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MED EXECUTIVE BRIEFINGS
Investimenti diretti esteri e piccole e
medie imprese nel Maghreb:
quali opportunità?
Palazzo Clerici, 1°dicembre 2010
Dossier a cura dell’Osservatorio Mediterraneo dell’ISPI
L’incontro è realizzato nell’ambito del progetto Med Business promosso da
INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI E PICCOLE E MEDIE
IMPRESE NEL MAGHREB: QUALI OPPORTUNITÀ?
INDICE DEL DOSSIER
1.
Prospettive di crescita dopo la crisi
2.
La situazione macroeconomica
3.
Rischio paese e quadro politico interno e regionale
4.
Investimenti diretti esteri
5.
Doing Business 2010 – Attrattività dei paesi del Maghreb
6.
Il ruolo della Banca europea per gli investimenti nel Mediterraneo
7.
La Carta euro-mediterranea per l’impresa
8.
L’interscambio commerciale con l’Italia e con l’UE
9.
L’Algeria tra grandi investimenti e paralisi politica
10.
La Tunisia sulla strada delle riforme economiche
11.
I grandi progetti infrastrutturali in Marocco
1. PROSPETTIVE DI CRESCITA DOPO LA CRISI
La
regione
del
Maghreb
(che
comprende Marocco,
Algeria, Tunisia e
Libia) ha avuto nel
2009 una crescita
media del 2,0% del
PIL annuo, mentre le
previsioni per il
2010-2011 sono in
netto miglioramento:
in media la crescita
sarà del 5,2%.
Maghreb: crisi diverse, ripresa simile (crescita annua, in % del PIL) A differenza di
quanto accaduto ai
paesi del Mashrek, la
crisi economica ha Fonti: (2009‐2011) FMI, World Economic Outlook, October 2010. avuto un impatto
maggiore sugli stati del Maghreb, seppure con intensità differenti da paese a paese. L’Algeria e la
Libia, esportatori di idrocarburi (in prevalenza gas l’Algeria; soprattutto petrolio la Libia), hanno
scontato il calo del prezzo internazionale del greggio nel 2009. L’Algeria ha subito una lenta flessione,
dal 3% del 2007 al 2,4% del 2009, mentre la Libia è calata bruscamente dal 7,5% del 2007 al -2,3% del
2009. Per entrambe le economie le prospettive di crescita del biennio 2010-2011 sono buone: in media
3,9% per l’Algeria e 8,4% per la Libia. Anche le prospettive di crescita media 2010-2011 di Marocco e
Tunisia, i due paesi importatori di idrocarburi, sono alte: rispettivamente del 4,2% e del 4,3%.
Le dimensioni delle economie del Mediterraneo (Maghreb colorato, dati in mld $) Fonte: FMI, World Economic Outlook, October 2010. Tutti i paesi della regione sembrano
oggi aver superato il difficile biennio
trascorso dall’economia mondiale,
ma con meno slancio rispetto ai paesi
del Mashrek. Il livello di consumi e
investimenti è in ogni caso previsto
in ripresa.
Un elemento importante per le
prospettive di crescita dell’area
mediterranea, e del Maghreb nel caso
specifico, sarà la velocità alla quale
l’Unione europea (prima per
commercio e investimenti con i paesi
della sponda Sud del Mediterraneo;
si vedano schede 4 e 11) sarà in
grado di riprendersi dalla crisi
economica.
Aree/paesi a più alta crescita (% del PIL) Cina India Newly Industrialized Economies, Asia ASEAN‐5 (Indonesia, Malaysia, Filippine, Tailandia e Vietnam)
Brasile Mashrek Africa subsahariana CIS (senza Russia) Maghreb ‐‐‐ Libia Fonte: FMI, World Economic Outlook, October 2010. 2009
9,1
5,7
‐0,9
1,7
‐0,2
5
2,6
‐3,2
2 ‐2,3
2010 10,5 9,7 7,8 6,6 7,5 5,4 5 5,3 5,5 10,6 2011 2010‐11 9,6 10,1
8,4 9,1
4,5 6,2
5,4 6,0
4,1 5,8
5,1 5,3
5,5 5,3
5,2 5,3
4,8 5,2
6,2 (8,4)
2. LA SITUAZIONE MACROECONOMICA
La situazione debitoria dei
paesi del Maghreb è generalmente migliore rispetto a quella di molti paesi del Mashrek.
Spiccano le ridotte dimensioni
del debito libico, equivalente a
meno del 4% del suo PIL.
Negli ultimi cinque anni, per le
economie del Maghreb il
debito risulta stabile. Un’eccezione negativa è costituita
dall’Algeria, il cui debito
risulta in forte espansione (dal
12%/PIL del 2007 al 31%/PIL
nelle stime 2011).
Deficit / PIL (%) Saldo della bilancia commerciale/PIL (%) Fonte dei grafici: FMI, EIU. Debito/PIL (%, stime 2010) Nette differenze nello stato
e nell’evoluzione della bilancia commerciale si
registrano tra paesi importatori ed esportatori di
idrocarburi.
