UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA “TOR VERGATA” FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN SCIENZE INFERMIERISTICHE ED OSTETRICHE PSICOLOGIA SOCIALE ( Docente Rosario Di Sauro) BORDERLINE: UNA VITA IN BILICO L’infermiere e la gestione dei meccanismi di difesa Studentessa Federica Di Braccio Anno accademico 2007/2008 1 Muore lentamente chi evita una passione chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi.. Pablo Neruda 2 INDICE Premessa ………………………………………………….......4 Introduzione …………………………………………..…….....5 CAP .1 La lente di ingrandimento sul disturbo bordeline…6 1.1 Cos’è il disturbo di personalità bordeline e come si manifesta....6 1.2 Analisi generale del disturbo e strategie di intervento che l’infermiere mette in atto…………………………………………..10 1.3 L’occhio clinico dell’infermiere……………………………………21 CAP. 2 I meccanismi di difesa e la loro percezione………26 2.1 Quali sono e perché bisogna riconoscerli. Breve introduzione sui meccanismi di difesa e atteggiamento dell’operatore sanitario..26 2.2 Essere infermieri, essere formati.……………............................34 3 Premessa L’argomento trattato deriva da una scelta che ha alla base delle motivazioni di carattere personale, altrettanto importanti però sono stati gli aspetti relativi alla prevalenza e all’incidenza del disturbo in questione. Si calcola infatti che la percentuale delle persone affette da questo disturbo oscilli dal 3 al 15 per cento della popolazione, di cui circa il 75 per cento sono di sesso femminile. Nonostante le altissime percentuali, le informazioni relative a questo disturbo sono a tutt’oggi ancora carenti. Da qui la necessità di trattare un tema così delicato e attuale, non solo perché ci riguarda da vicino, in quanto professionisti della salute, ma soprattutto perché ascoltare e comprendere l’altro è un esercizio che porta a conoscere anche noi stessi, ci aiuta a confrontarci con gli altri, a riflettere sul nostro operato, di conseguenza l’ascolto è uno strumento a cui l’operatore sanitario non può rinunciare. Infatti non potremmo immaginare, nella nostra pratica clinica, di impostare una relazione senza mettere in atto tutta una serie di strategie comunicative, proprio per provare a stimolare quella intesa reciproca, che è tipica di un rapporto empatico. Tuttavia parlare di empatia, con il soggetto bordeline, non è affatto semplice, proprio per il suo quadro caratteriale così complesso e articolato. Ecco allora che la figura dell’operatore sanitario “addestrato” e formato su questo disturbo, gioca un ruolo importante. Infatti se è vero che il successo di una relazione si basa sulla capacità di suscitare interesse nell’altro, sulla capacità di stimolare un feed-back di comunicazione positivo, ma soprattutto sulla disponibilità ad accettare l’altro così com’è senza pregiudizi, allora sarà altrettanto vero che non esiste relazione, se noi per primi non siamo disposti a metterci in gioco. Mettersi in gioco vuol dire, tirare fuori le nostre idee, proporre iniziative, essere disposti ad ascoltare e laddove c’è una persona con un problema, offrire gli strumenti necessari, per far si che questa trovi da sola la soluzione. Mettersi in gioco, in poche parole vuol dire essere se stessi, essere genuini, senza sentire il bisogno di indossare maschere. 4 Introduzione Il titolo del lavoro, forse esprime in modo diretto e crudo il senso di precarietà, che ho scelto di dare a questo disturbo. Un disturbo di personalità che spesso porta le persone che ne sono affette a sottovalutare tutta una serie di atteggiamenti incongruenti, a minimizzare il problema, a dare colpa allo stress e nei casi più gravi a non avere consapevolezza dei sintomi che la sindrome provoca. Di conseguenza, mancando la percezione del disturbo, esse rifiutano qualsiasi tipo di intervento o di terapia. Entrando nel dettaglio, spesso la richiesta di consulenza per i pazienti borderline arriva propri dai familiari o dai partner, poiché il soggetto difficilmente riconosce i sintomi come parte di un problema. L'intervento clinico allora, risulterà complicato perché il disturbo borderline è una patologia che può presentare sintomatologie anche gravi. Conoscere il disturbo, la sua origine, come si è manifestato e di conseguenza il vissuto del soggetto, permette all’operatore sanitario di avere già un quadro sommario del paziente, questo infatti servirà da spunto per poter riflettere su quali strategie comunicative potrebbe adottare. Si sta parlando quindi di progettare un piano di interventi, basato oltre che sulle informazioni che l’operatore apprende ed elabora dalla comunicazione con il soggetto borderline, anche sulle conoscenze che ha in merito a questo disturbo. D’altronde non si può entrare in relazione con un soggetto bordeline se prima non si è stati formati, sui meccanismi che entrano in gioco, sugli effetti che il suo atteggiamento può avere su di noi perché di contro si rischia di non essere più in grado di gestire un progetto di cura. Infatti, il lavoro è proprio improntato sulla capacità che deve possedere l’operatore sanitario nel riconoscere i meccanismi di difesa che di volta in volta vengono messi in atto. Riconoscere questi meccanismi è essenziale per interpretare tutta una serie di atteggiamenti, che all’apparenza non saremo in grado di spiegarci. 5 CAP. 1 La lente di ingrandimento sul disturbo bordeline 1.1 Cos’è il disturbo di personalità bordeline e come si manifesta Prima di provare a dare una definizione del disturbo trattato è necessario dire che cosa si intende per disturbo. A questo proposito il DSM IV definisce il disturbo come “ una sindrome che colpisce un individuo e che si associa ad una attuale sofferenza o ad un rischio aumentato di morte, dolore, disabilità o ad un importante perdita di libertà. Qualunque sia la causa originaria,deve essere considerata una manifestazione di una disfunzione comportamentale”. Entrando nel dettaglio, il disturbo borderline di personalità, nonostante una crescente mole di studi e di ricerche, continua a rimanere un concetto a tutt'oggi controverso, sia perchè non si dispone di dati empirici sufficienti a sostenere il concetto di disturbo borderline come entità diagnostica definita nell'infanzia e nell'adolescenza, sia perché se si tiene presente che stabilità e pervasività per i disturbi di 6 personalità sono le caratteristiche generali dei modelli disadattivi, sembra essere invece noto che proprio in adolescenza si è in una fase del ciclo vitale in cui la tendenza al continuo cambiamento è la regola. Ne consegue che in questo senso è difficile parlare di stabilità e pervasività. Concepito originariamente per denotare una condizione di transizione tra nevrosi e psicosi, il termine disturbo borderline, che sembrava impreciso e poco specifico è invece venuto ad assumere aspetti sempre più definiti in sistemi come il DSM-IV e nelle teorie di alcuni studiosi di varia estrazione culturale.Sembra esserci tutto sommato un accordo piuttosto generale sul fatto che questo disturbo, costituisca una particolare sindrome clinica, almeno