DESCRIZIONE DELL’ESPERIENZA In questo circuito si simula un sistema di sorveglianza a distanza che consente di monitorare su un pannello luminoso gli stati di 8 ingressi che rappresentano altrettanti sensori di allarme posti nei punti da sorvegliare.Sono stati realizzati due circuiti: Rilevatore di fiamma e Rilevatore di fumo che rappresentano i sensori del nostro sistema di allarme. SCHEMA ELETTRICO Introduzione teorica Il circuito realizzato è essenzialmente costituito dai seguenti blocchi: Acquisizione dati sensori Generatore di impulsi clock (astabile) Dmx Mux Interfacce di uscita Contatore binario a Modulo 8 Si parte ora ad analizzare il controllo del sistema di sorveglianza che spetta essenzialmente al MULTIPLEXER e al DEMULTIPLEXER.Gli ingressi 1 ÷ 8 rappresentano i sensori del sistema di allarme e sono costituiti da altrettanti interruttori normalmente aperti che vengono applicati agli ingressi E0 ÷ E7 del MULTIPLEXER 74LS150.Sono collegati in modo da fornire un livello alto quando sono aperti(OFF) ed un livello basso quando sono chiusi(ON).Si assume come stato di allarme la posizione ON e quindi il livello logico 0 sugli ingressi. Dalle specifiche fornite dal costruttore del MUX si evince che gli ingressi a disposizione sono 16 con un controllo di 4 selettori(A,B,C,D);per tanto dovendo utilizzare solamente otto degli ingressi, il selettore del bit più significativo (D) è stato posto a massa. Il pannello di controllo è costituito da 8 LED collegati alle uscite del DEMUX 74LS154 , attive a livello alto. Nel DEMUX (come nel MUX) volendo visualizzare solamente otto degli ingressi, il selettore del bit più significativo (D) è stato posto a massa.Gli ingressi di selezione de MUX e del DEMUX vengono fatte scorrere sequenzialmente dal contatore modulo 8 realizzato con l’integrato 74LS93.L’ingresso del contatore è comandato da un generatore di clock con frequenza di circa …….. realizzato con due porte trigger.Il clock fa scorrere sequenzialmente le otto combinazioni del contatore,per ognuna di queste viene riportato sull’uscita negata del multiplexer lo stato dell’ingressso selezionato.Il demultiplexer, come indicato nella tabella di verità nel DATA SHEET (vedi fonti)presenterà livello alto sull’uscita selezionata (LED spento) quando è presente un livello alto sull’ingresso G1 (negato), e se l’altro ingresso G2 (negato) è posto a massa . In conclusione quindi si verifica che,in presenza di un livello 0 su uno degli ingressi, questo viene invertito dal MUX e diventa livello logico 1 che applicato all’ingresso del DEMUX ,provocherà un livello logico “1” e lo spegnimento del led corrispondente,segnalando così lo stato di anomalia presente sull’ingresso selezionato. RILEVATORE DI FIAMMA Il circuito realizzato mi permette tramite una resistenza NTC di rilevare la presenza di calore segnalando tale anomalia in un sistema di sorveglianza. SCHEMA A BLOCCHI SCHEMA ELETTRICO Realizzazione pratica INSEGUITORE Adattatore di impedenza, serve a separare l’ingresso dall’uscita. La tensione presente sull’ingresso +,che cambia a seconda della temperatura presene sulla termoresistenza , è uguale alla tensione in uscita (V). AMPLIFICATORE NON INVERTENTE Il segnale presente in uscita sarà di ugual segno del segnale di ingresso poiché entra nel morsetto non invertente(+).Serve ad amplificare quel tanto per poter effettuare la comparazione di isteresi. COMPARATORE DI ISTERESI INVERTENTE CON TENSIONE DI RIFERIMENTO(6VR). Il comparatore di isteresi (Trigger di Schmit)è un operazionale con reazione positiva e pone rimedio ai problemi di un semplice comparatore di soglia creando una zona di insensibilità detta isteresi (VH),compresa tra due soglie di intervento VRL(tensione di soglia inferiore) e VRH(tensione di soglia superiore) Il nostro sistema di rilevamento di calore fornisce un segnale sotto forma di tensione.Quando il livello raggiunto equivale a una tensione di 5.5V (VRH) deve scattare l’allarme,sfruttando la commutazione tra i due livelli di uscita di un comparatore.Il segnale fornito dal trasduttore NTC varia lentamente.In aggiunta a ciò è stato tenuto conto di un rumore con ampiezza MAX di 2V.Nel dimensionare il comparatore troveremo il valore di VR,R1,R2. DIMENSIONAMENTO CIRCUITO Valore misurato della Resistenza NTC Ta (tenperatura ambiante) Tf (temperatura fuoco) 490 K? 422 K? AMBIENTE FIAMMA AMPLIFICAZIONE DELL’ A.O. NON INVERTENTE CALCOLO DELLA TENSIONE IN USCITA DELL’ A.O NON INVERTENTE AMBIENTE V2= V2+ * Av = 3.33 * 1.39 = 4.6 V FIAMMA V2= V2+ * Av = 3.76 * 1.39 = 5.24V COMPARATORE DI ISTERESI Si fissa la Resistenza R1 = 10 KΩ VH=2V; VRH=5V Calcolo della seguente formula R2 R2 = 0.09* (R1 + R2) R2 =0.09*R1 + 0.09*R2 R2-0.09*R2 = 0.09*R1 0.91*R2 = 0.09*R1 Se VRH = 5V calcolo VR con la seguente formula: 5=11*0.09 + VR* 0.9 5-0.99 = VR* 0.9 4= VR* 0.9 RILEVATORE DI FUMO Il circuito realizzato mi permette tramite una fotoresistenza di rilevare la presenza di fumo(resistenza completamente coperta)segnalando tale anomalia in un sistema di sorveglianza. La fotoresistenza è inserita in una tipica struttura a ponte all’ingresso di un comparatore che esegue il confronto tra i due valori di tensione,uno dei quali dipende dalla fotoresistenza.La tensione di riferimento del comparatore è fissato dal partitore R6 R7 ed è applicata all’ingresso non invertente del comparatore(alimentato con una tensione singola) . Il segnale prelevato ai capi della resistenza R5, inserita nel ramo della LDR , è applicato all’ingresso invertente.Allorchè la fotoresistenza viene coperta dal fumo , prevale l’ingresso non invertente mandando in saturazione positiva l’uscita V4.Essa viene applicata all’ingesso del comparatore di isteresi che supera la tensione di riferimento V2+(VRH =8.5 V) mandano in saturazione negativa l’uscita V5. SCHEMA A BLOCCHI SCHEMA ELETTRICO REALIZZAZIONE PRATICA Comparatore di soglia Il comparatore è un circuito non lineare che opera un confronto tra la tensione di ingresso ed una tensione di iferimento.Le uscite del comparatore indica quali delle due tensioni prevale. I livelli della tensione di uscita sono prossimi alla tensione di alimentazione(+11V -11V). DIMENSIONAMENTO Valore misurato della Fotoresistenza LDR LUCE FUMO 500 ? 3 K? COMPARATORE DI SOGLIA LUCE FUMO COMPARTORE DI ISTERESI Si fissa R8 = 10 KΩ VH= 1,1 V VRH=8,5 V Si calcola R2 1,1(R8+R9)=2,2*R8 ; 1,1*R8 + 1,1* R9= 2,2* R8 ; 1,1 *R9 = 2,2 *R8 -1,1* R8; 1,1 R9 = 1,1 R8 quindi R8=R9 R9=10 KΩ CALCOLO VR DALLA SEGUENTE FORMULA 8.5 =11* 0.5 + VR * 0.5 8.5*(11*0.5)=Vr*0,5 ; 3,3 = Vr*0,5 VR = 3/0.5 = 6 V GENERATORE DI IMPULSI DI CLOCK (ASTABILE CON PORTE LOGICHE A TRIGGER DI SCHMITT) Questo circuito(oscillatore) è stato realizzato con lo scopo di fornire un onda rettangolare (Clock) al contatore.Sono state utilizzate porte logiche con isteresi caratterizzate dall’avere due soglie di commutazione indicate con VTL e VTH. Il segnale di ingresso è riconosciuto basso se è di valore inferiore a VTL mentre è riconosciuto alto se è superiore a VTH. Se il valore della tensione di soglia è compresa tra VTL e VTH, il livello logico di uscita conserva lo stato precedente. SCHEMA ELETTRICO SIMULAZIONE CON EWB DIMENSIONAMENTO dati Min 1.5V 0.6V VTH VTL Max 2.0V 1.1V Per i dispositivi TTL/LS,si scelgono tali soglie: VTL= 0,9V VTH=1.8V La frequenza può essere calcolata con buona approssimazione con la relazione: f = 0,8/RC = 0,8 /470 47μF = 36 Hz Per questo circuito risulta critico il valore della resistenza : deve essere inferiore a 500 ohm per le porte TTL standard e inferiore a 2Kohm per TTL/LS. Il limite imposto al valore di R rende problematico l’uso di questo circuito per frequenze basse. Tabella riassuntiva dei risultati ottenuti RILEVATORE DI FIAMMA Risultati ottenuti VREALI amb REALI Fuo SIMUL fuo SIMUL amb TEORI fuo V+ 4,16 4,6 3,584V 3,219V 3,76V V 4,1 6 3,584V 3,219V 3,76V 4,16 6 3,584V 3,219V 3,76V V24,15 8,67 3,583V 3,219V / V2+ 4,15 8,7 3,584V 3,219V 3,76V V2 5,35 