Per quanto riguarda i primi,
Marocco e Tunisia sono
rimasti importatori netti
dall’estero in maniera costante nel tempo. Libia e
Algeria sono invece esportatori netti, ma nel 2009
hanno fatto registrare un
brusco
peggioramento
della
loro
bilancia
commerciale, in primo
luogo a causa del netto calo
del
prezzo
degli
idrocarburi. Una limitata
ripresa
è
comunque
prevista per il periodo
2010-2011.
3. RISCHIO PAESE E QUADRO POLITICO INTERNO E REGIONALE
Algeria: rieletto nel 2009 alla presidenza del paese, Abdelaziz Bouteflika potrà governare fino al 2014. Sin
dalla sua prima elezione nel 1999, al termine della guerra civile che aveva provocato più di 150.000 morti, il
presidente ha goduto del sostegno dell’esercito; tuttavia, negli ultimi cinque anni le tensioni tra l’esecutivo e
i militari sono andate inasprendosi. Al Qaeda in Maghreb (AQIM) opera nelle regioni desertiche algerine e il
pericolo di attentati, sebbene oggi diminuito rispetto al picco del 2006, resta comunque elevato. A livello
regionale, permangono i contrasti tra Algeria e Marocco sulla questione della sovranità territoriale nel
Sahara occidentale: la frontiera tra i due paesi è chiusa dal 1994.
Libia: Mu’ammar Gheddafi, Guida della rivoluzione, è la massima autorità del paese dal colpo di stato del
1969. Le relazioni della Libia con la comunità internazionale sono andate lentamente migliorando dal 2003,
quando Gheddafi ha annunciato che il paese avrebbe rinunciato al possesso di armi di distruzione di massa.
Nel 2009 il parlamento italiano ha ratificato il Trattato di amicizia e cooperazione italo-libico;
parallelamente sono stati avviati i negoziati per l’accordo di associazione con l’Unione europea. La
mancanza di una successione designata crea incertezza sul piano politico interno. Secondo diversi analisti
Saif al-Islam, uno dei sei figli di Gheddafi, sarebbe il più probabile candidato alla successione.
Marocco: è una monarchia costituzionale guidata dal 1999 da Mohammed VI (47 anni), stabilmente al
potere. Il re nomina i ministri e può sciogliere unilateralmente il parlamento. La principale fonte di
instabilità politica è rappresentata dalla disputa sulla sovranità territoriale sul Sahara occidentale:
quest’ultimo è ufficialmente annesso al territorio marocchino, ma il Fronte Polisario, un movimento
indipendentista che gode dell’appoggio algerino, ne rivendica l’indipendenza dal 1973. Anche per questo i
rapporti con l’Algeria restano tesi. Le relazioni con l’Unione europea sono tra le più avanzate dell’area,
tanto che all’Accordo di associazione, in vigore dal 2000, hanno fatto seguito l’attribuzione al paese dello
“status avanzato” nel 2008, il primo vertice UE-Marocco e la creazione della prima commissione
parlamentare mista Marocco-UE nel 2010.
Tunisia: il presidente Zine El Abidine Ben Ali, 74 anni, governa il paese dal 1987. Ben Ali è il secondo
presidente della Tunisia dall’indipendenza: prima di lui Habib Bourguiba aveva mantenuto tale carica per
trent’anni. Secondo alcuni analisti sembra che Ben Ali stia cercando un successore tra gli appartenenti al
partito di governo, ma non è escluso che il presidente possa emendare la costituzione per candidarsi a un
sesto mandato (il quinto terminerebbe nel 2014). La Tunisia è il paese più stabile dell’area, e i rapporti con
gli Stati Uniti e l’Unione europea sono molto buoni. Si tratta anche del paese in cui è meno diffuso il
fondamentalismo di matrice islamica. Il governo adotta una politica di ferma repressione di tali movimenti e
la formazione di partiti religiosi è proibita.
Fonte: ONDD. Legenda: Scala di rischio 1‐7: 1, rischio minimo; 7, rischio massimo. Il rischio commerciale (Commercial risk) indica l’andamento delle borse nell’ultimo semestre: A = positivo; B = stabile; C = in calo. 4. INVESTIMENTI DIRETTI ESTERI
IDE in entrata (in milioni di €) La crisi economica mondiale
ha avuto importanti ricadute
sugli afflussi di investimenti
diretti esteri (IDE) in tutti i
paesi del Maghreb, salvo
l’Algeria. Marocco e Tunisia
hanno visto la loro quota di
investimenti in entrata quasi
dimezzata, mentre quella libica
è diminuita di più di un terzo.
Tuttavia sul lungo periodo la
crescita degli investimenti
diretti esteri nell’area del
Maghreb è stata notevole: tra il
1995 e il 2009, il paese che ha Fonte: UNCTAD, World Investment Report 2010. visto aumentare i suoi stock di
IDE in maniera più consistente è stato senza dubbio la Libia (+2.000%), che fino al 2005 risentiva ancora della
sua scelta di una politica ostile all’Occidente e del conseguente embargo commerciale e finanziario.
