Nel mondo della geometria vol.4

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CAPITOLO QUARTO
IL
CONCETTO DI TRASFORMAZIONE GEOMETRICA
Carla Alberti
Trasformazioni geometriche e movimenti fisici
L’uso del termine trasformazione è molto frequente nel linguaggio comune e in quello scientifico. Tale termine, in genere, viene riferito a modificazioni (passaggi di stato della materia, acquisizione di nuove proprietà, ...),
elaborazioni (trasformazione delle materie prime da parte dell’uomo, …),
evoluzioni (crescita di un essere vivente, …), pertanto indica un cambiamento, spesso irreversibile, di un ente. Il cambiamento viene rilevato nel confronto tra l’ente «prima» e lo stesso ente «dopo», quindi implica lo scorrere del
tempo. Il termine trasformazione ha, invece, un’accezione diversa quando
viene utilizzato in ambito geometrico: se il significato fosse quello sopra
esplicitato, come potrebbero le simmetrie, le traslazioni e le rotazioni essere
chiamate trasformazioni, dato che esse non modificano alcuna proprietà di
una figura? In effetti, in geometria per parlare di trasformazione non è sufficiente guardare ogni figura in sé, ma è necessario considerare la figura
congiuntamente allo spazio in cui essa si trova. Ciò, però, non significa che in
geometria il termine trasformazione sia sinonimo di movimento che fa cambiare la posizione di una figura nello spazio. Se così fosse, una simmetria
assiale nel piano non potrebbe essere chiamata trasformazione, in quanto non
vi è alcun movimento fisico che permetta di portare una figura a sovrapporsi
alla sua simmetrica senza «uscire dal piano», cioè passando allo spazio
tridimensionale.
Le trasformazioni geometriche non sono movimenti fisici, perché «gli
oggetti materiali possono muoversi, lo studio dei loro movimenti [è un ambito
della fisica e] si chiama cinematica (dal greco kinema, «movimento»), ma le
figure geometriche [in quanto insieme di punti ideali] non si muovono, esse
sono già presenti. Ciò che interessa, quando ci sono due o più figure simultaneamente, è la maniera in cui si corrispondono» (Baruk, 1998, p. 500).
In matematica, parlare di corrispondenza significa parlare di una funzione che è definita non solo tra i punti che formano due figure corrispondenti,
ma su tutti i punti dello spazio geometrico considerato. In particolare, le
trasformazioni geometriche prese in considerazione nel presente volume sono
Il concetto di trasformazione geometrica
33
definite tra uno spazio geometrico, il piano, e se stesso e associano ad ogni
punto di tale spazio un punto dello stesso spazio.
Più precisamente, se S indica uno spazio geometrico, una trasformazione
geometrica di S è una funzione biunivoca tra i punti di S, ossia tale che ad ogni
punto di S corrisponde uno e un solo punto di S e, viceversa, ogni punto di S è
il corrispondente di uno ed un solo punto di S. Essa, pertanto, non implica
alcuna connessione con il tempo e il movimento ed è caratterizzata dalla
reversibilità. Non è, dunque, corretto sostenere che lo studio delle trasformazioni geometriche favorisca una visione dinamica della geometria, uno studio
dinamico delle figure. Questa «affermazione si basa su una identificazione
arbitraria e ingiustificata fra “isometrie” e “movimenti rigidi”. È vero che
nelle scuole elementari e nelle scuola medie non si fa una distinzione netta tra
i due concetti (il che può essere giustificabile, data l’età degli allievi). Ma
proprio questa ambiguità, anziché favorire l’apprendimento lo rende più
difficile […]. Nel caso delle trasformazioni geometriche il legame che intercorre tra una figura e la sua trasformata è statico» (Villani, 1995, p. 681). Il
rapporto tra il concetto di trasformazione geometrica e quello di movimento
fisico è lo stesso che intercorre tra spazio geometrico e spazio fisico (si veda
il Capitolo quarto di Nel mondo della geometria, volume 1), tra figura e
disegno (si veda il Capitolo terzo del presente volume): come il disegno
permette di rendere «visibile» il concetto di figura, ma non è identificabile
con esso, così il movimento fisico consente di «materializzare», dare immediatezza sensibile e sperimentabile al concetto di trasformazione geometrica,
che non è ad esso riducibile, in quanto è relazione tra enti astratti.
