L’enigma del Disturbo Borderline di Personalità
Il Disturbo Borderline di Personalità è una categoria diagnostica controversa e fonte di opinioni discrepanti. Ciò è dovuto principalmente alla difficoltà di un suo inquadramento in una sindrome costituente essenziale, tanto da non essere considerato una psicopatologia specifica, ma una sorta di
contenitore vuoto in cui inserire tutti quei casi non meglio diagnosticabili in altro modo.
A nostro avviso, le questioni aperte sono:
1. esiste o no questo disturbo?
2. in caso affermativo, c’è la possibilità di codificarlo in un’unica “categoria nosografica configurabile in un quadro chiaro e definito”1?
3. Può essere utile osservare più che una serie di sintomi, come suggerisce il DSM, o è più proficuo identificare comportamenti ed emozioni che i soggetti borderline condividono?
4. Lo studio dell’eziopatogenesi può risolvere la difficoltà diagnostica?
5. Sui possibili fattori causali, possiamo identificarne alcuni che siano condivise dalla maggior
parte degli studiosi?
Allo stato attuale, possiamo affermare che non vi è piena concordanza sulle risposte a tali domande,
pur nella considerazione che lentamente si sta arrivando ad una convergenza di opinioni. Riportiamo, di seguito, la teoria esistenziale nella quale ci riconosciamo.
Secondo l’approccio analitico - esistenziale il DPB è un’entità diagnostica ben definita e distinguibile da altre. Essa si caratterizza primariamente sul piano dell’Io − essere se stesso −: essere una
persona con propria autenticità e chiara identità. Il soggetto boderline cerca di superare questa mancanza attraverso la relazione con altre persone. La sofferenza della psicopatologia boderline è quella
di un dolore insopportabile che crea una tensione vissuta come autodistruttiva in quanto annienta
l’identità dell’Io e conseguentemente la sua personalità. Il vuoto esistenziale (dolore, sofferenza) riflette la mancanza di un intimo rapporto con se stesso. Il paziente non riesce a “sentirsi” basandosi
esclusivamente su di sé “in modo autogeno” quando è solo e quindi stabilisce relazioni intense distorte e fluttuanti con altri o utilizza metodi autolesivi (es: tagliuzzarsi, ubriacarsi, vomitare). Diversamente dai pazienti isterici, narcisistici, paranoici il soggetto boderline non s’interessa a esprimersi
attraverso fatti clamorosi, all’autostima, alla reciproca comprensione in una relazione interpersonale, però s’interessa di poter pervenire a sentire se stesso. Egli è intento a costruire attraverso la relazione con il proprio corpo, con la propria psiche o con altre persone un “self”, ma ciò è perseguito
impulsivamente. Secondo il modello strutturale dell’analisi-esistenziale si tratta di un disturbo
dell’autenticità (terza motivazione fondamentale: il tema dell’essere se stessi), unitamente alla tematica delle relazioni e dei sentimenti (seconda motivazione fondamentale: il tema della relazione
con la vita). Al paziente piacerebbe vivere però non si sente legittimato, invitato, amato e in questo
si riscontra il perdere se stesso che forma la base della scissione: vivere ma non sentirsi vivendo. La
scissione non riguarda solo l’Io rispetto a se stesso ma l’Io rispetto al mondo. Egli riscontra un
mondo diviso separato in parti contrapposte e contraddittorie come − a titolo esemplificativo genitori che hanno progetti e modalità educative nei confronti dei figli opposte −. Il suo Io è configurato
nello stesso modo della sua rappresentazione della realtà: comunque divisi e inconsistenti. La sua
reazione è agire per rispondere alla scissione. Diversamente dalla psicoanalisi la scissione non è
motivo per lo sviluppo di una struttura boderline ma contrariamente è conseguenza di un’esperienza
primaria di scissione di sé e della realtà. Lo sviluppo del boderline nell’AE non dipende
dall’evolversi di strategie di difesa (come sostiene Kernberg) ma inizia da momenti esperienziali in
modo fenomenologico. Il paziente vive soprattutto a livello immaginativo e fantasmatico e in questo
modo decodifica la realtà; quando la realtà minaccia una sua costruzione immaginativa, sente il
“self” in pericolo. Per proteggersi sceglie un’immagine opposta che porta alla ben conosciuta instabilità relazionale.
Si sono osservate diverse cause predisponenti il DPB:
1 − concause genetiche, malattie encefaliche o dipendenze, come l’alcolismo;
2 – esperienze traumatiche come la mancanza dell’incontro con l’altro, le manipolazioni nelle relazioni parentali, la perdita di figure di riferimento fondamentali, del dialogo o violenze subite in fase
evolutiva.
Prospettive terapeutiche
Abbiamo a disposizione numerose strategie e pareri sulla cura del paziente con Disturbo di Personalità Borderline. Le opinioni sulle possibilità terapeutiche verso questa complicata sindrome, vanno
da quelle di autori che sostengono paradigmi specifici e ripetibili, a quanti ritengono che il soggetto
migliori in modo più efficace se non viene trattato né con psicoterapia, né con farmacoterapia. Intermedia,fra questi due poli, è la convinzione di chi appoggia la tesi che vuole lo psicoterapeuta
come una figura che si adatta a ciò che chiede il paziente senza farsi trascinare nel pericoloso ruolo
di codipendente.
Lucio Demetrio Regazzo
1
Giovanni Liotti, Rivista Telematica Psychomedia, www.psychomedia.it/pm/modther/probpsiter/liotti-1.htm