Ciononostante, Tripoli rimane il paese che ad oggi ha attratto meno capitali esteri nell’area. Marocco e Tunisia
godono invece di ottime relazioni con l’Unione europea, distinguendosi nettamente dalle economie degli
esportatori di idrocarburi per una presenza doppia di capitali esteri. Dal punto di vista degli IDE verso l’estero,
invece, è fondamentale notare come la Libia abbia sin dagli anni Novanta mantenuto una politica di dinamismo
finanziario, investendo all’estero somme cospicue, in particolare attraverso i propri fondi sovrani. Tripoli è oggi
di gran lunga il maggior investitore all’estero tra tutti i paesi arabi della sponda sud del Mediterraneo (compresi
quelli facenti parte del Mashrek).
Stock di IDE nel paese Stock di IDE del paese (mln $) 1995 2000 2009 all'estero (mln $) 1995 2000
2009
Marocco 5.126 8.842 40.719 Libia 976 1.942
11.988
Tunisia 10.967 11.545 31.857 Marocco 269 402
2.169
Algeria 1.671 3.537 17.344 Algeria 183 249
1.644
Libia 766 451 15.508 Tunisia 30 33
233
Totale Maghreb 18.530 24.375 105.428 Totale Maghreb 1.458 2.626
16.034
Fonte: UNCTAD, World Investment Report 2010. Evoluzione del numero dei progetti (IDE + partenariati) per tipo d’impresa nell’area mediterranea Fonte: ANIMA‐MIPO, Atlas des investissements et partenariats en Méditerranée, p. 6. Secondo l’Osservatorio ANIMA-MIPO, nei primi nove mesi del 2010 si è registrata una ripresa del
numero dei progetti di IDE nell’intera area del Mediterraneo – 581 contro i 542 dell’intero 2009 – a
fronte di una riduzione negli importi degli investimenti annunciati: 35 milioni di euro in media per
progetto contro i circa 50 milioni di euro nel 2009. L’importo totale degli IDE annunciati a fine
settembre si attesta a 20,4 miliardi di euro contro 28,6 miliardi di euro nel 2009. Si rafforza quindi la
tendenza a fare investimenti più piccoli e meno rischiosi. Per quanto riguarda i paesi del Maghreb, alla
fine del 2010 si dovrebbe registrare un aumento del numero di progetti rispetto al 2009, contro una
riduzione dell’ammontare dei flussi di IDE annunciati pari a meno di 3 miliardi di euro nei primi nove
mesi del 2010. Nel dettaglio, mentre il numero di progetti è cresciuto in Tunisia (92 annunci di
progetti contro i 78 del 2009) e Marocco, un significativo calo, pari al 25%, si registra in Algeria e
Libia. In particolare, in Algeria sono diminuite anche le partnership. Ciò si spiega in parte con
l’adozione di nuove misure restrittive nei confronti degli investitori stranieri.
Flussi di IDE netti e numero di progetti annunciati per regione Fonte: ANIMA‐MIPO, Review – Third Quarter 2010, p. 4. IDE scomposti secondo l’origine (in mln €) Legenda : “Autres MED” comprende Turchia e Israele. Fonte : ANIMA, Investissements directs étrangers et partenariats vers les pays MED en 2009, p. 11. 5. DOING BUSINESS – ATTRATTIVITÀ DEI PAESI DEL MAGHREB
Tra i paesi del Maghreb il rapporto Doing
Business di Banca Mondiale non prende in
Rank considerazione la Libia. Le ragioni di questa
MED omissione
– si tratta di una delle pochissime
1 economie mondiali a non avere una propria
2 pagina di valutazione – sono probabilmente da
3 ricercare nella autoesclusione della Libia dalla
**: Il simbolo “+” equivale a miglioramenti di ranking. I punteggi comunità internazionale, fino al graduale
sono standardizzati sul numero dei paesi. reinserimento avviato dal 2003, e nella assenza
sul suo territorio della maggior parte delle
Attrattività dei paesi del Mashrek istituzioni internazionali di monitoraggio
Rank DB 2011 Variaz. Variaz. MED Rank 2010‐11** 2006‐11** economico, che impediscono di disporre di
dati affidabili e, dunque, confrontabili con
1 Egitto 94 + 5 + 68 quelli delle altre economie mondiali.
2 Giordania 111 ‐4 ‐ 24 Per quanto riguarda i paesi del Maghreb
3 Libano 113 ‐ 4 ‐1 esaminati, secondo Doing Business la Tunisia
4 Siria 144 0 ‐1 sarebbe anche quest’anno il paese arabo della
Fonte: Banca mondiale, Doing Business 2010 e 2006. sponda sud del Mediterraneo più adatto per
svolgere attività di impresa. Gli enti amministrativi del paese non richiedono infatti capitale minimo per
avviare un’attività (unico paese della sponda sud a prevedere tale esenzione), e il numero di procedure
necessarie per registrare la proprietà (4) e di pagamenti fiscali all’anno (8) è tra i più ridotti del mondo.
