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Africa maghrebina

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Con il termine Maghreb (in berbero: ⵜⵜⵜⵜⵜⵜⵜ, Tamazɣa; in arabo: ‫المغرب‬, al-Maghrib, "luogo del
tramonto") si intende l'area più a ovest del Nordafrica che si affaccia sul mar Mediterraneo e sull'oceano
Atlantico; originariamente riguardava la fascia di terra tra la catena montuosa dell'Atlante e il mar
Mediterraneo (nord della Tunisia, l'Algeria e Marocco); in certe fonti sono incluse anche al-Andalus e
la Sicilia islamica.[1]
Indice

1Etimologia

2Storia

3Geografia
o


3.1Flora e fauna
4Popolazione
o
4.1Demografia
o
4.2Etnie
o
4.3Lingue
o
4.4Religione
o
4.5Emigrazione
5Cultura
o
5.1Architettura

o
5.2Letteratura
o
5.3Musica
o
5.4Gastronomia
o
5.5Abbigliamento
o
5.6Tradizioni


5.6.1Galleria
6Economia
o

5.1.1Galleria
7Note
6.1Economia del mare

8Voci correlate

9Altri progetti

10Collegamenti esterni
Etimologia[modifica | modifica wikitesto]
‫ال م غرب ال عرب ي‬, Maghreb arabo in caratteri arabi.
Il termine Maghreb deriva dall'espressione araba al-Maġrib (‫ )ال م غرب‬che significa il tramonto o l'Occidente,
a causa della posizione di questa regione in relazione al mondo arabo. Il termine si oppone a Mashreq (Il
Levante), vale a dire all'Oriente, che si estende dall'Egitto, all'Iraq e fino alla penisola arabica.[2][3]
Gli arabi avevano inizialmente adottato l'espressione Jezirat Al-Maghrib (Isola d'Occidente), evidenziando
quindi la posizione della regione apparentemente isolata tra un mare e un deserto. Al-Maghrib in arabo
significa anche Marocco; tuttavia, si fa distinzione tra al-Maghrib al-Arabi (letteralmente Il tramonto
arabo, Maghreb arabo) o al-Maghrib al-Kabir (Il grande Maghreb) da al-Maghreb al-Aqsa (il lontano
Occidente, per designare il Marocco).[3]
In passato, questa regione era conosciuta come Libia o come Ifriqiya, quest'ultimo termine esteso poi per
indicare l'intero continente chiamato per l'appunto Africa. Ai tempi del Rinascimento, in Europa, la regione
era conosciuta come Costa berbera (o Barberia).
I geografi arabi suddividevano il Maghreb in tre regioni: il Maghreb al-Aqsa (che coincideva con
l'attuale Marocco), il Maghreb al-Awsaṭ (l'attuale Algeria a ovest di Bugia, in particolare le zone
di Algeri e Orano) e l'Ifriqiya (le attuali Tunisia, Tripolitania e Algeria orientale), detta altrimenti Maghreb alAdnā.
Sebbene la maggior parte dei cronisti e dei geografi arabi medievali circoscrivessero la regione entro i
confini del Nordafrica (comprendendo talvolta anche Egitto e Cirenaica), il geografo arabo alMaqdisi include anche al-Andalus e la Sicilia islamica.[1]
Gli attivisti berberi hanno coniato l'espressione Tamazgha, contestando l'espressione Maghreb sulla base
del fatto che non è il nome originale della regione, ma un termine estraneo usato nella storiografia arabomusulmana.[4]
Storia[modifica | modifica wikitesto]
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Geografia[modifica | modifica wikitesto]
Il Jbel Toubkal, la vetta più alta dei monti dell'Atlante.
Montagne della Tunisia.
Il Deserto Libico.
Geograficamente, il Maghreb è delimitato a nord dal Mar Mediterraneo, a ovest dall'Oceano Atlantico e a
sud dal deserto del Sahara. La regione è attraversata diagonalmente dalle montagne dell'Atlante e dai rilievi
(anch'essi di origine terziaria) che ne costituiscono il naturale prolungamento. La cima principale è data
dal monte Toubkal (4167 m s.l.m.).
Sull'interno si estendono, in rapida successione, numerosi altopiani che delineano una fascia
particolarmente arida con la presenza di territori caratteristici della steppa desertica e priva di possibilità di
sostentare una numerosa popolazione, eccetto che nelle peraltro numerose e confortevoli oasi. Sul lato del
Mediterraneo, il clima sufficientemente temperato favorisce per contro, l'agglomerarsi della popolazione; il
terreno fertile ha contribuito in passato alla creazione di importanti e storiche città.