9 5,129V 4,607V 5,22V V35,35 8 5,129V 4,607V 5,22V V3+ 5,99 5,94 4,938V 5,055V 5V RILEVATORE DI FUMO Risultati ottenuti - Reali luce Reali fumo Simul luce Simul fumo Teoric luce V4 8,38V 2,5V 9,7V 5V 8,96V + V4 6,02V 6,02V 5,99V 5,99V 5,5V V4 1,94V 11,5V 0V 11,12V 0V V51,94V 11,5V 0V 11,12V 0V V5+ 5,53V 2,63V 10,51V 2,61V 8,5V V5 5,07V 0V 11,12V 0V 5,1V V3 5,18 0 0 11,12V 0 Fonti Le nozioni qui in oggetto sono stati reperiti da materiale fornitovi dagli insegnanti delle materie tecniche professionali del corso Tecnico delle Industrie elettroniche(SEZ 5T) dell’istituto I.P.S.I.A A.CASTIGLIANO(AT) e dai seguenti libri di testo e siti internet: Tecnica professionale Elettronica-Editore Hoepli Data Book-Texas Instruments TTL Esercizi per la preparazione dell’Esame di Stato-Editore Loescher Esercitazioni pratiche-Editore Jakson libri http://it.wikipedia.org/wiki/Multiplexer#Demultiplexer http://it.wikipedia.org/wiki/Amplificatore_operazionale#Comparatore_con_isteresi INTEGRATI UTILIZZATI SN74LS14(Trigger di Schmitt) DM74154(DEMUX) Tabella Circuito logico DM74150(MUX) MULTIPLEXER (selettore) Un multiplexer (MUX) è un selettore, con più ingressi di segnale e una sola uscita, capace di inviare a questa uscita il segnale presente all'ingresso selezionato. Sotto viene schematizzato il funzionamento del MUX a quattro ingressi e la rappresentazione logica. Un esempio di MUX integrato a 16 ingressi di segnale è il 54/74150; Si noti che l'uscita fornisce il valore complementato degli ingressi, l'ingresso di enable, è attivo basso e gli ingressi e di selezione sono 4. Controllando anche gli altri MUX si noti in particolare l'esistenza di enable, che agiscono sull'uscita 3-state. Un esempio di questo genere si ha nel 4512B che è un,MUX a 8 ingressi di segnale , dove esiste un ingresso di disabilitazione , 3-state che se posto a livello alto impone l'uscita ad alta impedenza, esiste però anche un ingresso di inibizione che se posto a livello alto impone l'uscita a livello basso (tra questi due ingressi è vincente quello 3-state). Qualora non avessimo a disposizione un multiplexer con un sufficiente numero di ingressi di segnale si può applicare la tecnica mostrata nella figura sottostante . Questo circuito si riferisce al caso di un MUX a 32 ingressi ottenibile da due 16 e uno a 2. Si hanno in particolare 5 ingressi di selezione: i primi quattro SO, S l , S2, S3 selezionano contemporaneamente un ingresso dei MUX l e 2, l'ingresso S4 agisce sul MUX 3 selezionando O l se vale O e 02 se vale l. Il multiplexer 3 è realizzabile con le normali porte logiche, ma è anche reperibile in forma integrata (es. 74/157 e 158). In una trasmissione a distanza a più bit può risultare sconveniente trasmettere le singole parole a n bit usando n linee di trasmissioni distinte. Una soluzione alternativa, che comunque rallenta la velocità di trasmissione dell'informazione , è quella di inviare su un'unica linea gli n bit in sequenza uno dopo l'altro. Si effettua cioè una conversione parallelo serie del segnale binario, naturalmente in arrivo al sistema di trasmissione si deve poi procedere alla conversione inversa serie parallelo. USO DEL MULTIPLEXER PER REALIZZARE RETI COMBINATORIE Sebbene il multiplexer sia un circuito combinatorio che svolge una ben definita funzione logica è utilizzabile anche per realizzare una generica rete combinatoria. Immaginiamo di dover, per esempio, realizzare la rete combinatoria sotto riportata. Potremmo procedere alla minimizzazione, usando i criteri già noti, e arriveremmo a una soluzione con IC SSI. In alternativa possiamo usare un MUX a 16 ingressi di segnale come riportato qui in figura. Si usano come ingressi della rete combinatoria quelli di selezione e quelli di ingresso vengono collegati a O a l in relazione a cosa prevede la tabella della verità. Come chiarimento di questa osservazione basta estendere al caso a 16 ingressi la funzione logica già considerata per il MUX precedente. Come si vede, sono i valori 0 o 1 assegnati agli ingressi I a definire, per ogni combinazione S3S2S1S0, il valore in uscita. Un'altra soluzione, facente uso del MUX, è 1 seguente. Si realizza la mappa corrispondente alla tabella della verità e la si divide in sottomappe, in modo che ognuna di queste, passando da una casella all'altra, cambi solo una variabile . Si realizza poi una tabella della verità considerando le uscite, corrispondenti alle singole sottomappe. rispetto alle variabili in ingresso che variano. Si noti in particolare che qualora l'uscita vari, passando da una casella all'altra della stessa sottomappa, la si interpreta in funzione della variabile eliminata (nel nostro caso D). Da questa tabella è facile ricavare il circuito finale che richiede in questo caso l'uso di un MUX a 8 ingressi di segnale e di un NOT. Qualora il NOT sia recuperabile da un integrato parzialmente utilizzato. questa soluzione risulta migliore della precedente. Effettuando sottomappe di quattro caselle l'una è possibile usare un MUX a 4 ingressi e di segnale, ma con l'aggiunta di altre porte esterne anche questa soluzione può risultare conveniente qualora le porte siano reperibili da integrati parzialmente utilizzati. Tecniche di multiplexing Le tecniche più utilizzate per ottenere il multiplexing di più canali sono la multiplazione a divisione di tempo (Time Division Multiplexing TDM) e a divisione di frequenza (Frequency Division Multiplexing FDM). Per trasmissioni digitali invece si utilizza TDMA (Time Division Multiple Access), FDMA (Frequency Division Multiple Access) e il CDMA (Code Division Multiple Access). In una tipica applicazione telefonica, con multiplexing a divisione di tempo sullo stesso mezzo vengono trasmessi a intervalli regolari di tempo segnali di 8 canali diversi. Tipicamente si tratta di un MUX che trasmette 8 chiamate contemporaneamente sullo stesso doppino, elevando la banda del segnale analogico da 56 kbit/sec. a 560 kbit/sec. Nei primi 2 secondi vengono trasmessi i primi 2 secondi di conversazione della prima chiamata, nel terzo e quarto secondo due secondi della seconda chiamata, etc. I primi 2 utenti collegati non sentiranno niente dal terzo al 16esimo secondo, il tempo necessario perché siano trasmessi tutti gli altri 7 canali e il doppino torni a trasmettere la loro conversazione. Analogo ritardo per gli altri, 14 secondi di attesa per ognuno degli 8 canali di comunicazione. Una latenza simile sarebbe inacettabile; perciò il tempo di latenza è portato a 2 millisecondi, in modo che l'utente percepisca una conversazione continua. Il gestore invece di posare 8 doppini dedicati, ne posa uno per tutti risparmiando quasi 10 volte sui costi di cablaggio. Nel multiplexing a divisione di frequenza si utilizzano 10 frequenze diverse in modo che la portante conduca delle sottoportanti, ossia dove transita un segnale ne transitano 10 con frequenze abbastanza distanti da non interferire. Tipicamente, il DSLAM eleva di 10 volte la banda disponibile su un doppino. Abbinandosi a segnale digitale, la banda del doppino è 64 kbit/sec e cresce fino a 640 Kbit/sec, il taglio minimo a cui è disponibile ADSL. In questo caso, il gestore poserà 10 doppini per 10 utenze, con costi di cablaggio molto più alti. Sarà l'utente a beneficiare di una banda 10 volte maggiore. Nelle comunicazioni un demultiplexer è il dispositivo complementare del multiplexer, che in ricezione permette di separare e ricostituire i canali trasmissivi originari. DEMULTIPLEXER Un demultiplexer (DEMUX) svolge una funzione logica inversa del multiplexer, cioè è un circuito capace di inviare segnali provenienti da un unica sorgente a più destinazioni. Qui sotto è mostrata un’ analogia meccanica in cui, variando la posizione del deviatore, si seleziona una fra le varie uscite disponibili. Usando insieme un selettore e un distributore si può fare in modo che una sola linea possa servire alla trasmissione di più segnali diversi. L'unico inconveniente è che i segnali