Nell’ultimo anno sia la Tunisia sia il Marocco hanno messo in atto alcune riforme per migliorare
l’attrattività del proprio paese all’estero, anche se con velocità differenti – come testimoniato dal fatto che la
Tunisia abbia scalato tre posizioni anche nel 2009, mentre il Marocco abbia mantenuto la sua.
Nel dettaglio, il Marocco ha rafforzato la protezione degli investitori, richiedendo alle imprese maggiore
trasparenza nel contenuto dei rapporti finanziari annuali. Per questo, l’indice di trasparenza è salito da 6 a 7
punti su 10, e l’indice di protezione degli investitori è passato da 3 a 3,3 su 10. La Tunisia ha invece
inaugurato un nuovo sistema elettronico che ha permesso di semplificare il pagamento della tassa sul
reddito d’impresa e dell’imposta sul valore aggiunto (il numero di pagamenti da effettuare è stato portato da
22 a 8, e la media-ore impiegate all’anno per oneri fiscali è scesa da 228 a 144), e che ha velocizzato la
preparazione dei documenti per il commercio estero. I giorni medi necessari per esportare una merce sono
per questo scesi da 15 a 13, e quelli richiesti prima che una merce possa essere esportata sono passati da 21 a
17.
L’Algeria, invece, è uno degli stati più problematici della regione. Nonostante i sufficienti progressi fatti
registrare a partire dal 2006, il paese rimane uno dei meno adatti ad ospitare imprese estere. Il numero di ore
medie annuali necessarie per pagare le tasse (451) e il numero di giorni impiegati in media per avviare
un’attività (24), ottenere un permesso di costruzione (240) o raggiungere l’esecuzione forzata di un contratto
(630) sono tra i più elevati della regione. Nell’ultimo anno, inoltre, nessuna riforma ha contribuito a
rendere più aperta l’economia, mentre alcune decisioni adottate nell’estate 2009, come quella di aumentare i
dazi doganali contravvenendo agli accordi di libero scambio con i paesi dell’area, hanno rischiato di
peggiorare la situazione e hanno fatto nettamente aumentare i costi per commerciare oltrefrontiera: il costo
medio per container si aggira attorno ai 1.200 dollari per esportare un prodotto, e raggiunge i 1.400 dollari
per le importazioni.
Attrattività dei paesi del Maghreb DB 2001 Variaz. Variaz. Rank 2010‐11** 2006‐11**
Tunisia 55 +3 +13 Marocco 114 0 + 6 Algeria 136 0 + 15 Fonte: Banca Mondiale, Doing Business 2010.
6. IL RUOLO DELLA BANCA EUROPEA PER GLI INVESTIMENTI
NEL MEDITERRANEO
Nel 2002 la Banca europea per gli investimenti (BEI) ha inaugurato il suo nuovo sistema di finanziamenti
all’impresa e ai progetti infrastrutturali per il Mediterraneo, costituendo il suo braccio finanziario nella regione: il
FEMIP (Fondo euro-mediterraneo di investimento e partenariato).
La BEI eroga prestiti di lungo periodo, generalmente equivalenti al 40Finanziamenti erogati dalla BEI 50% del capitale iniziale di un progetto (il restante è partecipato da
2002‐2010 (in mln €) imprese private e istituzioni pubbliche). Così facendo, la Banca fornisce
l’impulso iniziale a progetti importanti che rischierebbero di restare Paesi del Maghreb (tot. 6.008) sottoinvestiti o di venire accantonati. Tra il 2002 e il 2010 il FEMIP ha
712 prestato più di 12 miliardi di euro ai paesi della sponda Sud del ‐ Algeria Mediterraneo (il 28% di tutti i prestiti erogati dalla BEI fuori dall’Europa), ‐ Marocco 2.470 ed entro la fine del 2010 avrà sottoscritto in un anno contratti per l’importo
‐ Tunisia 2.827 record di 2 miliardi di euro.
Target dei finanziamenti sono in genere progetti infrastrutturali, quali la Paesi del Mashrek (tot. 6.297) costruzione, l’ammodernamento o l’ampliamento di ferrovie, porti,
3.773 autostrade, sistemi idrici e reti elettriche. Dal 2008 il FEMIP coopera ‐ Egitto strettamente con l’Unione per il Mediterraneo (UpM), finanziando in ‐ Libano 744 maniera preferenziale i progetti individuati dall’UpM (e in particolare le
419 autostrade del mare e di terra, il Piano solare, l’iniziativa per lo sviluppo ‐ Giordania dell’impresa e il disinquinamento del Mediterraneo). Per loro natura, i
‐ Siria 1.362 progetti finanziati dal FEMIP mirano in misura maggiore al
coinvolgimento di imprese di grandi dimensioni, e sono meno penetrabili Israele 510 da parte delle piccole e medie imprese (PMI). Ciononostante, le PMI
136 possono beneficiare di importanti ricadute economiche grazie al Paesi MED miglioramento dell’efficienza delle reti e non è esclusa la partecipazione ai Fonte: European Investment Bank progetti da parte di PMI altamente specializzate. In più, in tutto l’arco della
sua attività il FEMIP ha aperto linee di credito per le PMI per circa il 7% del totale degli 1,3 miliardi di euro
erogati in tale direzione (si veda la voce “Credit lines” della tabella in calce alla pagina), per un valore globale di
91 milioni di euro.