Il Maghreb si espande su di una superficie di oltre sei milioni di chilometri quadrati con ampie disparità da
un paese all'altro.[5] La regione è delimitata a nord dal Mar Mediterraneo, a ovest dall'Oceano Atlantico e a
sud dal deserto del Sahara. È attraversato dalla catena dell'Atlante per oltre 2000 chilometri.
Da Tobruk a Tangeri, il Maghreb presenta un litorale che si estende per quasi 5000 chilometri lungo il Mar
Mediterraneo e per altri 700 lungo l'Oceano Atlantico tra Tangeri ed Agadir. La costa presenta
caratteristiche desertiche presso la foce del fiume Senegal 1.500 chilometri più a sud.[6]
Flora e fauna[modifica | modifica wikitesto]
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Popolazione[modifica | modifica wikitesto]
Demografia[modifica | modifica wikitesto]
Paronama di Casablanca, centro di una delle più vaste conurbazioni urbane del Maghreb.
La costa di Algeri.
Il Maghreb conta circa oltre 100 milioni di abitanti. La popolazione è distribuita in modo molto
disomogeneo. La più alte densità abitative si riscontrano nelle regioni pianeggianti a nord della catena
montuosa dell'Atlante e sulla costa mediterranea ed atlantica. Le principali agglomerazioni urbane
gravitano intorno ad Algeri, Casablanca, Rabat, Tunisi e Orano.
In trent'anni la popolazione maghrebina è raddoppiata. Tuttavia, la crescita demografica tende a rallentare
a causa del graduale abbassamento del tasso di natalità, fenomeno spiegato dall'efficacia delle politiche di
pianificazione familiare, di una maggiore istruzione tra le donne e di una generale modernizzazione dello
stile di vita.
Negli ultimi due secoli vi è stato un forte esodo dalle zone rurali e montuose verso le città costiere dove i
salari sono più alti e le condizioni di vita migliori.[7] All'inizio del XXI secolo più della metà della popolazione
del Maghreb vive in zone urbane. Forte è l'emigrazione verso l'Europa occidentale.
Etnie[modifica | modifica wikitesto]
Costumi tradizionali del Maghreb.
Gruppi etnici del Maghreb.
Il Maghreb rappresenta una regione eterogenea e variegata dal punto di vista etno-linguistico.
La regione è stata abitata dai tempi più antichi da popolazioni berbere, che costituiscono tuttora segmenti
cospicui della popolazione, in particolare nelle zone montuose dell'Algeria e del Marocco. Significativi
segmenti di popolazione la cui lingua tradizionale è di tipo berbero risiedono anche in Tunisia ed in Libia.
Nel deserto del Sahara è poi diffusa l'etnia berbera tuareg, tradizionalmente nomade.
L'impronta culturale più forte è stata segnata dall'arrivo dell'Islam nel VII secolo, a cui corrispose una
parziale arabizzazione dei principali centri urbani e di alcune delle zone pianeggianti. Ma la diffusione della
lingua araba nelle zone rurali si verificò solo a partire dal basso medioevo, in occasione dell'arrivo delle
tribù dei Banu Hilal.
Vari altri elementi influenzarono il mosaico culturale ed etnico della regione. In particolare si citano i flussi
migratori dei moriscos dalla vicina penisola iberica, alimentati dagli eventi seguenti la Reconquista. Le
comunità moriscos, stabilendosi nelle principali città della costa maghrebina, finirono per costituire l'élite
degli stati barbareschi, stabilendo un ruolo fondamentale nella fondazione delle repubbliche corsare.
L'immigrazione dei moriscos dette un contributo fondamentale al patrimonio culturale della regione, in
particolare nell'ambito musicale, commerciale e culinario. Le famiglie discendenti dei moriscos conservano
tuttora un'identità etnica e culturale separata dal resto della popolazione.
Le scorrerie corsare portarono flussi continui di schiavi europei nelle città costiere, che nel corso del tempi
si mescolarono in buona parte con le popolazioni locali.[8]
Storicamente, il Maghreb ha costituito la residenza di fiorenti comunità ebraiche (indicate nel loro insieme
con l'espressione maghrebim), la cui presenza è antecedente all'arrivo dell'Islam del VII secolo. Queste
comunità sono state poi rinvigorite dall'arrivo di ebrei sefarditi dalla vicina penisola iberica (arrivati insieme