per gli adulti. Riguardo ai bambini e agli adolescenti, invece, il quadro è a tutt’oggi meno definito. Alla luce di ciò, l’operatore sanitario deve essere a conoscenza che qualsiasi persona affetta da un disturbo di personalità non è inquadrabile in uno schema diagnostico ben preciso, salvo rari casi. Infatti la maggior parte delle persone presentano tratti o caratteristiche riconducibili a più tipi di personalità. Quindi il soggetto bordeline, più precisamente il BPD, potrebbe essere una persona che presenta forti tratti “borderline” associati ad esempio a tratti di personalità narcisistica. Ciò significa che non è sufficiente per l’operatore conoscere i sintomi del disturbo e come essi si manifestino, ma deve partire dal presupposto che l’osservazione di alcuni atteggiamenti che potrebbero far pensare a questo disturbo, possono dimostrarsi invece tipici di altri disturbi. Il disturbo bordeline sembra derivare molto probabilmente da un da un attaccamento disorganizzato durante l’infanzia, o da un trauma come può essere un abuso sessuale o da un disturbo deficit di attenzione accompagnato da iperattività. Fare una distinzione, tra i disturbi che questa sindrome provoca con i disturbi derivanti invece da traumi fisici è il primo tassello utile per orientare l’operatore verso un probabile disagio psichico, escludendo così patologie di origine organica. 7 Infatti si può notare che nel soggetto bordeline molti aspetti rimangono inalterati, come: - il linguaggio sembra essere comprensibile e ben strutturato; - il pensiero è fondamentalmente coerente; - non si evidenziano errori percettivi, né illusioni, né allucinazioni; - la memoria è intatta; - l’attenzione è valida; - le funzioni fisiche sono del tutto normali. - (coordinazione motoria; capacità percettiva). Certo escludere queste condizioni, non ci orienta sul disturbo di personalità specifico e questo elenco di “funzioni intatte” potrebbe sembrare addirittura riduttivo. Ma avere già un idea sommaria sull’origine di un ipotetico disturbo o meglio sulla sua natura, non attribuibile quindi a circostanze fisiche, (anche se vi sono rare evidenze che in alcuni soggetti possa essere coinvolta una componente genetica) permette all’operatore di avere un approccio mirato e specifico per quel disturbo. A dimostrazione di ciò l’operatore non può e non deve documentarsi solo attraverso le informazioni riportate sulla cartella clinica del paziente, ma la sua abilità sta nel cercare di osservare, descrivere e dare un significato ai discorsi, agli atteggiamenti e alle reazioni del paziente. Un bravo operatore non smette mai di fare una continua analisi di ciò che vede, non è mai stanco di interrogarsi sul “perché” di certe azioni, di certi discorsi. Un bravo operatore è quindi una persona capace di sfruttare al meglio tutti gli strumenti comunicativi che ha a disposizione è una persona capace di mettere se stesso allo stesso livello dell’altro, rifacendosi a quel principio di empatia, che è il primo pilastro su cui poggia tutta la relazione. Se è vero che stabilire una diagnosi di questo disturbo è un compito che spetta al personale qualificato, più precisamente a chi possiede competenze e strumenti avanzati, come può essere uno psichiatra, uno psicologo è altrettanto vero che l’infermiere è colui che osserva, 8 colui che passa probabilmente più tempo con il paziente, ma sopratutto è una persona che partecipa al progetto di cura, con la stessa valenza e importanza di altre figure professionali. L’infermiere fissa degli obiettivi, valuta l’andamento dell’intervento, confronta i risultati ottenuti e si confronta con tutta l’equipe. Quindi laddove non c’è collaborazione e condivisione di obiettivi in comune, il progetto di cura sarà fallimentare già in partenza. Entrando del dettaglio il DSM IV (IV edizione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) dà una prima definizione di DBP definendolo : “una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore, associate ad una marcata impulsività, comparse nella prima età adulta e presenti in vari contesti.” Una caratteristica dei BPD infatti é quella di stabilire relazioni interpersonali (di amicizia, amore, ecc..) estremamente arbitrarie dove cioé l'altra persona deve sottostare a regole molto rigide ed inaccettabili, non deve criticare o deve essere a disposizione del BPD in modo pressoché assoluto. Quindi il disturbo borderline è fondamentalmente un disturbo della relazione, che impedisce al soggetto di stabilire rapporti di amicizia, affetto o amore stabili nel tempo. Si tratta di persone che trascorrono delle vite in uno stato di estrema confusione ed i cui rapporti sono destinati a fallire o risultano emotivamente distruttivi per gli altri. Le persone affette da questo disturbo trascinano altri, parenti e partner in un vortice di emotività, dal quale spesso è difficile uscire, se non con l'aiuto di un esperto. Questi soggetti, infatti, sperimentano emozioni devastanti e le manifestano in modo eclatante, drammatizzano ed esagerano molti aspetti della loro vita o i loro sentimenti, proiettano le loro inadempienze sugli altri, sembrano vittime degli altri quando ne sono spesso i carnefici e si comportano in modo diverso nel giro di qualche minuto o ora. 9 1.2 Analisi generale del disturbo e strategie di intervento che l’infermiere mette in atto Il DSM IV non si limita solo a dare una definizione del disturbo in questione ma aggiunge che per porre la diagnosi di DBP occorre che tra nove criteri elencati ne vengano soddisfatti almeno cinque. Qui di seguito verranno riportati i nove criteri diagnostici e sotto ad ognuno di essi, le varie strategie di intervento che l’operatore può attuare. 1. Sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono I soggetti borderline possono percepirsi a volte intrinsecamente deboli e vulnerabili e possono convincersi di aver bisogno dell’aiuto e del sostegno degli altri. L’idea di interrompere un legame significativo può gettarli in uno stato di angoscia profonda. Spesso mettono in atto tentativi disperati tendenti ad evitare l’abbandono; a tale scopo implorano o supplicano il partner, mettendo in atto delle condotte finalizzate ad ottenere rassicurazione. Purtroppo, spesso, questi comportamenti finiscono col danneggiare ulteriormente la relazione. Talvolta è sufficiente solo immaginare che una relazione possa essere interrotta per gettare la persona in uno stato di angoscia che spesso esita in vissuti dissociativi. Nel caso specifico, raramente il soggetto border confiderà le sue paure all’operatore a meno che non abbia raggiunto con questo, un grado di fiducia tale da sentirsi libero di esprimersi senza condizionamenti. Arrivare a questo risultato, vuol dire aver intrapreso con il border tutto un lungo percorso mirato e continuamente visionato anche da altre figure professionali ( in particolare dallo psichiatra e lo psicoterapeuta). Non bisogna dimenticare infatti, il senso di precarietà che il soggetto porta dentro di sé, questa instabilità che spesso lo porta a interrompere all’improvviso ogni tipo di rapporto. Infatti ciò che l’operatore può fare per evitare che il soggetto bordeline si senta “solo” o senza un appoggio sicuro su cui poter contare, è quello di stimolare il soggetto a parlare di sé, di come vive ad esempio, l’ospedalizzazione. 