Consigli utili per i famigliari delle persone che hanno avuto

AVER CURA
DI CHI
SI PRENDE CURA
Consigli utili per i famigliari delle
persone che hanno avuto un ictus
Medicina Fisica e Riabilitativa
IRCCS Arcispedale Santa Maria Nuova
Reggio Emilia, Giugno 2015
LA VITA DELLA FAMIGLIA
L’ictus è un evento che ha un impatto forte non solo sulla
persona colpita, ma anche sulla sua famiglia. Lo stress, l’ansia, la depressione o la sensazione di “una crisi senza fine e
di smarrimento”, infatti, sono comuni nei famigliari di coloro
che hanno subito un ictus.
Lo stress, in particolare, si può manifestare in varie forme:
sintomi psicosomatici, disaccordo tra i membri della famiglia
su come gestire la situazione, difficoltà ad accettare un cambiamento di ruolo, sensazione di essere in gabbia, timori di
isolamento sociale, timori di impoverimento finanziario.
Solitamente in una famiglia lo stress è maggiore quando l’ictus è grave, o se c’è il rischio di disabilità permanente, nonostante le cure e la riabilitazione, o quando le tensioni tra i
membri della famiglia erano già presenti prima dell’ictus.
La persona che solitamente si trova ad affrontare maggiori
difficoltà è il coniuge: la modifica di ruolo è molto difficile
da sostenere nel tempo, anche se in molti casi la coppia è in
grado di reggere alle avversità e ai cambiamenti.
COME SI PUO’ SENTIRE IL PAZIENTE
DURANTE IL RICOVERO
Durante la fase acuta è normale che il paziente possa essere confuso, disorientato, agitato, oppositivo o assopito; non
sempre ricorda cosa sia successo e può non essere completamente consapevole di avere dei deficit motori o cognitivi.
Superata la fase acuta, solitamente aumenta il livello di consapevolezza: il paziente può avere reazioni psicologiche molto
variabili, a seconda sia degli aspetti caratteriali di base che del
danno neurologico.
Una buona reazione psicologica ha queste caratteristiche:
• il paziente riconosce che i problemi conseguenti alla lesione cerebrale sono enormi da affrontare per sè e per
la famiglia, ma collabora e partecipa attivamente alle terapie proposte con motivazione e fiducia
• in alcuni casi può essere sopraffatto dal carico di lavoro
richiesto o dalla lentezza del processo di recupero
• con l’andare del tempo comincia ad accettare la situazione attraverso lo sviluppo di strategie di compenso ai
deficit
• inizia a sviluppare una visione del futuro e si focalizza
sull’idea di avere una “seconda possibilità di vita”
• valorizza i progressi, affrontando e accettando i fallimenti, e aggiustando le aspettative in modo realistico
• assume un atteggiamento del “si può fare” e capisce che
“le cose richiedono tempo”
• ha consapevolezza di quali siano obiettivi realistici per
quel momento
• si sente progressivamente pronto a rientrare nella vita
reale
• è orgoglioso dei successi, ma anche un po’ preoccupato
al pensiero del rientro a casa
Una reazione psicologica comprensibile ma non adeguata
per affrontare il recupero funzionale può presentare alcune di
queste caratteristiche:
• il paziente nega, sottovaluta il problema o tende ad attri-
•
•
•
•
•
buire le colpe dell’ictus a cause esterne
è convinto di farcela da solo senza bisogno di ricovero o
è molto scettico sui possibili benefici di un trattamento
riabilitativo
ha difficoltà a recepire i progressi quotidiani e tende ad
attribuire le colpe al personale sanitario
tende ad essere diffidente ed oppositivo: dice spesso “Sì,
ma…”; è irritabile; vive in una sorta di partecipazione
passiva o di sfida
ha frequenti sensi di colpa ritenendosi responsabile
dell’ictus
si sente impreparato sul piano funzionale e/o psicologico per il rientro a domicilio, manifestando dubbi, ansietà,
disappunto per non aver recuperato al 100%
Nei casi più gravi:
• può minimizzare o ignorare la condizione medica pensando di essere già guarito
• rifiuta o ignora le conseguenze del trauma cerebrale subito
• non considera i consigli terapeutici forniti
• manifesta molta rabbia, disperazione, senso di impotenza e si sente senza speranza
• diventa troppo sospettoso, diffidente o polemico
• si isola, non volendo vedere amici e parenti
• si sente un peso per la famiglia
• ha un senso di fallimento
In caso di reazione psicologica non adeguata, può essere
utile attivare un percorso di sostegno psicologico individuale
con il coinvolgimento della famiglia, da abbinare ad eventuali
terapie farmacologiche.
