Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph

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Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph
Caratteri della filosofia di Schelling.
Il principio che aveva assicurato il successo della filosofia di Fichte è quello dell'infinito e
Schelling vede chiaramente che tale filosofia apre un nuovo indirizzo alla speculazione.
Schelling cerca però di volgere il pensiero fichtiano alla difesa degli interessi che più gli stanno
a cuore: quelli naturalistico-estetici. La natura al di là di come la vede la scienza e Fichte, non
si risolve in un insieme di cose, ma è una totalità infinita, una produttività che ora
momentaneamente è cristallizzata. Secondo Schelling il modo con cui Fichte eliminò il
dualismo era manchevole in quanto annullava il valore della natura, così egli riporta l'io
assoluto alla sostanza di Spinoza; la sostanza di Spinoza è il principio dell'infinità oggettiva,
mentre l'io di Fichte è il principio dell'infinità soggettiva. Schelling vuole unire le due infinità
in un concetto di Assoluto che sia il fondamento dell'uno e dell'altro, il principio supremo deve
essere insieme oggetto e soggetto, ragione e natura, cioè l'unità, l'identità o l'indifferenza di
entrambi. Per Schelling bisogna pensare finalisticamente ed organicisticamente la natura, che è
qualcosa di autocreatosi; è all'interno della natura stessa che bisogna trovare le regole del suo
divenire e non bisogna cercare una sorta di Demiurgo o di regole esterne in una visione
meccanicista. La natura, secondo Schelling, ha vita, razionalità e quindi valore in sé e tale
valore autonomo, unito alla tesi dell'Assoluto come identità di natura e spirito, conducono il
filosofo ad ammettere due possibili direzioni della ricerca filosofica: una la filosofia della
natura, diretta a mostrare come la natura si risolva nello spirito, l'altra la filosofia
trascendentale, diretta a mostrare come lo spirito si risolva nella natura.
La filosofia della natura.
Schelling ritiene che le caratteristiche attribuite da Fichte allo Spirito, valgano anche per la
Natura, di conseguenza egli cerca: di dimostrare la struttura dialettica e spirituale della Natura,
cioè il suo carattere di spirito inconsapevole destinato a divenire cosciente di sé, e di utilizzare
le scoperte scientifiche per la costruzione di una visione unica e semplice del mondo.
Fra Natura Spirito è esclusa ogni distinzione sostanziale e quindi ogni opposizione, è superato
il dualismo di Fichte tra io e non-io. Fra le due manifestazioni dell'assoluto esiste solo una
differenza quantitativa e di grado perché la Natura è vita spirituale inconscia, e quindi di grado
inferiore, e lo Spirito è vita spirituale conscia, e quindi è una forma superiore. La Natura è detta
la preistoria dello Spirito, intelligenza cristallizzata, Spirito depotenziato, mentre lo Spirito è
chiamato Natura potenziata, Natura invisibile.
Schelling ritiene che i due principi di fondo del sistema naturale sono l'attrazione e la
repulsione, sicché ogni prodotto naturale si origina da una lotta di forze opposte e sono
possibili tre casi: che le forza siano in equilibrio e si hanno i copri non viventi; che l'equilibrio
venga rotto, ma in seguito ristabilito e si hanno i fenomeni chimici; che l'equilibrio non venga
ristabilito e si ha la vita. Il mondo organico ed inorganico sono però parti di un tutto che è di
per se un organismo vivente in cui ogni cosa è provvista di vita. La natura viene riconosciuta
come l'infinito, al quale appartiene l'essere; questo è attività e le singole manifestazioni della
natura sono forme determinate o limitazioni della sua originaria attività e le leggi che
producono tali determinazioni vanno ricercate nella natura stessa. La Natura è quindi autonoma
perché dà a se stessa le leggi ed è autarchica perché basta a se stessa in quanto tutto ciò che
accade in essa si può spiegare con i suoi principi.