10 Un ipotetico tentativo di comunicazione potrebbe essere: “Come ti senti in questo reparto? Sei a tuo agio o ti senti in imbarazzo?” oppure:”C’è qualcosa in particolare che ti crea preoccupazione?”. Questi potrebbero essere tutti esempi di domande indirette, con cui l’operatore potrebbe iniziare una comunicazione. Facendo capire al border, che nessuno vuole invadere la sua libertà, i suoi spazi o avere la pretesa di entrare nel suo mondo, ma si vuole far capire che può rivolgersi all’operatore, in ogni momento quanto più ne sente il bisogno. 2. Un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate dall’alternanza tra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione Le persone con DBP tendono a coinvolgersi intensamente nelle relazioni affettive e ad idealizzare eccessivamente il partner, ma nello stesso tempo sono estremamente attente ad ogni segnale discordante con l’immagine idealizzata, potendo repentinamente passare ad una valutazione opposta di estrema svalutazione. Si oscilla così tra i due estremi di un continuum, per cui le persone vengono valutate secondo un criterio “tutto o nulla”, ad esempio, o completamente buone o completamente cattive. Da ciò ne deriva, pertanto, un comportamento che valutato nel tempo risulta estremamente contraddittorio. Infatti la stessa persona viene descritta in un primo momento con determinate caratteristiche, in un secondo momento con caratteristiche completamente opposte. Le due visioni che il soggetto borderline sviluppa sulla stessa persona, non sono assolutamente integrate tra di loro e l’operatore da ciò, ne ricavava la netta impressione che il soggetto stia parlando di due persone diverse. Riuscire ad interpretare questa ambivalenza o meglio questa “ condotta contraddittoria”, attraverso la consapevolezza che ciò di cui il soggetto parla, nel caso specifico, è la conseguenza di un disturbo, vuol dire dare inizio ad un progetto di cura. 11 Non basta solo la “formazione” che l’operatore si porta dietro, per percepire questa dissonanza tra un discorso e l’altro, ma è l’attenta analisi di ciò che dice il paziente, più precisamente in quale momento e in quale contesto si esprime. L’operatore, in questo caso, deve stimolare il soggetto borderline, a parlare di come egli stesso vede i familiari, il partner, quale è l’importanza che dà ai relativi rapporti e quali sono i possibili fattori che creano conflitti. Certo, alcune risposte non saranno estremamente sincere, ma questo non deve farci perdere l’interesse nell’ascoltare l’altro. Non si vuole avere la pretesa di capire a tutti costi, quali meccanismi entrano in gioco quando si generano i conflitti, questo richiede un esperienza e una competenza specifica, ma capire come si sente il soggetto, quali emozioni riesce ad esternare e quali no, perché tende a svalutare e a idealizzare contemporaneamente una stessa persona, credo che sia un imperativo a cui l’operatore sanitario non può e non deve divincolarsi. Infatti come recita il nostro codice deontologico è nella natura dell’infermiere, sostenere, ascoltare, educare il paziente, perché il paziente è sempre una persona che si trova in difficoltà, una persona che ha dei bisogni da realizzare, ma che non possiede in quel determinato momento gli strumenti necessari per farlo. I pazienti in realtà siamo anche noi, ma sarebbe più preciso dire “utenti” perché lo siamo stati a nostra volta, a maggior ragione quindi dobbiamo capire il disagio che si prova entrando in ospedale, come le abitudini che cambiano rapidamente e che portano a sperimentare nuovi tentativi di adattamento(Cavicchi, 2007 ). 3. Alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e persistentemente instabili La messa in atto di comportamenti contraddittori, descritti nel punto precedente, si associa alla presenza di immagini di sé altrettanto contraddittorie e rapidamente oscillanti. In questo modo viene a mancare una visione unitaria e stabile di sé, dando luogo a quella che uno studioso chiama “diffusione dell’identità” e che rappresenta un criterio cardine per l’individuazione dell’organizzazione borderline. 12 Infatti la mancanza di un senso di identità rappresenta una delle caratteristiche principali di questo disturbo. Per compensare tale deficit alcuni soggetti possono affiliarsi a gruppi con caratteristiche fortemente connotate: tossicodipendenti, cultori di sport estremi, gruppi politici estremisti, ecc.; altri invece, proprio per la mancanza di un senso di identità definito, mostrano una persistente difficoltà nell’effettuare una scelta lavorativa, nello stabilire il proprio orientamento politico o sessuale, o nello stabilire il tipo di amicizie a cui accompagnarsi. Talvolta anche la condotta anoressica, di possibile riscontro tra i soggetti borderline, non appare finalizzata ad ottenere un controllo del peso corporeo, quanto all’assunzione di un’identità, quella dell’anoressica. L’operatore allora dovrà essere molto attento nell’osservare i comportamenti alimentari in questi soggetti, durante i pasti. Esistono tuttavia delle differenze, che l’operatore deve conoscere tra il paziente anoressico e il paziente borderline, infatti mentre il paziente anoressico è ossessionato dall’idea di dimagrire, il soggetto borderline sembra più intenzionato a diventare anoressico, come se questa “auspicabile” condizione potesse, in qualche modo, conferirgli quel senso d’identità stabile di cui è privo. Inoltre, il BPD presenta una sintomatologia molto più variegata di quella che caratterizza i disturbi alimentari, per cui, di norma, i due disturbi si riescono a distinguere abbastanza bene (Cotugno, Benedetto, 1995). 4. Impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto, quali spendere, sesso, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate La perdita di controllo può riscontrarsi in svariati ambiti. Questi soggetti svolgono una vita caotica, spesso comportandosi in modo pericoloso. Ad esempio, è frequente il riscontro di abuso di sostanze stupefacenti o di alcolici, talvolta conducono una vita sessuale intensa,ma altrettanto sgregolata e promiscua, infatti apparentemente sono disinibiti e fantasiosi, anche se non è 13 infrequente la presenza, nelle donne, di disturbi sessuali soprattutto legati a dolore come vaginismo e dispareunia. L’operatore sanitario allora, deve indagare sulla natura di questi sintomi, qualora il soggetto borderline ne parli, in quanto possono orientare l’operatore su un ipotetica promiscuità sessuale del soggetto. Questo non vuol dire che l’operatore deve scavare nella vita privata del soggetto, ma non può non tener conto di questi fattori, in quanto promotore di una cultura basata sulla prevenzione e sulla cura. D’altro canto non bisogna mai dimenticare che l’educazione sanitaria è parte integrante del progetto di cura. Educare queste donne, nel caso specifico, su