Nei paragrafi successivi sono sinteticamente trattate le trasformazioni
geometriche fondamentali e alcuni concetti ad esse connessi, come quello di
vettore. La complessità del discorso è inevitabile se non si vuole cadere
nell’equivoco di assumere come trasformazione geometrica un movimento
fisico ed è segno del forte processo di astrazione dalle esperienze, necessario
per possedere il concetto di trasformazione geometrica nelle sue specifiche
interpretazioni e nel suo significato generale.
Quale nesso tra geometria e trasformazioni geometriche?
Nelle indicazioni ministeriali e nei testi scolastici di vari livelli, diversi
sono i modi linguistici di esprimere il nesso tra trasformazioni geometriche e
geometria. Ognuno di tali modi denota l’attribuzione di un particolare status
delle trasformazioni nel contesto della geometria; infatti:
– la denominazione «geometria delle trasformazioni» suggerisce una frammentazione della geometria in specializzazioni separate e quasi in contrapposizione, tra le quali una ha come oggetto di studio le trasformazioni
geometriche;
– l’espressione «geometria e trasformazioni» induce a pensare alle trasformazioni come altro rispetto alla geometria «vera e propria», ossia quella
euclidea, quindi a un contenuto aggiuntivo anche dal punto di vista didattico;
34
NEL
MONDO DELLA GEOMETRIA
– parlare di «geometria con le trasformazioni» significa sottolineare l’aspetto
strumentale delle trasformazioni nello studio della geometria classica.
Qual è, dunque, il rapporto tra geometria e trasformazioni? «La nozione
di “trasformazione geometrica” permette di caratterizzare in modo oggettivo e
logicamente analizzabile la confusa e intuitiva idea di confronto e di “criterio
di uguaglianza” tra figure» (Marchi, 1995, p. 609). L’esplicitazione rigorosa
di questo rapporto è frutto di profonde analisi, riflessioni e crisi che hanno
investito nel corso del XIX secolo i fondamenti della geometria. In particolare, nella geometria classica degli Elementi di Euclide la relazione di uguaglianza tra figure ha un ruolo fondamentale, tanto da essere introdotta nelle
Nozioni comuni, tra le quali si legge, per esempio, «Cose che sono uguali ad
una stessa cosa sono anche uguali tra loro» e nei Postulati, «[…] tutti gli
angoli retti siano uguali fra loro». Nelle prime Proposizioni, per esempio, la
proposizione 2 afferma la possibilità del trasporto rigido di un segmento, la
proposizione 4 è quella nota come «I criteri di uguaglianza dei triangoli» e la
sua dimostrazione fa riferimento al trasporto rigido di un triangolo fino a farlo
sovrapporre all’altro.
L’operazione di trasporto rigido, come anche il concetto di corpo rigido,
sono stati per secoli accettati in quanto fondati sulle esperienze quotidiane
con corpi che, per quanto i sensi permettono di rilevare, non cambiano «forma
e dimensioni», nonostante siano soggetti a forze prodotte da sforzi muscolari.
«La critica dei secoli più vicini a noi non si è potuta accontentare dell’appello
all’esperienza o a una pretesa intuizione geometrica che su di essa si fonda; in
particolare è stato avvertito il pericolo di circolo vizioso, che nasce ricorrendo
alla uguaglianza tra figure per la definizione di trasporto rigido, e al concetto
di trasporto rigido per la definizione della uguaglianza tra figure» (Manara,
1992, p. 38). L’esigenza di fondare in modo rigoroso la nozione di uguaglianza
tra figure si inseriva nel quadro più generale della ricerca di un principio
generale, una chiave di lettura unificante i vari rami della geometria che nel
corso della storia si erano definiti: geometria euclidea, geometria non euclidea (ellittica, parabolica, iperbolica), geometria proiettiva, … Lo sforzo di
ridare unità alla geometria, di motivare il permanere della denominazione di
geometria a rami tanto diversi dello studio dello spazio portò Felix Klein
(1849-1925) alla elaborazione del Programma di Erlangen, pubblicato nel
1872. In quest’opera, Klein assume come concetto unificante quello di
trasformazione: una geometria si qualifica come lo studio delle proprietà dello
spazio geometrico e delle figure che rimangono invarianti rispetto a un certo
gruppo di trasformazioni, ossia di quelle proprietà che sono possedute dalle
figure che si corrispondono in una trasformazione del gruppo. Per esempio,
«una caratteristica delle proprietà geometriche [studiate dalla geometria
euclidea] è quella di essere indipendenti dalla posizione che la figura da
studiare occupa nello spazio, dalla sua grandezza in assoluto, e infine anche
dal verso in cui sono disposte le sue parti. Le proprietà delle forme geometriche dello spazio rimangono dunque inalterate in tutti i movimenti dello
spazio, nelle trasformazioni per similitudine, nel processo di riflessione o
rispecchiamento, così come in tutte le trasformazioni che si ottengono dalla
Il concetto di trasformazione geometrica
35
loro composizione» (Klein, 1998, p. 56). In questa impostazione, anche la
nozione di uguaglianza tra figure viene associata alla corrispondenza tramite
una trasformazione; difatti, in una certa geometria, è necessario scegliere
esplicitamente tra due possibili punti di vista: esiste una trasformazione del
gruppo che associa una figura a un altra perché le due figure sono tra loro
uguali, oppure due figure sono uguali perché l’una può essere messa in
corrispondenza con l’altra con una trasformazione del gruppo associato alla
geometria. «Nel primo caso la relazione di uguaglianza è considerata nota
prima della trasformazione; nel secondo caso il gruppo di trasformazioni è
costitutivo della relazione di uguaglianza tra figure» (Manara, 1992, p. 39).