devono essere inviati uno alla volta con una successione prestabilita. Naturalmente la scelta dell'uscita avviene tramite m ingressi di selezione con 2m= n. Qui sorto è schematizzato il comportamento del DEMUX ed è riportata la sua schematizzazione logica, nel caso di quattro uscite di segnali ed enable attivo basso. Successivamente, invece, è riportata una possibile soluzione circuitale nel caso di due uscite. Un esempio di demultiplexer è il 54/74154. Dalla sua tabella della verità si ricava che, oltre alle 16 uscite, sono presenti quattro ingressi di selezione A-BC-D e due ingressi G 1 e G2, che si possono considerare come degli enable attivi bassi. Se uno di questi o entrambi sono alti le uscite sono tutte alte, se entrambi sono bassi si ha l'uscita selezionata bassa e tutte le altre alte. In pratica G 1 e G2, indifferentemente uno dall'altro, vengono scelti uno come entrata e l'altro come enable; se ad esempio si usa G l come entrata e G2 come enable, posto G2 = L l'uscita selezionata assume il valore di G l. Anche in questo caso, così come nel paragrafo precedente, l'interruttore meccanico può essere sostituito da un dispositivo elettronico digitale che risulta piÙ veloce, meno ingombrante e più affidabile. Analogamente al MUX, che usava una codifica binaria per selezionare una fra le varie uscite. Il numero delle uscite direttamente selezionabili dipende dal numero degli ingressi di selezione o di indirizzo ed infatti nell'SN 74154 che ha quattro ingressi di indirizzo, si può distribuire l'informazione ad una qualsiasi delle sedici diverse uscite. In relazione alle applicazioni dei decodificatori, selettori e distributori è utile porre in evidenza che: a) qualsiasi decodificatore può essere utilizzato come demultiplexer; b) qualsiasi demultiplexer può essere utilizzato come generatore di funzioni; c) qualsiasi demultiplexer può essere utilizzato per generare forme canoniche di somme e prodotti. Introduzione generale sui trasduttori Trasduttori nella catena di aquisizione. Classificazione . Attivi. Passivi. Analogici. Digitali. Classificazione in base a caratteristiche fisiche. Introduzione Cos'e' un trasduttore: .e' un dispositivo in grado di trasformare (trasdurre) le variazioni di una grandezza fisica non elettrica in una corrispondenti variazioni di una grandezza elettrica.E' un dispositivo che viene eccitato dall'energia proveniente da un particolare sistema e fornisce energia, solitamente sotto una diversa forma, ad un altro sistema. A cosa serve un trasduttore: .i trasduttori vengono collegati con sistemi elettrici per fornire segnali elettrici indicativi dello stato del fenomeno percepito. Essi, quindi, consentono di misurare e controllare, per mezzo di apparecchiature elettroniche, le variazioni subite da grandezze fisiche di natura diversa quali, ad esempio, la velocita' la temperatura, la pressione... Il trasduttore nella catena di acquisizione dati . La catena di acquisizione dati puo' essere schematicamente rappresentata da quattro grandi blocchi logici nel seguente ordine: trasduzione,filtraggio ,condizionamento, e, conversione. Evidentemente, dalle caratteristiche di uscita del primo blocco dipende sia la circuiteria di filtraggio sia quella di condizionamento che adatta il segnale analogico alle caratteristiche d'ingresso del convertitore. Per quanto concerne le realizzazioni pratiche bisogna porre molta attenzione alle condizioni di lavoro del trasduttore. A questo scopo e' bene leggere attentamente le documentazioni fornite assieme ai diversi prodotti. Queste specificano sempre sia le caratteristiche generali del trasduttore sia i suoi limiti fisici e le migliori condizioni ambientali di lavoro. A questo proposito e' bene leggere la pagina titolata,Caratteristiche fisiche. Classificazione Attivi Un trasduttore attivo e' un dispositivo di trasduzione che deriva tutta "l'energia" in uscita, se ne emette, dal fenomeno fisico di ingresso. Questo tipo di trasduttore, dunque, non necessita di alcuna alimentazione. Per essi, pero', esiste un grosso vincolo: la forma del segnale in uscita, e la quantita' di energia emessa, e' limitata dalla quantita' di energia disponibile nel fenomeno trasdotto e dalla efficienza della conversione. Passivi Un trasduttore attivo e' un dispositivo dotato di un ingresso fisico, di un segnale elettrico in uscita e di un ingresso elettrico di eccitazione (un'alimentazione). La loro efficienza puo' essere migliorata combinando diversi metalli e le caratteristiche d'uscita sono "garantite" dall'alimentazione. Inoltre, la loro struttura e' semplice, la loro affidabilita' elevata e la loro sensibilita' puo' essere regolata, variata, utilizzando serie di giunzioni metalliche. Analogici Per trasduttore analogico si intende qualsiasi dispositivo di trasduzione che presenti un segnale di uscita che puo' assumere piu' di due valori (livelli). Esempio: .se il segnale d'uscita di un dispositivo puo' assumere tre diversi livelli di tensione allora questo dispositivo si dice analogico. Digitali Per trasduttore digitale si intende qualsiasi dispositivo di trasduzione che presenti un segnale di uscita che puo' assumere solo due valori (livelli). Esempio: .se il segnale di uscita di un dispositivo puo' assumere solo due livelli di tensione allora questo dispositivo si dice digitale. Classificazione in base a caratteristiche fisiche capacitivi:sfruttano la variazione della capacita' di un condensatore; elettroacustici:convertono segnali sonori in grandezze elettriche; elettrodinamici:si basano sul pricipio della forza elettromotrice per misurare velocita' (solitamente); elettromagnetici usano il principio dell'induttanza elettrica per rilevare angoli di rotazione; magnetostritivi:si fondano sul principio della permeabilita'; piezoelettrici : usano l'originarsi di una polarizzazione elettrica su facce opposte di cristalli sottoposti a sollecitazioni (stress) fisiche; resistivi : si basano sul principio .che la resistenza offerta da un materiale e' proporzionale alla sua lunghezza. TEORIA DEI TRASDUTTORI Introduzione generale Composizione della fibra ottica Tipi di fibre di vetro Introduzione generale I concetti che spiegano la conduzione luminosa all'interno della fibra di vetro sono: la distorsione della luce e la nella materia piu' sottile. Composizione della fibra Tipi di fibre di vetro Per quanto riguarda le fibre di vetro si puo' effettuare una distinzione tra tre diversi tipi: Con indice a gradini; Con indice a gradienti; Monomode Queste tre "categorie" si distinguono tra loro per: 1)indice di rifrazione 2)attenuazione e costo. Fibre con indice a gradini Esse convogliano la luce sul mantello secondo il principio dell'apertura numerica. L'attenuazione del segnale varia tra 250 e 500 db/Km. Vengono impiegate con sensori fotoelettrici per trasporti a brevi distanze, circa 10 m. Fibre con indice a gradienti Conducono la luce in modo simile ad una funzione sinusoidale. Diversi strati sottili con indice di rifrazione decrescenti vengono "smorzati" dal centro verso la periferia. L'attenuazione e' di circa 5 - 50 db/Km. Sono impiegate per trasporti fino a diverse centinaia di metri. Fibre monomode Sono le fibre maggiormente utilizzate per la comunicazione a distanza. Il nucleo e' molto sottile (2 - 10 micro millimetri) di diametro. IL mantello di protezione e', invece, molto spesso: da 100 a 1000 micro millimetri. La luce, all'interno di queste fibre, scorre praticamente in modo lineare, lungo l'asse della fibra stessa. L'attenuazione e' di circa 0.5 - 5 db/Km. Queste particolari fibre vengono utilizzate per comunicazioni a grande distanza. Il rapporto fra il prezzo delle varie fibre e' il seguente: APPLICAZIONE DEI TRASDUTTORI Trasduttori di temperatura Sensori a semiconduttore Alcune soluzioni pratiche a mercurio Termocoppie RTD Termistori Trasduttori di forza Trasduttori di pressione Reostati e potenziometri Piezoelettrici Trasduttori di flusso Trasduttori di livello