negli intermezzi; Ortensio Scammacca compose 46 tragedie regolari, più applaudita fu l’Aminta; Sforza Pallavicino, Il martire Ermenegildo; Emanuele Tesauro, Ermenegildo. ►La frattura tra letteratura drammaturgica e scena si ripropone anche a proposito del genere comico. Non pochi furono gli emuli della dignità letteraria della commedia erudita cinquecentesca, intenti replicare strutture e tecniche dei modelli ariosteschi e machiavelliani, si possono ricordare: Ubaldino Malavolti, Angelo Antonio Amabile, Francesco Zacconi e il già citato Prospero Bonarelli. Tuttavia, una congrua galleria di autori, riuscendo a raccogliere il suggerimento della vita delle scene in atto nella propria città, ponendo attenzione al mestiere degli attori, raggiunse esiti originali di drammaturgia comica.es: Michelangelo Buonarroti, detto il Giovane, per distinguerlo dal prozio, opere: La Tancia e La Fiera, dove volle riaffermare la funzionalità del grande patrimonio linguistico fiorentino. Iacopo e Giacinto Cicognini, la cui originalità drammaturgica trova i presupposti nell’ammirazione per le compagnie dell’arte, nell’approfondita conoscenza dei grandi autori spagnoli e nella funzionale esperienza di allestimento con le accademie dilettantistiche fiorentine. Jacopo mise in scena Andromeda, pastorale di sua composizione, con sei intermezzi musicali, nel 1623 la commedia La finta mora. Linee della poetica di Iacopo: richiamo convenzionale all’autorità di Aristotele, e influsso dello spagnolo Lope de Vega. Ma più che in Iacopo tale influenza risulta evidente nella drammaturgia di Giacinto, il più prolifico autore teatrale del secolo. Ambienti esotico-favolosi, intrecci romanzeschi con incredibili colpi di scena, caratterizzano le sue tragicommedie, in cui risulta pressoché assente il rispetto delle unità aristoteliche e viene infranto il divieto personaggi nobili con altri plebei, nonché quello di mescolare scene tragiche e comiche. ►All’ambiente romano è da ricondurre la commedia ridicolosa, frutto d’imitazione letteraria e accademica delle rappresentazioni dell’Improvvisa. Le ridicolose si distaccano dalla tecnica del professionismo attorale non solo per la scelta di una stesura integrale del testo, secondo il modello della commedia rinascimentale, ma soprattutto per la riduzione alla norma morale e letteraria delle trasgressioni sceniche connaturare con l’esercizio degli attori, depotenziando il modello della commedia dell’arte di tutto ciò che impensieriva la chiesa. Sullo schema tradizionale si innesta il gusto per la combinazione di elementi eterogenei.Virgilio Verucci, Li diversi linguaggi , La spada fatale, e Giovanni Briccio I difettosi, La zingara sdegnosa. ►Le scritte, apparentemente simili alle ridicolose, commedie composte dai comici dell’arte e stese poi per intero. Es:Il finto marito di Flaminio Scala, L’inavvertito di Niccolò Barbieri, L’amico tradito di Pier Maria Cecchini. Nelle ridicolose il percorso è precisamente inverso, seguendo la messinscena all’ideazione a tavolino. I comici vollero pubblicare le scritte per costruirsi dignità d’autori che li distinguesse e li salvasse dal marchio d’infamia che ancora bollava i loro infimi colleghi saltimbanchi: i comici onorati intendevano stabilire ufficialmente la loro distanza culturale e sociale che li separava dal basso mondo del teatro di piazza, dando alle stampe prove evidenti della loro sapienza, di qui l’accentuata letterarietà di tali commedie scritte per esteso e sensibili ai canoni rinascimentali.Giovan Battista Andreini, autore di opere caratterizzate dall’autonomia nei confronti dei canoni. Egli non si preoccupò dei dislivelli stilistici e espressivi, riducendo la distanza tra il testo recitato e quello pubblicato. Lo schiavetto, La veneziana. Andreini si dedicò al repertorio della commedia dell’arte, e oltre alle commedie mise in scena rappresentazioni sacre, come L’Adamo, La Maddalena, tragedie come La Florinda, tragicommedie come Lelio bandito, commedie musicali come La Ferina, drammi pastorali per musica con maschere, l’Ismenia. Infine, la Centaura, dove tocca tre generi drammatici canonici: il primo atto è comico, il secondo pastorale, il terzo tragico. Andreini si impegnò assiduamente nella difesa dell’arte teatrale dalle accuse d’immoralità dedicando a questo argomento un trattato sopra l’arte comica. La sua rivendicazione appare comunque più persuasiva all’interno delle sue opere come Le due commedie in commedia, in cui l’attore, benché sotto mentite spoglie, appare portatore di verità profonde. ►Le commedie in lingua locale: la naturalezza e la vitalità espressiva della scrittura in dialetto, penalizzata necessariamente da una diffusione regionalmente limitata. Le migliori commedie del 600 si presentano composte nelle parlate regionali o cittadine. Es: ‘L Cont Piolet di Carlo Giambattista Tana in dialetto piemontese. Il milanese Carlo Maria Maggi, autore di liriche, melodrammi tragedie, sacre rappresentazioni, sull’esempio del teatro contemporaneo e gesuitico: Il mancomale, Il barone di Birbanza, I consigli di Meneghinoqui il Meneghino si si distacca dalla canonica fissità del servo astuto, per acquisire la fisionomia di un filosofo popolano. ☼ Spagna A illustrare le cause storiche che favorirono il rigoglio spagnolo concorre certamente l’effervescenza di una vita teatrale ben diffusa fra capitale e province, grazie alla fitta presenza di corrales, alla consistente domanda di testi nuovi da parte delle intraprendenti compagnie spagnole, in caccia del favore del pubblico pagante, alle amministrazioni locali, in gran parte responsabili della gestione dei teatri. Anche in Spagna, comunque, il teatro conobbe ostacoli e limitazioni, quali gli attacchi della chiesa al teatro professionistico, o la forzata sospensione delle rappresentazioni per decreto reale. ►i caratteri della commedia spagnola: in relazione all’individuazione dei gusti del pubblico si venne definendo una forma testuale destinata a durare nei suoi caratteri fondamentali, fino all’età illuministica. Rispetto la secolo precedente il nuovo dramma ridusse il n degli atti a tre adottò il verso rispetto alla prosa innestò sulla recitazione altre tecniche sceniche quali la danza e il canto infrange i limiti aristotelici di tempo luogo e azione fonde comico e tragico: sia che l’esito fosse felice o fosse drammatico la nuova forma si chiamava comunque commedia. tragicommedia se prevale il tragico Ci fu una polemica trattatistica tra due fonti culturali: 1) i drammaturghi, come Lope de Vega, autore dello scritto Nuova arte di far commedia in questi ultimi tempi , basato sui principi della rispondenza al gusto del pubblico e dalla funzionalità del testo rispetto alle esigenze performativo dello spettacolo 2) i letterati, tra i quali Cervantes, che, nel Prologo alle otto commedie e otto intermezzi nuovi mai messi in scena, si impegna nella difesa della regolarità dei generi. ►classificazione della commedia: commedia alta o eroica personaggi eroici commedia di cappa e spada o intreccio ambientazione domestica e intreccio amoroso la fabuladramma a sfondo mitologico pastorale destinato alle rappresentazioni di corte Grazie a Lope de Vega si ebbero sottogeneri: la commedia dei non sensiserie di assurdità e sorprese illogiche la commedia de figuronrifacimento parodistico della commedia d’intreccio amoroso Lope de Vega(413) Mette a punto e sancisce la nuova commedia spagnola conducendo a piena maturazione i processi formali via via esperiti da autori segnati dallo sperimentalismo della metà del 500. Ebbe una conoscenza diretta con il teatro grazie ad una precoce e assidua frequentazione dei corrales madrileni e più tardi valenciani. La supremazia che di fatto gli tributò il teatro dei suoi anni è legata alla naturalezza, originalità e persuasività dei suoi drammi, che pure erano intessuti di incredibili rovesci di fortuna, di crudeltà efferate, eroismi e intrecci d’amore. Essi erano frequentati da una tipologia umana ben viva ma lontana dalla complessità interiore del personaggio modernamente inteso. Personaggi: refonte di giustizia, padre nobiletutore dell’ordine familiare, galan cavaliere innamorato, la dama, il gracioso servitore saggio e buffone, donna forte virtuosa guerriera, riccospesso ridicolizzato. Tale galleria di figure inclina a emblematizzare le diverse classi della società spagnola, ma è inflessibile all’esigenza di valorizzare scenicamente le doti degli attori. Egli rivelò una magistrale capacità di assumere tecniche e motivi della tradizione per reinventarli es: Fuente Ovejuna, dramma di ambientazione popolare e campestre dove un commendatore respinto dalla bella che ama, già fidanzata, la rapisce proprio il giorno delle sue nozze provocando una rivolta contadina che ne causerà la morte. I contadini vengono processati per la morte del commendatore, e in seguito perdonati dal re rivolta popolare corrisponde al credo universale nel valore dell’onore rivendicato, ai tempi considerato un concetto eroico. Castigo senza vendetta, opera ambientata in una corte aristocratica, viene rappresentato l’amore di Federico, figlio del duca di Ferrara, per la matrigna Cassandratema che affonda le proprie radici nella tradizione classica, ove però la donna non è ricambiata, Lope invece si spinge verso un amore ricambiato. Il padre,una volta tornato e capita la situazione, spinge il figlio ad uccidere Cassandra senza riconoscerla, e poi fa giustiziare Federico per l’assassinio, cosicché le due morti non sembrino frutto di una vendetta personale. Commedie degli anni 20:L’amo di Fenisia e L’astuta innamorata tipi femminili capricciosi e astuti. ►Nel 1622, componendo il Prologo dialogato alla XIX parte della sua opera, egli fa dire al Teatro che ormai autori e attori si affidano solo alle macchine e agli artifizi de4lla scena per avere successo, mentre il pubblico ricerca contestualmente solo una ricreazione visivaLope percepisce il cambiamento in atto nel teatro spagnolo: la committenza della corte era divenuta prevalente e influenzava con il suo gusto il mondo dello spettacolo. Egli negli ultimi anni divenne attento alle richieste della corte con opere come: la notte di San Giovanni e Le bizzarrie di Delizia. ►Altri autori dell’età lo piana: Guillen de Castro, famoso per aver introdotto nelle scene la figura del Cid , personaggio poi ripreso in Francia. Juan Ruiz de Alarcon Tirso de Molina, cui spetta il merito del successo teatrale della figura del Don Giovanni. Tratto distintivo della sua drammaturgia è la profondità sentimentale, la sottigliezza psicologica, particolarmente riuscite sono le figure femminili che acquistano indipendenza nei confronti dell’uomoopere: Il timido a palazzo, La contadina di Vallecas, Marta la devota, Don Gil dalle calze verdi, Il burlatore di Siviglia e il convitato di pietra dove erge la figura del Don Giovanni, beffardo ed ingannatore. Il fascino di tale dramma risiede oltre che nella trama, nell’innesto dell’impianto drammatico di una commedia d’intreccio su quello didattico dell’auto sacramental ►Il ruolo sempre più importante della committenza teatrale della corte, e il gusto di quest’ultima, e più in generale di tutto il pubblico, per le magie sceniche italiane, non significarono comunque l’asservimento della scrittura alla scena, bensì un’invenzione più stilisticamente impegnata, un linguaggio capace contemporaneamente di riflessioni - filosofiche e di soluzioni sceniche spettacolari. La drammaturgia dell’epoca di Calderon de la Barca tende a raccontare più che a mostrare, a stilizzare i personaggi. Calderon de la Barca(pag 418) Il tratto innovativo di Calderon è già riconoscibile nel primo gruppo di composizioni d’intreccio(1625-1635): Il peggio non è mai per certo, Dà tempo al tempo, La donna fantasma. Si tratta di meccanismi perfetti, sorretti da una logica implacabile, per cui tutto ciò che accade appare necessario, chiaro. Anche le situazioni più romanzesche e avventurose appaiono verosimili e plausibili, mentre le maglie d’intreccio lasciano trasparire un complesso conflitto morale es: La donna fantasma: Angela salvata dalla violenza incestuosa del fratello che non l’ha riconosciuta, si innamora del suo salvatore, Manuel, che ferito viene ricoverato proprio nella casa dei fratelli. Alla fine si sposano. Temi:libertà femminile, ambiguità dei rapporti tra fratello e sorella, frontiera tra autorità e tirannia. L’ispessimento della problematica filosofica-morale risalta nei drammi successivi: Il principe costante, La devozione alla croce, L’alcalde di Zalamea, Il mago prodigioso e La vita è sogno*. Quest’ultima è considerata il suo capolavoro, il tema è quello del conflitto tra destino e libero arbitrio, tra libertà e apparenza, tra verità e finzione. Tale tematica si riveste dei panni allegorici e simbolici nel genere dell’auto sacramental, in cui Calderon fu maestro e in particolare ne Il grande teatro del mondo *(1645). La similitudine della scena teatrale con la realtà affonda le proprie radici nelle più intense opere filosofiche dedicate al tema delal realtà, dai greci all’età barocca. L’auto sacramental giunge proprio con Calderon alla sua più elaborata espressione. Tutti i i precedenti grandi autori di autos( de Vega, de Molina,) tendono a un didascalismo giustificato dalla destinazione popolare. Si tratta di autos allegoricamente poco complessi, con testi brevi, dominati dal registro verbale su quello dell’azione. Con Calderon gli autos assumo grande complessità scenografica, profonda elaborazione teologica. Sorprende, inoltre, la ricchezza tematica a cui sottopone il genere che in precedenza lasciava raramente la fonte biblica o quella della leggenda popolare. Altri nomi: Francisco Rojas zorilla e Augustin Moreto y Cavana. ☼Inghilterra William Shakespeare(pag 424) Il ventennio a cavallo tra il XVI e il XVII secolo è dominato dalla figura di William Shakespeare. Rappresenta uno dei momenti più alti nella storia della civiltà teatrale d’occidente. Il tratto caratteristico dell’invenzione drammaturgica di età elisabettiana corrisponde all’allargamento di orizzonti culturali promosso dalla contemporanea editoria inglese. La versatilità del repertorio shakespeariano di personaggi e ambientazioni risponde magistralmente al dinamismo immaginariop dell’età sua, nutrito di esotismo, in cui grandeggiano nel bene o nel male figure eccessive, protagoniste di eventi straordinari. ►i generi shakespeariani sono tripartiti nel libro edito dopo la sua morte Comedies, Histories and Tragedies. Questa tripartizione consente di intuire il rapporto dialettico della drammaturgia shakespeariana con i canoni della trattatistica classicheggiante. Se a prima vista questi ultimi appaiono formalmente assunti nel titolo per segnalare il confine fra drammi a lieto fine e a conclusione luttuosa, essi non vengono seguiti nell’indicazione del terzo genere, il classico dramma satiresco pastorale. Esso rifluisce, con il suo mondo fantastico, sotto il titolo della commedia vera e propria, irrorandola di potenzialità espressive insolite, oppure sotto quello del più spettacolare masque, si erge in suo luogo del chronicle-play, evoluzione della moralità e del dramma agiografico inglese medievale, fondato sulle figure e le vicende storiche della monarchia nazionale. D’altro canto i canoni comici e tragici vengono riplasmati non solo nel senso di un serrato adeguamento alle coeve convenzione delle messinscena( ad esempio la prevalente infrazione delle unità di tempo, luogo e azione), ma anche nella direzione di un arricchimento di motivi e sviluppi ignoti alla classicità, sicché “commedia” e “tragedia” valgono piuttosto come denotazioni generali del tono fondamentale del dramma piuttosto che come strutture in linea con astratti prototipi. ►Cronologia delle opere suddivisa in 5 fasi: 1) 1590-1593, otto testiil giovane autore si sperimenta nelle più diverse forme drammaturgiche: Commedia degli errori, le tre parti dell’Enrico VI, Riccardo III, La bisbetica domata, I due gentiluomini di Verona . 2) 1595-1599, cinque histories: Riccardo II, EnricoIV, Enrico V, Re Giovanni , quattro commedie, Pene d’amor perdute, Sogno di una notte di mezza estate, Il mercante di Venezia, Molto rumore per nulla, e un testo tragico romanzesco Romeo e Giuliettaallinea eventi francamente improbabili e personaggi sfuggenti nella caricatura, come la nutrice o mercurio, tutto bizzarrie e concettismi, ma il sapiente dosaggio dei tempi e dei ritmi, l’equilibrio complessivo della struttura drammatica fanno sì che tale invenzione romanzesca e patetica raggiunga straordinari effetti drammatici. Nel Sogno di una notte di mezza estate, la perizia architettonica della scrittura shakespeariana configura un meccanismo a scatola cinese: ciascuna trama è svolta con sapiente compiutezza e si intreccia ingegnosamente con le altre. 3) 1600-1604, cinque nuove commedie: Come vi piace, la Dodicesima notte, Le allegre comari di Windsor, Tutto è bene quel che finisce bene, Misura per misura . In tale periodo incomincia a librarsi la più autentica ispirazione tragica shakespeariana il Giulio Cesare pur ispirandosi al mondo romano, vira l’essenza del canone tragico in direzione dell’exemplum medievale basato sulla caduta imprevedibile di un potente. Con l’ Amleto si è di fronte a una vera revenge tragedy, con apparizioni di spettri, duelli, morti violente, ma anche finemente intessuta di motivi di profonda mediatzione. 4) 1605-1608 , dedicata alla tragedia è costellata da capolavori. Il perno ideativo è ancora quello della caduta di un potente, ma nel tratteggiare la passione che ne è la causa distruttiva, es:la gelosia di Otello. La visione del mondo che emerge è profondamente pessimistica: nessuno sembra sfuggire ad un destino di dolore 5) 1609-1613, la visione pessimistica sembra attenuarsi nell’ultimo periodo, le opere sono concepite per i King’s men che si esibiscono davanti all’aristocratico e più raffinato pubblico dei teatri privati: Pericle, Cymbelino, Racconto d’inverno, La tempesta, i Due nobili congiunti e l’ultima delle histories Enrico VIII. L’impianto del romance e l’aura della fiaba predominano modulando, in fondo, sempre il medesimo intreccio: un evento violento, dettato dal disordine degli istinti, infrange l’armonia della famiglia e della società, poi ristabilita dall’intervento del miracoloso e dell’insolito. Ben Jonson(pag 426) Il 1616, un anno nevralgico, Shakespeare abbandona la scena, compare per la prima volta Ben Jonson. Prima di parlare di lui converrà riflettere sul significato dell’evento editoriale: esso sigla l’emancipazione dell’ autore dalla potestà che le compagnie esercitavano su di lui sfruttandone le opere. Tale avvenimento segnala anche la direzione ambigua intrapresa dalla drammaturgia inglese per l’innanzi dimidiata tra due finalità di fruizione: quella del teatro e quella della pura e semplice lettura. I rischi di tale nuova condizione furono sperimentati dallo stesso Jonson, quando volle comporre tragedie “regolate”, come Sejanus, Catilina, puntualmente condannate dal pubblico dei teatri e ammirate dai dotti. La sua cultura e la vena poetica fantastica trovano nei masque il vettore ideale per l’espressione: Il masque dell’oscurità, Il masque della regina, Oberon, L’età d’oro restaurata... Il disagio crescente maturato dal poeta nei confronti dell’invadenza e del condizionamento esercitati dalle scenografie di Inigo Jones sulla delicatezza dei suoi versi sfociò in un dissidio aperto nell’abbandono da parte di Jonson del suo genere prediletto. Il drammaturgo, in realtà, conseguì gli esiti più interessanti all’interno della commedia: Ciascuno nel suo umore, Ciascuno fuori del suo umore, Volpone, L’alchimista. Notevoli testi drammaturgici, dotati di fine senso della scena e di sarcasmo accattivante. Furono raccolti, dallo stesso Jonson, sotto il titolo di commedia degli umori, ossia di temperamenti, di maniacali espressioni del comportamento umano che vuole essere il riflesso, posto in satira fino al grottesco, dell’umanità reale. Volpone, il protagonista, un anziano veneziano, alletta con la prospettiva del suo patrimonio, una serie di ipocriti pronti a soddisfare o9gni suo desiderio. La spietata satira di Jonson non risparmia alcun personaggio e offre una cupa immagine della società. ►Altri autori dell’età elisabettiana: John Fletcher, Francis Beaumont, William Rowley, Thomas Middleton, John Webster, considerato il maggiore drammaturgo dopo Shakespeare e Jonson, Thomas Dekker, Cyril Tourneur. ►La fervida attività del mercato teatrale inglese fu condizionata dagli eventi storici legati alla rivoluzione cromwelliana. Alla ripresa, coincidente con l’età della Restaurazione la drammaturgia fu in gran parte legata all’iniziativa di William Davenant e Thomas Killigrew, i due soli capocomici autorizzati a rappresentare dalle patenti reali. È rilevante il fatto che i drammaturghi in tali anni non appartenessero più soltanto alle classi medie, ma anche all’aristocrazia. I guadagni degli autori dipendevano, come prima, dalla vendita del testo alla compagnia, oppure dal contratto biennale stipulato con essa e dalla stampa dei testi. Nuova era l’introduzione del cosiddetto benefit, ossia dell’erogazione dell’autore di tutti gli incassi della terza replica. Il drammaturgo a contratto poteva esercitare un ruolo significativo anche nell’allestimento scenico del suo testo. La drammaturgia inglese della Restaurazione risentì della prevalente committenza della corte, della predominanza del gusto aristocratico su quello borghese e dell’influsso della cultura teatrale di Francia e Spagna. Fu il momento dei rifacimenti Shakespeariani (William Davenant e Thomas Killigrew). Dopo una fase di maggiore rispetto, i testi di Shakespeare furono rimaneggiati fino quasi a cancellare l’originale allo scopo di valorizzare gli aspetti spettacolari più graditi al nuovo pubblico. Si rinforzarono le parti femminili dei vecchi drammi per favorire l’efficacia suggestiva della recente comparsa delle attrici sulle scene. I maggiori successi decretati ai riallestimenti di autori dell’età elisabettianagiacobiana furono conseguiti dai drammi romanzeschi della coppia Beaumont-Fletcher, che non ebbero bisogno dei pesanti interventi di restauro, operati sui testi di Shakespeare ►L’opera inglese lirica si distinse da quella italiana per la presenza di brani parlati in luogo del recitativo. Nei primi anni 70 ci fu il riadattamento di vecchi drammi, farciti con musiche ed esaltati nella parte più spettacolare: es:1673 Macbeth, musicato da Locke, Channel e Priest, ad esso seguì Tempesta. Dalla fine degli anni 70 comparvero testi originali firmati da letterati illustri, come il celebre Re Artù di John Dryden musicato dal maggior compositore dell’epoca: Henry Purcell ►Nuovi generi: - commedia romanzesca d’imitazione spagnola, eroine indipendenti: Avventurer in cinque ore di Sir Samuel Tuke commedia d’intrigo e la tragicommedia avventurosa, in cui eccelse l’autrice Aphra Behn la farsa, Nahum Tate, Edward Ravenscroft commedia degli umori: Thomas Shadwell e Ben Jonson tragedie politico-allegoriche e tragedie patetico-sentimentali. ►La tragedia eroica propone protagonisti di intangibile lealtà e purezza di ideali, incorruttibili principi. Il conflitto tra onore e amore o tra quest’ultimo e il dovere era la consueta chiave d’avvio dell’intreccio. L’eloquio declamato in distici rimati, emuli del verso alessandrino della tragedia francese, l’ambientazione esotica, l’allestimento ricco di effetti scenici. L’influsso della drammaturgia francese si lasciava avvertire anche nell’intenzione degli autori inglesi di suscitare ammirazione in luogo del terrore aristotelico. John Dryden nel suo Saggio sulla poesia drammatica discusse la necessità delle unità aristoteliche pur dichiarandosi a favore di un’applicazione elastica di tali principi. Autori significativi: Roger Boyle, Nathaniel Lee, John Dryden. Parodia di tale tipo di tragedie seppe fare George Viliers ne La prova. La tragedia eroica inizio il suo declino nel 1680Thomas Otway avviatosi sulle orme della tragedia eroica con Alcibiade, sperimentò una formula di tragedia destinata a trionfare nei primi anni (0, permeando i testi di pathos, soffermandosi sulla delicatezza commovente delle protagoniste femminili. ►La commedia delle maniere offrirebbe la vera immagine dell’immoralità e del corruzione dell’aristocrazia inglese. Ambientata sempre in città, la commedia delle maniere si svolge sempre su intrighi amorosi, essendo animata da personaggi aristocratici o comunque cortigiani, bellimbusti, solitamente in caccia di dote o eredità che dei valori borghesi si fanno beffa. I delitti da punire sono: il ridicolo, il cattivo gusto e la mancanza di spirito. Capostipite degli autori comici inglesi è ancora John Dryden, Il matrimonio alla moda. George Etherege, William Wicherley, William Congreve e George Farquhar. - ☼ Francia Al bourgogne si afferma la prima figura del professionismo d’autore in FranciaAlexander Hardy, dramaturge a gage( drammaturgo stipendiato) dei comediens du Roi. Lucrece è una tragicommedia che Hardy trae da Lope de Vega. Il modello dinamico e duttile della tragicommedia di Hardy si evolve nei testi di Jean de Schelandre. Nel 1628 debutta con la sua prima tragicommedia spagnoleggiante, L’ipocondriaco, Jean de Rotrou, successore di Haryd nel ruolo di dramaturge a gage dei comediens du Roy, egli attinge al teatro di Lope de Vega. La dua apertura al classicismo si verifica nel 1634 conh la tragedia regolare Ercole morente. La sua successiva produzione esperimenta la tragicommedia d’intonazione tragica, caratterizzata da violenza e passioni; la commedia d’intreccio dai modi lo piani; la tragicommedia romanzesca a lieto fine; la commedia di carattere. Accanto alla tragicommedia lanciata da Hardy, si afferma, intorno agli anni 20, la moda del pastorale. Theopille de Viau, Pyrame et Thisbe, in cui il linguaggio di Hardy appare distillato e addolcito, l’azione semplificata, risolvendosi in un raffinato dramma di idee, innevato dalla ribellione dell’amore giovanile contro la tirannica volontà dei padririscosse enorme successo ►Il cardinale Richelieu fu fra i più influenti protagonisti della svolta classicista impressa alla cultura francese a partire dagli anni 30, nonché il patrono di una politica culturale gestita nella prospettiva del più intransigente centralismo assolutistico. Fondando l’ Academie Francaise egli istituì l’autorità indiscussa in fatto di gusto e di esemplarità per la lingua nazionale. Jean Chapelain, interprete del pensiero di Richelieu ►Il nuovo interessamento della corte per la vita del teatro attrasse molti giovani talenti alla drammaturgia, tra cui Jean de Mairet, che aveva debuttato nel 1625 al Bourgogne con la tragicommedia Chryseide et Arimand. Egli sperimentò la formula pastorale, la commedia di sapore e struttura spagnoleggiante, ma nella tragicommedia Virginia, Mairet prosegue la sua sperimentazione sulle regole, destinata a sfociare nella prova impegnativa della Sofonisba, sua prima tragedia. L’interesse maggiore di tale opera consiste nel fatto di proporre armoniosamente quelli che saranno i caratteri formali tipici del genere tragico: la normatività del decoro, il tema attinto dalla storia, i personaggi di rango, l’azione promossa dai conflitti interiori e il rispetto delle tre unità. Pierre Corneille(pag 437) Il suo personaggio Il Cid fu motivo di una serrata polemica letteraria. L’autore, un giovane avvocato, aveva esordito nel genere comico con un notevole successo, a cui aveva contribuito l’arte dell’attore Montdory. Anziché affidarsi al ridicolo dei tipi ai quali era avvezzo il pubblico francese4, essi puntavano sulla piacevole naturalezza di una sapida conversazione, sulla sorpresa dell’intrigo ben condotto, sul ritratto efficace dei comportamenti sociali. Corneille venne sperimentando diverse possibilità stilistiche, ora accentuando il realismo delle situazioni, ora dando libero sfogo al congegno dell’intreccio, ora affinando la costruzione dei caratteri, ora eludendo o adempiendo agli obblighi delle unità aristoteliche. In Piazza reale si nota l’introduzione di un tema morale di fondo: il conflitto fra libertà volontà e passione. Nell’Illusione comica, Corbeille affronta la questione nevralgica della dignità dell’arte teatrale, ne Il bugiardo rinvia al rapporto ambigua tra apparenza e realtà, fra definizioni e fatti, sintomatico della profonda inquietudine che agita nel profondo la coscienza barocca. Al successo Corbeille ci era già arrivato nel 1637 con la tragicommedia Il Cid, derivata dalla tradizione spagnola, dall’opera L’infanzia del Cid di Guillen de Castrom. Nella versione corneillana l’interesse della leggenda dell’eroe iberico si sposta dalla sfera del romanzesco a quella dell’alto e patetico conflitto morale: l’amore di Rodrigo, il Cid, per Chimena è impedito dall’odio tra i due rispettivi padri. Nell’elaborazione francese i tempi lunghi della leggenda e del dramma vengono ridotti a due soli giorni, mentre la molteplicità dei luoghi si restringe allo spazio di una sola città. Il successo strepitoso di codesto strepitoso dramma suscitò l’invidia di molti colleghi di Corneille che videro in lui una minaccia. Georges de Scudery, con Le osservazioni sul Cid rivelava tale preoccupazione, muovendo patetici appelli al pubblico affinché disertasse il teatro di Corneille, in nome della dignità francese. Richelieu, dapprima compiaciuto del rumore sollevato da un suo protetto, poi preoccupato dalla violenza della polemica, chiamò l’accademai da lui fondata a dirimere la querelle. L’esito riuscì ambiguo, poiché mentre rendeva giustizia all’originalità del dramma, non lesinava critiche, rilevandone limiti e incompatibilità con le norme classiche e con quelle del decoro( Chimena non dovrebbe sposare l’assassino del padre). Ai primi segnali della tempesta, Corneille, non si era arreso, anzi, aveva composto un’apologetica Scusa di Aristo, tutt’altro che conciliante, ma l’asprezza e la condanna sul Cid lo disgustarono, allontanandolo per tre anni dal teatro. Tale interruzione segnò una svolta nel suo percorso: quando riprese a scrivere, con Orazio, Cinna, La clemenza di Augusto, Poliuto mostrò di avere acquisito integralmente la severa lezione dei classici. Tali tragedie austere frequentate da eroi che non conoscono dubbi, tra dovere e amore, scelgono il primo. Le opere del decennio 16431653, si aprirono a una varia sperimentazione sui generi, con il Bugiardo Corneille tornava aaal commedia, con La morte di Pompeo il filone della tragedia romana mostra di assorbire elementi romanzeschi. Rodoguna, l’ambientazione si sposta alla corte siriana. Oltre alla tragedia sperimentò un nuovo modello drammaturgico per corrispondere alle richieste di Mazzarino: compose Andromeda, una piece a machines, funzionale cioè agli spettacolari artifizi scenotecnici del Torelli. Frattanto gli eventi politici francesi segnavano anche la storia personale del poeta. La corte aveva abbandonato Parigi in coincidenza con l’acuirsi delle tensioni antirealiste della Fronda: componendo la tragicommedia Nicomede, il drammaturgo si alienò la simpatia di Mazzarino. L’ultima fase della drammaturgia corneillana, tra il 1662 e il 1674, è ancora ricca di titoli di tragedie, le più significative sono da identificare nel Sartorio e nel Surena generale dei parti . Jean Baptiste Poquelin detto Moliere(pag 443) Mentre la forma tragica pare entrare in crisi, la commedia conosce con Moliere la sua più alta consacrazione. Moliere inizia la sua carriera teatrale come attore impegnandosi nella composizione drammaturgica negli anni 50, con farse brillanti e alcune commedie letterarie come Lo stordito e Il dispetto amoroso, in cui crea comici efficaci tipi comici. Un aspetto decisivo della nuova drammaturgia molieriana è costituita dalla icastica rappresentazione del costume sociale in termini di satiraes: Le preziose ridicole(1659), il successo della commedia conferma quanto Moliere fosse riuscito a cogliere nel segno con la sua satira. Ma il primo capolavoro è rappresentato da La scuola delle mogli(1662): il vecchio Arnolfo ha allevato nel più totale isolamento la giovane Agnese per farsene una sposa incapace di tradirlo e di mentirgli: al contrario la giovane accetta il corteggiamento di Orazio e nonostante gli spasmodici tentativi del vecchio di ostacolare l’amore tra i giovani essi riescono a sposarsi. La commedia vive soprattutto della straordinaria misura del linguaggio comico molieriano, che riesce a tradurre in arte la naturalezza dell’eloquio quotidiano, e dell’invenzione del carattere di Arnolfo, grottesco rappresentante della concezione maschilista del matrimonio. L’efficacia della satire si può misurare dalla violenta reazione: alla commedia si opposero i moralisti e fu censurata da dai difensori della purezza del modello classico; mentre trovò nel re un alleato formidabile. Alle accuse Moliere rispose con lìatto unico La critica alla scuola delle mogli , in cui difende le sue convinzioni morali e poetiche: la necessità di dipingere gli uomini secondo natura e il rispetto non pedante delle regole classiche. Fra i numerosi contrattacchi suscitati dalla difesa molieriana La controcritica alla scuola delle mogli di Boursault, dove gli argomenti polemici si spostano sul piano poetico e non morale. Solo a tale opera Moliere si decise a rispondere con L’improvvisazione a Versailles , ove mediante l’uso del teatro nel teatro egli compie la satira dei modi artificiosi di recitare tipici degli attori dell’Hotel Bourgogne. La grande arte molieriana si conferma nella commedie dell’ultimo decennio della sua vita in cui la perizia nel costruire i caratteri dà vita a un’indimenticabile galleria di personaggi: l’ipocrisia del Tartufo, il libertinismo del Don Giovanni, la bramosia dell’oro di Arpagone, l’ipocondria di Argante ritratti universali, talora amplificati dalla chiave grottesca degli atteggiamenti morali o psicologici riscontrabili nel costume sociale. Così dalla satira si trascorre ad un più profondo spessore filosofico, si pensi al Don Giovanni(1665) nel quale la traccia del cavaliere fisicamente coraggioso, ma moralmente dissoluto, proveniente dai modelli spagnoli si ripropone in una luce di simpatia che rende la figura reattiva contro l’intolleranza religiosa e conformista dell’epoca. Oppure si pensi al Tartufo, l’opera più avversata nella carriera del comico: l’esemplare fisionomia di ipocrita, dissimulato e corrotto. L’opera potè andare in scena nel 1669, al Palais Royal, dopo essere stata interdetta a pubbliche rappresentazioni. Al di là del coraggio morale e culturale che ispira le grandi sfide di Moliere al conformismo e alla grettezza di taluno comportamenti dell’epoca, affascina quel suo congiungere in perfetta continuità la composizione scritta con l’interpretazione attorale. Ciò è indicativo di quanto profondamente la pagina molieriana sia costruita in rapporto con le caratteristiche della propria compagnia, con la sensibilità nei confronti del pubblico. L’ultima interpretazione attoriale di Moliere, nei panni di Arganne nel Malato immaginario, coincise con la fine della sua vita. Proprio in scena, alla fine della commedia, egli subì l’ultimo attacco della malattia che da tempo lo aveva minato, e mori poco dopo in casa sua, dove fu trasportato ancora seduto sulla poltrona di scena. Jean Racine(pag 446) L’ultima metà del XVII secolo segnò una ripresa di interesse da parte del pubblico nei confronti della forma tragica. Jean Racine(1639-1699), restando fermamente entro l’ambito del classicismo e divenendone un modello esemplare, seppe ripensare alle qualità dei personaggi eroici, conferendo ad essi una mutata interiorità, in sintonia con gli atteggiamenti del pubblico aristocratico. Grandi personaggi dall’interiorità tormentata e complessa, in cui l’instaurarsi di una passione si configura come un processo distruttivo, vanamente combattuto dai doveri morali. La parola è la vera protagonista del teatro di Racine, da ciò deriva il fatto che le tragedie dell’autore postulino uno spazio scenico neutro, affinché tutta l’azione convenga soltanto sull’attore che recita, sul personaggio che esprime il proprio percorso emotivo. Così i protagonisti maggiori non sono le figure, pur belle e grandi, ma imperturbabili nella loro determinazione virtuosa come Andromaca, che portò al successo il giovane autore, bensì quelle che escono dall’ordine di ragione sotto la spinta delle passioni, in primo luogo l’amore. L’eroe raciniano si configura come campo di metamorfosi della coscienza. Così nel Britannico: il lento cambiamento d’animo nel giovane Nerone, la sua progressiva consapevolezza di essere malvagio. In Berenice, Racine spinge ai limiti estremi della rarefazione la struttura della tragedia: tre soli personaggi e un’azione quasi assente. Il vincitore della Giudea, Tito, torna in Roma con la nobile Berenice prigioniera, che ama e desidera sposare. Non volendo però imporre una sposa straniera ai cittadini, oscilla continuamente tra il richiamo del dovere e quello della passione. La commovente figura femminile vittima ritorna sia nella delicata e seducente Monima del Mitridate, sia nella Ifigenia. Confronto serrato tra il fascino del meraviglioso, della forza irrazionale delle colpe ataviche, dell’intervento delle divinità e dei mostri mitologici presupposto del mito di Fedra. Fedra è la seconda sposa di Teseo, lontano per combattere, ed è innamorata di Ippolito, di lui figlio. Sopraggiunta la notizia della morte del marito, ella si dichiara al figliastro, che la respinge. Teseo in realtà torna alla reggia e la nutrice di Fedra, Enone, per proteggerla, lo convince che sia stato Ippolito ad insidiare la regina. Il re allora maledice il figlio, che muore, Enone si suicida e Fedra si avvelena confessando in punto di morte la verità a Teseo. Il debutto di Fedra coincise con quello di una Fedra e Ippolito di Jacques Pradon, che riscosse più successo e Racine, sdegnato dai feroci attacchi degli avversari in tale occasione, si allontanò dal teatro per tornarci solo su richiesta si Mme de Maintenon, seconda moglie di Luigi XIV, con due tragedie di argomento biblico, Esther e Atalia. ►Mentre il grande Racine illustrava la scena francese con i suoi capolavori, il pubblico tornava ad essere affascinato dalla complessità delle trame e dai colpi di scena. Proprio di questo si servì Prosper Jolyot de Crebillon per inscenare cruente e insieme patetiche vicissitudini come nel Radamisto e Zenobia. Fra i commediografi, l’esemplarità di Moliere rimase operante più a lungo: benché in Florent Carton Dancourt compaiano nuove figure compiute sociali, riaffiorano i modi molieriani nella pittura satirica delle affettazioni mondane. Jean Francois Regnard oltre alle opere compiute per la compagnia comica italiana residente a Parigi, compose testi comici per la Commedie Francaise, rielaborando ne Il giocatore e ne L’erede universale le tecniche di scrittura molieriane per la messa a fuoco del carattere. Con Alain Renè Lesage, invece, tornano in voga i modelli della vecchia drammaturgia spagnola, da Lope de Vega a Calderon. Si tratta comunque di un recupero fortemente rielaborato se nel Tucaret si può intravedere una critica alla tolleranza del poteresovrano nei confronti degli speculatori che danneggiano i cittadini rispettosi della legge. ☼ Paesi di lingua tedesca Le origini della drammaturgia possono raccogliersi intorno a due poli diversi soprattutto per finalità: 1)quello derivante dalle farse carnevalesche e finalizzato specificatamente alla rappresentazione teatrale e agli spettacoli allestiti dalla corporazione dei Maestri cantori di Norimberga 2) quello legato agli ambienti delle università e delle scuole, a partire dall’età della Riforma, sedi di diffusione per una drammaturgia di propaganda religiosa, schierata sugli opposti fronti della riforma protestante e dell’ortodossia cattolica. ►Il Fastnachtspiel, nato in Tirolo verso la metà del XV secolo, consisteva in un breve testo nel quale uno o più personaggi dialogavano con un buffone al cospetto del pubblico, dando vita ad una comicità affidata essenzialmente agli effetti dei contrasti forti e alla scurrilità. Fin dalla metà del XV secolo, Norimberga eccelleva in tal genere con Hans Sachsoltre a indirizzare il genere verso una ben progettata azione drammatica, conferì ai suoi personaggi un rilievo individuale nuovo rispetto alla pura stilizzazione buffonesca precedente. Sachs compose anche commedie e tragedie che attingono ad autori latini e grandi classici stranieri. Opere: Il chierico vagante esorcista del diavolo; Il ladro di cavalli. ►Sull’altro versante della drammaturgia, legata alla contrapposizione religiosa si ha l’adeguamento del Fastnachtspiel verso gli esiti della satira antipapista ed anticattolica da parte dello svizzero luterano Niklaus Manuel e Thomas Kirchmeyer, rinominatosi Naogeorgus, il quale in Mercator tocca il tema della salvezza e della responsabilità individuale. Non meno attivo fu il fronte cattolico che in Germania poteva contare sugli istituti educativi dell’età dela Controriforma, in primo luogo i gesuiti. Già dalla prima metà del XVI secolo i gesuiti si erano distinti per la grandiosità dei loro spettacoli aperti al pubblico cittadino(es: Costantino, che durò 2 giorni). Fra gli autori gesuiti: Jacob Biderman autore del Cenodoxus. Da quanto si è detto parrebbe che il nucleo più vitale della cultura teatrale barocca riposi tutta nella prassi teatrale gesuitica della cattolica Germania meridionale, in realtà, il più significativo autore del barocco tedesco, Andreas Gryphius, appartiene al settentrione, alla Slesia protestante, dove si svilupparono le condizioni per l’affermarsi di una nuova drammaturgia. Il genere prediletto dagli autori salesiani fu quello serio e luttuoso, legato a tematiche gravi e ambientazioni regali, pieno di delitti, apparizioni di fantasmi, visioni allucinate della morte, un tipo di dramma che si potrebbe definire tragico, se ciò non implicasse l’improprio accostamento al modello classico. I testi di Gryphius, far cui Caterina di Georgia; La maestà assassinata; e Il magnanimo giurista , considerato il suo capolavoro. Sono storie di martiri eroici in cui è notevole l’interesse per l’attualità storica. L’autore compose anche: un dramma fantasmagorico-romanzesco, varie commedie che suggerivano la conoscenza delle compagnie girovaghe italiane ed inglesi. Ma per il futuro della drammaturgia tedesca è più interessante il dramma composto da Gryphius, Leo armenius, un Haupt-und Staatsaktion, ossia azione principale di stato, il primo esempio del genere che nel corso del XVII secolo e dei primi decenni di quello successivo, sarà tipico del repertorio teatrale degli attori professionisti. Tale particolare denominazione allude alla struttura eterogenea del programma di una rappresentazione, per cui a un’azione principale, centrata su di una vicenda, si alternavano interludi farseschi. Benché solo un ventennio distanzi Gryphius da Dasniel Camper Lohenstein, si avverte in quest’ultimo il profondo mutamento culturale e politico intervenute4o nei territori tedeschi nella seconda metà del secolo. Le sue tragedie riflettono uno sganciamento della sfera politica dalla religione e dalla morale. I martiri dei suoi drammi si scarificano per i valori terreni della libertà o della ragion di stato. Si nota una predilezione per la crudeltà e la sensualità, quasi un estremo tentativo di dominio dell’irrazionale sul razionale. Notevole è l’assoluta prevalenza dei ruoli femminili, forse riflesso del progressivo affermarsi delle attrici anche sulle scene tedesche. Christian Reuter la sfrontata mordacità delle sue commedie sembra muovere una battaglia all’insegna della libertà. Cominciò ad attaccare anche influenti personalità della corte di Sassonia. Tutta la sua opera fu al servizio del ginnasio di cui fu direttore, la drammaturgia di ChristianWeise, drammi biblici, storici e di attualità, ma soprattutto commedie il cui risvolto ridicolo è sempre sfruttato con brio. Capitolo 6. La stagione del rinnovamento LA NASCITA DELLA MODERNA CIVILTA’ TEATRALE La stagione del rinnovamento, collocata nei primi tre quarti del Settecento, trova una diversa valorizzazione dell’elemento spettacolistico, nell’intento di restituire dignità formale ai generi teatrali e nel costante tentativo di dare vita a una drammaturgia organica e coerente, in grado di istituire all’interno della compagine sociale, un dialogo concreto tra autore e pubblico. Il Settecento rappresenta un momento in cui trovano spazio fenomeni complessi e per molti aspetti contradditori, attraverso i quali nasce e muove i primi passi la moderna civiltà teatrale. La produzione teorica e drammaturgica fortemente innovativa e la prassi scenica pongono le basi per il successivo sviluppo dell’imprenditoria moderna. Il teatro instaura stretti legami con movimenti letterari, filosofici e politici che indirettamente investono il mondo dello spettacolo. Il teatro drammatico, ossia quello non musicale, si pone, soprattutto in Italia e Francia, l’impegno di eliminare la distinzione tra teatro accademico, erede di quello di corte, luogo di divertimento astratto e raffinato, riservato a un pubblico di elevato livello sociale, e teatro popolare, povero nei costi, privo di qualsiasi ambizione culturale e coincidente con il modello, ormai stanco e superato, della commedia dell’arte. Si sviluppano generi drammaturgici inediti, quali le tragedie borghesi, le commedie lacrimose e i drammi domestici. Il luogo teatrale, la recitazione, la messinscena e il rapporto con il pubblico divengono motivo di costante riflessione e teorizzazione. Il teatro si avvia a assumere una funzione morale di pedagogia che trova la sua teorizzazione più conveniente nelle pagine di intellettuali quali D’Alembert, Diderot e Lessing. Si dovrà attendere l’Illuminismo perché si traducano in prassi le istanze di riforma e rifondazione volte a promuovere il teatro a veicolo privilegiato. Gli illuministi, sottolineando la necessità di una drammaturgia rinnovata, di uno spettatore criticamente attivo, e assegnando al teatro un compito di riflessione nei confronti della società contemporanea, mostrano parimenti un grande interesse ai problemi relativi allo spettacolo, suscitando una ricca fioritura di dispute teoriche e di opere teatrali da cui prenderà sviluppo il teatro moderno. La penisola italiana trova in Metastasio, Goldoni e Alfieri gli artefici di una grande riforma teatrale. Il loro impegno si traduce nella precisa volontà di restituire dignità alla produzione drammaturgica, di ristabilire la definizione dei vari generi e assegnare alla figura dell’attore un ruolo socialmente qualificato e onorato. Nelle loro opere appaiono le riflessioni intorno agli aspetti più squisitamente tecnici della rappresentazione e al nuovo significato sociale e politico che il teatro si prepara a assumere. Un teatro svincolato dal banale ossequio nei confronti delle codificazioni letterarie di ascendenza classica e che punta molto sulla diretta comunicazione con il pubblico. Il mondo dello spettacolo percepisce l’esigenza sempre più pressante di adeguare il proprio ruolo agli ideali di rinnovamento che emergono dalle riflessioni di storici, filosofi, poeti e intellettuali, che in campo teatrale sembrano avvertirsi i primi sintomi dei profondi mutamenti sociali e politici che investiranno l’Europa intera. Sulle basi della democratizzazione, via via favorisce la vivace ripresa artistica dello spettacolo. IL LUOGO SCENICO 1 2 3 4 ♣ L’evoluzione dell’architettura teatrale in Italia e in Europa Le caratteristiche architettoniche della maggior parte degli edifici teatrali realizzati nell’Europa intera nel corso del Settecento trovano nel modello barocco del cosiddetto teatro <<all’italiana>> che rimane inalterato nei suoi elementi costitutivi fondamentali. La pianta barocca caratterizzata dalla platea allungata a U, dalla struttura dei palchetti ad alveare e da una vasta scena incorniciata dal frontespizio, ha avuto un enorme successo. La struttura architettonica teatrale del XVIII secolo nasce dalle mutate esperienze di fruibilità dello spettacolo e dal clamoroso successo dell’opera in musica. Si sviluppano i teatri a gestione impresariale, caratterizzati da sale più capienti, in grado di ospitare un pubblico pagante numeroso e di porsi in concorrenza tra loro. La disposizione degli spettatori resta invariata, ma muta profondamente la destinazione della sala teatrale, che diviene luogo di incontro sociale privilegiato, atto a ospitare ogni genere di manifestazione pubblica. La componente autocelebrativa del rito teatrale trova massima espressione nella suddivisione del pubblico in palchetti consentendo alle classi elevate di affermare pubblicamente il proprio privilegio sociale. L’aristocrazia e l’alta borghesia prendono posto in palchetti di proprietà, mentre la media e piccola borghesia, il popolo e la servitù assistono alla rappresentazione rimanendo in piedi o sedendosi su panche situate nella platea o dall’ultimo ordine di logge, denominato loggione. Accanto ai palchetti, si creano aree di servizio <<a comodo>> destinate al pubblico privilegiato, quali i camerini, adibiti a funzioni varie, atri e spaziose e comode sale o ridotti destinati al gioco d’azzardo e all’incontro mondano. La vita sociale non si svolge più soltanto all’interno dei palchetti, ma prosegue pubblicamente nei ridotti nobili, dove trovano posto cucine, bottigliere e salottini appartati che consentono allo spettatore di distrarsi piacevolmente da ciò che avviene in scena. Era rilevante il peso economico dei giochi di piacere nel bilancio complessivo dei teatri: costituisce una fonte di guadagno primaria, un finanziamento indispensabile per garantire ai teatri stagioni di adeguato splendore artistico. Il palcoscenico tende a ampliarsi in larghezza e profondità, al fine di ospitare organici artistici sempre più numerosi e di permettere il montaggio di scene elaborate, il cui sviluppo si articola su lunghe serie di quinte piatte, concluse con fondali scorrevoli e sovrapposti. Dal punto di vista scenotecnica, la zona è organizzata su tre piani sovrapposti e distinti: sottopalco, piano scenico e soffitta. Il prospetto scenico risulta l’elemento ormai imprescindibile nella struttura interna della sala. Nelle immediate adiacenze del palcoscenico si aprono locali di disimpegno, depositi e magazzini, al fine di custodire le dotazioni di scena. L’edificio teatrale acquisisce assoluta autonomia all’interno del tessuto urbano e si propone quale mirabile espressione del prestigio sociale e culturale della città: la facciata ha le caratteristiche monumentali e il teatro dispone anche di un portico adibito al breve stazionamento delle carrozze e di zone riservate a ricevere il pubblico. La pianta a forma di U allungata, studiata per contenere un pubblico assai numeroso, viene superata nel corso nel Settecento. Essa sembra creare problemi di visibilità al pubblico distribuito nei palchetti. Si sviluppano varianti più o meno fortunate quali: La pianta a ferro di cavallo: si impone rapidamente in tutti i maggiori teatri d’opera edificati nel corso del Settecento, garantisce una buona visibilità da ogni punto della platea e dai palchi. Esempi: il Teatro Argentina di Roma, il San Carlo di Napoli; la Scala di Milano, edificata in stile neoclassico dall’architetto Piermarini e inaugurata nel 1778, con cinque ordini di palchi e un loggione per un totale di 2800 posti circa. Rappresenta il passaggio dalla sala barocca a un teatro architettonicamente definito per l’intelligente organizzazione degli spazi interni e l’adozione dei più moderni accorgimenti tecnici. La pianta a campana: propone nella pianta la sezione di una campana con un’ampia apertura in corrispondenza dell’imboccatura della scena. Utilizzata al teatro Filarmonico di Verona. La pianta a ellisse tagliata: ottenuta troncando l’ellisse a un terzo della sua estensione con la linea del proscenio. Può essere osservata nel teatro Regio di Torino. Favorisce una buona visibilità del palcoscenico anche dai palchi immediatamente adiacenti al proscenio. La pianta ovoidale: del teatro di Imola. Allargando l’ampiezza della curva di fondo, la forma ovoidale da luogo a un palcoscenico dalla fronte concava suddiviso da due pilastri in tre distinte aperture sceniche. Lo sviluppo in lunghezza dello schema planimetrico della sala e la ricerca di una migliore visibilità della scena sono i caratteri costanti delle diverse varianti in cui si declina la tradizionale pianta barocca nel corso del secolo. Nuove sperimentazioni si indirizzano al miglioramento dell’acustica, attraverso un’adeguata curvatura di soffitto e palcoscenico e l’utilizzo di materiali come il legno, che favoriscano un rapporto ottimale tra riflessione e assorbimento del suono e della voce e garantiscano una buona qualità sonora in ogni punto della sala teatrale. Si aggiunge anche lo studio di soluzioni illuminotecniche inedite. Il modello del teatro all’italiana si afferma quasi ovunque in Europa al fine di ospitare il grande spettacolo del melodramma. Il Salvatorplatz di Monaco è uno fra i primi teatri in stile barocco fuori dal nostro paese. Ci furono degli originali progetti sviluppatesi in area francesi e volti a considerare la possibilità di estendere la sala in larghezza anziché in lunghezza. La pianta circolare del Grand Theatre in Bordeaux, in cui la scena forma con la sala un cerchiò perfetto si fonda sull’idea di consentire agli spettatori una visione collettiva dello spettacolo, mettendo da parte l’esigenza di privacy che caratterizzava i palchetti all’italiana. ♣ La scenografia La scuola scenografica italiana continua a dominare per tutto il Settecento nei teatri d’Europa. Sulla scia del teatro musicale, accanto agli scenografi professionisti, si distinguono valenti pittori che dipingono volentieri scene teatrali, contribuendo alla diffusione della scena-quadro e alla progressiva affermazione della veduta per angolo. Ferdinando Bibiena, pittore, architetto e scenografo, realizzò la scena per il teatro Farnese e inventò la prospettiva per angolo che, impostata sulla diagonale del palcoscenico, presenta un’inedita visione asimmetrica della scena stessa. Il punto di vista dello spettatore è spostato ai lati della scena, in due punti distinti che dilatano illusionisticamente l’ambiente entro cui si colloca l’azione nel senso della larghezza, rovesciando il concetto tradizionale della scena barocca, basata sull’asse centrale. Bibiena teorizzò le leggi della maniera per angolo e pose i fondamenti per la ridefinizione dello spazio scenografico. Finalità imprescindibile di ogni suo progetto è una rappresentazione innovativa, che consenta allo sguardo di spingersi fin oltre la scena. Ideò due tipi di prospettiva: accidentale, caratterizzata da più punti di convergenza, e quella dal basso verso l’alto,che conferiscono alla scena un respiro più ampio grazie a scorci arditi e punti di vista inusuali. Il fratello Francesco, costruttore e scenografo, realizza i teatri d’opera di Vienna e Nancy, raggiungendo il capolavoro con il teatro Filarmonico di Verona, interessante per i suoi palchi a gradini. Filippo Juvarra intende la scenografia come mezzo autonomo di espressione teatrale. Egli preferisce forme meno movimentate, più sobrie e aggraziate, delineate per mezzo di giochi chiaroscurali discreti quanto suggestivi, che sollevano le masse architettoniche da ogni peso realistico per inserirle armoniosamente entro scenari di marcata impronta fantastica. Il suo sistema tende a disporre in palcoscenico quinte dipinte in linee parallele al proscenio, introducendo una grande libertà nel disegno delle scene. I fratelli Galliari rivisitano la classicità. Operano i vari paesi d’Europa e in Italia, principalmente a Milano, dove realizzano le scene per lo spettacolo inaugurale della Scala nel 1778, e a Torino, dove assumono la carica di scenografi stabili. A Bernardino e a Fabrizio si deve la decisiva affermazione della scena-quadro. Tale modello tende a una soluzione pittorica anziché architettonica della pratica scenografica: il fondale diviene il punto focale determinante della scena, incorniciato da pochi e marginali elementi, le quinte e i soffitti. ♣ La scena del melodramma Nel corso del Settecento i temi e i soggetti dei libretti d’opera seria e dei balli trovano le proprie fonti, da un lato, nel mondo classico della Roma imperiale, e dall’altro, nell’evasione verso