ai moriscos), a partire dal XV secolo, in concomitanza con l'inquisizione. La popolazione ebraica, che intorno
agli anni '50 si aggirava oltre a mezzo milione di individui, ha testimoniato l'esodo di massa dalla regione in
seguito alla decolonizzazione, in particolare verso Israele e Francia. I residui di questa comunità risiedono
oggi maggiormente a Casablanca, a Tunisi e nell'isola di Gerba.
Altra significativa presenza è costituita da comunità di parziale origine turca (definite kouloughlis), eredità
del periodo ottomano. Profondamente mescolatasi con le popolazioni locali, la comunità koulougli
conserva in parte il rito hanafita a differenza della maggioranza malikita.
Popolazioni di origine sub-sahariana raggiunsero il Maghreb nell'ambito della tratta araba degli
schiavi attraverso le vie commerciali trans-sahariane. Tra queste popolazioni si citano i haratin, diffusi nelle
oasi in prossimità del Sahara, e i gnawa.
In Algeria, una vasta comunità di origine europea, conosciuta come pieds-noirs, immigrò nella regione,
stabilendovisi in concomitanza con il periodo coloniale francese a partire dalla prima metà del XIX secolo.
La comunità pieds-noirs, diffondendosi nelle grandi città dell'Algeria, si costituì come élite socio-economica.
La maggioranza di questi emigrò in massa verso la Francia in seguito all'indipendenza del paese nel 1962.
Lingue[modifica | modifica wikitesto]
Mappa linguistica del Marocco.
Segnale di benvenuto trilingue in Algeria.
La lingua diffusa maggiormente è quella araba, parlata in varie forme, tra le quali si distinguono due
categorie: da una parte i dialetti pre-hilaliani, diffusi maggiormente in alcune zone montuose e nei centri
storici delle principali città. Dall'altra, i dialetti hilaliani, formatisi in seguito all'immigrazione delle tribù
beduine dei Banu Hilal (da cui l'origine della denominazione). Questi ultimi hanno costituito la base delle
koinè formatesi nel corso del XX secolo e che costituiscono oggigiorno gli idiomi maggiormente utilizzati
nella comunicazione orale e nei mass-media, nonché come lingua franca. L'arabo classico
e standard rivestono esclusivamente il ruolo di lingua scritta.[9]
Sono poi diffuse le varianti del berbero, la cui area è costituita principalmente da zone montuose (in
particolare i monti dell'Atlante e del Rif). Dopo decenni di lotte e di rivendicazioni, le prime forme
standardizzate del berbero hanno ottenuto un riconoscimento come lingua ufficiale in Marocco e
in Algeria (rispettivamente nel 2011 e nel 2016). Le principali varietà del berbero sono il chleuh, il cabilo,
il rifiano, il tamazigh del Marocco centrale e il chaoui. Per la trascrizione del berbero vengono adoperati
l'alfabeto latino, l'alfabeto neo-tifinagh ed in misura minore quello arabo.
Significativa è la presenza della lingua francese, lascito del periodo coloniale e che tuttora è parlata come
seconda lingua da una vasta fetta della popolazione maghrebina, in particolare delle classi più istruite. Pur
non rivestendo al giorno d'oggi il ruolo di lingua ufficiale in nessuno dei paesi della regione, la lingua
francese è stata prevalente negli ultimi due secoli nell'ambito commerciale, culturale ed amministrativo.
Nel corso del XX secolo, i governi maghrebini hanno promosso massicce campagne di arabizzazione nel
campo della burocrazia e dll'istruzione, che portarono a marginalizzare il berbero, ma che non ebbero
effetti sulla posizione privilegiata della lingua francese. Oggi, il Marocco, la Tunisia e la Mauritania sono
membri dell'Organizzazione internazionale della francofonia.
Sono poi diffuse lingue minoritarie, come lo haketia, parlato storicamente dalle comunità ebraiche
sefardite a Tetouan, Tangeri e Orano e lo spagnolo. A Tabelbala, in Algeria, è parlata la lingua korandje.
Si cita infine la lingua romanza d'Africa, evolutasi dalla lingua latina introdotta in seguito alle guerre
puniche ed estintasi tra il basso medioevo e il XVIII secolo.
Religione[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Credenze berbere, Cristianesimo in Nordafrica e Storia degli ebrei
