Titolo rubrica: Parliamone… Il futuro della delocalizzazione delle aziende italiane non sarà nell’Europa dell’Est, ma in Africa Lo confermano i contatti e i numeri. Il futuro della delocalizzazione delle aziende italiane non sarà più nell’Europa dell’Est, bensì nel Nord dell’Africa. Alcune aziende tessili italiane che hanno delocalizzato in Romania (prossima ad entrare nell’Unione Europea, con gli annessi e i connessi che ciò comporta), si stanno già organizzando per spostarsi in Tunisia o in Marocco. Dieci anni fa la parte alta dell’Africa era praticamente assente dalle trattative di business, da qualche tempo hanno cominciato a richiederle e il trend è in crescita. A confermare questo maggiore interesse da parte delle aziende italiane arrivano anche le cifre dell’interscambio: circa 36 miliardi di euro, che scendono a 19 se si sottrae la quota degli idrocarburi. Tanto per capirci, questa cifra rappresenta più dell’interscambio con India e Cina messi assieme. L’impegno degli industriali italiani va sempre di più verso l’integrazione tra il nostro Paese e quelli del Mediterraneo. Lo dimostra anche la decisione di Confindustria di aderire all’Umce, l’associazione delle Confindustrie del Mediterraneo. In questo senso, Confindustria Italia ha fatto da apripista in Europa. Probabilmente verrà seguita nell’immediato da Grecia, Francia e Spagna. Un forum economico del Mediterraneo, svoltosi nello scorso mese di febbraio a Palermo, ha richiamato interesse e partecipanti: 650 aziende coinvolte, 2.750 incontri faccia a faccia tra imprenditori delle due sponde del Mediterraneo: in discussione joint venture o forniture. Erano presenti anche una decina di rappresentanti del mondo finanziario e imprenditoriale libico, nonostante le tensioni degli ultimi mesi tra Italia e Libia. Da questo punto di vista, non ci sono ripercussioni: nel 2005 sono arrivate in Libia 6 piccole e medie aziende italiane, che si aggiungono alle grandi già presenti. Inoltre, a fine 2005 l’interscambio tra Italia e Libia aveva raggiunto un picco di 9,9 miliardi di euro, contro i 7,7 del 2004. Attorno agli imprenditori, si sta muovendo anche il sistema bancario: sono 16, infatti, le banche interessate al processo di espansione nei cosiddetti Paesi Meda, vale a dire Algeria, Autorità palestinese, Cipro, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Libia, Malta, Marocco, Siria, Tunisia e Turchia. Insomma, in questo momento sono soprattutto le aziende a lavorare per l’integrazione economica tra Europa e Paesi del Mediterraneo. Una mobilitazione che farà leva sul settore privato e sulla creazione di un’economia di mercato funzionante, sulla diversificazione nei settori non-oil e sull’apertura alla competizione internazionale. Alessandro Boso