CAPITOLO QUARTO IL CONCETTO DI TRASFORMAZIONE GEOMETRICA Carla Alberti Trasformazioni geometriche e movimenti fisici L’uso del termine trasformazione è molto frequente nel linguaggio comune e in quello scientifico. Tale termine, in genere, viene riferito a modificazioni (passaggi di stato della materia, acquisizione di nuove proprietà, ...), elaborazioni (trasformazione delle materie prime da parte dell’uomo, …), evoluzioni (crescita di un essere vivente, …), pertanto indica un cambiamento, spesso irreversibile, di un ente. Il cambiamento viene rilevato nel confronto tra l’ente «prima» e lo stesso ente «dopo», quindi implica lo scorrere del tempo. Il termine trasformazione ha, invece, un’accezione diversa quando viene utilizzato in ambito geometrico: se il significato fosse quello sopra esplicitato, come potrebbero le simmetrie, le traslazioni e le rotazioni essere chiamate trasformazioni, dato che esse non modificano alcuna proprietà di una figura? In effetti, in geometria per parlare di trasformazione non è sufficiente guardare ogni figura in sé, ma è necessario considerare la figura congiuntamente allo spazio in cui essa si trova. Ciò, però, non significa che in geometria il termine trasformazione sia sinonimo di movimento che fa cambiare la posizione di una figura nello spazio. Se così fosse, una simmetria assiale nel piano non potrebbe essere chiamata trasformazione, in quanto non vi è alcun movimento fisico che permetta di portare una figura a sovrapporsi alla sua simmetrica senza «uscire dal piano», cioè passando allo spazio tridimensionale. Le trasformazioni geometriche non sono movimenti fisici, perché «gli oggetti materiali possono muoversi, lo studio dei loro movimenti [è un ambito della fisica e] si chiama cinematica (dal greco kinema, «movimento»), ma le figure geometriche [in quanto insieme di punti ideali] non si muovono, esse sono già presenti. Ciò che interessa, quando ci sono due o più figure simultaneamente, è la maniera in cui si corrispondono» (Baruk, 1998, p. 500). In matematica, parlare di corrispondenza significa parlare di una funzione che è definita non solo tra i punti che formano due figure corrispondenti, ma su tutti i punti dello spazio geometrico considerato. In particolare, le trasformazioni geometriche prese in considerazione nel presente volume sono Il concetto di trasformazione geometrica 33 definite tra uno spazio geometrico, il piano, e se stesso e associano ad ogni punto di tale spazio un punto dello stesso spazio. Più precisamente, se S indica uno spazio geometrico, una trasformazione geometrica di S è una funzione biunivoca tra i punti di S, ossia tale che ad ogni punto di S corrisponde uno e un solo punto di S e, viceversa, ogni punto di S è il corrispondente di uno ed un solo punto di S. Essa, pertanto, non implica alcuna connessione con il tempo e il movimento ed è caratterizzata dalla reversibilità. Non è, dunque, corretto sostenere che lo studio delle trasformazioni geometriche favorisca una visione dinamica della geometria, uno studio dinamico delle figure. Questa «affermazione si basa su una identificazione arbitraria e ingiustificata fra “isometrie” e “movimenti rigidi”. È vero che nelle scuole elementari e nelle scuola medie non si fa una distinzione netta tra i due concetti (il che può essere giustificabile, data l’età degli allievi). Ma proprio questa ambiguità, anziché favorire l’apprendimento lo rende più difficile […]. Nel caso delle trasformazioni geometriche il legame che intercorre tra una figura e la sua trasformata è statico» (Villani, 1995, p. 681). Il rapporto tra il concetto di trasformazione geometrica e quello di movimento fisico è lo stesso che intercorre tra spazio geometrico e spazio fisico (si veda il Capitolo quarto di Nel mondo della geometria, volume 1), tra figura e disegno (si veda il Capitolo terzo del presente volume): come il disegno permette di rendere «visibile» il concetto di figura, ma non è identificabile con esso, così il movimento fisico consente di «materializzare», dare immediatezza sensibile e sperimentabile al concetto di trasformazione geometrica, che non è ad esso riducibile, in quanto è relazione tra enti astratti. Nei paragrafi successivi sono sinteticamente trattate le trasformazioni geometriche fondamentali e alcuni concetti ad esse connessi, come quello di vettore. La complessità del discorso è inevitabile se non si vuole cadere nell’equivoco di assumere come trasformazione geometrica un movimento fisico ed è segno del forte processo di astrazione dalle esperienze, necessario per possedere il concetto di trasformazione