UNIVERSITA’ LA SAPIENZA DI ROMA POLICLINICO UMBERTO PRIMO MASTER UNIVERSITARIO DI SECONDO LIVELLO IN TERAPIA INTENSIVA NEONATALE E PEDIATRICA TACHICARDIA PAROSSISTICA SOPRAVENTRICOLARE, DESCRIZIONE DI UN CASO CLINICO Dr.ssa Magi Letizia T.I.N. Ospedale S. Donato di Arezzo Anno Accademico 2009-2010 ARITMIE SOPRAVENTRICOLARI Con il termine di aritmie sopraventricolari s’intendono quelle anomalie del ritmo che originano a livello degli atri e/o della giunzione atrioventricolare. Sono i disturbi del ritmo in assoluto più frequenti in età pediatrica. A tale categoria appartengono l’extrasistolia atriale e giunzionale, le tachicardie sopraventricolari, il flutter e la fibrillazione atriale. TACHICARDIE SOPRAVENTRICOLARI Le tachicardie sopraventricolari rappresentano sicuramente l’aritmia complessa di più frequente riscontro in età pediatrica. Il concetto che la tachicardia sopraventricolare potesse essere causata da un meccanismo di rientro a livello del nodo AV è stato proposto per la prima volta da Barker et al nel 1943. Gli autori non erano in grado di confermare tale concetto per le scarse risorse tecniche investigative. Ci sono voluti circa 30 anni rima che gli studi di elettrofisiologia cardiaca diventassero una routine clinica, per poter definire i meccanismi elettrofisiologici alla base delle tachiaritmie. INCIDENZA La tachicardia sopraventricolare (SVT) è osservata nei pazienti pediatrici con un’incidenza di 0,1-0,4%. Sebbene la tachicardia parossistica atrioventricolare sia il meccanismo più frequente, la tachicardia atriale ectopica rappresenta il 5-20% delle SVT in età pediatrica. 2 Generalmente le TSV si manifestano in soggetti senza altre patologie cardiache, nel caso di soggetti cardiopatici le anomalie di più frequente riscontro sono: la malattia di Ebstein che nel 30% dei casi si accompagna a vie accessorie spesso multiple, il prolasso della mitrale e infine alcune cardiopatie congenite operate e tra queste prevalente la trasposizione dei grossi vasi arteriosi corretta con la tecnica di Mustrd o Senning e il cuore univentricolare o altre anomalie complesse operate con intervento di Fontan. MECCANISMO FISIOPATOLOGICO In base al meccanismo elettrofisiologico che è alla loro base, le tachicardie sopraventricolari vengono suddivise in forme da rientro, da anormale automatismo e da automatismo triggerato. Si parla di rientro quando lo stimolo elettrico viene condotto per più di una volta in un circuito chiuso. Questo per potersi realizzare richiede la presenza di un substrato anatomofunzionale capace di essere attivato da appropriati stimoli, ad esempio battiti ectopici. Tale substrato deve essere costituito da due vie con le seguenti caratteristiche: differente durata dei periodi refrattari, comparsa di blocco unidirezionale su di una via, contemporaneo rallentamento della velocità di conduzione sull’altra via. 3 I circuiti di rientro possono avere varia estensione e utilizzare più strutture cardiache. Infatti, possono essere limitate a poche fibre miocardiche nel contesto degli atri o della giunzione atrio ventricolare (micro rientri), oppure essere più estesi e interessare da una parte il normale asse di conduzione nodohissiano e dall’altra vie accessorie atrioventricolari (macrorientri). Le vie accessorie atrioventricolari sono la causa più frequente di tachicardia sopraventricolare a esordio in età pediatrica, mentre è decisamente ridotta rispetto alla popolazione adulta l’incidenza di tachicardia sopraventricolare da doppia via nodale. Le vie accessorie sono alla base sia della sindrome di Wolf-ParkinsonWithe sia molto più raramente di una forma molto particolare nota come Tachicardia Permanete Giunzionale Reciprocante che è caratteristica dell’età pediatrica. Questa dipende da una sottile via accessoria a sede settale in cui lo stimolo è condotto molto lentamente e solo in senso retrogado, tale caratteristica elettrofisiologica rende l’aritmia usualmente incessante. Le vie accessorie sono costituite da fasci di miocardio comune, variamente disposti a cavallo dell’anello fibroso mitralico e/o tricuspidale, che permettono di bypassare l’asse nodohissiano sia in senso a anterogrado , e in questo caso facilmente identificabili sull’ECG di superficie in ritmo sinusale per la presenza di PR breve e onda delta, sia in senso retrogrado. Le vie accessorie possono