civiltà e ambientazioni remote, con particolare predilezione per l’area medio orientale. Nel primo caso, studi e ricerche archeologiche guidano gli scenografi nel recupero filologico di luoghi architettonici dell’antichità. L’interesse per gli ambienti di sapore esotico si lascia trascinare da uno spirito fantastico verso l’approssimazione e persino verso la reinvenzione di ambienti e spazi che bene si accordino con al varietà delle vicende narrate. L’effetto suggestivo risultava dall’impostazione sempre imponente degli spazi e dal gioco dei contrasti cromatici. La scena settecentesca è ancora risolta tutta pittoricamente con una struttura aperta e variabile, attraverso la rappresentazione prospettica degli ambienti dipinta sulle superfici bidimensionali delle quinte e dei fondali. La pianta del palcoscenico resta fissa: le guide per lo scorrimento degli elementi scenografici sono sistemate nel sottopalco e il piano del palcoscenico è percorso soltanto da tagli entro cui vengono inseriti gli elementi. I tagli erano separati da tagli per l’entrata e l’uscita degli attori. La scena si compone di due spazi: un primo delimitato da quinte e soffitti, praticabile da parte di attori, cantanti e ballerini (spazio reale) e un secondo completamente illusorio, consistente nel fondale e negli ultimi gruppi di quinte ad esso adiacente (spazio apparente). L’azione dei personaggi può avvenire nella sola fascia anteriore del palco, il proscenio. Punti salienti della prospettiva teatrale sono ancora la scelta del punto di distanza, cioè la distanza che si immagina esistere tra l’osservatore e l’oggetto rappresentato, e il conseguente punto di vista, l’altezza dell’occhio dell’osservatore. Anche l’effetto luminoso è rappresentato illusionisticamente. Fino all’introduzione della luce a gas del 1820, non è possibile ottenere forti contrasti e modulazioni di luce. La distribuzione delle fonti luminose era da lampadari e luci di quinta. Lo scenografo deve dipingere i tagli di luce (es. raggi di sole) sul fondale in modo che si accordino con l’illuminazione dello spazio. L’uso costante del sipario è introdotto su larga scala solo verso la fine del secolo: consente di eliminare il cambio di scena a vista e colpire il pubblico con lo stupore. Il passaggio da una scena all’altra è consentito da quinte e fondali che scorrono lentamente verso l’esterno, scoprendone altri. LO SPETTACOLO ♣ Lo spettacolo in Europa: il trionfo del melodramma In Francia, dove il declino della potenza politico-militare si accompagna la decadenza dell’ancien regime, la vita teatrale non cessa di riscuotere il generale consenso. I grandi teatri parigini – Commedie Francaise, Theatre Italien, Opera – sono assediati da un pubblico avido di novità, mentre la classe aristocratica si mostra sempre più assidua nella frequentazione privilegiata dei teatri di corte – Versailles, Fontainebleau, Tuileries – e la borghesia frequenta le numerose sala da gestione privata nelle quali si va sostituendo un’accurata scelta di repertorio e interpreti. Gli attori preferiti sono Mademoiselle Clairon e Lekain, che sono anche letterati colti e intellettuali. Dopo il periodo della Restaurazione, l’attività teatrale riprende vigore in Inghilterra con la salita al trono della regina Anna. L’apertura di numerose sale, coincide con la nascita di nuovi generi teatrali. Il richiamo del pubblico, interessato più agli elementi spettacolistici che al valore drammaturgico, non dipende dall’autore, ma da scenografi e attori. La gestione dei luoghi di spettacolo passa sotto il controllo indiretto dello stato: nelle città maggiori sorgono Theatres Royal in cui le compagnie di provincia, che proseguono la loro attività di giro, trovano sedi stabili. Anche in Germania nasce nel corso del secolo un movimento di pensiero che tende alla creazione di un teatro nazionale e alla centralizzazione del sistema teatrale in opposizione al nomadismo tradizionale delle formazioni comiche, preannunziando la stagione dello Sturm und Drang. Si avverte la necessità per le compagnie più importanti di darsi una sede fissa, mentre diverse città si adoperano nella costruzione di teatri nazionali, cioè stabili e sovvenzionati dallo stato. Se da un lato l’intera Europa si appresta a vivere un momento di intensa riorganizzazione del sistema teatrale, dall’altro lato i generi di spettacolo proposti sono travolti dalla crescente ascesa del melodramma. La nostra tradizione della commedia dell’arte ben si sostiene ancora nei diversi paesi europei per tutto l’arco del Settecento, ovunque si rappresentano opere in musica italiane, su libretti verseggiati in italiano. La scuola del bel canto fabbrica ugole prodigiose che costituiscono il richiamo del pubblico. L’assunzione degli evirati e delle virtuose più dotati costituisce la preoccupazione primaria dell’impresario e assorbe le spese maggiori destinate all’allestimento. I cantanti per i ruoli principali risultano numericamente insufficienti per rispondere alle richieste dei teatri, e così sviluppano un’invidiabile forza contrattuale. Il dramma in musica va smarrendo la propria specificità teatrale per trasformarsi in un vero e proprio recital. Sul palcoscenico il cantante impone dispoticamente i propri capricci, altera la musica e non si cura dell’azione scenica: indossa stravaganti costumi e intona arie che non fanno parte dell’opera rappresentata ma che appartengono al repertorio di baule, che mette in luce le qualità canore dell’esecutore. Librettisti e compositori devono sottostare alle loro richieste. Questi meccanismi di mercato determinano un calo del livello artistico, generale conseguenza di una produzione sempre più frettolosa, meccanica e livellata. ♣ L’età delle riforme: la scena francese e tedesca Il decisivo processo di rinnovamento che investe il mondo teatrale europeo nel corso del Settecento trova le sue più mature enunciazioni nella Francia razionalista, dove il pensiero illuminista sviluppa l’esigenza di radicali riforme che incidano profondamente anche sulla drammaturgia e sulle condizioni materiali dello spettacolo. In Francia il teatro materiale e la professione dell’attore avevano acquistato una certa dignità civile e culturale. Denis Diderot sviluppa una critica puntuale e impietosa ad ogni aspetto del coevo teatro francese, da lui considerato troppo distante dalla verosimiglianza. Bisogna rappresentare in teatro i sentimenti e i conflitti dell’uomo medio, anziché quelli degli eroi della tragedia classica, e la scelta conseguente di porre particolare attenzione all’ambientazione sociale della vicenda. Sottolineava l’importanza di trattare soggetti quotidiani, lontani dalle situazioni astratte della tragedia, all’interno di un nuovo genere mediano, il dramma borghese, che si ponga a metà tra il genere comico e quello tragico. L’interesse per gli aspetti tecnici relativi alla recitazione dà voce all’esigenza di realismo, per sottolineare piuttosto la vocazione morale e edificante: uno spettacolo verosimile, che porti in scena uomini comuni nobilitati da azioni virtuose, può avere il potere di indurre lo spettatore, attraverso l’immedesimazione e la commozione, prima alla riflessione, e poi al perfezionamento morale. La tecnica recitativa deve essere viva e tesa al conseguimento di un tono quotidiano e non declamatorio. Nel Paradosso sull’attore, due interlocutori sviluppano l’assunto paradossale secondo cui un’eccessiva sensibilità renderebbe gli attori mediocri, mentre la mancanza di sensibilità li renderebbe sublimi. C’era la necessità di una recitazione distaccata, frutto di uno studio riflesso più che dell’impeto. Valido è solo l’attore che si sottoponga a una dura disciplina di studio, si perfezioni attraverso prove meticolose, e riesca a rimanere estraneo alle passioni mentre recita. David Garrick, il più grande attore del Settecento, ridona al teatro inglese lo status di istituzione nazionale e innalza la figura professionale dell’attore al rango dei massimi artisti. La rivoluzione da lui introdotta consiste nel recupero di una dimensione naturale nella recitazione, di contro ad una tradizione di affettato accademismo. Egli pone attenzione alla psicologia individuale dei personaggi e stati d’animo, nel tentativo di riconquistare a dimensione umana uno spazio scenico da troppo tempo occupato esclusivamente dall’attore-oratore. Libertà di movimento, forza del gesto, rilievo della dizione drammatica, utilizzazione di tutte le risorse espressive del volto e del corpo. Il suo insegnamento influenzò anche Diderot. Jean Baptiste Le Rond d’Alembert si pone il problema di sottrarre la professione dell’attore alla condanna pregiudiziale che da secoli l’affligge, provocando le dure reazioni degli organi del potere, motivate e sorrette dall’autorevole e avverso parere di Rousseau, sostenitore radicale del pregiudizio calvinista sugli spettacoli. Jean Jacques Rousseau si dichiara contrario allo spettacolo teatrale: il teatro può rivelarsi assai pericoloso, in quanto non si pone come finalità l’educazione, bensì il divertimento, e per conseguenza deve assecondare l’opinione pubblica e lusingarla, anche nei suoi aspetti più riprovevoli. Rousseau sostiene che l’attore, in quanto maestro nell’arte del mentire, non potrà che riflettere gli effetti della propria nefanda professione anche nella vita quotidiana. Solo la musica sarebbe degna d’attenzione e soprattutto quella vocale. Pretendeva una restaurazione morale del teatro che a esso consenta di esplicare compiti pedagogici. Egli giunge ad affermare che l’unica forma di spettacolo degna di una società di uomini liberi sia la festa, nell’ambito del quale tutti i presenti sono contemporaneamente attori e spettatori. Gotthold Ephraim Lessing riassume il meglio del pensiero illuminista, proponendo una recitazione a misura d’uomo e una drammaturgia profondamente legata alla realtà contemporanea. Il tentativo di Lessing era di elevare la scena tedesca a una dignità che si discosti dal basso livello in cui giace. Johann Christoph Gottsched voleva nobilitare il repertorio e la prassi rappresentativa tedeschi, recuperando modelli di sicuro valore quali Corneille e Racine, e cercando di restituire dignità alla figura dell’attore. Nemico delle farse germaniche, con l’aiuto di Caroline Ne’uber, abile attrice, e della moglie Luise Aldegunde cerca di ristabilire un nesso tra teatro e letteratura, sviluppando una critica costruttiva ai modelli drammaturgici d’importazione e opponendosi con fermezza alla tradizione ancora viva della commedia dell’arte. La riforma di Gottsched si presenta come un progetto pedagogico e morale. Konrad Ekhof, il più grande attore tedesco del secolo, introduce per la prima volta lo studio dell’arte scenica, con attenzione alla declamazione, tentando di sganciare l’esperienza tedesca alla tradizione formalistica e classicheggiante di ordine francese, atteggiata a una meccanica affettazione. Mira al raggiungimento di naturalezza e verosimiglianza, sia nel gesto, sia nella dizione della parola. Ad Amburgo la borghesia promuove una sottoscrizione per l’edificazione di un nuovo teatro, inaugurandolo il 22 aprile 1767 sotto la direzione di Loewen: il ruolo di dramaturg, ossia di responsabile della scelta dei testi da mettere in scena, è riservata appunto a Lessing. Egli redige una rassegna critica interna al teatro, Drammaturgia d’Amburgo, nella quale sviluppa secondo una linea originale le acquisizioni del pensiero illuminista, muovendo verso un rinnovamento del teatro tedesco. L’autore teorizza il nuovo ruolo affidato al pubblico, non più semplice spettatore, ma bensì chiamato a elaborare personalmente un giudizio criticamente attivo sullo spettacolo. Lo sfarzo dell’allestimento e gli artifizi scenici non devono più entusiasmare lo spettatore, la cui attenzione deve essere tenuta desta dal realismo critico implicito nel testo. La recitazione deve essere realistica e condotta con un tono famigliare, in modo da colorire la rappresentazione di verità. Egli tenta di superare le tesi dei francesi e degli italiani, proponendo una lezione di realismo critico e prospettando una sostanziale mediazione tra abilità tecnica e immediatezza del sentimento: l’identificazione emotiva da parte dell’attore, fondamentale, non è di per se sufficiente e deve necessariamente trovare supporto nelle pratiche dell’arte della scena. Per Lessing esistono tre elementi fondamentali: una recitazione fortemente soggettivizzata; attenzione al particolare realistico; tono medio e assai vicino al parlato quotidiano. ♣ Verso un nuovo teatro italiano In Italia, in quei secoli, c'era una arretratezza teorica e una relativa marginalità nella prassi riformistica: ma ad uno sguardo più avvertito, il nostro contributo al processo di rinnovamento della scena si rivela originale e sintonico con le proposte fiorite nel resto d'Europa. L'impegno della riforma assolto dall'Arcadia, nel primo ventennio del secolo, ha il merito di ridestare l'interesse di tecnici e letterati per i problemi del teatro, con un intervento che regoli e corregga gli eccessi della tradizione tardo-barocca. e svolga un'opera di confronto e avvicinamento con l'evoluzione civile e sociale. L'interesse degli arcadi per lo spettacolo trova manifesta conferma nelle opere di Gravina, Muratori, Martello e Maffei, che si pongono il problema di una riforma o di una rifondazione dello spettacolo italiano, indicando nel testo drammatico il mezzo privilegiato di autentica comunicazione tra l'autore di quel pubblico composto di spettatori. All'opinione diffusa che considera lo spettacolo teatrale luogo di puro divertimento, si va affiancando l'idea di un teatro quale possibile luogo di scambio culturale e sociale, aperto ad una serie di contatti tra classi diverse. A favorire tale situazione concorrono diversi fattori: il crescente interesse per il mondo dello spettacolo mostrato dagli organi politici amministrativi che avviano un'opera di costante intervento legislativo; la concentrazione della distribuzione teatrale in città di primaria importanza, quali Venezia, Bologna, Napoli e Milano; la trasformazione di gran parte delle sale private in teatri pubblici a pagamento e la progressiva decadenza dei teatri aristocratici, arroccati nella strenua tutela di tradizioni accademiche mutuate dal secolo precedente. Il mondo dello spettacolo incomincia a rinnovarsi con lentezza e cautela per giungere, nel periodo illuminista, a un distacco più franco e marcato dalle forme e dagli strumenti della tradizione. In Italia, il genere dell'opera in musica sembra raccogliere più tempestivamente di altri l'interesse dei rinnovatori: la passione per il teatro musicale tende a sommergere il teatro drammatico. Benedetto Marcello, nel Il teatro alla moda, annota con ironia le bizze dei virtuosi di musica, dipingendo un quadro polemico e frizzante della realtà teatrale. Rivolgendosi alle diverse categorie di artisti e artigiani operanti nel teatro musicale, egli espone una serie di consigli pratici, indispensabili per adeguarsi alle esigenze dell'ultima moda. Accusa poi compositori e cantanti di non essere in grado di interpretare il testo, non giungendo a comprendere nemmeno il senso letterale. E' Metastasio a avviare l'opera di riconciliazione tra testo musicale e testo poetico. Lui ricerca il delicato equilibrio fra le esigenze dello spettacolo e l'aspirazione di adeguare melodramma alle ragioni del decoro poetico e della dottrina aristotelica sulla tragedia. Condannando l'esperienza artistica barocca e opponendosi in nome a una norma razionale agli arbitri della fantasia e della moda, Metastasio non si limita a un intervento di riforma drammaturgica, ma concorre direttamente al processo di rigenerazione dello spettacolo musicale. Egli pone in rilevo la necessità per il cantante-attore di essere bene addestrato nella recitazione e nella dizione, e l'importanza del coordinamento di scene e costumi con il contesto dell'azione. Il dibattito intorno alla questione della recitazione nel teatro non musicale, bisogna osservare che se essa assume rilievo particolare verso la fine del Settecento, l'esigenza di restituire dignità alla professione comica, a partire dalla qualità delle scelte di repertorio, si impone costantemente già nella prima parte del secolo soprattutto ad opera di attori più consapevoli. Fra costoro, Luigi Riccoboni (1676-1753), diretto precursore della riforma goldoniana, in arte Lelio, attore e capocomico. Sottolinea la necessità di ricondurre lo spettacolo al buon gusto, Riccoboni tenta principalmente di sottrarre al teatro italiano allo stato di progressiva decadenza in cui versa. Egli insegna ai comici l'esercizio della loro professione, suggerendo l'istituzione di una scuola di recitazione per giovani, riprende e approfondisce il tema della recitazione formulando una moderna tecnica rappresentativa, alla cui base siano posti naturalezza, buon senso e decoro. Si presta alle sperimentazioni drammaturgiche di Maffei e Martello, compiendo personalmente una sintesi tra le tecniche dell'Improvvisa e la tradizione letteraria. Carlo Goldoni affronta la riforma della commedia sulla base di premesse affatto singolari: uomo di teatro, si accosta al mondo delle scene in un momento di crisi del teatro di prosa, schiacciato dalla concorrenza di quello musicale, e ridotto alla sola esperienza della commedia dell'arte, avviata a definitivo tramonto. Convinto della necessità di modificare la società entro cui vive. La sua riforma è estesa a tutte le componenti dello spettacolo e si propone di conseguire, attraverso il mutamento radicale dei caratteri del teatro, quello delle abitudini del pubblico. Si accosta personalmente al mondo dei comici, al fine di sottoporre al vaglio di un'inusitata strategia creativa gli esiti più alti della recitazione all'improvviso. Una riforma che si sostanzia dell'apporto vivo e vivificante fornito direttamente dagli attori, del cui lavoro il commediografo è paziente e diuturno testimone per molti anni. Nell'atto di reintrodurre sulle scene opere scritte per intero in luogo dei canovacci aperti all'improvvisazione degli attori, egli si fa maestro della tecnica di interpretazione premeditata che il testo scritto impone, assumendosi in toto ogni responsabilità dell'allestimento scenico. Per la scenografia e i costumi Goldoni auspica una naturalezza essenziale, aspirando ad una discreta ricreazione scenica della realtà, fondata sull'illusionismo del teatro, l'aspetto sul quale egli incide in maniera più sostanziale è la recitazione. Goldoni induce i suoi attori ad adottare uno stile famigliare e naturale che rifugga dall'ipertrofia verbale e gestuale caratteristica della tradizione dell'Improvvisa. Anche i ruoli fissi e le maschere vengono abbandonati a poco a poco in favore di personaggi non stereotipati, che si modulano in funzione del contesto in cui sono collocati e dell'azione che li vede protagonisti. Goldoni abolisce i ruoli antiquati e conserva degli altri soltanto la connotazione esteriore. La riforma condotta da Goldoni porta alla creazione di personaggi originali e psicologicamente connotati e corrode fino alla dissoluzione il concetto di ruolo, sul quale si erano organizzate le compagnie, prefigurando il moderno concetto dell'attore polivalente, in grado di calarsi entro personaggi ognora diversi. Alla base del teatro di prosa si costituisce la triade autore-attore-spettatore, ogni elemento della quale risulta imprescindibile nella concezione di un evento che si presenti constantemente uguale a se durante le repliche, aspirando a coinvolgere lo spettatore in una dinamica psicologia e intelletuale che presuma, accanto al divertimento, la riflessione e il conseguente beneficio sul piano morale e culturale. A Vittorio Alfieri si devono le considerazioni sullo sviluppo della scena drammatica nell'ultimo quarto del Settecento. Egli traccia un quadro lucido e preciso della situazione italiana teatrale, cogliendo i limiti e le aporie che ostacolano la nascita di una civiltà dello spettacolo al passo coi tempi. Constatate l'inesistenza di un teatro italiano degno di tale nome e l'inutilità di un istituto monarchico, al fine di consentirne l'attuazione, Alfieri stabilisce il ruolo nazionale del teatro che abbisogna di un popolo politicamente libero, in grado di comprenderne l'importanza. Autori, attori, pubblico costituiscono gli elementi inscindibili del progetto alferiano. Il testo drammaturgico rappresenta solo uno degli elementi concomitanti e non necessariamente il più importante. La responsabilità maggiore grava sull'attore, dal cui operato dipendono sia la valorizzazione del testo, sia l'educazione del pubblico. Al pubblico è richiesta una maggiore preparazione culturale e teatrale, deve fornire il proprio attivo contributo alla vita delle scene, mantenendo vigile la propria capacità di analisi e critica in modo da indirizzare a sua volta gli attori nell'esercizio della loro arte e da sollecitare l'ingegno degli autori. Ad Alfieri preme la formazione tecnico culturale dell'attore. Le tragedie alferiane si sono imposte in tutta la loro rilevanza in quanto coraggiosa opera di creazione di un modello e di un linguaggio affatto originali, progettati esplicitamente in vista di una destinazione scenica. LA DRAMMATURGIA ♣ Italia Il secolo XVIII si inaugura all'insegna della belligeranza. La pace di Aquisgrana pone fine a tale travagliato periodo e conclude l'epoca del predominio spagnolo e francese in Italia. Il nuovo assetto politico vede una predominanza del dominio austriaco. L'Italia, priva ancora di una coscienza nazionale, si mostra propensa a guardare all'esempio francese, per cercare i segni di un rinnovamento culturale. La produzione drammaturgica italiana risente così degli orientamenti proposti dal neoclassicismo francese. La polemica contro la penetrazione della cultura francese nella nostra penisola va intensificandosi: i nostri drammaturghi iniziano a porsi il problema di una letteratura teatrale nazionale. ♣ L'opera seria Nel panorama teatrale settecentesco l'opera in musica costituisce il contributo più originale e duraturo che l'Italia sappia fornire alla civiltà europea dello spettacolo. Il testo dei drammi per musica, costituito da un regolare alternarsi di azioni drammatiche ( recitativi) e soste liriche (arie), risulta condizionato dalle richieste dei musicisti e dei virtuosi. La necessità di adattare la partitura musicale alle esigenze mutevoli degli interpreti, impone un frenetico ritmo di lavoro ai librettisti, le cui fecondità e rapidità di scrittura divengono tanto leggendarie, quanto ripetitive e meccaniche. Alla riorganizzazione delle strutture tradizionali del libretto, in vista di un restauro del suo valore si applica Apostolo Zeno. Egli si impegna per ridonare autonomia drammatica e dignità artistica al libretto d'opera, rifacendosi alle origini del melodramma. Ciò avviene nel confronto diretto con le esigenze della scena, attraverso la razionalizzazione del testo poetico e la gravità dei soggetti trattati. Egli ricorre a soggetti di carattere moraleggiante, tratti da episodi della storia greco-romana, al fine di riavvicinare il libretto all'ideale modello della tragedia greca. Si tratta di ridurre lo spazio concesso alle arie e ampliare i recitativi. Metastasio prende le mosse per ricondurre il melodramma a un equilibrato rapporto tra musica e poesia. Coglie il primo autentico successo con Didone abbandonata, Napoli 1724, caratterizzata da un tono tragico, e intercalata, secondo il costume, da due intermezzi. Riceve da Vienna l'invito ad assumere l'incarico di poeta di corte, qui rappresenta i suoi più celebri lavori: Demetrio, Adriano di Siria, L'Olimpiade e Demofoonte, tutti su musica di Caldara, caratterizzati da una cura maggiore per lo studio della psicologia dei personaggi e da un equilibrio fra elementi patetici e eroici, all'interno dell'intricata vicenda. Metastasio cerca di ovviare alla mancanza di unità e all'incoerenza dei personaggi proprie della tradizione melodrammatica, misurando entrate e uscite di scena, calibrando la collocazione e la distribuzione delle arie e ricercando l'unità di luogo. Costruisce i suoi drammi secondo stilemi propri dei poeti tragici francesi, incentrando l'attenzione soprattutto sul contrasto tra passione e dovere. Il poeta mostra la volontà di rispettare la divisione classica dell'opera in tre atti. I soggetti sono tratti dalla classicità greca e romana o dalla mitologia, personaggi ai quali è affidato il compito di impersonare una virtù o un difetto. L'azione è narrata nel recitativo, mentre alle arie è affidato il compito di esprimere lo stato d'animo del personaggio. Poeta melodrammatico e critico letterario, Ranieri de' Calzabigi, spinto anch'egli dal proposito di ricondurre il testo alla semplicità di un'azione unica. Inaugura con Orfeo e Euridice la collaborazione con il compositore tedesco Christoph Willibald Gluck. Il nuovo melodramma deve uniformarsi alle regole della semplicità, della verità e della naturalezza, rigenerando la più stretta adesione tra testo musicale, e ispirandosi a passioni e sentimenti più immediati e toccanti. Auspica una semplificazione dell'intreccio, suddiviso in pochi quadri fondamentali, con la soppressione dei personaggi secondari, e propone un largo uso del recitativo accompagnato. ♣ L'opera buffa Il teatro musicale settecentesco si arricchisce di un nuovo genere di spettacolo di soggetto comico: l'opera buffa. Nata a Napoli, essa funge da intermezzo fra atti di un'opera seria. Sviluppatosi in un secondo periodo, l'opera buffa viene rappresentata per lo più in piccole sale teatrali, interpretata da artisti scenicamente più convincenti rispetto all'opera seria. Il libretto composto in dialetto presenta vicende e personaggi mutuati direttamente dalla vita quotidiana o dalla commedia dell'arte. L'aria perde la sua primazia per dare spazio ai pezzi di insieme e ai recitativi. L'opera buffa è l'antitesi dell'opera seria. Fra i musicisti che danno il loro contributo a tale genere nascente, basti ricordare Giovanni Battista Pergolesi, Niccolò Porpora, Niccolò Piccinini, Giovanni Pasiello, Domenico Cimarosa e, in area veneziana, Baldassarre Galuppi. Verso la fine del Settecento l'opera buffa raggiunge ambizioni musicali quasi equivalenti a quelle proprie dell'opera seria. Goldoni intrattiene molti rapporti con il mondo musicale, conducendo una riforma di vasta portata, anche in tale campo. Egli si mostra sensibile alle esigenze del pubblico, disponibile a modificare il testo dei suoi libretti, assecondando le richieste di impresari e interpreti, attento ai problemi dell'allestimento scenico e consapevole dell'importanza dei fattori esterni per il successo di una rappresentazione musicale. Fra i più noti librettisti di opere buffe, Giambattista Lorenzi, il maggiore esponente della scuola napoletana, tenta di elevare con il fortunato Socrate immaginario, il genere neonato dal rango di spettacolo popolare a manifestazione riconosciuta dalla cultura ufficiale. Giambattista Casti compone Il re Teodoro in Venezia, primo vero trionfo dell'opera buffa a Vienna, e il divertimento teatrale Prima la musica e poi le parole . Casti dipinge con ironia gli aspetti della vita teatrale settecentesca, condannando la pratica spettacolistica contemporanea e mostrando di avere piena coscienza del difficile equilibrio tra musica e poesia. Lorenzo da Ponte, abate e librettista di Mozart, per il quale scrive la celebre Trilogia, composta da Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte. Propone un testo satirico, basato sull'accordo tra musica e parola e l'acuta l'osservazione della realtà, al punto da apparire spettatore attento e divertito dei costumi del suo tempo. ♣ Il problema della riforma della tragedia La creazione di un grande teatro tragico si può considerare aspirazione costante del Settecento italiano. Il dilagante successo del melodramma e la progressiva affermazione di un'organizzazione teatrale orientata sulla base delle esigenze di mercato, introducono impresari e capocomici a trascurare il genere tragico, cosicché per tutto il Settecento rimane appannaggio quasi esclusivo della accademie, dei collegi e delle compagnie occasionalmente dedite all'attività filodrammatica. Il primo significativo avvenimento nella vicenda del teatro tragico settecentesco è costituito da Merope di Scipione Maffei, Modena 1713, che rappresenta la migliore realizzazione dell'ideale drammaturgico dell'Arcadia, caratterizzato dalla regolarità dell'insieme, dal sostanziale rispetto per la verisimiglianza e le regole aristoteliche, autonomia nei confronti del teatro francese. Maffei mostra come anche le tragedie debbano possedere spiccate qualità teatrali, come ai personaggi competa l'espressione attraverso linguaggi comprensibili e come il teatro in genere non debba essere esercizio riservato alla corte né ai dilettanti, ma pubblico e destinato a una grande massa di spettatori. Ludovico Antonio Muratori, assertore della funzione sociale del teatro, sente l'esigenza di saldare l'idea letteraria di teatro alla pratica delle scene e espone nel suo trattato il proprio ideale di una poesia semplice, ma sostanziata da una solida ispirazione morale e religiosa. A differenza di Maffei, crede che la vera tragedia debba necessariamente seguire i principi attribuiti a Aristotele, fra cui le unità di Tempo, Luogo e Azione. Pier Jacopo Martello perviene alla conclusione che le carenze del dramma italiano dipendano soprattutto dalla mancanza di un verso specificatamente idoneo alla tragedia. Riconosce l'inferiorità della tragedia italiana rispetto a quella francese e per riequilibrare la situazione, si impegna a tradurre il verso alessandrino, utilizzato dai drammaturghi francesi, nel distico di doppi settenari a rima baciata, capace di rendere un ritmo uniforme semplice. Tale metro assunse il nome di martelliano, che finisce per restare incompreso e inutilizzato al di fuori dei limitati circuiti teatrali della tragedia e della tragicommedia settecentesca. Le tragedie di Martello vengono accusate dai contemporanei di risentire troppo dell'influenza del teatro francese, di cui riprendono il modello. Gian Vincenzo Gravina dichiara l'intenzione di dar vita a un processo di svecchiamento della poesia italiana, richiamandosi alla tradizione umanistico-rinascimentale. Forte è il richiamo alla classicità, esaltata nel polemico confronto con la tragedia italiana del Rinascimento e dei secoli successivi, interessata a eccitare e stupire gli animi degli spettatori più che ad educare. Antonio Conti si prefigge di indicare nelle sue opere la via per giungere alla creazione di una tragedia nazionale attraverso la scelta di un adeguato soggetto e di una struttura appropriata. Il compito del drammaturgo consiste nel conciliare l'esigenza di ordine con il desiderio di novità dello spettatore, che tenga in considerazione sia la funzione didattica, si quella edonistica. Il teatro di Conti appare per i suoi caratteri intrinseci destinato a un pubblico colto. In ambito tragico si assiste alla fioritura anche del genere sacro, grazie all'attività dei gesuiti, i quali si avvalsero del teatro quale strumento elettivo di istruzione e diffusione dei valori religiosi fra gli allievi dei collegi. Raccolgono grandi consensi sul palcoscenico dei collegi gesuiti le tragedie di Giovanni Granelli e Alfonso Varano. ♣ Le tragedie alferiane Le tragedie alferiane nascono negli ultimi anni in cui nel nostro paese comincia a diffondersi l'ammirazione dei confronti di Shakespeare e dello Sturm und Drang. Il modello tragico perseguito dal drammaturgo si fonda su un equilibrio di scabra essenzialità formale, tendente a fare del teatro il paradigma di una condizione essenziale e lo strumento attraverso il quale il poeta, nella sua missione profetica, possa infondere nello spettatore una forte aspirazione libertaria. Il fine ultimo della tragedia consiste per Alfieri nell'educazione morale degli spettatori. Per adempiere alla missione educatrice che le è propria, la tragedia non deve presentarsi nella forma riduttiva dell' exemplum, bensì deve toccare l'animo dello spettatore attraverso la rappresentazione di una vicenda unitaria, concentrata intorno alla catastrofe e svolta linearmente in cinque brevi atti, senza divagazioni e dispersioni ne ornamenti superflui, essa di chiude su se stessa e diventa assoluta, ossia focalizzata sui rapporti intersoggettivi e sui violenti antagonismi che oppongono protagonista e antagonista. La struttura dialogica risulta predominante e è riservata ai soli personaggi principali, essendo abolite le parti riservate ai confidenti: i soliloqui si sostituiscono al tradizionale pseudodialogo, monologo interminabile. Lo svolgimento è rapido e l'impianto drammatico, essenziale e immediatamente perspicuo. Per quanto riguarda le tre unità aristoteliche, Alfieri si propone di rispettare solo l'unità d'azione. Il tragediografo plasma endecasillabi che rifuggono ogni tentazione di cantabilità. Le sue opere sono ricche di brachilogie, l'abbondante uso di pause, esclamazioni e interrogazioni, la non comune collocazione dello spettatore verso i centri tematici della tragedia, l'uso di espedienti retorici quali iperbato, ripetizione, antitesi, ossimoro, enjambement sono finalizzai alla costruzione di versi energici, da costringere l'attore a una recitazione dallo stile vigoroso. Della psicologia dei personaggi, il tragediografo ne accentua i sentimenti e le passioni, che risultano politici e civili. La prima fase della produzione alferiana risulta direttamente connessa con un impegno politico, incentrata sul conflitto tirannide libertà. ♣ Il teatro comico dei toscani Girolamo Gigli si dedica alla composizione di commedie di matrice spagnolesca. Sotto l'influsso del teatro comico francese e soprattutto di Moliere. Gigli rifiuta i canoni della tradizione dell'Arte. Giovan Battista Fagiuoli affianca alla passione per la recitazione, la professione di autore e allestitore teatrale. Spinto dalla volontà di riscattare il genere comico dalla condizione di decadenza e dal monopolio sostanziale dei comici dell'arte. Compone commedie di stampo molieriano, egli trae l'ispirazione d'insieme e la tecnica di costruzione dei caratteri. Mostra l'intento di colpire i vizi e i costumi della società contemporanea, offrendo una satira provocatoria. Jacopo Angelo Nelli si confronta a sua volta con il modello molierano. Sfrutta con continuità l'immenso patrimonio della commedia dell'arte, come dimostra il recupero accorto di mezzi tipici della tecnica di recitazione all'improvviso. ♣ Le commedie di Carlo Goldoni Gli esordi drammaturgici di Goldoni si pongono al di fuori del terreno comico, nel campo della tragedia e del teatro musicale, con la stesura di drammi seri e intermezzi per musica. Dal 1738, con l'ideazione del Momolo cortesan, il commediografo si consacra alla commedia, considerata mezzo ideale per un'indagine critica del mondo che lo circonda, per la trasposizione accurata e oggettiva della realtà sociale e politica della Venezia dell'epoca. Momolo cortesan presenta scritta per intero la parte del protagonista, non più affidata all'improvvisazione. Nel 1744, con La donna di garbo abbiamo la prima commedia integralmente scritta. Il drammaturgo cerca un diverso contatto con il modello dell'improvvisa, che troverà nel Servitore dei due padroni una commedia composta da parti scritte alternate a pezzi da recitarsi all'improvviso, per poi essere stesa interamente nella stampa. Lavorando in stretto rapporto con le compagnie Imer-Casali e Medebach, il drammaturgo compone le sue commedie sulle misure degli attori. Egli sostituisce alle maschere e ai ruoli tradizionali della commedia dell'arte personaggi psicologicamente connotati e socialmente verisimili. Debitore dell'insegnamento di Moliere, Goldoni si allinea per gradi ai contemporanei esempi europei e da vita anche in Italia a una personalissima declinazione della commedia di carattere: un variegato concerto di personaggi che con il protagonista costantemente interagiscono. Dalla conoscenza dell'uomo socievole, egli trae la forza del proprio teatro, la perfezione di un ritmo che è ricostruzione esatta del ritmo della vita. Con La putta onorata e La buona moglie, Goldoni dedica la propria attenzione a alcuni esponenti dell'ambiente famigliare piccolo borghese, di cui delinea le attitudini. Dopo una serie di esperienze che trovano matura conclusione nella Famiglia dell'antiquario, il commediografo manifesta un ripensamento in una dichiarazione di poetica nella Prefazione all'edizione Bettinelli e nel Teatro comico, prima fra le sedici commedie promesse e composte in una sola stagione per la compagnia Medebach. Il teatro comico mette in scena un vivido spaccato della vita quotidiana di una compagnia comica, che si accinge ad abbandonare la tradizione dell'arte per accostarsi a un nuovo modo di recitare. Nella sola stagione del 1750, sono sedici le commedie composte e messe in scena da Goldoni: fra cui Pamela, La bottega del caffè, Il bugiardo. Nel 1753 con La locandiera da particolare sensibilità al personaggio, che domina l'intreccio e lo organizza intorno a se. Goldoni indaga le passioni e le inquietudini della donna borghese, cui spesso attribuisce il difficile compito di portare alla luce le tensione che sottostanno all'equilibrio sociale. La donna è il tramite tra vita sociale e vita individuale, sempre intenta a mitigare i conflitti e smorzare le tinte di contrasti. Goldoni percepisce i primi sintomi della crisi che travaglia la borghesia mercantile di Venezia, questo lo porta a colpire con doloroso sarcasmo le aporie della beneamata società veneziana. Infastidito dalla concorrenza di Chiari, Goldoni si cimenta nella tragicommedia esotica in versi martelliani, nella tragedia romanzesca a sfondo classico, nelle commedie in versi di tipo letterario e accademico. Gl'innamorati inaugura nel 1759 la maggiore stagione di Goldoni, che si protrae fino al 1762, anno della di lui partenza per Parigi. Il tema dell'amore entro una complessa e autonoma analisi per ampliarsi e articolarsi nel Curioso accidente e nella Trilogia della villeggiatura , fino a accostarsi ai toni e alle tematiche del dramma borghese, di quel genre serieux. Le grandi commedie del biennio 1760-1762 ( I rusteghi, La casa nova, Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte, Una delle ultime sere di Carnovale ) rivelano l'assoluto dominio dei mezzi tecnici: il ritmo teatrale si identifica perfettamente con il ritmo vitale. ♣ Commedie e drammi lacrimosi Nuovo genere è la commedia lacrimosa, che trova in Pietro Chiari, presso il teatro San Samuele in Venezia dal 1749, uno fra i suoi principali esponenti. Attingendo ispirazione dalla tradizione straniera, soprattutto francese e inglese, con particolare riferimento al genere della commedia lacrimosa o moralizzante. La sua attività si configura come risposta alle opere di Goldoni. Egli risponde ai trionfi goldoniani misurandosi con soggetti di carattere esotico (Le sorelle chinesi, 1753) e di costume (Il filosofo inglese, 1754), ma il potenziale della sua opera si diluisce nella ripetizione di schemi formali e contenutistici. Fra i diffusori e i seguaci della commedia lacrimosa: Giovanni De Gamerra. Il genere lacrimoso risulta appesantito in lui da complicazioni d'intreccio e da uno stile ben poco felice. Amico di Goldoni, Francesco Albergati Capacelli cerca di ritrarre la società contemporanea, sforzandosi di comporre drammi e commedie basati sul principio della verisimiglianza e della naturalezza. Egli mostra di avere coscienza del fatto che l'aristocrazia, di cui faceva parte, preoccupata solo del culto di mode vane e vuote esteriorità, non possa più competere con l'attività laboriosa della borghesia, destinata a prendere il potere politico, sulla base di quello economico. Nell'opera teatrale al nobile corrotto comtrappone la figura del borghese. Nei drammi lacrimosi Il prigioniero, Rodolfo e Emilia, applicando le teorie di Diderot, si propone di rappresentare il contrasto fra vecchi pregiudizi e i sentimenti spontanei. Nelle commedie e delle farse l'autore si ispira a Goldoni. Camillo Federici, il più applaudito di fine secolo, è convinto che la trama della commedia debba essere strutturata in funzione del colpo di scena, Federici organizza le sue opere su una contrastata dicotomia tra bene e male. Lo spirito didascalico e moraleggiante dell'autore risulta assai accentuato in tutti i suoi lavori che possono essere ascritti al genere lacrimoso. In antitesi di Federici, Giovanni Gherardo De Rossi teorizza la creazione di una commedia regolare nella cura riservata all'elaborazione dei caratteri e alla loro verisimiglianza prevalga su intreccio e azione. Ma l'autore si rifugiò nell'imitazione della commedia lacrimosa. Simeone Antonio Sografi compose più di un centinaio di commedia, farse e drammi storici. Egli sembra fare proprie le istanze innovatrici di Diderot, dall'altro lato raggiunge i risultati più convincenti in Convenienze teatrali, farsa in un atto, in cui rappresenta le pretese ridicole e irragionevoli di attori e virtuosi. ♣ Le fiabe di Carlo Gozzi La polemica divampata nei tardi anni cinquanta tra Carlo Gozzi e Carlo Goldoni, era nata come luogo di scontro tra chi si ostina a difendere il più immobile tradizionalismo e chi si orienta verso un universo politico e culturale nuovo. Gozzi coglie nel teatro di Goldoni il germe di una pericolosa negazione della politica di Venezia. Prima di scrivere le Fiabe teatrali, cui seguirà la produzione del teatro spagnolesco, Gozzi collabora con la compagnia diretta da Antonio Sacchi, con la stesura di nuovi canovacci per la commedia dell'arte, arricchendo gli zibaldoni degli attori. Le dieci Fiabe teatrali, (1761-1765) nate come risposta polemica al realismo teatrale di Goldoni, si dimostrano un grande successo inquadrandosi nella letteratura fiabesca, che in Italia si verifica nel corso del Settecento, in corrispondenza del gusto Rococò. Ne L'amore delle tre melarance, Il corvo, Re Cervo, Turandot, La donna serpente, La Zobeide, I pitocchi fortunati, Il mostro turchino, l'Augellin belverde e Zeim re de' geni troviamo una concezione disimpegnata dell'evento drammatico, privo di riferimenti al dibattito sociale, politico e culturale. Esotismo e meraviglioso come strumento per allontanare lo spettatore dalla prosaicità del quotidiano, per esorcizzare nella rappresentazione di un mondo remoto e fatato i problemi banali posti dalla realtà di ogni giorno. A tali intenti puramente edonistici si sovrappone la componente didascalica e gnomica: l'intento morale del conte Carlo predilige la forma dell' exemplum astorico, che egli ricerca nella condizione atemporale della fiaba. Le Fiabe gozziane interpretano la nuova temperie che va soppiantando il rigido razionalismo illuministico. All'immediata fortuna che arrise alle Fiabe, segnano la sconfitta definitiva di Goldoni che lo costrinse all'esilio francese, segue un lungo periodo di oblio. ♣ Francia La drammaturgia francese nei primi anni del Settecento riecheggia gli interessi e i percorsi nel corso del grand siecle. Non si verifica alcuna vera frattura tra l'aurea tradizionale teatrale del Seicento e gli sviluppi settecenteschi della vita scenica. Le opere di Moliere e Racine restano i modelli a chi interesserà scrivere di teatro in seguito. Si dovrà attendere l'opera dei drammaturghi illuminati quali Sedaine, Beamarchais e Mercier per cogliere il germe del profondo moto di rinnovamento. ◘ La tragedia Riprendendo gli schemi classici del secolo precedente, la tragedia francese del XVIII secolo assume caratteri di artificiosità, sottomettendosi a rigide convenzioni. Anche se i soggetti erano assai vari, lo stile si mostra uniforme e monotono, ancorato ai modelli imposti da Racine e Corneille. La tragedia rimane il genere nobile prediletto dai drammaturghi. La tendenza innovativa trova conferma innovativa nel lavoro di molti autori, mossi dall'impegno politico e dalla certezza dell'efficacia della tragedia stessa come mezzo di rinnovamento dei costumi e come scuola di virtù. Prosper-Jolyot de Crebillon, nelle sue nove tragedie, caratterizza con un tratto sicuro e proclamando la necessità di indurre negli spettatori un sentimento di pietà. Era animato dal gusto per le scene violente e gli accadimenti più strani. Persuaso al pari di Crebillon che la tragedia risenta negativamente della teorizzazione e dell'assenza di azione, Voltaire si impegna per restituire energia al genere tragico, componendo ventisette opere che sono caratterizzate da varietà di soggetti e ricchezza di ispirazione poetica. Si propone di seguire l'esempio dei classici del secolo precedente, cercando di introdurre sulla scena un andamento drammatico più rapido e vivo. L'autore mostra una rara conoscenza del teatro inglese, si ispira alle opere di Shakespeare. Scrisse Bruto, Zaira, Adelaide di Guascogna, La morte di Cesare, Merope . Voltaire conclude il suo tentativo di rinnovare la scena tragica cimentandosi con il gusto esotizzante della chinoiserie e con la rappresentazione dei costumi cavallereschi del Medioevo. Imitatore di Racine, Antoine-Houdart de La Motte interessato a coinvolgere emotivamente il pubblico nel turbine di un'azione drammatica bene sostenuta dai personaggi. Egli teorizza così una sorta di unità di interesse, in cui ravvisa il principale veicolo per ridonare vigore all'ormai esausto genere tragico. Antoine Lemierre e Jean-Francois de La Harpe: il primo si sforza di tradurre in termini spettacolistici l'esperienza tragica, mostrando grande attenzione per la messinscena. La Harpe nonostante l'insuccesso di pubblico, con il dramma Melania diviene uno degli autori più amati. ◘ La commedia del primo Settecento Durante la prima metà del secolo, i commediografi francesi trovano nei testi di Moliere il modello ideale per la composizione delle loro opere. La tradizione comica secentesca trova i suoi eredi in Regnard e Dancourt. Regnard produce le sue commedie di carattere, sorrette da un perfetto impiego dei mezzi stilistici e una schietta comicità. Traendo spunto dalla realtà contingente e da fatti di cronaca minuta, Dancourt costruisce piccole pieces, che forniscono allo spettatore un ritratto satirico della Francia di Luigi XIV. Alain-Renè Lesage creatore del personaggio di Turcaret, in assenza di ambizioni filosofiche e con l'intento di cogliere la realtà presenta un campione della società avida e corrotta, governata senza scrupoli da chi detiene il potere economico. Riprendendo da Lesage l'interesse per gli avvenimenti contemporanei, Marc-Antoin Legrand compone numerose pieces, caratterizzate da una satira pungente dei costumi e della cronaca quotidiana. Legrand punta soprattutto sulla semplicità e sulla rapidità dell'intreccio drammatico, proponendo lavori comici e farseschi caratterizzati da grande abilità tecnica accolti sempre favorevolmente dal pubblico. Anche Voltaire riserva qualche attenzione al genere comico. Philippe-Nericault Destouches arricchisce le sue commedie con l'introduzione di elementi nuovi e originali: il romanzesco, il patetico e il sentimentale. Egli si rende conto che il gusto del pubblico reclama qualcosa di nuovo che esprima, attraverso il linguaggio comico il ruolo che il teatro va assumendo nel mutato contesto sociale. Pierre- Carlet de Chamblaim de Marivaux, il più importante commediografo francese dell'epoca, si propone di studiare l'amore nella sua complessa fenomenologia. Marivaux è mosso dall'esigenza di scavare nel cuore, nella psiche umana, isolando sulla scena in vitro l'umanità dei personaggi, la loro sfumata e complessa psicologia. Allo scopo di meglio identificare e cogliere i caratteri universali dell'animo, al di là dei condizionamenti indotti dalla convivenza sociale, egli tende a collocare i suoi personaggi al di fuori del tempo e dello spazio entro un mondo stilizzato e quasi incorporeo, sospeso tra sogno e realtà. Il suo mondo teatrale non presenta una credibile configurazione sociale e i rapporti di classe vi trovano luogo come elementi d'ordine a priori, immutabili. Marivaux attinge largamente alle fonti della commedia dell'arte muovendo da un teatro non scritto egli pretende un teatro scritto, un teatro d'autore che sappia trarre dall'esempio dell'improvvisa una condotta scena, una concertazione del dialogo e la tecnica della recitazione. Marivaux sente la necessità di liberare le maschere dalla fissità tipologica in cui si sono rinchiuse per riscoprire la verità di personaggi individui psicologicamente connotati, originali e mobili. Come farà Carlo Goldoni, anch'egli non opta per una radicale soppressione delle maschere. In oltre 35 opere, dalla commedia di intreccio a quella di carattere e di costume, dalla commedia satirica a sfondo sociale all'allegoria, dalla commedia eroica al dramma borghese, Marivaux raccoglie e trasforma la civiltà delle maschere una civiltà della parola scritta, attraverso l'aquisizione da parte degli attori di una nuova tecnica recitativa e di una diversa educazione artistica, assicurando all'autore il governo assoluto dell'evento teatrale. ◘ La commedia lacrimosa e i tentativi di riforma A Nivelle de La Chaussee si deve la divulgazione di un nuovo genere teatrale, la commedia lacrimosa, di notevole importanza per il successivo sviluppo del dramma borghese moderno, essa si propone di fondere elemento comico e elemento drammatico in un fitto intreccio di casi inconsueti e avventurosi, per poi sciogliere la vicenda con un lieto fine. Tale genere si propone di edificare lo spettatore, presentandogli un quadro commovente della virtù ricompensata. Tutti questi ingrendienti si ritrovano nelle migliori pieces di La Chausee, e in particolare nel suo capolavoro Melanide, che può considerarsi il primo esempio di commedia lacrimosa. Francois Ducis influenzò il gusto dei contemporanei, diffondendo in traduzione alcuni fra i più validi testi shakespeariani quali Amleto, Romeo e Giulietta, Re Lear, Macbeth e Otello. Divulgò con successo l’opera del drammaturgo inglese non solo in Francia, ma anche in Spagna e Italia. Michel-Jean Sedaine presenta con il Filosofo senza saperlo, un ottimo esempio di commedia borghese, ricca di concreti riferimenti al realismo domestico. Con temi quali la lode della tolleranza, della morale borghese e della vita familiare, l’opposizione al fanatismo religioso, gli attacchi ai vani privilegi di classe, Sedaine intuisce le sorti storiche della classe aristocratica, destinata ad essere superata da quella borghese. PierreAugustine-Caron de Baaumarchais, schierandosi contro il genere tragico tradizionale, mostra di possedere nella sua Trilogia (Barbiere di Siviglia, La folle giornata, Il matrimonio di Figaro ), la coscienza della crisi che il suo mondo sta apprestandosi a vivere. Figaro è il vero rappresentante della sua epoca, l’incarnazione dell’uomo essenzialmente libero, risoluto della propria sopravvivenza e mai intimorito di fronte alle difficoltà. Louis-Sebastien Mercier, considerando il teatro come scuola di virtù, supera decisamente la concezione edonistica dello spettacolo per abbracciare con convinzione le idee illuministiche. Mercier combatte la poetica del classicismo, giungendo a ipotizzare una globale riforma dei luoghi di spettacolo. Egli rappresenta bene il suo tempo per la ferma opposizione alle regole classiche, per la ferma opposizione alle regole classiche, per l’intenzionale ricerca di una struttura moderna e per la grande varietà di soggetti, trattati con viva attenzione per i risvolti morali, civili e sociali, con l’intento di trasformare lo spettacolo in un momento di dialogo tra l’autore e il pubblico, in uno strumento di educazione morale. ♣ Inghilterra L’attività teatrale inglese nel corso del XVIII secolo è caratterizzata da scarsa vitalità e dall’assenza di iniziative profondamente innovatrici. Nel campo della produzione drammaturgica si assiste a un affrancamento dai modelli francesi. La drammaturgia inglese sembra rispecchiare senza originalità la mentalità della classe borghese, che aveva posto solide premesse alla sua supremazia e ora si mostra intenta al laborioso mantenimento del raggiunto benessere economico. Il Settecento inglese rappresenta il consolidamento di formule già sperimentate: la varietà dei generi che ancora caratterizza i repertori teatrali nel corso dei primi tre decenni del secolo è interrotta dal Licensing Act, emesso dal Parlamento del 1737, con cui si istituisce una severa censura teatrale, autorizzando le rappresentazioni drammatiche esclusivamente nelle sale del Drury Lane e del Convent Garden, con l’impoverimento del teatro di prosa. Le pressioni politiche inducono i drammaturghi a percorrere la strada della commedia leggera, benevola e umanitaria, di una tragedia in minore, svincolata dai grandi conflitti, della farsa fondata su equivoci e personaggi stereotipi. ◘ Tragedia, commedia e ballad opera La forma tragica classica non riesce a diffondersi veramente nell’Inghilterra del Settecento. Joseph Addison è autore della prima tragedia regolare brittanica, Catone. Difensore del genere tragico, Addison riecheggia gli ideali neoclassici e sottolinea lo scopo didattico del teatro, non esitando a condannare la tragicommedia e lo spettacolo comico. Nicholas Rowe si dedica alla tragedia, componendo Jane Shore, ispirata al modello shakespeariano, e Lady Jane Gray. I protagonisti sono donne sventurate attorno alle cui sciagure si concentra l’intero svolgimento. Rowe è importante per la sua pubblicazione nel 1709 della prima edizione moderna delle opere di Shakespeare. Più vasto e innovativo appare il panorama inglese della commedia: Oliver Goldsmith, di origine irlandese, autore di L’uomo di buon carattere e E lei per conquistar si sottomette che, attraverso un sapiente recupero della tradizione farsesca, trovano il pregio maggiore in un linguaggio brioso e arguto nel brillante gioco umoristico, con personaggi scenicamente convincenti, Goldsmith condanna la popolarità raggiunta dal dramma sentimentale, inconcepibile ibrido tra commedia e tragedia, e propone, di contro, irresistibili laughing comedies, rivendicando al teatro la possibilità di destare nello spettatore un riso pieno e gioioso. L’irlandese Richard Brinsley Butler Sheridan compose la Scuola della maldicenza e il Critico, gustosa satira contro i critici e i poetastri, in cui l’autore prende di mira le assurdità della vita teatrale e gli eccessi dei commediografi del suo tempo. Il teatro comico di Sheridan si caratterizza per il brillante gioco scenico. Agli inizi del secolo si sviluppa una nuova forma drammaturgica che, costituita dall’alternanza di prosa e famose melodie popolari contemporanee, riscuote molti successi: la ballad opera. John Gay è l’autore di L’opera del mendicante, considerata prototipo dei tale genere. Con l’intenzione di reagire all’esaltazione dei buoni sentimenti svolta dal dramma sentimentale e di colpire con la parodia l’opera italiana, Gay riesce a soppiantare per tutto il secolo il melodramma. Anche Henry Fielding, dopo aver esordito come commediografo, si impone sulle scene con un burlesque, genere teatrale parodistico e satirico non lontano dalla ballad opera. L’autore satireggia i generi teatrali allora in voga, portando il proprio contributo critico contro l’immoralità della classe al potere. Ma il Licensing Act constrinse Fielding a cessare la propria attività drammatica per dedicarsi alla narrativa. ◘ Il dramma sentimentale Il genere di rinnovamento drammaturgico è il dramma sentimentale, che prende le distanze da commedia e tragedia, manifestando proprio nella mescolanza di elementi comici, patetici e drammatici i presupposti ideali e morali in cui si possa riconoscere il pubblico eterogeneo e borghese che affolla le sale della capitale. Gli spettatori si commuovono per le doti morali di eroi a misura d’uomo, specchi di virtù capaci di trionfare su ogni avversità. Richard Steele, autore di L’amante bugiardo, Il tenero marito e Gli amanti coscienziosi, bandisce dalla scena ogni effetto comico grossolano per portare in primo piano un mondo di buoni sentimenti, proclamando il ruolo moralizzante del teatro che deve contribuire a formare uno spettatore virtuoso, commovendone il cuore anziché suscitare l’ilarità. Si deve ricordare la figura dell’attore e commediografo Colley Cibber che fa ricorso a motivi patetici e elementi moraleggianti, portando in scena il mondo della classe media. George Lillo, dando vita