geometrica nelle sue specifiche interpretazioni e nel suo significato generale. Quale nesso tra geometria e trasformazioni geometriche? Nelle indicazioni ministeriali e nei testi scolastici di vari livelli, diversi sono i modi linguistici di esprimere il nesso tra trasformazioni geometriche e geometria. Ognuno di tali modi denota l’attribuzione di un particolare status delle trasformazioni nel contesto della geometria; infatti: – la denominazione «geometria delle trasformazioni» suggerisce una frammentazione della geometria in specializzazioni separate e quasi in contrapposizione, tra le quali una ha come oggetto di studio le trasformazioni geometriche; – l’espressione «geometria e trasformazioni» induce a pensare alle trasformazioni come altro rispetto alla geometria «vera e propria», ossia quella euclidea, quindi a un contenuto aggiuntivo anche dal punto di vista didattico; 34 NEL MONDO DELLA GEOMETRIA – parlare di «geometria con le trasformazioni» significa sottolineare l’aspetto strumentale delle trasformazioni nello studio della geometria classica. Qual è, dunque, il rapporto tra geometria e trasformazioni? «La nozione di “trasformazione geometrica” permette di caratterizzare in modo oggettivo e logicamente analizzabile la confusa e intuitiva idea di confronto e di “criterio di uguaglianza” tra figure» (Marchi, 1995, p. 609). L’esplicitazione rigorosa di questo rapporto è frutto di profonde analisi, riflessioni e crisi che hanno investito nel corso del XIX secolo i fondamenti della geometria. In particolare, nella geometria classica degli Elementi di Euclide la relazione di uguaglianza tra figure ha un ruolo fondamentale, tanto da essere introdotta nelle Nozioni comuni, tra le quali si legge, per esempio, «Cose che sono uguali ad una stessa cosa sono anche uguali tra loro» e nei Postulati, «[…] tutti gli angoli retti siano uguali fra loro». Nelle prime Proposizioni, per esempio, la proposizione 2 afferma la possibilità del trasporto rigido di un segmento, la proposizione 4 è quella nota come «I criteri di uguaglianza dei triangoli» e la sua dimostrazione fa riferimento al trasporto rigido di un triangolo fino a farlo sovrapporre all’altro. L’operazione di trasporto rigido, come anche il concetto di corpo rigido, sono stati per secoli accettati in quanto fondati sulle esperienze quotidiane con corpi che, per quanto i sensi permettono di rilevare, non cambiano «forma e dimensioni», nonostante siano soggetti a forze prodotte da sforzi muscolari. «La critica dei secoli più vicini a noi non si è potuta accontentare dell’appello all’esperienza o a una pretesa intuizione geometrica che su di essa si fonda; in particolare è stato avvertito il pericolo di circolo vizioso, che nasce ricorrendo alla uguaglianza tra figure per la definizione di trasporto rigido, e al concetto di trasporto rigido per la definizione della uguaglianza tra figure» (Manara, 1992, p. 38). L’esigenza di fondare in modo rigoroso la nozione di uguaglianza tra figure si inseriva nel quadro più generale della ricerca di un principio generale, una chiave di lettura unificante i vari rami della geometria che nel corso della storia si erano definiti: geometria euclidea, geometria non euclidea (ellittica, parabolica, iperbolica), geometria proiettiva, … Lo sforzo di ridare unità alla geometria, di motivare il permanere della denominazione di geometria a rami tanto diversi dello studio dello spazio portò Felix Klein (1849-1925) alla elaborazione del Programma di Erlangen, pubblicato nel 1872. In quest’opera, Klein assume come concetto unificante quello di trasformazione: una geometria si qualifica come lo studio delle proprietà dello spazio geometrico e delle figure che rimangono invarianti rispetto a un certo gruppo di trasformazioni, ossia di quelle proprietà che sono possedute dalle figure che si corrispondono in una trasformazione del gruppo. Per esempio, «una caratteristica delle proprietà geometriche [studiate dalla geometria euclidea] è quella di essere indipendenti dalla posizione che la figura da studiare occupa nello spazio, dalla sua grandezza in assoluto, e infine anche dal verso in cui sono disposte le sue parti. Le proprietà delle forme geometriche dello spazio rimangono dunque inalterate in tutti i movimenti dello spazio, nelle trasformazioni per similitudine, nel processo di riflessione o rispecchiamento, così come in tutte le trasformazioni che si ottengono dalla Il concetto di trasformazione geometrica 35 loro composizione» (Klein, 1998, p. 56). In questa impostazione, anche la nozione di uguaglianza tra figure viene