Finanziamenti BEI scomposti per settore, gennaio 2002 – dicembre 2009 (in milioni di €) Fonte: FEMIP, Annual Report 2009. 7. LA CARTA EURO-MEDITERRANEA PER L’IMPRESA
Adottata alla conferenza ministeriale di Caserta del 2004, che riuniva i ministri dell’Industria
dell’Unione europea e dei paesi partner della sponda Sud, la Carta euro-mediterranea per l’impresa
(detta anche Carta MED) è oggi uno strumento importante per stimolare l’adeguamento dei paesi Med
ai più alti standard internazionali per quanto riguarda la libertà d’impresa. La conferenza, che agisce
sotto impulso di un Working Party che si riunisce a cadenza biennale, muove dall’assunto che anche nei
paesi della sponda Sud del Mediterraneo i grandi enti e le imprese sovvenzionati dallo stato stiano
lentamente facendo largo alle piccolissime, piccole e medie imprese, le quali a loro volta sarebbero
destinate a trasformarsi nel motore fondamentale per la crescita di ciascun paese.
La Carta MED enuclea le maggiori questioni relative alla promozione di un ambiente interno più
favorevole all’impresa privata, suddividendole in dieci macro-temi e formulando per ciascuno di essi
precise direttive di policy ai quali i partecipanti promettono di vincolarsi. Una procedura di valutazione
biennale prevede anche l’indicazione di best practices che consentano ai paesi ancora indietro da un
punto di vista legislativo o istituzionale di seguire l’esempio degli Stati più virtuosi.
Le dieci dimensioni individuate dalla Carta si sovrappongono in più punti con le aree individuate dal
rapporto Doing Business, mentre altre sono più originali. In entrambi i casi, i rapporti che originano
dalla Carta MED non sono valutazioni ex post e che mirano a esprimere un giudizio imparziale sullo
stato dell’esistente (come accade per il rapporto di Banca mondiale), ma osservazioni utili a spronare
l’azione dei governi dei paesi chiamati in causa. Le diverse aree di valutazione sono:
1) la semplicità delle procedure d’impresa;
2) la qualità dell’istruzione e della formazione della classe imprenditoriale;
3) il miglioramento delle conoscenze della forza lavoro;
4) la facilità di accesso ai finanziamenti e il livello di imposizione fiscale sull’impresa;
5) la facilità di penetrazione nei mercati;
6) la presenza di società innovative;
7) la presenza di forti rappresentanze dell’impresa;
8) l’accesso ai servizi e ai programmi di aiuto all’impresa;
9) il livello del rafforzamento delle partnership e dei network euro-mediterranei;
10) la disponibilità di informazioni chiare e mirate per le imprese.
Oltre a incentivare i paesi del Sud del Mediterraneo a colmare il divario con il Nord, le iniziative
dell’Unione europea si pongono come obiettivo quello di armonizzare la legislazione dei paesi della
sponda Sud con quella degli stati comunitari. Le definizioni di piccola e media impresa, infatti, in molti
casi non coincidono, rendendo per questo difficile l’applicazione delle disposizioni di legge e spesso
discriminando a seconda della nazionalità dell’impresa. Ciò accade nonostante molti stati prevedano
garanzie e tutele simili per tutte le PMI, indipendentemente dallo stato di provenienza.
Come sottolineato nell’ultimo incontro di uno dei Working Group, il 17 settembre 2010, inoltre, in un
contesto di sottocapitalizzazione delle imprese e di difficoltà di raccogliere liquidità con altri strumenti
come è quello dei paesi della sponda Sud del Mediterraneo, il ruolo delle banche è fondamentale per
l’erogazione del credito alle imprese, e questo rende necessario sviluppare una coerente strategia di
lungo periodo che formi la dirigenza bancaria nella direzione di cessare di considerare profittevoli solo i
prestiti alle grandi imprese statali e a quelle recentemente privatizzate, ma valuti anche la creazione di
programmi specificamente destinati al finanziamento delle piccolissime, piccole e medie imprese.
8. L’INTERSCAMBIO COMMERCIALE CON L’ITALIA E CON L’UE
Interscambio commerciale del’Italia con i paesi del Maghreb (valore delle merci in milioni di €) Libia
Algeria
Tunisia
Marocco
Tot. Maghreb
2008
2009
Intersc.