avere una conduzione anterograda e retrograda oppure solo retrograda, le cosiddette vie occulte. Entrambi i tipi di vie predispongono all’innesco e al mantenimento delle tachicardie sopraventricolari. L’automatismo anormale è una proprietà che in condizioni fisiologiche è posseduta solo dal nodo del seno e dal tessuto di conduzione. L’automatismo consiste nella depolarizzazione diastolica lenta e spontanea sino a raggiungere il potenziale soglia che condiziona quindi la comparsa del potenziale d’azione. La frequenza di attivazione decresce dal nodo del seno, che 4 rappresenta il segnapassi del cuore, alle fibre di Purkinje ventricolari. In determinate situazioni, come in seguito a un danno miocardico, oppure come conseguenza di modificazioni dei liquidi extracellulari, o più frequentemente senza una ragione conosciuta, alcune cellule cardiache possono acquisire la proprietà dell’automatismo e, se dotate di una frequenza maggiore di quella sinusale, divenire il principale pacemaker del cuore. Le tachicardie sopraventricolari possono essere atriali o giunzionali. Delle giunzionali se ne conoscono due forme: una idiopatica molto rara e l’altra relativamente più frequente che complica l’immediato postoperatorio cardochirurgico. Le forme automatiche sono caratteristiche dell’età pediatriche hanno, per le loro caratteristiche elettrofisiologiche, un andamento incessante. L’automatismo triggerato si ha quando le fibre miocardiche presentano una depolarizzazione diastolica (automatismo)indotta da uno stimolo (trigger). La depolarizzazione diastolica è nota come potenziale tardivo e, se sufficientemente ampio e tale da raggiungere la soglia, potrà provocare la comparsa di potenziali d’azione ripetitivi e auto mantenersi. Questo meccanismo è raramente alla base della tachicardia sopraventricolare a esordio nell’età pediatrica, mentre è più frequentemente responsabile di una forma di tachicardia ventricolare nota come tachicardia fascicolare. Il meccanismo elettrofisiologico che è alla base delle singole tachicardie sopraventricolari condiziona anche la loro risposta ai tentativi d’induzione e d’interruzione delle tachicardie durante studio elettrofisiologico. Così le forme da rientro e triggerate sono inducibili e interrompibili, mentre quelle da aumentato automatismo non sono né inducibili né interrompibili, ma possono essere catturate solo se si stimola l’atrio ad una frequenza maggiore di quella della tachicardia. 5 6 QUADRO CLINICO L'espressione clinica delle aritmie dipende fondamentalmente dagli effetti che l'aritmia stessa produce sulla gittata cardiaca, dalla presenza di una sottostante patologia cardiaca e dall'età del bambino. Come spesso accade nel corteo sintomatologico possiamo distinguere segni e sintomi aspecifici (e quindi, spesso, subdoli) quali l'astenia, la riduzione dell'appetito, la suzione inefficace, il dolore toracico ed altre manifestazioni, invece, più specifiche quali il cardiopalmo, la sincope, l'arresto e l'insufficienza cardiaca. Spesso, però, anche di fronte a quelli che possono essere considerati segni e sintomi di specifico indirizzo cardiologico ci troviamo a fare i conti con una aspecificità eziologica “imbarazzante”. Basti pensare, ad esempio, che sia le tachiaritmie che le bradiaritmie severe possono manifestarsi con un quadro clinico molto simile; ne deriva che la diagnosi eziologica specifica non può prescindere, nella maggior parte dei casi, da una documentazione ECG in corso di evento acuto. Nel feto un quadro di tachiaritmia parossistica sostenuta si associa spesso all'evidenza di idrope fetale o insufficienza cardiaca congestizia acuta. Nei lattanti e nei neonati le tachiaritmie decorrono in modo sostanzialmente asintomatico fino all'evidenza di una compromissione emodinamica. Nel bambino più grandicello sintomi di sospetto sono: il cardiopalmo, il dolore toracico, il pallore, la dispnea e la nausea. Tali manifestazioni cliniche spesso si evidenziano in presenza di condizioni slatentizzanti quali la febbre, l'esercizio fisico e le condizioni di stress in genere. La tachicardia sopraventricolare è caratterizzata da esordio e cessazione improvvisi; l’attacco può essere precipitato anche da una infezione acuta, solitamente a riposo. Gli attacchi possono continuare solo per alcuni secondi o 7 persistere per ore. La frequenza cardiaca è solitamente