associata alla corrispondenza tramite una trasformazione; difatti, in una certa geometria, è necessario scegliere esplicitamente tra due possibili punti di vista: esiste una trasformazione del gruppo che associa una figura a un altra perché le due figure sono tra loro uguali, oppure due figure sono uguali perché l’una può essere messa in corrispondenza con l’altra con una trasformazione del gruppo associato alla geometria. «Nel primo caso la relazione di uguaglianza è considerata nota prima della trasformazione; nel secondo caso il gruppo di trasformazioni è costitutivo della relazione di uguaglianza tra figure» (Manara, 1992, p. 39). Se consideriamo il piano con il gruppo delle similitudini, si può affermare che tutti i quadrati sono tra loro uguali, in quanto possono essere trasformati l’uno nell’altro con similitudini. Non è una proprietà significativa nella geometria simile la lunghezza dei lati del quadrato, perché essa non è un invariante delle similitudini. Se consideriamo, invece, il piano con il gruppo delle isometrie, tutti i quadrati con i lati lunghi 4 cm sono tra loro uguali, perché possono essere trasformati l’uno nell’altro con una simmetria assiale o con una rotazione o con una traslazione o con una composizione di tali trasformazioni. Non è significativa la posizione della figura nel piano, perché tale posizione non è invariante per isometrie. Affinché un insieme di trasformazioni possa essere assunto come criterio di uguaglianza è necessario che esso sia un gruppo rispetto alla composizione o applicazione successiva di funzioni. Relazione di uguaglianza e gruppi di trasformazioni Una relazione binaria definita su un insieme A è una relazione di uguaglianza quando è una relazione di equivalenza, ossia una relazione per la quale valgono: 1. la proprietà riflessiva: ogni elemento di A è in relazione con se stesso (è uguale a se stesso); 2. la proprietà simmetrica: se un elemento a di A è in relazione con un elemento b di A, allora b è in relazione con a (se a è uguale a b, allora b è uguale ad a); 3. la proprietà transitiva: se a, b, c sono elementi di A tali che a è in relazione con b e b è in relazione con c, allora a è in relazione con c (se a è uguale a b e b è uguale a c, allora a è uguale a c). Una relazione di equivalenza permette di ripartire l’insieme A in classi di equivalenze in ciascuna delle quali sono raccolti tutti gli elementi di A tra loro in relazione. In termini di uguaglianza, gli elementi di una classe di equivalenza sono tutti e soli quelli tra loro uguali, per cui la classe può essere rappresentata da un qualunque elemento che le appartiene. Esempio La relazione di parallelismo nell’insieme R delle rette del piano euclideo è una relazione di equivalenza (si veda Nel mondo della geometria, 36 NEL MONDO DELLA GEOMETRIA volume 2). Le rette che appartengono alla medesima classe individuano una direzione, per cui si può affermare che esse sono uguali rispetto alla direzione; tale direzione può essere rappresentata da una qualunque delle rette della classe. Per definire la nozione di gruppo è necessario che nell’insieme A sia data un’operazione binaria interna e ovunque definita, ossia una legge che associa ad ogni coppia ordinata (a, b) di elementi di A uno e un solo elemento c di A (si veda il Capitolo quarto di Nel mondo dei numeri e delle operazioni, volume 2 e volume 3). Indicato con (A, ◊) l’insieme A sul quale è definita l’operazione ◊, si dice che (A, ◊) è un gruppo se valgono: 1. la proprietà associativa: è possibile eseguire in due modi diversi l’operazione quando questa è applicata a tre elementi a, b, c di A, ottenendo lo stesso risultato (a ◊ b) ◊ c = a ◊ (b ◊ c) 2. l’esistenza dell’elemento neutro: esiste in A un elemento u che combinato con un qualunque altro elemento a di A non lo modifica: a◊u=u◊a= a 3. l’esistenza dell’elemento simmetrico o inverso: qualunque sia a elemento di A, esiste in A un elemento a’ che combinato con a dà l’elemento neutro u a ◊ a’ = a’ ◊ a = u. Esempi 1. L’insieme dei numeri naturali non è gruppo rispetto ad alcuna delle operazioni aritmetiche: – in (N, +) e in (N, ×) le operazioni sono interne e ovunque definite, per ciascuna di esse vale la proprietà associativa, esiste l’elemento neutro (rispettivamente, lo zero e l’uno), ma nessuno dei numeri naturali ha il simmetrico, tranne lo zero per l’addizione e l’uno per la moltiplicazione; – la sottrazione e la divisione non sono operazioni ovunque definite (si vedano i volumi 2 e 3 di Nel mondo dei numeri e delle operazioni). 