a una nuova forma drammaturgica, la tragedia domestica, si rifiuta di accettare i canoni classici che confinano la tragedia alla sola rappresentazione di personaggi di alto rango, affermando che anche attraverso i fatti drammatici della vita quotidiana e familiare si possa conseguire l’ammaestramento morale del pubblico. La tragedia domestica è un genere intermedio, di ambientazione borghese, che sul versante tragico si accosta all’esaltazione dei buoni sentimenti. ♣ Spagna Il teatro spagnolo vive, fino alla seconda metà del Settecento, sulla scia di una tradizione saldamente radicata che continua a soddisfare i gusti del pubblico. Il vivo ricordo del Siglo de Oro contribuisce a frenare più che a incrementare la ricerca di novità da parte dei drammaturghi i quali si limitano a riprendere modelli di scuola calderoniana. Il ritardo della Spagna rispetto ad altri paesi europei trova conferma nella diffusione di una corrente classicistica, intenta a proporre l’esteriore imitazione di Corneille, Racine e Moliere per contrastare le irregolarità del teatro nazionale barocco. Sul fronte della produzione drammaturgica non si può che constatare la povertà del teatro spagnolo del Settecento, dal 1760, con l’avvento di Carlo III di Borbone, si sviluppa una politica di riforme volte a rinnovare e regolare gli spettacoli; nel 1765 si proibisce la rappresentazione dei autos sacramentales. ◘ Il teatro comico popolare e la commedia di carattere Rielaborando i semplici entremeses che solevano recitarsi tra un atto e l’altro delle rappresentazioni tragiche, con l’aggiunta di elementi parodistici, tratti dall’opera in musica italiana, gli autori comici danno vita ad un teatro minore che trova nella zarzuela (fusione di commedia e melodramma) e nel sainete (breve atto unico di carattere buffosatirico arricchito da musiche e danze di carattere popolare) i risultati migliori. Ramon de la Cruz Cano y Olmedilla sviluppa per le vie più originale la sua attività drammaturgica con la composizione di zarzuelas e di circa 450 sainetes la cui tematica appare desunta dalla cronaca e dall’osservazione diretta della realtà. Egli riesce così a disegnare un grande affresco della vita quotidiana di Madrid, ponendone in caricatura gli aspetti più ridicoli. Egli si impegna a ridonare al teatro comico una propria dignità artistica al di fuori di qualsiasi velleità didascalica e moraleggiante. Sensibile al rinnovamento drammaturgico in atto nel resto dell’Europa, Leandro Fernandez de Moratin, diffusore della commedia di carattere, il suo primo lavoro, Il vecchio e la fanciulla, affronta un tema di carattere morale e sociale. Operando nel pieno rispetto delle unità aristoteliche e condannando il genere comico e popolare, sia la commedia lacrimosa, che anche in Spagna riscuote successo grazie ai testi di Luciano Francisco Josè Comella e Gaspar Melchor de Jovellanos, Moratin propone con la Commedia nuova o Il caffè, attraverso un linguaggio quotidiano, un felice disegno di caratteri originali, rimeditati sui modelli molieriani. ♣ Germania La grande stagione di rinnovamento tedesco principia soltanto verso la metà del secolo: la Germania risente del frazionamento in molteplici unità territoriali, che ostacola la formazione di una identità culturale e linguistica comune. Gottshed e Schlegel, collaborando direttamente con le compagnie comiche, offrono un contributo alla diffusione delle maggiori opere del repertorio francese, ma a tale impegno non corrisponde uno sviluppo autonomo della drammaturgia nazionale che appare in ritardo. Si dovrà attendere l’operato di Lessing, seguito dallo Sturn und Drang, affinché i paesi di lingua tedesca assumano una posizione di rilievo della drammaturgia. ◘ Tragedia, commedia e dramma Il primo intervento sulla strada della riforma del linguaggio tragico si deve a Johann Christoph Gottshed, con la composizione della prima tragedia regolare tedesca in versi alessandrini, Catone morente, si propone di recuperare la purezza formale dei tragici francesi del grand siecle. Rispettoso delle tre unità aristoteliche e fermo assertore della funzione morale del dramma, rimane ancorato all’ideale estetico di un classicismo ormai tramontato, sicché la sua riforma si rivela un fallimento. Più incisivo nel campo del teatro comico, libera la commedia tedesca dai lazzi e dalle trivialità delle maschere, imponendo un linguaggio corretto e consono alle esigenze della nascente classe borghese. Favorisce lo sviluppo della commedia sassone, un genere contraddistinto dal fine prevalentemente satirico-didattico. Johann Elias Schlegel, aderendo dichiaratamente al gusto francese, offre al teatro alcune commedie quali L’ozioso indaffarato e La muta bellezza . Schlegel sente la finalità morale come un obbiettivo secondario del teatro, privilegiando la coerenza dell’azione, la credibilità dei caratteri e la teatralità della vicenda. Opposizione del razionalismo illuministico Friedrich Gottlieb Klopstock offre al teatro tre drammi religiosi: La morte di Adamo, Salomon, David, Trilogia di Arminio . In tali drammi domina la quasi assoluta mancanza di azione drammatica, nella Trilogia l’autore si propone di offrire un corrispettivo germanico della tragedia greca. Tale esperimento raggiunge risultati modesti. Sorretto da una passionalità religiosa, Klopstock rimane estraneo alla temperie culturale della sua epoca, incapace di creare un dramma nazionale e popolare teatralmente valido. ◘ Il teatro di Lessing Lessing esordisce come drammaturgo a Lipsia, componendo alcune commedie delle quali già appare evidente il tentativo di elevare il teatro tedesco, in mancanza di una precisa tradizione nazionale, sulla scorta del modello inglese. Raggiunge il successo con Miss Sarah Sampson, che contiene alcune novità, quali la riduzione delle tre unità alla sola unità d’azione, la scelta di ambienti borghese, personaggi che si esprimono con un linguaggio quotidiano e la ferma volontà di fare del teatro lo specchio della vita reale. In Minna von Barnhelm l’autore fa propria la commedia di carattere, avvicinandosi al sentimentalismo della commedia lacrimosa. La pubblicazione della Drammaturgia d’Amburgo contribuisce a aprire la strada alla grande stagione del rinnovamento dello spettacolo tedesco. Lessing respinge nella Drammaturgia il dramma borghese, per propugnare la nascita di una tragedia moderna, che abbandonati il linguaggio paludato e certi canoni della tradizione, assume toni semplici e borghesi. Le riflessioni lessinghiane si estendono al teatro comico: il teorico rivaluta il ruolo della commedia apprezzandone l’utilità sociale che attraverso l’immediata e efficace rappresentazione del ridicolo, si esplichi nell’insegnamento morale impartito dal palcoscenico. Segue la composizione della tragedia borghese Emilia Galotti, in cui Lessing si propone di rappresentare la precaria situazione politica della Germania del suo tempo, frazionata in piccoli stati e soggetta a potere assolutistico. Con Nathan il saggio Lessing consegna all’illuminismo tedesco il suo capolavoro, l’opera affronta il tema della fratellanza universale e la tolleranza religiosa, testimoniando l’intelligente liberalismo e la moderazione che animano l’autore. Cap7: il teatro della ribellione e della rivoluzione. Ai rivolgimenti sociali e politici che sullo scorcio del 700 muovono dalla Francia agli altri paesi d’Europa, si collegano la nascita della grande cultura borghese ottocentesca e lo sviluppo di un teatro che non solo la accompagna ma, la anticipa e la favorisce, assicurando al dibattito delle idee una tribuna eccellente, aperta a un pubblico assai più vasto e socialmente composito rappresenta, dunque, un momento di singolare interesse per lo studio specifico della genesi del teatro moderno, nel duplice aspetto di drammaturgia e realizzazione scenica. Se in Inghilterra e Spagna la vita teatrale non sembra risentire intensamente della ribellione che interessa l’intera Europa in area germanica il movimento dello Sturm und Drang fornisce i presupposti al grande molto rivoluzionario, opponendo al rigido dominio della ragione preteso dagli illuministi, la libera effusione del sentimento, il dispiegarsi della fantasia e dell’irrazionale e facendo convergere la passione prorompente entro un vivo patriottismo e di un vigile senso sociale. In Francia si apre la strada per una drammaturgia di propaganda, per un teatro interamente proteso alla trasmissione di un messaggio, che per essere efficace, non deve disdegnare l’impiego di colpi di scena. In Italia il momento di maggiore fervore polemico e pubblicistico intorno al teatro, si colloca nel primo periodo della dominazione napoleonica. 7.1 Il luogo scenico ☼Verso la democratizzazione dell’edificio teatrale Luogo d’incontro e dibattito delle idee rivoluzionarie e, in un secondo tempo, luogo di celebrazioni dei fasti napoleonici, il teatro perfeziona le proprie strutture tecniche allo scopo di potere accogliere un pubblico assai più numeroso e socialmente composito. In tutti i paesi toccati direttamente dall’arrivo delle truppe rivoluzionarie l’edificio teatrale si apre al ceto borghese e cittadino, nella direzione di una democratizzazione dello spazio destinato a accogliere gli spettatori. Se le strutture del palcoscenico restano sostanzialmente immutate, i progetti dedicati alla disposizione architettonica della sala indicano l’eliminazione dei tramezzi di separazione fra i palchetti allo scopo di formare una loggia unica e aperta, espressione dell’abolizione di ogni distinzione di classe, l’ampliamento della platea. Saggio sull’architettura teatrale di Pierre Patte, in Francia si progettano edifici teatrali di forma ellittica. In Italia, tali proposte sono variamente accolte da architetti e teorici i quali, si impegnano a ridefinire il luogo scenico, volto ad ospitare non solo il grande spettacolo musicale, ma anche le sempre più numerose rappresentazione drammatiche. Non mancano i tentativi di mettere in pratica ciò che sul piano teorico si va elaborando intorno all’architettura teatralees: la sala del milanese teatro Patriottico, poi sede dell’Accademia dei Filodrammatici(pag 532 fig 7.1); ma il modello tradizionale di ascendenza barocca non può dirsi superato e ritorna nella maggior parte delle sale edificate nella prima metà del secolo XIX in Europa. Nelle feste, nelle cerimonie e nei cortei parigini, creati e organizzati soprattutto da Jacques-Luis David, è, infatti, possibile riconoscere un’anticipazione del moto di superamento e di dissoluzione del luogo scenico a favore di una teatralizzazione diffusa. 7.2 Lo spettacolo ☼ La nuova scena tedesca Se è vero che in Francia e in Inghilterra la professione di attore aveva acquistato già una certa dignità, è solo con l’avvento, tra il 1760 e il 1780, del primo movimento di autentica rivolta intellettuale, lo Sturm und Drang, che si attua un mutamento che va bene al di là di quanto si era verificato nel corso dei decenni precedenti. Friedrich Ludwig Schroder convinto sostenitore dell’opera degli Sturmer. A lui si devono il rilancio di Shakespeare sui palcoscenici tedeschi e la modernizzazione del repertorio attraverso l’allestimento di numerose opere contemporanee. Schroder ambisce ad una recitazione apparentemente esemplata sulla realtà, attraverso l’autocontrollo dell’attore che deve subordinare a sé la passione. Egli supera la tradizionale convinzione che ad ogni stato d’animo del personaggio e a ogni battuta debbano corrispondere un preciso gesto delle mani o una certa postura del corpo, sostenendo una gestualità più fluida e naturale. Johann Wolfgang Goethe, convinto della missione educatrice dell’arte svolge un’attività indirizzata all’elevazione del livello qualitativo dello spettacolo. Pretende che l’attore al servizio ponga spirito e corpo del drammaturgo. Nelle Regole per un direttore , raccoglie una vasta messe di suggerimenti e norme relative alla recitazione e all’allestimento scenico: oltre a fornire regole tecniche, il poeta vi indica la necessità che l’attore formi la sua personalità artistica e intellettuale con lo studio delle arti figurative e delle letterature. L’attività svolta dal poeta nell’organizzazione e nella prassi della scena esprime nel suo insieme il disagio della sua generazione nei confronti di un teatro agito da istrioni spesso incolti e volgari. Fra i maggiori interpreti del teatro tedesco nel periodo dello Sturm und DrangAugust Wilhelm Iffland, convinto assertore di uno stile interpretativo realistico. Prolifico autore di drammi e commedie. ☼ Dalla scena civica alla restaurazione napoleonica Con la rivoluzione e l’affermazione del nuovo credo politico muta in Francia, insieme alla concezione di teatro, anche quella della professione di attore. Il teatro è un ecce4llente strumento alla divulgazione politica, strumento elettivo di educazione pubblica. Nel breve giro di pochi anni, gli attori mettono tempestivamente a frutto la versatilità che è l’abito professionale del teatrante, ponendosi al servizio della nuova causa. Il fenomeno con la repentina velocità del concorde e, come questo, è destinato a spegnersi presto: tuttavia la professione dell’attore francese acquista definitivamente una nuova dignità e un ruolo sociale e culturale importante e4 insostituibile. Fra gli attori più noti nel periodo della rivoluzione Ange Lazzari e Francois Joseph Talma autore di piece di carattere politico e propagandistico, mostra una predilezione per le parti tragiche, interesse nei confronti di Shakespeare. Le ragioni del suo successo grande e duraturola riforma di Talma: 1) talento artistico naturale, tuttavia intuisce tempestivamente la necessità di porlo a profitto nella ricerca di uno stile nuovo, anziché nell’ambito di una augusta, ma ormai superata tradizione, 2) recitazione orientata alla ricerca della verità, 3)introduce nella tragedia nuovi registri: i sussurri, le forzature, parti esclusivamente mimiche accanto ad una gestualità che non esclude movimenti inconsulti, repentini, veloci, non mancano di creare scandalo, almeno in un primo momento, nel pubblico maggiormente legato alla tradizione che accusa l’attore di tradire la nobiltà del verso tragico, riconducendolo a una misura ritmica assai prossima a quella della prosa, 4)Talma si pone anche il problema di riformare l’aspetto costumistico, giudicando insensata l’abitudine di abbigliare costumi contemporanei personaggi di altri tempi, egli interviene per proporre la fedele ricostruzione del passato sia nel costume sia nella scenografia, al fine di accrescere con la credibilità la suggestione naturalistica degli allestimenti. Anche in Italia, soprattutto nelle repubbliche cisalpine il teatro assume rilievo particolare nell’azione di rinnovamento intrapresa dagli intellettuali più aperti, ponendosi come mezzo di divulgazione delle idee e degli entusiasmi di chi, dalla liberazione dai vecchi regimi autoritari, trae ragioni di speranza in un avvenire di libertà. L’attività legislativa e organizzativa incrementa la vita teatrale, riconducendola sotto il controllo governativo, liberandola dalle limitazioni proprie delle imprese commerciali private per farne il valido sostegno di un’opera di educazione civile della nazione. Nella nuova concezione dello spettacolo non c’è spazio per la speculazione commerciale. ►Si impongono inedite e gravose responsabilità di ordine culturale, politico e morale all’artista, cui viene ora attribuito il compito di farsi educatore civile del popolo, per contribuire al risanamento di quei costumi della cui corruzione è stato finora incolpevolmente giudicato fra i principali responsabili. ►Nel decennio giacobino(1796-1805) le interferenze tra il lavoro intellettuale e il dibattito legislativo intorno al teatro sono continue e vivaci: la classe politica mostra infatti di seguire con attenzione lo sviluppo del pensiero progressista, traducendo molte volte le acquisizioni principali in una produzione legislativa, pur spesso riduttiva. L’importante funzione attribuita alle scene comporta da un lato, la necessità di rivedere la tradizionale condanna morale nei confronti dell’attore e di garantire ad esso dignità civile pari a quella dei comuni cittadini, e dall’altro, la creazione di un nuovo pubblico: il fruitore-committente ideale deve assumere nei confronti dell’evento scenico un atteggiamento diverso rispetto alla tradizione. In tale senso appaiono orientate non solo le raccomandazioni di teorici, drammaturghi e operatori teatrali, ma anche non pochi provvedimenti di legge che ben presto si accompagnano al dibattito culturale. Basta ricordare: abolizione di censura, la liberalizzazione dell’intrapresa teatrale, l’istituzione del diritto d’autore e della proprietà letteraria, il controllo dell’impresario privato e il finanziamento pubblico, la nascita delle compagnie controllate dallo stato, la proscrizione dei cantanti evirati. ►Napoleone e il teatro: secondo una concezione classicista, Napoleone pretende dallo spettacolo l’esaltazione delle grandi virtù di cui egli stesso sembra sentirsi depositario. Napoleone ben comprende l’im portanza e l’efficacia del teatro quale mezzo di comunicazione di massa e quale veicolo per la diffusione di convinzioni ideologiche e politiche, ma non sottovaluta d’altronde il rischio che lo spettacolo si presti a favorire e a ingaggiare eventuali occasioni di contestazione e opposizione al regime autoritario. Di qui l’istituzione di un rigido controllo del teatro, da lui attuato attraverso norme rigorose, tra cui il ripristino della censura sulla stampa e sugli spettacoli, la legge sui teatri che limita a quattro quelli autorizzati in Parigi La drammaturgia ☼ Germania Costretta in una situazione politica e sociale particolarmente arretrata, la Germania presenta negli ultimi decenni del 700, un’intellettualità assai inquieta, protesa verso ideali estetici e culturali al cui centro si ponga l’uomo libero e consapevole di se stesso. In tale contesto si sviluppa il movimento ideologico dello sturm und drang(tempesta e impeto), caratterizzato da un’esigenza di azione, da un prorompere del sentimento e della fantasia, da uno scatenarsi di giovani energie le quali, non potendo convergere nell’agire politico, tendono a concentrarsi nella letteratura e nel teatro. Ammirando in Shakespeare il rifiuto di ogni regola e in Rousseau il ripudio della tradizione, gli Sturmer superano le posizioni di Lessing, che pure aveva aperto la strada al loro movimento. Al centro del teatro dello Sturm und drang sta il carattere dell’eroe, individuo dotato di una personale dimensione psicologica, dilaniato nella lotta contro il destino e proteso verso il divino che lo trascende. L’illuminismo è superato e premono ormai dappresso le istanze che presto condurranno alla nascita del Romanticismo. Anche se non troppo ricca di veri capolavori, la stagione dello sturm un drang costituisce un momento di notevole importanza per il teatro tedesco che ne esce rinnovato e liberato da ogni residuo di accademismo e dipendenza dai modelli francesi. Il movimento, inoltre, esprime la formazione di nuovi ideali sociali, umani e politici e di nuove istanze letterarie e artistiche, inaugurando in Germania la stagione in cui porrà le basi il teatro moderno, anche se sarebbe sbagliato giudicare il movimento nel suo insieme come un processo rivoluzionario completo, è una prima fase del processo stesso. I fermenti più vivi si mantengono attivi anche nella fase storica successiva in cui il nuovo classicismo proposto da Goethe e da Schiller, manifesta l’esigenza di un rinnovato ordine e di una ritrovata armonia. ☼ Il teatro degli sturmer Fra i fondatori non sii dovrebbe porre il nome di Johann Gottfried Herder, poiché le sue opere teatrali non possono essere ascritte al movimento, Herder interessa tuttavia la storia dello Sturm und Drang per il suo celebre saggio su Shakespeare che rappresenta un significativo mutamento di prospettiva nella considerazione critica del drammaturgo inglese. Fra le opere in cui meglio si esprime la nuova poetica si pongono i capolavori giovanili idi Goethe: I complici, in cui rifiuta la schematicità del teatro illuminista a favore di una considerazione più sfumata e relativistica del costume sociale, e presentando uno spirito ribelle. La dialettica contrapposizione tra due mondi e due sfere sociali, diviene lotta aperta e si traduce in dramma nel Goetz von Berlichingen(1773). Le grandi tragedie storiche di Shakespeare costituiscono la base su cui il giovane drammaturgo ricostruisce drammaticamente le vicende del condottiero tedesco. Dopo la pubblicazione del Werther Goethe ritorna al teatro con Clavigo: il dramma concentra nell’animo di un solo personaggio lo scontro di contrarie pulsioni. Stella: il doppio rapporto di Ferdinando che solo nel contemporaneo amore con due donne diverse sente di potere trovare la piena soddisfazione di diverse pulsioni. Nel clima dello Sturm und Drang matura anche la prima stesura del Faust, nota come Urfaust. La tragedia, o meglio il poema tragico, si presenta anche sotto il profilo strutturale, radicalmente nuova, libera da ogni vincolo di spazio e tempo, condotta per scene brevi e intense, per folgoranti apparizioni, con un dialogo essenziale, immediatamente comprensibile al pubblico. Faust è a un tempo personaggio completo, ricco di una sua articolata psicologia, e simbolo di una condizione di ansia e disagio esistenziale in cui ben si riflette l’animus degli sturmer. Egmont, eroe condotto alla personale rovina da un a cieca fiducia nell’uomo e nell’evoluzione della storia. Inizialmente contrario ai capovolgimenti che facciano ricorso alla violenza e poco fiducioso nelle possibilità della rivoluzione, Goethe mostra, tuttavia, attraverso i protagonisti del suo primo teatro l’ansia di allargare i confini del mondo, di abbattere le barriere sociali e morali, di vivere in libertà. Klinger riesce a realizzare l’ideale di un nuovo stile, fortemente sincopato, nel dramma Simone Grisaldo, il cui dramma scaturisce dalla tempesta delle passioni. Allo sturm und drang aderisce Friedrich Schiller I masnadieri, in cui l’autore sceneggia a forti tinte, con una partitura tutta contrasti e colpi di scena, un grande conflitto tra bene e male. L’opera costituisce probabilmente uno fra i momenti più significativi della produzione drammaturgica legata allo sturm und drang. Negli anni successivi, con La congiura di Fiesco, Amore e raggiro, Don Carlo al pessimismo proprio del primissimo Schiller, subentra una cauta apertura alla speranza in un domani migliore. ☼ Francia Nel periodo della rivoluzione la linea di tendenza orientata a un sostanziale rinnovamento trova una sicura conferma in un folto gruppo di drammaturghi, che imprimono con il loro lavoro un segno inconfondibile alla produzione teatrale dal 1789. l’acritico entusiasmo di un pubblico invasato e la necessità conseguente di riformare quotidianamente i palcoscenici, autorizza la produzione di scrittori il cui lavoro applaudito e celebrato nei giorni caldi del tumulto e dell’entusiasmo, cader tosto nell’inevitabile oblio. I canoni e le restrittive regole classicisti sono travolti o meglio ignorati dai drammaturghi della rivoluzione che non si pongono neppure il problema di discuterne in sede teorica. Superati e dimenticati gli episodi eroici della rivoluzione, le opere teatrali nate in quel nate in quel clima rivelano la loro inconsistenza drammaturgica e l’assenza di un interesse capace di superare la contingenza degli eventi. Con la creazione dell’impero, l’attività svolta da Napoleone nei confronti del teatro non ottiene i risultati sperati per la rinascita di una nuova grande drammaturgia francese, cosicché la Francia imperiale resta priva di opere e autori immortali. ☼ I drammaturghi della rivoluzione Marie Joseph Chenier il quale, pur osteggiato da una censura ostile appare sinceramente convinto delle sue idee rivoluzionarie di cui si fa sostenitore in Carlo IX, Enrico VIII, Fenelon, Timoleone . Egli può essere considerato il fondatore della tragedia rivoluzionaria, un genere ancora contraddistinto dal rispetto delle strutture canoniche entro cui si condensa uno spirito nuovo e battagliero, nell’intenzione di trasformare il teatro in un mezzo di educazione popolare. Jean Luis Laya, autore di una serie di opuscoli teorici intorno al teatro di cui discutono gli scopi e i significati educativi, civili e politici. Nei suoi drammi più celebri e applauditi( Jean Calas, L’amico delle leggi ) Laya tratta di alcuni fra gli argomenti di maggiore attualità. Jean Francois de La Harpe ricordato per aver composto un numero tale di tragedie da ottenere il secondo posto, dopo Voltaire, fra i drammaturghi più prolifici in tutto il 700 francese. Lo spirito libertario insieme a certi spunti polemici contro l’esercizio del potere assoluto vengono rilevati con particolare attenzione nel disponibile clima della rivoluzione e diviene uno tra gli autori più amati e rappresentati del momento. In realtà, le sue opere non si distaccano in alcun senso dal modello canonico della tragedia di stampo classicista. Fabre d’Eglantine e Jacques Marie Boutet, conosciuto con il nome di Monvel. Tra i drammaturghi che si pongono in luce durante il periodo del Terrore: Pierre Sylvain Marechal e Louis Benoit Picard. ☼ Italia A differenza di quanto si era verificato in Francia, il rovesciamento dell’equilibrio politico viene imposto in Italia dall’intervento armato straniero senza alcuna preparazione interna: il cosiddetto giacobinismo italiano si sviluppa al seguito delle armate francesi senza configurarsi mai come autonomo movimento rivoluzionario. La drammaturgia di conseguenza, testimonia un uso politico del teatro: in u primo tempo essa smarrisce il significato eminentemente letterario che l’aveva caratterizzata, soprattutto sul versante della tragedia, mentre, con la conversione delle piccole repubbliche in un grande stato monarchico assume valenze più propriamente celebrative. ☼ L’esperienza giacobino Teorici, pubblicisti e legislatori prendono in considerazione anche la questione della drammaturgia quale struttura primaria di un mezzo che pretende di farsi, da semplice elemento edonistico, veicolo di formazione culturale, civile, morale e politica della nazione. Dai diversi progetti e dai dispositivi di legge presentati allo scopo di incentivare la produzione di opere nuove, appare evidente la priorità indiscutibile assegnata al teatro drammatico rispetto a quello musicale e, all’interno di quello, alla tragedia. Ai teorici giacobini preme eliminare definitivamente la commedia dell’arte per sostituirvi una commedia d’autore, con testo interamente scritto e perciò verificabile nella necessaria sua valenza pedagogica e democratica. La forza straordinaria con cui si esprime il fenomeno teatrale in codesto periodo produce un esito analogo a quello che caratterizza la Francia in epoca rivoluzionaria. Non pochi letterati e poeti di spicco si cimentano con la drammaturgia e, in qualche caso, si accostano0 alle scene anche in veste di attori non professionisti, mentre un numero cospicuo di cittadini si cimentano nella composizione teatrale di testi che vengono rappresentati sui palcoscenici giacobini. Francesco Saverio Salfi, traduttore dei drammi politici di Chenier. Ispirato da principi illuministici e liberati compone tragedie di stampo alfieriano quali Virginia bresciana e operette apertamente polemiche quali il Generali Colli in Roma. Melchiorre Gioia che partecipa al dibattito teorico sul teatro presentando una Memoria sull’organizzazione dei teatri nazionali. Strutturalmente Gioia rispetta l’impianto classico della tragedia egli sceglie, tuttavia, la prosa in luogo del verso. Vincenzo Monti si ispira ai modi di Chenier, opere: Caio Gracco, Aristodemo, Galeotto Manfredi. Giovanni Pindemonte: Componimenti teatrali, Orso Ipato e Ippolito Pindemonte: Arminio. Ugo Foscolo: si distingue per l’impegno appassionato e l’attenzione singolare a tutti gli aspetti della vita dello spettacolo. Coinvolto nel dibattito per la fondazione di un teatro nazionale, Foscolo esordisce come drammaturgo nel 1795 con Tieste, tragedia alfieriana, Aiace, Ricciarda. Dal 1811 al 1814 egli detiene l’incarico di traduttore e revisore dei testi stranieri compresi nel repertorio della compagnia Vicereale. Foscolo si preoccupa di intervenire direttamente nell’allestimento delle sue opere: il poeta utilizza le didascalie per precisare l’azione dei personaggi e mostra in più occasioni la capacità di raggiungere la specificità del teatro, distaccandosi dall’uso invalso ai tempi suoi di comporre tragedie sostanzialmente prive di ogni vitalità scenica e pressoché irrappresentabili. L’eccessiva predominanza di uno stile lirico e l’assenza di colpi di scena dimostrano, tuttavia, che il generoso impegno innovativo profuso da Foscolo non è ancora sufficientemente maturo per produrre risultati davvero soddisfacenti sotto il profilo drammaturgica e teatrale. CAP. 8 TRA ROMANTICISMO E NATURALISMO DAL TEATRO DELLA RIVOLUZIONE AL SALOTTO BORGHESE: Per quanto riguarda la produzione letteraria l’adesione al romanticismo diviene ben presto sinonimo non soltanto del rifiuto della classicità ma anche di aspirazione ad una cultura capace di integrarsi in un complessivo progresso civile e sociale. Il teatro è visto come una fra le più alte espressioni della civiltà e, soprattutto, luogo d’incontro privilegiato da uomini che, provenendo da diverse classi sociali, vi trovano il terreno per comuni ideali di libertà. I romantici chiedono quindi un produzione drammaturgia ricca di idee vive e moderne (sono contro lo spettacolo di puro intrattenimento) espresse sulla scena attraverso un linguaggio semplice e diretto. Il teatro deve quindi essere moralmente e civilmente utile, aderendo agli interessi degli spettatori contemporanei. Romanticismo teatrale italiano: si manifesta con ritardo rispetto agli altri paesi e non conduce, ad eccezione del teatro musicale, a esiti di grande rilievo. Elaborando il concetto di uno spettacolo nazionale rivolto al popolo, cioè a quel ceto borghese in lotta per l’indipendenza e l’unità d’Italia, il movimento romantico esaurisce ben presto la vena tragica che aveva trovato massima espressione nel dramma storico e tende ad acquietarsi nei toni più intimi del dramma borghese. Stagione del melodramma: questo genere, diffuso e seguito con passione da tutti gli strati della popolazione ma soprattutto dalla borghesia che in esso trova l’espressione più piena dei suoi ideali, si appropria gradualmente dei valori etici peculiari della tragedia, sostituendosi ad essa e riassumendo in sé l’ideale romantico e risorgimentale, grazie soprattutto alle opere di Verdi. Nuovi generi di spettacolo: il tramonto della stagione artistica del romanticismo coincide in tutta Europa con il progressivo rafforzamento della classe borghese che, per uscire vittoriosa dalla lunga e difficile battaglia contro le forze conservatrici, non riesce tuttavia a sostenere con continuità l’impegno in ambito sociale e culturale. Si assiste così alla diffusa proliferazione di nuovi generi di spettacolo di pura evasione come operetta, music-hall e vaudeville. Naturalismo: individua nella rappresentazione delle contraddizioni della società capitalista la finalità prima del teatro drammatico. Commedia borghese e dramma sociale hanno così per oggetto preferenziale l’istituto della famiglia, posta al centro della società, e lo studio scientifico della psicologia dell’uomo. Emile Zola riproduce sulle scene, come in un’esperienza di laboratorio, le condizioni della vita vissuta, attenendosi rigidamente alle leggi del reale, in base alle quali i personaggi agiscono nella vita quotidiana. Verismo italiano: con il definitivo esaurimento delle tematiche romantiche, si individuano proprio nella dottrina naturalista gli strumenti teorici capaci di superare gli impacci di un teatro ormai sempre più distante dal pubblico. Tuttavia, esso non raggiunge quasi mai la rigidità di posizioni caratteristica dell’esperienza francese ad es. il dramma psicologico-sociale è troppo intento a non urtare troppo violentemente la suscettibilità del pubblico borghese Prospettiva simbolista: nel clima di ricerca e insoddisfazione che domina in Europa l’ultimo ventennio del secolo, l’attenzione di autori e interpreti tende a insinuarsi per gradi nella profondità della psiche umana, scavando nell’inconscio; il secolo XIX si chiude così in una prospettiva simbolista che, rifiutando gli aspetti oggettivi e quotidiani dell’esistenza, afferma la solitudine dell’individuo celebrando l’abbandono alla suggestione dei sensi e dell’istinto. IL LUOGO SCENICO EDIFICI TEATRALI E CONQUISTE SCENOTECNICHE: Viene consacrato il modello di teatro all’italiana = monumento urbano della classe borghese, gestito e organizzato imprenditorialmente quale luogo di incontro sociale e celebrazione mondana; presente in ogni città d’Europa, l’edificio teatrale non modifica di fatto nel corso dell’800 le caratteristiche strutturali preesistenti. Un esempio è: Opéra di Parigi, progettata da Garnier e inaugurata nel 1875: - pianta a ferro di cavallo - quattro ordini di palchi - ampia galleria detta anfiteatro - accoglie circa 2000 spettatori Dal pdv scenografico la prima metà dell’800, dominata dalla corrente romantica, vede pittori e architetti considerare aspetti archeologici e etnografici, fino a quel momento trascurati, per riprodurli sui palcoscenici. Fra gli scenografi romantici è da citare Cicéri che trasforma la rappresentazione scenica in una successione eccellente di grandi quadri sempre differenti fra loro. La passione per il reale e il verosimile sancisce, dopo la metà del secolo, la definitiva decadenza della modalità scenografiche 600-700: se, infatti, già in pieno romanticismo era cresciuta l’attenzione per la precisione storica, dal 1850 vengono introdotti nella scenografia oggetti della vita quotidiana come arredi borghesi che prima erano solo dipinti, mentre i costumi divengono via via più realistici e cronologicamente rispettosi dell’ambientazione del testo. La scenografia si impegna a descrivere lo spazio dell’azione con assoluta verosimiglianza e con grande attenzione per gli aspetti realistici, sostituendo gradatamente la pittura con l’architettura. Lo spazio scenico profondamente innovato assume la funzione di autonomo linguaggio dello spettacolo oltre che di un mezzo tecnico atto a favorire l’isolamento e la concentrazione dell’attore. L’illuminazione a gas rivoluziona il concetto stesso di spazio scenico (Opéra 1822, Scala 1833). La luce non solo ridefinisce la sala, con la possibilità di oscurarla del tutto durante lo spettacolo per poi nuovamente illuminarla, ma ricrea il palcoscenico. Gli scenografi possono offrire ricostruzioni sceniche isolate in una scatola ottica che si apre con grande evidenza e suggestione allo sguardo e alla curiosità del pubblico intento a spiarla attraverso la quarta parete, idealmente abbattuta all’apertura del sipario. La scena si avvia ad assumere la moderna configurazione di congegno meccanico: (dalle sperimentazioni relative al panorama mobile e al diorama) si giunge all’applicazione in palcoscenico della forza motrice idraulica (1840) che consente la scomposizione del piano scenico in piani mobili elevabili dal sottopalco e tali da disegnare spazi solo pochi anni prima inimmaginabili. Gli elementi della scena: - arco di proscenio = divenuto ormai cornice neutra del boccascena sostiene il sipario principale e - secondo sipario di sicurezza o spartifuoco = realizzato in materiale ignifugo e reso obbligatorio dalle norme - elementi tridimensionali = piattaforme e praticabili - arredi = mobili, statue, tappeti Nuova figura importante è quella del macchinista = al calare del sipario smonta e rimonta rapidamente quanto necessario al cambio di scena In alcuni casi si giunge a raddoppiare il palcoscenico e spetta a James Steele MacKaye il merito di aver realizzato per primo due palcoscenici mobili tali da consentire cambi di scena completi in meno di un minuto, al Madisone Square Theatre. Italia: occupa una posizione marginale in quanto nei nostri teatri al sistema tradizionale di impianto scenografico con quinte laterali e fondali dipinti si affianca l’uso della parapettata = scena d’interno completamente chiusa sui tre lati. IL TEATRO WAGNERIANO: Fin dagli inizi del secolo si registrano, soprattutto in area germanica, i più significativi tentativi volti a migliorare la realizzazione degli edifici teatrali, a seguito delle mutate esigenze di visibilità e acustica, ridefinendo lo spazio codificato del modello all’italiana. L’architetto Gottfried Semper realizza il Festspielhaus wagneriano di Bayreuth che, voluto da Wagner, viene inaugurato nel 1876. Analisi: costruito per rappresentare i drammi wagneriani, quindi destinato a un genere di teatro musicale ben definito capienza massima: 1500 spettatori esterno semplice e funzionale, costituito da un’intelaiatura di legno a vista con inserimento di mattoni sala a anfiteatro, con conseguente eliminazione dei palchetti; i posti a sedere sono collocati a ventaglio lungo semicerchi digradanti verso il palcoscenico, ricordando il teatro greco spazi di rappresentanza e destinati alla comodità del pubblico ridotti al minimo impianto illuminotecnico che consente lo spegnimento totale delle luci in sala in modo da poter permettere allo spettatore di concentrarsi solo sul palcoscenico golfo mistico = fossa dove si trova l’orchestra, che viene sensibilmente abbassata e modificata rispetto alle buche tradizionali dei teatri all’italiana. E’ articolata su sei livelli e risponde a 2 esigenze: 1) l’occultamento dell’orchestra rende più netta e marcata la divisione tra scena e sala, tra azione teatrale e fruizione visiva e uditiva dello spettacolo 2) il timbro orchestrale assume sonorità altrimenti non conseguibili LO SPETTACOLO LO SPETTACOLO IN ITALIA: Per tutto il secolo permane la tradizione della compagnia di giro, infatti sono vani i tentativi volti all’organizzazione di compagnie stabili all’interno delle città. La nostra penisola sembra dunque rimanere estranea alle nuove esperienze organizzative e produttive che caratterizzano la vita teatrale europea contemporanea. La microsocietà teatrale italiana sviluppa così le proprie regole di vita e persino un suo gergo che, ancor oggi attuale, è costituito da espressioni immediate del linguaggio comune. Il gergo teatrale rappresenta la punta emergente di un processo di autoemarginazione che nell’800 contraddistingue il mondo dello spettacolo italiano. VERSO UNA NUOVA PROFESSIONALITA’: DALLA COMPAGNIA PRIVILEGIATA AL GRANDE ATTORE: Nel corso del XIX secolo molteplici appaiono i tentativi volti ad organizzare anche in Italia compagnie privilegiate = formazioni stabili sovvenzionate dalla pubblica amministrazione e poste sotto diretto controllo degli organi statali. La Compagnia Reale Italiana istituita nel 1807 sul modello parigino del Theatre Francais viene condotta per sette ani da Salvatore Fabbrichesi; in tale formazione comica, finanziata direttamente dal ministero dell’interno e destinata a esibirsi nelle principali città dei dipartimenti del Regno d’Italia, agiscono i più celebri attori del tempo che interpretano lavori ad es. di Goldoni e Foscolo. Dopo la caduta dell’impero napoleonico, il Fabrrichesi ripropone la medesima formula dirigendo per otto anni una compagnia al servizio dei Borboni, stabilmente attiva a Napoli. Nel 1821 viene fondata la Compagnia Reale Sarda, voluta e finanziata da Vittorio Emanuele I re di Sardegna, con sede principale a Torino. Fallimento delle compagnie privilegiate a favore delle cosiddette compagnie all’antica italiana che si suddividono in: primarie = formazioni comiche che toccano i centri principali e sono costituite da attori di chiara fama, amati dal pubblico secondarie = destinate ad agire nei centri minori terziarie = intineranti per paesi e villaggi, dove gli attori recitano spesso all’aperto su palchi improvvisati Queste compagnie sono costituite indistintamente da un nucleo di attori specializzati in ruoli determinanti: primo attore ( in genere = capocomico che assegna le parti, programma le prove, impone la disciplina agli attori principali e ai generici ), prima attrice, 2 attori giovani o amorosi, padre + madre nobili, servetta, caratterista, sostituti e generici. Dinamiche della scena: al primo attore si contrappone come antagonista il generico primario; alla prima attrice, la seconda donna, scelta di norma in base alla sua avvenenza; i 2 giovani sono innamorati. La compagnia è formata in genere da una trentina di elementi e si costituisce sulla base di un contratto minimo di scrittura che impegna gli attori per 3 anni. Repertorio: ricco e variato per soddisfare le esigenze del pubblico; ogni attore è tenuto a conoscere a memoria i diversi testi per poter programmare ogni giorno uno spettacolo differente. Attrezzeria e scene sono ridotte all’essenziale e un direttore di scena + un trovarobe si incaricano di noleggiare o recuperare in vario modo sulle diverse piazze mobili e arredi. Gli attori hanno l’obbligo di procurarsi a proprie spese un corredo da usare sulla scena, formato da classici abiti da sera. Gli elementi dello spettacolo ( scenografia, illuminotecnica, musica e testo drammaturgico ) risultano ridotti a ruolo strumentale di puro supporto nei confronti dell’esercizio artistico dell’attore protagonista, forte personalità in grado di creare e gestire autonomamente la propria arte. Intorno alla sua figura nasce una sorta di mitologia nutrita da numerose autobiografie, memorie e diari di viaggio che contribuiscono a creare un alone di leggenda intorno ad una professione connotata da caratteristiche già molto particolari. Tale sistema genera nella seconda metà dell’800 il cosiddetto teatro del Grande attore, in quanto organizzato produttivamente intorno alla figura del leader. Il Grande attore: artista autonomo che interpreta, ricrea il testo teatrale esprimendo a suo modo il carattere e la fisicità del personaggio ricerca e costituisce da sé il linguaggio verbale e mimico-gestuale alle proprie interpretazioni determina la sorte dei drammaturghi stranieri sulle scene nazionali facendo tradurre, modificare o tagliare i testi a seconda delle proprie esigenze Le tecniche di recitazione continuano ad essere trasmesse per eredità naturale: gli attori sono in genere figli d’arte capaci di applicare istintivamente i moduli del dire e del gestire, appresi direttamente sulla scena dall’età infantile accanto ai genitori. Intorno al 1860, con il diffondersi del naturalismo, anche la recitazione si adegua a toni medi, ispirati alla quotidianità, mentre si sviluppa una psicotecnica per il controllo e l’espressione razionale delle passioni da esprimere sulla scena. L’impostazione recitativa convenzionale, fondata su stereotipi accademici, viene quindi gradatamente accantonata in favore di una maggiore adesione al vero. Luigi Rasi è fra coloro che si impegnano a incidere con decisione sulle tecniche recitative, essendo direttore della prima scuola di recitazione italiana, aperta a Firenze dal 1882 al 1892. Qui gli allievi, provenienti dalla società civile e non più da famiglie di attori, studiano la storia del teatro insieme alla dizione e ai linguaggi gestuali, sperimentando da vicino i diversi generi teatrali. Secondo Rasi gli allievi devono sia possedere un bagaglio culturale che essere preparati anche per quanto riguarda il lavoro pratico. Gustavo Modena opera una riforma a favore di una recitazione non più declamata ma fondata sul vero e sullo studio della psicologia, necessaria nei confronti di un’arte che aspiri ad essere socialmente impegnata e educativa. Grazie a lui vengono costituite, a iniziativa privata, compagnie-modello di tipo stabile formate da attori selezionati diretti da artisti qualificati; nuovo modo di assegnare le parti cioè secondo le attitudini fisico/psicologiche richieste dal personaggio. L’obiettivo di Modena è quello di innalzare la professione attorale ad una superiore dignità. Tommaso Salvini può essere considerato il più tipico rappresentante della categoria del Grande attore. Egli non ammette né la scompostezza dei gesti né la precipitazione della voce, fattori che potrebbero arrecare danno alla corretta comprensione da parte del pubblico o alla dimensione estetica dello spettacolo: l’immedesimazione così coniugata al “vero-bello” artistico conduce nel magistero di Salvini ai massimi vertici interpretativi. Egli è sempre alla ricerca di se stesso come uomo e come attore e desidera affermare sempre e comunque la propria individualità; la sua tecnica recitativa viene indicata da Stanislavskij quale punto di riferimento per la fondazione di quello che sarà il suo metodo. Salvini incarna dunque, a tempo stesso, il vertice di una tradizione destinata presto ad essere superata e l’anticipazione sensibile e intuitiva dei nuovi sviluppi verso i quali il teatro contemporaneo si indirizzerà. Altri grandi attori = Ernesto Rossi, Adelaide Ristori e Giacinta Pezzana IL MELODRAMMA ROMANTICO E L’ESPERIENZA VERDIANA: Melodramma = prodotto più originale della nostra cultura teatrale dell’epoca. Nel corso del XIX secolo diviene scuola di sentimenti e valori, con l’intento di colmare il vuoto lasciato dalla latitanza del teatro in prosa e dall’assenza di una drammaturgia nazionale. I principali operisti italiani che divengono presto oggetto di vero e proprio culto in tutte le nazioni europee, inaugurando la stagione del melodramma romantico sono: Rossini = fondamentale sia per l’opera buffa dove, arricchendo gli schemi 700eschi, sperimenta un nuovo rapporto tra parola e musica ad es. Il barbiere di Siviglia, 1816, sia per l’opera seria ricorrendo a temi storico-romantici ad es. Guglielmo Tell, 1829 Bellini = inaugura in senso stretto il romanticismo musicale italiano. Compositore di sottile vena lirica, contaminata da forme classicheggianti, egli trae i soggetti delle sue opere da autori quali Byron, Hugo, Shakespeare e Scott Donnizzetti = è con lui che si manifesta appieno il melodramma romantico: lo confermano la scelta dei soggetti storico-romanzeschi e la ricerca di una dimensione decisamente tragica. Egli compone più di settanta opere comiche e serie, scrivendo le ultime grandi pagine dell’opera buffa Il melodramma ottocentesco italiano giunge a completa maturazione, sia sotto il profilo musicale sia sotto quello drammaturgico, con l’attività artistica di Giuseppe Verdi che esprime al più alto grado i caratteri del nostro romanticismo (ne è infatti considerato il massimo esponente accanto a Manzoni). Ponendosi come la più significativa espressione della borghesia risorgimentale, tesa alla conquista dell’unità nazionale e alla difesa dei valori familiari e morali, l’opera artistica verdiana si rivela capace di liberare il sentimento dal vincolo della parola, trasformandolo interamente in canto, cioè in un’espressione immediata e totale delle passioni. La musica non è più costretta a mantenersi entro i vincoli condizionanti posti dalla scrittura drammaturgia in versi: spetta ora al librettista, infatti, impegnarsi a trovare le forme poetiche più efficaci. Il libretto è fonte di stimolo alla creatività musicale e di sperimentazione per forme metriche efficaci e variate, siamo di fronte alla costante ricerca della “parola scenica”. I personaggi vivono in un delicato equilibrio tra ideale e passione, tra aspirazione al bene e consapevolezza del dolore e della tragedia del vivere, sorretti da un testo verbale e musicale che aderisce perfettamente ai criteri di verosimiglianza e verità storica. Il melodramma si avvia così sulla strada che lo conduce a abbandonare la tradizionale e schematica alternanza di arie cantate e recitativi, per acquisire fluidità narrativa e credibilità drammatica attraverso l’uso sapiente di nuove strutture poetiche e musicali. I librettisti creano personaggi che non si esauriscono più (come avveniva nei melodrammi del secolo precedente) nella sterile lotta contro il destino avverso, ma che si scontrano con altre forti individualità, in una situazione che rende credibile e umanamente sostanzioso il drammatico confronto. I protagonisti sono di norma la soprano e il tenore ( = due amanti eroici )+ basso e baritono ( = padre o antagonista del tenore ) + mezzosoprano ( = madre o avversaria della soprano ). Carattere popolare del melodramma romantico: lo spettacolo del melodramma diviene il prodotto più autenticamente popolare del nostro romanticismo teatrale in quanto più accessibile e comprensibile rispetto alla prosa, grazie al potere dell’immediata suggestione esercitata dalla musica. Esso riscuote in Italia e all’estero un autentico successo fra tutti gli strati sociali della popolazione che, pur a livelli diversi, partecipa alle passioni e alle vicende rappresentate. LO SPETTACOLO IN FRANCIA: In Francia, restano ancora in vigore molti fra i provvedimenti emanati da Napoleone negli anni precedenti, in tema teatrale. Tra questi il decreto del 1807 che, dopo aver ridotto a 8 il numero si sale teatrali operanti nella capitale, concede a ciascuna di loro la licenza i operare nell’ambito di un solo tipo di teatro. Pur ostacolata da tali disposizioni e da un ossessivo intervento censorio, la vita teatrale francese conosce, a partire dal secondo decennio del secolo, un grande exploit. Dopo una temporanea chiusura, infatti, i piccoli teatri riprendono a pieno ritmo la loro attività che risulta incrementata con l’abolizione delle leggi napoleoniche da parte di Luigi Filippo d’Orléans. Assistiamo all’apertura di nuovi teatri come ad es. Palais Royal, Theatre de la Renaissance e Theatre Historique a cui si aggiungono luoghi destinati allo spettacolo che vanno moltiplicandosi lungo i boulevards parigini. Il boulevard du Temple si conferma, nel corso della prima metà del secolo, il quartiere generale dello spettacolo popolare dove si esibiscono: mimi, pagliacci, animali ammaestrati, incantatori di serpenti, acrobati, equilibristi, nani e giganti. La situazione perdura immutata fino al 1862 quando vengono demoliti molti piccoli teatri del boulevard du Temple, in base al nuovo piano regolatore di Parigi. Lo spettacolo, nel resto della nazione, non mostra analogo rilievo infatti le pur numerose sale teatrali presenti nelle piazze minori si limitano a rappresentare i grandi successi parigini dell’anno o a ospitare compagnie di giro provenienti dalla capitale. Dopo il 1848 lo spettacolo in Francia vive un momento di grandissima prosperità economico, grazie alla libertà di rappresentare qualsiasi testo di “pubblico dominio” concessa alle imprese teatrali e la costruzione di nuove sale. Verso il 1880 si impone una nuova concezione produttiva = uno spettacolo non può dirsi un successo se non registra un lungo periodo di repliche, cosicché, grazie anche al sostegno di efficaci campagne pubblicitarie, molte produzioni riescono a tenere il cartellone per più di trecento sere. Cafè concert = luoghi inizialmente destinati a ospitare intrattenimenti semplici, accompagnati da musica e campo, che diventano una nuova e fortunatissima attrazione della vita teatrale parigina. Esso, infatti, prende forma e dignità di spettacolo autonomo per divenire, infine, teatro di varietà = i cui palcoscenici, verso la fine del secolo, accolgono la rivista à gran spectacle, caratterizzata da un sontuoso allestimento scenico, da truopes di girls di leggendaria bellezza e da vedettes di fama internazionale. Nuova forma di ingaggio: gli attori, ora, vengono scritturati sulla base del personaggio che dovranno interpretare solo per l’allestimento della produzione in oggetto, vengono lasciati liberi al termine delle repliche. Matinées: repliche diurne degli spettacoli serali, destinate di solito per il pubblico popolare, al fine di accrescere il numero delle recite. Recitazione: la tendenza realistica che percorre il teatro nel corso della seconda metà dell’800 si manifesta anche nella recitazione che si fa più naturale e attenta alla fisicità del gesto. Si sviluppa il fenomeno del divismo per cui molti spettacoli drammaturgicamente inconsistenti vengono portati al successo da una generazione di professionisti che, come il Grande attore italiano, circondano la loro attività di un’aura carismatica. Spettacolo musicale: grand opéra = scenicamente complesso e imponente, volto a rappresentare attraverso soggetti storici i grandi conflitti umani; acquista risonanza europea soprattutto grazie alle opere del suo creatore Giacomo Meyerbeer operetta = teatralmente vicina all’opera buffa e composta da episodi musicali alternati a dialogo parlato; svolgendo una satira garbata della società contemporanea riflette fedelmente il mondo dell’alta borghesia e dell’aristocrazia francesi balletto = conosce a seguito della rivoluzione romantica la sua più grande stagione per cui si parla di ballet blanc LO SPETTACOLO IN INGHILTERRA: La Gran Bretagna attraversa un periodo di forte crisi economica che si protrae fino al 1840, ripercuotendosi anche in campo teatrale. Soltanto nella seconda parte del secolo, con l’ascesa al trono della regina Vittoria, si avvia un processo di profonda trasformazione che, riconoscendo al teatro una nuova funzione sociale, favorisce il miglioramento delle condizioni e delle pratiche produttive dello spettacolo. Londra, divenuta la città più popolosa d’Europa, assiste ad un progressivo quanto incontenibile aumento del pubblico proveniente ora soprattutto dalle classi lavoratrici: prostitute, malavitosi, ladri incoraggiati dal dimezzare del costo del biglietto dalle nove di sera. Disertate dal pubblico “regolare”, le sale teatrali ufficiali divengono così vasti e chiassosi luoghi di ritrovo dove le rare recite di qualche lavoro letterariamente valido, passano sotto l’assoluto silenzio, non riuscendo a conseguire presa alcuna sugli spettatori, attratti ormai dai soli spettacoli di arte varia, sull’onda della moda del momento. Per esaudire i desideri eterogenei del pubblico, infatti, si mettono in scena nel corso della medesima serata anche tre o quattro spettacoli differenti (farse, pantomime, concerti) intercalati da numeri circensi, acrobatici e magici sempre più stravaganti. Vengono quindi a costituirsi molti teatri minori, situati solitamente in zone periferiche della città, che agiscono al di fuori della legalità, senza cioè l’autorizzazione reale. L’abbondanza dei generi teatrali e il proliferare incontrollato dei luoghi destinati allo spettacolo, sembrano ben testimoniare un vivo interesse delle classi più umili per il teatro, per un luogo cioè non solo deputato allo svago, ma capace di porsi come centro di vita sociale e comunitaria. Theatre Regulation Act = emanato nel 1843, sancisce l’abolizione del privilegio che limitava la rappresentazione di opere drammatiche ai soli teatri patentati, cosicché qualsiasi sala teatrale legalmente operante viene autorizzata a mettere in scena, a sua discrezione, tragedie, drammi e commedie. Apertura e ammodernamento delle sale: Gli impresari si impegnano a investire ingenti capitali sia nell’apertura di nuove sale (ad es. teatri zona west end londinese = Theaterland) sia nell’ammodernamento di quelle già esistenti. L’esistenza di sale raccolte, confortevoli e bene arredate, unita ad altre innovazioni come la luce elettrica e l’uso di abbassare il sipario tra un atto e l’altro per realizzare i cambi di scena, concorrono a portare a compimento un graduale processo di epurazione che elimina dal teatro inglese gli aspetti più grossolani, in nome della compostezza e del decoro. Drammaturgo = beneficia di miglioramenti economici essendo ora protetto da leggi specifiche emanate dalla Corona; Attore = la sua immagine sociale muta profondamente venendo ad assumere i contorni di quella rispettabilità borghese che ancora oggi caratterizza il mondo anglosassone delle scene. Generi: 2 generi confermati = pantomima + melodramma; 2 nuovi generi: - music-hall = deriva il proprio nome dal termine d’uso con cui si designavano in Gran Bretagna i ristoranti o le taverne nei quali avessero luogo spettacoli di varietà; si conferma la forma teatrale in assoluto più amata dal pubblico popolare a cui si aggiungono quei borghesi i quali non disdegnano immergersi in un’atmosfera spesso licenziosa per assistere alle esibizione dei comici e ammirare le grazie delle ballerine - commedia musicale = deve la sua celebrità ai successi straordinari conseguiti dalle operette del librettista Schwenck e del compositore Sullivan; essa