una buona condotta sessuale, vuol dire dare un’assistenza di qualità. Certo, ci si potrà scontrare con molti ostacoli, il soggetto potrà il rifiutare di ascoltare, potrà negare il problema, ma l’operatore non deve mai perdere di vista il suo obiettivo, quello di educare ad una sana attività sessuale. A dimostrazione di ciò, raramente questi soggetti hanno un solo partner sessuale, proprio perché sottovalutano il concetto di "tradimento". A tal proposito è necessario informare il soggetto, sulle varie tecniche contraccettive, sulle malattie sessualmente trasmissibili, sulle vaccinazioni, anche avvalendosi della collaborazione con altri professionisti, come il ginecologo. La condotta alimentare invece è un’altra caratteristica che compare spesso nel soggetto bordeline, per lo più è caratterizzata da intense abbuffate e condotte bulimiche. L’operatore sanitario deve allora essere in grado di cogliere quei segnali che possono presagire questo disturbo alimentare, come il rifiuto del cibo, o ricorrenti abbuffate fatte di nascosto, scorgere queste segnali non è facile, soprattutto perché il soggetto bordeline, mette in atto questi meccanismi di nascosto. Anche l’alcolismo sembra essere un elemento abbastanza frequente nel soggetto borderline. L’alcolismo è caratterizzato dall'impossibilità di smettere l'uso o di alcool, nonostante la persona si renda conto che quella sostanza ,alcool etilico, le fa male e che quindi voglia smettere di assumerla. 14 Quindi è chiaro che i comportamenti sgretolati non rappresentano la conseguenza di un discontrollo degli impulsi, quanto un tentativo di acquisire una identità stabile 5. Ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari, o comportamento automutilante Sembrano essere frequenti nel soggetto borderline gesti suicidari e di autolesionismo impulsivo, ma mentre i primi si riscontrano con notevole frequenza anche in altre patologie psichiatriche i secondi sono tipici del DBP. L'autolesionismo viene in genere definito clinicamente come il tentativo di causare deliberatamente un danno al proprio corpo, lesionandosi in modo di solito abbastanza grave da provocare danni tessutali. Le modalità più caratteristiche consistono nel provocarsi tagli superficiali cutanei, o ustioni. Il comportamento autolesionista come i tagli su braccia e gambe, le contusioni autoprovocate, le bruciature di sigaretta, le minacce di morte ed i tentativi di suicidio (spesso con farmaci, tagliandosi o gettandosi dalla finestra soprattutto i più giovani), che possono diventare ricorrenti, sono i tratti tra i più eclatanti del disturbo ma non sempre presenti. In genere questi atteggiamenti anti-conservativi potrebbero far pensare, a volte erroneamente, alla presenza di un disturbo depressivo maggiore. Quindi è bene precisare che l’assenza di questo sintomo non esclude la diagnosi, proprio perchè molti soggetti borderline non mettono in atto questa condotta. Tuttavia l’operatore sanitario non deve mai dimenticare gli intenti autolesivi che questi soggetti vogliono mettere in atto, a tal proposito potrà essere necessario reperire tutti gli oggetti taglienti che il soggetto può utilizzare per mettere in atto i suoi intenti. Sicuramente, la privazione di questi oggetti non sarà l’unica forma di controllo per diminuire l’incidenza di gesti autolesionistici, tant’è vero che ad ogni oggetto preso và data una valida motivazione. Il paziente potrà avere varie reazioni, perché si vede privato di un oggetto che appartiene a sé, questo non deve però far esitare l’operatore nel suo intento. 15 Anzi, l’operatore potrà avvalersi dell’aiuto di altre figure professionali per convincere il paziente, sulla necessità dell’atto. Proprio per il pericolo di escogitare queste condotte autolesionistiche, sarà indispensabile che uno psicologo, che seguirà con il paziente tutto un percorso terapeutico, interverrà esclusivamente sulla domanda del paziente, concordando con il paziente stesso gli obiettivi del processo di sostegno. Non sarà lo psicologo a definire gli obiettivi ma lo faranno psicologo e paziente insieme, ovvero quello che si definisce come sistema "relazione psicologo-paziente". L’operatore sanitario dovrà allora essere attento a tutte le reazioni che il soggetto borderline manifesta, cercando di andare oltre ciò che vede o meglio dando a quel determinato atteggiamento una significato bene preciso. Osservare, comunicare, consultare, progettare, verificare, valutare, confrontare il proprio parere con altri collaboratori, sono tutte azioni che devono essere messe in atto per poter erogare un’assistenza di qualità. Ecco allora che la collaborazione con altri professionisti diventa un elemento indispensabile per la riuscita di un progetto di cura. 6. Instabilità affettiva dovuta ad una marcata reattività dell’umore Generalmente chi è affetto da DBP è combattuto tra due bisogni ugualmente intensi: il bisogno di dipendere dagli altri e di ricevere aiuto e rassicurazione, e la necessità di difendersi in un mondo percepito come ostile e minaccioso. Il continuo oscillare tra queste due posizioni, senza mai riuscire a fare una scelta, comporta un’estrema instabilità affettiva, con inevitabili ripercussioni sulle relazioni interpersonali. Infatti non a caso la valutazione dicotomica (“tutto-nulla”) dell’altro, con le frequenti oscillazioni tra due poli estremi, comporta inevitabilmente un’intensa oscillazione dell’umore e della tonalità affettiva. Infatti una caratteristica peculiare di questi soggetti è proprio la coesistenza di sentimenti ed emozioni tra loro opposti (ad esempio, odio e amore). L’affettività del borderline è quindi estremamente instabile, in quanto dipendente dalle variazioni dell’ambiente esterno, e sensibile alle dinamiche relazionali. 16 La reattività infatti si caratterizza per l'attitudine ad essere o a comportarsi emotivamente contro qualcosa a causa di un torto subito, ciò crea un nemico interno (odio rimosso) che funziona da vero e proprio motore dinamico nevrotico dell'esistenza (Mazzetti). Spesso si configura il soggetto borderline come un soggetto statodipendente: proprio perché al variare delle condizioni ambientali segue un rapido adattamento dell’umore. A dimostrazione di ciò può passare da stati d’irrequietezza che possono anche apparire come una fase di entusiasmo a stati simil-depressivi. Fondamentalmente, Il soggetto bordeline, sembra conservare comunque una tendenza alla visione pessimistica della propria vita e del mondo in generale. Anche l’ambiente ospedaliero potrà influire notevolmente sul suo umore. Sarà quindi necessario che la stanza di degenza sia illuminata, pulita, ben aereata, con sistemi di allarme, ordinata, con tinte chiare, ma soprattutto confortevole. Sono tutte caratteristiche che incidono sull’impatto che può avere il border, ma qualsiasi paziente, sul tipo di ricovero che dovrà affrontare. Certo non è detto che dietro un’apparente stanza ordinata, corrisponda un assistenza di qualità, ma l’impressione che avrà il soggetto borderline sarà a prima vista positiva. L’operatore sanitario deve essere in grado di dare un significato ai vari cambiamenti dell’umore, ma soprattutto deve capire che questi sono parte integrante del sintomo, che il disturbo provoca. Essere capaci di adattarsi alle diverse variazioni dell’umore di questi soggetti, vuol dire mettere in atto quel principio di empatia, vuol dire non giudicare, ma soprattutto vuol dire rispettare il disagio dell’altro. 