2. L’insieme Z = {…, -2, -1, 0, +1, +2, …} dei numeri interi relativi è gruppo rispetto all’addizione, poiché l’addizione è un’operazione interna e ovunque definita, è associativa, esiste l’elemento neutro (lo zero) e ogni numero intero ha simmetrico (detto anche opposto); per esempio: (+2) + (-2) = 0, (-9) + (+9) = 0. (Z, ×), invece, non è un gruppo: l’operazione è interna e ovunque definita, associativa, esiste l’elemento neutro (+1), ma nessun numero intero relativo diverso da +1 ha simmetrico. Per definire una relazione di uguaglianza, ossia di equivalenza, tra figure geometriche attraverso trasformazioni geometriche è necessario che queste formino un gruppo rispetto alla composizione di funzioni in quanto le proprietà dell’operazione tra le trasformazioni inducono le proprietà della relazione tra le figure. Infatti, sia S uno spazio geometrico, per esempio il piano, e (G, o) un gruppo di trasformazioni di tale spazio; si definisca su S la seguente relazione: qualunque siano a e b elementi di S (angoli, segmenti, poligoni, …), Il concetto di trasformazione geometrica 37 a è in relazione con b se esiste una trasformazione T di G che fa corrispondere a a b. La relazione così definita è una relazione di equivalenza: 1. proprietà riflessiva: ogni elemento a di A è in relazione con se stesso, perché corrisponde a se stesso nella trasformazione identica, che è l’elemento neutro di G; 2. proprietà simmetrica: se a è in relazione con b, esiste una trasformazione T che fa corrispondere a a b; questo implica che la trasformazione inversa di T, indicata con T-1, fa corrispondere b ad a, quindi b è in relazione con a; 3. proprietà transitiva: se a è in relazione con b, esiste una trasformazione T che fa corrispondere a a b; se b è in relazione con c, esiste una trasformazione R che fa corrispondere b a c. La trasformazione che si ottiene applicando, in successione, prima T e poi R è ancora un elemento di G; essa, inoltre, fa corrispondere a a c, quindi a è in relazione con c. Nella seguente trattazione delle trasformazioni geometriche si adotta l’impostazione assiomatica di Hilbert (si veda il Capitolo 4 di Nel mondo della geometria, volume 2), quindi si presuppongono noti, per esempio, gli enti fondamentali (punti, rette, semirette, segmenti, angoli, poligoni, …), il concetto di uguaglianza tra figure (congruenza tra segmenti, tra angoli, tra poligoni, …), le relazioni di perpendicolarità e di parallelismo tra rette, la nozione di verso di una figura e le grandezze: lunghezza, ampiezza, area. Da queste premesse si deducono le definizioni e le proprietà delle trasformazioni geometriche. Pur avendo precisato l’assiomatica di riferimento, la trattazione delle trasformazioni può essere condotta secondo diverse chiavi di lettura; in analogia con l’itinerario didattico, articolato nei capitoli che seguono, si propongono: – prima le singole isometrie – poi la struttura del gruppo da esse individuato – seguita dalle trasformazioni non isometriche. Le principali trasformazioni sono definite: – come corrispondenze tra punti; – attraverso la procedura traducibile operativamente con gli strumenti del disegno, procedura che permette di associare al disegno di una figura F, considerata come prima, il disegno di una figura F’, considerata come seconda. Questo secondo disegno può già essere presente sul foglio oppure no: la procedura data «permette di costruirlo se manca e di riconoscerlo se invece è presente; i due disegni sono allora quelli di una configurazione che illustra la trasformazione» (Baruk, 1998, p. 591). 38 NEL MONDO DELLA GEOMETRIA SCHEDA n. 41 Osserviamo 7.4 Studio di figure piane rispetto alle rotazioni FIORI E CRISTALLI Le seguenti immagini riproducono fiori e cristalli di neve. Come puoi vedere, ogni fiore e ogni cristallo può essere considerato il risultato della rotazione di una sua parte per un certo numero di volte, in modo da completare il giro. In ogni immagine evidenzia, per esempio con un colore, la parte che può generare l’intera figura, poi segna il centro di rotazione. Per completare la figura, la parte deve essere ripetuta con una rotazione ................................ volte. Per completare la figura, la parte deve essere ripetuta con una rotazione ................................ volte. Per completare la figura, la parte deve essere ripetuta con una rotazione ................................ volte. Per completare la figura, la parte deve essere ripetuta con una rotazione ................................ volte. 