presenta complessi corali numerosi, scene e costumi estrosi e sontuosi, all’interno di una trama spesso solo abbozzata e funzionale a offrire spunti per numerose canzoni e per numeri spettacolari con coreografie di splendide girls. LA DRAMMATURGIA PAESI DI AREA GERMANICA: Nel corso della prima metà dell’800 il mondo teatrale tedesco è ancora dominato dalle personalità di Goethe e Schiller. Gli esponenti più illustri del movimento romantico e i drammaturghi si mostrano orientati a privilegiare la componente lirica del testo, restrittivamente inteso come possibile rappresentazione di una realtà fantastica o idealizzata. Solo dopo i moti del 1848 la produzione drammaturgia che, prefiggendosi di rappresentare fedelmente il reale, trova nell’adesione al movimento naturalista (importato dalla Francia) la sua espressione più convincente. Drammaturghi: GOETHE: Dopo un biennio trascorso n Italia (1786-1788) Goethe elabora una nuova poetica basata sull’ideale classico di armonia e equilibrio formale. Di conseguenza, al suo rientro a Weimar, egli abbandona il dramma storico e, grazie alle nuove conquiste spirituali, compone Ifigenia in Taurine, 1789 e un anno dopo Torquato Tasso; entrambi i testi si ispirano ad un’olimpica serenità di vita, conseguibile attraverso il perfetto dominio delle passioni. La sua vita è accompagnata sino alla morte dalla stesura della sua incommensurabile opera: il Faust. SCHILLER: Rivolgendosi nuovamente al teatro già nel 1796, dopo un lungo periodo dedicato a studi storici e filosofici, il drammaturgo compone la trilogia di Wallenstein tra il 1798-1799 (Il campo di Wallestein + I Piccolomini + La morte di Wallestein) che, imperniata sulla controversa figura del condottiero eponimo, conserva inalterata l’esaltazione sturmeriana del binomio libertà-umanità. In seguito, tali aspirazioni libertarie di Schiller prorompono nuovamente in Maria Stuart, 1800 e anche nelle tragedie classiche La sposa di Messina, 1803 e La pulzella d’Orléans dello stesso anno. Ma è soprattutto con il dramma Guglielmo Tell, 1804, che Schiller assurge a cantore nazionale del popolo tedesco, dipingendo un grande affresco storico in cui la lotta di un paese per la propria indipendenza assume significati universali. SCHLEGEL: Enuncia i caratteri distintivi della scuola romantica nel Corso di lettura drammatica, 1809. TIECK : Maggiore autorità tedesca in campo teatrale e precursore del teatro romantico soprattutto per le giovanili fiabe drammatiche Il cavaliere Barbablù, 1796 e Il gatto con gli stivali, 1797. VON KLEIST: Aderisce agli ideali del teatro romantico, superandoli tuttavia attraverso la fusione di uno stile drammatico che trova sia nella tragedia classica sia nel teatro di Shakespeare le fonti di ispirazione più diretta. Dopo la composizione della cupa tragedia La famiglia Schroffenstein, 1804, la solitudine esistenziale, l’affermazione dei valori dell’inconscio, la sfiducia nell’esistenza di una realtà oggettiva, impongono a Kleist di ambientare le sue vicende nel mondo dell’apparenza e del sogno. Così il tema del doppio e dell’inganno risulta abilmente articolato nelle sue due inquietanti commedie Anfitrione, 1807 e La brocca rotta di un anno più tardi. Con la sua ultima opera, il dramma Il principe di Homburg, 1811, Kleist afferma il suo credo basato sulla riconciliabilità degli opposti e sulla possibilità di creare un ordine armonico fra gli uomini. GRILLPARZER: Aderisce con entusiasmo al movimento romantico: già nella giovanile trilogia Vello d’oro (L’ospite + Gli argonauti + Medea, 1821) propone una vicenda teatralmente efficace, scrutando con sensibilità l’animo umano. Con Le onde del mare e dell’amore, 1831, egli compone uno fra i testi più rappresentativi di tutto il teatro romantico il lingua tedesca. BUCHNER: Già nel corso della stagione romantica, nasce e si sviluppa in area germanica una corrente realistica che trova in lui un precoce sostenitore. Il suo capolavoro è Woyzeck, 1835, dove vengono analizzate in maniera quasi scientifica le leggi che governano la vita dell’uomo, giungendo alla scarnificazione impietosa di azioni e sentimenti umani. HEBBEL: Le sue opere sono dominate dal nuovo orientamento realistico, in particolare la sua tragedia borghese Maria Magdalena, 1844. Alla rappresentazione di un mondo reale e fantastico si sostituisce la consapevole accettazione di una realtà che, portata sulle scene, possa esprimere il nuovo orientamento della classe borghese. WAGNER: Si applica alla sperimentazione di nuove forme drammaturgiche con l’intenzione di attingere nuovamente alla grandezza dell’antico teatro tragico greco. La sinergia di poesia, musica, danza, architettura e pittura, ispira al musicista i suoi capolavori che trovano la massima espressione nella monumentale tetralogia dell’Anello del Nibelungo. Attraverso la creazione di un dramma totale, in cui il poeta stesso sappia esprimersi attraverso la parola e la musica, Wagner conclude la grande stagione romantica, anticipando il movimento naturalista di importazione francese che giungerà alla sua piena affermazione con l’opera di Hauptmann. FRANCIA: Ormai scomparso il movimento romantico i drammaturghi mostrano una crescente propensione al dato realistico cui si affianca la composizione di pieces destinate al cosiddetto theatre de divertissement, con lo scopo di distrarre e far sorridere la borghesia parigina che, consolidato il potere sociale e economico faticosamente conquistato, rappresenta ora la classe politica egemone. Proprio in tali anni, tuttavia, emerge in Parigi una generazione di autori meno compiacenti e solidali nei confronti del pubblico borghese: a costoro spetterà il compito di trovare, sulla scia delle grandi opere narrative di Flaubert, Goncourt e Zola e del nuovo indirizzo scientificopositivistico, lo stimolo per dare vita dal 1880 alla vincente formula del realismo teatrale. Il dramma romantico: Tale genere, importato con un certo ritardo dalla Germania, si impone in Francia proprio intorno al 1820, grazie alle traduzioni delle opere di Shakespeare e Schiller e allo stretto contatto con le vicende letterarie italiane; si innesta direttamente sulla tradizione del genere popolare del mélodrame = porta di norma in scena le traversie di un protagonista virtuoso (ad es. la giovane eroina insidiata) il quale, nonostante le mille persecuzioni ordite ai suoi danni da un nemico odioso, salva la sua reputazione trionfando sul vizio. Riprendendo la fortunata eredità di tale genere, il dramma romantico si caratterizza in Francia per la ricerca di un contatto diretto con il pubblico e per la costante attenzione riservata a una spettacolarità viva e insistita. Drammaturghi: HUGO: Il manifesto della drammaturgia romantica francese è costituito dalla prefazione al suo dramma storico Cromwell del 1827. In tali celebri pagine, l’autore proclama la totale libertà creativa dell’artista proponendo di conseguenza di abolire la distinzione esistente tra commedia e tragedia per sostituire a tali generi il dramma, giudicato l’unico in grado di esprimere le tensioni del mondo moderno. Hugo stabilisce che il dramma non debba rispettare le unità spazio-temporali ma la sola unità d’azione e debba, al contrario, sottostare alle leggi generali che governano la natura umana, proponendosi di mettere a fuoco gli elementi essenziali della realtà storica. Costruito su tali premesse, il dramma storico Hernani, 1830, scatena al suo apparire sulle scene della Comedie Francaise un’accesa battaglia nel pubblico presente. La sua carriera drammaturgica si conclude idealmente alla Comedie nel 1843 con la clamorosa caduta del dramma storico I burgravi, con la quale si suole convenzionalmente indicare la fine della stagione del dramma romantico fr. DUMAS: Influenzato da Hugo, è l’esponente più rappresentativo del dramma storico in Francia. Prende spunto da un episodio della storia del suo paese per creare personaggi e situazioni dotati di forte drammaticità che, pur all’interno di una cornice storica spesso incerta e approssimativa, si mostrano perfettamente teatrali e in grado di attrarre l’attenzione dello spettatore. VIGNY: Assertore della creazione di un dramma moderno e attuale, con personaggi ricchi di verità e capaci di esprimersi con un linguaggio pienamente comprensibile e privo di gratuite ricercatezze, egli rifiuta a priori i temi di facile successo. Il suo testo teatrale più significativo è il dramma Chatterton, 1835, che è uno dei maggiori successi del cartellone romantico francese. DE MUSSET: Coniuga la tradizione classica francese con la nuova sensibilità romantica e i suoi drammi sono caratterizzati da una forma intenzionalmente semplice e da una grande intensità espressiva. Le sue due più celebri opere sono Non si scherza con l’amore e Lorenzaccio, entrambe 1834. Drammaturghi del theatre de divertissement: SCRIBE: Maggiore esponente di una produzione teatrale destinata al pubblico borghese parigino, avido di novità e ben felice di distrarsi con spettacoli disimpegnati e brillanti. Scribe si dedica dapprima alla scrittura di vaudevilles = commedie leggere composte originariamente da un’alternanza di parti dialogate e parti vocali (ariette), elaborate su semplici melodie popolari. Egli infonde a tali commedie in un atto dalla esplicita comicità un nuovo vigore attraverso una scrittura teatrale agile, brillante e attenta a ritrarre accadimenti della vita quotidiana contemporanea. Scribe elabora anche, e conduce al successo, la piece bien faite = commedia in cinque atti rigorosamente definita nelle sue modalità costitutive, attente più che al contenuto, alla perfezione dei meccanismi teatrali fondati sul nesso causa-effetto e articolati con precisione cronometrica in modo da mantenere sempre teso il ritmo della rappresentazione. LABICHE: Consegue le maggiori affermazioni nel vaudeville, tratteggiando con fine ironia ed eleganza gli atteggiamenti e i vizi privati dei suoi contemporanei, entro partiture drammaturgiche capaci di offrire ampie possibilità al gioco attorale. La vita quotidiana del tempo risente della comicità e della satira: Labiche moltiplica gli accadimenti scenici, muove l’azione a ritmo vertiginoso, crea travolgenti meccanismi comici, ricchi di equivoci e situazioni al limite della credibilità. Il fine è quello di divertire il pubblico con il quale l’autore viene a trovarsi in perfetta sintonia. SARDOU: Ottiene i risultati migliori nel vaudeville e nella commedia brillante, utilizzando come Scribe la formula della piece bien faite e adattandola a quasi tutti i generi drammatici. Anziché descrivere il mondo in cui vive, egli ne studia i desideri e le aspirazioni e li rappresenta privilegiando l’azione, eccezionalmente rapida e incalzante. FEYDEAU: E’ il più attento osservatore della società borghese del suo tempo, la cosiddetta belle epoque, occupata prevalentemente da vani pensieri e ormai priva di ideali sentiti. Dedicandosi prevalentemente al vaudeville, egli esprime la dimensione di un mondo assurdo e vagamente allucinato; egli tratta tradizionali vicende di tradimento coniugale e equivoci, nati da banali fraintendimenti fra i personaggi. Dal realismo del dramma sociale al naturalismo: DE BALZAC: A cui è dovuta la prima riflessione profonda e meditata intorno alla società borghese e ai meccanismi che regolano i rapporti umani. Secondo la linea già propria della sua Commedia Umana, immenso ciclo narrativo volto a ritrarre la società dell’epoca, Balzac ricerca un realismo che vada in fondo alle cose, che colga l’intima essenza dell’agire umano, descrivendone anche gli aspetti più meschini. Il suo teatro risulta quindi essere incisivo per verità e immediata attualità. DUMAS FIGLIO: Con il suo dramma La signora delle camelie, 1852, si inaugura davvero la stagione del realismo teatrale francese trattandosi del primo dramma sociale direttamente ispirato alla vita contemporanea in quanto trae proprio spunto da esperienze autobiografiche. L’argomento, scandaloso e audace, affronta il tema dell’amore vissuto come forza superiore a qualsiasi altra, tanto da trasformarsi per la protagonista, peccatrice destinata al sacrificio estremo, in strumento di redenzione morale. Soprattutto nei drammi successivi, l’autore si impegna a creare un teatro che sia luogo di dibattito civile: a sostegno della sua tesi, in ogni lavoro, egli dà voce ad un personaggio principale (raisonneur) che assume il compito di difensore o giudice morale borghese. Dumas figlio dibatte alcune fra le questioni che maggiormente interessano il mondo borghese, quali il ruolo della donna nella società, l’amore, l’adulterio, il matrimonio e il divorzio. BECQUE: Sulla scorta delle teorie elaborate da Zola nei suoi scritti, supera con decisione le formule già proprie di Dumas figlio. Egli si impegna a cogliere l’intima verità della natura umana infatti può essere considerato il capostipite della drammaturgia naturalista. ITALIA: Identificando principalmente con i drammaturghi contemporanei di area germanica il modello per un teatro nazionale e popolare, il movimento romantico si scontra con le tesi dei classicisti i quali invocano, al contrario, le regole della tradizione classica che è la sola in grado di ispirare adeguatamente la nostra drammaturgia. Il teatro dei romantici deve farsi specchio degli ideali e delle aspettative della classe dirigente laica e liberale…ma la drammaturgia romantica e risorgimentale si mostra ben presto incapace di realizzare un dialogo vitale con il pubblico , favorendo la strepitosa ascesa del melodramma (ciò fino alla fine della prima metà dell’800). Negli anni successivi, sotto l’influsso delle opere di Dumas figlio, si diffonde anche in Italia il dramma sociale. Il periodo compreso tra il 1860 e il 1870 vede la piena affermazione della classe borghese che, rivalutando la funzione pedagogica del teatro, affida alle scene il compito di rappresentare la realtà contemporanea. Riprendendo in forma attenuata l’esperienza del naturalismo francese, il verismo porta a conclusione le esperienze teatrali ottocentesche con messe in scena di spaccati di vita con ambientazione borghese o, più frequentemente, popolare. In questo senso, numerosi autori utilizzano il dialetto in quanto accosta con verità la realtà sociale descritta. Tragedia: La drammaturgia tragica mostra già negli anni 20 dell’800 i segni del suo definitivo cedimento, rimanendo confinata nell’esperienza elitaria di una ristretta cerchia di intellettuali. Il dibattito teorico relativo a questo genere contrappone: classicisti = sostengono ostinatamente la necessità di attenersi alle regole pseudoaristoteliche e di trattare esclusivamente soggetti derivati da miti o vicende del mondo antico romantici = rivendicano una composizione libera da ogni vincolo formale e contenutistico, indicando in Goethe, Schiller e Shakespeare i modelli cui rifarsi SILVIO PELLICO: Assume una posizione volta a conciliare tali divergenze e con la sua Francesca da Rimini offre una tragedia che ben presto diviene una fra le opere più popolari del teatro romantico. Il successo dell’opera è determinato soprattutto dal patetismo con cui è trattato il soggetto che riduce la statura dei personaggi al convenzionalismo borghese e al trionfo dei buoni sentimenti. Per Pellico la tragedia deve, dunque, celebrare gli eroi della patria e, per conseguenza, essere sciolta da ogni vincolo formale che le impedisca di ritrarre i sentimenti e le passioni che agitano i personaggi. ALESSANDRO MANZONI: La situazione del teatro tragico italiano non registra mutamenti di rilievo fino alla pubblicazione delle sue tragedie Il conte di Carmagnola e Adelchi. Per lui il teatro è il campo ideale di sperimentazione e la sua riforma teatrale si muove essenzialmente su due cardini: 1) rifiuto delle unità aristoteliche di tempo e luogo che egli condanna come arbitrarie e dannose, definendole un impedimento allo sviluppo del rapporto tra la natura del soggetto artistico e la forma che a tale soggetto necessariamente conviene 2) esigenza di un contenuto nuovo in cui il rispetto per il “vero” diventi criterio di valutazione estetica oltre che etica, poiché base delle scelte del drammaturgo intorno all’argomento da trattare deve stare un’esigenza di verità che può essere colta solo nella rappresentazione della storia Il suo sistema drammaturgico, però, si mostra incompreso e ininfluente sulla produzione successiva. GIOVAN BATTISTA NICCOLINI: Opera nelle sue tragedie una contaminazione di elementi eterogenei, allo scopo di pervenire a una vivacità espressiva, proposta entro una struttura drammatica agile, snella e di facile e gradevole fruizione. Rinunziando alla consueta climax, culminante nella catastrofe, tipica della produzione alfieriana, e indulgendo piuttosto nell’iterazione dei colpi di scena, a favore di una spiccata varietà ritmica, il Piccolini giustappone fra loro parti dialogiche e scene a effetto, in modo da garantire il coinvolgimento emotivo del pubblico. Commedia + altri generi teatrali: Pur mantenendosi fedeli alla commedia di carattere di ascendenza goldoniana, i commediografi che operano nei primi decenni del secolo, principiano a prendere coscienza della stretta connessione esistente fra le leggi della moda, del gusto e del mercato. Nel periodo che coincide con la riunificazione nazionale, la commedia si avvia a assumere valenze differenti e inediti, nasce così anche in Italia la commedia sociale = volta a sviluppare temi di attualità, dibattere problemi della nascente borghesia imprenditoriale, ammaestrare moralmente gli italiani a essere buoni cittadini e onesti padri di famiglia. Abbiamo l’apertura verso i ceti popolari, cosa che ad es. non avviene in Francia dove protagoniste quasi assolute sono aristocrazia e borghesia. La drammaturgia in lingua del teatro ufficiale è volta ad indagare principalmente i meccanismi della società in una visione tutto sommato rassicurante e consolatoria. PAOLO GIACOMETTI: Drammaturgo della Compagnia Reale Sarda, si inserisce nella tradizione della commedia con opere in cui egli studia soprattutto l’istituto della famiglia, messo a repentaglio dall’adulterio e dal divorzio. PAOLO FERRARI: Diventa ben presto commediografo per eccellenza della borghesia. Con Goldoni e le sue sedici commedie nuove, 1853, si pone sulla linea del recupero del modello goldoniano e diventa l’esempio più ammirato della commedia a carattere moralistico e pedagogico, che raccoglie dall’esempio del grande drammaturgo veneziano l’aspetto bonario e borghese. Giacometti + Ferrari = consapevoli della funzione morale del teatro; possono essere considerati i primi drammaturghi della storia teatrale dell’Italia unificata. ACHILLE TORELLI: Adesione agli ideali liberali moderati del nuovo regno, nella commedia I mariti, 1867, sviluppa tesi di costruttiva satira sociale, mettendo a confronto il ceto aristocratico e l’alta borghesia sul tema scottante dell’amore coniugale e della concordia tra marito e moglie. MARCO PRAGA: Ricordato soprattutto per la sua attività svolta per la SIA (Società Italiana degli Autori); con La moglie ideale, 1890, mette in scena un matrimonio sostenuto solo dalle convenienze, all’interno del triangolo moglie, marito e amante. ROBERTO BRACCO: Ripropone il tema dell’adulterio anche se in toni più leggeri anche se si staccherà da questo tipo di produzione per approdare ad una variegata produzione seria e brillante. Egli si mostra un sensibile e attento rilevatore delle tendenze della cultura e dell’arte d’Italia sullo scorcio dell’800 e nei primi decenni del secolo nuovo. Nel corso degli anni 60 e dei primi anni 70 abbiamo una produzione teatrale regionale in dialetto, caratterizzata da un largo successo. Esponenti sono: VITTORIO BERSEZIO = Torinese GIACINTO GALLINA = Veneziano EDUARDO SCARPETTA = Napoletano CARLO BERTOLAZZI = Milanese GIUSEPPE GIACOSA: La rappresentazione del vivere borghese nell’Italia post-unitaria e il concetto di famiglia intesa come sede elettiva della virtù morale e civile, sono il tema dominante delle sue migliori opere. Con la commedia Tristi amori, 1887, egli preannuncia il disagio dell’imminente crisi dei valori familiari e sociali di matrice borghese. In questo dramma, successo personale della Duse, Giocosa propone l’analisi psicologica di un adulterio e dei danni che esso provoca, distruggendo l’unità della famiglia o richiedendo dolore e sacrificio. L’ambientazione realista dell’opera (salotto medio borghese) mette ancor meglio in evidenza l’atmosfera grigia e spenta di un mondo nel quale il codice moralistico e sociale ha la meglio sul sentimento. Come le foglie, 1900, è una commedia sociale e psicologica che sembra smarrirsi di fronte all’incalzare della storia, con cui Giocosa mostra di raccogliere gli influssi provenienti da Ibsen e Cechov. Nella descrizione dello sfascio di una famiglia, caduta in rovina per un dissesto finanziario, si inserisce il tema dei rapporti familiari e generazionali e, in certa misura, la valorizzazione del ruolo della donna. GIOVANNI VERGA: L’attività drammaturgica italiana dell’ultimo 800 può essere riassunta nella sua sperimentazione verista. La produzione teatrale dell’autore siciliano nasce dall’approfondimento e da un’attenta rilettura dei temi del naturalismo francese: la meditazione sulla realtà e sulla rappresentazione della natura umana sfociano nel progetto di un’opera teatrale ambientata nel mondo rusticano e tra la povera gente di città. Cavalleria rusticana, 1884, è un dramma impostato sulla triade passione-gelosia-morte che non può risolversi altrimenti che secondo le regole della cavalleria rusticana, ossia del codice contadino dell’onore. L’andamento ritmico e concitato della vicenda corre rapidamente verso il finale tragico. La lupa, 1896, è la più riuscita fra le sue opere teatrali dove Verga propone nuovamente l’ambientazione rusticana. L’atmosfera del dramma, tuttavia, è per molti aspetti nuova e rende il senso magico e fascinante di certi riti campestri, tipici del Meridione. Dal tuo al mio, 1903, è un grande affresco sociale incentrato sulla lotta dei lavoratori di una zolfatara contro i padroni per rivendicare un salario più giusto. Qui l’autore muove una spietata critica contro tutte le classi sociali. INGHILTERRA: Le condizioni di trascuratezza in cui versa lo spettacolo drammatico in Gran Bretagna nel corso della prima metà dell’800, giustificano la scelta operata dai maggiori drammaturghi inglesi di rivolgersi in prima e unica istanza al mercato librario per la collocazione dei loro testi. Tale è il caso di COLERIDGE, SHELLEY E BYRON. L’attività teatrale rimane dunque retaggio esclusivo degli imprenditori di spettacolo, i quali assecondano il gusto diffuso per lo spettacolo di puro intrattenimento: burlesque + ballad opera = ripropongono temi e situazioni già sperimentate con successo nel corso del secolo precedente pantomima = diviene in breve uno dei generi maggiormente amati dal pubblico; rappresenta vicende tratte da fonti quali la fiaba per l’infanzia e le leggende popolari melodrama = porta in scena vicende complesse e romanzesche, ambientate in un mondo fantastico, popolato da fantasmi, folletti, gnomi e creature magiche, includendo nel corso della rappresentazione numeri di equitazione, spettacolo acquatici e battaglie navali SPAGNA: Anche qui la drammaturgia non detiene nel corso del XIX secolo un ruolo preminente. Il movimento romantico spagnolo, sviluppatosi tardivamente a seguito delle vittorie liberali (1833), si limita a riproporre in maniera non problematica i grandi temi schilleriani, ormai svuotati della originaria ricchezza e, a differenza di quello francese e tedesco, non implica alcun carattere di aperta ribellione nei confronti delle regole codificate della tradizione neoclassica. Tale segno di continuità può essere ben riscontrato nelle opere di DE RIVAS e DE LA ROSA . JOSE’ ZORRILLA Y MORAL: Drammaturgo che meglio incarna il periodo tardo-romantico in Spagna; si indirizza verso un nuovo teatro nazionale caratterizzato da un gusto crescente per l’azione e da una forte vivacità realistica. RUSSIA: Ancora all’inizio dell’800, la società russa, priva di un influente ceto borghese, si presenta nettamente divisa fra la grande aristocrazie terriera, la gerarchia ecclesiastica e la massa composta da contadini e servi della gleba. Tale assetto sociale e politico influenza il mondo delle scene, che si presenta chiuso a ogni innovazione e dipendente da modelli stranieri, in particolar francesi. La Russia giunge alle soglie del XIX secolo ancora priva di una tradizione drammaturgica autonoma; anche l’architettura teatrale è quasi del tutto assente sul territorio. Finalmente, nel 1805, si inaugura a Mosca il primo teatro statale con una compagnia di attori appartenenti al ceto dei servi della gleba e rigorosamente controllati dallo stato. Per quanto riguarda il repertorio nei primi decenni dell’800, esso comprende composizioni tragiche di stampo classico, commedie sentimentali (su es. francese, in particolare rifacimenti di melodrames e vaudevilles)e opera lirica. PUSKIN: Si distacca dalle norme accademiche del neoclassicismo francese, aderendo prontamente alle teorie imposte dal romanticismo. Boris Godunov, 1825, è la prima tragedia nazionale russa: l’opera esprime il desiderio dell’autore di sperimentare un teatro in grado di raggiungere anche la gente comune. La tragedia affronta i rapporti fra sudditi e sovrano, facendo della plebe russa la vera protagonista dell’opera. GOGOL: Romanticismo e realismo di completano vicendevolmente nelle sue opere. Pur elogiando il movimento romantico per avere contribuito a affrancare l’arte drammatica dai vincoli del classicismo, egli sente che è giunto il momento di inaugurare un teatro socialmente impegnato, in grado di smascherare i mali della società contemporanea attraverso il riso. Rivendicando lo scopo originario della commedia, nata per educare con sorriso l’umanità, egli realizza il suo capolavoro Il revisore, 1836, in cui alla magistrale pittura dei caratteri si accompagna una sferzante critica contro il governo corrotto. TOLSTOJ: Favorisce una svolta alla drammaturgia in direzione di un naturalismo etico ed estetico. Per lui, il teatro deve, infatti, contribuire al progresso della fratellanza umana rifiutando la funzione di mero strumento di svago. Deve farsi veicolo elettivo dei sentimenti migliori, espressione autentica del popolo russo e mezzo di divulgazione ideologica presso il pubblico popolare. La funzione pedagogica del teatro fa sì che il suo pubblico privilegiato, almeno nelle intenzioni, sia composto proprio dalla massa di analfabeti che dallo spettacolo deve trarre motivo per sollevarsi dalla sua condizione. Capitolo 9: il teatro dell’inquietudine e del malessere Verso la nascita del teatro contemporaneo la nascita del teatro contemporaneo è situata nel periodo compreso tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nostro. Si sviluppa una sorta di rinnovamento che impronta in se tutti gli aspetti dello spettacolo come illuminazione, scenografia, recitazione e che vede la nascita della regia. Cambiamenti connessi alla crisi dei valori positivisti come la rappresentazione della realtà in teatro. Ci furono diverse reazioni: da un lato si sviluppa un approfondimento delle concezioni naturalistiche che vengono condotte alle conseguenze estreme; dall’altro si ricercano sistemi alternativi di analisi della realtà con un distacco dal naturalismo con la conquista di nuove valenze simboliche in grado di evocare più che riprodurre. Fondamentale è la nascita della regia: in Europa ma soprattutto in Francia, Germania e Russia si sviluppa una figura che assume in sé la funzione coordinatrice di tutti gli elementi costitutivi dello spettacolo, ponendosi come creatore unico e autore dell’evento teatrale. I primi rappresentanti della regia elaborarono teorie relative all’evento spettacolare improntate alla ricerca di un’unità e di un’armonia che fossero la risultante della fusione dei diversi codici spettacolari condizionando tutti gli aspetti della messinscena. In Italia invece la figura del regista si impone con alcuni decenni di ritardo, lasciando sopravvivere il modello della compagnia capocomicale di giro basata sull’eccellenza assoluta del primo attore e su scelte di repertorio basate sulla capacità di farne emergere le soggettive qualità interpretative producendo profitto. Nel resto d’Europa si verifica la fondazione di sale e enti teatrali che si impegnano con autonomia nelle scelte artistiche di repertorio, favorendo così la diffusione di testi difficili e sollecitando la produzione drammaturgica. La messinscena assume importanza a sé, autonoma, indicando suggestioni originali per dare forma e concretezza al simbolo e ai valori ritmici e musicali. Sul versante della drammaturgia si impongono nazioni fino a quel momento relegate come i paesi scandinavi, la Russia e gli USA. Anche la drammaturgia dal punto di vista contenutistico risente della crisi dei valori positivisti. L’interesse degli autori si sposta dalle tematiche tipiche del teatro borghese e salottiero a quelle legate all’analisi della coscienza, con le sue crisi e i suoi drammi, all’inquietudine, al malessere e alla solitudine dell’uomo all’interno della società e delle sue convenzioni. • Il luogo scenico: l’architettura teatrale Gli innumerevoli stimoli presenti nel corso del XX secolo si intrecciano e si integrano, dando luogo ad una vasta gamma di soluzioni originali e spesso contrastanti tra loro e quindi è difficile identificare un percorso lineare ed uniforme. L’avvento della regia comporta la riconsiderazione del concetto globale di spettacolo teatrale. C’era la necessità di coordinare i vari codici e linguaggi spettacolari. Inizialmente c’è il contributo degli esponenti delle avanguardie x quanto riguarda la scenografia e l’allestimento scenico, mentre x quanto riguarda l’architettura teatrale bisognerà aspettare fino al secondo dopoguerra. La cosa più importante è la regia e tutte le varie componenti come illuminazione, scenografia, recitazione, e l’architettura teatrale sembra interessare meno. • Gia si iniziava con la costruzione del teatro in Bayreuth, dove lo spazio scenico aveva subito una riconsiderazione generale: Lo spazio scenico aveva già subito una riconsiderazione con Wagner, Festspielhaus sull’estetica e la funzionalità della sala destinati a incrinare la concezione di teatro all’italiana, ora giudicata non più idonea alle necessità dello spettacolo. Invece sotto il profilo pratico si continuavano a costruire teatri all’italiana oppure si adattavano edifici teatrali già esistenti. • C’è poi Walter Gropius che nel 1927 progettò un teatro totale, di forma ovale che prevedeva una scena concentrica alla zona del pubblico il quale era a sua volta circondato da uno spazio circolare disponibile. Non si riuscirà a realizzarli in tempi brevi. • Altro è il teatro Odescalchi in Roma, ristrutturato dall’architetto e scenografo Virgilio Marchi (pag. 627) unisce attualità a tradizione. La sala viene ritrasformata, largo ingresso, guardaroba, servizi, biglietteria, migliore visuale x gli spettatori con l’inclinazione discendente della platea di 2,5 metri. Il parterre ha poltrone che occupano il minor spazio e sono comode, c’è poi una galleria a gradoni e poi i palchetti lungo i bracci laterali che compongono la galleria. Pirandello dirigerà il teatro subito dopo l’inaugurazione del 1925. C’è poi la triplice conformazione per il golfo mistico, che può assumere l’aspetto di ribalta chiusa con scalinata centrale, o aprirsi con gradinate laterali uscenti a displuvio, o proporsi nelle modalità canoniche che alla curva armonica per l’orchestra, situata nel sottopalco, uniscano due gradinate a compluvio. Le scale permettono la comunicazione diretta fra palcoscenico e platea. Successivamente ci sarà un secondo ordine di camerini ai lati del palcoscenico, dove ci sono i quadri elettrici e le cabine di manovra. C’è poi una scelta cromatica precisa, colori viola e argento, impiegato quest’ultimo x ogni elemento decorativo della struttura e dell’arredo. Questo teatro unisce elementi innovativi (come la galleria in cemento armato e il palcoscenico trasformabile grazie all’uso mutevole delle scalinate) a elementi proprio del tradizionale modello all’italiana. • Ci sono poi gli edifici teatrali a pianta centrale, soprattutto negli USA. Questa disposizione avvicina attori e pubblico, favorendo un’identica visione da ogni punto della sala, senza struttura rigida e fissa, ma risulti attuabile in modo multiforme sfruttando la circolarità e usando una scenografia tradizionale legata ad una fruizione frontale. • Si continua a fare teatro nelle sale all’italiana che spesso subiscono opere di ammodernamento. Si cerca di ricavare il golfo mistico alla base del palcoscenico o a eliminare i tramezzi fra i palchetti in modo da trasformarne gli ordini in galleria. Abolire le separazioni tra palcoscenico e platea, eliminazione di proscenio e sipario, contatto più diretto fra attore e spettatore. Nuovi mezzi di ristrutturazione come cemento armato per elementi architettonici autoportanti. • Anche la scenografia e l’illuminazione si perfezionano tra 800 e 900. piattaforme mobili dei palcoscenici, montacarichi, mentre l’illuminazione affina sempre più le proprie finalità. Nel primo decennio le luci scompaiono dal teatro dai teatri mentre si cerca di raggiungere una vasta gamma di effetti speciali con l’uso di proiettori attrezzati. L’evoluzione della scenografia C’è una concezione registica che persegue sull’essenzialità e la totalità dello spettacolo e la scenografia attua un superamento del naturalismo illusionistico, x privilegiare il simbolico e l’astratto, giudicati più idonei a rivelare l’essenza del fatto scenico. Con il realismo c’è una concezione di un universo teatrale inventato dal gioco della luce e degli spazi, il rifiuto dell’illuminismo con i movimenti d’avanguardia porta ad un rinnovamento della messinscena. La regia e la rivalutazione di tutti gli aspetti che formano l’attore e lo rendono aspetto determinante, portano la scenografia ad un’atre autonoma con l’obiettivo di un teatro sciolto dai vincoli della verosimiglianza. Appia e Craig attuano una rottura con ogni forma precedente di messinscena e la scenografia prosegue la sua ricerca con il rifiuto della mimesi con l’affermazione dell’astrazione e la sostituzione degli oggetti con il loro corrispettivo simbolo. Poi si vuole modificare lo spazio fisico entro cui agisce l’attore, creando una conformazione mutevole e originale del palcoscenico con pannelli, fondali, siparietti e elementi tradizionali. Nascono modelli di scena inediti usando lo spazio sempre in modo diverso. L’attore si esprime meglio in uno spazio grande. La scena si trasforma da quadro in luogo scenico: scena dipinta e scena costruita, scena bidimensionale e scena plastica sono i poli tra cui si articola tutta la dialettica del 900. La scenografia pittorica, con l’evoluzione dell’arte figurativa novecentesca, ha illustri esponenti che danno vita a impianti futuristi, surrealisti, espressionisti, senza connotazione realistica. Tale scuola favorisce una concezione teatrale bidimensionale indirizzata essenzialmente alla fruizione visiva. La scenografia costruttiva teorizza invece una scena antipittorica e sviluppata su 3 dimensioni, verticale, orizzontale e inclinata, sottolinea i valori plastici e la possibilità di realizzare elementi tridimensionali nello spazio in cui si muove l’attore concependo l’evento teatrale in modo dinamico. Grazie all’illuminazione la scena essenziale riesce ad animarsi coniugando tutte le profondità del campo in un unicum suggestivo. Poi c’è l’allestimento di pareti laterali che vengono modificate. • Lo spettacolo: la nascita della regia in Europa Gia nei secoli precedenti c’era una figura variamente attiva nel coordinamento dello spettacolo, ma solo nell’800 assume autonomia professionale cercando di coordinare la messinscena e di interpretare il testo chiaramente, creando l’evento teatrale. Alcuni storici propongono la nascita della regia in relazione con lo storicismo a cui conseguono l’esistenza di reinterpretazione dei classici e ambientazione corretta dei testi. Altri la collegano al clima culturale del naturalismo che sostituisce ai classici lo studio della vita quotidiana. In entrambi i casi il regista si pone come mediatore indispensabile tra attore e pubblico, capace di rispondere alla ricerca di coerenza artisticointerpretativa. Altri collegano la regia all’accresciuta potenzialità tecnologica dello spettacolo e la divisione del lavoro che necessita di una figura che dia un’interpretazione unitaria. C’è anche il crescente interesse degli ambienti teatrali per un certo modo nuovo di fare spettacolo. C’è anche l’evoluzione del pubblico, allargamento socioculturale degli spettatori e la differenziazione della committenza con risposte differenziate con allargamento dei temi e la coesistenza di istanze diametralmente opposte. In Italia la regia nasce più tardi e i termini regia e regista appaiono solo nel 1932 con il linguista Migliorini nella rivista “scenario”. Solo nel 47 con il piccolo teatro di Milano, primo teatro stabile, si parla di regia. La compagnia del duca di Saxe-Meiningen Il duca George II di Meiningen è fra i primi pionieri della regia teatrale e con la collaborazione di Ludwig Chronegk, fa della propria corte il caposaldo di un rinnovamento teatrale che investe tutti gli aspetti del teatro: Inizialmente affianca attori principianti a professionisti, vuole la storicizzazione del testo, con un realismo storicofilologico di scene e costumi, omogeneità artistica, concentrazione delle scene, opposizione al divismo del resto d’Europa. Ricerca di oggetti e costumi autentici x la necessità di verità storica, e la ricostruzioni di elementi architettonici, accessori ecc. Si sostituisce l’approssimazione tradizionale con una precisione storica che riesamina il concetto di spazio scenico. La ricostruzione di interni ed esterni cessa di essere semplice elemento esortativo e diventa funzione dell’azione drammatica. Innovazioni anche all’interno della compagnia come imporre agli attori un metodo di lavoro severo e inflessibile, una disciplina ferrea e rigorosa che comporta l’obbligo alla puntualità e alla presentazione alle prove che si estendono per un periodo lungo, abolisce il concetto di primo attore instaurando la rotazione dei ruoli. Creazione di una messinscena che dia l’impressione di una realtà molteplice e corale. Le comparse sono divise in piccoli gruppi di lavoro ciascuno dei quali fa capo ad una guida che deve istruire e coordinare gli altri. La fase finale comprende una molteplicità di azioni parallele, di episodi secondari e quadri di vita comune che sanno riprodurre la realtà con un maggiore grado di mimesi. Scene con grande carica innovativa, con traiettorie di movimento inconsuete come le diagonali, lo spostamento disordinato delle comparse che sottolinea la spontaneità. Si elimina quindi la staticità. Si evita la tradizionale collocazione dell’attore al centro della scena e di fronte alla buca del suggeritore, e quella di due attori posti in maniera equidistante dalla buca. Poi si eliminano le disposizioni simmetriche, centrali, parallele e rette. Nel 1874 la compagnia inizia una tournée europea fino al 1890. potrà portare in giro i suoi insegnamenti e a figure dello spettacolo come Antoine e Stanislaskij. Ma la sua eredità va oltre i limiti del naturalismo; ci sono i concetti innovativi di scenografia e messinscena, l’idea di regia che orchestra tutto il lavoro, la concezione di movimento come cifra distintiva dell’azione scenica, appaiono elementi della regia del 900 che influenzeranno campi anche non collegati alla poetica realistica. Il théatre Libre di Andrè Antoine e la risposta simbolica 1881 pubblicazione del “neorealismo e teatro” di Zola, dove l’autore prescrive il rinnovamento sostanziale della drammaturgia e della messinscena. X Zola il teatro deve scendere a fondo nell’indagine dell’animo umano e della società prendendo in esame anche gli aspetti più crudi e sgradevoli. Ricerca della realtà con un linguaggio il più possibile vicino alla lingua parlata con una recitazione spontanea e semplice. A questi criteri si ispira Antoine che fonda nel 1887 il Theatre Libre: L’iniziativa pone in scena opere polemiche con tesi contrarie alla morale corrente. Prescrive il rispetto del testo, rifiuta la figura del primo attore a vantaggio dell’insieme, stile recitativo e allestimento della scena che riscuotano l’interesse dei critici, facendo del teatro un luogo di incontro di intellettuali parigini. Gli attori agiscono in scena come se fossero nelle loro case, indifferenti alla presenza del pubblico, intento ad osservarli attraverso l’immaginaria quarta parete che separa palcoscenico e platea. La vita viene ricostruita nella finzione della scena con precisione, tutto è tratto dall’esperienza quotidiana senza enfasi. Antoine ricerca nella realtà gli aspetti più quotidiani. Questo è funzionale all’azione drammatica: la scena infatti condiziona la recitazione degli attori favorendone l’immedesimazione. L’attività del theatre libre si conclude nel 1893 dopo la fallimentare tournèe europea per le troppe spese. Nel 1906 Antoine è direttore dell’Odeon e si dedica all’allestimento di drammi classici, ricercando una corretta prospettiva storica. Con Antoine il teatro si rivolge a un’eltè di intellettuali capace di comprendere le varie innovazioni e di vedere una forma d’arte compiuta. Ora il testo tiene conto delle intenzioni dell’autore cercando di riportare in scena un’atmosfera che superi il mimetismo della realtà per aprire ad una lettura simbolica, antirealistica. Nel 1890 si fonda il Theatre d’Art con il poeta Paul Fort: Opposizione al naturalismo, propone un teatro di poesia fondato sulla parola e sulla lettura interpretativa del testo. La scena non ha più funzione ornamentale ma completa il testo, attraverso analogie di idee e colori, la recitazione invece tende ad esaltare il senso lirico delle situazioni drammatiche. Simile è il theatre de l’Oeuvre di Lugnè Poe, già attore al theatre libre, che crede nel fatto che la parola debba creare la scena da vita ad allestimenti dove la scenografia viene spogliata di ogni elemento realistico per svolgere una funzione puramente emotiva verso il pubblico che partecipa grazie all’immaginazione. Atmosfere smorte, oscure, cadenze vocali degli attori che li rendono presenze impalpabili. Importante anche la luce che allude alla realtà del simbolismo con atmosfere remote e indistinte. La scenografia rifiuta la rappresentatività, recitazione con gestualità stilizzata e vocalità dio andamento musicale, quasi liturgico. L’attore diventa astratto ed evocatore, utilizzando i gesti del teatro delle marionette, indossa maschere e recita con voce monotona e artificiosa. La Freie Buhne e l’Independent Theatre sull’esempio del Theatre Libre nasce in Germania un’istituzione teatrale che segue una via autonoma di ricerca artistica che aspira a maggior libertà dalle impostazioni della censura e dalle esigenze di incasso. Nel 1889 viene fondata la Freie Buhne, scena aperta, teatro che a Berlino sperimenta le idee moderne di messinscena e drammaturgia guidata da un consiglio direttivo con a capo Otto Brahm. La Freie Buhne a differenza del Libre, utilizza professionisti che lavorano presso teatri regolari e che danno vita ad un teatro d’arte. Qui si richiama l’attenzione su nuove opere che rivitalizzano il teatro tedesco e diffondere la conoscenza di testi proibiti dalla censura come quelli di Zola, Hauptmann, Tolstoj, Strinberg, Ibsen, Schnitzler. Si segue l’esempio di Antoine x la concezione degli allestimenti, x la recitazione realista. Si vuole un realistico teatro dell’anima, onestà assoluta e priva di compromessi. Brahm è il primo regista dei lunghi silenzi, delle pause, dell’eco, delle frasi interrotte, dei toni smorzati e della messinscena crepuscolare. In Inghilterra nasce l’Indipendent Theatre, sulle basi del Libre e la Freie Buhne, dal 1891 al 1897 diretto dal critico Thomas Grein organizzato come associazione privata di abbonati x evitare l’intervento della censura e allestisce opere straniere di grande pregio che sono rappresentate la domenica da attori professionisti. Nuova era per il teatro inglese e fa conoscere le tendenze dell’attuale teatro europeo con una produzione più vitale e interessante da parte dei drammaturghi. I balletti russi Nel 1909 arrivano a Parigi i balletti russi diretti da Sergej Diàghilev portando una vera rivoluzione. Principali eventi nella storia dello spettacolo del primo 900, si impegnano i migliori coreografi e i più apprezzati musicisti e pittori dell’epoca. Inaugurano una danza antiaccademica con il rifiuto delle forme della tradizione e un’attenzione x il ritmo e la libera espressione del danzatore, ponendo le basi x la nascita della danza moderna. Anche la danza subisce tra la fine del XIX sec e l’inizio del XX una trasformazione soprattutto con Isidora Duncan e JaquesDalcroze. Ispirata dall’ideale greco di armonia e negando valore alla danza tradizionale che fa muovere il corpo in modo innaturale, la danzatrice americana Isidora Duncan trasforma la danza in arte della piena espressione dell’emozione e delle immagini interiori. Propone la liberazione dell’espressività corporea individuale facendo si che le movenze riproducano emozioni e passioni. Ricerca della naturalezza. Elimina i passi e le posizioni canoniche del balletto, senza regole scritte ma dettate solo dalla musica. Poi c’è lo svizzero Dalcroz che fa una ricerca scientifica sulle possibilità del movimento. corrispondenza tra attività interiore ed esteriore, si scopre nel corpo l’armonia del ritmo correlata con quella della vita interiore, si pone il movimento alla base dell’arte scenica affidando all’interprete il compito di fondersi con la musica e lo spazio. Importanza assume la ginnastica ritmica. Collaborerà poi con Appia per trasformare i suoi esperimenti in un espressione plastica degli elementi musicali attraverso il corpo umano. La compagnia di Diàghilev mette a punto una poetica e una prassi che accoglie le nuove inquisizioni x rielaborarle in un unicum caleidoscopico e evocativo, dove danza, musica e arti figurative si fondano entro una forma moderna e completa di spettacolo teatrale. I balletti russi creano figure originali e adeguate all’argomento che fornisce il tema al ballo: danza e mimica sono al servizio dell’azione drammatica e rifiutano facili effetti, utilizzando tutte le risorse del movimento corporeo. Le coreografie sono di Michail Fokin hanno espressività x tutto il gruppo. Totale libertà del musicista e dello scenografo è pari a quella del danzatore, integrando le singole componenti artistiche. Esempio sono l’uccello di fuoco, 1910, Petruska 1911, con musiche di Stravinskij, il pomeriggio di un fauno 1912 con musiche di Debussy. Costumi e scene vivaci e colorate e i motivi riflettono lo stato d’animo e i temi musicali. La teoria della messinscena Importante per il rinnovo della messinscena fu Adolphe Appia che si ispirò a Wagner e alla teoria dell’opera d’arte totale fondata sulla fusione di parola, musica e danza. Appia elabora una riflessione sul rapporto tra musica e messinscena. Sa che si deve dare unità alla rappresentazione teatrale. L’attore si muove entro uno spazio tridimensionale costituito da scenografie dipinte secondo modalità bidimensionali, cosi si adottano elementi scenografici tridimensionali e si usa la luce x sottolineare l’atmosfera. La pittura in scena dev’essere sostituita dalla luce. Poi suggerisce una disposizione di forme spaziali evocatrici x gli allestimenti per dare più risalto al movimento dell’attore. La musica affianca gli altri elementi con un contributo essenziale. X Appia si devono affidare le sorti del nuovo spettacolo alla figura demiurgica del regista e a prevedere l’abbandono del testo drammaturgico a favore di una scrittura corporea che esalti il ritmo e la musica creando spazi ritmici. Anche l’inglese Craig si dedica allo studio dello spazio scenico. Pensa ad una riforma tutta interna al teatro e alle sue leggi x individuare nel passato gli elementi di maggior vitalità e efficacia x la scena contemporanea. X Craig il teatro è visione, contemplazione che porta alla conoscenza, arte pura prodotta da un solo artefice. Si basa sull’uso dell’illuminazione realizzando suggestioni visive con scenografie mobili con pannelli che formano architetture e delimitano gli spazi in grado di muoversi e trasformarsi insieme agli attori e alle luci. X lui l’arte del teatro è fatta di gesti, parole, linee, colori, ritmi musicali, indipendentemente dal testo. Nega il ruolo dell’attore tradizionale, ipotizza una supermarionetta, attore senza personalità che soddisfa tecnicamente ogni richiesta del regista senza avere capacità proprie. L’attore non deve più dar vita al personaggio ma rappresentarne l’essenza ricorrendo ad una gestualità simbolica. Si uniscono cosi meccanica e perfezione artistica. A inizio secolo il teatro è quindi in grado di rinnovare i suoi elementi costitutivi e si interroga sulla sua funzione sociale. Cosi lavora George Fuchs che applica alla messinscena il principio della stilizzazione e teorizza un teatro che esprima le esigenze dell’uomo moderno. Piu basato sull’azione mimica, si favorisce l’aspetto rituale. Il teatro d’arte di Mosca e il metodo Stanislaskij Anche in Russia c’è bisogno di un testo rappresentato nell’insieme. Alla situazione che si presentava fino a quel momento si opposero Stanislavskij e Dancenko che contrastavano l’arretratezza con la costruzione a Mosca del teatro d’atre ne 1898 con la messinscena di Zar Fedor Ivanovic di Tolstoj. I due si occupano sia dell’aspetto artistico che di quello organizzativo, Stanislavskij più sulla recitazione e sulla regia, come attore e direttore di produzione, e Dancenko più come drammaturgo e consulente letterario. Il loro programma consisteva nel mantenere una disciplina rigida fra gli attori della compagnia x creare un gruppo omogeneo. Più o meno erano 40 persone, si aboliscono i ruoli con un criterio di rotazione, allestimento degli spettacoli fondato sull’attenzione x i dettagli realistici. L’attore si muove con naturalezza, a volte anche con le spalle verso la platea. La consacrazione avviene con la messinscena del gabbiano di Checov con regia di Stanislavskij che valorizza i vari significati che ci sono nel mondo quotidiano. Negli anni seguenti il teatro d’arte diventa un’istituzione nazionale con compagnia stabile con oltre 300 persone. Molte turnèes, soprattutto negli USA. Stanislaskij mette a punto un metodo di recitazione trova nei suoi scritti, la mia vita nell’arte, 1924, il lavoro dell’attore su se stesso , 1936, il lavoro dell’attore sul personaggio , 1961, un’ampia e dettagliata trattazione teorica. Secondo Stanislaskij gli interpreti x sviluppare le loro capacità dovevano superare il semplice processo imitativo, facendo riferimento costante alla propria personalità. Attraverso un metodo fondato sulla psicotecnica e sulla perfetta conoscenza delle norme della recitazione. L’attore deve cercare entro se stesso la molla per dar vita ai personaggi secondo un atto di pro-creazione. Partendo dalla conoscenza del proprio io privato l’attore deve giungere a sviluppare l’io creativo che poi produce l’io personaggio. L’attore cosi risulta credibile e vero. Il testo drammaturgico dato, dopo aver sollecitato l’attività immaginativa dell’attor, deve essere congelato. Dall’attività immaginativa, prima particolare poi generale, nasce il sottotesto, cioè ciò che si può supporre stia prima e dopo la vita scenica del personaggio stesso illustrata dal testo che comprende il vissuto all’origine della parola scritta. L’attore x ricostruire la vita del personaggio dovrà ripercorrere il processo che l’autore ha seguito per crearlo e utilizzare la propria memoria emotiva, stabilendo analogie tra lui e il personaggio entro un continuo scambio vitale. L’attività immaginativa si precisa eliminando ciò che è inutile. Si forma poi un sottotesto sul quale si fondano le ragioni interpretative dell’attore. Solo qui si può ritornare al testo che sarà personalizzato. Cosi si rivoluzionerà la prassi solita teatrale dell’800. Le avanguardie storiche I principali movimenti d’avanguardia sorti in Europa e i Russia nei primi decenni del 900 influenzarono anche le scene teatrali con una grande varietà e vastità di teorie dalla quale nacquero varie riflessioni teoriche e pratiche elaboarate. Il futurismo Nasce nell’arte letteraria e figurativa, è la radice significativamente innovativa con la coniugazione continua di teoria e sperimentazione, al futurismo si possono ascrivere le prime rivoluzioni del concetto tradizionale di spettacolo. Rifiuto della tradizione e della prassi naturalistica, è un’ideologia politica ispirata ad un individualismo al tempo stesso anarcoide, populista e antidemocratico, prodotto in un pensiero politicamente confuso e ingenuo, i futuristi perseguitano la rifondazione di comunicazione teatrale. Attenzione sulla relazione essenziale che si sviluppa fra testo, attori e pubblico per recuperare i vari valori di ogni componente e il senso globale dell’interrelazione fra gli elementi. Rifiuto della tradizione scenica si accompagna un’elaborazione teorica e una sperimentazione scenica nuova, che agisca sugli spettatori rendendoli consapevoli di ciò a cui stanno partecipando. Questo nuovo ruolo del pubblico è una grande novità del futurismo. Una prima dichiarazione della nuova estetica futurista appare nel 1909 con Tommaso Martinetti, caposcuola e fondatore del movimento. preciserà il suo programma con vari manifesti, tra i quali il manifesto dei drammaturghi futuristi del 1911, il teatro di varietà del 1913, la raccolta di pièces teatro futurista sintetico del 1915, e il teatro della sorpresa del 1921, che sono accompagnati da studi e documenti. Si auspica un teatro non più lento e analitico ma meraviglioso, fulmineo e meccanico, capace di eccitare, stupire, provocare e spiazzare lo spettatore, emozionandolo e coinvolgerlo. Lo spettacolo dev’essere veloce, scatenare emozioni, simultaneo cioè compresenza di musica, poesia, danza e arti visive, poi sintetico x mantenere vigile l’attenzione e mandare un messaggio rapido e coinciso. Si prende a modello il teatro di varietà per la sua condotta scenica e la rapidità dei contenuti. Si organizzano le serate futuriste, nelle quali vengono applicate le direttive del movimento. vanno avanti fino agli anni 20 con elaborazioni drammaturgiche brevissime. Ad esempio in detonazione del 1915 del poeta Francesco Cangiullo la scena mostra una stradina solitaria di notte: poco dopo si ode uno sparo e subito cala il sipario. In le basi del 1915 di Martinetti, il sipario resta alzato x tutta la durata dello spettacolo solo quanto basta x mostrare le gambe degli attori. Cosi l’attenzione degli spettatori viene richiamata su singoli elementi che divengono anonime convenzioni. Dopo gli anni 30 l’interesse inizia a declinare, ma si continuano sperimentazioni in tutta Europa. Il futurismo da grande talento scenografico e scenotecnica con artisti come Giacomo Balla, Enrico Trampolini. Si ricorda poi lo sviluppo e la diffusione del futurismo in Russia, soprattutto con Majakovskij. Il costruttivo a teatro Tra il 1915 e il 1930 si sviluppano in Russia alcune correnti artistiche che studiano i meccanismi della comunicazione. Dopo la rivoluzione d’ottobre del 1917 ci sono cambiamenti nel panorama teatrale, la politica teatrale passa sotto il controllo del commissariato per l’educazione del popolo che incoraggia lo sviluppo del teatro di sperimentazione. Si possono ora diffondere formule teatrali inedite mutate dalle sperimentazioni d’avanguardia. Una è il costruttivismo, in arte simile all’astrattismo e al formalismo, fondato nel 1913 da Vladimir Tatlin, scultore e scenografo, con l’aiuto di Vsevolod Mèjerchol’d. si integra l’esaltazione del progresso e della tecnica, di matrice futurista, elaborazione con principio meccanico. Il teatro e l’attore stesso non sarebbero altro che meccanismi di un più complesso ingranaggio e sarebbe dunque sufficiente conoscere il principio che li muove per riuscire a governarli. Condanna del teatro naturalista. X lui, gli attori proprio in quanto macchine, suscitano una risposta emotiva automatica nel pubblico a seconda dei movimenti che compaiono in scena. Ogni movimento