Se consideriamo il piano con il gruppo delle similitudini, si può affermare che tutti i quadrati sono tra loro uguali, in quanto possono essere trasformati
l’uno nell’altro con similitudini. Non è una proprietà significativa nella
geometria simile la lunghezza dei lati del quadrato, perché essa non è un
invariante delle similitudini. Se consideriamo, invece, il piano con il gruppo
delle isometrie, tutti i quadrati con i lati lunghi 4 cm sono tra loro uguali,
perché possono essere trasformati l’uno nell’altro con una simmetria assiale o
con una rotazione o con una traslazione o con una composizione di tali
trasformazioni. Non è significativa la posizione della figura nel piano, perché
tale posizione non è invariante per isometrie.
Affinché un insieme di trasformazioni possa essere assunto come criterio
di uguaglianza è necessario che esso sia un gruppo rispetto alla composizione
o applicazione successiva di funzioni.
Relazione di uguaglianza e gruppi di trasformazioni
Una relazione binaria definita su un insieme A è una relazione di
uguaglianza quando è una relazione di equivalenza, ossia una relazione per la
quale valgono:
1. la proprietà riflessiva: ogni elemento di A è in relazione con se stesso (è
uguale a se stesso);
2. la proprietà simmetrica: se un elemento a di A è in relazione con un
elemento b di A, allora b è in relazione con a (se a è uguale a b, allora b è
uguale ad a);
3. la proprietà transitiva: se a, b, c sono elementi di A tali che a è in relazione
con b e b è in relazione con c, allora a è in relazione con c (se a è uguale a
b e b è uguale a c, allora a è uguale a c).
Una relazione di equivalenza permette di ripartire l’insieme A in classi
di equivalenze in ciascuna delle quali sono raccolti tutti gli elementi di A tra
loro in relazione. In termini di uguaglianza, gli elementi di una classe di
equivalenza sono tutti e soli quelli tra loro uguali, per cui la classe può essere
rappresentata da un qualunque elemento che le appartiene.
Esempio
La relazione di parallelismo nell’insieme R delle rette del piano euclideo è una relazione di equivalenza (si veda Nel mondo della geometria,
36
NEL
MONDO DELLA GEOMETRIA
volume 2). Le rette che appartengono alla medesima classe individuano una
direzione, per cui si può affermare che esse sono uguali rispetto alla
direzione; tale direzione può essere rappresentata da una qualunque delle
rette della classe.
Per definire la nozione di gruppo è necessario che nell’insieme A sia data
un’operazione binaria interna e ovunque definita, ossia una legge che associa
ad ogni coppia ordinata (a, b) di elementi di A uno e un solo elemento c di A
(si veda il Capitolo quarto di Nel mondo dei numeri e delle operazioni, volume
2 e volume 3). Indicato con (A, ◊) l’insieme A sul quale è definita l’operazione
◊, si dice che (A, ◊) è un gruppo se valgono:
1. la proprietà associativa: è possibile eseguire in due modi diversi l’operazione quando questa è applicata a tre elementi a, b, c di A, ottenendo lo stesso
risultato
(a ◊ b) ◊ c = a ◊ (b ◊ c)
2. l’esistenza dell’elemento neutro: esiste in A un elemento u che combinato
con un qualunque altro elemento a di A non lo modifica:
a◊u=u◊a= a
3. l’esistenza dell’elemento simmetrico o inverso: qualunque sia a elemento di
A, esiste in A un elemento a’ che combinato con a dà l’elemento neutro u
a ◊ a’ = a’ ◊ a = u.
