Articolo del periodico Vps (Volontari per lo sviluppo)

Percorsi educativi
Dai banchi al Maghreb
di Silvia Barbotto
Laboratori culinari, visite ai bazar, chiacchierate
negli hammam della propria città, ma anche
stage formativi in Marocco. Tante le iniziative
proposte agli studenti da un istituto torinese per
favorire
l’integrazione.
A
partire
da
un’intuizione: gli altri si conoscono meglio
tramite il rapporto diretto.
Laboratori di cucina presso una cooperativa di donne arabe per imparare il cous-cous, visite ai
negozi per stranieri, dai bazar alle macellerie halal (dove la carne è preparata nel rispetto della
tradizione islamica) e frequentazione dei locali e dei servizi loro dedicati, come gli hammam
destinati alla cura del corpo. Sono alcune delle esperienze fatte dagli studenti dell’Istituto Giulio di
Torino, una scuola professionale per i servizi commerciali e turistici, da alcuni anni in prima linea
nel proporre percorsi formativi che vadano di là delle pagine dei libri e dei concetti prestabiliti,
favorendo la conoscenza diretta dei ragazzi..
Dal rifiuto all’empatia
«Il 20% dei nostri allievi sono stranieri e il rapporto con gli italiani è complesso» spiega Elisa
Lupano, dirigente dell’istituto. «Alle spalle dei ragazzi ci sono spesso famiglie poco propense a
conoscere nuove realtà e restie ad accettare esperienze che possono modificare le opinioni acquisite.» La scuola può allora assumere un ruolo preponderante nel costruire quadri relazionali
armonici ed equilibrati, pur dovendo gestire rapporti difficili tra gli studenti: che vanno
progressivamente traghettati da atteggiamenti di rigidità e rifiuto ad altri di accettazione ed
empatia. In genere, nelle classi prime e seconde il conflitto è latente, ma pronto a scoppiare anche
con violenza. «In questa fascia di età la rigidità è forte, ma non si tratta soltanto di un’ostilità verso
gli stranieri, bensì di un forte bisogno di affermare la propria identità e il proprio gruppo di
appartenenza escludendone le presunte diversità» spiega Elisa Lupano. «Spesso l’emarginazione,
resa con semplici parole o frasi lasciate a metà, è così sottile da non essere percepita nemmeno
dalle insegnanti. Nelle classi più alte, invece, solitamente coesistono due sottogruppi, italiani e
stranieri, non ci sono particolari conflitti ma nemmeno amicizie miste. Ogni comitiva rivendica il
proprio diritto di scegliere le persone con cui rapportarsi, sulla base delle affinità percepite».
A queste due tipologie relazionali se ne aggiunge una terza, senz’altro più auspicabile, basata sul
rispetto e il riconoscimento reciproco, in una dimensione di vero dialogo. «In alcuni casi, al di là
degli stereotipi e delle provenienze territoriali, si riscontrano legami più profondi, fondati sulla
condivisione di interessi comuni, progetti e collaborazionì durature» dice la dirigente, spiegando
che per raggiungere questo stato è fondamentale il lavoro del consiglio di classe, che deve
mostrarsi attento e propositivo.
Un modello da replicare
Proprio in quest’ottica è nato il progetto ‘Verso il Maghreb’, che permette agli studenti di acquisire
nuove conoscenze attraverso la costruzione di rapporti sociali diretti. «Lo scopo ultimo è che tale
sistema educativo diventi un modello per l’espansione di queste dinamiche anche al di fuori dell’ambiente scolastico, nei proprio habitat quotidiano» spiega la professoressa Michelina Facciotto,
coordinatrice del progetto. La nascita di ‘Verso il Maghreb ‘è stata favorita dalla vivacità
interculturale del territorio in cui è ubicato l’istituto Giulio, che fornisce spunti continui per il
confronto e numerose possibilità di interazioni creative tra gli studenti italiani e stranieri.
Una marcia in più alle attività della scuola è arrivata quando, in collaborazione con l’ong Rete e in
risposta a un bando della provincia di Torino, si è dato inizio a un progetto di cooperazione con il
Marocco, in specifico con l’associazione Tamesloht. Si tratta di un’ong nata dieci anni fa nel
comune rurale di Tamesloht, in provincia di Haouz, a 20 km da Marrakech. «La nostra priorità è da
sempre il miglioramento della situazione economico-sociale del nostro comune. Le attività sono
molte: organizziamo classi prescolari, corsi di alfabetizzazione, avvicinamento alla lingua araba e
francese. Valorizziamo le risorse locali come l’artigianato, offriamo formazione per lavorare la
ceramica e i tessuti. Da alcuni anni organizziamo anche le colonie estive, coinvolgendo circa 150
bambini» spiega il presidente dell’associazione, Ahmad Idrissi Bahr. «Naturalmente il tutto
funziona grazie al sostegno dei benefattori e all’impegno dei volontari».
Inversione dì ruoli
In questo contesto si situa la collaborazione tra Tamesloht e l’istituto Giulio: ogni anno vengono
selezionati una quindicina di studenti (per lo più ragazze) che vanno a svolgere uno stage
formativo all’interno dell’associazione marocchina, in particolar modo negli asili. ll primo anno è
stato difficile organizzare tutto, nessuno voleva andare, i ragazzi preferivano la solita gita e le
famiglie erano perplesse» dice Michelina Facciotto Ora invece c’è la coda, e quest’anno abbiamo
avuto più di trenta richieste, tra cui abbiamo dovuto selezionarne solo quindici». Non solo le classi
dell’istituto torinese sono diventate più recettive, ma anche a realtà a Tamesloht e cambiata: Nel
quartiere già ci conoscono, il numero di asili è aumentato ed è cresciuta la richiesta di
collaborazione. Nel 2008 si è fatto anche un interessante esperimento di partecipazione nelle
colonie estive» continua l’insegnante.
Ogni fine anno, per ricordare queste attività e rendere visibile il progetto Maghreb, viene
organizzato un momento d’incontro ufficiale, con tutti gli studenti. Oltre all’esposizione di video e
fotografie dell’esperienza in Marocco, si propongono laboratori di danza maghrebina e decorazioni
di hennè; la festa viene solitamente accompagnata da prodotti marocchini quali tè e dolci a base di
miele e mandorle. »Durante tutto il percorso un grande ruolo è stato ricoperto dalle mediatrici
culturali» spiega ancora la professoressa Facciotto. «Sia durante lo stage, che in città, le ragazze
marocchine sono state di grande aiuto, soprattutto per questioni culturali e linguistiche. Hanno
assunto un ruolo da vere protagoniste, capovolgendo così la situazione standard».