fisico corrisponde ad una particolare emozione. Fonda la teoria dei riflessi tecnici ed emotivi, ad esempio per suscitare gioia è necessario che l’attore comunichi, anziché attraverso i moduli consueti, attraverso il riflesso fisico corrispondente, ad esempio x il sorriso un salto mortale. E’ il principio della biomeccanica, è richiesta agli attori la capacità negli esercizi ginnici e acrobazie durante gli spettacoli. Abbraccia poi il processo creativo dell’attore che deve imparare a controllare l’apparato dei propri mezzi espressivi indipendentemente dalle condizioni del momento, grazie ad un costante allenamento fisico. Anche l’allestimento scenico deve essere meccanico con nuove costruzioni praticabili e a elementi mobili anche Alexander Tairov contribuisce alle teorie del costruttivismo. Allestisce spettacoli con composizioni geometriche, lavoro nell’insieme x aiutare la comunicazione dell’attore con luci o colori. Anche qui l’attore dev’essere allenato e preparato fisicamente. Al regia spetta la coreografia, garantire l’unità dello spettacolo e sviluppare le doti di ogni artista. Il testo è invece lo spunto x lo spettacolo, che puo essere solo un oggetto fonico in mano al regista. Dadaismo, surrealismo e teatro della crudeltà Nel 1916 un gruppo di artisti e dissidenti politici fonda a Zurigo un movimento artistico provocatorio, il dada, principale esponente è Tristan Tzara. Si denunciano gli stereotipi dell’umanesimo e dell’arte ottocentesca, reclamandoli diritto all’innocenza, all’ambivalenza e all’irritazione in nome della spontaneità, atteggiamento di rifiuto totale nei confronti dell’estetica e della cultura del tempo. Il programma dadaista sostituisce i tradizionali valori di armonia, un’espressione artistica profondamente anarchica che crede nel caos e nella dissonanza, e per il teatro prevede illogicità e dialogo costantemente iterato. Esposte in 7 manifesti tra il 16 e il 20 le tecniche spettacolari, x il teatro prevedono brevi azioni spettacolari, spesso danzate, dove l’autore stesso sia interprete del proprio testo realizzate in teatri, gallerie d’arte o musei, in una sorta di teatro-festa, di contatto vivace e provocatorio con il pubblico. effetti grotteschi e umoristici, esibizione di oggetti quotidiani o inconsueti, privi di rapporto logico con il contesto, oscenità verbale, maschere ispirate alla cultura africana, gesti vitali e sacrali. Il dadaismo è un’analisi distruttiva del mondo contemporaneo, il surrealismo sviluppa invece in positivo i temi principali con un programma artistico. Primo manifesto è del 24 firmato da Andrè Breton che è diffidente verso il teatro che vede come esibizione di ciò che non dovrebbe essere esibito. In seguito c’è una cauta accettazione dello spettacolo se si oltrepassa il reale e la logica quotidiana per una più autentica formula espressiva identificata con la vita dell’inconscio, unico spettacolo ammesso. Antonin Artaud elabora una formulazione estetica sul teatro, scrive il teatro e il suo doppio nel 38, mette in campo il concetto orientale di teatro-rito cioè uno spettacolo come espressione autentica della vita di un popolo rinnegando i processi logici propri della nostra tradizione x esaltare un teatro in grado di intervenire sull’animo umano procurando al pubblico un’esperienza magica e liberatoria. Da qui cerca di codificare il teatro della crudeltà che colpisce con impulsi irrazionali il pubblico e gli attori. L’attore diventa poi capace di travalicare la barriera opposta dalla ragione per entrare nell’inconscio del pubblico che partecipa emotivamente guardando dentro di se e scatenando una liberazione. X lui il teatro crudele deve porre a confronto lo spettatore attraverso l’impiego di tutti i mezzi espressivi con energie cupe e dolorose. Espressionismo L’espressionismo manifesta il proprio contenuto ideologico nel teatro. E’ la negazione di ogni possibilità comunicativa e opposizione ai valori della società industrializzata. Nasce in Germania nel primo decennio del secolo, porta sulla scena teatrale il disagio dell’uomo contemporaneo privo di determinazione costretto in un mondo meccanico a lui estraneo. Deformazione grottesca: l’elemento bestiale sopraffa quello umano. La verità è giudicata soggettiva e le linee si distorcono e diventano abnormi, i colori inquietanti, i movimenti procedono a scatti e in modo meccanico. Si vuole trasportare il pubblico aldilà delle apparenze positive della realtà. I personaggi della scena espressionistica smarriscono qualsiasi connotazione individuale e si muovono senza alcun apparente sviluppo psicologico, privi di personalità, senza recitazione naturale, rifiuto dei mezzi toni, recitazione non comunicativa, enfasi, grida, gesto puro, l’elemento verbale smarrisce rilievo a favore di movimento, spazio, luce e colore. La scena italiana: verso la nascita della regia L’Italia è ancora estranea al rinnovamento che c’era negli altri paesi europei e che avevano portato alla nascita della regia. In Italia c’erano ancora le compagnie di giro e la figura del direttore. L’arredo scenico dipende dalla dotazione personale del trovatore o dall’iniziativa del direttore della scena. Ai costumi provvedono gli attori personalmente, attingendo al loro corredo. Fondata su una tecnica interpretativa affidata all’istinto e alla personalità del singolo interprete, la tradizione all’antica italiana sembra trovare il suo grande esponente in Ermete Zacconi. Per lui la maestria dell’attore è legata alla forza della recitazione vocale sottolineata dall’enfasi e dalla potenza retorica. Fedele al vero in ogni dettaglio, cerca di riprodurre sulla scena le patologie dei personaggi che interpreta e la degradazione dell’essere umano. Dotato di grande talento, vasto repertorio, si dimostra indifferente verso una concezione globale dello spettacolo. La modalità tradizionale di concepire lo spettacolo presto diventa inadeguata alla nuove esigenze. All’estero però gli attori italiani sono elogiati x la loro naturalezza e le doti artistiche. Le nuove riflessioni sembrano propendere verso l’esclusione dalla scena dell’attore di tradizione considerato inadeguato ad esprimere a cui aspirano i movimenti d’avanguardia. L’attore deve scegliere con maturità la sua professione. Il nuovo professionista della scena dev’essere colto, di famiglia borghese, stile recitativo controllato, superare la tecnica recitativa del tempo e dev’essere capace di scavare psicologicamente. Alcuni esempi di attori non insensibili al nuovo corso del teatro dagli ultimi decenni dell’800 fino a metà 900 saranno Virgilio Talli, Ruggero Ruggeri e Eleonora Duse. Talli: tra i precursori della regia nel teatro italiano, attore e direttore di importanti compagnie, si distingue x l’impegno nell’orchestrazione dello spettacolo. Esponente di una nuova figura professionale, sembra chiudere un’epoca per aprire la strada ad un modo nuovo di fare teatro, con una visione dello spettacolo unitaria curata nel dettaglio e mediata con precisione su tutti i piani; dalla scelta del repertorio, cura dei personaggi, estensione temporale delle prove, controllo della recitazione, della direzione, ricerca della verità e approfondimento del testo, Talli intuisce l’importanza della regia. Ruggeri: proviene dal ceto borghese, giunge a teatro x una scelta personale, lavora nella commedia borghese, nei drammi dannunziani e pirandelliani. Stile interpretativo razionale e misurato, non lascia spazio a slanci di eccessiva passionalità, profondo percorso verso la comprensione del personaggio. Cura e meticolosità nella direzione della compagnia e nell’allestimento scenico dei testi indicano l’interesse di Ruggeri verso un teatro che vuole riguardare il ritardo accumulato nei confronti degli altri paesi. Duse: convinta della necessità di una compagnia e di una messinscena funzionali al mattatore, la Duse è considerata la maggior interprete del teatro italiano del primo 900. Si impegna a favore di un rinnovamento dello spettacolo, sconvolge una funzione di aperta opposizione alla tradizione precedente pur assumendo a volte atteggiamenti contraddittori. Da un lato restringe il suo repertorio e un piccolo nucleo di drammi,passivamente opponendosi alla nuova drammaturgia, dall’altro lato contribuisce a demolire le tradizioni pedagogiche degli attori all’antica maniera rifiutando i prodotti delle scuole di recitazione recentemente istituite. Da quando assume responsabilità di capocomico dimostra interesse per la concentrazione dello spettacolo interpretando le intenzioni del drammaturgo con cura della scenografia e l coordinamento delle singole interpretazioni attoriali entro un complesso accordato. Altra figura importante è D’Annunzio che si pone fra i primissimi propositori di un teatro di regia. Lui intuisce la possibilità di superare la banalità e la monotonia proprie della prassi scenica coeva per dare luogo alla concezione di un teatro inteso in termini eminentemente visivi, spettacolosi e scenografici, implicati nella sua drammaturgia e nell’opera sua poetica e narrativa. Trascura il riduttivo travisamento a cui va incontro il testo drammaturgico nell’atto della trascrizione scenica operata secondo una tradizione ormai priva di ogni vigore creativo, cosi si fa artefice unico del suo teatro. Vuole arricchire lo spettacolo con più ampie visioni e inaugura la sperimentazione di un linguaggio scenico capace di coniugare una composizione interna più ricca e mossa con maggior omogeneità e unitarietà dell’esito complessivo. Nuovo utilizzo dello spazio scenico arricchendo le valenze comunicative dello spettacolo integrando l’impiego del linguaggio con il supporto di altri linguaggi come musicale, pittorico, plastico e coreografico. Cosi conferma l’intenzione di volersi collegare all’esperienza di altri paesi europei, con un teatro proteso verso una visione quasi mistica, spesso sfumata e incerta nei suoi contorni, teatro che necessita di spettatori e artefici nuovi con una concezione diversa del fare e fruire teatro. Collabora al progresso tecnico del teatro italiano. Nonostante le incertezze e gli errori, D’Annunzio inaugura la regia teatrale in Italia. le tracce più significative sono nel suo agire materiale, dal suo impegno di proto-regista e allestitore, dalla sua sperimentazione che è servita a quelli dopo di lui. Ad esempio Luigi Pirandello, impegnato nella direzione artistica di compagnia, si fa interprete di se stesso, fornendo sulle scene e negli scritti, la chiave della sua opera drammaturgica. Il debutto registico avviene nel 1925 con la direzione del teatro d’Arte, si muove con un livello di comprensione totale dello spettacolo prendendo parte attiva alla radicale ristrutturazione dell’Odescalchi, con una propria compagnia stabile in un’azione di rinnovamento dei moduli interpretativi tradizionali e trasferendo nella sua produzione il frutto dell’esperienza di palcoscenico. Molte didascalie completano i suoi testi, tende a costruirsi in forma di scrittura scenica; attente ad ogni parte che forma lo spettacolo, le didascalie rivelano nell’autore un crescente interesse per la regia e una traccia incancellabile della sua appassionata sensibilità di uomo di scena. Vuole dare il suo contributo al rinnovamento del teatro, soprattutto per la funzionale fusione tra parola drammaturgica e linguaggio scenico nelle sue diverse componenti scenografiche, costumistiche, illuminotecniche, recitative e gestuali. C’è anche il problema della recitazione che risolve con tecniche nuove e innovative rispetto alla tradizione e alla scuola naturalista, come la tecnica della finzione interpretativa. I due diedero vita a due nuovi stili recitativi diversi fra loro. Per D’Annunzio le esigenze poste dal teatro di poesia sembrano disinteressare gli strumenti tecnici di cui si servivano gli attori, chiese loro di ricercare nella melodia del verso, nella cantilena estatica, e nell’alternanza dei ritmi, una chiave interpretativa originale. Pirandello mostra analogie con il metodo di Stanislaskij proponendo uno stile discreto, restio ai facili effetti, ricerca di approfondimento psicologico dei personaggi, capace di penetrare nella coscienza. Pirandello è meno innovativo rispetto a Dannunzio, ma fa un lavoro drammaturgico più organico nei confronti della cultura borghese. La drammaturgia: • i paesi scandinavi Rimasti per secoli esclusi, conoscono uno sviluppo della cultura teatrale solo dai primi anni dell’800 e nel 1827 ci fu l’inaugurazione di un importante teatro a Cristiania (attuale Oslo) con un repertorio ricalcato sui più diffusi generi drammatici francesi dell’epoca, dalla commedia brillante, al dramma storico e al vaudeville. • Ibsen: Una drammaturgia originale si vede con Henrik Ibsen, massimo drammaturgo norvegese, che fonda un modello determinante non solo per la successiva tradizione scandinava ma per il dramma moderno dell’intera Europa. Si forma nell’ambito del teatro norvegese di Bergen dove ricopre la carica di dramaturg, e del teatro di Cristiania di cui fu direttore artistico. Individua la possibilità di rinnovare il repertorio in senso nazionale e panscandinavo, da qui nasce la sua produzione giovanile composta in versi misti e prosa, costituita dai drammi storici scritti tra il 1851 e il 1864, ricordando i pretendenti della corona del 1863. il governo gli da la possibilità di viaggiare dedicandosi allo studio dell’atre, della storia europea, in modo da maturale una personale poetica, sorta di esilio volontario tra Italia e Germania, tra il 1865 e il 1867 si dedica alla composizione di due elaborati poemi drammatici, dove approfondisce l’esplorazione della psicologia umana sperimentando variazioni continue di motivi e toni espressivi e muovendosi nella più completa libertà. • Primo dei due lavori è Brand, poema drammatico, è la storia di un pastore protestante che cerca l’ascesa verso l’assoluto ma calpestando gli affetti e giungendo alla solitudine e all’autodistruzione quando scopre che Dio è carità e lì risiede l’amore del buon cristiano. La parabola di Brand verso la solitudine assoluta è svolta attraverso una tecnica che si avvale di domande senza risposta, pronunciate dal personaggi. Interrogativi che si trasformano in atti di accusa, e questo si farà anche nell’opera successiva. • Secondo lavoro è Peer Gynt, del 1867, qui esplora una zona emotiva antitetica rispetto al Brand, seguendo il suo personaggio, un folletto mitologico, in ogni avventura, che è affascinato dal piacere della vita dissipata, dalla gioia che non concede spazio a rimorso e ripensamento, fino al ritorno a casa del protagonista che trova ad attenderlo la sua amata. È un dramma a stazioni, cioè fatto di episodi isolati che si susseguono. La pubblicazione del poema è accolta sfavorevolmente dalla critica infastidita dalle varie allusioni satiriche al costume coevo del paese, e che nega ogni valore poetico al testo. Infatti sarà rappresentata vent’anni dopo la sua pubblicazione. In risposta Ibsen dichiara di voler inaugurare un nuovo tipo di produzione, borghese e contemporanea, vuole darsi alla fotografia, chiarendo i punti cardine della sua produzione drammatica: si orienta verso un implacabile scandaglio della coscienza del personaggio, evidenziando i conflitti psicologici innescati nell’individuo dalla necessità di sottostare al complesso di convenzioni sociali rigidamente stabilite che ci sono nel modello di vita borghese dell’800. affronta cosi i problemi sociali dell’epoca, rappresentando l’animo umano nella lotta per l’affermazione della propria autentica natura contro le regole del vivere comune. • Questa poetica trova applicazione ne le colonne della società del 1877, e soprattutto in casa di bambole del 1879, testo scandalo che fa conoscere Ibsen in tutta Europa e che è considerato esempio di protofemminismo. Protagonista è Nora, signora borghese, moglie e madre, esibita dal marito come una bambola, deve attenersi alle decisioni che i marito prende per lei. All’inizio paga un debito contratto per aiutare in precedenza il marito, di nascosto da lui. La situazione poi precipita quando l’usuraio la ricatta minacciando di denunciare il suo illecito. Nora è quindi divisa tra il terrore che il marito scopra tutto e la certezza che il marito dovrà capirla. Invece il marito la rimprovera, minaccia di toglierle i figli, salvo poi pretendere di far tornare tutto come prima quando l’usuraio rinuncia al suo riscatto. Nora apre gli occhi e lascia il marito andandosene per cercare se stessa. Finale tipicamente ibseniano, con i protagonisti che chiariscono la loro condizione e prendono le decisioni. Ci fornisce la condizione della donna nella famiglia borghese dell’800, ma è soprattutto incentrato sulla psicologia della donna. • Del 1881 è Spettri, altro dramma scandalo, per l’argomento i cui si illustrano gli esiti devastanti della sifilide ereditiera in una famiglia e perciò viene anche censurato. Conferma le teorie naturaliste sul teatro ed è il testo simbolo per Antoine. Il giovane Osvald è malato senza saperlo di sifilide, trasmessagli dal padre. La madre pur sapendo della condotta del marito, per rispetto delle convenzioni vuole dedicargli un asilo. Osvald è innamorato della sorella illegittima, figlia di una cameriera. Il suo corteggiamento è uguale a quello che c’è stato tra i suoi genitori. Alla fine l’asilo brucia,. Osvald muore e accusa la madre di non aver saputo reagire prima al comportamento del padre. Il vero personaggio ibseniano è la madre, persona matura che in nome delle regole borghesi sacrifica le sue convinzioni morali e pensa di poter vivere nel compromesso, ma il passato ritorna. Il presente è una conseguenza del passato e le cose che avvengono in scena non avvengono li ma sono accadute prima. • Negli anni successivi si concentrerà sulla psiche e sulle ossessioni personali degli individui. Soprattutto negli anni 80 con l’anitra selvatica 1884, casa Rosmer 1886, Hedda Gabler 1890, dove i protagonisti sono spiriti turbati, esseri miserevoli e spesso ignobili, tutti sconfitti dalla vita. • Ne l’anitra selvatica un intellettuale fallito rivolge le sue frustrazioni sulla sua famiglia, imponendo una severità esagerata. Da parte sua non fa niente di utile tutto il giorno. La sua occupazione principale è prendersi cura di un’anitra selvatica che ha raccolto ferita e ora tiene prigioniera in soffitta e con la quale gioca ad una caccia immaginaria in una deliberata confusione tra fantasia e realtà. L’anitra è il corrispondente simbolico dell’esistenza del protagonista. Ora introduce nel dramma elementi simbolici, tra la psicologia del personaggio e le loro azioni e gli oggetti di loro proprietà. • In casa Rosmer parla dell’impossibilità di conciliare moralità e istinto, dove c’è un pastore protestante che cerca l’ascesa, ha una storia con una bella e passionale governante. Il passato ritorna tramite i sensi di colpa verso la moglie di lui che si è suicidata sapendo della tresca. I due amanti si distruggeranno a vicenda. • Con Hedda Gabler, mette in scena la vita di un’affascinante donna, che vive nella speranza di una vita di belle imprese e che vive nel mito del padre. La realtà però le riserva il matrimonio con un uomo mediocre, che l’ha annoiata e delusa. L’incontro con un vecchio spasimante le da la possibilità di vivere grandi passioni. Viene poi delusa anche da lui a Hedda non rimane che soddisfare di persona il suo sogno eroico, togliersi la vita con la pistola del padre. Il conflitto è solo interiore, psicologia oscura e inquietante della donna che si auto distrugge per non soccombere a un mondo che disprezza. • Ne la donna del mare del 1888, c’è un lavoro diverso. Offre un apparente lieto fine, in quanto la protagonista che desidera evadere dal piccolo mondo andandosene per mare, abbandona il progetto consapevole della vanità dei suoi sogni. Anche lei rimane un personaggio sconfitto che si adegua alla vita rinunciando ai suoi ideali. • negli anni 90 il protagonista di Ibsen è il self made man, che rinuncia agli affetti per elevare il suo status e che si piega agli interessi economici. I drammi del periodo sono il costruttore Solness 1892, John Gabriel Borkman 1896, quando noi morti ci destiamo 1899. Si afferma il suo successo, torna sulle condizioni sociali dei suoi eroi borghesi, con il self made man. Anche qui il passato torna con sensi di colpa per il male fatto ad altri e a se stessi. C’è anche una modifica della scrittura, che si arricchisce di significato, di echi simbolici, cenni autobiografici, specie nel conflitto fra vecchi e giovani, sia per la conquista del potere che per l’affermazione di una diversa concezione della vita. In tale prospettiva rientra anche il piccolo Eyolf del 1894, dramma sull’educazione di un fanciullo, diviso tra madre e padre, destinato a sottolineare, con una morte accidentale per annegamento, come l’apparente vocazione pedagogica dei genitori fosse un alibi per coprire le bassezze e i fallimenti di entrambi. Dopo il 1899 la produzione di Ibsen si arresta a causa di un colpo apoplettico che annulla le sue capacità intellettive. Ha introdotto un nuovo modello di scrittura per il teatro. • August Strindberg: altro innovatore nel panorama drammaturgico è lo svedese Strindberg. Dopo drammi di carattere storico, composti tra il 1869 e il 1882, si accosta al naturalismo, con ascendenza autobiografica e senso di crisi esistenziale, che portano ad un rinnovamento dei contenuti. Nascono cosi i suoi drammi naturalistici. Temi fondamentali sono lo scontro uomo donna per la sopraffazione psicologica nella famiglia e nella società, la crudeltà e l’ipocrisia dei rapporti umani, il conflitto tra ansia religiosa e conoscenza razionale, nell’impossibilità di raggiungere una verità universale valida. Testi con profondo pessimismo, feroce misoginia, le donne sono prive di coscienza, dotate di intenzioni diaboliche, che mirano alla distruzione delle energie dell’uomo. Testi esempio sono i camerati del 1888, creditori del 1888, il padre 1887. • Ne il padre c’è la vicenda di annientamento psicologico dove la protagonista femminile riesce a strappare la tutela della figlia al marito insinuando il dubbio della paternità e riuscendo a farlo dichiarare pazzo. Temi conflitto uomo donna e ipocrisia della società. I personaggi raggiungono profondità inaspettate, ossessioni, allucinazioni. • Ne la signorina Giulia c’è il conflitto uomo donna, e l’opposizione tra le classi sociali. È la storia di una giovane nobildonna che in un momento di delirio sensuale, si concede ad un servo ma in seguito si vergogna al punto di uccidersi. Scandaloso e ottiene la messinscena solo in una sala privata, ma di graditissimo successo in Francia. Impianto di tipo naturalistico. • Sulle tecniche dell’analisi scientifica della realtà e sui risvolti della psiche umana lavora ancora per anni, con la composizione di numerosi drammi brevi e atti unici tra cui paria, samun, scherzar col fuoco, amore materno. L’esperienza sviluppa in Strindberg la convinzione dell’inadeguatezza del dramma naturalistico a smascherare i meccanismi del reale, e della necessità di una sperimentazione che sia formale. Da qui il lungo periodo di silenzio artistico che coincide con la sua crisi personale a inizio anni 90, con un conseguente trasferimento in Francia e Austria che gli consentono di accostare la cultura simbolica e l’espressionismo pittorico di Edvard Munch. Concezione di un mondo governato da misteriose forze capaci di dominare a loro discrezione l’individuo, manifestandosi solo attraverso fitte reti di corrispondenze nella realtà sensibile. • Dal 1898 c’è un’arte teatrale che prescinde dalle convenzioni e dalle tematiche del dramma borghese, per sperimentare molteplici stili. Da qui segue una scenografia essenziale, attenta alle suggestioni simboliche, con atmosfere cupe e grottesche, assume rilievo il potere evocativo della parola e del gesto dell’attore che porta sulla scena il dramma tutto interiore dei personaggi contraddittori che confondono sogno e realtà. Sulla scena esiste un unico soggetto, il protagonista di una vicenda interiore con episodi tematicamente distinti e autonomi fra loro. • Esempio è verso damasco, opera in tre parti composta tra il 1898 e il 1901. allegoria dell’uomo in pellegrinaggio verso la verità fondata su un intreccio a stazioni, senza legami logici di causa ed effetto. Valore dato dalla presenza di un personaggio, lo sconosciuto, indeterminato dal punto di vista fisico, psicologico, sociale. Nelle varie tappe si sdoppia nei diversi personaggi del mendicante, medico, qualcuno, assumendo differenti identità psicologiche. • Dopo un ritorno al dramma di conflitto psicologico tra uomo e donna con danza di morte del 1901, l’incubo e l’allucinazione dominano in un sogno del 1902, con flusso continuo di immagini e dissolvenze che seguono un procedimento simbolico. I personaggi sono figure simbolo prive di nome, e il tema principale è la compassione per la miseria della condizione umana, condannata all’alienazione. • Tornato in Svezia scrive nuovi progetti, per una rinascita spirituale e religiosa del popolo nordico. Compone drammi storici ispirati a soggetti nazionali, come Gustavo Vasa del 1899. vuole creare un teatro religioso, e lo fa con avvento del 1899 e pasqua del 1900. • Inaugurazione a Stoccolma nel 1907 del teatro intimo, 161 posti soltanto, per favorire la concentrazione dell’interprete prima dello spettacolo che ora è moderno rito liturgico. Compone i drammi da camera, in funzione di una messinscena intima e raccolta. Esempio sono temporale, casa bruciata, sonata di fantasmi, il pellicano, il guanto nero, l’isola dei morti . Qui c’è il vertice della sua produzione, atmosfera suggestiva, rimandi simbolici. Tornano tutti i grandi temi del suo teatro, dall’irrequietezza nel fare i conti col proprio passato, all’aggressività dei rapporti familiari. Richiamo onirico, deformazione grottesca sono in sonata di fantasmi del 1907, dove si confronta passato e presente verità e allucinazioni. • Russia: • Ansia di rinnovamento teatrale, di cui i protagonisti sono Stanislaskij e Dancenko nel campo della scenografia e della pratica attorale che iniziano la loro attività negli anni 90 mossi da un comune rifiuto delle tematiche e delle tecniche di composizione proprie del teatro russo dell’800 che ritengono superate. • I più alti risultati li raggiunge Anton Cechov che da vita ad una forma di dramma assolutamente moderna. Laureato in medicina fa prima il giornalista e il narratore. Tenta lo composizione di un dramma nel 1880, storia ricca di intrighi e effetti melodrammatici in Platonov, ma lasciato incompiuto e pubblicato solo nel 23. inizia a partire dal 1887, dove trasferisce come atti unici alcuni dei suoi racconti, di carattere brillante, scherzoso e farsesco, tra cui l’orso del 1888, una domanda di matrimonio 1889, l’anniversario 1892. • Dopo i primi risultati scrive Ivanov del 1887, su richiesta del teatro Kors di Piertoburgo. Inaugura la sua indagine sull’umanità degli sconfitti. Il protagonista è un piccolo borghese di provincia dalla vita monotona e ripetitiva, incapace di incidere sul presente, ormai rassegnato. • Poco successo e breve ritorno alla narrativa ma nel 1895 riprende a scrivere per il teatro, compone il gabbiano che sarà il suo primo capolavoro. Testo sulla vanità della vita che scorre inutile e uguale anche e soprattutto per i giovani. Ci sono due innamorati non dichiarati che si allontanano per cercare ognuno la propria felicità. Nina vuole diventare attrice e Costantin drammaturgo. Lui è schiacciato da una madre oppressiva e lei segue un uomo che le promette la fama ma poi l’abbandona e incinta ritorna alla fine per trovare Costantin frustrato che poi si suicida. La vita di Nina è rappresentata dal gabbiano che viene ucciso mentre vola verso la libertà. Rinunciano all’amore per inseguire i loro desideri. Nel primo atto l’azione non parte, il dialogo è insignificante, ma delinea bene i personaggi. L’azione per lui è secondaria. Teatro di grande atmosfera con forte gusto per i particolari minuti ma simbolici. Va in scena al teatro Alexandrinskij ma fu un fiasco. Solo con Stanislaskij e Dancenko che scorsero il dramma in 4 atti con intrecci e dialoghi fitti, fu riportato poi in scena dopo un lungo lavoro al teatro d’arte. Grande successo. • In seguito ci furono i capolavori del teatro di Cechov, tutti in 4 atti, Zio Vanja del 1897/1899, le tre sorelle del 1901, il giardino dei ciliegi del 1904. buoni risultati, espressione di rappresentazione di un mondo immobile, chiuso in se stesso per l’amarezza di una sconfitta, trame esili senza azione, fascino più per la ricreazione delle atmosfere, ritmi lenti, dialoghi frammentati, rimpianto, malinconia, ironia, e a volte ottimismo. I personaggi sono di età differenti, accomunati dalla delusione delle loro aspettative e dei rapporti umani. Come ne le tre sorelle e il loro desiderio illusorio di tornare a Mosca fuggendo all’esistenza grigia della provincia. Il dramma scoppia in scena in zio vanja dove il protagonista apprende la decisione della famiglia di vendere la proprietà. Egli risulta impotente e deve accettare la sconfitta. Cosi anche il giardino dei ciliegi, dove la protagonista, che è tornata dall’estero per vendere la vecchia casa e il suo giardino. Non ci sono alternative e accetta le conseguenze. • Attratto dalle condizione del proletariato e dalle classi umili è Maksim Gor’kij, più celebre narratore, porta sulla scena un’umanità offesa e emarginata la cui cupa esistenza che si scontra con la dura realtà trova sollievo nella fede. L’unica possibilità di riscatto dei personaggi è la follia e il suicidio dei rappresentanti del potere, liberandosi dal destino. I suoi drammi mantengono un impianto convenzionale di tipo ottocentesco, e l’unica forma di comunicazione sembra essere quella verbale. L’azione è ridotta a vantaggio di dialoghi confessione, dove si raccontano. Primo testo è piccolo-borghesi del 1902, dove c’è contrapposizione tra il mondo autoritario dei ricchi borghesi e quello umile ma vivo degli operai. Del 1902 è i bassifondi, noto come l’albero dei poveri, galleria di ritratti umani ispirati da un gruppo di diseredati raccolti in un asilo notturno dove si mescola violenza e profondità umana. In esilio compone i barbari del 1905, gli ultimi del 1908, con riflessioni politiche e sociali sulla situazione russa. È uno dei massimi drammaturghi del realismo sociale. • Altro è Leonid Andreev, al teatro dopo il 1905, impianto realistico, risentono dell’atmosfera rivoluzionaria. Esempio è verso le stelle del 1906 con il contrasto di una vita dedicata allo studio e una partecipando alle lotte per la rivoluzione. In Savva del 1907 c’è la creazione i un mondo nuovo dopo la rivoluzione. Poi c’è la vita dell’uomo del 1907, dramma allegorico in 5 quadri, ispirato dall’osservazione di vecchie stampe popolari russe che rappresentavano le diverse età umane. Visione di cupo pessimismo dove l’uomo che viene dalle tenebre vi ritorna dopo una vita di sconfitte e rifiuti. Antinaturalista e simbolico espressionista. Ne le maschere nere tratta il tema dello sdoppiamento della personalità, e in anatema c’è il conflitto tra bene e male con duplice interpretazione della realtà. • Con il regime totalitario, dopo la rivoluzione d’ottobre, c’è il controllo dello stato sulle organizzazioni teatrali, delle quali assume il controllo. Alcuni chiusi e altri sotto stretto controllo, seguendo l’impostato realismo sociale, ritenuto l’unica espressione autentica dei valori rivoluzionari. Aderenza al vero, rispetto del testo, scenografie sfarzose. • A servizio della politica teatrale rivoluzionaria è Vladimir Majakovskij che si forma nel futurismo russo. Rinnovare l’immagine teatrale in senso antiaccademico. Per il primo anniversario della rivoluzione scrive mistero buffo del 1918, rappresentazione grottesca del mondo contemporaneo. È un inno di fiducia nel progresso e nella società libera dalle divisioni, si parla di un nuovo diluvio universale che vedrà vincitori gli uomini proletari e lavoratori su quelli capitalisti e detentori del potere. Negli ultimi anni di vita torna a scrivere con testi contro lo stato, la cimice del 1929 e il bagno del 1930. desiderio entrambi di una nuova società e per l’affermazione dei valori bolscevichi. Majakovskij si ucciderà per le sue delusioni dalla società. • Analogo pessimista è Michail Bulgakov più volte censurato per i contenuti dei suoi drammi. Uno è i giorni di Turbin del 1926, riduzione teatrale del suo romanzo la guardia bianca, famiglia travolta dall’avanzata del bolscevismo. Vietate poi dopo la messinscena sono l’appartamento di Zola, l’isola purpurea, la fuga, tutte del 28, accomunate da una satira della burocrazia e del disagio della classe piccolo borghese nell’adattarsi alla società. Sarà consulente letterario presso il teatro d’Arte, lavora alla riduzione di grandi testi letterari per la scena, come anime morte, la cabala dei bigotti, don chisciotte. • Paesi di lingua tedesca: • A fine 800 anche nei paesi di area tedesca c’è lo sviluppo di esperienze teatrali contemporanee, in parte originali in parte nata sulla scorta dei movimenti di idee di importazione francese, dal naturalismo al simbolismo. Berlino diventa la partia del naturalismo tedesco con l’apertura del freie buhne nel 1889, e del deutsches theater nel 1883, che portano a conoscenza del pubblico dei drammi di Ibsen, Strindberg e di altri autori naturalisti tedeschi. Nascita di esperienze drammaturgiche che prendono le mosse da una pittura documentaria della realtà contemporanea, che danno origine a un’arte non differente, fondata sullo psicologismo e la deformazione grottesca. • Qui si colloca Frank Wedekind, esponente della letteratura monachese e promotore di un rinnovamento estetico in teatro. Analizza la società e vede come le forme rigide e i rapporti convenzionali sui quali si costruisce soffocano gli istinti vitali dell’individuo, la sua sensualità. I suoi drammi si basano sulla lotta contro le norme della buona società in favore dell’affermazione del diritto alla vita e all’amore sensuale. Ma i suoi drammi furono censurati e messi in scena solo in piccole sale private. Primo dramma in materia di amore e pubertà è risveglio di primavera del 1891 ma rappresentato 15 anni dopo, opera rivoluzionaria, e parla di come l’educazione repressiva in materia sessuale induca nei 3 giovani protagonisti il turbamento per un istinto che scoppia all’improvviso con conseguenti comportamenti distruttivi che portano al suicidio uno dei ragazzi, all’aborto e al delirio. Innovazioni anche strutturali e stilistiche, la vicenda prosegue per sequenze bre3vi e lineari, che rinuncia ad una costruzione compatta, e il linguaggio è ricco di echi grotteschi e squarci lirici. La poetica laica e vitalistica dell’autore trova spazio di Lulu, che incarna l’erotismo e la gioia i viverlo, causando la distruzione degli uomini che le si innamorano. È anche protagonista dei drammi lo spirito della terra del 1895 e il vaso di pandora del 1904. nel primo lei è causa della morte del primo marito, dell’amante, dell’amico, a causa della natura infedele della donna. Nel secondo c’è Lulu fuggita dal carcere, che continua il suo giro di amanti fino alla sua morte per mano di Jack lo squartatore a Londra. Il suo delitto che suscitò uno scandalo enorme, risulta drammaturgicamente falso, che coincide con uno schema preordinato. Ebbe comunque enorme successo soprattutto per il suo personaggio. Nei successivi lavori il livello poetico subisce un calo, meno freschezza e originalità. C’è il marchese di Keith del 1901, che tratta del rapporto tra arte e società borghese, pronta a soffocare anche l’ispirazione più autentica. Nelle sue opere c’è una ribellione al naturalismo con una scrittura innovativa, oltre che con le tematiche e l’estetica formale. Linguaggio essenziale, spesso simbolico, situazioni grottesche, dove i personaggi vivono i loro istinti, dal quale prenderà esempio il teatro espressionistico. • La drammaturgia austriaca: • ribellione ai modelli della drammaturgia realistica, in contrapposizione a Berlino, Vienna malinconica e gaudente di fine secolo vede lo sviluppo per un interesse artistico in direzione del simbolismo e dei movimenti di idee volti alla stilizzazione e all’esplorazione del subconscio, spinti anche dalle teorie di Freud. • Uno è Artur Schnitzler che dalla sua formazione di medico specializzato in malattie nervose, sviluppa l’interesse per l’analisi della psiche umana. Temi fondamentali sono la rappresentazione della misera dell’animo umano, destinato alla solitudine senza trovar sollievo, neanche nell’amore falso. Primo testo è Anatolio del 1891, dove l’antieroe è un giovane fragile, facile all’esaltazione come ai raffreddamenti, insegue facili amori. Il testo è sull’analisi psicologica del protagonista, con una struttura frammentata con episodi che si susseguono senza una vera azione. Altro dramma è la fiaba del 1891 e poi amoretto del 1894, dove si analizza il rapporto di coppia e dove emerge il tema del contrasto tra illusione e realtà in relazione a un legame amoroso che si rivela per l’uomo un passatempo invece per la donna un esperienza totale. Simile è girotondo del 1896, dieci dialoghi amorosi con un continuo scambio di personaggi con una struttura ad anello che collega ogni quadro. Il gioco realtà finzione sarà nelle opere successive, come al pappagallo verde del 1899, ambientato alla vigilia della rivoluzione francese, mette inscena la cecità della classe aristocratica, che non riconoscono la rivolta delle masse che irrompono in un locale, da uno spettacolo che si tiene li la sera. • Legato allo stresso ambiente sociale e al movimento letterario impressionista di Vienna, c’è Hugo von Hofmannsthal, la cui prima opera teatrale si sviluppa sotto l’influenza della lirica in una serie di brevi drammi in versi, i drammi lirici che rappresentano in termini simbolici una realtà di sogno con immagini musicali rispecchianti l’estetismo raffinato. Poi c’è l’avventuriero e il cantante del 1899, analisi psicologica della Venezia del 700, dove riappare il vecchio Casanova, trattando il tema del contrasto tra vitale spinta alla metamorfosi e la necessità di ritrovare in se stessi convincimenti morali cui restare fedeli. Il rifiuto dell’estetismo perché indifferente alla comunicazione e al dolore, lo allontana dalla produzione liricizzante e lo porta con nuovi interessi al dramma per rapprensentare l’impegno dell’uomo di cultura in ambito sociale. Prende spunto dal teatro classico greco, con rielaborazione dei grandi miti, in elettra del 1903, epido e la sfinge del 1906. anche al dramma ciclico medievale, e crea ognuno e dramma della morte del ricco del 1911, il gran teatro del mondo di Salisburgo del 1922, la torre del 1925, che ripropone la vicenda de la vita è un sogno. Agli stessi anni risale anche il periodo di collaborazione con Richard Strauss, e compone come librettista opere di grande successo, come il cavaliere della rosa del 1911, arianna e nasso del 1912, che danno vita a nuove forme di drammi musicali dove il libretto ha validità autonoma poetica. • Il primo dopoguerra: • In Germania c’è l’affermazione dell’espressionismo, che da vita ad una drammaturgia che punta sulla rappresentazione deformata delle relazioni tra individuo disorientato e la società dominata dal potere di pochie da una morale sempre più cinica. La scena espressionista unisce ai temi della ricerca metafisica la protesta e la denuncia sociale. Gli esponenti di spicco sono Geoeg Kaiser, ricordando la trilogia il corallo del 1917, gas I del 1918, e gas II del 1920, e Ernst Toller con uomo massa del 1921, oplà, noi viviamo dal 1893 al 1939, analisi del fallimento degli ideali proletari. • Reazione al modello espressionistico, si ha negli anni 20 con la nuova oggettività, con rappresentazione della realtà concreta, mirando a differenziarsi dal modello di naturalismo dell’800 con il rifiuto delle situazioni patetiche e della predilezione per il particolare patologico. Uno è Theodor Taagger conosciuto come Ferdinand Bruckner, che scrive gioventù malata nel 1926, gruppo di adolescenti e episodi di perversione e omicidi. Interesse per i giovani. Altro è i criminali del 1928, brutalità interiore dell’uomo. Poi Elisabetta in Inghilterra del 1930, affresco storico costruito intorno alla protagonista. • Paesi di lingua francese: • Anche in tardo 800 la Francia mantiene il ruolo di guida culturale in Europa. Il naturalismo ha influenza anche sul teatro introducendo nuovi principi per la messinscena diffondendoli in tutta Europa. Feconda letteratura drammatica, ispirata al naturalismo, ma presto contrastata da altre tendenze. Il naturalismo va più nella riduzione scenica di novelle e romanzi di Zola, dei fratelli Goncout e Daudet. Sono le avanguardie antirazionalistiche a elaborare originali forme dominatrici per i teatri di ricerca sorti a Parigi. • Uno è il theatre de l’Oeuvre, animato da Lugnè Poe, con i drammaturghi più innovativi con i nuovi testi dei drammaturghi stranieri e i lavori degli esponenti del movimento simbolista. Uno è Maurice Maeterlinck con atmosfere sospese, suggestioni, simboli, allusioni nascoste, che rimandano ad una dimensione più profonda, collocata oltre il visibile, dove il dialogo assume l’intensità propria della lirica. Prima è la principessa Maleine del 1889, vicenda fiabesca dove i personaggi si muovono in modi misteriosi e usano un linguaggio liricamente musicale, trovano una reazione alle mode imperanti, quasi un ribaltamento del modo naturalistico di intendere il teatro come spaccato della quotidianità. Fecondo periodo di produzione teatrale definito teatro dell’attesa, che spazia dagli atti unici come l’intrusa del 1890, i ciechi del 1891, interno del 1894,ai più noti drammi come pellèas e mèlisande del 1892, la morte di tinta gilles del 1894. tenta di acceder attraverso trame da fiaba al mondo mistico e soprasensibile che solo l’arte può cercare di evocare attraverso la parola poetica e le analogie. Simbolismo, temi ricorrenti come amore visto come fonte di dolore e la morte come lotta contro il destino avverso sono i temi. L’uomo cerca di interpretare il sovrannaturale e vivere le situazioni in cui viene spinto, amplificando il significato di suoni, rumori e premonizioni perché spesso i suoi eroi sono ciechi e quindi più sensibili. Le vicende spesso prive di intreccio, procedono per allusioni, situazioni statiche, che si susseguono in brevi quadri mentre il dialogo si snoda con interazioni, balbettii, espressioni poetiche, in una ricerca di musicalità vocale. Visione più orientata verso l’ottimismo predomina nei drammi scritti nei primi anni del nuovo secolo, fiducia nel culto della natura, della scienza e nel progresso umano, il dolore è sopportabile se accettato con saggezza. Successo nelle intonazioni medievali come suor Beatrice del 1901 e nella fiaba l’uccello azzurro del 1908. • Altro importante è Alfred Jarry, sempre al theatre de l’Oeuvre, con ubu re nel 1896, recupera il personaggio nato negli ambienti studenteschi come parodia degli insegnanti. Scatena tumulti per essere una farsa grottesca, con una parodia del Macheth di Shakespeare, ma anche per la condanna della stupidità umana negli ambienti dei più potenti e per il loro egoismo. Ubu è una marionetta presa nel vortice della cupidigia e violenza, è comico, ma ha un feroce senso dell’assurdo come condanna esistenziale. • le forme teatrali più popolari sono quelle legate al teatro popolare leggero e brillante, il theatre boulevardier, repertorio di commedie, drammi popolari, riviste e vaudevilles, rappresentato in origine solo nei teatri posti nella periferia parigina ma in seguito ampiamente diffusi, come nella comèdie francaise e l’odeon. Massimo splendore nei primi 15 anni del nuovo secolo per la varietà dei testi e autori. Ritratto della belle epoque, sono testi semplici e disimpegnati, che suscitano emozioni facili con passioni comuni, sedurre gli spettatori con il miraggio di una vita raffinata. Personaggi aristocratici o alto borghesi, si parla della bella vita e non di problemi perché è solo piacere e divertimento. Finale mai risolutorio e lascia la condizione come era all’inizio. Principali autori del genere sono Maurice Donnay, Alfred Capus, Henri Lavedan e Abel Hermant. successo dato dal culto delle vedettes, grandi attori il cui talento era sufficiente per far brillare i testi che erano poi consacrati dal pubblico. • altro autore che segue questo filone è ad esempio Henry Bataille, che inserisce conflitto psicologico fra passioni amorose e gli ostacoli al suo compimento. Analisi della psicologia femminile. Protagonista è la donna innamorata che dialoga con toni lirici, colpi di scena e emozioni forti. Esempio è Maman Colibrì del 1904, donna che non sa fare a meno dell’amore, e in marcia nuziale del 1905, dove una giovane nobil donna rinuncia ai privilegi per sposare un musicista per poi uccidersi quando scopre di amare un altro uomo. Altro è Henry Bernstein, con testi riguardanti i problemi dell’alta borghesia con scene molto drammatiche. Esempio è la via più lunga del 1902, donna che vuole entrare nell’ambiente borghese abbandonando il suo ambiente galante per poi rimanere delusa. Bernstein si limita a tratteggiare caratteri della psicologia convenzionale concentrandosi su scene d’effetto. • Parallelamente ci sono anche le commedie leggere, uno è George Coureline. Osservazione della realtà quotidiana, situazioni divertenti, dipinge tipi e ambienti tolti dalla realtà contemporanea. Alla vita militare si rifanno le allergie dello squadrone del 1886, lidoire del 1891, agli ambienti dell’amministrazione pubblica monsieur badin del 1897, mentre il mondo dei cafè risplende boudouroche del 1893. • C’è anche Paul Claudel i cui testi teatrali trovano successo solo intorno alla metà del nuovo secolo presso la commedie francaise. Scrittura lirica ricchissima, sottoposta al labor limae, appare del tutto personale con una completa adesione alla fede cattolica, concezione dell’atre come missione religiosa. Il poeta deve rivelare la presenza divina nel mondo facendo incontrare l’anima con Dio. Con il simbolismo cerca il divino nella quotidianità. Scrive in versi modellati sul versante biblico ma negli anni successivi dovrà riscriverli. Testo esempio è Testa d’oro del 1889. poi c’è una nuova poetica con crisi meridiana del 1906, contrapposizione tra amore sacro e profano. Poi l’ostaggio nel 1909, pane duro nel 1914, il padre umiliato nel 1916, ambientate entrambe nella Francia della rivoluzione. Rifiuto della felicità mondana per un progetto sovrannaturale è il tema de l’annuncio a Maria del 1910. testo sulla vicenda della pia Violaine in contrasto con la sorella Mara per la conquista dello stesso uomo. Screditata, Violaine si ritira nella foresta per votarsi a Dio rinunciando alla felicità in nome della fede. Ultima opera è il poema dialogato la scarpina di raso, sulla sofferenza terrena e la riconciliazione tra bene e male. Si svolge in 4 giornate, ampiezza di intreccio e elevato numero dei personaggi mai visto. Tema centrale conflitto tra amore terreno e divino, con l’accettazione della sofferenza e la rinuncia all’amore umano sono la rinuncia per la realizzazione di una pienezza spirituale da parte dei protagonisti. • legata al clima delle avanguardie parigine è l’esperienza di Jean Cocteau che sperimenta la propria creatività in ogni campo artistico raggiungendo grandi risultati in poesia, pittura, musica, cinema e teatro. Nel 1917 esordisce con il soggetto per il balletto rivoluzionario Parade, interpretato dalla compagnia di Diàghilev. È una parata costituita da una serie di quadri dove le scenografie intervengono nell’azione. Dopo altre composizioni per balletti, approda ad una personale concezione dell’arte e del teatro, dichiarandosi favorevole a un recupero dei soggetti classici e a una loro rielaborazione tesa a cogliere inquietudini contemporanee. Inaugura la tendenza drammaturgica di riproporre in chiave moderna i temi letterari della Grecia classica con protagonisti gli eroi mitologici della tragedia antica che ora hanno sensibilità moderna. Con Orfeo del 1927 dove c’è il rapporto tra il mitico citaredo e la sua sposa, calandosi entro un microcosmo borghese, e la macchina infernale del 1934 dove c’è Edipo con cui si analizza il meccanismo esistenziale in cui l’individuo vive senza speranza di riscatto. I drammi di impianto borghese con la crudele logica dei rapporti interpersonali può esplicitarsi con aggressività anche fuori dagli spazi del mito entro i limiti del salotto borghese e situazioni che richiamano i modi del theatre boulevardier. È quanto avviene ne la voce umana del 1930, monologo telefonico di una donna all’amante che intende lasciarla e poi in i parenti terribili dove c’è l’analisi della famiglia contemporanea e l’incomunicabilità. • Anche Andrè Gide si accosta ai classici greci con filottete del 1898 e edipo nel 1930. poi Jean Giraudox che compone Sigfrido nel 1928, e in seguito si dedica al recupero di soggetti classici con anfitrione 38 del 1929, la guerra di troia non si farà del 1935, e elettra nel 1937, dove si scopre la falsità degli antichi ideali e delle fragilità umane. Abile creatore di intrecci e spazia da temi storici a attualità mescolando generi e toni come in intermezzo del 1933, la pazza di chaillot rappresenta solo nel 1945, critica la società contemporanea. Mescola note leggere e ironiche, fantasia, spirito e gusto per le atmosfere surreali. • Inghiletrra: • per anni fanno traduzioni e adattamenti di drammi francesi e di generi misti. A fine 800 c’è una drammaturgia che fa specchio della società. Modifica dello spettacolo, restauro nuove sale e costruzione di nuove. Generi come farsa e pantomima, il teatro torna rito mondano sempre nel rispetto delle classi nobili. Sviluppo della society drama dove temi e personaggi sono dell’alta società contemporanea e si presentano i problemi della vita dell’epoca. Esempio è Thomas William Robertson con il rifiuto del sentimentalismo e degli schemi meccanici precedenti. La drammaturgia sugli studi dei costumi contemporanei si sviluppa con Henry Jones e Arthur Pinero che vogliono rinnovare la scena con testi di attualità, rafforzando le convenzioni morali e intellettuali. Qui trionfa il buon senso comune. Ad esempio con Henry Jones con i bugiardi del 1897, adulterio non consumato dalla protagonista che rispetta il matrimonio, poi la difesa di mrs Dane del 1900, donna con passato scabroso che smascherata rinuncia ala nuova vita che le si prospetta. • Analoghi schemi per Arthur Wing Pinero, composizione di farse che approda alla society drama con la seconda moglie del 1893, denuncia dell’ipocrisia con protagonista una donna dal passato torbido che si sposa un vedovo e si trova contro la società e la famiglia di lui e si suicida. Ambiguità del mondo borghese che condanna le donne e salva gli uomini. Valorizzazione dei valori tradizionali. Padronanza della materia drammaturgica, intreccio ben costruito, naturalezza dei personaggi. In seguito ripropone formule analoghe con la casa in ordine del 1906, commedia della famiglia e di una seconda moglie che sopporta le virtù della prima morta. • La discussione in teatro sui codici di comportamento della borghesia attirano alla commedia sociale anche Oscar Wild. 1892 il ventaglio di lady windermere, una donna di nessun conto 1893, un marito ideale 1895, the importance of being earnest. Storie entro schemi compositivi dalla piece bien fait. Temi più importanti paura di uno scandalo nella società, il ritorno di personaggi dimenticati che tentano un ricatto, scoperta di essere figli di genitori che non si riconoscono. Dialogo vivace, brillante, pungenti opinioni contro la borghesia. Compare sempre il personaggio del ragioniere che è portavoce del pensiero dell’autore con tagliente ironia e attacchi contro la società, umorismo e gusto per il paradosso. • Nei primi anni del 900 c’è George Bernard Shaw, prima critico drammaturgo poi autore. È teatro di impegno politico, con trasformazione graduale della società in senso progressista. Saggio “la quintessenza dell’ibsenismo” 1891, per l’influenza della società progressista di Ibsen, qui coglie l’introduzione nel testo del dibattito sui problemi della società. I personaggi saranno portavoce di pensieri. Il dramma di idee che si sostituisce al dramma di ambientazione borghese. La scena è una piattaforma per l’osservazione artistica delle istituzioni sociali e il testo teatrale è lo strumento più idoneo per trattare tematiche sociali di attualità come capitalismo, socialismo, amore, matrimonio, erotismo, prostituzione. L’azione è ridotta ed è più puntuale sul dialogo. Shaw passa dalla farsa al dramma storico e alla commedia leggera. • Commedie sgradevoli e gradevoli: di impianto ibseniano sono i primi testi di Shaw come le case del vedovo del 1892, denuncia dell’ipocrisia che guida i meccanismi dell’economia borghese. C’è un rovescio del lieto fine tradizionale in la professione della signora Warren del 1893, che pensa che la prostituzione dia l’unico strumento di emancipazione sociale per loro povere. Altro è il linertino come commedia gradevole, testi che lo affermano nel grande pubblico. opere brillanti, lieto fine, smascheramento e satira dei falsi ideali della vita, ironia, dialogo vivace, discussione sulle istituzioni e i valori dell’epoca per dimostrare l’inadeguatezza. In le armi e l’uomo del 1894, sull’estasi bellica e amore universale, poi candida del 1897, sull’abilità della costruzione, triangolo amoroso. In non si sa mai 1897, si distrugge l’opinione comune in tema di rapporti tra padri e figli. • Commedie per puritani: stessi drammi anche qui come il discepolo del diavolo 1897, la conversione del capitano brassbound del 1909. moduli del melodramma, dibattito sulla ribellione ideologica, l’affermazione dei propri ideali non si ottiene con la vendetta o gli impulsi ma con il rigore morale e rispetto per le convenzioni attuali. Altra è cesare e Cleopatra 1898, dramma storico. • poi affronta nuovi moduli di scrittura. Uno è uomo o superuomo 1903, con il mito di don Giovanni e il rapporto uomo donna. Testi impegnati politicamente e socialmente come il maggiore barbara 1905, problema dell’ineguale distribuzione della ricchezza e povertà nel mondo. Poi pigmalione 1912, un filologo trasforma un umile fioraia in una lady. Mondo travolto dalla grande guerra in casa cuorinfranto. Si risente poi dell’influenza dei drammi di Cechov sul mondo della bella società. Qui i personaggi sono esponenti della miglior società inglese, prima di rapporti con la realtà. • Nel dopoguerra la sua posizione perde di compattezza essendo legata al primo 900 al quale aveva rivolto la sua proposta di riforma. Cerca di rinnovarsi e fa santa giovanna 1923, è combattente dei pregiudizi rivendicando il libero arbitrio. • Il teatro irlandese: • Assume originalità grazie al celtic revaival, movimento politico che muta a promuovere l’indipendenza dell’isola facendo leva sul sentimento di identità culturale derivato dal patrimonio storico-leggendario e linguistico irlandese. Uno è William Butler Yeats con il dramma di poesia dove la parola è determinante e evoca realtà soprasensibili e forti sentimenti. Nel 1899 c’è la creazione dell’irish literary theater fondato da Yeats e lady augusta Gregory con storie su leggende e autoctone, messinscena antirealista e allusiva. Dal 1904 l’istituzione fissa la sua sede ella sala dell’abbey theater a Dublino. Esempi di Yeats sono la contessa cathleen 1899, la terra che il mio cuore desidera 1894, sulla spiaggia di baile 1904, deirdre 1906. altro drammaturgo è John Millington Synge, osserva la realtà locale, esempio è il furfantello dell’ovest del 1907, commedia giocata sul fasullo irradiato in un villaggio da presunto omicida ma poi innocente. • Stati uniti d’America: • A metà 1800 gli Stati Uniti non hanno una loro originalità drammaturgica. Alcuni sono ispirazioni patriottiche o romanzi come la capanna dello zio tom del 1851 di Harriet Beecher-Stowe, ma i repertori del nord America è quasi interamente il ricalco sulle mode europee delle commedie francesi e i drammi realisti di Ibsen e Hauptmann e anche compagnie europee che portano i loro repertori in tournee in USA come gli italiani Salvini, Ristori e Novelli. • Primo esempio è David Belasco autore e imprenditore teatrale. Esempi sono madame butterfly del 1900, la fanciulla del west del 1905, dai quali Puccini trasse i libretti per le sue opere. Attenzione