Esempi
1. L’insieme dei numeri naturali non è gruppo rispetto ad alcuna delle
operazioni aritmetiche:
– in (N, +) e in (N, ×) le operazioni sono interne e ovunque definite, per
ciascuna di esse vale la proprietà associativa, esiste l’elemento neutro
(rispettivamente, lo zero e l’uno), ma nessuno dei numeri naturali ha il
simmetrico, tranne lo zero per l’addizione e l’uno per la moltiplicazione;
– la sottrazione e la divisione non sono operazioni ovunque definite (si
vedano i volumi 2 e 3 di Nel mondo dei numeri e delle operazioni).
2. L’insieme Z = {…, -2, -1, 0, +1, +2, …} dei numeri interi relativi è gruppo
rispetto all’addizione, poiché l’addizione è un’operazione interna e ovunque definita, è associativa, esiste l’elemento neutro (lo zero) e ogni numero
intero ha simmetrico (detto anche opposto); per esempio: (+2) + (-2) = 0,
(-9) + (+9) = 0.
(Z, ×), invece, non è un gruppo: l’operazione è interna e ovunque definita,
associativa, esiste l’elemento neutro (+1), ma nessun numero intero relativo diverso da +1 ha simmetrico.
Per definire una relazione di uguaglianza, ossia di equivalenza, tra figure
geometriche attraverso trasformazioni geometriche è necessario che queste
formino un gruppo rispetto alla composizione di funzioni in quanto le proprietà dell’operazione tra le trasformazioni inducono le proprietà della relazione
tra le figure. Infatti, sia S uno spazio geometrico, per esempio il piano, e (G, o)
un gruppo di trasformazioni di tale spazio; si definisca su S la seguente
relazione: qualunque siano a e b elementi di S (angoli, segmenti, poligoni, …),
Il concetto di trasformazione geometrica
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a è in relazione con b se esiste una trasformazione T di G che fa corrispondere
a a b. La relazione così definita è una relazione di equivalenza:
1. proprietà riflessiva: ogni elemento a di A è in relazione con se stesso, perché
corrisponde a se stesso nella trasformazione identica, che è l’elemento
neutro di G;
2. proprietà simmetrica: se a è in relazione con b, esiste una trasformazione T
che fa corrispondere a a b; questo implica che la trasformazione inversa di
T, indicata con T-1, fa corrispondere b ad a, quindi b è in relazione con a;
3. proprietà transitiva: se a è in relazione con b, esiste una trasformazione T
che fa corrispondere a a b; se b è in relazione con c, esiste una trasformazione R che fa corrispondere b a c. La trasformazione che si ottiene
applicando, in successione, prima T e poi R è ancora un elemento di G;
essa, inoltre, fa corrispondere a a c, quindi a è in relazione con c.
Nella seguente trattazione delle trasformazioni geometriche si adotta l’impostazione assiomatica di Hilbert (si veda il Capitolo 4 di Nel mondo della
geometria, volume 2), quindi si presuppongono noti, per esempio, gli enti
fondamentali (punti, rette, semirette, segmenti, angoli, poligoni, …), il concetto
di uguaglianza tra figure (congruenza tra segmenti, tra angoli, tra poligoni, …),
le relazioni di perpendicolarità e di parallelismo tra rette, la nozione di verso di
una figura e le grandezze: lunghezza, ampiezza, area. Da queste premesse si
deducono le definizioni e le proprietà delle trasformazioni geometriche.
Pur avendo precisato l’assiomatica di riferimento, la trattazione delle
trasformazioni può essere condotta secondo diverse chiavi di lettura; in
analogia con l’itinerario didattico, articolato nei capitoli che seguono, si
propongono:
– prima le singole isometrie
– poi la struttura del gruppo da esse individuato
– seguita dalle trasformazioni non isometriche.