Imp
Exp
Tot
Saldo
Imp
Exp
Tot
Saldo
Δ08-09
17.409
2.645 20.054 -14.764 10.156
3.451 13.607 -6.705
-32%
8.597
3.013 11.610 -5.584
6.041
2.598
-26%
8.639 -3.443
2.329
2.954
5.283
625
2.033
2.558
525
-13%
4.591
609
1.684
2.293
1.075
422
1.374
952
-22%
1.796
28.944 10.296 39.240 -18.648 18.652
9.981 28.633 -8.671
-27%
Legenda: Imp = importazioni dell’Italia da quel paese; Exp = esportazioni dell’Italia verso quel paese Fonte: elaborazioni su dati ICE Interscambio con l’Italia per settore (2009) Algeria
Libia
Marocco
Tunisia
Importazioni Italia
idrocarburi e metalli (94), coke e derivati
dalla raffinazione del petrolio (5)
idrocarburi e metalli (89),
coke e derivati (10)
alimentari (34), abbigliamento (27), app.
elettriche (7)
abbigliamento (36), pelli (13), alimentari
(10), app. elettriche (8)
Esportazioni Italia
macchinari (40), prodotti metallurgici (18),
apparecchiature elettriche e domestiche (8)
coke e derivati (33), macchinari (17),
autoveicoli (7), app. elettriche (7)
macchinari (26), coke e derivati (11),
tessili (10), app. elettriche (7)
tessili (18), macchinari (13), coke e derivati
(13), metallurgici (8)
Legenda (80) = quota percentuale sul totale delle importazioni o delle esportazioni italiane da o verso quel paese
Fonte: ICE
Interscambio commerciale dell’UE con i paesi del Maghreb (valore delle merci in miliardi di €) 2008
Algeria
Libia
Marocco
Tunisia
Tot. Maghreb
2009
Imp
Exp
Tot
Imp
Exp
Tot
Δ 05-09
28,3
15,4
43,7
17,4
14,7
-36%
32,1
35,1
5,8
40,9
20,0
6,5
-54%
26,5
8,4
14,5
22,9
6,5
11,9
-24%
18,4
9,5
9,9
19,4
7,9
8,9
-15%
16,8
81,3
45,6
126,9
51,8
42,0
-35%
93,8
TB
TB
2005
2009
-12,9
-2,7
-29,3
-13,5
6,1
5,4
0,4
1,0
-35,7
-9,8
Legenda: TB = saldo della bilancia commerciale del paese con l’UE; imp = importazioni dell’UE da quel paese; exp = esportazioni UE verso quel paese Fonte: Eurostat 9. L’ALGERIA TRA GRANDI INVESTIMENTI E PARALISI POLITICA
Con l’obiettivo di incoraggiare la crescita e ridurre la disoccupazione, l’Algeria sta cercando di diversificare
la propria economia, oggi fortemente dipendente dagli idrocarburi, sviluppando altri settori quali
l’agricoltura, ma anche i servizi di business, le ICT e il turismo. La pressoché totale dipendenza dagli
idrocarburi – nel 2009 quasi il 98% dell’intero valore delle esportazioni algerine è stato coperto da gas e
petrolio – rende infatti il paese particolarmente esposto alle oscillazioni del prezzo del greggio. Nel periodo
2003-2008 gli elevati prezzi del petrolio e del gas hanno assicurato al paese entrate eccezionali che gli hanno
consentito di attuare una politica economica fortemente espansionistica. L’elevata spesa pubblica ha inoltre
permesso al governo di sostenere l’economia in una fase di difficile congiuntura internazionale. Infatti,
nonostante una lieve contrazione della crescita nel 2009 (2%), secondo le previsioni del FMI nel biennio
2010-2011 il tasso di crescita algerino passerà al 3,9%.
Nell’ottica della diversificazione economica il governo ha lanciato importanti programmi in materia di
pianificazione territoriale, industria, agricoltura, pesca e turismo. Questi saranno accompagnati da un
massiccio piano di investimenti pubblici per lo sviluppo delle infrastrutture e del settore sociale (alloggi,
sanità, istruzione e servizi pubblici): 150 miliardi $ per il quinquennio 2010-2014, con l’obiettivo di creare 3
milioni di nuovi posti di lavoro. All’interno del nuovo piano quinquennale – il secondo dopo quello del
2005-2009 – il governo dovrebbe investire circa 3 miliardi $ entro il 2010 per aumentare la competitività
delle piccole e medie imprese (PMI) e sostenere la produzione nazionale. Secondo il ministro algerino delle
PMI, Mustapha Benbada, il settore è cresciuto a un tasso medio del 10,5% all’anno dal 2001 e il numero
delle PMI è passato da 180.000 nel 2001 a 455.000 nel 2009. Ma molto rimane ancora da fare.
