CARMINE DI GIUSEPPE, Carpe linguam © Medusa Editrice 2016 - Espansioni on line ITER III Romanorum mores La religione e le divinità I romani subirono notevoli influssi religiosi da tutti i popoli con cui entrarono in contatto, particolarmente dagli etruschi, dagli altri popoli italici e dai greci. La religione romana è, quindi, una fusione tra la religiosità italica primitiva e le religioni importate. I romani erano molto religiosi e ritenevano di operare sempre in rapporto con il mondo divino, vivendo con giustizia e praticando la pietas, il sentimento religioso tipico del mondo romano, che consisteva nell’onorare e venerare dovutamente gli dèi, nello zelo per le cerimonie religiose, la preghiera e il sacrificio. Il pantheon romano Intorno al VI secolo a.C., in seguito ai contatti con il mondo etrusco e quello greco delle colonie dell’Italia meridionale, i Romani iniziarono ad aggiungere alle loro divinità quelle dei popoli conquistati. Lo storico Tito Livio racconta che, quando l’esercito poneva l’assedio a una città, il comandante ordinava al feziale, l’araldo sacro di invitare gli dèi del popolo nemico a uscire e a passare dalla parte di Roma, dove avrebbero avuto templi, culti e onori maggiori. Ritenevano, infatti, che sarebbe stato un atto empio far prigionieri anche gli dèi. Nella religione romana le divinità rimasero comunque distinte in due grandi categorie: - di indigetes, le divinità più antiche, gli dèi originari dello Stato romano, venerati con feste speciali. La tradizione ne ricorda circa settecento: Cerere, Fauno, Giano, Saturno, Silvano, Pomona, Conso, Egeria, Carmenta, Copia, Fama sono le più note; - di novensides, divinità straniere, i cui culti furono introdotti a Roma in periodi storici successivi. Divinità di origine italica sono Giove, Marte, Quirino; di origine etrusca Minerva e Venere; numerose quelle di origine greca identificate con nome romano. CARMINE DI GIUSEPPE, Carpe linguam © Medusa Editrice 2016 - Espansioni on line Gli dèi erano quindi molti e sovrintendevano ad ogni momento o azione. I più importanti erano tuttavia: Giove, dio del fulmine e della pioggia, e re degli dèi. Giunone, moglie di Giove e regina degli dèi, che sovrintendeva alle nascite e ai matrimoni. Nettuno, dio del mare. Venere, dea della bellezza. Marte, dio della guerra. Minerva, dea della guerra e della sapienza. Vesta, dea del focolare. A lei erano consacrate le vestali, sacerdotesse che curavano il fuoco sacro, che non si doveva mai spegnere. Mercurio, dio del commercio e del guadagno ed inoltre ambasciatore degli dèi. Apollo, dio della poesia. Diana, dea della caccia. Cerere, dea della crescita e della fertilità del suolo. Saturno, dio protettore del lavoro e dei campi. Giano, rappresentato con due volti, era il dio delle porte e dei cancelli e proteggeva le partenze e gli arrivi dei viaggi. I cancelli del suo tempio, posto nel Foro, erano aperti in tempo di guerra e chiusi in tempo di pace. Accanto a questi dèi, considerati maggiori, vi erano anche gli dèi familiari cui venivano rivolti riti privati: i Mani, che erano gli spiriti dei morti; i Lari, che proteggevano la famiglia; i Penati, dèi del padre di famiglia e dei suoi parenti, che erano trasmessi in eredità. Vi erano anche Lari e Penati pubblici, dello Stato romano, cui venivano offerti sacrifici. Il culto e i luoghi religiosi I Romani ritenevano che il modo più semplice con cui l’uomo poteva entrare in contatto con gli dèi era la preghiera, che era CARMINE DI GIUSEPPE, Carpe linguam © Medusa Editrice 2016 - Espansioni on line recitata a capo coperto e che non doveva subire interruzioni. Si facevano, inoltre, voti particolari per raggiungere determinati fini, promettendo sacrifici al dio nel caso questi avesse esaudito le preghiere. I sacrifici avevano la massima importanza, poiché garantivano i buoni rapporti tra gli dèi e gli uomini. Il sacrificio consisteva, di norma, in un’offerta di cibo: dolci di cereali, farina, sale, miele, frutti, vino, formaggio o latte. In particolari occasioni si sacrificavano animali, bianchi per gli dèi celesti, neri per quelli degli inferi. Prima di essere sacrificato, l’animale era adornato con ghirlande e condotto in processione all’altare. Quando il fedele ultimava le sue preghiere, i sacerdoti uccidevano l’animale; poi il corpo veniva fatto a pezzi e l’aruspice, un particolare sacerdote, esaminava le interiora e dalla forma e sistemazione delle viscere prediceva se la divinità avesse gradito il sacrificio. La carne poi era cotta e mangiata. Dies fasti e dies nefasti Gli antichi Romani distinguevano i giorni dell’anno in dies fasti e nefasti e la lista di tali giorni era compilata dal Pontifex Maximus, la somma carica sacerdotale. Nei giorni fasti il pretore poteva amministrare la giustizia, si potevano trattare gli affari commerciali e celebrare le nozze. Nei giorni nefasti non si poteva procedere ad azioni giudiziarie di carattere civile e non si potevano celebrare matrimoni. Esistevano poi i dies intercisi nei quali la giustizia poteva essere amministrata negli intervalli tra una cerimonia religiosa e l’altra. Invece le feriae publicae, le pubbliche solennità celebrate nei giorni dispari dei mesi, considerati particolarmente favorevoli, inibivano di fatto qualsiasi azione giuridica. Oltre i dies nefasti, ancora più infausti erano ritenuti i quaranta dies atri, che erano tutti i giorni successivi alle idi, le calende e le none, nonché tre giorni particolari quali il 24 agosto, il 5 ottobre e l’8 novembre, allorché cadevano le barriere tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Atro, e particolarmente temuto, era il 18 luglio che commemorava la strage dei Fabi e la presa di Roma da parte dei Galli guidati da Brenno. Le persone sacre Mentre nel culto domestico il paterfamilias soprintendeva a tutte le funzioni, nel culto pubblico c’erano i sacerdoti di professione. Al vertice c’era il pontefice massimo; poi c’erano i flamini, che presiedevano al culto di un solo dio: I flamini i più importanti erano tre: quello di Giove, quello di Marte e quello di Quirino. C’erano poi le vestali, sette donne scelte quando CARMINE DI GIUSEPPE, Carpe linguam © Medusa Editrice 2016 - Espansioni on line erano bambine dal pontefice massimo, che dovevano avere cura del fuoco sacro nel tempio di Vesta. Esse restavano in carica fino a trenta anni, poi potevano anche sposarsi, se lo desideravano. I sacerdoti erano divisi in gruppi o collegi a seconda dei compiti che svolgevano. C’erano, infine, gli áuguri, che si occupavano della divinazione interpretando i segni, e gli aruspici, che cercavano di interpretare la volontà divina attraverso le visceri degli animali.