202 © 2004, C. Colombo Bozzolo, A. Costa e C. Alberti (a cura di), Nel mondo della geometria – volume 4, Trento, Erickson Osserviamo e riflettiamo SCHEDA n. 42 a 7.4 Studio di figure piane rispetto alle rotazioni STEMMI E IDEOGRAMMI GIAPPONESI In fondo alla pagina sono riprodotte immagini di antichi stemmi di famiglie nobili giapponesi e di ideogrammi.1 In ogni immagine, se è possibile, evidenzia, per esempio con un colore, la parte che può generare l’intera figura; poi segna il centro di rotazione. • Per individuare il centro di rotazione, ti può essere di aiuto la forma quadrata in cui è contenuta ogni immagine? ................... Perché? ....................................................................................................................................................................... • Verifica la correttezza del tuo lavoro utilizzando la carta velina e uno spillo. ✂ Ritaglia ogni immagine e inseriscila nella zona giusta della seguente tabella. 1 Illustrazioni tratte dai testi La scoperta del pentagono e La scoperta del quadrato, a cura di Bruno Munari (1981), Bologna, Zanichelli. © 2004, C. Colombo Bozzolo, A. Costa e C. Alberti (a cura di), Nel mondo della geometria – volume 4, Trento, Erickson 203 SCHEDA n. 42 b Osserviamo e riflettiamo 7.4 Studio di figure piane rispetto alle rotazioni STEMMI E IDEOGRAMMI GIAPPONESI Stemmi Nessun centro di rotazione Modulo ripetuto solo 2 volte Modulo ripetuto solo 3 volte Modulo ripetuto solo 4 volte Modulo ripetuto solo 5 volte Confronta il tuo lavoro con quello di un tuo compagno e discutine con l’insegnante. 204 © 2004, C. Colombo Bozzolo, A. Costa e C. Alberti (a cura di), Nel mondo della geometria – volume 4, Trento, Erickson Costruiamo e riflettiamo SCHEDA n. 43 a 7.4 Studio di figure piane rispetto alle rotazioni COSTRUIAMO ALTRI POLIGONI CON I TRIANGOLI In un grigio pomeriggio di pioggia Antonio non sa proprio che fare. Annoiato, sta scarabocchiando su un foglio, con matita e righello. Dopo avere disegnato un triangolo isoscele, però, ha un(idea: scoprire che poligono con più di tre lati si può ottenere facendo ruotare il triangolo. Prende, allora, un foglio leggero di carta velina e lo fissa con uno spillo nel vertice del triangolo compreso fra due lati uguali. Ricalca sulla velina il triangolo, poi la ruota in senso orario fino a che un lato del triangolo sulla velina coincide con uno del triangolo di partenza, con un altro spillo punteggia ora in corrispondenza dei vertici del triangolo ruotato. Ripete tutti i passaggi fino a completare un giro. Infine, con dei segmenti congiunge consecutivamente i punti lasciati dallo spillo ed ecco... Per scoprire che figura ha ottenuto Antonio procedi nel suo stesso modo a partire dal triangolo isoscele a fianco disegnato. • Che poligono hai ottenuto? .............................................................................................................................................................................. • Il poligono è equilatero? .................... • Per rispondere alla domanda precedente è necessario che tu misuri la lunghezza dei lati del poligono? .................... Perché? .................................................................................................................................................................................. • Il poligono è equiangolo? .................... • Per rispondere alla domanda precedente è necessario che tu misuri l’ampiezza degli angoli del poligono? .................... Perché? .................................................................................................................................................................................. • Il poligono è regolare? .................... Perché? ............................................................................................................................................... • Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice del triangolo isoscele di partenza? ............................................. • Per rispondere alla domanda precedente è necessario che tu misuri l’ampiezza dell’angolo? .................... Perché? ............................................................................................................................................................................................................... © 2004, C. Colombo Bozzolo, A. Costa e C. Alberti (a cura di), Nel mondo della geometria – volume 4, Trento, Erickson 205 Costruiamo e riflettiamo SCHEDA n. 43 b 7.4 Studio di figure piane rispetto alle rotazioni COSTRUIAMO ALTRI POLIGONI CON I TRIANGOLI «Sono proprio bravo», si dice Antonio. «Ora ci riprovo con questo triangolo isoscele». Ricalca sulla velina