La stessa vita inorganica non è realmente tale, essa è evoluzione e Schelling si applica a
stabilire le leggi dell'organizzazione dell'inorganico. La genesi dei corpi non viventi è un
processo analogo a quello della genesi dei corpi viventi e Schelling ne trae motivo per
affermare l'unità delle forze che agiscono nel mondo e che riassume in: magnetismo, elettricità
e processo chimico, che egli relaziona con: la sensibilità, l'irritabilità e la riproduzione.
Schelling viene riconoscendo nella natura la realtà incondizionata e Dio stesso: Dio è la ragione
e la ragione di Dio si identifica con le Sue idee, ma esse sono tutto, quindi Dio è tutto, è la
totalità del divenire che si realizza in infinite forme.
La filosofia trascendentale.
Il compito della filosofia trascendentale è dimostrare che anche lo spirito è la manifestazione
dell'Assoluto che è insieme spirito e natura. Schelling segue il procedimento della Dottrina
della scienza di Fichte: egli parte dall'Io o autocoscienza, ma riconosce subito nell'io una
dualità di forze. L'atto con cui produce l'oggetto è distinto dall'atto con cui ne diviene
consapevole: Schelling distingue un'attività reale che produce l'oggetto ed un'attività ideale che
lo percepisce. L'attività producente dell'io, da considerarsi in un primo momento limitata, si
riconosce illimitata proprio perché può procedere idealmente al di là del limite stesso, così l'io
reale, finito perché limitato dall'oggetto, e l'io ideale, infinito perché procede al di là del limite
costituito dall'oggetto, si identificano.
Il riconoscimento di una cosa in sé, che interviene dall'esterno a limitare l'io, appartiene a
quella condizione dell'io nella quale esso non si è ancora elevato alla riflessione filosofica. La
filosofia, che è l'atto con cui l'intelligenza si libera da qualsiasi oggetto e si riconosce nella pura
forma, è possibile solo mediante la volontà, che è difatti l'autodeterminazione dell'intelligenza
in quanto prescinde dagli oggetti.
La teoria della storia e dell'arte.
La filosofia della storia di Schelling parte dal presupposto che essendo unico il principio
assoluto che agisce sia nella natura, sia nella natura, anche in quest'ultima debba ritrovarsi
quella connessione di attività consapevole ed inconsapevole. Difetti la storia è sintesi di libertà
e necessità, poiché mentre gli uomini credono di operare liberamente, nasce in maniera
inconscia ed in virtù di una forza superiore. Schelling sostiene che nella storia esiste un disegno
provvidenziale creato dall'Assoluto o Dio, che non è indipendente dal suo svolgimento:
attraverso la libera azione degli uomini egli stesso si attua e si rivela.
Ciò che nella storia è destinato ad attuarsi progressivamente, ossia la coincidenza tra reale ed
ideale, tra soggetto ed oggetto, nell'arte è intuito immediatamente. Nella creazione estetica
l'artista risulta in preda ad una forza inconsapevole, inoltre il genio concretizza la sua
vocazione formativa in forme finite, le quali hanno infiniti significati. Nell'attività creatrice
dell'arte si raggiunge l'identità di Natura e Spirito. Infatti nella creazione estetica si riuniscono
l'inconscio della Natura, mediante la spontaneità dell'ispirazione, ed il conscio dello Spirito,
mediante l'elaborazione cosciente dell'ispirazione compiuta dall'artista. L'intero fenomeno
dell'arte rappresenta quindi la miglior chiave per intendere la struttura dell'Assoluto come
sintesi di natura e spirito, perciò può essere considerata l'organo della filosofia.
Il problema del passaggio dall'infinito al finito.
