IL PAZIENTE DOPO L’ICTUS TRA FRAGILITÀ EMOTIVA, DEFICIT MOTORI E AUMENTATO RISCHIO L’ictus costituisce la principale causa di disabilità, provocando un tasso di invalidità grave del 15% e lieve del 40% calcolato a un anno dal primo evento, inoltre è la seconda causa di demenza e rappresenta un fattore causale di depressione nel 30% dei pazienti. Chi è colpito da ictus va incontro sia a deficit motori sia a difficoltà cognitive ed emotive che devono e possono essere gestiti efficacemente. L’ictus condiziona il modo di vestirsi e mangiare, la possibilità di guidare un automobile, il lavoro, la sessualità. La persona deve imparare nuovamente a svolgere le più normali attività quotidiane: scendere e risalire sul letto, lavarsi, mangiare. Deve apprendere nuovamente a comunicare, compensando eventuali deficit di linguaggio, deve ricorrere all’aiuto di altre persone. Questa stato di privazione pesa in modo determinante sulla sfera emotiva: la persona passa solitamente attraverso fasi di rifiuto, rabbia, depressione. Il manager d’azienda, brillante, carico di responsabilità, attivo, può ritrovarsi incapace di apporre una semplice firma su un foglio e la perdita del proprio ruolo nel lavoro può spingerlo a stati di prostrazione. Una madre può sentirsi sopraffatta dalla mancanza di certezze, sia per le difficoltà attuali che per il rischio di un secondo evento. Il paziente deve essere pertanto rassicurato dell’esistenza di efficaci terapie preventive in grado di proteggerlo da ricadute e assistito nel recupero motorio e funzionale con un approccio farmacologico e psicologico integrato. Chi sopravvive all’ictus deve essere seguito e aiutato ad accettare la nuova condizione riacquisendo speranza. Anche la famiglia va aiutata: spesso chi deve assistere o convivere con una persona colpita da ictus può non riuscire a gestire la situazione, sviluppando rabbia e confusione. Si crea una relazione di dipendenza tra paziente e familiare, o un’inversione dei ruoli che non tutti sono in grado di accettare. Soprattutto pesa il dubbio, la domanda inespressa “E se capitasse di nuovo?”. Per queste ragioni è fondamentale che malato e familiari vengano informati in modo chiaro e comprensibile sulla natura della malattia e sulle probabilità di guarigione. È altrettanto importante che non vengano abbandonati una volta tornati a casa, che ricevano, sia nei centri specializzati sia a casa, le cure riabilitative necessarie. La possibilità di usufruire di assistenza infermieristica anche a domicilio, il sostegno del sistema sanitario nazionale, soprattutto il riconoscimento in tempi brevi dei benefici di legge previsti in caso di disabilità, l’accesso ai farmaci più moderni ed efficaci gratuitamente, aiutano il paziente e chi gli vive accanto ad affrontare il cammino verso il recupero della qualità della vita. Ma la cura del paziente dopo un ictus deve tener conto anche della possibilità di un secondo attacco: il paziente colpito da ictus diventa ‘fragile’, ha cioè maggiori probabilità di incorrere in un successivo evento (un altro ictus, un evento cardiovascolare come angina o infarto o una patologia che colpisca qualsiasi altro distretto vascolare). Il rischio riguarda il 10% dei pazienti nelle prime settimane e si riduce al 5% superato il primo anno. Molte delle condizioni che hanno portato all’insorgenza del primo attacco infatti persistono: diabete, malattie cardiocircolatorie, aterosclerosi, aterotrombosi, stenosi carotidea aumentano considerevolmente le probabilità. Per allontanare il pericolo di una ricaduta, è consigliabile adottare sia i cambiamenti nello stile di vita: in primo luogo mantenersi attivi, adottare una dieta povera di sale e di grassi, soprattutto animali, evitare il fumo di sigaretta e il consumo di alcolici, sia il ricorso alle strategie di prevenzione più efficaci.