7. Sentimenti cronici di vuoto Questo sintomo è molto tipico del disturbo anche se viene spesso taciuto in quanto non è facile trovare le parole per esprimerlo. Per certi aspetti è assimilabile alla noia, anche se si presenta in forma maggiormente angosciante. Non si tratta di semplice disinteresse per attività poco stimolanti, ma è un’angosciosa sensazione derivante dalla mancanza di una strutturazione dell’identità. 17 Talvolta con questo termine piuttosto vago le persone intendono esprimere un vissuto dissociativo di depersonalizzazione o di derealizzazione. La sensazione di un incolmabile vuoto interno può spingere alcuni soggetti, come si diceva prima ad abbuffarsi, a tagliarsi o a ricercare emozioni intense, ad es. con la pratica di sport estremi. La sensazione di vuoto viene talvolta descritta anche dai soggetti depressi, ma questi, a differenza dei pazienti con DBP, non ne hanno una percezione cronica, in essi il senso di vuoto è semplicemente la conseguenza di una perdita di interesse e di stimoli precedentemente sperimentati. A tal proposito Il soggetto borderline può mettere in atto dei meccanismo di difesa. Tra cui la somatizzazione, cioè il trasferimento di sentimenti dolorosi su parti del corpo e la conversione: una modalità simbolica che esprime un conflitto psichico in termini fisici. L’operatore sanitario deve essere a conoscenza di come questi meccanismi vengono messi in atto, sebbene siano di natura inconscia, ma proprio perché rappresentano lo strumento principale con cui il soggetto gestisce gli istinti e gli affetti, devono essere maggiormente conosciuti. 8. Rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia (per es., frequenti accessi di ira o rabbia costante, ricorrenti scontri fisici) Come per tutte le emozioni, anche la rabbia è intensa e disregolata, però più delle altre emozioni può risultare estremamente evidente e disturbante per le relazioni interpersonali. Rappresenta la molla che spesso è alla base del passaggio all’azione con condotte aggressive disregolate. La rabbia si può manifestare anche come aggressività verbale, sotto forma di critiche sprezzanti o pungenti, sarcasmo, rancore e ostilità. Le persone che si relazionano con i borderline , come nel caso dell’operatore sanitario, imparano rapidamente che, così come è possibile destare una brusca reazione rabbiosa alla minima percezione di ingiustizia subita, è anche possibile determinarne una rapida interruzione, al variare delle condizioni esterne: talvolta basta cambiare discorso o rassicurare verbalmente il soggetto. 18 E’ chiaro che questa affermazione, non è applicabile per tutti i soggetti, ma direzionare la rabbia del soggetto bordeline cambiando il discorso, può placare momentaneamente lo stato d’ansia del soggetto. Ma non basta. L’operatore non può fermarsi a questo deve ricercare le cause che hanno scatenato la rabbia del soggetto. Per questo è fondamentale che ci sia un’opportunità di confronto con gli altri operatori, per poter individuare la vera causa del problema e stabilire insieme un piano di intervento. 9. Ideazione paranoide, o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress La tendenza per il border a valutare gli altri secondo il criterio “tuttonulla”, o completamente buoni o completamente cattivi, associata all’instabilità affettiva, comporta, in situazioni particolarmente difficili e stressanti, la possibilità di attribuire agli altri intenzioni malevole e persecutorie nei propri confronti. A differenza dei disturbi psicotici l’ideazione paranoide risulta qui transitoria, cioè della durata di poche ore e strettamente legata agli eventi stressanti. Inoltre, questi soggetti contrariamente agli psicotici, vivono questi episodi in modo disturbante e manifestano l’intenzione di liberarsene. Tra i sintomi dissociativi più frequenti vi è la depersonalizzazione e la derealizzazione. La prima si riferisce a vissuti di mancata percezione del proprio corpo o di parte di esso, oppure alla sensazione che la propria mente non controlli più il corpo, o ancora alla sensazione di osservare il corpo dall’esterno; la seconda consiste nella sensazione che la realtà esterna sia in qualche modo trasformata o distanziata; alcuni riferiscono la sensazione che tra la propria persona e la realtà esterna ci sia un velo o un foglio trasparente. Il soggetto bordeline può mettere in atto allora, dei meccansimi di difesa di tipo narcisistico, che sono tipici di chi vive la propria immagine, il proprio corpo o quello degli altri in modo distorto. Questi meccanismi messi atto, fungono da mediatori di regolazione dell’autostima. In definitiva è bene ricordare che secondo il DSM IV per porre diagnosi di DBP non è necessario che tutti i criteri sopra riportati vengano soddisfatti: 19 ne bastano solo cinque. Da ciò consegue che due soggetti con la stessa diagnosi di DBP possono avere in comune solo un criterio diagnostico e quindi differire notevolmente nel quadro clinico. 20 1.3 L’occhio clinico dell’infermiere Il comportamento del soggetto border auto od etero distruttivo (rivolto a se' o agli altri) con tutti i significati di sfida e le funzioni manipolatorie nei confronti dell’ambiente e delle figure terapeutiche e' spesso espressione di rabbia. La rabbia spesso e' la risposta ad un comportamento percepito come frustante in un contesto di relazione in cui gli altri esistono unicamente per soddisfare i bisogni del paziente e dove gli altri sono percepiti o come tutti buoni o tutti cattivi. Senza dimenticare che questa "scissione” può essere percepita dal border anche nella stessa persona (es. il medico una volta e' tutto buono, l’altra volta e' tutto cattivo). Infatti non a caso il soggetto border-line puo' avere un differente grado di adattamento all’ambiente ospedaliero. A dimostrazione di ciò possono esserci border con maggiore tendenza all’autolesionismo e al suicidio, altri in cui prevale un atteggiamento diffusamente ostile, per cui di volta in volta l’operatore sanitario deve essere in grado di modulare il proprio atteggiamento, in base alle caratteristiche comportamentali che il border dimostra. Tuttavia non esistono delle “linee guida” che dettino passo per passo i vari atteggiamenti o le varie posizioni che 21 l’operatore sanitario deve assumere, nei confronti del border, ma è la specificità e l’individualità di ciascun operatore che fa la differenza in una relazione. Sebbene questo disturbo possa manifestarsi con forme diverse da persona a persona, l’operatore può notare comunque dei fattori pressoché costanti nel soggetto bordeline. Il piu' importante e' la scissione (figure buone e figure cattive) che il border, se riesce a sostenere il ricovero, operera' inevitabilmente