L'Idealismo di F. W. J. Schelling A) L'Assoluto di Schelling è lo stesso Io puro di Fichte, concepito però nel suo aver da sempre recuperato il non-Io (e tale recupero consiste proprio nella natura intrinsecamente contraddittoria del “non-Io”, visto adesso non solo come contraddizione da togliere, ma come radicale impossibilità): pertanto non si può neanche più parlare di “Io”, se con questo termine si intende il Soggetto che ha di fronte un Oggetto. Nel divenire del mondo, l'Assoluto non incontra e non recupera al suo interno l'Altro-da-sé, ma incontra e recupera sempre sé stesso: se lo sviluppo del principio fichtiano è rappresentabile come una retta che si prolunga all'infinito, il modello che può indicare il processo in atto nel sistema di Schelling è il circolo. Questo recupero di sé (che è la stessa autocoscienza dell'Assoluto) ha sempre come suo momento necessario la posizione dell'Altro, ma questo “Altro” è solo un'immagine ancora inadeguata di sé che l'Assoluto pone in sé stesso, prima di raggiungere la piena consapevolezza1. Tutto ciò si può anche esprimere dicendo che all'inizio del processo l'Assoluto è ancora inconscio, e ponendosi a questo livello produce la Natura, l'Oggetto: questi, peraltro, non sono che momenti provvisori nella storia dello Spirito, cioè dell'Assoluto in quanto pervenuto alla suprema autocoscienza. La Natura, perciò, va pensata come Spirito ancora inconscio, lo Spirito va pensato come Natura divenuta cosciente. Così l'Assoluto si presenta come l'Unità (= identità) di Natura (= mondo empirico degli oggetti finiti) e Spirito (= essenza infinita del reale), attuandosi indifferentemente in entrambi i momenti. La Filosofia, per cogliere questa unità, deve, a sua volta, attuarsi come sintesi di Realismo e Idealismo, anche se lo Spirito resta il momento supremo del circolo, e dunque l'Idealismo, che rappresenta l'unità suprema della conoscenza, tende a comprendere in sé il Realismo. Come si vede, l'ottica di Schelling, assai più che quella di Fichte, subisce la suggestione di Spinoza, anche se per quest'ultimo pensiero e materia restano due aspetti separati della Sostanza divina. B) I) Sviluppo della FILOSOFIA DELLA NATURA: il mondo materiale è animato da forze e da polarità opposte (v.attrazione/repulsione; positivo/negativo) che, sviluppandosi, producono infine gli esseri coscienti: Schelling osserva comunque che non si deve cercare di spiegare i gradi superiori (v. organismi viventi) a partire da quelli inferiori (v. forze meccaniche), ma occorre procedere viceversa, dato che il grado più alto è sempre quello più completo, e comprende in sé gli stadi precedenti (questa concezione si ripresenterà in Hegel e Marx). II) Sviluppo della FILOSOFIA DELLO SPIRITO (= Idealismo Trascendentale): lo Spirito coglie tre fasi della propria attività: 1) Fase inconscia, corrispondente alla pura presenza del mondo materiale 2) Scoperta di sé negli oggetti, attraverso la sensibilità, la volontà ecc. 3) Pura autocoscienza, senza più “ob-iectum”. 1 In altre parole: permane la realtà della contraddizione, del contraddirsi, ma viene indicato come inesistente (perché assurdo) il suo contenuto. Ma Schelling dice anche che il supremo ritrovarsi dell'Assoluto non può essere colto soltanto dal puro pensiero razionale, perché in questo modo si perderebbe l'aspetto materiale delle cose, che pure è momento costitutivo del reale. Neanche l'etica, con il suo carattere di istanza soggettiva, può giungere a comprendere compiutamente l'Assoluto: questo compito è invece affidato all'intuizione estetica, cioè all'Arte che, come sintesi di razionale ed irrazionale, di soggettivo e oggettivo, perviene a quell'unità suprema. Questo fa nascere un primo problema perché, anche se l'Arte rappresenta il grado più alto della conoscenza, è pur sempre il pensiero filosofico che la vede e la pone come tale, così che il primato dell'arte sulla filosofia si attua all'interno di una dimensione essenzialmente filosofica. Ma inoltre (e questo è un secondo problema) l'Assoluto, pur producendo tutti gli enti determinati, non è, per Schelling, qualcosa di determinato: l'Assoluto è al di sopra delle differenze del mondo, le produce e le contiene, ma non può riconoscersi in esse; la sua vera essenza appare estranea alle opposizioni in atto nel processo di produzione del reale. Resta allora da spiegare perché un principio indeterminato (cfr. il puro Essere di Parmenide, l'Uno di Plotino) si realizzi come varietà di determinazioni: c'è, cioè, un contrasto apparentemente insanabile tra Essenza (semplice) ed Esistenza (molteplice) dell'Assoluto. Schelling cerca di risolvere questo contrasto, o togliendo realtà al finito (“Il finito scrive a un certo punto - in effetti non esiste”), ovvero pervenendo ad un trascendentismo di stampo neoplatonico; del resto l'ultima fase del suo pensiero, come già era accaduto per Fichte, vede l'affermarsi di un atteggiamento di tipo religioso che pone la Rivelazione al di sopra della Filosofia. C) La trascendenza dell'Assoluto, o la nullificazione del finito sono entrambe respinte da Hegel, che tuttavia vuole anche tener fermo, contro Fichte, il modello circolare di Schelling: per fare questo Hegel deve affermare che le differenze (= il finito) sono contenute già eternamente nell'Assoluto, nel principio infinito, il quale perciò non va inteso come pura semplicità indifferenziata, indeterminata, ma come organismo eterno di determinazioni distinte: l'Assoluto, cioè è visto come Idea (cfr. il mondo delle Idee di Platone). 2