Finora, infatti, i tentativi di diversificazione hanno avuto risultati modesti. Dal 2009 il governo è stato
criticato per avere puntato sulla riduzione delle importazioni e l’introduzione di una regolamentazione
restrittiva nei confronti degli investimenti diretti esteri (IDE) piuttosto che sull’investimento nella
produzione locale. In Algeria gli IDE ricoprono una bassa percentuale del totale degli investimenti e le
misure introdotte nel 2008 – quali ad esempio l’obbligo di reinvestire localmente i profitti derivanti da
esenzioni fiscali e il diritto dello stato di disporre degli asset detenuti dagli investitori stranieri – sembrano
aver inasprito ulteriormente l’ambiente di investimento. Nella stessa direzione vanno le misure
protezionistiche introdotte nel 2009, che prevedono l’obbligo per le società straniere di vendere ai partner
locali il 51% delle loro partecipazioni societarie in Algeria e il 30% del capitale investito in attività locali. La
contemporanea scelta di aumentare i dazi doganali, inoltre, rappresenta una decisa inversione di rotta
rispetto al processo di integrazione economica in atto nella regione. Algeri ha infatti contravvenuto alle
disposizioni del GAFTA, l’area economica di libero scambio entrata in vigore nel 2005 cui aderiscono i
paesi del Maghreb, del Mashrek e del Golfo.
Sul piano politico interno, a più di un anno dall’elezione di Abdelaziz Bouteflika alla presidenza per il terzo
mandato consecutivo l’Algeria sta attraversando una fase difficile. Settori di particolare rilievo come la
sanità e l’istruzione sono stati interessati da una serie di manifestazioni e scioperi, mentre il paese si trova a
far fronte a una corruzione sempre più diffusa. Il caso di corruzione più eclatante è quello che ha investito la
Sonatrach, la società nazionale del petrolio, e che ha messo a dura prova l’immagine del presidente e del
governo. Inoltre l’elevata disoccupazione, il diffuso malcontento per l’aumento minimo del salario di
disoccupazione, condizioni sociali difficili e la mancanza di dinamismo economico sono ulteriori fattori di
instabilità e disaffezione nei confronti del regime. Il lungo ritiro del presidente dal dibattito pubblico non ha
giovato al suo ruolo di figura stabilizzatrice e ha dato adito a speculazioni sul suo stato di salute. Ciò
alimenta dubbi sulla capacità del presidente di arrivare al termine del suo mandato nel 2014, nonché sulla
stabilità degli equilibri politici: manca infatti un meccanismo di successione collaudato. Il rafforzamento del
ruolo del presidente si deve più all’abilità di Bouteflika e a un fragile equilibrio tra Stato maggiore e
Presidenza che al consolidamento dell’istituzione in sé. La questione della successione a Bouteflika, al
potere dal 1999, assieme alle possibili recrudescenze delle violenze islamiste, sono destinate a catalizzare il
dibattito politico interno e ad alimentare una fase di incertezza sul futuro politico del paese.
10. LA TUNISIA SULLA STRADA DELLE RIFORME ECONOMICHE
Primo paese del Maghreb per facilità di fare impresa secondo il rapporto Doing Business di Banca
Mondiale, la Tunisia è nel pieno di un periodo di riforme del sistema economico nazionale e preme per
l’avvio dei negoziati per ottenere lo “status avanzato” nei rapporti con l’UE. Il governo tunisino mira a
ridurre la disoccupazione e aumentare gli standard di vita della popolazione: per farlo avrà bisogno che
l’economia cresca a ritmi sostenuti.
La finanziaria 2011 (ancora da approvare) prevede infatti alcune misure volte a favorire l’apertura del
mercato tunisino. Innanzitutto, per aumentare il commercio estero e indurre le imprese straniere a
investire nel paese, il piano prevede un ulteriore abbassamento dei dazi all’importazione e la
possibilità per alcune imprese produttrici di beni ad alto tasso di innovazione (che coinvolgono
l’efficienza energetica e la manutenzione aerea) di importare materie prime duty free. Inoltre, sempre
secondo il documento, il governo dovrebbe portare dal 49,9% al 60% la quota massima di
partecipazione estera consentita nelle imprese tunisine.
Il piano finanziario mira poi ad agevolare lo sviluppo dell’export, in vista di una riconversione dei
settori di punta dell’esportazione da quelli attuali ad alta intensità di lavoro a quelli ad alto valore
aggiunto ed elevato tasso tecnologico. Nella bozza il governo, oltre a proporre di estendere le attività
del Fonds de développement de la compétitivité industrielle al settore artigianale, abbassa al 10% la
tassa sui profitti generati dal commercio estero per quelle imprese che esportano almeno il 70% della
loro produzione o il cui conto capitale sia costituito da almeno il 66% di equity estero, estendendo per la
prima volta tale beneficio fiscale anche alle aziende fornitrici. Infine, il livello di pressione fiscale sulle
micro-imprese dovrebbe essere ridotto del 75% in tre anni.
Nonostante l’importanza delle riforme prospettate, tuttavia, il periodo di rallentamento della crescita
economica ha indotto il governo ad assumere posizioni di maggiore cautela nella loro pianificazione e
attuazione. L’amministrazione centrale ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del paese, dal 6,1%
del precedente piano quinquennale al 5,5% per il periodo 2010-2014. In secondo luogo la, crisi ha
depresso il settore turistico, che contribuisce per il 5% al PIL nazionale e genera 400.000 posti di
lavoro complessivi. Per affrontare l’emergenza il 16 novembre scorso il governo ha annunciato la
prossima presentazione del suo nuovo piano strategico per il turismo, che dovrebbe contenere
agevolazioni per chi espande la capacità alberghiera nelle zone più attraenti del paese e nuove proposte
di pacchetti turistici.