sulle figure terapeutiche. Il meccanismo serve al soggetto border per tener lontano la distruttivita', ma il risultato per gli infermieri sara' che esistera' l’infermiere “buono” a cui il paziente rivolgera' richieste pressanti e l’infermiere “cattivo” a cui rivolgera' proteste e ostilita' (oppure gli infermieri sono buoni e i medici cattivi, o viceversa). Il rischio di questo meccanismo, potrà essere che per il border solo l’infermiere "buono" sarà lusingato e questo a sua volta cadrà nell’eccessiva indulgenza con la conseguenza di non riuscire a far rispettare sufficientemente le regole, oppure che ad un certo punto si senta asfissiato e manipolato da non riuscire più a sottrarsi alla continua richiesta di bisogno del paziente, perdendo così il controllo della situazione. D’altro lato l’infermiere "cattivo" potrebbe rispondere a sua volta con ostilita' al paziente, usando regole e strumenti terapeutici non come contenimento ma come punizione. Non è infrequente che il paziente, grazie a questo meccanismo, crei dei conflitti fra gli operatori stessi. Questo problema può essere aggirato, aumentando il numero delle riunioni di gruppo, ogni qual volta gli operatori ne sentano il bisogno. Dal momento che l’obiettivo terapeutico ultimo per questo tipo di paziente e' “l’integrazione” (riuscire a mettere insieme le parti buone e le parti cattive in modo che coesistano in lui e negli altri) l’ideale sarebbe che tutti gli operatori discutessero insieme al paziente il problema della richiesta. Se si tratta di due infermieri e' pressoche' impossibile, coprendo generalmente due turni diversi. Più fattibile, invece, se si tratta di un medico e di un infermiere. Rimane comunque l’alternativa che i due infermieri parlino fra di loro rivedendo l’unidirezionalità’ del progetto. Ovvero devono concordare insieme una linea di condotta comune 22 circa limiti e regole. In tal modo il paziente riceverà un messaggio coerente ed univoco. Solo così riuscirà a realizzare chele persone che lo imitano, sono le stesse che lo proteggono. Bisogna infatti ricordare che i border piu' che mai hanno bisogno di essere protetti, quasi come persone “affamati” di cura. Essere consapevoli di questo significa riuscire ad essere accoglienti superando il naturale fastidio e irritazione che il loro atteggiamento ostile può provocare. Siamo sempre di fronte, come per qualsiasi altro paziente, al bambino nel corpo di un adulto. Tutte le figure terapeutiche, di conseguenza anche gli infermieri, devono rappresentare l’Io del paziente. L ’Io e' quella funzione psichica che permette ad un individuo di tollerare la frustrazione, di rimandare nel tempo la soddisfazione di un bisogno, di valutare adeguatamente la realtà comprese le conseguenze di un proprio comportamento o azione. Il border ha un “Io” molto debole. Proprio come un bambino piccolo, il border non sa aspettare, per esempio se deve dire una cosa al medico, non sa aspettare la visita, oppure se ha molta ansia non sa contenerla e vuole subito un farmaco o vuole subito qualcuno con cui parlare. Non sa mettere il tempo tra il pensare e l’agire, non sa usare la parola invece dell’azione o meglio non riesce a “vedere” le conseguenze di un’azione. Tutti gli operatori quindi sono tenuti a funzionare come l’ Io ausiliario del border. L’operatore sanitario allora dovrà: 1. comunicare in maniera chiara ,decisa ma non impositiva le regole, partendo dal presupposto che le regole servono a contenere ed educare non a punire; 2. rimandare la scarica dell’impulso-azione cercando delle alternative. Questo a sua volta presuppone; a. sostituire l’azione con le parole; b. anticipare le conseguenze dell’azione. c. 23 Soprattutto per quanto riguarda la scarica della rabbia e' utile capire quale e' stata la richiesta non soddisfatta che ha fatto scatenare la rabbia o l’evento che il paziente ha percepito come ingiusto. Nei limiti di un moderato attacco di rabbia, che escluda cioè l’incolumita' fisica dell’operatore, e' utile per il paziente ma anche per l’infermiere al fine di gestire la paura o l’irritazione, spostare l’attenzione del paziente sul motivo che ha suscitato in lui un atteggiamento rabbioso. Questa strategia ha molti vantaggi: in quanto sostituisce l’azione con la parola, infatti il paziente di fronte ad una persona interessata e preoccupata di capire perché stia così male, e' costretto a "raccontare" e a "spiegare". Mentre parla si sente capito, ascoltato e contenuto ( e la rabbia ha tempo intanto di stemperarsi) e nel contempo raccontando si mette il tempo tra l’impulso e l’azione. Un’altra utile indicazione, per l’operatore sanitario potrebbe essere quella di evitare, con questo tipo di paziente, un atteggiamento terapeutico passivo (cioè non dire nulla, opporre un sottolineato silenzio, simulare indifferenza o volgere le spalle…) perché dobbiamo sempre ricordare che la rabbia e' l’unica possibilità esistenziale e come tale va accolta. 24 Bibliografia LALLI, N. (1991), Manuale di Psichiatria e Psicoterapia, Languori Editore, Napoli. LUCIONI, R., Borderline , la colpa e lo sviluppo psico – affettivo, Articolo pubblicato sulla Collana di Neuroscienze. AMMANITI, M., MUSCETTA, S., Il disturbo borderline in adolescenza, Franco Angeli, Milano, 2000. CAVICCHI, I. (2007) Autonomia e responsabilità, Boringhieri, Torino. KERNEBER, O. (1980) Mondo interno e Realtà esterna, Boringhieri, Torino, 1985. 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Breve introduzione sui meccanismi di difesa e atteggiamento dell’operatore sanitario Il tema centrale del lavoro è basato sulla gestione che l’infermiere deve mostrare nel riconoscere i meccanismi di difesa, in quanto è necessario dare un significato alle reazioni immotivate che il soggetto borderline mette in atto. Ma non solo. Capire cos’è un meccanismo di difesa e perché entra in gioco in una determinata circostanza, permette all’operatore sanitario, di poter misurare se stesso in relazione agli altri, oltre che sviluppare una maggiore capacità nella gestione del problema, proprio perché si rifà a quel principio del “conoscere per riconoscere” . Quando si ha a che farePer prima cosa è bene definire cos’è un meccanismo di difesa. I meccanismi di difesa sono dei “processi psichici, spesso seguiti da una risposta comportamentale, che ogni individuo mette in atto più o meno automaticamente per affrontare le situazioni stressanti e mediare i conflitti che generano dallo scontro tra bisogni, impulsi, desideri e affetti da una parte e proibizioni interne e/o condizioni della realtà esterna dall'altra” (A. Freud) 26 Da questa affermazione, si evince che: a) le difese sono una risposta automatica individuale a situazioni di stress interne o esterne; b) le difese sono automatiche e funzionano senza sforzo conscio e senza la consapevolezza del soggetto c) gli individui tendono a “specializzarsi” , utilizzando in modo caratteristico le stesse difese nelle stesse situazioni; d) le difese tendono a svilupparsi lungo un continum di adattamento /disadattamento. (Di Sauro,2007) Nel disturbo di personalità