Le principali trasformazioni sono definite:
– come corrispondenze tra punti;
– attraverso la procedura traducibile operativamente con gli strumenti del
disegno, procedura che permette di associare al disegno di una figura F,
considerata come prima, il disegno di una figura F’, considerata come
seconda. Questo secondo disegno può già essere presente sul foglio oppure
no: la procedura data «permette di costruirlo se manca e di riconoscerlo se
invece è presente; i due disegni sono allora quelli di una configurazione che
illustra la trasformazione» (Baruk, 1998, p. 591).
38
NEL
MONDO DELLA GEOMETRIA
SCHEDA n. 41
Osserviamo
7.4 Studio di figure
piane rispetto
alle rotazioni
FIORI E CRISTALLI
Le seguenti immagini riproducono fiori e cristalli di neve. Come puoi vedere,
ogni fiore e ogni cristallo può essere considerato il risultato della rotazione
di una sua parte per un certo numero di volte, in modo da completare il giro.
In ogni immagine evidenzia, per esempio con un colore, la parte che può generare l’intera
figura, poi segna il centro di rotazione.
Per completare la figura, la parte deve essere
ripetuta con una rotazione ................................ volte.
Per completare la figura, la parte deve essere
ripetuta con una rotazione ................................ volte.
Per completare la figura, la parte deve essere
ripetuta con una rotazione ................................ volte.
Per completare la figura, la parte deve essere
ripetuta con una rotazione ................................ volte.
202
© 2004, C. Colombo Bozzolo, A. Costa e C. Alberti (a cura di), Nel mondo della geometria – volume 4, Trento, Erickson
Osserviamo e
riflettiamo
SCHEDA n. 42 a
7.4 Studio di figure
piane rispetto
alle rotazioni
STEMMI E IDEOGRAMMI GIAPPONESI
In fondo alla pagina sono riprodotte immagini di antichi stemmi di famiglie nobili giapponesi e di
ideogrammi.1
In ogni immagine, se è possibile, evidenzia, per esempio con un colore, la parte che può generare
l’intera figura; poi segna il centro di rotazione.
• Per individuare il centro di rotazione, ti può essere di aiuto la forma quadrata in cui è contenuta
ogni immagine? ................... Perché? .......................................................................................................................................................................
• Verifica la correttezza del tuo lavoro utilizzando la carta velina e uno spillo.
✂
Ritaglia ogni immagine e inseriscila nella zona giusta della seguente tabella.
1
Illustrazioni tratte dai testi La scoperta del pentagono e La scoperta del quadrato, a cura di Bruno Munari (1981), Bologna, Zanichelli.
© 2004, C. Colombo Bozzolo, A. Costa e C. Alberti (a cura di), Nel mondo della geometria – volume 4, Trento, Erickson
203
SCHEDA n. 42 b
Osserviamo e
riflettiamo
7.4 Studio di figure
piane rispetto
alle rotazioni
STEMMI E IDEOGRAMMI GIAPPONESI
Stemmi
Nessun
centro
di rotazione
Modulo
ripetuto
solo 2 volte
Modulo
ripetuto
solo 3 volte
Modulo
ripetuto
solo 4 volte
Modulo
ripetuto
solo 5 volte
Confronta il tuo lavoro con quello di un tuo compagno e discutine con l’insegnante.
204
© 2004, C. Colombo Bozzolo, A. Costa e C. Alberti (a cura di), Nel mondo della geometria – volume 4, Trento, Erickson
Costruiamo e
riflettiamo
SCHEDA n. 43 a
7.4 Studio di figure
piane rispetto
alle rotazioni
COSTRUIAMO ALTRI POLIGONI CON I TRIANGOLI
In un grigio pomeriggio di pioggia Antonio non sa proprio che fare. Annoiato,
sta scarabocchiando su un foglio, con matita e righello. Dopo avere disegnato
un triangolo isoscele, però, ha un(idea: scoprire che poligono con più di tre lati
si può ottenere facendo ruotare il triangolo. Prende, allora, un foglio leggero
di carta velina e lo fissa con uno spillo nel vertice del triangolo compreso fra
due lati uguali. Ricalca sulla velina il triangolo, poi la ruota in senso orario
fino a che un lato del triangolo sulla velina coincide con uno del triangolo di
partenza, con un altro spillo punteggia ora in corrispondenza dei vertici del
triangolo ruotato. Ripete tutti i passaggi fino a completare un giro. Infine, con
dei segmenti congiunge consecutivamente i punti lasciati dallo spillo ed ecco...