nel Maghreb.
La tomba di un marabutto nella campagna marocchina nel 1985.
Due sorelle cristiane in Cabilia, Algeria.
La nascita di Gesù in un catechismo in lingua berbera (Amat 1920).
Interno della sinagoga El Ghriba, una delle più antiche al mondo.
Localizzazione delle principali comunità ebraiche del Maghreb nel XX secolo.
Nei tempi antichi, le credenze dei popoli del Maghreb sembrano[10] essere strutturate come culti dedicati
alla fertilità, con un pantheon prettamente matriarcale.
La regione del Maghreb visse poi una graduale inclusione nel mondo classico, testimoniando una profonda
colonizzazione delle zone costiere prima da parte dei Fenici, poi dai Greci e successivamente da parte
del mondo romano. Nel II secolo a.C., l'area divenne un centro del Cristianesimo di lingua punica. La
regione dette i natali a importantissime figure per la cristianità tra le quali si citano Tertulliano, i martiri
scillitani, Perpetua e Felicita, San Cipriano di Cartagine, Santa Monica, suo figlio Sant'Agostino
d'Ippona, Santa Giulia di Corsica, nonché tre papi (Papa Gelasio I, Papa Milziade e Papa Vittore I).
Il Cristianesimo, che nei momenti di massimo splendore era diffuso in tutta la regione (nei concili africani si
contavano centinaia di vescovi), cominciò rapidamente a decadere con la conquista araba, verso la fine
del VII secolo. Ma numerose comunità cristiane continuarono ad esistere per diversi secoli, almeno fino alla
fine dell'XI secolo, sparse in tutto il Maghreb, in particolare in Tripolitania,
a Kairouan, Mahdia, Tunisi, Bugia, Qal'a dei Banu Hammad, Tiaret, Tlemcen, Ceuta e Fez. Ancora all'epoca
di Gregorio VII esistevano due vescovi africani con cui il papa corrispondeva in latino.
La religione più diffusa oggigiorno è l'Islam sunnita praticato secondo il rito malikita. In alcune moschee
dell'Algeria e della Tunisia è praticato il rito hanafita, lascito del periodo ottomano.[11] In parte dell'isola
di Gerba, a Zuara, nel Gebel Nefusa e nella valle dello Mzab, l'Islam è praticato nella forma ibadita, residuo
di una più vasta tradizione kharigita di epoca medievale.
L'Islam nel Maghreb ha accolto vari elementi delle tradizioni locali pre-islamiche, espressi nella
tradizione marabuttica e nel Sufismo. La tradizionale venerazione dei marabutti e delle loro tombe si
consolidò fin dai tempi più antichi in tutta l'Africa nord-occidentale. Queste pratiche furono condivise in
buona parte anche dalle locali comunità ebraiche. Una rete di zawiya permise nei secoli scorsi una parziale
alfabetizzazione, nonché la conoscenza della religione islamica nelle zone rurali ed in quelle più isolate,
oltre a costituire importanti centri della vita sociale. Tra le principali confraternite islamiche diffuse nella
regione si citano la Rahmaniya, la Qadiriyya, la Shadhiliyya e la Nasiriyya.
Forte fino al XX secolo la presenza della religione ebraica, praticata secondo il rito sefardita diffuso
dai rifugiati di Al-Andalus. L'isola di Gerba è sede della sinagoga El Ghriba, una delle più antiche al mondo.
Oggi, i residui di questa comunità, che nel secolo scorso contava oltre mezzo milione di individui, risiedono
maggiormente a Casablanca, a Tunisi e nell'isola di Gerba.
In epoca moderna, il cristianesimo fu reintrodotto in epoca coloniale sia per opera dei missionari (in
particolare si citano i Padri Bianchi), che degli immigrati provenienti dalla vicina Europa, che formarono ai
tempi delle presenza coloniale francese comunità molto vaste, che furono identificate con l'espressione
"pieds-noirs". Un certo numero di conversioni si sono registrate sia in epoca coloniale sia in tempi più
recenti e le comunità di cristiani in Maghreb sono oggi piuttosto numerose, anche se un clima poco
tollerante le costringe ad una estrema discrezione.
I vescovi cattolici locali si riuniscono nella Conferenza episcopale regionale del Nordafrica. Nel 1972 è stata
fondata la Chiesa protestante d'Algeria (EPA).
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