al dettaglio realistico, sensazioni e effetti scenici capaci di impressionare il pubblico con accuratissimi allestimenti. • Nel frattempo si sviluppano in ambienti culturali ristretti dei gruppi teatrali, circoli amatoriali, istituti per lo studio di nuove tecniche drammaturgiche e corsi per far esprimere al meglio i nuovi esponenti per il teatro americano. Associazioni come i Washington square players, i provincetown players entrambe sorte nel greenwich villane. In ambito universale nasce il drammaturgo Eugene O’ Neill con i drammi marini per la compagnia dei provincetown players. C’è naturalismo, realismo, personaggi essenziali, fascino delle forze naturali, finali amari e desolanti a volte. Il motivo del mare è per il luogo privilegiato di ambientazione delle vicende come presenza che affascina e distrugge i personaggi e influenza epiloghi. Esempio è oltre l’orizzonte del 1920, tratto dalla vita contemporanea. Cura dell’ambiente e della psicologia dei personaggi che lottano contro il destino ostile che li lascia soli. Esempio è anna christie e il primo uomo entrambi del 1921. Tentativo di rinnovamento con l’imperatore Jones del 1921, tre atti, otto quadri progressivi, atmosfere violente, jones evaso di prigione si fa capo di un’isola ma i sudditi si ribellano e lui fugge per la foresta dove si imbatte in allucinazioni, con la conseguente cattura e morte. L’autore vuole uno scandaglio delle zone oscure della coscienza. Poi c’è tutti i figli di dio hanno le ali del 1924, sul tema del razzismo, con pessimismo nei confronti della solidarietà umana. Sulla doppiezza della personalità è il grande dio brown 1926, uso maschere per i personaggi che la mettono per apparire sul piano dell’apparenza e la tolgono per confessare i loro sentimenti. In strano interludio del 1928, dramma con la tecnica del monologo interiore dove ci sono i dialoghi e anche viene detto a voce alta ciò che il personaggio pensa ed esprime la propria coscienza. Complessità ambigua dei personaggi. In seguito si occuperà della rievocazione storica che ricerca nel passato i mali contemporanei. Con il lutto si addice ad elettra del 1931, che è in 3 atti e chiama trilogia con il ritorno-l’agguato-l’incubo. Richiama alla forma drammatica classica con l’argomento dell’ orestea di Eschilo, con l’uccisione di un uomo da parte dell’amante della moglie e l’uccisione dei due da parte dei 2 figli. Interesse per la psicologia dei personaggi per le loro gelosie morbose. Ultima sua produzione è sotto l’insegna del pessimismo, una è la commedia brillante ah solitudine del 1933, drammi dalle trame esili, dominati fa personaggi scossi fa crisi esistenziali e religiose non prive di rimandi autobiografici. Poi giorni senza fine del 1934, e arriva l’uomo del ghiaccio del 1946, gente che aspira ad un cambiamento che non arriverà mai. Pietà amara in lungo viaggio verso la notte del 1940 ma messa in scena solo dopo la sua morte perché fortemente autobiografico, con il ritratto della sua famiglia mettendone a nudo l’amore e l’odio e ciò che conduce al fallimento e alla morte. Da prova di drammaturgia autentica in tuta la sua carriera. • c’è anche Thornton Wilder, abbastanza noto, osserva la vita quotidiana, e dei suoi meccanismi fondamentali, mette quindi questo in scena, frammenti dell’esistenza, rifiuto della verosimiglianza, tenta di cogliere il vero, scenografie scarse. Azioni dilatate nel tempo e nello spazio, per presentare successioni di infiniti momenti come in il lungo pranzo di natale del 1931, con rapidi sketches che percorrono la vita in tre generazioni. O la storia di un’intera comunità come piccola città del 1938, esistenza di abitanti di una piccola città. • Spagna: • Processo di aggiornamento ma ai primi del 900 rimane relegata ai margini della produzione europea. Uno è Jacinto Benavente che attinge dalla cronaca quotidiana, attento alla psicologia, al dialogo, ma che rimane sostanzialmente legato alla tradizione. Sviluppa il modello dell’alta commedia di ambientazione borghese con i vari difetti della società e poi ispirato dal teatro romantico mette in scena amori e passioni. Amore in il nido altrui del 1894, la notte del sabato del 1903, la signora padrona del 1908. c’è poi la commedia di maschere con interessi creati del 1907, con recupero dei ruoli dell’improvvisa italiana e rappresentando la natura umana. • Arrivano esempi di drammaturgia nordica con mamma del 1912, di Sierra, e con la commedia leggera, genero chico, e i fratelli Quintero con quadri comici di vizi e virtù. Isolate e quasi ignorate sono le esperienze più innovative che sono diverse dalla forma di teatro seguita. Uno è Ramon del Valle In clan con un teatro poetico, fondato sulla deformazione esperpentica, cosa brutta e sgradevole, con commedie barbare del 1907 e divine parole del 1919, in luci di boheme del 1920, con deformazioni di situazioni, poi nella trilogia dei testi del martedì di carnevale (le corna di don friolera, il vestito del defunto, la figlia del capitano, 1922, 1926, 1927) dove c’è deformazione che tocca i miti del passato. Poi c’è l’opera di Federico Garcia Lorca che dopo un inizio dedicato a opere di carattere simbolico, si rinnova e attinge dalle avanguardie surrealiste, con il pubblico del 1930, dove c’è il conflitto tra la convenzione e la verità in teatro e nella vita. Aderisce all’iniziativa del teatro de la baracca, compagnia che viene chiamato a dirigere i testi della grande tradizione iberica del siglo de oro, con messinscena semplici, musiche popolari. Si converte ad un’atre universale, con solitudine, amori infelici, passioni. Ad esempio nozze di sangue del 1933, storia di un omicidio passionale, yerma del 1934 donna a cui è negata la gioia della maternità, la casa di Bernarda alba del 1936, di una passione soffocata. • Italia: • Introduzione nuovi modelli drammaturgici stranieri e c’è teatro europeo postromantico e simbolista. Teatro legato alla tradizione tardo ottocentesca, a drammi di ambientazione borghese e di vita regionale spesso in lingua dialettale e accolti bene dal pubblico. alcune commedie solo di Salvatore di Giacomo, con vicende popolari come assunta spina del 1909 e o’ mese mariano del 1910. gusto in senso simbolistico e antirazionalistico, rivolta alla politica del documento da parte di alcuni intellettuali come D’Annunazio, novità, metà anni 90, vera vocazione, maturata dopo varie esperienze come la conoscenza di Nietzsche, Wagner, l’amore con la Duse, poi il viaggio in Grecia nel 1895 dove elabora un dramma con esempio dei grandi classici greci. Rilievo per la parola poetica e potenza delle emozioni del genere antico. Teatro poetico e tragico, tragedia moderna, con evento scenico inteso come perfetta concentrazione di elementi verbali e musicali, costumistico, atmosfera magica, emozione. Lui è rivoluzionario, testi di contesto europeo, come due atti unici, sogno di un mattino di primavera del 1897, e sogno. Poi c’è nel teatro di poesia la città morta del 1898, nel 1902 in Italia. tentativo di fondere passato e presente nella tragedia moderna. Ambientazione negli scavi archeologici in Micene, conflitto di passioni, ricco di rimandi agli eroi greci. Alcuni difetti strumentali, drammaturgia emancipata dal modello verista. Del 1899 sono le 2 tragedie moderne di minore valore, la gioconda e la gloria. La gloria è opera politica su vicende attuali. Poi le tragedie storiche, Francesca da rimini 1900, è l’episodio narrato da dante nel V canto dell’inferno. Ambiente medievale, dei costumi, oggetti, da qui la ripresa di drammi medievali e del 500. la nave 1908 e parisina del 1913. • I capolavori: 1904 con la figlia di Jorio, ambientata in un Abruzzo fuori dalla storia, recupera la tragedia antica e la concezione rituale del dramma. La protagonista Mila muore accusandosi di aver causato la morte del padre dell’innamorato e si sacrifica per il bene dell’umanità. Altra è la fiaccola sotto il maggio del 1905, storia di una vendetta familiare che diventa per la protagonista unica ragione di vita, muore senza portare a termine il suo gesto. Torna poi alla tragedia moderna al superuomo e alla ribellione al mondo borghese, con più che l’amore del 1906, e fedra del 1909 che torna verso i classici, dove si esalta la passione di morte dell’eroina che nell’autodistruzione vede la realizzazione del suo amore per Ippolito. Torna a scrivere per il teatro durante il soggiorno francese, con forme drammatiche, straordinaria composizione in lingua francese. Scritte per accompagnamento musicale sono le martyre de saint sebastien del 1911 e la pianelle del 1913, le chevrefeuille del 1913, grande innovazione alle sperimentazioni europee. Lui osserva e documenta il reale, influenzerà autori successivi, drammaticità rigorosa, e artisticamente poco significativa che la critica chiamerà il dannunzianesimo, che è la ripresa della scenografia, riprende temi e soggetti a fondo storico, fastose messinscena e bellissimi costumi. • Esempio ne è la cena delle beffe, dramma ambientato a Firenze nel 400, di Sem Benelli,allestito in tutto il mondo, abilità nel sceneggiare il copione, nella messinscena, individui sensibili. Poi altra tragedia storica l’amore dei tre re del 1910, Rosmunda del 1911, le nozze dei centauri 1915. importante è tignola del 1908 che vede la vita di un umile commesso di libreria perduto dietro ai sogni e illusioni impossibili. • Poi c’è Ercole Luigi Morselli, tra dannunziesimo e toni crepuscolari, e rappresenta eroi che tentano invano la felicità, come orione del 1910 e glauco del 1919. personaggi che si rassegnano ad una vita incolore, ed è il teatro intimista, tra cui ci sono Simoni, Lodovici, Martini. Gruppo di opere e autori accomunati da atmosfere evocate e dai dialoghi dimessi che sono un corrispettivo del crepuscolarismo poetico. Introspezione sociologica, come il giasoma i tristi amori, e spesso si collega al verismo. Renato Simoni scrive commedie popolari in dialetto veneto, come la vedova del 1902, tramonto 1906, congedo 1910 con malinconiche atmosfere. Poi c’è Fausto Maria Martini, con opere raccolte in teatro dell’inespresso, e Cesare Vico Lodovici con chiarezza di intenti, rigore estetico. Scavo psicologico, come ne la donna di nessuno , 1919. c’è inquietudine della società. Per l’affermazione del nuovo c’è il futurismo, e dal teatro grottesco, che nasce con Luigi Cahiarelli e la maschera e il volto del 1916, c’è triangolo amoroso, ribaltamento e degradazione parodistica della morale attraverso una situazione paradossale, e il personaggio di raisonneur, scettico consigliere smaschera la finzione degli altri personaggi e del sistema sociale. Esprime il messaggio filosofico, ed era in precedenza il brillante e l’intrattenitore folle. Altri testi del grottesco sono quello di Luigi Antonelli , l’uomo che incontrò se stesso 1918, e di Enrico Caviacchioli , l’uccello del paradiso 1919. Li accomuna la vicenda di ipostazione borghese, e la presenza del personaggio filosofico, che indirizza il giudizio del pubblico. nel primo c’è un uomo che rivive il suo passato e rincontra se stesso a 25 anni ma non riuscirà a fargli evitare gli errori commessi, nel secondo c’è una madre che assiste all’innamoramento tra la figlia e il suo amante, la madre riuscirà ad evitarlo ma resterà sola. Nelle loro opere successive il personaggio ragionatore diviene secondario, involuzione del genere e torna nei gusto del pubblico degli anni 20. • Altra figura importante è Luigi Pirandello, massimo drammaturgo italiano del 900 e unico in grado di incidere sul teatro mondiale. Si avvicina al teatro a 50 anni, e l’esordio è legato alla collaborazione con il commediografo Nino Martoglio, fondatore della compagnia del teatro Minimo con un repertorio siciliano e dilettante, per la quale Pirandello compone alcuni atti unici tratti da precedenti novelle come lumie di Sicilia 1910, la morsa 1910, il dovere del medico 1913. nascono sotto l’influsso della tradizione verista. Traduce lumie di Sicilia per Angelo Musco che sarà l’interprete maggiore delle commedie di Pirandello, in dialetto siciliano, e con alcune versioni in lingua come pensaci giacomino! del 1916, liolà del 1916, considerato il capolavoro in dialetto, il berretto a sonagli del 1917, la giara del 1917. temi fondamentali sono contrapposizione finzione e realtà e forma e vita. In pensaci giacomino il tema centrale è il matrimonio fra un uomo vecchio e una gonna giovane, lui è un professore e sposa questa ragazza pur sapendo che ha gia figli e che lo tradisce con l’amante. Tutto per garantirsi una buona pensione. Novità nel ribaltamento dei rapporti familiari, il personaggio è consapevole della falsità dei ruoli sociali e vi aderisce tranquillamente per svuotarli del loro contenuto. La prima fase del suo teatro, mira a scardinare gli ideali e gli schemi essenziali del dramma borghese, pur muovendosi al suo interno. Vicende ambientate nel salotto buono di famiglia della media società di provincia, incastrando realtà e finzione cosi che i medesimi fatti divengono mutevoli a seconda della prospettiva, fino all’esplosione di un finale che denuncia la follia del vivere sociale. Nuovo dramma basato sulla finzione e sulla follia, come fonte di conoscenza del vero. C’è la divisione dei personaggi in due categorie, cioè quelli che sono nelle convenzioni e quelli che hanno capito il gioco. Testo esempio è cosi è (se vi pare)1917, che enuncia la fine della certezza naturalistica in un immagine univoca della realtà, dimostrando l’impossibilità di stabilire una verità sempre valida. Commedie verso la dissoluzione del dramma borghese sono il piacere dell’onestà del 1917, il gioco delle parti del 1918, tutto per bene 1920. • svolta con sei personaggi in cerca d’autore del 1921, che frantuma gli schemi precedenti, si mette per la prima volta inscena non già un dramma compiuto ma un dramma nel suo farsi, linguaggio di teatralità assoluta. Si mettono a nudo i meccanismi del teatro e si confrontano con la realtà dei personaggi. Alla finzione del teatro i personaggi oppongono la volontà di vivere la loro vita dolorosa, che si ripete sempre nuova, mentre sono incapaci di rappresentarla sulla scena dato che non si può trasporre in termini scenici il reale. Il teatro è quindi il luogo dove la realtà è posta in discussione. Il conflitto tra la vita creata dall’attore e la finzione di vita che è sul palcoscenico, è un teatro nel teatro, dove rientrano anche i drammi ciascuno a suo modo 1924, e questa sera si recita a soggetto del 1930. trilogia del teatro nel teatro. prende in esame differenti aspetti inerenti alla finzione teatrale nel suo farsi. Vita reale più vita rappresentata. In ciascuno a suo modo c’è il rapporto tra vicende sceniche e pubblico, con un meccanismo drammatico che esce dai confini del palcoscenico. Il problema dell’autonomia della messinscena attraverso il rapporto attore regista, tra azione e recitazione è il tema di questa sera si recita a soggetto . Riflessione sulle tecniche di allestimento che vede girando tutto il mondo. Alla trilogia si accosta anche Enrico IV, del 1922, drammaticità grazie al personaggio, uomo che calato nel buoi della follia dopo un incidente, si trasforma in attore assumendo i panni dell’antico signore. Tornato alla ragione sceglie la forma fissa del personaggio storico, per difendersi dal doloroso fluire della vita. Finzione e realtà, tragedia e ridicolo. • L’ultimo decennio della sua produzione che dal 25 lo vede impegnato al teatro d’Arte di Roma, coincide con la ricerca di nuove vie di analisi della realtà: in parte prosegue nella produzione di drammi di ambientazione borghese, come la vita che ti diedi , diana e la tuda, come tu mi vuoi, caratterizzati da situazioni macchinose che sviscerano il rapporto vita forma fino al limite, e poi con temi che fanno da metafora dei valori universali, cioè il teatro dei miti, con affreschi folcloristici come la sagra del signore della neve 1925, e i due testi miti la nuova colonia del 1928, tragica parabola di utopia sociale con il fallimento dell’esperienza comunitaria a cui si contrappone il mito antropologico della maternità e poi Lazzaro del 1929, sul contrasto tra sogno di una religione liberatoria delle miserie della carne e le dottrine che mortificano l’uomo. Qui rinuncia ai procedimenti inquisatori sulla ricerca della verità per aprirsi al meraviglioso e al gusto della costruzione spettacolare, puntando su simboli e proiezioni allegoriche che riassumono la crisi dell’uomo e dei suoi ideali. • Nell’ambito dei miti rientra l’ultima opera dove traspone la propria riflessione sul destino della poesia nella società contemporanea. I giganti della montagna, iniziata gia dal 30 ma rimasta incompiuta per la sua morte, è un regno di favole e apparizioni, privo di regole e tutto è dettato dalla fantasia, la compagnia girovaga della contessa Ilse cerca il luogo ideale per la rappresentazione dell’opera di un amore morto per amore di un’attrice. Il pubblico ideale è quello dei giganti, intenti nella produzione di ricchezza e benessere e quindi indifferenti al fascino dell’atre. Ma risulta incomprensibile, segue una rissa e muore Ilse. Fascino per i vari significati simbolici e allegorici, in grado di rappresentare certi difetti della società contemporanea. • Dopo Pirandello molti presero spunto da lui e dal futurismo, come Bontempelli, e Pier Maria Rossi di san Secondo elaborando un’arte originale. Bontempelli ha una personale rielaborazione di contenuti della sperimentazione futurista, con la guardia alla luna del 1920, madre che impazzisce per la morte della figlia fino a varcare i confini della realtà ingaggiando con la luna una sfida impossibile accanto alla suggestione futurista dell’uccidiamo il chiaro di luna. Realismo dialettale, simbolismo e improvvisazione grottesca. È un pluristilismo libero da regole. Simile è siepe a nord ovest del 1923, tema dell’incomunicabilità tra i diversi personaggi e uso di fantocci. Simili a pirandello sono i successivi lavori nostra dea 1925, minnie la candida 1928. nel primo esprime la sua poetica dell’uomo come attore inanimato mettendo in scena la vita di una donna manichino che cambia personalità in base all’abito che indossa. tema delle molteplici apparenze offrendo una lettura in chiave pessimista. Il secondo presenta l’anima candida di minnie alla quale viene fatto credere che esistano alcuni pesci rossi artificiali, mossi da scariche elettriche. Lei arriva a congetturare anche l’esistenza di uomini artificiali e dubitando della sua stessa autenticità si uccide. Realismo magico, protagonista indecisa che rimane estranea al mondo che la circonda. • la stessa inquietudine si avvicina Rosso di San Secondo, che si forma in Francia e Germania, che sviluppano in lui un teatro di forti contrasti, tra le passioni e la ragione. Successo con marionette che passione, 1918, testo antinaturalistico con squarci lirici che prescindono da ogni logica, con tecnica più espressionistica. Tre personaggi privi di identità, si incontrano per caso e si confidano le loro difficili passioni amorose. C’è la crisi di identità e lo smarrimento che porta alla solitudine. Drammi ricchi di echi disperati, i più noti sono la bella addormentata 1919, lazzarina tra i coltelli 1923, la cosa di carne 1924, sono passioni esagitate, di individui divisi tra ragione e istinto in balia di tiranni che li sottraggono a se stessi. 1931 lo spirito della morte, maternità ripudiata dai figli, e qui si chiude la grande stagione drammatica dell’autore. In seguito si rivolge a temi fantastici come il ratto di proserpina 1933, inedito fino al 1954, e irrapresentato fino al 1987, dove la mitologica eroina diviene una moderna fanciulla divisa tra new york e la Sicilia, con vicende umane trasformate da progresso tecnologico. • Anche Dario Niccodemi è degli anni 20, rigore di scenografia e costumi e cura della recitazione. Esordisce in Francia con commedie modellate sui prototipi del theatre boulevardier e influenzate da Bernstein. È abile coordinatore degli elementi che compongono il teatro. In Italia rivela un talento per l’introspezione psicologica, soprattutto per le figure femminili. Testi sono l’ombra 1914, la nemica 1916, la maestrina 1917, l’alba il giorno e la notte 1921, drammi di sentimenti che portano in scena inquietudine dei personaggi contemporanei. ♣ questo simbolo vuol dire che è un autore molto importante e sul libro che anche il box con la vita IL TEATRO DELL’OCCIDENTE CAPITOLO 10 TRA REGIA E SPERIMENTAZIONE LA RIFONDAZIONE DEL TEATRO (da pag 727 a pag 848) 1 Il teatro dei giorni nostri Tracciare un profilo della storia teatrale del secondo novecento è un problema arduo e destinato a produrre risultati solo parziali, dal momento che la prossimità agli eventi presi in esame rende ogni giudizio e valutazione critica provvisori quando non arbitrari. La nozione di edificio teatrale è ancora oggetto di riflessione progettuale e di realizzazioni innovative, ma i teatri costruiti in modo da consentire un contatto diretto fra il pubblico e attori sono ancora pochi e per lo più hanno carattere sperimentale. L’esigenza unificante è stata ripresa a gruppi e uomini di teatro che in casi frequenti hanno scelto di agire al di fuori dei luoghi istituzionalmente deputati alla rappresentazione, reinventando di volta in volta lo spazio adeguato alle necessità dello spettacolo. È avvenuto e avviene ancora oggi che si faccia teatro nelle piazze, nelle strade o all’interno di fabbriche… Analogamente risulta impossibile identificare modelli univoci di spettacolo teatrale: una delle caratteristiche più forti del periodo che stiamo vivendo consiste nell’assenza di qualsiasi uniformità, coesione e coerenza. Comunque all’interno della storia teatrale contemporanea è comunque possibile distinguere tra teatro di regia e teatro di sperimentazione, distinzione certo non rigorosa ma utile per orientarsi in un complesso di esperienze così ricco e vario: Con TEATRO DI REGIA si potrà allora intendere l’insieme di esperienze sceniche al cui centro stia comunque il testo drammaturgico, a volte pienamente rispettato, a volte ridotto e rielaborato in modo anche radicale, in ogni caso presente come elemento fondante della rappresentazione. Sul testo drammaturgico si esercita la ragia, secondo modalità e intenzioni diversissime, allo scopo di dare attraverso lo spettacolo un’ interpretazione critica di un opera scritta Con TEATRO DI SPERIMENTAZIONE si potrà invece intendere ogni altro tipo di spettacolo teatrale, costruito in assenza di un testo per così dire d’autore. Con la definizione di TERZO TEATRO coniata da Eugenio Barba(fondatore dell’Odin Teatret) si identificano quei gruppi che non si riconoscono nel teatro istituzionale e neppure nell’arcipelago multiforme del teatro di sperimentazione, affermatosi tra gli anni ’50 e gli anni’70 e sentito a sua volta come accademico, si caratterizza per una provenienza non professionistica dei suoi artefici, per una pratica di esistenza che fa del teatro uno strumento di ricerca antropologica, culturale e interiore, rimanendo indifferente alla produzione dello spettacolo come obiettivo di un lavoro che invece vorrebbe essere costantemente in progress. 10.1 Il luogo Scenico L’esperienza del luogo scenico nel secondo novecento incanala entro due direttrici fondamentali il ricco patrimonio di teoremi e di attuazioni sperimentali maturato nel primo trentennio del secolo: mentre da un lato l’edificio teatrale sviluppa uno spettro tipologico assai variegato, d’altro lato il concetto stesso di spazio teatrale subisce un processo di destrutturazione e dissoluzione progressive, rivelando come l’evento teatrale sia possibile anche al di fuori degli edifici tradizionalmente deputati alla rappresentazione. Ogni luogo è potenzialmente uno spazio teatrale e lo diviene di fatto qualora vi si sviluppi l’incontro fra attori e spettatori senza che questi ultimi devono contare sulle modalità di fruizione consacrata dalla consuetudine moderna. All’indomani del secondo conflitto mondiale l’architettura teatrale smarrisce ogni ossequio nei confronti del modello sostanzialmente unitario che aveva dominato i secoli precedenti. In molti casi le antiche sale all’italiana proseguono la loro attività: basti per tutti citare il teatro alla Scala in Milano o il San Carlo in Napoli, sia pure adeguati alle acquisizioni strutturali wagneriane e sottoposti a costante aggiornamento tecnologico, specie nella zona del palcoscenico. A essi si accomunano edifici di recente costruzione che ancora si fondino sulla morfologia della frontalità scena-sala, essendo perciò dotati di proscenio e arcoscenico a incorniciare un palcoscenico tecnologicamente attrezzato, mentre la sala si articola su pianta ovale o trapezoidale con balconate frontali che sovrastano la platea sostituendosi al desueto modello a palchetti, esempio interessante di tale modello teatrale è offerto dal nuovo Piccolo teatro di Milano, progettato da Marco Zanuso (vedi piantina figura 10.1 pag 730 )che prevede accanto al palcoscenico principale un secondo palcoscenico di servizio per il montaggio delle scene. Diffusa specialmente nei paesi anglosassoni è la tipologia di teatro, che rifacendosi al modello greco e in parte a quello elisabettiano, propone la scena aperta ossia uno spazio privo di cesure tra zona dello spettacolo e zona della fruizione. La maggior parte dei teatri professionali a scena aperta fu edificata tra gli anni’50 e gli anni’70: basterà pensare alle sale destinate ai festivals shakesperiani di Stratford nell’Ontario e di Chichester o ancora al piccolo Octagon Theatre di Bolton, al Cruciale Theatre di Sheffield. Fra gli esempi più recenti: Nayional Theatre progettato da Denys Lasdum (1976) Barbican in Londra (1982) Mentre fra quelli che optano per una struttura a cielo aperto basterà menzionare il teatro Verde dell’isola di San Giorgio in Venezia, progettato da Luigi Vietti e angelo Scattolin (1954)(figura 10.2 pag 732). La tipologia che un per certo periodo parve interessare la ricerca registica è quella che pone la scena circolare, al centro del sistema d’accoglienza per il pubblico, organizzato su file concentriche di sedie o poltrone, in analogia con il vecchio modello circense, entro strutture del genere il regista Max Reinhardt sperimentò le possibilità della scena circolare. In Italia il modello a pianta centrale trova realizzazione nel teatro Sant’Erasmo in Milano(figura 10.3 pag 733), progettato da Antonio Carminati e Carlo de Carli (1953), rimasto attivo fino al 1968, allorché fu demolito per lasciare luogo autorimessa privata. Un altro filone della recente architettura teatrale si raccoglie abbastanza omogeneamente intorno al modello strutturale dotato di due o più sale comprese nel medesimo edificio, tale assemblaggio di spazi per la rappresentazione offre il vantaggio di poter ospitare nello stesso luogo diversi tipi di spettacolo. Esempio di tale impostazione sono il teatro di Mannheim progettato da Mies can der Rohe (1953), il teatro di Helsinki di Alvar Aalto (1967). Il filone dei teatri adattabili aspira a recepire in un solo luogo o meglio bella medesima sala, tutte le opzioni possibili di messinscena e di accoglienza degli spettacoli, un’unica sala capace di adattarsi alla multiformità del teatro, in apparenza sembra rispondere a un criterio di austerità, in realtà solo un certo settore, i teatri legati all’attività didattica e sperimentale delle scuole di teatro come si vedrà tra breve, sembra muoversi in codesta direzione. Il teatro di Malmo in Svezia costruito nel 1944 è dotato di pareti scorrevoli e di un soffitto abbassabile per nascondere le gallerie in modo da espandersi e restringersi per ospitare un numero di spettatori variabile da 900 a 1700 unità. In Italia un esempio di teatro adattabile è costituito dal teatro di Cagliari, progettato da Maurizio Sacripanti nel 1965. I teatri delle università americane hanno diffusamente sperimentato la formula dell’adattabilità a cominciare dall’Experimantal Theatre(figura 10.4 pag 735) dell’università di Miami(1950), progettato da Robert M.Little e Marion I. Manley, in cui sono previsti cinque diversi tipi di assetto della sala. Una variante riconducibile al modello del teatro adattabile si può individuare in Italia nella ristrutturazione dell’ottocentesco teatro Fossati in Milano, operata da Marco Zanuso. La possibilità di aprire lo spazio del teatro a differenti ipotesi di fruizione (proiezioni cinematografiche, conferenze, concerti), dà vita a esempi di teatro polivalente fra cui si ricordano i complessi di grandi dimensioni realizzati da Renè Allio (Theatre d’Hammamet, Tunisia 1963 e Theatre de la Comune d’Aubervilliers 1964). Dal teatro adattabile si passa alla nozione di teatro adattato che come afferma Vicoli comprende la possibilità di combinare in un unico palcoscenico le qualità essenziali di ognuno dei tanti tipi di palcoscenico osservabili nel passato storico e persino di far posto di far posto ai dispositivi cinematica all’interno dell’allestimento di una rappresentazione drammatica, l’edificio teatrale si configura in modo eclettico, pronto ad adattarsi alla multimedialità espressiva, caratteristica di un certo spettacolo odierno. La più significativa conquista novecentesca in termini di luogo scenico può essere identificata con la tendenza ad abbandonare lo spazio istituzionale dell’edificio per realizzare spettacoli entro i quali la convenzionale separazione tra scena e pubblico sia superata, Jerzy Grotowski crea nel suo teatro laboratorio insieme a Jerzy Gurawski architetture sceniche capaci di stabilire un più stretto contatto fra attori e pubblico. Il gruppo del LIVING THEATRE presenta i suoi spettacoli in New York in luoghi non teatrali riadattandoli al proprio scopo insieme all’architetto Paul Williams, la scelta fondamentale del gruppo è orientata di preferenza verso luoghi alternativi come la strada o la piazza. La tendenza a uscire dallo spazio tradizionale spinge Luca Ronconi a reinventare la simultaneità dei luoghi deputati medievali nei carrelli mobili e nelle pedane multiple dell’Orlando Furioso (1969) rappresentato sui sagrati delle chiese o sulle piazze. La vicenda della scenografia risente della ricerca sperimentale promossa dalle arti pittoriche, accogliendo al suo interno le più nuove e disparate tendenze che via via si affermano, si può parlare di spaziografia, laddove lo spazio teatrale è globalmente reinventato senza limite alcuno nella ricerca di nuove formulazioni e definizioni. La scenografia scaturisce da un particolare legame di collaborazione tra il regista e lo scenografo: il primo indirizza di norma l’impostazione generale dello spettacolo, lasciando allo scenografo la responsabilità di proporre soluzioni funzionalmente coerenti con l’impianto critico dell’interpretazione. (esempi di stretti rapporti tra registi e scenografi Luchino Visconti e Mario Chiari, Giorgio Strehler e Luciano Damiani o tra Luca Ronconi e Margherita Palli. 10.2 Lo Spettacolo Il teatro di Regia Affacciatasi sulle scene Europee a partire dall’ultimo decennio dell’800, la figura del regista conosce piena affermazione nel corso del XX secolo. La regia si conferma come ruolo egemone nell’ambito dell’attività teatrale poiché da essa promanano le direttive per tutte le fasi del lavoro di produzione e sotto il suo controllo agiscono gli specialisti responsabili delle diverse tecniche dell’arte spettacolistica. Il regista garantisce il coordinamento fra le diversi fasi dell’allestimento, assegnando all’insieme una coerenza stilistica, frutto di un approccio critico al testo drammaturgico, la regia fornisce un’interpretazione spesso nuova e comunque soggettiva e originale del testo, sta nel regista scoprire nell’opera eventuali consonanze con il proprio mondo poetico, ricavandone una sintesi capace di dare luogo a una creazione affatto indipendente, il regista è effettivamente autore dello spettacolo. Il regista piega alle esigenze di un progetto creativo tutti gli elementi propri dell’arte teatrale, li promuove al rango di codici espressivi autonomamente significanti. In primo luogo il regista si applica al testo, che non è più concepito come un’entità intangibile, ma si configura come una base necessaria, sulla quale si esercita una lettura almeno potenzialmente originale, secondo modalità e intuizioni che afferiscono al mondo culturale e poetico del regista. Il testo può essere sottoposto a interventi di ordine drammaturgico anche assai rilevanti come tagli, integrazioni, citazioni d’autore e quant’altro per assecondare le necessità ritmiche ed espressive dello spettacolo. Nell’allestimento di un opera straniera , è molto importante la scelta della traduzione. Si instaurano i rapporti con lo scenografo: lo spazio e la scena diventano elementi decisivi nella formulazione espressiva dello spettacolo di regia già nelle esperienze di Antoine e Stanislavskij che imponevano ai loro scenografi inequivocabili direttive nel senso della ricerca del vero e del dettaglio realistico . L’esperienza del ‘900 contribuisce a demistificare la scenografia naturalista. La sperimentazione d’avanguardia abolisce la scenografia dipinta per dare luogo a elementi astratti e simbolici, costruiti come oggetti e sculture. L’evoluzione della scenografia nel secondo dopoguerra ripropone il parallelismo tra scenografia realistica e non realistica nei termini di scenografia storica e metastorica. La ricostruzione storica si arricchisce di arredi minuziosamente precisi nella riproduzione stilistica , la scenografia metastorica si avvale invece del contributo di artisti –scenografi . Alla definizione dell’ambiente scenico e alla determinazione della sua atmosfera, contribuisce con rilevanza di un linguaggio autonomo l’illuminotecnica , si è rapidamente evoluto in rapporto con il progresso tecnologico. Una nuova figura professionale il light-designer che agisce entro le coordinate fissate dall’autore dello spettacolo. Il rapporto tra il regista e gli attori e uno degli argomenti più delicati, la recitazione prima dell’avvento della regia essa era campo di specifica ed esclusiva competenza dell’interprete attore, inseguito diviene oggetto centrale della riflessione e dell’azione registiche. L’attore non è strumento passivo nelle mani del regista, ma durante le prove il regista offre all’interprete l’impulso fondamentale per la comprensione del personaggio, mentre all’ore spetta la responsabilità di identificarne i gesti, le espressioni e i comportamenti entro un processo creativo dialettico in cui il regista viene a sua volta ispirato dal contributo dell’interprete. Anche la responsabilità dei costumi è passata dalle mani dell’attore a quelle del regista e costituisce un codice espressivo autonomo e in molti casi di notevole rilevanza: il regista si avvale di figure professioniste (costumista) anche se è frequente l’eventualità del doppio incarico allo scenografo-costumista. Il trucco stesso degli attori è spesso soggetto alle direttive registiche , tuttavia il trucco pesante, espressionistico ha ceduto il posto nell’età della nuova regia a una stilizzazione funzionale che talora può anche comportarne l’abolizione. Visconti ad esempio pretese che la fascinosa attrice Andreina Pagnani si presentasse in scena senza trucco nei Parenti Terribili del 1945. Anche i movimenti di scena compiuti dagli attori nel corso dello spettacolo sono fatti oggetto di specifici interventi registici, del resto il movimento come il gesto rientra a pieno titolo nella vasta tastiera espressiva del regista. FRANCIA La storia della regia francese contemporanea prende avvio da Jacques Copeau (1879-1949). La sua lunga esperienza teatrale si può suddividere in due fasi: -la prima legata al teatro attivo, alla direzione del Vieux Colombier (la sala da lui fondata nel 1923) - la seconda occupata dall’approfondimento teorico e pratico dell’arte teatrale maturato attraverso la sperimentazione attuata presso il laboratorio teatrale in Borgogna - Tra il 25 e il 29 gli allievi che si stringono intorno alla sua figura carismatica, i Copiaus, rappresentano farse e commedie al cospetto delle popolazioni di alcuni paesi rurali. - Nel saggio Theatre populaire (1941) egli giunge a proporre il decentramento dell’attività teatrale da attuarsi nei centri urbani minori e minimi a mezzo di compagnie itineranti, sovvenzionate dallo stato e la costruzione di sale municipali periferiche i cui impianti scenici vengano progettati dagli scenografi più sensibili alle nuove esigenze dello spettacolo. - nel manifesto che pubblica in occasione dell’inaugurazione del Vieux Colombier, si scaglia contro il repertorio commerciale del teatro boulevardier, contro l’esibizionismo dell’attore affermato, contro la ricchezza e lo sfarzo della scena, promuove l’abbandono del naturalismo per un ritorno alla convenzione (cioè una riduzione all’essenziale dell’espressione teatrale), rifiutando le innovazioni dell’avanguardia contemporanea tedesca e russa. - alta qualità del repertorio proposto , centrato sui classici (farse di Moliere, commedie di Shakespeare, Goldoni, Gozzi) ma ugualmente aperto ai contemporanei(Claudel, Gide) - suscita all’interno della sua compagnia di giovani attori uno spirito di gruppo e di comunità - scenografia tendente alla nuda semplicità: pannelli, cubi per mettersi a sedere, scarsi addobbi o arredi, nel 1920 realizza il dispositivo scenico fisso in collaborazione con il suo allievo Louis Jouvet.(vedi figura 10.6 pag 745) - Per Copeau il nucleo vitale dell’arte teatrale risiede nel binomio testo-recitazione, la nuova concezione esalta la regia attribuendole il compito di essere garante della scoperta dell’essenza più vera del dramma, e a essa conducendo ogni elemento dello spettacolo in funzione dell’unità di rappresentazione. La messinscena viene a fondarsi pertanto sulla recitazione, intesa nella sua unità di espressione vocale. Il rigore delle studio e la disciplina quasi monastica imposti ai suoi collaboratori, vengono sanciti in una sorta di alleanza creativa, da 4 suoi allievi che si propongono di non venire meno agli insegnamenti del maestro, ciò si legge nel Cartel Des Quatre firmato da Charles Dullin, Luis Jouvet, Gaston Baty e Gorge Pitoeff.. A Charles Dullin si devono le più tenaci battaglie contro il teatro commerciale e boulevardier, condotta tenendo vivo l’insegnamento di Copeau. Il regista deve muovere da una cosciente analisi testuale per trovare l’unica possibile chiave dell’allestimento scenico sicché il valore di uno spettacolo viene a consistere nella corretta applicazione della regia come globale interpretazione. Louis Jouvet, allievo e assistente di Copeau, un’esperienza completa di scena infatti riocoprì oltre il ruolo di attore anche quello di regista, direttore di teatro, scenografo, direttore di scena ed elettricista. Poi diventò direttore del Theatre de l’Athenee, dove rimase con continuità fino all’anno della morte. Firmin Gemier, occupa un posto a sé stante, per il suo interesse per lo spettacolo popolare di massa. Le sue regie si distinsero per la forza esuberante e immaginifica degli allestimenti, che uscivano dai luoghi tradizionali per riscoprire il valore di una comunicazione più diretta e immediata con il pubblico. L’esempio felice fu quello dell’Edipo, re di Tebe di Bouhelier (1919) allestito sotto il tendone di un circo con centinaia di comparse che si avvicendavano in elaborati esercizi e giochi ginnici. Jean-Louis Barrault prosegue la grande lezione di Copeau, il suo meticoloso processo di analisi testuale giunge ad affermare che il compito del regista consiste nel riportare alla luce la parte nascosta del testo drammatico. Jean Villar molto deve a sua volta al magistero di Copeau, come suggerisce già la sua prima attività, spesa nell’iniziativa teatrale itinerante fra i villaggi con la compagnia de La Roulotte. Nel 1947 si inaugura sotto la sua direzione il Festival teatrale di Avignone ancora oggi una delle più importanti manifestazioni teatrali internazionali. L’importanza della sua opera risiede soprattutto nella straordinaria forza organizzativa e nelle determinazione con le quali volle sostenere la propria concezione del teatro come istituzione culturale aperta agli strati meno agiati di popolazione: un servizio pubblico per un’arte popolare. Maggiormente influenzato dal magistero brechtiano, il direttore del TNP di Villeurbanne, alla periferia di Lione, Roger Planchon, in una prima fase egli allestisce di preferenza testi classici dei quali esalta l’aspetto sociale e politico, contestualizzandone gli avvenimenti drammatici entro una precisa cornice storica. Dagli anni ’60 i suoi spettacoli abbandonano la linearità e la semplicità vilariane a favore di una sperimentazione formale ardua e per un pubblico esperto. Analogo percorso segue anche l’attività di Patrice Chereau che ottiene la direzione del teatro di una cittadina a 15 km da Parigi(appena ventitreenne) impegnandosi con entusiasmo nell’esperimento dell’animazione culturale per stabilire un contatto con la popolazione. Appena due anni dopo l’esperienza di Sartrouville termina , per il regista è al dimostrazione della vanità e dell’ima contraddizione di un progetto culturale che pretenda di portare a un pubblico proletario un teatro di tipo borghese. La sua regia risente fortemente dell’influenza brechtiana e di quella di Planchon e Strehler, i suoi lavori si incentrano sul tema della contraddizione della figura dell’intellettuale nell’era contemporanea. La fase successiva dell’attività di Chereau si apre anche all’esperienza del teatro d’opera in cui il regista intravede la possibilità di un esercizio nel campo del teatro “più teatrale”. Il 1968 inaugura, specie in Francia, una nuova fase di profondo mutamento nella vita del teatro: nuovi gruppi indipendenti affermano i principi della prevalenza del corpo sul testo, della creazione collettiva sulla regia individuale, del coinvolgimento degli spettatori nello spettacolo inteso quest’ultimo come festa. Fa tale esperienza nasce il Theatre du Soleil, fondato fin dal 1964 su basi cooperativistiche da attori, tecnici e dalla regista Ariane Mnouchkine(1939). Fino al 1967 allestisce testi drammaturgici scelti in un repertorio eterogeneo (I piccoli borghesi di Gor’kij, Sogno di una notte di mezza estate), ma coglie i più brillanti successi con lo spettacolo sulla rivoluzione francese intitolato 1789. Dopo il successo del film per la televisione francese sulla vita di Moliere, la posizione egemone della regista Mnouchkine si conferma chiaramente, deviando dalle premesse ideologiche collettivistiche che erano state all’origine del gruppo. Antoine Vitez fu invece un uomo delle istituzioni , ma il suo teatro si distingue da quello che dovrebbe essere “un servizio pubblico”, di affascinante ma comprensibile attrazione per il popolo, movendosi piuttosto sul crinale dell’esercizio d’attore a partire da testi di destinazione originariamente non teatrali, rielaborazioni da romanzi come Catherine da Le campane di Basilea di Arrabal. PAESI DI LINGUA TEDESCA Il teatro del ‘900 conosce uno dei più autorevoli rappresentanti della regia conMax Reinhardt (1873-1943) grande maestro d’attori, fondatore e direttore di molti teatri e instancabile organizzatore di festivals internazionali. Nato a Vienna, si forma come attore alla scuola di Otto Brahm, al Deutsches Theater di Berlino, si sposta poi verso la regia nel 1902 al Kleines Theater quindi assumendo la carica di direttore del Deutsches Theater (1905). Partito da presupposti naturalistici, si apre a una molteplicità di esperienze stlistiche sulla via di un eclettismo, peraltro sempre molto elegante, fondato sulla convinzione che ogni dramma richieda un suo stile particolare. La varietà degli spazi utilizzati, da quelli intimi e ridotti dei cabarets a quelli tradizionali dei teatri istituzionali, a quelli insoliti per l’epoca dei circhi il cui impianto secondo lui favoriva la messinscena di tragedie greche come nel 1910 Edipo re. Si trasferisce negli Stati Uniti e sperimenta anche sul grande schermo gli esiti dei suoi spettacoli teatrali, sebbene con assai meno successo. Con Erwin Piscator (1893-1966) si trascorre a una diversa concezione del teatro, in cui lo scopo non è più sbalordire o ammaliare, ma convincere lo spettatore. Il teatro assume così un valore sociale così la regia deve adeguare a finalità politiche tutti gli elementi dello spettacolo. Fonda a Berlino la Piscatorbhüne.Volendo cancellare l’egemonia del dramma individuale e psicologico e intendendo fare della realtà sociale e storica il soggetto principale dello spettacolo. Egli necessità di un accentuata meccanizzazione della scena(tapis roulants, piattaforma mobili in senso orizzontale e verticale, spazio scenico flessibile, proiezioni cinematografiche e strumentazione sonora d’amplificazione) allo scopo di conseguire una grandiosa scenicità corale. Bertolt Brecht (1898-1956) le premesse del teatro epico in parte poste da Piscator raggiungono la più completa espressione. Passato attraverso l’esperienza dell’espressionismo si avvicina ai problemi della messinscena dapprima come dramaturg al Deutsches Theater in Berlino, quindi collaborando all’allestimento delle Avventure del buon vecchio soldato Schweyk con Piscator nel 1927-28. Sono gli anni dello studio del Capitale di Marx da cui egli trae stimoli per riorganizzare nella nuova prospettiva della dialettica storica molti di suoi interrogativi, quali la ricerca di un senso e di un prospettiva all’impegno individuale. Una prima stesura della sua teoria teatrale è reperibile nel saggio “ Il teatro moderno è il teatro epico”. La differenza TRA TEATRO DRAMMATICO TRADIZIONALE di derivazione aristotelica e quello moderno o epico è: NEL PRIMO PREVALE LA FORMA ATTIVA, nel secondo quella narrativa , AL COINVOLGIMENTO EMOTIVO E SENTIMENTALE DEL PUBBLICO il teatro epico oppone quello razionale, critico, distaccato, ALLA CONTINUITÀ LOGICA DELLE AZIONI, DISPOSTE SECONDO UN ANDAMENTO LINEARE E DETERMINISTICO fanno riscontro le scene a se stanti del teatro moderno, ALLA TENSIONE DELL’INTERESSE DEL PUBBLICO VERSO LO SCIOGLIMENTO DEL FINALE si contrappone l’attenzione nei confronti dello svolgimento di ciò che viene mostrato in scena, inducendo a riflettere sulla realtà. Nel dramma brechtiano l’uomo è offerto come oggetto di indagine, come entità mutevole e capace di modificare la realtà. Il teatro diviene, strumento di riflessione e di incitamento all’azione trasformatrice della società. ☻ Nel termine STRANIAMENTO (verfremdung) si concentra tutta una serie di indicazioni per la scena e per la recitazione in cui consiste l’oggettivazione dell’indirizzo teorico del teatro epico, la più articolate illustrazione di questo concetto compare nei saggi “effetti di straniamento nell’arte scenica cinese” e ne “il teatro sperimentale”. L’effetto di straniamento consiste nel mostrare ciò che è noto e quotidiano in una forma che lo renda inedito e impreveduto, generando sorpresa, stimolando il pubblico a porsi interrogativi. ☻ La recitazione straniata comporta: categorico rifiuto dell’immedesimazione, della reviviscenza di Stanislavskij l’attore deve essere in grado di entrare e uscire dal personaggio, di farlo vivere e contemporaneamente di guardarlo dall’esterno la recitazione delle battute deve essere una citazione, cioè come se si riferissero in 3 persona le parole di un altro rigetta l’illusionismo verista come pure la dimensione onirica, metafisica, simbolica suggerita dalle avanguardie storiche. ☻ La scenografia mostrandosi contemporaneamente familiare ed estranea, rivela i propri artifizi è costruita con strutture modificabili e da oggetti che non leghino con l’insieme, sottolineando per contrasto, la propria identità. Si serve con sobrietà delle tecnologie piscatoriane, quali proiezioni filmiche e fotografiche. Cartelli contenenti il tema problematico, vengono mostrati per introdurre l’episodio recitato. ☻ L’illuminazione è ad alto potenziale con proiettori a vista, sancisce il complesso della codificazione scenografica tesa ad annullare qualsiasi coinvolgimento del pubblico. Nel 1949 fonda con l’attrice Helene Weigel (sua seconda moglie) una compagnia propria il Berliner Ensemble, dal 1954 con sede definitiva presso l’antico Theater am Schiffbauerdamm ribattezzato con il nome della compagnia. Concepisce il lavoro dell’ensenble in termini collettivistici e collaborativi, rifiutando la prevalenza di una figura egemone sulle altre. Il suo compito consiste nel suscitare e nell’organizzare l’attività produttiva degli attori, non un capo ma piuttosto un mediatore e coordinatore di un opera collettiva. Le figure cardinali devono essere il dramaturg che elabora il testo in funzione della scena e gli attori che producono comportamenti. Il Berliner Enseble ha attraversato alterna fortuna dopo la morte di Brecht nel 1956, l’organico dei collaboratori si è modificato anche per dissidi, separazioni, riconciliaziazioni. In una prima fase il gruppo si era proposto con intenzioni innovative e sperimentali, poi si è irrigidito in una stretta osservanza e tutela dell’eredità brechtiana, contribuendo a consolidare la fama attraverso la rappresentazione delle sue opere Madre Coraggio e L’opera da tre soldi. Un’altra istituzione tedesca è il Deutsches Theater, una delle più antiche sale di Berlino, la cui inaugurazione risale al 1883. Sotto la direzione di Reihhardt esso ha costruito il proprio repertorio sui grandi allestimenti shakesperiani. Alla figura di Peter Stein si deve il processo di recupero e attualizzazione dei testi classici, grazie a un attento e rigoroso studio dei testi drammaturgici è possibile recuperrarne il valore di attualità. Stein opera così profonde elaborazioni dei testi per rintracciarvi, oltre al contenuto poetico il messaggio sociale in essi implicito. Gli spettacoli messi in scena presentano una critica alle limitazioni ideologiche subite dall’autore del testo e un’analisi della pertinenza dell’opera rispetto alla realtà contemporanea . Esemplare è il Tasso di Goethe allestito da Stein nel 1969 che altera il testo in modo tale da esplorare le valenze sociali sottese all’opera. Nel 1970 ha assunto la direzioni della compagnia della Schaubühne am Hallenschen ufer di Berlino. PAESI DELL’EST EUROPEO Gli anni immediatamente seguenti alla rivoluzione russa vedono fiorire una straordinaria serie di iniziative e di personalità: dalla compagnia del teatro d’Arte di Stanislavskij emerge il talento d’attore di Evgenij Vachtangov. Apre una propria scuola nel 1913, dove impone una disciplina severissima e uno spirito di gruppo contrario all’affermazione individuale, assegnando al regista il compito di dirigere il lavoro dell’attore, nel 1920 la scuola viene riassorbita da Stanislavskij sotto la protezione del teatro d’Arte come Terzo Studio. In tale ambito realizza i suoi più importanti spettacoli, fra i quali la celeberrima Turandot di Gozzi (1922) in cui l’approdo espressionista verso cui lo sospinge l’intervenuto distacco stretta osservanza dal metodo dell’immedesimazione stanislvskiana. Mejerchol’d che dal 1907 al 1917 è direttore dei teatri pietroburghesi, fonda una propria scuola (1914) in cui può mettere a punto l’originale metodo della recitazione biomeccanica, elaborata sulla base di un’approfondita ricerca storica intorno alle varie tecniche di interpretazione: dalla commedia dell’arte, al teatro elisabettiano e spagnolo d’epoca barocca fino al giapponese Kabuki. Dopo la rivoluzione e dopo aver lanciato il celebre invito al rinnovamento del repertorio e del linguaggio teatrale noto come OTTOBRE TEATRALE Mejerchol’d firma la regia di Mistero Buffo di Majakovskij (1918). Molti giovani autori gli affidano i propri testi, mentre nuovi teatri si aprono dietro il suo esempio. La sua figura è decisiva nel teatro russo degli anni’20, esercitando una profonda influenza sulla generazione dei futuri grandi registi come Ejzenštejn che in tale periodo è anche regista teatrale, curando la sorprendente messinscena di Anche i più saggi ci cascano di Ostrovskij (1923), prima di affermarsi come grande regista del cinema moderno. Dopo la straordinaria apertura verso le sperimentazioni teatrali ha inizio una progressiva repressioni di qualsiasi formulazione artistica di tipo formalistica finchè nel 1934 in occasione del I Congresso degli scrittori sovietici, si perviene alla chiusura totale con l’ammissione di un’unica soluzione artistica da identificarsi con il realismo socialista. Gli artefici delle recenti innovazioni sceniche devono adeguarsi alla volontà degli organi di potere: Mejerchol’d adotta ora uno stile definito impressionistico come ad esempio negli allestimenti della Signora delle Camelie (1934). Il realismo socialista ha uniformato ogni tipo di elaborazione , sconfiggendo definitivamente la creatività proprio in Russia, dove si erano visti all’opera i teatri migliori del mondo, nel 1934 Mejerchol’d è fatto oggetto di critiche che porteranno 4 anni dopo alla chiusura del suo teatro, all’arresto e infine nel 1940 alla fucilazione. In tale clima acquista risonanza il teatro Realistico di Mosca diretto da Nicolaj Ochlopkov, a suo tempo seguace di Mejerchol’, che prevede allestimenti rigorosi, si sforza di coniugare con le necessità ideologiche una personale concezione del fatto teatrale, trasferendo l’azione in platea e inserendo nelle sue regie elementi cinematografici e narrativi. Nel corso degli anni ‘40 molte sale vengono distrutte: nei primi anni ’50 dei 950 teatri esistenti prima della guerra solo 250 restano attivi, e tutti conformi al modello del teatro d’arte di Mosca. Soltanto dopo la morte di Stalin (1953), si assiste a un relativo allentamento delle posizioni di forza espresse dal governo: si ritorna con attenzione al lavoro registico di Mejerchol’d e Vachtangov, i testi di Majakovskij vengono riproposti accanto alle opere di autori stranieri, fra i quali Brecht, Miller e Osborne. Nel corso degli anni ’60 grazie all’influenza degli altri paesi europei, l’Unione Sovietica recupera buona parte della sua tradizione formalistica e inseguito al rinnovato interesse per Mejerchol’d, modifica e trasforma parzialmente il realismo socialista che aveva influenzato tanta parte della produzione registica novecentesca: ad esempio le regie di Jurij Ljubimov(1917) in cui i testi drammaturgici seppure riscritti o riadattati rimangono sempre il momento centrale dello spettacolo, mentre l’allestimento rispecchia un nuovo gusto attraverso il recupero delle tecniche dinamiche, quali la danza e il mimo. Nei paesi dell’ex- Cecoslovacchia la vita artistica subì, per tutto il periodo staliniano, restrizioni e censure analoghe a quelle verificatesi nell’Unione Sovietica. Con l’allentamento del controllo centrale intorno alla fine degli anni’50 si inaugurò una nuova fase che consentì a Josef Svoboda di mettere in luce la propria personalità innovatrice nel campo della scenografia, affermando un gusto di sperimentazione multimediale, nel 1958 collaborò con Alfred Radock all’esperienza della lanterna magica ossia a un teatro che combinasse recitazione, proiezione cinematografica e musica. Sperimenta anche l’uso di una palcoscenico maneggevole, in grado di modificarsi di scena in scena. Fra le compagnie operanti in Cecoslovacchia quella che merita attenzione è quella di Otomar Krejča condirettore e fondatore del teatro nazionale di Paraga nel 1965, del teatro Za Branou uno dei più piccolo teatri praghesi più conosciuti all’estero. In Polonia la seconda metà del nostro secolo costituisce un’instancabile fucina di nuovi talenti: anche solo considerando la rosa di registi e uomini di teatro passati per lo Stary Teatr, ossia il teatro municipale di Cracovia. Si avverte un alto livello di impegno artistico da Jerzy Jarocki a Konrad Swinarski fino a Andrzej Wajda, più conosciuto come regista cinematografico. ITALIA L’affermazione della figura del regista è assai tarda rispetto al panorama europeo. Molteplici fattori concorrono a determinare tale situazione: se in Europa la continuità di un teatro ufficiale era stata affiancata da una consistente presenza sperimentale, fertile non soltanto di innovative produzioni sceniche, bensì anche di un consistente patrimonio teorico metodologico. Il declino dello sperimentalismo futurista si disperse e si esaurì in tante, ma ognora più isolate battaglie di retroguardia. Le esperienze estetiche d’avanguardia non seppero mettere a fuoco formulazioni teoriche in grado di preparare il terreno alla nuova identità artistica e professionale del