COME SI PUO’ SENTIRE LA FAMIGLIA
DURANTE IL RICOVERO
L’ictus è un evento improvviso ed inatteso ed è quindi un
fatto traumatico. È normale quindi provare sentimenti di profondo sconforto e incredulità. Spesso i famigliari temono di
aver perso un proprio caro, si sentono soli, vogliono capire
subito cosa sia successo e se vi siano possibilità terapeutiche
e di recupero. La famiglia entra in “modalità di crisi”, cercando
di provvedere concretamente ai bisogni del proprio caro in
un contesto emotivo che fluttua tra la speranza e l’incertezza.
Una buona reazione psicologica all’evento ‘ictus’ ha queste
caratteristiche:
• ci si chiede “perché proprio a noi”; ci si fanno tante domande, ma si danno poche risposte
• ci si sente impotenti e si ha paura che possa accadere
qualcosa di peggio ma si ha fiducia nei professionisti che
si prendono cura del proprio famigliare
• si ha la percezione che la vita sia diventata irreale
• ci si sente sopraffatti dal cambiamento di ruolo e dalle
necessità assistenziali
• si vorrebbe essere sempre al capezzale del proprio caro,
sacrificando i propri impegni lavorativi e famigliari
• si provano emozioni contrastanti di scoraggiamento e
fiducia
• dopo i primi progressi, la speranza prende piano piano il sopravvento e si inizia a pensare al futuro in modo realistico
• si capisce che bisogna “dare tempo al tempo”, cercando
di essere collaborativi con gli operatori sanitari nel processo di riabilitazione.
Una reazione psicologica comprensibile ma poco produttiva per il processo riabilitativo ha queste caratteristiche:
• i famigliari si deprivano di spazi e tempi individuali per
stare vicino al proprio caro in modo continuativo
• ci si sente sopraffatti ed impotenti, non percependo anche i minimi progressi quotidiani
• ci si sente smarriti a tal punto da negare quanto accaduto o formulando richieste eccessive agli operatori
• ci si sente senza speranza, svalutando gli interventi proposti o squalificando la validità dell’operato dell’equipe
medico-sanitaria
• rabbia e diffidenza possono indurre a cercare altri luoghi
di cura ritenuti più idonei
• ci si sente abbandonati, incompresi, poco accolti e si tende all’isolamento
• si rifiuta di collaborare al processo riabilitativo o si entra
in competizione
• lo stress emotivo ed assistenziale è così alto che si comincia ad essere completamente pessimisti sul recupero, cercando di ritardare il più possibile la dimissione
Se i famigliari si sentono sopraffatti da emozioni profondamente negative è consigliabile richiedere in reparto un sostegno psicologico.
IL RUOLO DELLA FAMIGLIA DURANTE
IL RICOVERO
È importante che vi sia una buona e stretta collaborazione
tra famiglia e operatori, non solo per massimizzare il senso di
benessere emotivo, ma anche per assicurare la migliore riabilitazione del paziente. Il vostro aiuto è fondamentale.
Mantenere buoni rapporti con gli operatori sanitari spesso
accresce la collaborazione del paziente nei trattamenti. La
famiglia può essere una risorsa utile al personale della riabilitazione quando c’è accordo sulle terapie, che vanno sempre
condivise ed accettate per evitare spiacevoli incomprensioni
e conflitti inutili.
La famiglia dovrebbe incoraggiare il proprio caro, valorizzando ogni minimo progresso.
CONSIGLI PER I FAMIGLIARI DURANTE
IL RICOVERO
Se possibile, cercate di dedicare del tempo a voi stessi e
cercate di non isolarvi a livello sociale o di nascondere quanto
accaduto a parenti e amici stretti: estendere la rete di supporto
è fondamentale sia per voi che per il vostro caro.
Cercate di partecipare agli incontri didattici organizzati dal
reparto: vi saranno forniti consigli utili sia per affrontare il
periodo di ricovero che il futuro.
Se vi sentite sopraffatti da emozioni e pensieri molto negativi, non esitate a chiedere un supporto emotivo; potete
chiedere una consulenza allo psicologo del reparto.
Per avere informazioni su come
comportarsi al meglio e integrarsi
nel processo terapeutico i famigliari
possono:
• rivolgersi agli operatori dell’equipe
• partecipare agli incontri didattici/educazionali organizzati in reparto
• chiedere eventuale sostegno psicologico durante il ricovero ospedaliero,
rivolgendosi al medico di riferimento
che contatterà lo psicologo di reparto,
Dott. Federico Gasparini.
Opuscolo a cura della Medicina Fisica e Riabilitativa
IRCCS Arcispedale Santa Maria Nuova
Reggio Emilia, Giugno 2015