Nonostante le difficoltà provocate dalla crisi economica, non mancano segnali incoraggianti: nel 2009
alcuni settori di punta dell’economia tunisina e altri di recente sviluppo hanno fatto registrare forti
espansioni. Il comparto agricolo è cresciuto del 6%, mentre ancora meglio hanno fatto le ICT (+16%) e
gli idrocarburi (+13%). A questi segnali confortanti si accompagna tuttavia un freno congiunturale. In
primo luogo, se la crisi finanziaria mondiale non ha rallentato in maniera eccessiva la crescita del paese,
la crisi europea è un ostacolo importante. L’UE è infatti il primo partner commerciale di Tunisi, e i
problemi interni ai paesi dell’area euro minacciano di rallentare le esportazioni tunisine verso l’UE (già
calate da 2,3 miliardi di euro nel 2008 a 2,0 nel 2009) e l’afflusso di capitali esteri (-33% nel 2009). Il
paese potrebbe ovviare alla contrazione del commercio individuando nuovi mercati di destinazione per
i suoi beni e servizi, ma sul lungo periodo il programma di riforma della composizione delle
esportazioni tunisine (che, come si diceva, punta tutto su prodotti ad alta tecnologia e alta intensità di
capitale) ha il mercato europeo come sbocco naturale.
11. I GRANDI PROGETTI INFRASTRUTTURALI IN MAROCCO
Il Marocco è il primo partner commerciale della sponda Sud del Mediterraneo per Francia e Spagna (solo
il terzo per l’Italia). Anche per questo motivo, Madrid e Parigi hanno spinto costantemente per un
miglioramento dei rapporti tra Rabat e l’Unione europea. Il paese ha resistito ai contraccolpi della crisi
economica e, sebbene necessiti di riforme sociali (per adeguare l’età pensionabile all’aumento della speranza
di vita della popolazione) e di riforme economiche (per tentare di arginare il deficit di bilancia
commerciale), non ha rallentato il ritmo dei suoi investimenti nelle infrastrutture. La monarchia e il governo
marocchini ritengono infatti che migliorando le reti di energia e trasporti, l’attrattività del paese nei confronti
degli investitori esteri e delle piccole e medie imprese crescerà di conseguenza.
I progetti di infrastrutture di trasporto, che hanno goduto del sostegno politico e in non pochi casi
finanziario dell’Unione europea, sono andati dunque moltiplicandosi. Tra questi, alcuni meritano particolare
rilievo. Entro il 2014 dovrebbe essere inaugurata la tratta ferroviaria ad alta velocità che collega Tangeri a
Casablanca (350 km, per una spesa di 1,8 miliardi di dollari). Inoltre il porto di Tangeri, per il quale già
oggi transitano 3,5 milioni di
container l’anno, nei progetti della
monarchia sarà ampliato entro il
2015 per poterne accogliere fino a
8,5 milioni. Diventerebbe in tal
modo il primo porto per dimensioni
nel Mediterraneo. Anche la rete
autostradale,
che
con
un’estensione di 1.830 km è già
fortemente sviluppata rispetto agli
altri paesi del Maghreb, ha tratte in
via di costruzione per altri 400 km.
Infine le recenti espansioni della
rete aeroportuale, soprattutto a
Marrakech, sembrano aver portato
benefici in termini di turismo. Dopo
un rallentamento nel 2009, il
numero di visitatori esteri nel paese
è tornato a registrare un più 12,6%
nei primi sette mesi del 2010, e il
Fonte: http://riadzany.blogspot.com/2010/10/tangier‐med‐port‐update.html totale dei visitatori a fine anno
potrebbe avvicinarsi a 9 milioni:
non lontano dalle previsioni contenute nel piano “Vision 2010”, stilato dal governo marocchino prima che
gli effetti della crisi economica deprimessero il turismo nel 2009.
Dal punto di vista delle reti energetiche, invece, un piano solare da 9 miliardi di dollari prevede
l’installazione di pannelli fotovoltaici capaci di generare un totale di 2 Gigawatt di corrente elettrica,
corrispondenti a circa il 10% della domanda marocchina prevista nel 2020. Anche il potenziamento della
rete elettrica è continuato ininterrotto, con quasi 2 miliardi di dollari stanziati nell’ultimo quadriennio,
mentre nello stesso periodo 2,3 miliardi sono stati riservati a investimenti sulla rete idrica. Questi ultimi
sarebbero essenziali, considerando che l’interno del paese è prevalentemente desertico e che gli ultimi dati
Unicef sull’accesso all’acqua, pur registrando un netto miglioramento sia nelle città (quasi il 100% delle
persone dispone di accesso all’acqua entro mezz’ora di cammino dalla propria abitazione), sia nelle aree
rurali (in cui il numero si riduce al 65%), denunciano che la percentuale di nuclei famigliari direttamente
connessi alla rete idrica nelle aree rurali resta inferiore al 30% del totale.
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