regista. I drammaturghi esercitarono un ruolo frenante, fraintendendo la nuova possibilità del teatro di regia, piuttosto che favorire l’ingresso di tale nuova figura professionale, gli autori vollero assumere su sè la responsabilità dell’allestimento contribuendo a diffondere nel nostro paese un’idea di regi sottomessa alle intenzioni del drammaturgo. Negli anni ’30 prevale la tendenza a sottovalutare gli elementi di spettacolarità, investendo il regista del compito principale di tradurre rispettosamente il testo, ponendosi al servizio della poesia. Tatiana Pavlova di origine russa ma stabilmente attiva in Italia, già attrice del metodo stanislavskiano fattasi regista ribadisce l’estraneità dell’impegno registico alle incombenze della scena. Renato Simoni metà degli anni ’30 offre interessanti edizioni di spettacoli goldoniani nelle piazze veneziane, ricondotte alla lettera del testo e alle originarie volontà sceniche dell’autore, senza pervenire a una chiave di lettura critica originale e creativa. (la dimensione demiurgica rimane assente in codesti garbati allestimenti preparati dal regista con attenzione esclusiva al testo e alla recitazione). Pietro Sharoff un altro russo naturalizzato come pavlova, fondatore di una propria scuola di regia e recitazione, direttore della Compagnia romana dell’Eliseo mel 1938, produce spettacoli all’aperto di portata non superiore. La denominazione stessa di regia stenta a farsi strada, dalla prevalenza refrattaria culturale dell’ambiente teatrale italiano al potere accentratore riconosciuto altrove alla nuova figura professionale. Nel 1935 Silvio D’amico fonda l’Accademia d’Arte Drammatica che prevede anche l’insegnamento della regia, affidato nel primo triennio a Tatiana Pavlova, inseguito a Guido Salvini(nipote del grande attore Tommaso, assistente di Pirandello). L’assegnamento di uno specifico insegnamento presso l’Accademia rappresenta un’importante presa di posizione ufficiale nei confronti della regia (una possibilità di affermazione della funzione della regia, sia pure ancorata a una condizione ancillare rispetto alla poesia del testo). Durante gli anni del Fascismo, continua a prevalere la concezione letteraria , con rare e solo parziali eccezioni come Enrico Fulchignoni. Orazio Costa diplomatosi regista all’Accademia nel 1937 influenzato dal magistero di Copeau, tiene dopo Salvini la cattedra di Regia. La sua attenzione critica al testo e alla recitazione distanziano il suo lavoro dalle regie equilibratici caratteristiche del decennio precedente, non solo rafforzando la funzione centrale del regista come maestro dell’attore, ma soprattutto rendendosi garante della comprensione autentica dello spirito del dramma rappresentato. Un posto di particolare rilievo merita Eduardo De Filippo per la sua articolata attività di attore e regista, oltre che di autore drammatico. L’allestimento delle sue opere, nelle maggior parte dei casi scritte in lingua napoletana e legate alla realtà partenopea, ha avuto il merito di ricondurre il teatro dialettale a dignità di teatro d’arte, affermandosi per vitalità e ricchezza non soltanto sulla scena italiana. Nella vicenda novecentesca del teatro risulta davvero esemplare la figura di Luchino Visconti che a fianco di una costante attività cinematografica, fornì un contributo straordinario all’affermazione del teatro di regia in Italia, presentando sia sul fronte dei classici, sia su quello delle novità italiane e straniere, una serie di spettacoli di indimenticabile e impareggiabile perfezione 1945 A porte chiuse di Sartre 1949 Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams 1951 Morte di un commesso viaggiatore di Miller 1958 Uno sguardo dal ponte di Miller Egli promosse l’apertura dei confini culturali del nostro paese verso la drammaturgia contemporanea francese e americana, il suo repertorio ha inoltre spaziato dalla messinscena del migliore teatro del primonovecentosco nelle atmosfere poetiche di celebri allestimenti cechoviani 1952 Tre Sorelle 1955 Zio Vania 1965 Il giardino dei ciliegi realizzazioni goldoniane pervase da un’innovativa immagine del ‘700 1952 La locandiera fino a toccare gli ambiti della tragedia greca 1953 Medea di Euripide e del dramma strindberghiano 1957 La signorina Giulia La più recente storiografia italiana tende a riconoscere nell’attività di Orazio Costa, Eduardo De Filippo e Luchino Visconti il modello registico a spettacolo unico, ossia un tipo teatro che fa dei successivi allestimenti non altrettanti episodi a sè stanti, bensì le tappe di un percorso artistico e registico coerente e unitario che persegue sempre il medesimo spettacolo ideale. Luchino Visconti deve essere considerato il primo grande regista italiano: straordinario concertatore di linguaggi scenici, amalgamati entro progetti culturali raffinatissimi e spesso aspramente originale, egli fu scenografo, costumista, musicista e maestro impareggiabile di attori, per la prima volta nel nostro teatro riunendo in sé ogni responsabilità creativa nello spettacolo. Solo a partire dal 1947, con la nascita del primo teatro stabile italiano, IL PICCOLO TEATRO di Milano fondato da Paolo Grassi e Giorgio Strehler si può parlare di una prassi registica consolidata ed eretta a sistema. In tale senso la generazione strehleriana alla quale appartengono Luigi Squarzina, Vito Pandolfi, Gianfranco de Bosio accomunati dall’adesione all’area dell’impegno antifascista, può essere considerata la prima nella storia del nostro spettacolo teatrale di regia. L’attività di ciascuno di essi si lega alla direzione dei teatri stabili, le nuove istituzioni teatrali a finanziamento pubblico, per certi aspetti analoghi ai teatri pubblici francesi “di servizio culturale”, aperto alla fruizione di un vasto pubblico popolare. L’attività milanese del Piccolo teatro è legata a Giorgio Strehler che ha firmato la regia di circa tre quarti delle produzioni dello stabile. Gli assi portanti del suo repertorio sono costituiti dalla serie di regie goldoniane (Arlecchino servitore di 2 padroni e la trilogia della villeggiatura), gli allestimenti brechtiani (Opera da tre soldi, Anima buona del Sezuan, L’eccezione e la regola, Vita di Galileo), degli allestimenti Cechoviani (il gabbiano e il giardino dei ciliegi), spettacoli shakesperiani(Riccardo II, Riccardo III, Giulio Cesare, Re Lear, La tempesta) accanto a importanti excursus nell’opera di Strindberg e Pirandello e nel teatro in lingua milanese di Carlo Bertolazzi. Fra i suoi recenti spettacoli occorre ricordare l’allestimento del Faust in cui la lettura del capolavoro di Goethe si arricchisce di un’intensa riflessione intorno alla fascinazione del teatro e al suo destino nel presente e nell’età futura. Fra i suoi meriti la scelta costante di un repertorio aperto ai classici, come alle novità senza concessioni di sorta alle esigenze commerciali e di comodo, la coerenza di uno stile che suggestivamente è stato definito realismo poetico in cui l’aspirazione a un rapporto sempre vivo e dialettico con la realtà sa coniugarsi con i toni delicati di una poesia della scena di statura assoluta. Dal 1983 Strehler è diventato direttore del Theatre de l’Europe, istituito dal Parlamento Europeo, con sede in Parigi e presiede L’Unione dei Teatri D’Europa, associazione che riunisce 14 teatri del continente. Fra i maggiori artefici del nostro teatro di regia bisogna ricordare Luigi Squarzina, regista del primo Amleto italiano in edizione integrale(1952) con Vittorio Gassmann nel panni del principe danese, moderato nell’espressività declamatoria dal lucido disegno della regia. Ciò che lo caratterizza è la molteplicità del suo impegno come uomo di teatro, egli ha coltivato parallelamente all’attività di regia, l’esperienza della scrittura di testi drammatici e inoltre la passione di studioso di storia teatrale, ricoprendo anche la cattedra universitaria di istituzione di regia presso il DAMS di Bologna. Il tema dell’intellettuale, si modula nello spettacolo goldoniano Una delle ultime sere di carnovale (1968) da lui diretto, in termini di profondità critica e di grande suggestione presentando la vicenda del protagonista Anzoletto come un passaggio esemplare della contraddittoria e pur feconda presenza dell’intellettuale italiano in Europa. Sul lavoro della prima generazione di registi nasce a posteriori la definizione di regia critica da intendersi “come una capacità di confrontare continuamente la battuta con la via che la circonda” (per usare le parole di Squarzina). La nuova regia critica assegna all’andamento dello spettacolo un doppio percorso di leggibilità: il primo ricostruisce il testo classico storicizzandolo, ossia facendone il veicolo per comprendere la cultura e la civiltà che in esso si esprimono. Il secondo, più profondo è costituito dal nesso che il regista sa cogliere tra il testo classico e l’attualità Nella prima generazione di registi si dovranno ricordare: Gianfranco De Bosio che inaugura con la Moscheta (1951) la riproposta del teatro ruzantiano Aldo Trionfo raffinato uomo di cultura cui si deve un’opera intensa di aggiornamento dei repertori del nostro teatro Giorgio De Lullo, vicino a Visconti durante la propria formazione, si ritaglia una posizione originale della storia del nostro teatro attraverso una lunga e fruttuosa collaborazione con la Compagnia dei Giovani, da lui fondata e diretta insieme a Romolo Valli. ☻Pur affermandosi pienamente la nuova regia manifesta già ai primi degli anni’60 alcune serie contraddizioni: la nuova organizzazione degli stabili impone ritmi di lavoro e qualità di repertorio che condizionano e frenano sul nascere la potenzialità sperimentali del teatro di regia. Massimo rappresentante dei registi della seconda generazione Luca Ronconi si distingue per una fervida attività, condotta sempre al confine tra una sperimentazione colta e un’accezione “classica” del lavoro registico. Pur provenendo dalla formazione istituzionale dell’Accademia Silvio D’Amico, durante gli anni’70 si muove al margine dei teatri stabili italiani, accogliendo nel proprio linguaggio molte delle sollecitazioni provenienti dalla più qualificata sperimentazione. Debutta con l’allestimento di un classico di Goldoni Bettina (1963)(originale montaggio de la putta onorata e la buona moglie) e i seguito allestendo i Lunatici di Middleton e Rowley e Riccardo III, Ronconi mostra di prediligere negli anni della scoperta italiana di Artaud, il registro della crudeltà. Ma il suo grande successo coincide con l’allestimento di uno spettacolo di assoluta originalità tratto dal poema di Ludovico Ariosto, Orlando Furioso, nella riduzione di Sanguineti (1969), la formula sperimentata prevedeva il diretto coinvolgimento del pubblico all’interno della rappresentazione , realizzata entro spazi diversi da quello tradizionale della sala teatrale (la massa degli spettatori viene attraversata da piattaforme su cui si recita, spostate a vista dagli attori stessi che agiscono sfruttando semplici quanto ingegnose macchine teatrali). L’impressione è quella di uno spettacolo festa, antico come una sacra rappresentazione e nello stesso tempo moderno come uno Happening. La sperimentazione di Ronconi si esercita a lungo sul problema dello spazio concependo complesse scene-teatro che ingabbiano attori e pubblico. Un altro importante regista della seconda generazione Mario Missiroli, uscito anch’egli dall’Accademia succede nella direzione del teatro stabile di Torino, raggiunge notevoli risultati artistici con alcuni spettacoli di grande suggestione visuale e originale concezione poetica come i Giganti della montagna di Pirandello(1979) o la mandragola di Macchiavelli (1983). Negli ultimi anni si afferma l’opera rigorosa di Massimo Castri esponente della terza generazione registica. Proviene dall’esperienza del teatro politico e dal collettivismo della comunità teatrale Emilia Romagna. Fra i suoi spettacoli più celebri si collocano i numerosi Pirandello, in taluni casi aperti al riferimento all’attualità politica come in Così si è se vi pare 1979, altri dedicati ai classici come Edipo di Seneca(1978) o l’Elettra di Euripide(1993) e L’Ecuba(1994) rivisitazioni fecondissime che smontano il dramma per metterne in luce l’inespresso. INGHILTERRA Un percorso in un certo senso alternativo rispetto all’Europa segue la regia inglese, movendosi sulla linea di un fedele e onesto realismo. Testimonia l’atteggiamento della scena anglosassone lo scarso gradimento dimostrato dei confronti degli spettacoli portati in Inghilterra da Gordon Graig. Dopo gli anni’20 si afferma il genere brillante con autori quali Noel Coward attivo nella commedia, nella rivista e nei musical. Dopo la guerra acquista prestigio l’Old Vic, con la sua scuola di recitazione, allargando il repertorio shakesperiano tradizionale alla rappresentazione di tutti classici: vi lavora spesso come regista Tyrone Guthrie che ne consolida la reputazione. Nello stesso periodo a Stratford si afferma come teatro shakesperiano il Memorial Theater divenuto presto celebre sotto la direzione di Peter Hall, negli anni’70 si trasforma nella Royal Shakespeare Company aprendo anche una sede a Londra. Si afferma un imponente schiera di attori fra i quali John Gielgud e Laurence Olivier completo uomo di teatro, impegnato su tutti i fronti della vita teatrale come attore, regista e direttore artistico dell’Old Vic e poi del National Theatre(la nuova istituzione teatrale che dal 1963 ha sede appunto presso l’Old Vic). La riforma dei finanziamenti e delle sovvenzioni statali, attuata verso la metà degli anni’50 garantisce al teatro inglese nuove risorse e nuovi mezzi, favorendo la rigogliosa fioritura di una fresca generazione drammaturgia. Un percorso particola ha seguito la regista Joan Littlewood con il suo tentativo di importare in Inghilterra le elaborazioni teoriche straniere: il suo teatro infatti, di ispirazioni critico-polemica, media un una sintesi originale il metodo dell’improvvisazione con le tecniche di Stanislavskij e Brecht. Solo con Peter Brook ci si accosta a un figura registica di grande talento e di sicura originalità. Mette in scena una serie di regie shakesperiane di grande suggestione e di ispirazione radicalmente controcorrente, specie sotto il profilo della progettazione degli spazi. Firma la regia di un memorabile Marat-Sade(1964) di Peter Qeiss, punto d’arrivo di una serie di spettacoli da lui realizzati l’anno precedente nell’ambito della stagione del teatro della crudeltà. L’importanza di Brook cresce nel panorama europeo grazie all’inaugurazione, in Parigi del Centro internazionale di creazione teatrale da lui diretto. La sua ricerca mira alla scoperta del livello più elementare e necessario della comunicazione teatrale, quello su cui non intervengano le convenzioni culturali. La ripetizione di formule e tecniche collaudate della tradizione, un certo atteggiamento conservatore e poco critico del pubblico - contraddistinguono quello che egli chiama il teatro mortale al contrario Brook persegue un contatto vivificante tra attori e pubblico, mirando all’essenziale semplicità del linguaggio teatrale, si propone di rendere lo spettacolo un momento di incontro universale, capace di superare le differenze culturali e nazionali. STATI UNITI D’AMERICA Come in Italia, anche negli USA la regia è acquisizione assai tarda, affermandosi compiutamente solo negli ultimi anni ’40. In seguito alla crisi economica di Wall Street, il governo provvede all’impiego della popolazione disoccupata anche mediante l’istituzione del Federal Theatre Project, cui si deve l’allestimento di un migliaio di produzioni. Fra le più interessanti iniziative fiorite in tale contesto, si ricordano le drammatizzazioni di avvenimenti di attualità, i cosiddetti giornali viventi, con caratteristiche prese a prestito dall’impegno politico del teatro impressionista tedesco. All’attività del Federal Theatre si lega anche il debutto registico di Orson Welles. Nel 1935 aveva allestito un sensazionale Macbeth con attori neri, ambientato nell’isola di Haiti, con stregoni woodoo in luogo alle streghe. Due anni più tardi fondò il Mercury Theatre allestendo un Giulio Cesare denso di riferimenti all’Italia Fascista, tuttavia il Mercury si sciolse tre anni dopo, per eccesso di successo e per il trasferimento del suo animatore ad altri è più remunerativi settori del mondo dello spettacolo americano. Proprio le grandi innovazioni sovietiche e tedesche, conosciute attraverso le grandi tournées compiute dal teatro d’Arte di Mosca nella stagione 1923-1924 e da Reinhardt all’incirca nel medesimo periodo, determinato, infatti una svolta nella storia della regia americana. Richard Boleslawski e Maria Uspenskaja, si fermano negli Usa aprendo l’American Laboratory Theatre per diffondere il metodo di Stanislavskij. I giovani attori dell’American Laboratori costituirono il Group Theatre, una compagnia, gestita come ensemble attiva tra 1931 e il 1941, che si rivelò un vero gotha per la recitazione statunitense, fra loro c’erano Lee Strasberg ed Elia Kazan: a tale gruppo di persone, animate da un comune interesse artistico, si fa risalire la fondazione dell’Actor’s Studio nel 1947, un’accademia d’arte drammatica destinata a conseguire grande prestigio internazionale. Perfeziona il proprio metodo recitativo, mantenendo alla base la lezione di Stanislavskij, per arricchirla di nuovi originali contributi. Strasberg assegna grande rilevanza alla MEMORIA AFFETTIVA e alle sua ricerca delle autentiche motivazioni interiori del recitare. Impone ai suoi allievi di richiamare alla mente episodi della propria vita analoghi alle situazioni vissute dal personaggio da impersonare. Il centro chiave dell’attività teatrale americana trova luogo in New York con le rappresentazioni di Broadway, centralissima strada metropolitana sulla quale si affacciano circa una trentina di teatri che presentano al pubblico grandi successi fra i quali si possono ricordare Un tram che si chiama desiderio di Williams e Morte di un commesso viaggiatore di Miller. Ma i crescenti costi di allestimento degli spettacoli e il diffondersi della televisione producono un effetto negativo sull’attività di Broadway, conducendola a lento declino. Diviene così ben presto centro di rappresentazioni di grande consumo, i teatri che non chiudono si orientano per sopravvivere verso un repertorio di scarso rischio formato da musicals, genere leggero e commerciale. Gli anni ’60 sono gli anni d’oro della commedia musicale che pur avendo altissimi costi di produzione riesce a richiamare un alto numero di spettatori grazie al suo repertorio facilmente godibile: My fair lady (1956) West side story (1957) Funny girl (1964) Hello Dolly (1964) Alcuni tentativi di contrastare la linea troppo commerciale assunta da Broadway si hanno con la creazione del Lincoln Center for the Performing Arts in New York, teso a rilanciare il teatro in forma tradizionale. Maggiore riuscita ha invece il programma di sovvenzioni economiche da parte della Ford Foundation, mirate alla creazione di gruppi teatrali nella grande provincia americana, si diffondono su tale base i barn theatres (i teatri nei fienili) che richiamano il pubblico nelle città minori. Alla fine degli anni ’70 Broadway risponde alla sfida con alcuni musicals antitradizionalisti che affrontano temi di attualità, polemizzando contro il cielo perbenismo americano: gli attori recitano completamente nudi oppure mimano sulla scena gli atti sessuali dimostrando come l’anticonformismo delle giovani generazioni si faccia strada in opere come: Hair!(1968) Che!(1969) A Choruse Line(1975) SPAGNA La situazione del teatro in Spagna è profondamente segnata dal pesante controllo esercitato sulla società dal regime franchista, il teatro può eludere i rigori della censura solo a condizione di risolversi in pura evasione, quando non in aperto appoggio ideologico al regime. L’organizzazione teatrale resta in mano ad impresari privati, attenti alle leggi della domanda e dell’offerta. In tali condizioni la stessa figura del regista stenta ad affermarsi pienamente ed occorre attendere la fine degli anni ’50 perché essa possa ottenere i primi riconoscimenti. I testi stranieri e le novità spagnole, ostracizzate dal teatro commerciale, trovano spazio dei cosiddetti teatri da camera e nei teatri universitari. Proprio in tali sedi si formano la generazione di registi e operatori teatrali che verso gli anni ’60 costituiscono il movimento dei teatri indipendenti. Con l’obiettivo di perseguire una nuova professionalità e di mettere in atto il decentramento teatrale, in direzione contraria all’accentramento franchista. Tabano, els joglars, Ditirambo, Mediodia sono i nomi di alcuni gruppi dai quali emergono, a metà degli anni’70, i protagonisti della scena spagnola del postfarnchismo fra i quali Lluis Pasqual. La nuova fase consente la nascita di teatri stabili, quali il Lliure di Barcellona, fondato nel 1976, primo fra gli enti teatrali a finanziamento pubblico, diretto da Fabia Puigserver e inteso a promuovere il riscatto della cultura catalana nel quadro di quella europea. PAESI SCANDINAVI L’influenza culturale di Ibsen e Strindberg continua a operare profondamente nella cultura scandinava durante tutto il ‘900, non solo dal punto di vista della drammaturgia, ma anche da quello della concezione scenica. Negli anni’30 la socialdemocrazia favorisce l’esperienza del teatro itinerante fuori dai centri ufficiali, sovvenzionati dallo stato. Si affrontano questioni del teatro politico, favorendo la nascita di gruppi di giovani attori che si rivolgono al nuovo pubblico operaio Con un repertorio incentrato sui grandi temi di attualità, negli anni’40 l’invasione tedesca della Danimarca e della Norvegia blocca sul nascere ogni ipotesi di rinnovamento formale, mentre in Svezia la neutralità della monarchia e del governo nei confronti del nazismo diviene oggetto di feroci satire sulle riviste prodotte nei teatri Folkan, Vasan e Nya. Alla fine del conflitto mondiale le scene scandinave, si aprono agli autori europei e americani con una propensione per il risvolto filosofico prima che ideologico: Camus, Kafka, e l’esistenzialismo Sartiano. Stig Dagerman il drammaturgo svedese più significativo degli anni’40 influenza le giovanili composizioni drammaturgiche di Ingmar Bergman che comunque debutta come regista teatrale al Boulevard Teater nel 1943. Bergman parallelamente alla carriera cinematografica in cui si è affermato come maestro indiscusso, ha continuato a dirigere spettacoli teatrali nei maggiori teatri pubblici svedesi e tedeschi, in particolare al Dramaten di Stoccolma, di cui è stato direttore artistico. La sua regia teatrale non si risolve nella semplice traduzione scenica della parola, ma evolve verso un attenta rilettura del testo al fine di evidenziarne in termini moderni il retroterra, il contesto, le problematiche filosofiche e psicologiche, nonché al fine di cogliere la visione fondamentale dell’autore. A partire dagli anni’70 si inaugura l’esperienza dei nuovi gruppi sperimentali, fra i quali l’Odin Teatret di Eugenio Barba a Oslo poi a Hostelbro in Daniamrca. L’attività dei pubblici teatri , il più antico dei quali è il Kungliga Dramatiska Teatern in Stoccolma, risalente al 1788, rimane per lungo tempo ispirata a criteri commerciali, ma dopo l’apertura culturale del secondo dopoguerra molti autori stranieri e nazionali ne dominano la scena. Lars Noren il più affermato drammaturgo svedese contemporaneo che proprio di recente si è aperto anche all’esperienza della regia allestendo a Kungliga Danza di morte di Strindberg. L’attore sulle scene del dopoguerra Per ciò che può concerne la scena inglese, essa può senza dubbio considerarsi ben rappresentata dai già menzionati professionisti della statura di Olivier e Gielgud. Laurence Olivier, attore versatile dal temperamento vigoroso e appassionato deve la sua popolarità ai trionfali successi cinematografici, premiati con con 2 Oscar, mentre Gielgud è universalmente riconosciuto soprattutto per le sue doti vocali, uno dei più significativi interpreti shakesperiani. Edith Evans erede della tradizione recitativa alta, misurata nel gesto e nell’espressione e dotata di ineguagliate doti vocali. Peggy Ashcroft, mirabile protagonista di testi classici e contemporanei e Joan Plowright ancora oggi la più acclamata e celebre personalità teatarle britannica e una fra le più mature e coerenti interpreti del teatro novecentesco. Fra gli attori francesi ricordiamo Louis Jouvet, fautore della supremazia del testo drammaturgico sulla composizione dello spettacolo, ma convinto che soltanto con la teatralizzazione si possa realizzare l’intuizione poetica dell’autore, ritiene che la peculiarità del teatro consista nella dimensione sensibile della corporeità dell’attore e che la recitazione, per essere efficace deve rivolgersi allo spirito dello spettatore, abbandonnando ogni forma di realismo, tenta di raggiungere il difficile equilibrio tra immedesimazione e autocontrollo. Jeanne Moreau e Gerard Philipe entrambi divisi tra una straordinaria carriera teatrale e un’altrettanto lusinghiera fama cinematografica, possono essere considerati gli attori più rappresentativi della Francia contemporanea. Un posto a parte è occupato da Madeleine Renaud, fino agli anni 030 sviluppa un intesa artistica con il marito Jean-Louis Barrault, fondando la compagnia Renaud-Barrault che diviene un punto di riferimento per la scena teatrale Europea. Fra gli attori di lingua tedesca ricordiamo Bruno Ganz per la varietà del repertorio teatrale e delle esperienze cinematografiche, Jutta Lampe attrice vibrante di straordinaria vitalità ed Edith Clever forte di un’approfondita preparazione tecnica e capace di dare voce e presenza evocativa, scansione ritmica e musicalità ai testi drammaturgici. Parlando degli attori italiani, la riforma operata dalla regia sui modi e le abitudini degli interpreti sembra così dare vita fra gli attori impegnati fra i ruolo principale a due grandi categorie: -Gli attori- Mattatori cioè coloro i quali si rivelano capaci di superare i confini tracciati dal teatro di regia, divenendo spesso protagonisti non solo dello spettacolo, ma anche del costume e delle cronache. L’attore mattatore è ben conscio del fatto che al centro dell’interesse del pubblico sta la sua presenza attorale, il prestigio e il carisma. Tale categoria annovera in Italia esponenti come Vittorio Gassmann, Giorgio albertazzi, Alberto Lionello, Gabriele Lavia, Valentina Cortese, Rossella Falk, Valeria Moriconi e Mariangela Melato. Il mattatore sceglie il testo da rappresentare solo se esso gli garantisca una parte di spicco assoluto, rifiuta in genere una lettura registica “forte” che quasi di necessità sposterebbe il punto focale dello spettacolo dal protagonista a una differente complesso di segni e linguaggi. Nel posto degli attori mattatori un posto a parte va senza dubbio a Eduardo de Filippo e a Dario Fo, il primo considerato il maggiore attore italiano del secolo, attraverso una recitazione personalissima in grado di impennarsi dal più scabro realismo ai toni del grottesco, e un suo della voce ineguagliabile per ricchezza di sfumature. Su un versante diametricalmente opposto, Dario Fo dichiarando di volersi ricollegare alla tradizione popolare dell’improvvisazione, propone con maestria una recitazione fondata quasi esclusivamente sull’abilità gestuale e vocale. -la seconda categoria annovera gli attori al servizio del grande regista e cioè tutte quelle personalità artistiche che nel rapporto spesso quasi esclusivo con un regista di talento indiscusso sembrano trovare, almeno per un periodo della carriera, la ragione prima della loro attività, conseguendo gli esiti artistici più convincenti, si mostrano ben disposti ad adeguare il libero sviluppo della propria espressività al disegno generale dello spettacolo. Ad esempio la coppia formata da Paolo Stoppa e Rina Morelli con quale Visconti intrattenne un lungo sodalizio, Tino Carraio e giulia Lazzaroni con Strehler, Annamaria Guarinieri e marisa Fabbri con Ronconi. Estranea a entrambe le categorie l’esperienza dell’attore di avanguardia di colui che rifiutando gli spazi tradizionali del teatro e non avvalendosi di un testo drammaturgico per sostituire a esso la paratica gestuale e corporea si impone su una certa scena teatrale italiana a partire dalla seconda metà degli anni ’60. Il teatro di Sperimentazione A partire degli anni ’70 a fianco del teatro di regia si sviluppa il teatro di sperimentazione. Con tale definizione si sogliono convenzionalmente indicare le molteplici esperienze condotte dalla cosiddetta avanguardia teatrale, che hanno contribuito ad arricchire in modo anche significativo e originale la moderna concezione di evento spettacolare. Prendendo le mosse da un rifiuto di un linguaggio comunicativo univoco e fondato sulla premessa drammaturgia, il teatro di sperimentazione reclama un rinnovamento formale, un ribaltamento dei modi espressivi che restituisca alla rappresentazione scenica inedite possibilità di comunicazione. Parola, forma, gesto, colore, luce, suono (i codici espressivi9 assumono pertanto spessori e valenze differenti a seconda dei codici interpretativi dello spettatore al quale, in ultima analisi, spetta la sintesi dello spettacolo. All’idea di scrittura drammaturgica si sostituisce il concetto di scrittura scenica, intesa come partitura autonomia e interattiva della rappresentazione, capace di favorire lo sviluppo creativo delle risorse teatrali e delle loro molteplici modalità espressive. In tale contesto la scenografia viene sfrondata da ogni artificiosa convenzione, cedendo il posto al palcoscenico nudo oppure a spazi e materiali impiegati per il loro intrinseco valore anche extra-teatrale. Si viene a delineare la necessità di un teatro di laboratorio costruito con povertà di mezzi, capace di instaurare con la platea un rapporto creativo di scambio reciproco. Dall’altro alto un teatro collettivo in grado di penetrare attraverso un lavoro collegiale, nel corpo vivo di una comunità recuperando la funzione stessa del teatro, la sua vocazione originaria a farsi coscienza della società e operare per una sua trasformazione. È impossibile operare valide distinzioni categoriche all’interno di un fenomeno diseguale e multiforme, dagli esiti spesso contradditori e ancora in fase evolutiva. In molti casi gli artefici del teatro di sperimentazione hanno sviluppato nella maturità percorsi autonomi, lasciando le esperienze giovanili per riconvertirsi all’interno del sistema come registi e attori, in altri casi sopravvivendo in un precario territorio di frontiera. STATI UNITI ED EUROPA Dopo la seconda guerra mondiale il panorama teatrale di Broadway appare fortemente condizionato dalla crisi economica che determina una lenta, ma considerevole riduzione del numero di nuove produzioni, il repertorio proposto è dettata da criteri commerciali, per lo più allestimenti di testi di collaudo successo, alternati a musicals facilmente godibili da parte del grande pubblico. Lontano dai luoghi a esso tradizionalmente deputati, si afferma così un piccolo, ma articolato universo teatrale, denominato Off Broadway che raccoglie esperienze fra loro disparate, ma unificate dal desiderio comune di opporsi all’egemonia di opporsi di Broadway, in magazzini abbandonati, autorimesse, sale teatrali improvvisate e situate generalmente all’interno del Greenwich Village, quartiere periferico di New York divenuto fin dagli anni ’20 luogo di artisti di avanguardia e intellettuali anticonformisti. Ma già nei primi anni ’60 l’OffBroadway imbocca a sua volta la strada di produzioni economiche dispendiose e organizzativamente gravose, smarrendo i connotati sperimentali e di ricerca che avevano caratterizzato le scelte originarie di repertorio e programmazione. Da tale evoluzione trova spazio per affermarsi l’Off-Off Broadway, il nuovo movimento rifiuta la prospettiva commerciale agendo entro piccoli locali privati e riproponendo l’obiettivo di mettere in scena i testi dei nuovi drammaturghi americani. Divengono una realtà complessa e determinante per la revisione globale del linguaggio scenico. Fra i teatri sperimentali più originali dell’Off-Off, il più celebre La Mama Experimental Theater Club (meglio noto come Cafè Mama) creato dal produttore Ellen Steward. Dal 1965 il teatro di sperimentazione si arricchisce di una nuova forma di spettacolo l’Happening (letteralmente accadimento), un insieme cioè di avvenimenti spettacolari alogici, nel cui impasto significante, nuovo a ogni replica, improvvisazione e caso svolgono un ruolo fondamentale, dando luogo a esiti imprevedibili. Sono collocati solitamente al di fuori dello spazio teatrale tradizionale, in luoghi di vita quotidiana, gli happenings possono essere considerati opere d’arte multimediali, destinate a un pubblico divenuto, a un tempo, attore e spettatore, poiché attivamente e fisicamente coinvolto nell’azione scenica. La nuova pratica teatrale ripropone il concetto certo non nuovo dell’opera d’arte totale, in grado di coinvolgere non solo tutti i generi artistici, ma altresì i mezzi meccanici ed elettronici dei differenti media con risultati talvolta inquietanti in cui simultaneità degli stimoli e polifonia dei significati sembrano esplodere in accadimenti alogici e inaspettati. In tale panorama emerge e agisce il Livings Theatre, fondato nel 1947 da Judith Malina e Julian Beck, comincia ad allestire i suoi spettacoli in New York dove il gruppo propone eventi di inedita fattura e di alto valore artistico, cercando a un tempo di stimolare gli attori alla ricerca di una tecnica recitativa antinaturalistica. La necessità di provocare emotivamente il pubblico per sollecitare la presa di coscienza politica e diffondere la rivoluzione non violenta, induce il Living a lasciare nel 1964 gli Stati Uniti per un volontario esilio in Europa dove emergono in modo più scoperto le istanze politiche inarco-pacifiste. Il gruppo americano porta in scena i suoi spettacoli più famosi Mysteries and smaller pieces (1964) Frankestein(1965) Antigone (1967) e Paradiso ora (1968), divenendo in breve portavoce di inquietudini e speranze della rivolta studentesca e operaia. Un teatro che si distacca radicalmente dalla tradizione remota e recente, affermando la validità di un linguaggio scenico fondato sulla gestualità e la corporeità, spesso in assenza di una presenza drammaturgia significativa. Rifiutando il ruolo di compagnia istituzionale, nel 1970 il Living si divide in tre nuclei autonomi, per proporre in Brasile, negli Stati Uniti e in Italia spettacoli di strada e manifestazioni politiche a sostegno di scioperi, proteste e occupazioni a tale periodo risalgono Sette meditazioni sul sadomasochismo politico (1975), una sorta di tetra monodia sulla violenza dello stato sul potere mortale del denaro, sull’uomo schiavo del sistema capitalistico e Prometheus(1978) in cui sono nuovamente affrontatele principali tematiche politiche e sociali che hanno indirizzato l’azione del gruppo. Altre esperienze del teatro sperimentale: -quella dei Bread And Puppet Theatre fondato nel 1961 in New York dal tedesco Peter Schumann e celebre per i suoi spettacoli di strada, illustrati da maschere e giganteschi pupazzi -la San Francisco Mime Troupe cui si deve la diffusione del teatro di guerriglia, una forma di teatro politico che trasferisce in scena le strategie della lotta di guerriglia teorizzata da Che Guevara -il teatro Calpestino nato in California e guidato da Louis Valdez legato alla protesta dei braccianti agricoli e destinato a sviluppare la coscienza culturale e politica della minoranza messicana degli Stati Uniti. -Richard Schechner fondatore nel 1967 del Performance Group, a cui risale il concetto di teatro ambientale, un teatro cioè che attraverso l’impiego dello spazio scenico costantemente trasformato e convertito in ambiente, costringa ciascuno spettatore a seguire un proprio percorso all’interno dello spettacolo -a Richard Foreman si deve la fondazione nel 1968 dell’Ontological-Hysteric Theatre un teatro che intende essere insieme esistenza e disgregazione. Autore egli stesso dei testi per i suoi spettacoli, presenta medesimi personaggi che sulla base di un dialogo registrato e riprodotto da nastro magnetico compionoazioni banali e gesti privi di qualsivoglia nesso logico immediato. Al teatro visivo di Foreman si vuole associare il lavoro del regista Robert Wilson il quale sembra inaugurare con la sua organizzazione pittorica dello spazio una nuova estetica teatrale degli anni ’70, caratterizzato dall’esattezza inesorabile dei gesti e dalle suggestioni mediate da differenti culture, inedite combinazioni di personaggi storici di varie epoche e paesi, al fine di illustrare entro quadri grandiosi, tutti i tipi di conflitto che si sviluppano all’interno delle relazioni umane. Fra i suoi lavori più significativi : Lo sguardo del sordo(1971), Einstein sulla spiaggia(1976),Edison(1979), Orlando(1989),Doctor Faustus Lights the Litghts(1993) e il recente Hamlet, à monologue(1995). Anche in Europa artisti e intellettuali si interrogano sul ruolo del teatro e sull’incidenza che lo spettacolo deve avere sulla realtà sociale. I fautori di una visione autonoma del teatro trovano nelle riflessioni di Artaud le espressioni più convincenti , una notevole influenza in tale direzione viene esercitata dagli spettacoli e dalle sperimentazioni del polacco Jerzy Grotowski, a lui si devono alcune originali teorizzazioni del concetto di spettacolo, unite al preciso intento di rifondare la comunicazione teatrale. Secondo lui il teatro risulta storicamente superato dagli strumenti audiovisivi , inutile per tanto una competizione con tali mezzi, tuttavia il teatro dispone di un elemento caratteristico il rapporto diretto e vivo tra attore e pubblico da cui si deve perciò prendere le mosse la rifondazione dello spettacolo spogliato da tutti gli elementi accessori e divenuto povero, il teatro manifesta così la propria essenza specifica nella sola presenza dell’attore. All’attore dunque è affidata l’intera gestione dello spettacolo dalla sua capacità espressiva sia vocale sia gestuale dipende la buona riuscita dell’esperienza scenica per l’intenso coinvolgimento richiesto e l’assetto rigoroso e unitario, a quella religiosa. Le prima prove convincenti la tragica storia del dottor Faust (1963), Apocalypsis cum figuris(1968) egli decide di rinunziare alla rappresentazione teatarle per proseguire la propria attività nella sfera parateatrale. Il maggior promotore e divulgatore dell’opera di Grotowski in Europa è l’italiano Eugenio Barba, il quale conducendo una verifica costante delle teorie del maestro anche attraverso la sperimentazione di modelli alternativi si propone si attuarne gli insegnamenti. Fonda nel 1964 in Norvegia il laboratorio Interscandinavo per l’attore(Odin Teatret) che diviene in breve un centro di animazione teatrale caratterizzato da un forte impegno sociale. Promuove un lavoro di ricerca antropologica ed etnologica itinerante, trasferendosi in piccoli centri dell’Italia meridionale e del Venezuela, al fine di operare in stretto contatto con forme differenti dell’espressività popolare. A Barba si deve inoltre la stesura del manifesto sul terzo teatro un teatro cioè egualmente distante dalla scena ufficiale e dalle sperimentazioni delle avanguardie. Il polacco Tadeusz Kantor non solo regista ma anche scenografo e unico autore arrivando alla creazione di eventi altamente suggestivi nei quali la scenografia è per lo più costituita dagli stessi attori in scena, atteggiati in raffinate e angosciose composizioni plastiche: una sorta di tableux vivans di straordinario impatto emotivo. Fondatore e direttore del laboratorio teatrale Cricot 2 di Cracovia, il regista anziché fornire al pubblico una chiave interpretativa del testo, assolve unicamente la funzione di garante del alvoro svolto in scena dagli attori (Kantor entra in scena esclusivamente per rappresentare se stesso e richiede la amno dell’autore che intervenendo con un gesto, con la voce guida e corregge gli interpreti assegnando loro ogni replica il posto e il ruolo precisi che la creazione esige. Fra gli spettacoli di maggior successo firmati Kantor devono essere menzionati: La classe morta(1975), Wielopole- Wielopole (1980), Crepino gli artisti(1985) drammatiche confessioni personali sulla sofferenza del popolo polacco dominato dai poteri della chiesa e dell’esercito. Il Teatro danza che affonda le proprie radici nelle esperienze dei primi ’30 anni del secolo, svolge nel panorama del teatro di ricerca un ruolo guida. Basterà ricordare la ballerina e coreografa tedesca Pina Bausch la quale facendo proprie per ricrearle le esperienze precedenti, fra le quali la modern dance americana di Martha Graham, inaugura nel 1976 con i sette peccati capitali una forma originale di scrittura scenica che assume appunto il nome di teatrodanza, in opposizione del balletto classico, i danzatori recitano e danzano non più virtuosi strumenti nelle mani del coreografo, bensì sperimentatori creativi a tutti gli effetti, in interazione con il coreografo-regista. ITALIA Nel corso degli anni’70 il rapido evolversi della situazione sociale e politica e l’imporsi di alcune personalità artistiche, favoriscono nella nostra penisola un rapido processo di aggiornamento. Facendo propri provenienti dall’estero e le istanze ribellistiche che scaturiscono dalla contestazione operaia e studentesca, negando valore ai canali di produzione e distribuzione ufficiali. Per conseguenza si moltiplicano le cooperative teatrali autogestite e le associazioni spontanee di carattere sperimentale, nate sulla base di comuni finalità politiche e sociali. Contemporaneamente decolla il fenomeno dell’animazione teatrale: dalle comunità contadine alle periferie delle metropoli, dalle scuole a istituzioni quali manicomi e prigioni, tale attività si propone di mettere in scena con attori non professionisti storie locali e sotterranee, rimosse dalla cultura borghese, fine ultimo è la creazione di occasioni ricreative ed espressive, con intenti talvolta pedagogici. Mentre Milano si trova fino alla metà degli anni’70 esclusa dal movimento della nuova ricerca artistica Roma ne diviene presto il centro propulsore. Con la stagione delle cantine romane, luoghi d’arte alternativi destinati alle più differenti sperimentazioni teatrali, si spezza la catena dello spettacolo tradizionale(produzione-distribuzioneconsumo), l’accento si sposta dal prodotto finito lo spettacolo al momento preparatorio(training) fino a proclamare l’abolizione del prodotto stesso, transitando dal concetto di teatro a quello di teatralità. Il decennio dal 1965 al 1975 vede affermarsi in ambito romano numerose personalità: Carlo Quartucci uno dei più audaci autori del nuovo teatro italiano, promotore nel 1972 del gruppo itinerante Camion Giancerlo Nanni mette in scena testi tratti dalla letteratura fantastica, smembrandone le pagine in libere associazioni Giuliano Vasilicò figura di spicco del teatro immagine che sembra trovare la sua più significativa espressione artistica nell’accumulo e nella ripetizione di citazioni pittoriche di argomento ossessivamente erotico Carlo Cecchi attore regista dalla personalità marcata direttore dal 1971 della compagnia del Granteatro, e inventore di linguaggi recitativi inediti e popolareggianti in netta opposizione alle tecniche accademiche Le sperimentazioni condotte da Memè Perlini anch’egli attore regista il quale si impone per la sua scelta metafilmica che sembra trovare una propria ragione nel tentativo di cancellare la presenza fisica dell’attore, sostituito da procedimenti foto-cinematografici. Carmelo Bene offre il contributo più originale alla storia del cosiddetto nuovo teatro italiano, attraverso provocazioni aggressive e dissacranti, insofferenti di qualsiasi definizione. Otello secondo Carmelo Bene (1979 e 1985) e Macbeth (1983) sono fra gli spettacoli che meglio contribuiscono alla creazione dell’immagine di Carmelo Bene quale star indiscussa del teatro di sperimentazione italiano. La ricerca sulla parola e sul suono sembrano costituire l’interesse primario e peculiare di Bene, il quale padroneggiando la modulazione vocale attraverso un’ampia gamma di suoni e il sapiente impiego di sofisticatissimi apparati tecnici, arricchisce la propria recitazione di un fascino inedito e di grande impatto sul pubblico. Tra la fine degli anni ’70 e gli inizi del decennio successivo nel novero delle personalità del teatro sperimentale che accompagnino la concreta attività artistica a un’intesa discussione sulla possibilità e il significato della loro esistenza, si distingue la coppia formata da Claudio Remondi e Riccardo Caporossi, esponenti di spicci della scuola romana, realizzano entro un atmosfera beckettiana una sorta di comunicazione teatrale che si concretizza attraverso il lavoro fisico realizzato sulla scena e la costruzione in tempo reale di situazioni spaziali particolarissime. Ad esempio in Cottimisti(1977) i due attori sperimentano l’inutilità del teatro, ogni sera costruiscono un muro con gli strumenti del mestiere un muro fra loro e gli spettatori. Dal 1975 agli inizi degli anni’90 il nuovo teatro italiano presenta una diffusa tendenza alla formazione di gruppi più o meno numerosi in cui i ruoli tradizionali siano alternativamente ricoperti da tutti i membri a seconda delle competenze specifiche. Dagli anni della contestazione giovanile molte utopie sono ormai cadute e le nuove generazioni non si riconoscono più nei miti e nei sogni degli ex-giovani del ’68: in campo teatrale spontaneismo e improvvisazione diventano sinonimo di dilettantismo mentre si rivaluta la qualità artistica del prodotto finito. Anche il valore etico del teatro quale strumento terapeutico-pedagogico e politico sembra smarrire peso e interesse. La compagnia più celebre e rappresentativa del nuovo teatro italiano formatasi nel 1972 con il nome di carrozzone diviene nel 1980 Magazzini Criminali e dal 1985 solo Magazzini. Gli spettacoli si propongono come eventi artistici altamente formalizzati e rappresentano un significativo esempio di teatro immagine, la comunicazione verte sull’efficacia simbolica dell’immagine e contrasta in modo compiuto l’intellettualismo del teatro cosiddetto politico. Nel programma estetico assunto dal gruppo che trova le sue punte di spicco nel regista Federico Tiezzi e nell’attore Sandro Lombardi, il teatro è considerato una forma pedagogica che deve porre a frutto tutti i mezzi espressivi a sua disposizione, spaziando all’interno di ogni genere, per questo nei primi spettacoli (crollo nervoso 1980, sulla strada 1982) si ritrovano elementi mutuati da cinema,televisione, letteratura, comunicazione giornalistica, giallo e danza. Anche la musica assolve un ruolo fondamentale, sottolineando e valorizzando la drammaticità delle immagini proposte, in un apparente accumulo di stili e linguaggi differenti che danno origine a un flusso continuo di eventi scenici. Utilizzano uno spazio scenico che non contiene alcun elemento qualificabile come prioritario, bensì si configura come assolutamente fluido e mobile. Negli ultimi anni, il gruppo guidato da Tiezzi si sta impegnando in una convincente rappresentazione della drammaturgia in versi: la messinscena melodrammatica del manzoniano Adelchi(1992) e delle cantine dantesche, rielaborate e drammatizzate da poeti quali Sanguineti, Mario Luzi e Giovanni Giudici. Della medesima classe anagrafica di Federico Tiezzi è Giorgio Barberio Corsetti (1951), ma lo sguardo cupo, la vocazione provocatoria e la fascinazione per il patologico propri dei Magazzini si rivelano assai distanti dalla sue scelte stilistiche e tematiche, sorretto da uno stile ironico e distaccato.Egli si impegna a esplorare il mondo contemporaneo, facendo uso di meccanismi mentali che si traducono in scena in azioni corporee e in vere e proprie “coreografie” dello spazio. Corsetti mostra di voler rinnovare il linguaggio teatrale, realizzando raffinate esercitazioni sul rapporto tra teatro e video, da cui non sono assenti punte di virtuosismo tecnologico, realizzando raffinate esercitazioni sul rapporto tra teatro e video, da cui non sono assenti punte di virtuosismo tecnologico. Fondatori nel 1979 dell’associazione culturale Katzemacher (termine dispregiativo coniato dall’arianesimo tedesco per indicare gli immigrati nelle zone depresse delle Germania) Alfonso Santagata e Claudio Moranti, fanno del teatro dell’emarginazione il nucleo primo del loro lavoro. Insensibili al gusto per l’immagine, essi prediligono scavo interiore, e attraverso la ricostruzione di episodi di marginalità esistenti in carcere e in altre situazioni sociali disagiate si prefiggono di recuperare il valore dell’autentico dei sentimenti, presentando al pubblico spettacoli vivissimi(En Passant 1983, Il calapranzi di Pinter 1984) e profondi nell’analisi delle condizioni sociali e materiali cui sono costrette le classi meno abbiente. Leo de Berardinis drammaturgo, regista, scenografo e straordinario attore comincia la sua carriera recitando con Perla Peregallo e con lei realizza e interpreta spettacoli quali La faticosa messinscena dell’Amleto di Shakespeare(1967) in cui il testo della tragedia è assunto quale pretesto per porre in rilievo le lacerazioni dell’uomo moderno. Nel 1970 fonda il teatro di Marigliano, un centro sottoproletario della provincia di Napoli che egli stesso si premura di definire teatro dell’ignoranza . per un decennio dedica la propria attenzione alla ricerca teatrale scegliendo il dialetto napoletano quale lingua ufficiale dei propri spettacoli in cui chiama a lavorare con sé anche proletari ed emarginati.Nel 1981 il sodalizio con Perla si scioglie e intraprende esperienze singolari che lo inducono a fondare nel 1987 il Teatro di Leo, un’entità produttiva autonoma con un nucleo artistico e organizzativo stabile cui si affiancano collaboratori di diversa provenienza. Laboratorio teatrale del Teatro Settimo che era nato nel 1977 come gruppo di base sotto la guida di Gabriele Vacis, sviluppa successivamente un autentico rapporto di collaborazione con la periferia industriale di Settimo Torinese. Il gruppo offre spettacoli che si distinguono per una nostalgica, delicata, intensa poesia, fatta di un lirismo prezioso, in grado di emanare il calore di un lavoro che passi attraverso affetti e relazioni di gruppo. 