Trasduttori di umidità Trasduttori di temperatura Prefazione La temperatura e', probabilmente, uno dei parametri fisici che meglio indica lo stato di un sitema. Infatti, e' noto che la relazione tra processi chimici o fisici e variazione di temperatura e' molto stretta. In questo modo, dunque, conoscendo il legame tra temperatura e grandezza da rilevare risulta molto semplice ottenere una misura della grandezza interessata. Sensori a semiconduttore I sensori a semiconduttori basano il loro funzionamento su dispositivi al silicio sensibili alla temperatura. Sono economici e disponibile in un gran numero di forme. Le tre principali categorie sono:"bulk resistor" (resistenze pesanti); diodi; circuiti integrati. La forma piu' semplice per i sensori di temperatura e' quella di piccoli pezzi di silicio pesante. La variazione media della resistenza e' dell'ordine dello 0.7% per grado centigrado e la linearita' e' di circa 0.5% per le temperature tra i -65º C ed i 200º C. La resitenza nominale varia tra 10 e 10.000 ohm con tolleranze tra 1% e 20%. La potenza massima e di 1/4 di Watt. Per quanto riguarda i sensori a giunzione la differenza di potenziale e' dell'ordine di 2.2 mV per grado centigrado. Gli elementi piu' noti sono i diodi che vengono utilizzati sia singolarmente sia in configurazioni a ponte. Alcune soluzioni pratiche L'interruttore termico bimetallico e', probabilmente, il trasduttore elettrico piu' semplice. Questi tipo di dispositivo utilizza una coppia di metalli con differente coefficiente di dilatazione per ottenere od interrompere un contatto elettrico. Il termometro a mercurio con segnale elettrico di uscita e' solitamente considerato come un interruttore termico bimetallico. Il suo tempo di risposta varia tra uno e cinque secondi e la sua accuratezza (sensibilta') e' di 0.05º C. A causa della singolare struttura fisica il segnale di uscita e' molto debole ed e' dell'ordine di alcuni mA. Per questo motivo, solitamente, all'uscita di questo trasduttore vengono messi dispositivi amplificatori quali transistor o comparatori. Le termocoppie sfruttano il principio che la temparatura influenza notevolmente il moto degli elettroni e che questa influenza da varia da metallo a metallo. Data la particolare struttura fisica risultano economiche, robuste e molto veloci e piccole. Gli unici "difetti" di questo tipo di trasduttori sono la non linarita' della conversione e la scarsa potenza del segnale di uscita. Questi problemi, comunque, possono esseri risolti con appropriati circuiti esterni. Gli RTD (resistance temperature detector - sensori di temperatura a resistenza variabilie) possono lavorare a temperature variabili tra i -250º C e i +850º C con una accuratezza di 0.001º C. Il "range di funzionamento", comunque, dipende fortemente dal tipo di metallo utillizzato per la trasduzione. La variazione della resistenza, nella maggior parte dei casi, e' d +0.4% per grado centigrado. . I termistori (resistenze termicamente sensibili), solitamente, lavorano a temperature tra i -100º C e i +450ºC. Alcuni, comunque, possono essere utilizzati anche a temperature superiori ai +1000º C. La variazione media della resistenza e' di -4.5% per grado centigrado. Questo genere di trasduttori e' caratterizzato da una alta sensibilita', da un basso costo, da un andamento esponenziale, da una elevata velocita' di risposta e da una scarsa linearita'. Nonstante cio', grazie alle piu' recenti tecnologie si e' riusciti a migliorare notevolmente il grado di linearita'. Trasduttori di forza Tra gli elementi elettrici piu' utilizzati per la misurazione di forze vi sono: .resistenze strain gage; .semicondutori strain gage; .trasduttori piezoelettrici. Il principio su cui si basano tutti questi tipi di trasduttori e' molto semplice e sfrutta il principio che la resistenza offerta da un materiale all'aatraversamento della corrente elettrica e' direttamente proporzionale al quadrato della sua lunghezza. Dunque, e' facile comprendere che applicando un carico variabile ad un capo del trasduttore si puo' far variare la sua lunghezza. Trasduttori di pressione Esistono una grande varieta' di trasduttori di presione per quanto riguarda sia i gas sia i liquidi. tra i piu' comuni vi sono: diaframmi, capsule, mantici, tubi a manometri, tubi Bourdon ... Essi rilevano la variazione di altre variabili fisiche quali l'allungamento o lospostamento provocati da una certa pressione. L'uscita di questi dispositivi viene, poi, accoppiata ad appropriati sitemi elettrici cosi' da ottenere seganli elettrici elaborabili. Per quanto riguarda i tipi di misurazioni effettuate si possono distinguere tre categorie differenti: - misuratori di pressione assoluta, ovvero riferita allo zero (vuoto); - misuratori di pressione relativa, ovvero rierita alla pressione atmosferica; - misuratori di differenze di pressione, ovvero misuano la differenza tra due diverse pressioni. Per quanto riguarda le applicazioni dei divesi tipi di trasduttori bisogna fare molta attenzone alle specifiche. Alcuni, difatti, funzionano correttamente solo nei gas o solo nei liquidi. Per quanto riguarda, poi, le misurazioni nei liquidi si deve prestare molta attenzione a non utilizzare liquidi che possano corrodere od intaccare il trasduttore stesso. Infine, un ultimo parametro molto importante e' quello della temperatura. Come la maggior parte dei trasduttori anche questi sono particolarmente sensibili alle sue variazioni. Qui di seguito vengono citati i piu' comuni trasduttori di pressione. Reostati e potenziometri I reostati ed i potenziometri convertono un moto rettilineo e rotatorio, provocato da un certa pressione, in un segnale elettrico. Piezoelettrici I trasduttori di pressione piezolettrici vengono utilizati per misurazioni ad alta frequenza. Infatti, sono spesso utilizzati per la conversione di segnali sonori (microfono piezoelettrico). Trasduttori di flusso Innanzitutto si deve definire cosa si intende pr misurazione di flusso. Un flusso, difatti, e' descritto da massa, volume, turbolenza, intensita', velocita'... SI comprende, dunque, che non e' possibile dare una definizione univoca. Ogni volta, prima di decidere quale genere di trasduttore utilizzare, si dovra' definire chiaramente il parametro da misurare cosi' da poter effettuare la scelta migliore. La maggior parte dei trasduttori di flusso non sono altro che particolari applicazioni dei trasduttori di pressione. Tra di essi, i piu' comuni sono: . i tubi Pitot; . i cantilever; . ihinged(a cardine). Tutti e tre questi tipi sono basati su misuratori di pressione adattati mediante semplici modifiche. Trasduttori di livello Un nome piu' appropriato per questo tipo di trasduttori e' "trasduttori di volume". Il tipo piu' comuni e' quello presente nel serbatoio di ogni automobile. Alcuni tipi di trasduttori utilizzano il liquido stesso come reostato e vengono utilizzati per misurare la conduttanza tra due aste immerse nel liquido. Un altro metodo e' quello di effettuare un rilevamento ottico. La presenza di liquido, ad esempio, impedisce alla luce di passare. In questo modo si puo' valutare molto precisamente il livello di liquido. L'unico inconveniente e' dovuto al fatto che anche una minima pendenza del serbatoio del liquido puo' sfalsare l'intera misurazione. Diversamente, si puo' realizzare un trasduttore di livello usandone uno di pressione che rileva la differenza di pressione tra due zone opposte del contenitore, il fondo e la copertura superiore. un ulteriore possibilita' e' quella di misurare il livello di liquido indirettamente ovvero pesando il contenitore e deducendo da esso la quantiita' di liquido contenuto. Infine, un ultimo metodo e' quello acustico. In questo caso si misura il tempo che un certo eco impiega a rimbalzare sulla superficie del liquido ed a tornare verso il punto in cui si è generato. Trasduttori di umidità I trasduttori di umidita' sono dei particolari trasduttori in grado di rilevare la variazione