il triangolo, poi la ruota in senso orario fino a che un lato del triangolo sulla velina coincide con uno del triangolo di partenza, con un altro spillo punteggia in corrispondenza dei vertici del triangolo ruotato. Dopo avere ripetuto le operazioni... il giro non torna! «Ma dove ho sbagliato?», si chiede Antonio. Verifica anche tu che con il seguente triangolo isoscele non è possibile completare il giro senza sovrapposizioni o spazi liberi. • Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice del triangolo isoscele di partenza? ............................................. • Per rispondere alla domanda precedente è necessario che tu misuri l’ampiezza dell’angolo? .................... Perché? .............................................................................................................................................................................................................. • Secondo te, perché con il triangolo dato non si ottiene un poligono regolare? ..................................... «Adesso ho capito!», esclama Antonio, «Già dal triangolo isoscele iniziale posso sapere se riuscirò a completare il giro senza sovrapposizioni e senza spazi liberi; ma non solo: posso anche sapere quanti lati avrà il poligono finale!» Secondo te, cosa ha capito Antonio? ........................................................................................................................................................... .................................................................................................................................................................................................................................................................. .................................................................................................................................................................................................................................................................. 206 © 2004, C. Colombo Bozzolo, A. Costa e C. Alberti (a cura di), Nel mondo della geometria – volume 4, Trento, Erickson SCHEDA n. 43 c Osserviamo e riflettiamo 7.4 Studio di figure piane rispetto alle rotazioni COSTRUIAMO ALTRI POLIGONI CON I TRIANGOLI Prova anche tu a dedurre dal triangolo iniziale se si può completare il giro e, in caso di risposta positiva, che poligono regolare si ottiene. • Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice? ........................... • Tramite rotazioni con centro nel vertice C, si può completare l’angolo giro? ........................ C Perché .......................................................................................................................... • Se sì, che poligono regolare si ottiene? ................................. • Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice? ........................... • Tramite rotazioni con centro nel vertice C, si può completare l’angolo giro? ........................ C Perché .......................................................................................................................... • Se sì, che poligono regolare si ottiene? ................................. • Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice? ........................... • Tramite rotazioni con centro nel vertice C, si può completare l’angolo giro? ........................ Perché .......................................................................................................................... C • Se sì, che poligono regolare si ottiene? ................................. • Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice? ........................... • Tramite rotazioni con centro nel vertice C, si può C completare l’angolo giro? ........................ Perché .......................................................................................................................... • Se sì, che poligono regolare si ottiene? ................................. • Qual è l’ampiezza dell’angolo al vertice? ........................... C • Tramite rotazioni con centro nel vertice C, si può completare l’angolo giro? ........................ Perché .......................................................................................................................... • Se sì, che poligono regolare si ottiene? ................................. Verifica le tue risposte effettuando la costruzione su un foglio con il metodo che ritieni più opportuno. © 2004, C. Colombo Bozzolo, A. Costa e C. Alberti (a cura di), Nel mondo della geometria – volume 4, Trento, Erickson 207