10.3 Drammaturgia La Francia La drammaturgia della Francia del pieno novecento, trovando le ideali premesse nel clima delle avanguardie surrealista e dadaista si sviluppa attraverso una serie di percorsi individuali che conducono i diversi autori a elaborare soluzioni disparate, pur promovendosi all’interno di sue fondamentali direttive comuni: -esistenza di un rinnovamento radicale delle modalità che avevano caratterizzato le esperienze realiste -sul piano dei contenuti la consapevolezza sempre più piena della solitudine esistenziale dell’uomo che approda a una visione fisoloficamente negativa della vita, esplicata nei meccanismi dell’assurdo, la cui esasperazione conduce all’incomunicabilità e al silenzio -JEAN ANOUILH fecondissimo autore dotato di un solido talento per al scrittura drammatica e di un’attenta sensibilità alle questioni ideologiche e morali dell’età contemporanea di cui coglie dolorosamente il diffuso cinismo. Ha suddiviso la propria opera drammaturgia in commedie nere, di contenuto amaro e pessimista, commedie rosa, in tono leggero e più sorridente. Dopo essersi fatto conoscere con Il viaggiatore senza bagagli (1937)incentrato sulla ricostruzione dell’identità di un reduce, raggiunge il successo nel periodo bellico con la rappresentazione Antigone (1944) dramma della lotta per l’affermazione della libertà individuale che trasfigura in termini moderni la parabola dell’eroina sofoclea. Si conferma maestro incontrastato delle scene francesi del dopoguerra, alternando lavori di abile fattura artigianale a testi di ambientazione storica, intenti alla rivisitazione in chiave moderna di grandi personaggi: è il caso di Giovanna o L’allodola(1953), incentrato sulla figura di Giovanna D’Arco. Gli anni del secondo dopoguerra segnano in Francia l’affermarsi dell’esistenzialismo che dai trattati filosofici e dalla narrativa giunge a interessare anche il teatro attraverso i lavori di Jean Paul Sarte e Albert Camus. ♣JEAN-PAUL SARTRE si avvicina alla scrittura drammaturgia in periodo bellico con Le Mosche (1943), in cui rielaborando le fonti della tragedia classica ravvisa nella vicenda di Oreste e Elettra una situazione emblematica per dimostrare come il valore dell’individuo consista nel farsi responsabile creatore del proprio destino e nella consapevole ricerca di valori che assicurino alla vita il significato che nessuna trascendenza è in grado di offrire. Un teatro di situazioni esemplari, costruito intorno a vicende limite, con personaggi facilmente identificabili che lo spettatore possa riconoscere come prodotto di una precisa realtà storica ed esistenziale.Nel dramma A porte chiuse (1944) ambientato nel chiuso di una stanza che è simbolica metafora dell’Inferno, si dimostra come le sofferenze più atroci siano inflitte all’uomo moderno dal logoramento morale e psicologico imposto dalla convivenza forzata con gli altri, mentre ne Le mani sporche (1948) affronta il problema dell’intellettuale engagé posto di fronte all’impegno concreto della politica, entro una realtà che non corrisponde ai suoi assiomi ideologici: il giovane comunista Ugo, incaricato di uccidere un leader sospetto per conto del partito, si risolve all’omicidio solo dopo un tormentato conflitto personale, ma sconta una pena immeritata allorché la linea del partito vede trionfare la frangia sostenuta dal vecchio leader. Il tema dello scarto tra la morale personale e la prassi impronta anche Il diavolo e il buon Dio (1951) il testo di Sartre più ambizioso per complessità di temi filosofici e sottigliezza di analisi, in cui l’autore elabora una grottesca parabola sul rapporto bene –male per affermare la necessità che ogni individuo si impegni direttamente in ambito politico e sociale , dopo aver dimostrato come sia vano qualsiasi tentativo di aspirare alla trascendenza. -ALBERT CAMUS nonostante la sua produzione sia limitata è molto significativa: i lavori composti all’indomani della liberazione francese illustrano la metafisica dell’assurdo che l’autore aveva espresso lucidamente nel romanzo Lo straniero(1942). Il malinteso (1944) è il dramma simbolo di un universo chiuso nella solitudine e nell’incomunicabilità, in cui il ricorso al crimine esprime l’esigenza umana di spezzare i contrasti sociali, mentre l’aspirazione alla felicità urta contro un destino cinico e beffardo. In Caligola(1945) ritenuto il capolavoro teatrale di Camus, la figura dell’imperatore romano viene riletta in una chiave esistenziale che non lo vuole folle e perfido tiranno, bensì uomo consapevole dell’ingiustizia e della fatalità che dominano il mondo, la sua malvagità appare un disperato tentativo di adeguarsi all’assurdo destino che condanna ogni uomo all’infelicità e alla morte. Il riflesso della solitudine e il malessere esistenziale nel mondo contemporaneo si pongono a fondamento anche dell’esperienza più originale e significativa della produzione drammaturgia francese del ‘900, ravvisabile NEL TEATRO DELL’ASSURDO, che si sviluppa soprattutto a Parigi a partire dagli anni’50, di lì diffondendosi in tutta Europa. La definizione derivata da un fortunato saggio dell’inglese Martin Esslin, pubblicato nel 1961, raccoglie sotto un’unica etichetta opere di autori dalla personalità assai diversa, accomunati dal proposito di dare vita a nuove forme teatrali per esprimere adeguatamente l’angoscia metafisica dell’uomo posto di fronte all’incomprensibilità della propria condizione. Ciò che costituisce il carattere distintivo è il deliberato abbandono di una forma drammaturgia razionalmente costruita e di un linguaggio logico e consequenziale. Mentre infatti le pieces di Sartre e Camus presentano ancora un impianto strutturale tradizionale, rivelandosi congegni teatrali sapientemente costruiti, il teatro dell’assurdo categoricamente rifiuta l’opzione realistica, caratterizzata da una trama fondata sulla concatenazione coerente di eventi che evolvono verso uno scioglimento felice o tragico. Si fonda sul deliberato proposito di non trasmettere al pubblico alcun messaggio preciso attraverso il testo che si configura come proiezione afasica del mondo interiore dell’autore, prestandosi a molteplice letture interpretative affidate allo spettatore. Anche sul piano del linguaggio, opera una rivoluzionaria dissoluzione dei significati del codice verbale: il dialogo diventa fine a se stesso, non producendo alcuna forma di comunicazione, né costituisce l’elemento motore dell’azione. Per i personaggi parlarsi significa ingannare e subire un inganno. Il più alto rappresentante del teatro dell’assurdo è certamente ♣SAMUEL BECKETT , di origine irlandese, trasferitosi a Parigi fino dagli anni’20, egli sceglie di scrivere in francese la parte essenziale della sua produzione teatrale. Raggiunge il successo nel 1953 con la rappresentazione parigina di Aspettando Godot, dramma che attraversi una grottesca ed esasperante attesa di un fantomatico personaggio da parte di due vagabondi, rappresenta in allegoria la situazione dell’uomo contemporaneo dilaniato nell’inutile ricerca di un senso che giunga a chiarificare la sua esistenza, la commedia in due atti esplicita l’idea beckettiana di teatro: non esiste intreccio, le coordinate spazio-temporali sono prive di riferimenti realistici, i personaggi sono immuni da qualsiasi caratterizzazione psicologica , mentre tutto si risolve nell’andamento ritmico di un dialogo in comunicante e apparente fino alla conclusione degli atti che i due personaggi Vladimiro e Estragone restare immobili e ammutoliti sulla scena. L’immobilismo dei personaggi è una caratteristica sulla quale Beckett ritorna a insistere nei lavori successivi, ancora costruiti attraverso il procedimento del dialogo-monologo; immobili sono in Finale di partita(1957), il protagonista costretto su una sedia a rotelle e i di lui genitori che vivono rinchiusi entro bidoni della spazzatura, addirittura imprigionata nella sabbia è la frizzante zinnie di Giorni Felici (1961) che non si rassegna a lasciare le abitudini passate. Tutti i personaggi sono metafore dell’impossibilità dell’uomo condannato alla solitudine di trovare in sé energie per sfuggire al nulla nel quale va sempre più sprofondando attraverso gesti ripetitivi e un linguaggio sterile. La rappresentazione del mondo interiore attraverso la parola va scemando nell’ultimo Beckett, orientato verso l’essenzialità assoluta, i suoi drammi divengono ognora più brevi e il drammaturgo tende a presentare situazioni allucinate e astratte in cui la voce dell’attore sia balbettante o persino registrata su un nastro. -La dissoluzione del linguaggio è tematica centrale anche del teatro di Eugene Ionesco, drammaturgo di origine rumena e di formazione francese, che parallelamente a Beckett, segue il percorso del teatro dell’assurdo: il suo primo testo la cantatrice calva(1950), lo rivela come autore anticonvenzionale , proteso a rendere il senso di tragica assurdità della vita. Nelle sue opere successive (la lezione 1951 e Le sedie 1952) la rappresentazione crudelmente parodistica della vita quotidiana si svolge attraverso un’ossessiva ripetizione dei luoghi comuni in situazioni banali e al tempo stesso paradossali, entro le quali i personaggi, che si parlano utilizzando un linguaggio logorato e sclerotizzato dall’uso, finiscono per essere travolti dalle vicende. Ionesco affianca a partire dagli anni ’60, alcune pieces che ritornano alla tradizionale scansione in atti e presentano una vicenda che evolve verso una conclusione precisa, finalizzata combattere il conformismo imperante nella società massificata: su tale linea si pongono Assassinio senza movente (1959), ambientato in un quartiere in preda alla follia di un misterioso omicida. In tutti i testi compare il personaggio di Beranger, certo l’unico eroe caro a Ionesco che a tale figura dal carattere semplice, critico ma profondamente umano, affida la ribellione all’appiattimento generale e il rifiuto degli isterismi collettivi, l’autore introduce la speranza nel riscatto del singolo attraverso una lucida e coraggiosa prese di coscienza dei propri limiti. -Al teatro dell’assurdo va ricondotta l’opera di Arthur Adamov i cui numerosi drammi, distaccandosi con decisione da ogni ipotesi di realismo, manifestano nell’autore particolari doti di invenzione satirica e grottesca e rivelano il tentativo, non sempre compiutamente realizzato di coniugare la dissoluzione del linguaggio con un’esplicita polemica sociale orientata in senso marxista. -Un collocazione particolare merita l’opera drammaturgia di Jean Genet, che pur accogliendo molti elementi del teatro dell’assurdo, se ne distacca in alcuni tratti per una visione più ottimistica nei confronti di una possibile comunicazione fra gli individui. Circondato da fama di maledetto per la sua vita scandalosa e romanzesca, fa del teatro lo specchio deformante della società contemporanea ritenuta responsabile unica del male del mondo. La maggior parte dei suoi personaggi si ribella alle convenzioni sociali e tenta di dimostrare come la devianza sia un passaggio indispensabile per il raggiungimento dell’integrità morale e psicologica, essendo i valori del mondo contemporaneo tutti arbitrari, non rimane all’individuo che attribuire loro un significato, consolidandoli tramite immutabili cerimoniali che conferiscano loro un’apparenza di stabilità -Al di fuori della drammaturgia dell’assurdo, in un personale compromesso fra le strutture formali della tradizione e le esigenze di rinnovamento, matura negli anni’60 l’esperienza drammaturgica di Margherite Duras, si accosta a una serie di drammi agiti da personaggi femminili, divisi tra desiderio di realizzazione e meschini realtà, appassionati fino alla pazzia, ma soli, sempre alla ricerca di un significato ultimo. Il Giardinetto Pubblico(1956) Giornate intere fra gli alberi(1965)Susanna Andler(1971) Savannah bay(1983), rappresenta entro situazioni banali e quotidiane, di impianto realistico, il dramma interiore di donne sospese tra la menzogna e l’aspirazione a un’autenticità di sentimenti che nel mondo attuale non è dato raggiungere. Duras è esempio delle poche donne-dramamturgo di successo, un’interessante elemento di rottura del monopolio maschile nell’ambito della scrittura teatrale. -Fra le figure più significative del panorama francese degli ultimi 20 anni una posizione a parte spetta a Copì drammaturgo regista attore di origine argentina, ha saputo garantire ai suoi testi un buon livello artigianale e un’efficace teatralità, creatore di un tipo di teatro ironico e dissacratorio, che ha fatto del suo teatro un’operazione culturale sofisticata e al contempo godibile. La prima opera che lo rivela al pubblico La giornata di una sognatrice(1968), Eva Peron(1970) fino a Le 4 gemelle(1973) ritenuto il suo capolavoro. Egli tratta il tema della trasgressione, declinato nelle sue diverse forme e varianti, con toni che uniscono uno scorza beffarda e parodistica a un fondo serio e amaro. -Prematuramente scomparso anche Bernard Marie Koltes, altra figura di autore drammatico che ha fornite prove fra le più interessanti e originali prodotte nella Francia contemporanea. Benché abbia composto soltanto 7 testi teatrali, ha saputo creare un personale sistema drammaturgico fondato sull’impiego del linguaggio come elemento primo di definizione del personaggio nella sua psicologia e nelle sue azioni, ne nasce una scrittura virtuosistica che si avvale di gerghi, parlate straniere, battute costruite sulla sonorità e sul ritmo attraverso cui l’autore definisce i protagonisti dei suoi drammi che sono immigrati, emarginati, criminali. PAESI DI LINGUA TEDESCA -♣La personalità più significativa è quella di Bertolt Brecht, il suo esordio risente dell’atmosfera espressionistica imperante: dell’avanguardia egli accetta la violenta polemica contro i valori borghesi, il gusto per il grottesco e gli accenti acremente demistificatori, ma rifiuta decisamente la tendenza alla trasfigurazione metafisica e all’apocalittico. Profetiamo in un futuro utopico. I suoi primi testi: Baal (1918), Tamburi nelle notte(1919)Nella giungla della città(1923)Un uomo è un uomo(1926) propongono una visione antilirica della realtà, verso una funzione politica dell’opera teatrale. Trasferitosi nel 1924 a Berlino, dove assume l’incarico di Dramaturg presso il Deutsches Theater, incomincia a studiare direttamente il marxismo e collabora con Erwin Piscator alla messinscena de Le avventure del buon soldato Schweyk(1927) Nel 1928 egli raggiunge il successo internazionale con la messinscena L’opera da tre soldi, il primo testo nel quale i principi che presiedono alla concezione del teatro epico vengono tradotti in prassi scenica.Presenta i caratteri salienti della rivoluzionaria drammaturgia epica: fino dalla scelta del soggetto, che non è originale ma un rifacimento in chiave moderna dell’opera del mendicante di John Gay pubblicata nel 1728. Un funzione innovativa affidata alla musica che interviene costantemente presente nel teatro di Brecht, alla musica affida un valore straniante, ribadito anche attraverso l’uso delle scenografie, per le quali il drammaturgo prevede l’impiego di cartelloni da cantastorie e attraverso il ricorso a tableaux vivants, nonché a numeri da cabaret.numerosi songs , musicati da Kurt Weill L’opera si presenta coma una successione di quadri staccati, non soggetti a legami consequenziali di causa o tempo Ancora con la collaborazione di Kurt Weill, Ascesa e caduta della città di Mahagonny(1930), che rappresenta il tentativo formale di dare vita all’opera epica, un inedito genere di teatro musicale in grado di strasformare il vecchio melodramma in un efficace strumento per indurre coscienza politica nel pubblico. Gli anni’30 registrano acme nell’impegno in direzione di un teatro politico è la fase del cosiddetto teatro didattico si possono ascrivere drammi come: L’eccezione e la regola(1930), la linea di condotta(1930), Gli Orazi e i Curiazi(1934) accomunati dal contenuto radicale e dalla struttura scenica concepita per essere realizzata con grande economia di mezzi e rifiuto di qualsiasi effetto spettacolare, nel duplice intento di addestrare l’attore alla recitazione controllata e distanziata secondo la tecnica dello straniamento, e di maturare un pubblico omogeneo per interessi e condizione socio-culturale. Costretto dal nazismo a lasciare la Germania, dal 1933 peregrina attraverso diversi paesi, fra cui l’Austria, la Svizzera, La Danimarca per stabilirsi dal 1941 al 1947 negli Stati Uniti. Al periodo dell’esilio appartengono le sue opere più significative , apre la sua opera a squarci della variegata realtà umana, associando la lettura critica delle vicende trattate quali prodotti storici di condizioni sociali e economiche necessitanti, a personaggi efficaci e situazioni suggestiva, capaci di incontrare il gusto del pubblico. Dalla dialettica tra i due poli nascono i testi che l’autore stesso indica con l’espressione di teatro dialettico: - Madre Coraggio e i suoi figli(1939-1941)amara vicenda di una vivandiera opportunista che per miseri guadagni, si pone al servizio dei diversi eserciti impegnati nella guerra dei 30 anni, pagando un pesante tributo affettivo con la perdita di tutti i suoi figli -L’anima buona del Sezuan(1938-1940) parabola drammatica ambientata in un Oriente da favola, in cui l’unica anima buona, individuata da tre divinità scese sulla terra nella povera prostituta Shen Te, deve constatare con la sua esperienza come al realtà capitalistica rende impossibile qualsiasi autentica forma di solidarietà, assolutamente estranea al mondo basato, sulla logica del profitto e dell’egoismo. -Incentrato sul rapporto tra potere e scienza è la Vita di Galileo(composto nel 1938-39 ma riscritto nel 1946) in cui, seconda la tecnica del teatro epico, si rappresenta in 15 quadri la vicenda dello scienziato che nella rinuncia alle proprie teorie, rappresenta il dramma morale dell’uomo di scienza di fronte all’uso improprio e pericoloso per l’umanità che il potere può fare delle scoperte scientifiche. A un intento polemico nei confronti del potere nazista si riconducono Terrore e miseria nel Terzo Reich (19351938), successione di autonomi episodi di vita quotidiana nel clima violento e terroristico instaurato dalla dittatura germanica; La resistibile ascesa di Arturo Ui (1941) in cui l’avvento al potere di Hitler viene posto in parodia e straniata attraverso le gesta di una banda di gangsters che domina il mercato ortofrutticolo di Chicago.Ultima grande opera Brechtiana è Il cerchio di gesso del Caucaso (1943-1945) imperniato sulla questione salomonica di un bambino conteso tra due madri e affidato, anziché alla genitrice naturale, alla donna che lo ha allevato a rischio della vita. Dopo il rientro in patria nel 1948 , la sua attività drammaturgica subisce una sensibile diminuzione, egli assume, stabilitosi a Berlino Est, la direzione del Berliner Ensemble. Con la divisione postbellica del paese in due compagine amministrative, l’attività teatrale tedesca viene rimodellata secondo le linee del nuovo corso politico: all’est lo stato totalitario disciplina rigidamente il mondo dello spettacolo, autorizzando soltanto l’attività di alcuni organismi, fra cui il celebre Berliner e controllando severamente la produzione dei nuovi e scarsi drammaturghi, all’ovest si assiste all’invasione del teatro di provenienza straniera, con numerose messinscene di testi del repertorio francese, inglese, americano che dopo il 1933 erano stati banditi dai palcoscenici tedeschi. Il primo successo di portata internazionale arriva soltanto nel 1964 con il Marat-Sade di Peter Weiss, testo di notevole originalità ed efficacia drammatica, tale dramma noto con il titolo di Marat- Sade abbreviazione dell’originale La persecuzione e l’assassinio di Jean Paul Marat rappresentatati dai filodrammatici del manicomio di Charenton sotto la guida del signor de Sade , testimonia la lacerazione della generazione post bellica attraverso la metafora, deformata della lente della follia, di una messinscena organizzata in un manicomio della periferia di Parigi in età napoleonica sull’uccisione di uno dei più radicali rivoluzionari francesi: il gioco del teatro nel teatro consente a Weiss di alternare distacco e coinvolgimento, di impostare un dibattito ideologico che trapassa continuamente dal passato al presente, affrontando il problema di una scelta individuale all’interno dell’adesione a un’ideologia. L’interesse per il mondo contemporaneo, informa anche la successiva produzione di Weiss che si accosta al genere del dramma documentario: si tratta di un filone drammaturgico che rifiutando le elaborazioni personali della materia storica, riduce il compito dell’autore alla trascrizione e al montaggio di documenti autentici, la prima opera scritta con tali intenzioni da Weiss è L’istruttoria(1965), montaggio in forma di oratorio in undici canti dei verbali del processo di Francoforte contro i crimini nazisti perpetrati ad Auschwitz. Alla riflessione sui condizionamenti prodotti sull’uomo dal sistema politico e sociale si informano invece Trockij in esilio(1970) e Hölderlin(1971) drammi che Weiss costruisce ancora secondo la tecnica del teatro-documetario con il collage di fonti storicamente accertate, in cui al vicenda del rivoluzionario russo e del poeta romantico divengono emblemi della lotta per la libertà contro ogni forma di repressione. Vicino a modelli dell’assurdo è invece la prima produzione di Gunter Grass a cominciare da Acqua calda(1957) e Zio, zio (1958) incubi burleschi giocati su situazioni paradossali e condotti attraverso un linguaggio immaginoso e violento. Grande polemica suscitò I plebei provano la rivolta (1966) per la ricostruzione critica dell’atteggiamento politico di Brecht durante la rivolta di Berlino, ponendo in luce Grass come una delle voci più coraggiose e spregiudicate dell’avanguardia. Massimo rappresentante della drammaturgia della Germania orientale, il cui governò censurò per i anni i suoi testi contestualmente rappresentati con grande successo nel settore occidentale e all’estero, è Heider Müller, divenuto universalmente noto dopo la domina a dramaturg del Berliner Ensemble(1974-77) di cui in seguito è divenuto condirettore. Considerato l’erede di Brecht, riprende la lezione del maestro fino al punto di rottura, così da arrivare a un cupo pessimismo che prende atto del fallimento di ogni rivoluzione. Le tematiche affrontate dall’autore nell’opere della maturità sono molteplici: con Geramnia e morte a Berlino (1956-71) egli dipinge la miseria della situazione tedesca sotto il terzo Reich, mentre nei testi come Trattore(1955),Cemento(1973) l’ottimismo propagandato dal regime socialista viene demolito da una critica da una critica riguardante l’etica del lavoro. A partire dalal metà degli anni ’60, Muller trova una nuova fonte di ispirazione nei miti della classicità e nei testi del periodo elisabettiano che riscrive adattandoli e rielaborandoli al fine di sperimentare un nuovo linguaggio teatrale, fondato su un canovaccio sul quale si intrecciano diversi moduli espressivi: Filotette(1968), Prometeo(1969), Macbeth(1972) e Hamlet-maschine(1978). Altri drammaturghi operanti in area tedesca fra gli anni’60 e i giorni nostri incentrano il proprio interesse sull’analisi dei sentimenti quotidiani, ponendo in luce il grigiore dell’esistenza minuta , la banalità del linguaggio familiare, la ripetitività di gesti nevrotici. Entro tale poetica si inscrive l’opera di Botho Strass, Gli ipocondriaci(19729, Visi noti, sentimenti confusi (1975) Grande e piccolo(1978)sono indicativi di contenuti insistono sulla solitudine e l’irrequietezza del mondo contemporaneo. In chiave ancora più pessimistica è rappresentata la realtà nell’opera dei due maggiori drammaturghi austriaci contemporanei, Thomas Bernhard e Petre Handke. Nei testi di Bernhard domina un nichilismo grottesco e beffardo, che stigmatizza efficacemente lo scacco totale dell’uomo la caduta di ogni ideale: i suoi personaggi sono esseri folli e solitari. La desolazione raggiunge le sue punte di maggiore efficacia quando ad interpretarla sono personaggi legati al mondo dell’arte quali attori musicisti e filosofi. Dominata da una meccanicità senza via d’uscita è la vita dell’uomo contemporaneo secondo Peter Handke, che costruisce i suoi drammi sull’analisi dei rapporti tra i comportamento e linguaggio. La realtà coercitiva del potere e delle norme sembra condannare l’individuo al silenzio: è quanto l’autore afferma con la piece che lo conoscere alla critica internazionale Insulti al pubblico(1966) in cui non c’è vicenda e gli attori si limitato a spiegare agli spettatori che vi è nulla da rappresentare se non la parola stessa. INGHILTERRA Malgrado i sensibili mutamenti di tipo sociopolitico, provocando il tracollo della vecchia società aristocratica inglese, nel mondo del teatro di prosa si assiste al perdurare dei vecchi modelli drammatici, fino a metà del secolo le sale inglesi continuano a rappresentare testi appartenenti al genere del society drama. Maestro di tale tipo di teatro di intrattenimento, in cui il dibattito sulle questioni etiche e sociali è quasi del tutto bandito, è certamente Noel Coward. La conoscenza diretta dei meccanismi della scena si riflette sull’impianto dei suoi drammi, che propongono situazioni vivaci e mondane, con accorte mescolanze di equivoci e colpi di scena e con punte di spregiudicatezza e malizia nei contenuti che gli assicurano il costante consenso del pubblico. Giunto al successo con Vortice (1924) conferma la sua vena di commediografo elegante e frivolo negli anni’30 e ‘40 con opere quali Vite private(1933) e Spirito Allegro(1941). Un tentativo di reazione al monopolio della commedia di impianto realistico, tanto congeniale al pubblico anglosassone, è rappresentato dal filone del dramma poetico, tornato alla ribalta dopo la seconda metà degli anni’30, grazie al contributo del celebre poeta Thomas Stearns Eliot, le cui teorie all’uso di un linguaggio poetico in luogo della prosa nel dialogo drammatico assumono il valore di una rivoluzionaria innovazione, cui si accompagna la scelta di contenuti elevati e l’affermazione di valori spirituali, tale poetica trova realizzazione in assassinio nella cattedrale(1935) l’opera che Eliot compone su commissione per il Festival del dramma religioso di Canterbury, ponendo in scena la vicenda del martirio dell’arcivescovo Thomas Becket. Ispirato alla struttura del dramma medievale, il testo presenta elementi rituali che conferiscono solennità e valore universale alle azioni dei personaggi, fondendole , perfettamente con la situazione presentata . l’efficacia drammatica dell’opera si fonda sull’impiego di un metro poetico originale, che accosta versi di varie misure, non ritmati, talvolta caratterizzandoli con un andamento che riflette il parlato quotidiano e impiegando un linguaggio scabro e arido, arricchito da echi di mistero e da risonanze metafisiche. Dopo il successo della prima opera, Eliot prova nuove strade di applicazione del teatro in versi, tentando di inserire gli alti contenuti morali comunicabili, solo attraverso la poesia, entro gli schemi del dramma tradizionale di ambientazione borghese, già familiare e amato dal grande pubblico che in tal modo potrebbe accostarsi più facilmente alla nuova forma drammaturgica. Tuttavia le nuove commedie come Riunione di famiglia (1939)Cocktail party(1949) non raggiungono gli esiti artistici pienamente convincenti, il soggetto contemporaneo non si piega facilmente alla trasfigurazione in senso rituale e simbolico voluta dall’autore, mentre il dialogo in versi ora risulta a tratti eccessivamente allusivo e problematico. L’aspirazione di Eliot a dare vita a una forma di teatro poetico moderno trova numerose eco nel secondo dopoguerra, aprendo al poetic drama un periodo di discreto successo con incoraggianti consensi di critica e pubblico: l ‘autore più seguito ne è Christopher Fry con drammi storici in versi come Il Primogenito(1945), e frizzanti commedie come La signora non è da bruciare(1949) fantasia medievale in versi che colpì il pubblico per l’esuberanza del linguaggio e il brio della situazione, incoraggiando l’autore proseguire sulla strada intrapresa.. Malgrado tali tentativi di rinnovamento, all’inizio degli anni’50 la scena inglese si mantiene complessivamente fedele a un repertorio fondato, da un alto sulle abusate forme della commedia leggera e della farsa, dall’altro alto sui testi classici del teatro shakespeariano, 2 filoni che ben rispondono all’esigenza di un riscontro commerciale da parte dei teatri del west end, mentre i testi di maggiore novità sono rappresentati dalle pieces di importazione americana e dalle traduzioni di autori francesi o italiani . Una svolta decisiva si verifica l’8 maggio 1956 con la messinscena presso il Royal Court della commedia Ricorda con rabbia, che la critica accoglie come la più originale produzione degli ultimi venti anni. L’autore John Osborne è un 27 attore disoccupato, nel testo esprime il diffuso senso di insoddisfazione e sconfitta proprio nella nuova classe colta inglese, formata da giovani cresciuti dopo la guerra, forniti di una buona cultura, ma impossibilitati a trovare una precisa collocazione entro il mondo produttivo contemporaneo, verso il quale nutrono perciò una crescente sensazione di rabbia e rifiuto. Il protagonista del testo è Jimmy Porter un proletario che ha ricevuto un’educazione di tipo borghese, ma malgrado la laurea è costretto a vendere dolciumi al mercato: al sua violenta delusione e la rivolta contro una società malgovernata, un presente squallido e un futuro privo di prospettive divengono l’emblema della generazione dei giovani inglesi dell’epoca. Ricorda con rabbia inaugura un nuovo tipo di teatro di rottura non tanto per le caratteristiche strutturali quanto per la forza dei contenuti, mai affrontati prima con tanta veemenza sulla scena inglese, l’opera procura al suo autore la qualifica di maestro della scuola dei giovani Arrabbiati (Angry young man), nella quale rientrano anche altri autori inglesi del periodo, quali Wesker e Arden. Osborne tenta una strada differente , scrivendo per Laurence Olivier, L’Istrione in cui riprende alcune delle tematiche che lo avevano fatto conoscere nella figura del commediante fallito. L’impegno critico verso le istituzioni politiche e sociali contemporanee si ritrova anche nelle successive opere, fra le quali Lutero(1961) intorno alla figura del ribelle che combatte contro il mondo e Prova inammissibile (1964) amaro bilancio della vita di un avvocato, che rappresenta lo smarrimento della classe al potere. Nei medesimi anni approda al teatro Arnold Wesker, drammaturgo di umili origini, cresciuto nel quartiere povero dell’east end, aderisce alla poetica dei giovani arrabbiati esprimendo delle sue opere i valori della militanza politica socialista propri del movimento operaio. Brodo di pollo con orzo(1958) porta in scena le vicende di una famiglia operaia di comunisti, continuando poi a seguirne le vicende, che attraversano significativi momenti della storia politica inglese. Di impianto dichiaratamente realistico le opere di Wesker composte alla fine degli anni’50 fanno di lui il drammaturgo inglese maggiormente impegnato sotto il profilo politico, con un successo di critica superiore a quello di pubblico. Legato all’abinete del Royal Court anche John Arden che si impone all’attenzione con la commedia Vivere come porci (1959), un testo al limite della farsa sulla convivenza sociale di due famiglie e con la danza del sergente Musgrave(1959)sconcertante vicenda di un gruppo di disertori che minaccia una rappresaglia contro i pacifici cittadini di un paese di minatori per dimostrare, con un gesto estremista, l’orrore della guerra. Già i primi due testi rappresentano i caratteri salienti della drammaturgia di Arden: -temi ambigui e spiazzanti -nei confronti dei quali l’autore non prende alcuna posizione, mirando a suscitare la riflessione personale del pubblico -uno stile caratterizzato da un’accorta miscela di linguaggi, arricchiti da versi cantabili alternati a prosa. Dopo il primo decennio di attività che raccoglie le sue opere più significative, Arden si allontana dalla scena ufficiale per comporre, in collaborazione con la moglie Margaretta D’Arcy, nazionalista irlandese, alcuni drammi per gruppi amatoriali impegnati politicamente. Una collocazione di particolare rilievo spetta ad Harold Pinter , drammaturgo, attore, sceneggiatore cinematografico e autore radiofonico e televisivo. Pinter stenta inizialmente ad affermarsi, raggiungendo solo più tardi un successo, tanto da meritargli il riconoscimento di migliore drammaturgo inglese del dopoguerra. Il suo teatro trova le radici nella meditazione dell’opera di Kafka e Beckett, Pinter conglie la tendenza a costruire il dialogo drammatico facendo emergere l’alogicità della conversazione quotidiana, testimone della nevrosi dell’uomo. Il silenzio costituisce un tratto fondamentale del linguaggio teatrale pinteriano, nel quale anche il non detto e il sottetesto, sapientemente dosati, assumono valore di comunicazione primaria. Popolati da individui che si esprimono per frasi fatte e luoghi comuni, i drammi di Pinter presentano atmosfere ambigue che disorientano lo spettatore: la stanza(1957), il calapranzi(1957) e il Compleanno(1958), le commedie dell’esordio, alle quali la critica ha applicato l’etichetta di teatro della minaccia poiché l’azione si svolge sempre entro lo spazio chiuso di una stanza sulla quale incombe il pericolo di un misterioso intervento esterno, provocando angoscia nei personaggi. Nelle opere successive i problemi della comunicazione si uniscono all’approfondimento della psicologia del personaggio. A partire dalla fine degli anni’60 il mondo anglosassone conosce una straordinaria fioritura di autori drammatici, incoraggiata dall’abolizione della censura preventiva avvenuta nel 1968, dando vita a un fenomeno che raggiunge proporzioni ineguagliate da qualsiasi altro paese occidentale: -Tom Stoppard autore raffinato e amante delle allusioni letterarie affermatosi con Rosencrantz e Guildenstern sono morti(19669, in cui il dramma di Amleto è riletto da due personaggi minori, e recentemente ritornato all’ispirazione letteraria con Arcadia(1993) che ruota intorno alla ricostruzione della vita di un poeta byroniano. -Alan Ayckbourn attento cronista dell’evoluzione del costume inglese e del malessere esistenziale della società media, che egli restituisce entro commedie sapientemente costruite con intrecci complicatissimi: far le sue opere più conosciute sono Come ama l’altra metà(1969), Farsa da camera da letto (1975). STATI UNITI D’AMERICA Negli anni’30 il teatro americano vive una situazione di stasi dopo il fecondo periodo del ventennio precedente, a partire dagli anni’40 si afferma una nuova generazione di drammaturghi. Mentre il genio di O’Neill offre al pubblico gli ultimi prodotti della sua fertile stagione, compaiono sulla scena nuovi autori che attraversano drammi di impianto sostanzialmente realistico. -Tennessee Williams che esordisce nell’ultimo anno di guerra sulle scene di New York con il dramma Lo zoo di vetro(1945), malinconica vicenda che presenta la disgregazione di una famiglia del Sud, è presente il tema della dissoluzione della civiltà conservatrice e moralista del sud, del mondo attuale dominato dalla violenza e dal potere del dollaro, cui si accompagnano, sul versante psicologico, i temi del difficile rapporto dei personaggi con la passioni dei sensi, vissuta come colpa, e il tarlo della pazzia che si insinua in molti di loro.Un tram che si chiama desiderio(1947) segna la consacrazione di Williams sulle scene americane, con un memorabile allestimento di Elia Kazan con il giovane Marlon Brando nella parte del protagonista maschile: il carisma dell’attore rischio di produrre un fraintendimento del contenuto dell’opera che è invece costruita sul dramma della protagonista femminile Blanche, della quale si rappresenta la degenerazione fisica e spirituale. Ancora ambientati nel profondo Sud sono la rosa tatuata(1950) scritta per Anna Magnani che ne interpretò la versione cinematografica, e La gatta sul tetto che scotta(1955) nuovo grande successo che valse all’utore il premio Pulitzer e i riconoscimenti ufficiali della critica. Le opere successive si rivelano meno convincenti anche a causa della deliberata ricerca di effetti spiazzanti e raffinati simbolismi Improvvisamente l’estate scorsa(1958) e La notte dell’iguana(1961). -Dominanata da una solida vocazione realistica è l’opera di Arthur Miller rivelatosi nel dopoguerra, contribuendo a rivitalizzare il repertorio americano, una visone aspramente critica della società, di cui si denunzia egoismo ed indifferenza, sostenendo la necessità di una reazione individuale impegnata sul piano civile e politico. L’impegno dell’autore per un teatro a tesi è già manifesto in Erano tutti miei figli819479 il suo prima dramma di successo, imperniato sulla vicenda di un costruttore di motori aeronautici, consapevole di aver fornito apparecchiature difettose all’esercito, ma determinato a non assumersi alcuna responsabilità personale, sicchè tale sua meschinità provoca il suicidio del figlio. Il tema del logoramento del lavoro nella società contemporanea, oggetto di dibattito nell’america del tempo, è svolto nell’opera Morte di un commesso viaggiatore(19499 che procura a Miller fama mondiale, il protagonista il commesso viaggiatore, simbolo dell’uomo qualunque diviene vittima emblematica del materialismo, incarnando il fallimento del sogno americano di costruire il benessere e la felicità per sé e per la propria famiglia con una vita di sacrifici e duro lavoro. Guardato con sospetto dalle autorità come possibile portavoce di sovversive idee marxiste Miller subisce la diffidenza degli organi della cultura ufficiale che ne scoraggiano con ogni mezzo l’operosità. Non più connotati da impegno politico diretto, ma legati all’esplorazione della vita della gente comune sono Ricordi di due lunedì e Uno sguardo dal ponte entrambi del 1955, che offrono lo spaccato di desolati ambienti americani, il primo tratta l’alienazione di un giovane costretto a lavorare in una grande fabbrica , il secondo degli elementari e crudi rapporti interpersonali che regolano la vira della comunità italiana a Brooklyn, di impianto autobiografico Dopo la caduta 819649 lucido e obiettivo esame delle laceranti tensioni della vita di coppia, acuite dal legame matrimoniale. Divisa tra impegno di denunzia sociale e testimonianza della crisi dell’uomo contemporaneo è la successiva e feconda produzione di Miller Incidente a Vichy(1964), l’orologio americano. -Erede di Miller e di Williams fu giudicato Edward Albee. Con gli atti unici La storia dello zoo(1959) e il sogno Americano (1961) il drammaturgo propone l’incontro-scontro tra l’uomo inserito nel mondo consumistico e il disadattato, mettendo in discussione le basi stesse della società capitalistica americana.. Presentati nei teatri dell’Off Broadway come La morte di Bestie Smith(1960) aspra denunzia del perdurare del razzismo. La piena affermazione di Albee si verifica nel 1962 con Chi ha paura di Virginia Woolf? La sua prima commedia in tre atti che ottiene uno strepitoso successo a Broadway, incentrata sulla cronaca della vita di 2 coppie mature, l’opera raggiunge una notevole efficacia drammatica rappresentandone, attraverso un linguaggio tratto dalla banalità quotidiana la ferocia dei rapporti in cui fallimenti e frustrazioni sono riconducibili non solo a errori personali ma anche alla deleteria influenza di un mondo ormai privo di valori etici. -Espressione del drammaturgo di successo, perfettamente integrato nel sistema dello show-business americano e seguito fedelmente dal pubblico, è Neil Simon , ha registrato una interminabile serie di affermazioni sui palcoscenici statunitensi, quasi tutte le sue commedie hanno avuto molto successo A piedi nudi nel parco (1963), La strana coppia (1965) Plaza suite(1968). Il segreto di Simon consiste nell’offrire al suo pubblico un prodotto di impeccabile qualità artigianale , imperniato su argomenti di attualità e di interesse comune, abilmente costellato di battute irresistibili, tuttavia nelle sue commedie è possibile riscontrare una schietta rappresentazione del malessere e della nevrosi dell’uomo contemporaneo. Fra i drammaturghi della generazione affacciatasi nell’ultimo ventennio sulle scene di prosa americane le figure più significative sono rappresentate da Sam Shepard e David Mamet. -Sam Shepard inizia la sua carriera nei teatri dell’OFF-OFF BROADWAY intorno alla metà degli anni’60 con una serie di brevi testi fondati sulla sperimentazione linguistica e sull’improvvisazione, ma giunge al successo solo nel decennio successivo, segnalandosi con opere quali il dente del crimine(1972) e la maledizione della classe affamata(1976) che segnano il passaggio a una scrittura di tipo realistico, temi della sua drammaturgia sono la dissoluzione della famiglia, il crollo del mito dell’ovest e della vita libera. -David Mamet che si è formato e ha lavorato soprattutto a Chicago fa invece oggetto del proprio teatro il tema della degradazione dell’individuo, deluso dalla falsità degli ideali propagandati dalla società consumistica, a partire dalla sua prima opera American Buffalo(1977), denunzia il meccanismo di cinica sopraffazione esercitata dall’ambiente sulle aspirazioni dell’uomo. ITALIA Il rapporto tra il regime politico e il mondo del teatro italiano nel corso del ventennio di dittatura fascista è contrassegnato dall’autonomia di evoluzione delle forme drammaturgiche e sceniche dalle direttive ideologiche del partito , il governo fascista non giunge a farne uno strumento di aggregazione del consenso politico, né sembra interessato a modificare i caratteri della scena italiana prefascista che fino al 1930 rimane immutata sia sul versante del repertorio, che su quello delle consuetudini sceniche. Nel 1933 Mussolini in persona si impegna a lanciare nel corso di un famoso discorso tenuto presso la Società Italiana degli Autori un nuovo progetto di dramma, invitando in drammaturghi italiani a preparare il teatro di masse, vale a dire un teatro che rifiutando gli abusati contenuti borghesi, sappia farsi espressione delle passioni collettive, l’appello viene accolto da un gruppo di giovani autori Sandro de Feo, Gherardo Ghepardi e Nicola Lisi che apprestano uno spettacolo colossal 18BL incentrato sulla rievocazione delle perizie del camion BL utilizzato durante la prima guerra mondiale , nella marcia su Roma e nel corso delle compagne di bonifica. Il progetto di un teatro fascista si dimostra destinato al fallimento e viene del tutto abbandonato dopo che il primo allestimento di 18NL(1934) con la regia di Blasetti si conclude nell’insuccesso e nella noia.la produzione drammaturgica italiana si orienta allora verso un teatro d’evasione, disimpegnato e gradevole, costruito da commedie brillanti e sentimenatali a lieto fine che sono state raccolte sotto l’etichetta di teatro delle rose scarlatte e dei telefoni bianchi, intrecci convenzionali e malinconiche storie d’amore, condotte con efficacia scenica. Con ottimi interpreti come Sergio Tofano, Vittorio de Sica , Giuditta Rissone e Luigi Cimara e Evi Maltagliati, la commedia sentimentale italiana raggiunge un buon livello artigianale. L’autore più rappresentativo della drammaturgia brillante in voga prima della seconda guerra mondiale è Aldo De Benedetti Due dozzine di rose scarlatte(1936), costruito su un’esile vicenda borghese di equivoci e gelosie, il testo si presenta fedele ai canoni della piece bien faite, con economia di mezzi e impiego di pochi personaggi, è possibile ravvisare una notevole propensione all’indagine psicologica, sorretta da una sottile vena intimista che rivela come la lezione di Pirandello possa trova applicazioni anche entro trame brillanti. -Significativi contributi alla commedia brillante degli anni’30 e ’40 sono offerti anche dall’opera di Sergio Pugliese che a partire dal ’48 abbandona la scrittura teatrale per una brillante carriera direttiva nell’ambito dell’EIAR e quindi nella nascente televisione. Il primo grande successo di Pugliese giunge nel 1935 con la commedia Trampoli che rivela al pubblico e alla critica le di lui doti di dialogista e l’inclinazione allo scetticismo bonario, entro trame ancora una volta non immuni da spunti pirandelliani. La consacrazione arriva con L’ippocampo (1942)vivace commedia incentrata su un adulterio mai consumato che il protagonista è costretto a confessare per sottrarsi allo stillicidio delle insinuazioni pubbliche. -Estranea a una visione disimpegnata del teatro è invece la produzione di Ugo Betti, improntata a un severo senso morale e alla rappresentazione di un’umanità inquieta e tormentata la casa sull’acqua(1929) e un albergo sul porto (1933) l’autore propone un modello di dramma che non concede nulla al gusto del pubblico introducendo al contrario la sua pessimistica visione della vita all’interno di impianti di tipo realistico che gradualmente si allargano per assumere dimensioni simboliche con effetti di dissonanza drammatica. La riflessioni sui temi della giustizia e della verità gli consente di elaborare una nuova poetica, dando vita a un teatro d’indagine morale, in cui la lezione pirandelliana viene approfondita in modo originale, dimostrando l’impossibilità di racchiudere in una lettura inequivocabile ed esaustiva le azioni umane, pone in luce la disgregazione dei valori morali e lo smarrimento dell’uomo contemporaneo.Il personaggio di Betti è un uomo travagliato -All’impegno morale del teatro di Betti, può essere accostata l’opera di Diego Fabbri, drammaturgo di ispirazione cattolica, propugnatore di un teatro di impegno etico e religioso, ma anche profondo conoscitore dei meccanismi teatrali e abile sceneggiatore, tanto da divenire, con parte della sua produzione, l’autore più rappresentato negli anni’50. Ben presto i testi per dilettanti cedono il posto a opere di alto livello professionale, caratterizzate da un dialogo comunicativo e da una buona tecnica teatrale. Sulla linea di un teatro di idee, militante in senso religioso, finalizzato a dimostrare come per sottrarsi all’incomunicabilità e alla solitudine, all’uomo moderno non rimanga che offrirsi agli altri con amore, accogliendo pienamente il messaggio cristiano Inquisizione(1950), Processo a Gesù(1955) considerato il suo capolavoro, ispirato all’esperimento di alcuni giuristi inglesi che avevano ripetuto a Gerusalemme le fasi processuali dell condanna a morte di Gesù, attraverso un accorto gioco di teatro nel teatro si trasforma in un’inchiesta di più significato universale sull’eterna condizione dell’uomo. Parallelamente alla drammaturgia impegnata l’opera di Fabbri annovera anche testi all’apparenza godibili sul tema dell’amore terreno e dell’adulterio Il seduttore(1951) e la bugiarda(1956), in cui dà prova di essere un grande conoscitore della psicologia umana. -Ai margini della drammaturgia ufficiale si sviluppa il teatro comico in dialetto, destinato a entrare nel repertorio di intrattenimento dei cafè chantants e delle riviste, mescolato a numeri di ballo, canto e recitazione. Stentano però ad assumere una dignità artistica significativa , limitandosi spesso a sequenze di battute che sfruttano una comicità sguaiata. Ettore Petrolini che intorno agli anni’20 inventa per sé le macchiette romanesche di Gastone, Giggi er Bullo e latri tipo buffoneschi, trasponendoli successivamente entro commedie di comicità aspra e polemica. in ambito napoletano Raffaele Viviani attore versatile e completo, capace di intrattenere il pubblico anche suonando vari strumenti o eseguendo numeri di danza. -ugualmente nata per l’interpretazione diretta dell’autore è l’opera di Eduardo De Filippo, che però assurge presto a dignità nazionale e internazionale, partito dall’avanspettacolo per arrivare fino all’aule universitarie de La Sapienza di Roma per tenervi lezioni di Drammaturgia. Le sue prime opere , improntate a partire dall’atto unico Farmacia di turno(1920)Sik Sik l’artefice magico 1929 storia di un imbonitore da fiera fantasista e imbroglione. Definisce il personaggio tipico delle sue commedie : l’uomo umiliato da una condizione di indigenza o di ingiustizia, ridotto a divenire lo zimbello dell’ambiente piccolo borghese in cui vive, ma che non rinuncia alla lotta per affermare la propria dignità. Eduardo crea una figura di antieroe che diviene simbolo della difficile condizione umana, mentre l’espressione dialettale gli consente di esprimere le verità che egli indaga nel suo teatro. Eduardo fonda nel 1931 la compagnia Teatro Umoristico i De Filippo che annovera accanto a lui, la sorella Titina e il fratello Peppino, entro una formazione attorale di grandi talenti interpretavi assicura ai testi dell’autore un immediato riscontro scenico. Con natale in casa Cupiello (1931) atto unico, sviluppato inseguito nella forma di commedia in tre atti nel 1934. incentrato sulla figura di Luca Cupiello la commedia rappresenta il contrasto tra il candore e l’innocenza del protagonista, legata alla tradizione napoletana del presepe, metafora dei valori familiari e la cinica indifferenza della famiglia, divisa da reciproche tensioni e raggiri egoistici.Questa opera segna la consacrazione dei De Filippo sulla scena napoletana, incoraggiando Eduardo a proseguire sulla strada del rinnovamento della tradizione teatrale napoletana, attraverso una graduale riduzione degli spunti farseschi delle commedie per approdare a un tetro umoristico che gli consentirà di raccogliere consensi sull’intero territorio nazionale, rendendolo poi famoso anche all’estero. Con Napoli milionaria (1945) si apre la seconda fase della sua produzione , raccolta poi dallo stesso autore sotto il titolo di Cantata dei giorni dispari (espressione napoletana per indicare i giorni difficili, mentre i testi pre 1945 vengono riuniti sotto l’etichetta di Cantata dei giorni pari)caratterizzati da un’inclinazione più marcata verso il pessimismo, mutuato inseguito alla tragedia della guerra. Filumena Maturato(1946) uno dei testi eduardiani di maggior successo, dolorosa parabola di una maternità vicente, espressa nella vicenda di un ex prostituta che riesce a farsi sposare dal proprio compagno senza rivelargli quale dei tre figli sia quello nato dalla loro relazione. - In una posizione isolata troviamo l’esperienza di Ennio Flaiano, letterato e sceneggiatore cinematografico (la dolce vita e i vitelloni) che nel teatro individua il mezzo più efficace per tracciare un ritratto impietoso e corrosivo della nuova società italiana, cialtrona, retorica e benestante. La guerra spiegata ai poveri ( 1946), si scaglia contro l’ipocrisia della classe dei burocrati che vedono la guerra come l’esperienza destinata solo agli altri. La conversazione continuamente interrotta (1972) ultima opera teatrale di Flaiano si pone come modello di un teatro frammentario costituito da abbozzi di storie che non riescono a trasformarsi in una vicenda compiuta. - Dino Buzzati il cui lavoro teatrale più convincente è da ravvisare in Un caso clinico(1953) che per tematica e struttura ha indotto Martin Esslin ad ascriverlo fra gli esponenti del teatro dell’assurdo. - di impianto più tradizionale è da un impronta letteraria del linguaggio è la produzione di Riccardo Baccelli fra le cui opere si possono citare L’alba dell’ultima sera (1949) e il figlio di Ettore(1957) che risultano le meno sconosciute a pubblico e critica. -Opere drammatiche, rimaste isolati esempi nella produzione di scrittori narrativi, giunte a conseguire notevoli successi grazie alle messinscene curate da prestigiosi artisti come L’Alcesti di Samuele di Alberto Savinio, messa in scena nel 1950 da Giorgio Strehler e la lunga notte di Medea di Corrado Alvaro più volte presentata sui palcoscenici italiani da Tatiana Pavlova. -Anche Alberto Moravia ha per un certo periodo dedicato le proprie energie al teatro, collaborando intorno alla fine degli anni’50 con l’esperienza delle cantine romane per promuovere la nuova drammaturgia italiana. L’unico testo è Il dio Kurt(1966), si mescolano allusioni al nazismo e suggestioni della drammaturgia greca antica. -Più fortunata sulle scene è stata la produzione di Natalia Ginzburg accostatasi alla scrittura drammaturgica già in età matura, per dare vita a n tipo di dramma dalla trama esile, dominato da figure femminili capaci di comunicare anche attraverso la chicchera capricciosa e il gesto banale, il fondo di dolore che si trova alla base della loro esperienza esistenziale. Ti ho sposato per allegria(1965), L’inserzione(1968) e L’intervista(1989). -Pier Paolo Pasolini si accosta al teatro negli anni’60 quando è già uno scrittore e regista affermato, ponendosi in aperta polemica con le strutture della scena ufficiale sottoposte alla legge della mercificazione e dell’imprenditorialità. Nel Manifesto per un nuovo teatro (1968) Pasolini propone un ritorno all’antica ritualità del dramma classico, sostenendo la necessità di un moderno teatro poetico che sappia recuperare l’arte della declamazione sottolineata, costruita attraverso un linguaggio pregnante ed esoterico, affatto distinto dalla conversazione comune. Pasolini scegli un linguaggio drammatico più idoneo alla lettura in forma di oratorio che alla rappresentazione vera e propria, fondandolo su stilemi espressionistici e neo-dada che trasformano i suoi drammi in una violenta e verbosa affabulazione di parole che hanno per oggetto il sesso, la violenza, il potere, la mancanza e l’ansia disperata di amore.Accostatosi ai modelli drammaturgici antichi attraverso originali traduzioni dell’Orestea di Eschilo(1960) e del Miles gloriosus di Plauto, compone quasi di getto nel 1966 tutto il suo corpus teatrale, comprendente gli abbozzi di 12 tragedie in versi anche se soltanto sei vengono completate. Ruotano intorno al grande tema comune della diversità, presentando personaggi rifiutati dalla società, emarginati dal mondo moderno, razionale e ricco che ha profanato il rispetto per l’uomo. -Una concezione altrettanto alta del teatro informa l’opera di Giovanni Testori, che muove dalla riflessione sui temi tragici dell’esperienza umana per giungere a una profonda e dilacerata religiosità cristiana, espressa in forme provocatorie e sconcertanti. Dopo le opere dell’esordio, Maria Brasca e l’Arialda entrambe del 1960 e colpite dalla censura per il crudo realismo con cui vi sono rappresentate le vicende dei personaggi, appartenenti al mondo subalterno della periferia milanese. Testori elabora una concezione rituale del teatro, investendolo dell’importante funzione di indagare le profonde ragioni della vita e della morte, immediata attuazione scenica di tale poetica sono La monaca di Monza (1967) e Erodiade(scritta nel 1969 ma portata in scena nel 1984).Nella prima delle due opere dimostra attraverso la forma del processo alla suor Virginia la disumanità dei giudici ecclesiastici e dai familiari, mossi da un’idea repressiva della fede cristiana, mentre in Erodiade, la nota vicenda biblica della morte del Battista è riletta come vendetta di una donna innamorata verso l’uomo che non corrisponde al suo sentimento per giurare fedeltà a un Dio incomprensibile e ostile.La ribellione dell’uomo contro la divinità, responsabile della sua infelicità, conferisce al tetro di Testori una dimensione di moderna tragedia, che l’autore approfondisce negli anni’70 attraverso lo studio e la riflessione sul teatro greco antico e la tragedia elisabettiana: ne scaturisce una trilogia i cui testi recuperano soggetti shakesperiani e sofoclei: Ambleto (1972), Macbetto(1974) Edipus(1977), in cui domina la presenza di un male assoluto entro un’atmosfera allucinata e verbosa. Grazie al sodalizio inaugurato nel 1971 con l’attore Franco Parenti e la regista Andree Ruth Shammeh all’interno della cooperativa del teatro Pier Lombardo in Milano, Testori impone una radicale svolta alla sua drammaturgia, in seguito alla personale conversione religiosa, avvenuta in concomitanza con la morte della madre, individuando nell’oratorio drammatico la forma privilegiata della comunicazione teatrale. Una parentesi nell’impegno etico è costituita nel 1984 da I promessi sposi alla prova una lunga meditazione dai toni ora divertiti ora tesi, condotta sul romanzo manzoniano, attraverso un gioco di teatro nel teatro che vede la rappresentazione della celebre vicenda da parte di un gruppo di filodrammatici il quale ne scopre per gradi il profondo significato cristiano. A partire dagli anni ’70 intanto in corrispondenza con lo sviluppo della sperimentazione di linguaggi teatrali alternativi rispetto alla parola, al figura del drammaturgo smarrisce anche in Italia la sua centralità, sicchè i nuovi attori, confinati ai margini del panorama teatrale, riescono a segnalarsi solo in alcuni casi a un pubblico selezionato grazie a una linea di ricerca molto personale. -Un’eccezione è rappresentata dal caso dell’attore-autore Dario Fo, dotato di straordinario talento interpretativo comico, in grado di supplire alle carenze drammaturgiche dei testi che egli compone per sé e per la propria compagnia. Formatosi nell’ambito del cabaret, Fo passa a condurre una propria compagnia all’inizio degli anni’60. Negli anni caldi del ’68 passa al tetro di propaganda occupata la palazzina Liberty in Milano, sviluppa un’intensa attività non sempre strettamente risolta nel fatto spettacolare, componendo una serie di testi La signora è da buttare (1967) parodia dell’america di Kennedy, Morte Accidentale di un Anarchico (1970) sulla morte dell’anarchico Pinelli presso la questura di Milano, di mistificazione culturale si può parlare per Mistero Buffo(1969), il testo più celebre di Fo. Negli anni’80 la compagnia Fo-Rame attenua le istanze legate alla contestazione rientrando nel circuito ufficiale con una serie di fortunate riprese di testi degli anni’60, alternati con nuovi produzioni che si fanno allo stile di tale periodo Storia vera di Pietro d’Angera che alla crociata non c’era(1986). Nonostante Fo sia il drammaturgo italiano contemporaneo più rappresentato e conosciuto all’estero, la sua opera appare nel complesso povera cosa, trovando riscatto solo qualora interpretata dall’autore stesso, capace di arricchirla, modificarla e persino stravolgerla. -Un’altra figura di drammaturgo di successo degli ultimi decenni è ravvisabile nel napoletano regista Giuseppe Patroni Griffi, giunto alla notorietà con la commedia D’amore si muore, messa in scena dalla compagnia dei Giovani diretta da Giorgio de Lullo e Romolo Valli. Tale sodalizio durerà fino alla morte di Valli nel 1980, assicurerà al drammaturgo un’altissima qualità interpretativa della sua opera che in tal modo entra nei circuiti di distribuzione nazionale. Principale soggetto di riflessione è l’amore, primo motore delle riflessioni umane Metti una sera a cena(1967) Gli amanti dei miei amanti sono i miei amanti(1982). Sul tema della diversità sessuale vissuta come provocatoria emarginazione è fondato Persone naturali e strafottenti(1974). -Rilevante è anche l’opera di Franco Busati uno dei pochi drammaturghi italiani di respiro europeo che nelle sue commedie composte tra il 1957 e il 1987 ha tracciato un quadro lucido e disincantato della classe media italiana, ponendone in luce il decadimento e l’assenza di ideali. L’autore osserva con affettuosa partecipazione la misera esistenza dei suoi personaggi, rappresentandola con humour sottile entro atmosfere apparentemente lievi e svagate. -Rappresentata solo episodicamente e non accompagnata dal consenso che i suoi drammi meritavano è l’opera di Renato Mainardi, che negli anni’60 e ’70 ha sviluppato un percorso drammarugico coerente e originale, dando vita a un teatro di parola fondato su una problematica di tipo esistenziale e su una approfondita e sottile analisi dell’animo umano. Le commedie di Mainardi rinnovano il dramma borghese lo erodono dall’interno, incentrate sull’introspezione dei personaggi, non lascio spazio alla descrizione naturalistica dell’ambiente. Per una giovinetta che nessuno piange(1963) e Amore mio nemico (1966). Nel corso degli anni’80 si è assistito dopo l’exploit della sperimentazione a una ripresa del teatro di parola in risposta, da una lato alla crisi dei diversi percorsi sperimentali e dall’altro a una rinnovata attenzione da parte del teatro ufficiale. Fra i fenomeni di maggiore rilevanza è la presenza di una nuova drammaturgia napoletana : - Manlio Santanelli deriva dalla lezione di Eduardo il grande tema della famiglia come luogo deputato dei conflitti delle nevrosi individuali e collettive: e il suo tetro presenta una successione di grotteschi e inquietanti interni domestici Uscita d’emergenza(1980), regina madre(1985), Elogio della paura(1987). - Prematuramente scomparso in un incidente stradale all’età di 30 anni Annibale Ruccello esordisce ne 1980 con le 5 rose di Jennifer, cui seguono Weekend(1983) e Notturno di donna con ospiti(1984), ma raggiunge fama internazionale con Ferdinando(1985) opera di straordinaria maturità drammaturgica che testimonia un talento non comune nel giovane autore. Ambientata in una villa vesuviana nel 1870 mescola atmosfere pittoresche e solari alla decadente situazione sociale e psicologica delle due mature donne protagoniste, scosse dal loro torpore dalla vitalità e dalla bellezza del giovane Ferdinando. - Le zone oscure e notturne della città partenopea, dominate dalla diversità, dalla follia e dalla morte costituiscono fonte d’ispirazione per Enzo Moscato, autore interprete il cui lavoro più noto Piece noire(1987) cruda incursione nel mondo dei travestiti, rappresenta la feroce testimonianza di un’umanità disperata, ma vitale. -Un percorso personale e inedito caratterizza la produzione di Giuseppe Manfridi, una delle figure significative della nuova drammaturgia italiana. All’interno della sua produzione, vasta e multiforme è possibile individuare alcune linee di poetica costanti come la ricerca di una moderna forma di tragedia. Tale lettura del mondo in senso tragico a volte è dichiarata apertamente come nelle rivisitazioni dei temi tragici del teatro antico Elettra(1990) Ultimi passi per la salvezza dell’Epiro(1993). - Figura di pensatore, narratore, poeta Renzo Ricchi, autore atipico per la tendenza d inserire nel testo contenuti di carattere religioso e metafisico che i trasformano i dialoghi in aforismi filosofici e in ponderate riflessioni L’ultimo profeta(1991) Lo scandalo (1992) e l’appuntamento(1993).