dell' umidità. Sono costituiti da una pellicola di plastica su cui sono applicate delle lamine d'oro. A seconda dell'umidità, dunque, la plastica si dilata, in modo da rendere possibile il riconoscimento della variazione attraverso la variazione della resistenza offerta dall'insieme delle lamine d'oro. L'unica sostanza che può danneggiare questo tipo di sensore, è il vapore di acetone. Tipologia trasduttori secondo caratteristiche fisiche Meccanici Pneumatici Elettrici Ottici Sonici Trasduttori Meccanici I trasduttori meccanici trasducono la variazione di una grandezza fisica in ingresso, in una variazione di una grandezza meccanica in uscita. Essa puo ' essere uno spostamento se il trasduttore e' del tipo libero oppure una forza se e' del tipo vincolato. Per quanto riguarda le applicazioni, i tipi maggiormente diffusi sono: deformazione meccanica. deformazione elastica; dilatazione termica. Trasduttori Pneumatici Questi trasduttori svolgono la funzione inversa di quelli meccanici. Essi, difatti, convertono uno spostamento in una variazione di pressione proporzionale. La realizzazione piu' comune e' quella del tegolo-ugello che offre ottime prestazioni ed una grande varieta' di applicazioni. L'unico inconveniente e' che l'uscita diquesto tipo di trasduttori e', solitamente, un segnale di bassa potenza. Trasduttori Elettrici Per quanto riguarda questo tipo di trasduttori bisogna effettuare una distinzione iniziale che individua quattro diverse categorie differenti sia per campi applicativi sia per tecnologie costruttive: trasduttori convenzionali: resistori; capacita'; induttanze. sensori a film spesso; sensori a film sottile; sensori a semiconduttore. La principale differenza tra gli ultimi tre tipi di sensori riguarda la tecnologia di costruzione. Ovviamente, questo implica una differenziazione delle applicazioni nonostante il principio di trasduzione sia comune a tutti e tre. Altri tipi di trasduttori elettrici sono: magnetici; piezoresistivi; piezoelettrici; pirooelettrici; termolettrici; chemielettrici; fotoelettrici. Trasduttori Ottici Per ottenere una radiazione elettromagnetica sufficiente eccitare termicamente, o mediante diretta somministrazione di energia elettromagnetica,alcune particolari sorgenti. In questo modo, si provoca l'aumento del movimento delle cariche elettriche a livello atomico. Questo, di conseguenza, implica transizioni energetiche a livello atomico, ovvero l'emissione, tra le altre cose, di radiazioni elettromagnetiche. Sfruttando questo principio e' possibile ottenere radiazioni di lunghezza d'onda determinata, ad esempio, dalla temperatura di eccitazione; ddifatti, seocndo la legge di Wien: lunghezza d'onda = 2897.9 / Temperatura assoluta. Inoltre, se si considera la legge di Lambert: Intensita' raggio emergente = Intensita' raggio incidente * esponenziale di (- coefficente di assorbimento del mezzo, spessore del mezzo) che lega l'intensita' del raggio emesso al tipo di mezzo attraversato dal raggio incidenti. Caratteristica di funzionamento I sensori ed i trasduttori ottici lavorano nel campo della radizione elettromagnetica secondo lo schema riportato di seguito: (figura pag.106.) Nonostante la banda delle radiazioni visibili sia piuttosto limitata, in essa lavorano la maggior parte dei trasduttori di questo tipo. Ultimamente, pero', si stanno diffondendo dispositivi che lavorano nell'infrarosso e nell'ultravioletto. (Policromatitci,monocromatici,nucleari) Trasduttori Sonici Questi trasduttori sfruttano la capacita' dei diversi materiali di propogare il suono per misurare spostamenti e velocita'. (La velocita' di propagazione dipende dalla massa del mezzo, dalla densita' e dalla temperatura del mezzo attraverasato.) La maggior parte delle applicazioni prevede il loro utilizzo per rilevamenti riguardanti i fluidi. .Il loro campo di azione sono e', solitamente, quello degli ultrasuoni, tra i 10 kHz ed i 10 MHz. .Il principio su cui basano il loro funzionamento e' molto semplice ovvero in seguito ad un impulso elettrico, essi trasmettono un segnale acustico (si utilizza trasduttore piezoelettrico), attraverso un certo materiale, fino ad un ricevitore piezoeletrico. A questo punto si distinguono due differenti classi di trasduttori che differiscono per principio di misura: a tempo di transito; ad effetto Doppler. Catena di acquisizione dati SENSORI Il sensore o trasduttore è il primo elemento della catena di acquisizione dati. La sua funzione è quella di acquisire in ingresso una grandezza fisica e di fornire in uscita una grandezza elettrica (generalmente tensione, ma esistono anche trasduttori resistivi e di corrente). Esistono due tipi di trasduttori, quelli attivi che in corrispondenza di un ingresso generano autonomamente l'uscita. Invece i trasduttori passivi hanno bisogno di una alimentazione di eccitazione per poter generare l'uscita. Per poter scegliere il sensore migliore per una applicazione bisogna tener conto di alcuni parametri: la funzione di trasferimento, cioè la relazione tra la grandezza da acquisire e l'uscita del sensore stesso; l'intervallo della linearità, deve essere così grande da consentire una buona funzione di trasferimento; la sensibilità: esprime il rapporto fra la variazione di grandezza di ingresso e la variazione di quella di uscita; l'errore di misura, rappresenta l'errore tra la grandezza reale e quella misurata; le caratteristiche dinamiche che rappresentano il comportamento del sensore se l'ingresso compie brusche variazioni; il tipo di segnale di uscita desiderato; in base ad esso si può scegliere di utilizzare un sensore resistivo invece di uno di tensione, oppure un sensore ad uscita analogica al posto di una digitale. FILTRI Il filtro posizionato dopo il sensore non permette alle armoniche ad alta frequenza di passare, permettendo un campionamento migliore per il noto teorema di Shannon. CAMPIONAMENTO Il circuito di campionamento (per esempio il sample and hold) permette alla parte di circuito interessata di avere il tempo sufficiente per convertire il segnale campionato. L'importanza di questo circuito è molto grande perchè permette molto semplicemente il dimensionamento del tempo di campionamento per migliorare la conversione. CONDIZIONAMENTO Questa parte della catena può essere composta da più parti, che non sono sempre presenti. Queste circuiti aggiuntivi possono essere: I. II. III. -amplificatore -sommatore di offset positivo o negativo -ecc.... questi circuiti servono a modificare il segnale da convertire in modo da farlo rientrare nei parametri del convertitore, per poter aver così un segnale che non crei errori di nessun genere. CONVERSIONE La conversione è la parte della catena di acquisizione dati in cui il dato analogico viene convertito in dato digitale corrispondente. Questa conversione è eseguita dal ADC (Convertitore Analogico-Digitale), il quale ha in ingresso il dato analogico che è già passato attraverso le fasi precedenti mentre in uscita ha il dato digitale su N bit con un errore di un LSB in più o in meno. LSB è il bit meno significativo mentre MSB è il bit più significativo. Quindi si può notare come la precisine è dovuta dal numero di bit e dalla massima ampiezza del segnale di ingresso, infatti più valori di uscita ci sono in un arco di valori più il campionamento sarà preciso. Comandare con la luce Il circuito che analizzeremo questa volta costituisce un automatismo, sia pure nella sua forma più semplice, in grado di comandare un evento in funzione della luce ambiente. Tanto per fare qualche esempio, è possibile ottenere che una o più lampade si accendano quando la luce naturale si abbassa al di sotto di un certo livello, oppure azionare un segnale acustico, un motore o qualsiasi altro dispositivo elettrico, funzionante a qualsiasi tensione e qualunque sia la potenza da esso assorbita. Le fotoresistenze L'elemento che rileva la luminosità è in questo caso una fotoresistenza: fotoresistenza si tratta di una