borderline, c’è senza dubbio una “struttura patologica dell’IO” legata ad un disordine dello sviluppo psicomentale. L’attività dell’ Io si manifesta nell’organizzazione dell’ oggetto genitoriale e nello sviluppo affettivo (che è il fondamento per la rappresentazione del Sé e degli oggetti della realtà) e le difficoltà rappresentazioneli, che si osservano, portano da un lato a non avere un termine di paragone condivisibile e, dall’altro, a non poter usufruire della “realtà” per dare senso di valore a Se-stessi. L’operatore sanitario deve essere attento non solo alle reazioni che il soggetto bordeline manifesta, ma deve essere anche in grado di osservare come questo si relaziona con gli altri, come si svolge la sua attività giornaliera, che rapporto ha con i familiari, con il partner, senza entrare nella sua vita privata. L’operatore sanitario attraverso l’osservazione e la comunicazione, può ricavare queste informazioni. Tuttavia ci sono degli elementi costanti, che alcuni studiosi attribuiscono al soggetto bordeline, avere una conoscenza di questi elementi, permette all’operatore di riconoscere (o meglio di fare un ipotesi) i primi gli aspetti peculiari del disturbo. 27 Tra questi vi sono: - scarsa percezione di sé e del proprio ruolo (sociale) e quindi identificazione con l’Altro attraverso un “mimetismo smisurato”;impulsività ed instabilità emotiva; - relazioni affettive disturbate: dipendenti, complementari,raramente reciproche; - sentimento depressivo di abbandono (che non è mai colpevolizzazione); - solitudine e impossibilità di organizzare relazioni soddisfacenti, che si rinnova quotidianamente, senza lasciare spazio per accedere alla autosoddisfazione; - deficient di adeguatezza del senso del reale con costante scivolamento verso percezioni personalistiche ed inadeguate; - difficoltà a mantenere una “permanenza” narcisistica; l’ Io fluttua tra l’essere ed il non-essere, producendo un senso di sé estremamente fragile: è sufficiente una frustrazione (anche se vissuta solo nell’immaginario) per provocare gravi crisi depressive; - multiple fobie e comportamento pignolo ed ossessivo; - tendenza a iper-valorizzarsi come “giovani”, efficienti, validi e mentalmente adeguati ; - stati tenebrosi di rifiuto e di isolamento, carico di accuse tanto dolorose, quanto vaghe e poco valide; - i vissuti di piacere risultano solo episodicamente ego-sintonici, presentandosi per lo più come ego-distonici, quindi, svalorizzati. 28 Questa lunga enumerazione di segni psico-patologici, può essere utilizzata per cercare di evidenziare particolari meccanismi di difesa ad esse sottesi. Per chiarire questi legami si può cercare di analizzare i sintomi in funzione delle difese. I meccanismi di difesa più utilizzati dal soggetto bordeline sono: il diniego, la scissione, l'identificazione proiettiva (il paziente non si limita a proiettare i suoi contenuti interni su una persona esterna, riesce anche a far sì che questa persona finisca con il comportarsi secondo tali contenuti, come se li avesse introiettati. Sono in grado, a differenza degli psicotici, di valutare la realtà ma possono negare instancabilmente la loro patologia. Se lo psicotico è frammentato, il borderline è dicotomico (buono/cattivo) se lo psicotico è confuso, il borderline è netto. E' come se nella persona borderline ci fosse un teatro interno di personaggi buoni e cattivi in perenne conflitto tra di loro, poiché tenere questa lotta al proprio interno è molto difficile, allora preferisce proiettare tutto al di fuori può capitare allora che le famiglie e le equipe assistenziali finiscano con il dividersi e il litigare. I problemi dei pazienti borderline sembrano risalire alla fase di separazione (la loro angoscia più profonda è di separazione e di abbandono), di conseguenza appaiono vittime di un dilemma: quando si sentono vicini a un'altra persona provano panico per paura di un eccessivo coinvolgimento e di un controllo totale quando si sentono separati, vivono un abbandono traumatico. Questo conflitto si esprime nel loro continuo entrare e uscire dalle relazioni, compresa quella terapeutica. Il loro comportamento è di "richiesta di aiuto, rifiuto di aiuto". Occorre trovare una giusta distanza. Il loro “Io” è osservante solo a sprazzi. Altri meccanismi di difesa che entrano in gioco sono l’isolamento, la scissione, l’dealizzazione primitiva, l’onnipotenza, svalutazione, l’Identificazione proiettiva. Non mancano però la messa in atto di meccanismi difensivi meno primitivi come: l’identificazione proiettiva e l’isolamento . Tuttavia possono entrare in gioco anche altri meccanismi. 29 Per spiegare meglio questi concetti, facciamo alcuni esempi. Sappiamo bene che il soggetto bordeline si sente, in qualche modo, “diverso” riferendosi in termini di disagio, un meccanismo di difesa che potrebbe mettere in atto allora potrebbe essere l’isolamento affettivo, proprio perché nel difendere il proprio punto di vista, rifiuta decisamente l’opinione dell’altro. Evita quindi l’affetto separandolo dall’ideazione ad esso correlato. L’infermiere può “ipotizzare” l’esistenza di questo meccanismo, quando il soggetto bordeline non accettando più critiche sulla sua opinione, pur trovandosi bene a parlare con l’operatore fino ad un momento prima, per una sua idea preferisce isolarsi. Questo “isolamento” porta il soggetto borderline a rifiutare qualsiasi opinione in contrasto con la sua. Tuttavia c’è un meccanismo che il soggetto tendere a metter in atto con una certa frequenza questo è la scissione o meglio la dispersione dell’identità, più precisamente la mancata integrazione di rappresentazioni opposte e la mancanza di un vissuto stabile di oggetti totali in rapporto con il Sé, con la conseguente mancata integrazione del Sé. Si tratta di un processo inconscio che separa attivamente gli uni dagli altri i sentimenti contraddittori, le rappresentazione di Sé e dell’oggetto. La manifestazione relazionale più evidente di questa dispersione dell’identità è la divisione degli oggetti esterni in totalmente buoni e totalmente cattivi, con la concomitante possibilità di oscillazioni estreme di tali vissuti, sullo stesso oggetto. Questa rapida, continua, iterativa oscillazione spesso determina nell’oggetto relazionale un vissuto di confusione e caos. E’ quello che si definisce “tendenza a far impazzire l’altro”. L’assoluta necessità di effettuare una netta divisione degli oggetti esterni in “tutti buoni” o “tutti cattivi”: la fisiologica coesistenza di una parte buona e di una cattiva in ciascun essere umano è inaccettabile in quanto il riconoscere una parte cattiva all’interno di un’altra persona abitualmente considerata buona è insopportabile per il soggetto che quindi vive tale possibile coesistenza come francamente minacciosa. Il soggetto bordeline infatti tende a catalogare tutto secondo una logica binaria, bianco o nero, buono o cattivo, necessario o inutile. Capire quando quando 30 meccanismo si sta mettendo in atto permette all’operatore sanitario di poter riflettere su quali strategie comunicative sarebbero più convenienti da