Per scoprire che figura ha ottenuto Antonio
procedi nel suo stesso modo a partire dal
triangolo isoscele a fianco disegnato.
• Che poligono hai ottenuto? ..............................................................................................................................................................................
• Il poligono è equilatero?
....................
• Per rispondere alla domanda precedente è necessario che tu misuri la lunghezza dei lati del
poligono? .................... Perché? ..................................................................................................................................................................................
• Il poligono è equiangolo? ....................
• Per rispondere alla domanda precedente è necessario che tu misuri l’ampiezza degli angoli del
poligono? .................... Perché? ..................................................................................................................................................................................
• Il poligono è regolare? .................... Perché? ...............................................................................................................................................
• Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice del triangolo isoscele di partenza?
.............................................
• Per rispondere alla domanda precedente è necessario che tu misuri l’ampiezza dell’angolo?
.................... Perché? ...............................................................................................................................................................................................................
© 2004, C. Colombo Bozzolo, A. Costa e C. Alberti (a cura di), Nel mondo della geometria – volume 4, Trento, Erickson
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Costruiamo e
riflettiamo
SCHEDA n. 43 b
7.4 Studio di figure
piane rispetto
alle rotazioni
COSTRUIAMO ALTRI POLIGONI CON I TRIANGOLI
«Sono proprio bravo», si dice Antonio. «Ora ci riprovo con questo triangolo
isoscele». Ricalca sulla velina il triangolo, poi la ruota in senso orario fino
a che un lato del triangolo sulla velina coincide con uno del triangolo di partenza,
con un altro spillo punteggia in corrispondenza dei vertici del triangolo ruotato.
Dopo avere ripetuto le operazioni... il giro non torna! «Ma dove ho sbagliato?»,
si chiede Antonio.
Verifica anche tu che con il seguente triangolo isoscele non è possibile completare il
giro senza sovrapposizioni o spazi liberi.
• Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice del triangolo isoscele di partenza? .............................................
• Per rispondere alla domanda precedente è necessario che tu misuri l’ampiezza dell’angolo?
.................... Perché? ..............................................................................................................................................................................................................
• Secondo te, perché con il triangolo dato non si ottiene un poligono regolare? .....................................
«Adesso ho capito!», esclama Antonio, «Già dal triangolo isoscele iniziale posso
sapere se riuscirò a completare il giro senza sovrapposizioni e senza spazi
liberi; ma non solo: posso anche sapere quanti lati avrà il poligono finale!»
Secondo te, cosa ha capito Antonio? ...........................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................................................................................
..................................................................................................................................................................................................................................................................
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© 2004, C. Colombo Bozzolo, A. Costa e C. Alberti (a cura di), Nel mondo della geometria – volume 4, Trento, Erickson
SCHEDA n. 43 c
Osserviamo e
riflettiamo
7.4 Studio di figure
piane rispetto
alle rotazioni
COSTRUIAMO ALTRI POLIGONI CON I TRIANGOLI
Prova anche tu a dedurre dal triangolo iniziale se si può completare il giro e, in caso di risposta
positiva, che poligono regolare si ottiene.
• Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice? ...........................
• Tramite rotazioni con centro nel vertice C, si può
completare l’angolo giro? ........................
C
Perché ..........................................................................................................................
• Se sì, che poligono regolare si ottiene? .................................
• Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice? ...........................
• Tramite rotazioni con centro nel vertice C, si può
completare l’angolo giro? ........................
C
Perché ..........................................................................................................................
• Se sì, che poligono regolare si ottiene? .................................
• Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice? ...........................
• Tramite rotazioni con centro nel vertice C, si può
completare l’angolo giro? ........................
Perché ..........................................................................................................................
C
• Se sì, che poligono regolare si ottiene? .................................
• Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice? ...........................
• Tramite rotazioni con centro nel vertice C, si può
C
completare l’angolo giro? ........................
Perché ..........................................................................................................................
• Se sì, che poligono regolare si ottiene? .................................
• Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice? ...........................
C
• Tramite rotazioni con centro nel vertice C, si può
completare l’angolo giro? ........................
Perché ..........................................................................................................................
• Se sì, che poligono regolare si ottiene? .................................
Verifica le tue risposte effettuando la costruzione su un foglio con il metodo che ritieni più
opportuno.
© 2004, C. Colombo Bozzolo, A. Costa e C. Alberti (a cura di), Nel mondo della geometria – volume 4, Trento, Erickson
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