resistenza particolare, il cui valore cambia sensibilmente in funzione della luce che la investe. A seconda del tipo, una fotoresistenza può misurare ad esempio circa 1 megaohm al buio e solo poche decine di kilo-ohm in piena luce. Il modo di impiegare una fotoresistenza è semplice: come si vede nello schema a destra, la fotoresistenza, indicata con FTR, fa parte del circuito di base del transistor; finchè c'è luce sufficiente, il valore di FTR rimane basso, per cui la corrente proveniente dal polo positivo attraverso R1 ed RV passa nella fotoresistenza e ritorna a massa, senza interessare il transistor. Quando la luce diminuisce, il valore della fotoresistenza aumenta, fino al momento in cui la corrente poveniente da RV, trovando una via di minor resistenza, comincia a entrare nella base del transistor. Il transistor passa così in conduzione, cioè, come abbiamo visto nella lezione precedente, lascia passare corrente nel suo circuito di collettore. La bobina del relè viene quindi attraversata dalla corrente di collettore del transistor, ed il relè scatta, cioè chiude il contatto C. Quando la luce ambiente aumenta, la corrente di base ricomincia a passare nella FTR, la cui resistenza è tornata bassa; il transistor non conduce più ed il relè si diseccita, riaprendo il contatto C. La resistenza Cos'e' e come RV che si funziona un trova nel circuito di relè base del transistor, è una resistenza variabile, detta anche due tipi di resistenze variabili trimmer. Nella pratica può avere l'aspetto di uno dei tipi che si vedono nella figura a sinistra; si tratta comunque di una resistenza il Un relè è sostanzialmente un cui valore può essere regolato tra zero e il interruttore, cioè un dispositivo in massimo (che è il valore indicato sulla grado di aprire e chiudere un resistenza stessa) facendo ruotare con un circuito. A differenza cacciavite un contatto strisciante che scorre su dell'interruttore però, il relè non una superficie di materiale ad alta resistività. La viene azionato a mano, ma da un resistenza variabile è stata inserita per poter elettromagnete, costituito da una regolare con precisione il punto d'intervento, bobina di filo avvolto intorno ad un nucleo di materiale magnetico. ovvero determinare con che luminosità il relè si Quando passa corrente nella chiude e mette in funzione ciò che vi è bobina di filo, si crea un campo collegato. Supponiamo che il vostro circuito si magnetico che attira l'ancoretta ecciti, cioè il relè si chiuda ed accenda le secondo la freccia rossa verticale; lampade, quando c'è ancora abbastanza luce; se l'ancoretta ruota e spinge il volete che il circuito intervenga quando è più contatto centrale C verso destra, buio, ruotate la RV così da aumentarne il secondo la freccia orizzontale. In valore: in questo modo, affinchè la corrente che questo modo, il collegamento tra il entra sulla base del transistor riesca a portarlo in contatto centrale e quello di conduzione, occorrerà che la FTR abbia un sinistra (nc) si apre, mentre si valore più alto, e cioè che sia più buio. La chiude il collegamento tra il resistenza R1 serve per proteggere il transistor contatto centrale e quello di destra nel caso che si regoli la RV su valori troppo (na). Il contatto di sinistra viene bassi: se non ci fosse R1, potrebbe entrare nella definito nc, cioè normalmente base del transistor una corrente troppo alta e chiuso, perchè è tale quando il relè distruggerlo. Il vantaggio del relè è che i due è a riposo. Allo stesso modo l'altro circuiti, cioè quello di comando e quello di contatto, aperto quando il relè non utilizzazione, sono completamente separati, e è eccitato, viene definito na, cioè possono quindi funzionare con tensioni diverse. normalmente aperto. L'importante è che il circuito di comando invii alla bobina la giusta corrente, e che il circuito di utilizzazione faccia uso di contatti in grado di sopportare la corrente richiesta dal carico collegato. Questo significa che se col relè voglio accendere e spegnere una lampadina da 100 watt a 220 volt, saranno sufficienti contatti per 1 ampere; se invece voglio comandare, supponiamo, una serie di 10 faretti, ciascuno con lampada da 500 watt, avrò bisogno di un relè ben più robusto, con contatti adeguati ad una corrente di circa 30 ampere. In effetti sarebbe possibile fare a meno di un relè, e comandare altri utilizzatori, come lampade, allarmi, ecc, usando soltanto componenti elettronici; l'uso del relè è tuttavia più semplice e permette la massima libertà di utilizzo, senza vincoli di carico o di tensioni. Nell' immagine a fianco è evidenziato il modo di utilizzare questo circuito, ovvero come deve essere collegato un utilizzatore esterno perchè venga comandato dal relè. Nell'esempio si vede una normale lampadina di quelle che usiamo nelle nostre case collegandole alla rete a 220 V. Partendo dalla spina, un filo arriva direttamente alla lampada, mentre l'altro passa attraverso i contatti del relè, che è quindi in grado di accendere e spegnere la lampadina. I due terminali sono indicati con na, perchè si tratta di un contatto normalmente aperto, cioè di un contatto che si chiude solo quando il relè si eccita. La funzione del diodo D Tutte le volte che ci troviamo ad avere a che fare con avvolgimenti di filo intorno a nuclei metallici, possiamo parlare di carichi induttivi. Senza scendere troppo nei dettagli, diciamo che ci sono importanti differenze tra gli effetti di un carico induttivo e quelli di una normale resistenza inseriti in circuito. Se noi applichiamo tensione ai capi di una resistenza, questa viene subito percorsa da corrente; quando stacchiamo tensione, la corrente cessa. Se invece applichiamo tensione a un carico induttivo, come la bobina di eccitazione del relè (o elettrocalamita), la corrente non circola immediatamente, ma dopo un certo intervallo di tempo. Successivamente, nel momento in cui tentiamo di staccare la tensione, la corrente tende a circolare ancora per qualche istante, per cui si creano extra correnti di apertura e tensioni di segno inverso. I transistori possono essere danneggiati da tensioni troppo elevate o di segno contrario a quello richiesto dalla loro polarità, e quindi occorre proteggerli dagli effetti pericolosi dei carichi induttivi. A questo provvede il diodo D, che risulta collegato in parallelo alla bobina del relè, col polo positivo rivolto verso il positivo della alimentazione. Normalmente nel diodo D non passa alcuna corrente, poichè esso è collegato in senso contrario rispetto all'alimentazione del circuito; quando però ai capi della bobina del relè tende a formarsi una tensione inversa, il diodo passa subito in conduzione e praticamente annulla la tensione pericolosa. I componenti per questo circuito: - Un relè la cui bobina funzioni a 9 volt in corrente continua, e che sia dotato di almeno un contatto normalmente aperto; i contatti dovranno essere adeguati alla potenza dell'utilizzatore che volete collegarvi- FTR: fotoresistenza avente un valore di circa 1 Mohm al buio e di qualche Kohm alla luce- RV: trimmer (resistenza variabile) da circa 47 Kohm- R1: resistenza da 2,2 Kohm - Un transistor NPN tipo BC108 o equivalenti- D: diodo tipo 1N4001 o equivalenti GLI AMPLIFICATORI OPERAZIONALI L'amplificatore operazionale come circuito integrato è uno dei circuiti lineari maggiormente usati. Grazie alla produzione in larghissima scala, il suo prezzo è sceso a livelli talmente bassi da renderne conveniente l'uso in quasi tutte le possibili aree applicative. L'amplificatore operazionale è un amplificatore in continua: ciò significa che esiste una continuità elettrica fra ingresso e uscita; il nome di "operazionale" è dovuto all'uso per cui era nato tale amplificatore, e cioè il funzionamento all'interno di elaboratori analogici per l'esecuzione di operazioni matematiche. Nella sua forma più semplice (figura 1), un amplificatore operazionale è composto essenzialmente da uno stadio d'ingresso, da un secondo