Mentre precedentemente Schelling partiva dalla natura e dallo spirito per giungere all'infinito
ed all'Assoluto, adesso intende muovere da quest'ultimo per poi discendere al finito ed al
relativo. Il filosofo si trova di fronte al problema di spiegare come dall'Uno discendano i molti,
come dall'Assoluto indifferente ed identico possa sgorgare la molteplicità. Egli afferma che
dall'infinito al finito non vi è passaggio, se non a patto di ammettere che il finito, in qualche
modo, è già in Dio, ma il finito può essere nell'Assoluto solo a patto di esservi in modo infinito
ed eterno ed è quanto Schelling sostiene dichiarando che il finito è presente in Dio sotto forma
di un sistema di idee. Tuttavia egli lascia insoluto il problema del perché l'infinito sistema di
idee divine si specifichi nella molteplicità delle creature finite.
Male, libertà e la teoria del "Dio che diviene".
Schelling afferma che dall'infinito al finito e dall'Assoluto al relativo non vi può essere
passaggio, ma solo rottura. Essa deriva dalla libertà umana, che, operando il male, provoca il
distacco del finito dall'Assoluto, ma in questo modo Schelling non fa che presupporre già
l'esistenza del finito, della libertà e del male, ossia di ciò che vorrebbe dimostrare. Non rimane
altra soluzione che quella di cambiare radicalmente il concetto stesso dell'Assoluto,
interpretando Dio come una realtà in divenire e come sede di una contrapposizione dialettica di
contrari. Ciò porta il filosofo a ritenere che in Dio vi sia una serie di opposti che danno luogo
ad un processo avente come teatro il mondo, in cui si ha un progressivo trionfo del positivo sul
negativo. Come nell'uomo lo spirito affiora dalla vittoria sull'impulso, così, in Dio, l'essere o la
ragione consapevole emerge dalla natura irrazionale, che è appunto il fondamento a partire dal
quale Dio si fa Dio. Dio che non è, ma diviene, nello stesso tempo si rivela a se stesso; questa
concezione ha pure il vantaggio di spiegare l'origine e la possibilità del male e della libertà,
senza dover attribuire la causa a Dio. La possibilità del male infatti sorge soltanto in relazione
all'uomo, quando egli, turbando il piano divino con la sua libertà, sceglie il negativo, ossia
separa il bene dal male, isolando il finito dall'infinito.
Confronti.
Come Spinoza afferma che l'unica sostanza si identifica con la natura, così, secondo Schelling,
l'Assoluto è unità-identità di Natura e Spirito.
Secondo Fichte l'unica realtà è l'Io trascendentale, o Pensiero; secondo Schelling invece è
l'Assoluto, che può essere considerato indifferentemente come Natura e come Spirito. Secondo
Fichte io e non-io si limitano reciprocamente e sono contemporanei; secondo Schelling fra
Natura e Spirito non c'è opposizione, ma soltanto una differenza di quantità e di grado perché la
Natura è la vita spirituale inconscia e lo Spirito vita spirituale conscia, inoltre la Natura precede
lo Spirito. Secondo Fichte il non-io è il semplice strumento della coscienza perché essa rifletta
su se stessa e soltanto il limite superando il quale l'io empirico attua la sua libertà morale;
secondo Schelling invece la Natura ha realtà autonoma ed indipendente, e non è opposta allo
Spirito, ma ne è lo stadio preparatorio. Come il contrasto di io e non-io secondo Fichte viene
superato nella sintesi, che permette la morale, così l'opposizione tra forza produttiva e
antiproduttiva della Natura si conciliano secondo Schelling, con l'equilibrio delle due tendenze,
equilibrio che permette la produzione di una determinata forma naturale. Il sistema di Fichte dà
valore alla morale perché scopo della continua attività dell'io è il compimento del dovere, cioè
la conquista della propria libertà e l'affermazione della propria autonomia col superamento di
ogni ostacolo; il sistema di Schelling invece dà valore all'arte, che è considerata l'organo della
filosofia, cioè lo strumento che permette di cogliere l'unità e l'identità dell'Assoluto.
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