adottare. Il border pretende attenzione, vuole essere ascoltato, non accetta risposte di circostanza o evasive, anzi queste lo innervosiscono. L’operatore quindi deve evitare di rispondere alle provocazioni che a volte questi soggetti lanciano, mantenendo quindi un atteggiamento sereno e ben disposto alla comunicazione. Il soggetto borderline ha un intenso bisogno di essere ascoltato, compreso, anche le sue reazioni aggressive a volte dimostrano il contrario. L’operatore non deve risentirsi o sentirsi offeso dalle accuse che il border può rivolgergli, in un particolare momento, ma deve cercare di andare oltre le parole, gli atteggiamenti e questo è possibile solo se si ha alla spalle una giusta formazione. Proprio perché non si può pensare di aiutare qualcuno, se non si conosce il disturbo o la malattia da cui è affetto. Il soggetto bordeline quindi non riesce a sintetizzare le immagini contraddittorie sia di sè che degli altri. L'idealizzazione primitiva è invece il secondo meccanismo di difesa sottolineato da Kernberg. Il paziente tende ad idealizzare alcuni oggetti e a vederli in modo non realistico come tutti buoni o onnipotenti. Più precisamente l’idealizzazione è una variante della scissione ed è messa in atto grazie all’innalzare l’oggetto della perfezione proprio nell’intento di evitare le conseguenza del riconoscere l’ambivalenza (buono e cattivo). Dall'oggetto il soggetto borderline ottiene una gratificazione narcisistica. Quindi può capitare che un infermiere, per il soggetto bordeline sia visto quasi come un “idolo” ed un altro invece completamente screditato. Questo però non deve essere letto come un offesa personale, anzi l’infermiere considerato dal border “meno bravo o meno capace” sa perfettamente che il border sta mettendo un atto un meccanismo di difesa e che quindi non dovrà vederla come un accusa personale. Per aggirare questo ostacolo l’infermiere potrà sentire il bisogno di parlarne con l’equipe, meglio se in una riunione. Altri meccanismi di difesa che il border può mettere in atto sono l'onnipotenza e la svalutazione. L’onnipotenza è:”una difesa 31 con la quale il soggetto risponde a un conflitto emotivo o a fonti di stress interne o esterne comportandosi come se fosse superiore agli altri, come se possedesse speciali poteri o capacità”. Questa difesa protegge il soggetto da una perdita di autostima che si verifica ogni qualvolta delle fonti di stress inducono sentimenti di delusione, impotenza, mancanza di valore e simili. Quando esperienze reali provocano sentimenti negativi si sostiene artificialmente l’autostima a spese di una distorsione positiva della stima che si ha di se stessi. Se il soggetto bordeline eleva il suo grado di autostima, nei nostri confronti o in quelli degli altri degenti, non per un atto di egocentrismo, ma proprio perché passa da momenti in cui si vede l’unica persona perfetta a momenti in cui la sua persona non avrebbe senso di esistere. Di conseguenza la svalutazione degli altri va di pari passo con l'ipervalutazione del Sé. L’individuo affronta conflitti emotivi e fonti di stress interne o esterne attribuendo caratteristiche esageratamente negative a se stesso o agli altri. La svalutazione comporta l’uso di affermazioni sprezzanti, sarcastiche o comunque negative, nei confronti di se stessi o degli altri al fine di accrescere l’autostima e può difendere dalla consapevolezza dei desideri o dalla delusione per desideri non appagati. I commenti negativi sugli altri, di solito, nascondono un certo senso di vulnerabilità, vergogna o mancanza di valore che il soggetto sperimenta in prima persona quando esprime i propri desideri e si trova di fronte ai propri bisogni. Il soggetto borderline passa a vedere gli altri prima come “idoli” poi come “inutili” così come vede stesso. Questa ambivalenza sembra essere un elemento costante in questi soggetti. Anche l’identificazione proiettiva sembra essere un meccanismo molto utilizzato. Si tratta di un processo inconscio attraverso cui un impulso inaccettabile viene disconosciuto e proiettato su un altro oggetto che viene vissuto come il reale promotore di quell’istinto. L’identificazione proiettiva è anch’esso un meccanismo che viene messo in atto, più precisamente in parte inconscio per ridurre o sopprimere ogni preoccupazione che possa mettere in pericolo l'integrità dell'IO e il suo equilibrio interno. L’operatore sanitario allora dovrà mantenere 32 un livello ottimale di partecipazione e di presenza all’interno della relazione, senza ovviamente scadere in un atteggiamento banalmente supportivo. Mantenere un impostazione molto stabile anche a fronte di comportamenti aggressivi del paziente. Soprattutto non bisogna reagire a provocazioni che questi soggetti lanciano. L’operatore deve avere perciò una notevole capacità di empatia e di accettazione degli atteggiamenti ostili ed aggressivi del paziente. I soggetti borderline non hanno un “Io” che osserva: sono profondamente confuse su chi sono e la descrizione che danno di se stesse o degli altri nella loro vita è vaga, evasiva, visibilmente distorta. Clarkin , Yeomas , Kernberg Psicoterapia della personalit à Borderline , 1999 Difese primitive Scissione o dissociazione primitiva Identificazione proiettiva Onnipotenza controllo onnipotente idealizzazione primitiva svalutazione negazione 33 2.2 Essere infermieri, essere formati Alla luce di ciò che si è detto su questo disturbo, delle cause, dei sintomi e dei meccanismi di difesa, si può dedurre che la probabilità che l’operatore sanitario ha nell’ erogare un assistenza di qualità è direttamente proporzionale alla formazione che possiede sul disturbo specifico. Questo vuol dire che per potersi interfacciare con persone che presentano questo disturbo è necessario che l’operatore sanitario sia stato adeguatamente formato, che abbia cioè intrapreso un percorso clinico formativo specifico. Il bisogno di conoscere questo disturbo, dalle modalità in cui esso si presenta a come il soggetto border vive questa condizione è un desiderio che deve nascere dall’operatore stesso. D’altronde, come detto più volte, non si può pretendere di aiutare qualcuno, se non si conosce la causa che determina la richiesta di aiuto. La richiesta di aiuto in questo caso è indiretta, perché spesso il soggetto non riconosce il sintomo come parte di un problema, può associarlo per esempio, ad un periodo di intenso stress, ma il più delle volte non si avverte come tale. Infatti con una certa frequenza questi soggetti sono soliti dire: ”sono fatto così, non posso farci niente” quasi come se la loro condizione di esistenza (il loro Se) non possa essere cambiata. 34 Bibliografia LINGIARDI, V., MADEDDU, F. (1994) I meccanismi di difesa. Teoria clinica e ricerca empirica, Cortina, Milano. CARRARA, S., DEVESCOVI, P. C. (2005) Noi e i meccanismi di difesa, La biblioteca di Vivarium. KERNEBERG, O. (1987) Disturbi gravi di personalità, Boringhieri, Torino. ROBERT, B., ROBERT, M. (1977) I meccanismi di difesa, Ed, Astrolabio Ubaldini. MODEL, A.H. 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