Atlante digitale del '900 letterario
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PLATONE FOR PRESIDENT?
Attorno a Mauro Bonazzi,
Con gli occhi dei Greci
Roma, Carocci, 2016
Il filosofo (deriva dal greco φιλοσοφία),
amante della sapienza, è esule sulla terra
ma re nel cielo come l’Albatros di
Baudelaire.
Molti pensatori si sono interrogati
su quale ruolo dovrebbe ricoprire il
filosofo nella società. Per esempio il
filosofo tedesco Martin Heidegger
(Meßkirch, 26 settembre 1889 – Friburgo
in Brisgovia, 26 maggio 1976) e molti altri
suoi colleghi durante il periodo nazista in
Germania immaginarono Platone come un
punto di riferimento per il paese, in
quanto lo consideravano un filosofo
combattente e ne innalzavano gli ideali
patriottici contro il caos. Inoltre
Heidegger sosteneva il ruolo
fondamentale di guida e di comando del
filosofo all’interno della società, convinto
che tra la Grecia antica e la Germania
corresse un’affinità intima ed essenziale.
Spesso, infatti, apparivano nei testi dei
letterati tedeschi paralleli tra il pensiero di
Hitler e quello di Platone. Un esempio è il
saggio del professore universitario,
psichiatra e filosofo tedesco, Kurt
Hildebrandt Platone. La lotta dello spirito
per la potenza, che con Kampf (lotta) nel
titolo rievocava il Mein Kampf di Hitler.
Platone fu testimone delle
ingiustizie e della corruzione in cui si
trovava Atene, perciò crebbe in lui la
convinzione di una società comandata dai
filosofi dove gli ideali avrebbero portato
giustizia all’umanità. La Repubblica è
un’opera filosofica sotto forma di dialogo
scritta da Platone, la quale ha avuto
un’enorme influenza sul pensiero
occidentale e che dichiarava che la
filosofia e la politica dovrebbero essere
unite. Infatti un concetto molto abusato
tratto da la Repubblica è proprio che non
ci sarà fine ai mali fino a quando i filosofi
non governeranno o i governanti non
saranno filosofi. Anche oggi che i governi
si rivelano corrotti, e Donald Trump è
diventato presidente degli Stati Uniti pur
non essendo proprio un “amante della
sapienza”, viene da chiedersi se aveva
ragione Platone quando sosteneva che al
potere dovessero esserci persone saggie
guidate da alti ideali.
Nel mito della caverna Platone fa
una riflessione sul filosofo all’interno della
società. È la storia di alcuni schiavi chiusi
in una grotta, costretti a vedere solo le
ombre degli oggetti all’esterno della
caverna. Gli schiavi non conoscono niente
fuori dalla caverna e sono convinti che
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esistano solo le ombre. Uno degli schiavi
riesce a uscire dalla caverna e scopre il
mondo di cui prima conosceva solo la
proiezione. Allora rientra nella caverna,
riporta agli altri schiavi ciò che ha visto,
ma loro non gli credono e lo uccidono. Lo
schiavo che si libera rappresenta il
filosofo, ma nel mito non è il capo ma
non è neanche isolato dalla società,
perché torna nella caverna ad avvertire i
compagni. Questo mito contraddice lo
stesso Platone, quando sostiene il ruolo
di comando che la filosofia dovrebbe
avere nell’umanità, ma ammette che la
filosofia e la politica non sono due
elementi separati, quindi non si oppone
pienamente al pensiero della Repubblica.
Il filosofo vede oltre la realtà degli uomini
normali come lo schiavo libero il quale è
riuscito a vedere il mondo. Perché
dunque il filosofo, il quale non ha nessun
interesse a governare, rientra nella
caverna? Il filosofo non può non tornare
nella caverna, perché si trova nella stessa
situazione di tutte le altre persone e,
rinunciando al relazionarsi con gli altri.
rinuncerebbe all’essere uomo.
pregiudizi e luoghi comuni e di scorgere
altre realtà, anche migliori di quella in cui
è obbligato a vivere.
Pensare quindi che un filosofo
possa essere un capo politico non è
corretto, poiché sceso in politica si
scorderebbe dell’ideale, come se lo
schiavo, tornato nella caverna, rimamesse
a discutere con i suoi compagni fino a
dimenticarsi l’esterno, ciò che lo rende
filosofo.
Il filosofo è quindi come l’albatros
della poesia di Baudelaire, il quale non è
a suo agio sulla terra, ma volando è
completamente libero. Il filosofo si trova
nel dilemma di scegliere tra tornare nella
caverna o perdersi negli spazi sconfinati
dell’ideale».
Contributo:
Giuseppe Guerra, Alessandro Zanella
(classe I N, L. Cl. Virgilio, Roma)
Qual è quindi l’obbligo morale del
filosofo verso la società? Il filosofo non
può isolarsi dalla società perché è nella
sua natura mostrare agli altri ciò che non
vedono, ma non può neanche comandare
gli altri in quanto è troppo immerso
nell’ideale.
Il termine più utilizzato per
descrivere Socrate nei dialoghi è atopos,
che spesso viene tradotto con “bizzarro”
o “strano”, ma letteralmente può voler
dire “senza luogo”. È questo aggettivo
che definisce la natura del filosofo, la sua
libertà che gli consente di vedere oltre
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