stadio amplificatore differenziale e da uno stadio di uscita in classe AB, del tipo "emitter follower". figura 1 - schema di base di un amplificatore operazionale Un amplificatore operazionale ideale dovrebbe avere, in particolare, amplificazione e resistenza d'ingresso elevatissime (praticamente infinite) e resistenza di uscita bassissima (uguale a zero); gli amplificatori operazionali reali si avvicinano in parte a tali caratteristiche, per cui hanno una resistenza d'ingresso molto grande, una resistenza di uscita molto piccola ed una amplificazione, ovvero un guadagno in tensione, moto alto ma pur sempre limitato. A titolo di esempio, uno dei più usati, il µA741, ha un guadagno di 200000, una resistenza d'ingresso di 2 Mohm ed una resistenza di uscita di 75 ohm. La corrente che un amplificatore operazionale può fornire in uscita in genere non supera i 25mA.Senza approfondirne ulteriormente il funzionamento, passiamo adesso a considerare l'aspetto esterno di un amplificatore operazionale, vale a dire la forma in cui esso si presenta pronto all'uso. Uno degli amplificatori operazionali più conosciuti, come già detto, è il 741, disponibile abitualmente in contenitore metallico tondo oppure in contenitore plastico DIL; la sua sigla cambia a seconda dei costruttori, diventando LM741, oppure µA741, o altro ancora. figura 2 - l'amplificatore LM741 nelle vesioni in contenitore metallico tondo ed in contenitore plastico Dual In Line Per l'identificazione dei vari piedini si fa riferimento agli schemi della figura 2, dove i piedini sono raffigurati visti da sopra; nel caso del tipo tondo, il numero 8 corrisponde alla tacca presente sull’involucro metallico.Per tener fede all'indirizzo soprattutto pratico di questo corso, non ci dilungheremo sulle equazioni caratteristiche e sulle problematiche progettuali degli amplificatori operazionali, ma li tratteremo come un'unità funzionale, dotata di ingressi e uscite, con determinate caratteristiche. In figura 3 vediamo il nostro amplificatore operazionale, per esempio un LM741, inserito in un circuito che consente di sperimentarne il funzionamento. Osserviamo che l'operazionale ha due ingressi, contrassegnati con un "-" (piedino 2) e con un "+" (piedino 3); ci sono poi un'uscita, indicata con OUT (piedino 6), e due terminali per l'alimentazione dell'integrato (piedini 7 e 4). Perchè gli ingressi sono due? Perchè l'almplificatore operazionale è prima di tutto un figura 3 - circuito test amplificatore "differenziale"; ciò vuol dire che il segnale presente in uscita non dipende solo da uno o dall'altro degli ingressi, ma da tutti e due, ed esattamente dalla differenza che esiste fra il segnale applicato su un ingresso ed il segnale applicato sull'altro. E' proprio qui che si evidenzia la principale caratteristica di un simile circuito: è sufficiente che fra i due ingressi vi sia una differenza di tensione anche di pochi µV, perchè l'uscita cambi completamente il suo stato, passando per esempio da zero al massimo valore della tensione di alimentazione. Supponiamo di alimentare il circuito con 10 V, e che le due resistenze R1 ed R2 abbiano lo stesso valore: la tensione di alimentazione sarà allora presente per metà ai capi di R1 e per metà ai capi di R2; in altre parole, al centro, e quindi sul piedino 3 dell'integrato, ci saranno esattamente 5 V. Il piedino 2 è collegato invece ad RV1, che è una resistenza variabile: possiamo quindi far variare a piacere la tensione che risulta applicata sul piedino 2 dell'amplificatore operazionale. figura 4 figura 5 Spostiamo il cursore di RV1 in modo da portarlo verso il positivo (figura 4), applicando così al piedino 2 una tensione senz'altro superiore a 5V, e quindi leggiamo, con un tester, la tensione presente in uscita: troveremo un valore molto vicino allo zero. Spostiamo adesso il cursore di RV1 in modo da portarlo in basso (figura 5), verso la tensione zero, applicando così al piedino 2 una tensione senz'altro inferiore a 5V, e quindi leggiamo la tensione in uscita: troveremo un valore molto vicino alla tensione di alimentazione (che è 10 V). Quello che abbiamo appena constatato ci permette di formulare la regola basilare del funzionamento del nostro amplificatore operazionale: quando la tensione sul piedino "-" è maggiore della tensione sul piedino "+" l'uscita è a livello basso (cioè prossimo a zero); quando la tensione sul piedino "-" è minore della tensione sul piedino "+" l'uscita è a livello alto (cioè prossimo alla tensione di alimentazione).Ma, come già si è detto, non occorre che la tensione sul piedino 2 vari di alcuni volt: sono sufficienti pochi milionesimi di volt per provocare la "commutazione" dell'uscita. Se vi divertite ad osservare la tensione indicata dal tester mentre ruotate RV1, vedrete che ad un certo istante, di colpo, la tensione in uscita passa da zero al massimo, o viceversa; potete tornare indietro, spostare il cursore di RV1 quanto volete, ma non riuscirete mai a trovare una posizione tale che permetta di avere in uscita un valore intermedio, vicino alla metà della tensione di alimentazione. Poichè, come si è visto, quando l'ingresso "-" è a tensione più alta, l'uscita è a livello basso, si dice che tale ingresso è "invertente".Se invece avessimo collegato a tensione fissa il piedino 2, variando la tensione del piedino 3, avremmo riscontrato le stesse variazioni della tensione di uscita, ma con verso corrispondente alla tensione applicata sull'ingresso "+"; per tale motivo, l'ingresso "+" viene chiamato "ingresso non invertente".Usato come amplificatore, l'operazionale presenta la caratteristica di amplificare qualsiasi segnale applicato in ingresso: sia un normale segnale variabile, caratterizzato da determinate frequenze, sia una tensione con fluttuazioni lentissime o, addirittura, di valore costante. Parlando in termini di frequenza, si dice quindi che l'amplificatore operazionale lavora con frequenze da zero (corrente continua) fino ad un valore massimo, determinato dalle caratteristiche specifiche dell'amplificatore stesso. A questo proposito, è opportuno accennare brevemente ad un parametro caratteristico degli amplificatori operazionali: si tratta del prodotto guadagno x larghezza di banda, che per ogni amplificatore operazionale ha un preciso valore, fisso ed immutabile. Tale parametro ci dice, in pratica, che se noi utilizziamo l'amplificatore in modo da ottenere una maggior amplificazione, perdiamo proporzionalmente in larghezza di banda, e cioè possiamo amplificare segnali in un campo di frequenze più limitato. Il µA741, per esempio, ha una larghezza di banda di 1Mhz quando il guadagno è uguale a 1; se viene usato in modo da amplificare 100 volte, la larghezza di banda si riduce di 100 volte, e passa quindi a 10Khz. Il guadagno più alto è utilizzabile quando l'amplificatore lavora con frequenze bassissime o con tensioni continue: in tali casi il guadagno può essere uguale o superiore a 100.000. Ma come si determina l'amplificazione di un operazionale? L'amplificatore operazionale, come amplificatore in continua, può essere utilizzato in diverse configurazioni, di cui adesso vedremo le più comuni. figura 6 - amplificatore invertente Amplificatore invertente: lo schema è quello di figura 6. La tensione Vi viene applicata all'ingresso invertente attraverso la resistenza R1; Vu è la tensione amplificata che si ritrova in uscita. La resistenza R2 riporta all'entrata parte del segnale in uscita, realizzando in tal modo quella che viene detta "controreazione"; senza R2, l'operazionale non potrebbe funzionare come amplificatore lineare, poichè la sua uscita commuterebbe con estrema rapidità fra un valore minimo (prossimo a zero) ed un valore massimo (prossimo alla tensione di alimentazione). L'amplificazione del circuito di figura 6 dipende dalle due resistenze R1 ed R2, secondo la formula Av = R2 / R1 (ciò significa che se R2 è di valore più basso, si ha più controreazione e quindi il guadagno è minore). Vediamo un esempio pratico: R1 = 100 Kohm (cioè 100.000 ohm) R2 = 1 Mohm (cioè 1.000.000 di ohm) Vi= 1mV L'amplificazione Vu/Vi sarà: Av=1.000.000:100.000=10 Poichè l'amplificazione è 10, con 1 mV in entrata avremo in uscita 10 mV Osserviamo che il segnale in uscita è invertito, ovvero è di segno opposto a quello in entrata; se Vi aumenta, Vu diminuisce, e viceversa. Amplificatore non invertente: nello schema di figura 7 vediamo che il segnale d'ingresso viene applicato all'ingresso contrassegnato col "+", ovvero a quello non invertente. In questo caso, infatti, il segnale in uscita ha lo stesso segno di quello inentrata. In questo caso, l'amplificazione è data dalla formula: Av = (R1 + R2) / R1 Anche per l'amplificatore non invertente, come si vede dallo schema, la resistenza R2 determina una certa quantità di reazione negativa (o controreazione), che diminuisce il guadagno dell'amplificatore ma gli consente di lavorare linearmente. figura 8 - buffer a guadagno unitario figura 7 - amplificatore non invertente Buffer a guadagno unitario: il circuito di figura 8 mostra l'utilizzo dell'operazionale come "buffer". Col termine "buffer" si intende un circuito che svolge una funzione di separazione o di adattamento; nel caso specifico, il circuito presenta la più alta impedenza d'ingresso ottenibile con gli amplificatori operazionali. Per ottenere tale risultato, si applica il massimo valore possibile di controreazione, collegando direttamente l'uscita con l'ingresso invertente. Per tale motivo, il guadagno di questo circuito è uguale a 1, il che vuol dire che il circuito non amplifica (essendo il segnale di uscita uguale a quello di entrata);in altre parole,non si ottiene un guadagno di tensione,ma di impedenza. Circuiti comparatori - Generalità I comparatori sono dispositivi che confrontano le tensioni applicate ai loro due ingressi; l'uscita, alta o bassa, corrisponde al risultato del confronto. I più semplici comparatori sono quelli costituiti da un amplificatore operazionale usato "così com'è", cioè non reazionato e con i segnali applicati direttamente agli ingressi; questi sono semplici comparatori a soglia, nei quali la soglia di intervento equivale alla tensione di riferimento Vref: Data la caratteristica di amplificazione infinita dell'amplificatore operazionale ideale e l'assenza di reazione negativa, si ottiene che l'uscita "Vu" assume il valore della tensione di saturazione positiva per "V + > V -", oppure della tensione di saturazione negativa per "V + < V -" : questo comportamento è evidenziato dai grafici delle caratteristiche sopra riportati. In un comparatore a soglia, ponendo la tensione di riferimento uguale a zero, si ottiene un "rivelatore di zero" (crossing detector): In generale, nel caso in cui si voglia limitare e stabilizzare le tensioni di uscita, è possibile ricorrere a due diodi zener contrapposti, come di seguito raffigurati: Se si vuole comandare l'accensione o lo spegnimento di un dispositivo, è possibile collegare all'uscita del comparatore un partitore (per ridurne la tensione), un transistor (in configurazione on/off, ovvero da usare come se fosse un interruttore) ed un relè. Esistono molte altre soluzioni, ad esempio è possibile comandare un dispositivo per via ottica, usando un fototriac insieme ad un triac di potenza. Tenendo conto dei valori reali di un a.o., quantificabili con A=10 5 e Vsat=12V, si può calcolare la minima tensione di ingresso "Vi", necessaria per portare l'a.o. in saturazione (condizione necessaria per il corretto funzionamento del comparatore): Vi min = ± Vsat / A = ± 12V / 10 5 = ± 120 uV Ciò significa che, per valori della Vi compresi tra -120uV e +120uV, il comparatore non assicura un'uscita costante: si ha quindi una "zona di indeterminazione", ovvero una fascia di valori del segnale di ingresso entro la quale il segnale viene amplificato, ma senza saturare. A questo inconveniente, va aggiunta la difficoltà pratica di utilizzo del semplice comparatore a soglia in quelle applicazione in cui sia richiesto il controllo on/off di un dispositivo: se infatti l'errore, cioè la differenza tra il segnale variabile "Vs" e quello di riferimento "Vref", è piccolo o addirittura trascurabile, il comparatore sarà instabile, accendendo e spegnendo ripetutamente il dispositivo. Il trigger di Schmitt pone rimedio a questi problemi, creando una zona di insensibilità (isteres), compresa entro due soglie di intervento. Il trigger di Schmitt Il trigger di Schmitt pone rimedio ai problemi del semplice comparatore a soglia (vedi), creando una zona di insensibilità, detta isteresi, compresa entro due soglie di intervento. Nella caratteristica sotto riportata, "Vsi" è la "tensione di soglia inferiore", mentre "Vss" è la "tensione di soglia superiore": quando il segnale in ingresso "Vs" assume valori vicini a quello del segnale di riferimento "Vref", ma compresi nell'intervallo dell'isteresi, cioè tra "Vsi" e "Vss", il comparatore si mantiene stabile e non commuta. Analisi dello schema elettrico La reazione positiva, aumentando l'amplificazione del circuito, permette una transizione più rapida fra i livelli di uscita. La resistenza R3, che non è necessaria, è stata inserita per ridurre l'errore dovuto alle correnti di polarizzazione degli ingressi dell'operazionale (R3 = R1 || R2). La tensione di ingresso Vs viene confrontata con la tensione V+, che assume automaticamente il valore della tensione di soglia inferiore o superiore, in base all'ultima commutazione dell'uscita del comparatore. Ad esempio, se in questo istante l'uscita è alta (Vu = +Vsat), il comparatore non commuterà finché il segnale in ingresso Vs non supererà la tensione V+, che in questo istante è uguale a Vss. Invece, nel momento in cui l'uscita è bassa (Vu = -Vsat), la successiva commutazione avverà quando Vs sarà minore Vsi. Formule pratiche Si supponga di voler dimensionare un comparatore ad isteresi conoscendo soltanto quali valori dovranno assumere le tensioni di soglia, oppure di volerne analizzare uno già dimensionato; in entrambi i casi, saranno utili le seguenti formule: Calcolo delle tensioni di soglia in un trigger di Schmitt già dimensionato Calcolo delle resistenze e della tensione di riferimento conoscendo i valori delle soglie Analisi della caratteristica di trasferimento Vengono ora riportate due prove di laboratorio per lo studio del trigger di Schmitt. Il metodo di analisi è lo stesso finora esaminato. 1ª prova Si consideri il caso in cui le resistenze R1 ed R2 abbiano lo stesso valore e il segnale di riferimento sia nullo; per evidenziare il comportamento del comparatore, viene applicata in ingresso un'onda sinusoidale. Schema elettrico Grafico dell'oscilloscopio Verifica delle tensioni di soglia Caratteristicadll'isteresi 2ª prova Lo schema elettrico è uguale al precedente, cambia soltanto il segnale di riferimento, che è impostato a +5V; si vuole verificare che la caratteristica dell'isteresi non sia più centrata sullo zero, ma traslata verso destra. Schema elettrico Grafico dell'oscilloscopio Verifica delle tensioni di soglia Caratteristica dell'isteresi (il grafico, rispetto alla precedente prova, è traslato verso destra poiché la tensione di riferimento è positiva; se invece fosse stata negativa, il grafico sarebbe stato traslato verso sinistra) Strumenti di misura utilizzati Torretta di alimentazione Power supply V30 :+12V 0V -12V;+5V 0V;+6V 0V Multimetro digtale Megatron M92 A Relazione sui risultati ottenuti Gli obbiettivi per la realizzazione di questo circuito sono stati raggiunti .Rispetto ai calcoli teorici e simulati sono apportate delle minime modifiche a livello pratico in quanto le tensioni di alimentazione dell’operazionale discostavano di circa 2 V del valore;inoltre c’è da tenere conto della tolleranza dei componenti utilizzati.Per interfacciare i blocchi “Acquisizione dati” con il MUX e DEMUX è stato posto in uscita di ogni rilevatore un diodo zener di 5.1V 57