superiore a 180 batt/min e occasionalmente può essere superiore a 300/min. Tipicamente le tachicardie sopraventricolari hanno due picchi di insorgenza: uno nel primo anno di vita e dopo i 7-9 ani di età. L’incidenza delle forme è anch’essa dipendente dall’età, essendo alcuni tipi più comuni nei primi anni di vita, come le tachicardie sopravenrticolari da via accessoria, e altre più frequenti nell’adolescenza come le forme a doppia via nodale. L’età è inoltre importante ai fini della modalità di presentazione: dopo i 2-3 annidi vita il cardiopalmo e più raramente le sincopi e le presincopi rappresentano la modalità di presentazione più comune, al di sotto dell’anno di vita invece la sintomatologia è molto subdola e spesso di difficile inquadramento, per cui la tachicardia a volte può venire riconosciuta solo in seguito alla comparsa di scompenso cardiaco. Nel lattante i sintomi premonitori di una tolleranza non ottimale dell’aritmia sono le modificazioni dell’umore, la comparsa di pallore e le difficoltà ad alimentarsi. Sebbene tale sintomatologia sia aspecifica e comune anche ad altre patologie, se si manifesta in un lattante noto portatore di tachicardia sopraventricolare deve far subito porre in diagnosi differenziale la presenta di una tachiaritmia. Tipi e caratteristiche ECG delle più comuni forme di tachicardia parossistica del bambino RNAV R WPW Via occulta TGRP TAE TG Asse P Non visibile 90-270 90-70 270-360 Qualsiasi 0-90 PR>RP Si Si Si No No BAV FC 220 260 230 170 160 180 BAV No No No No Si Si tipo P P P I I I P: parossistico; I:incessante 8 Molto più raramente le tachicardie sopraventricolari possono essere riconosciute occasionalmente. Questo avviene essenzialmente per le forme automatiche del lattante dove la tachicardia ha valori di frequenza cardiaca usualmente compresi tra 180 e 200 batt/min e quindi risulta essere ben tollerata molto più a lungo delle forme reciprocanti che hanno frequenze cardiache molto più elevate. Le tachicardie sopraventricolari quindi possono essere sospettate in base sia alla sintomatologia sia in seguito al riconoscimento di valori elevati di frequenza cardiaca all’esame obiettivo. La conferma della presenza di una tachiaritmia può essere ottenuta però solo con l’elettrocardiogramma. Usualmente la tachicardia sopraventricolare si presenta come una tachicardia a QRS stretto con valori di FC compresi tra 180 e 320 batt/min. Sebbene l’aberranza di conduzione sia frequente nei primi battiti della tachicardia, il riscontro di un QRS largo deve sempre far sospettare una tachicardia ventricolare. A) tachicardia sinusale con normale morfologia delle onde P, (B) con SVT anomalo asse dell'onda P. 9 Entrambi ECGsare da neonati. Nell’analisi del tracciato elettrocardiografico particolare attenzione andrà posta nella ricerca dell’onda P per definire sia la morfologia sia i rapporti con il QRS. Infatti questi due elementi associati ai valori di FC usualmente sono sufficienti a permettere la diagnosi differenziale tra le varie forme di tachicardia sopraventricolare. E’ molto importante anche l’analisi del tracciato una volta ristabilito il ritmo sinusale , in quanto potrebbe rendersi manifesta una sindrome di Wolf-Parkinson-Withe. Figura pag 294 La valutazione del paziente con tachicardia sopraventricolare deve sempre comprendere lo studio ecocardiografico per valutare la presenza di e il grado d’impegno di un’eventuale cardiopatia, nonché le ripercussioni emodinamiche della tachicardia, soprattutto se ad andamento incessante. L’Holter e la prova da sforzo andranno riservate ai pazienti con forme croniche nei quali è importante avere dati basali per valutare l’efficacia della terapia. La stimolazione atriale trans esofagea (SATE) andrà eseguita nei pazienti con tachicardia sopraventricolare da rientro nei quali non è stato possibile definire il circuito che ne è alla base, nei pazienti con sintomatologia suggestiva di tachicardia sopraventricolare che però non è mai stata documentata in quanto a rapida risoluzione ed infine nei pazienti con sindrome di WPW per una precisazione del rischio aritmico. 10 TRATTAMENTO: La terapia delle tachicardie sopraventricolari può essere acuta con lo scopo di interrompere l’aritmia, oppure cronica per prevenire le recidive. TERAPIA ACUTA: manovre vagali, farmaci antiaritmici oppure terapia elettrica. Manovre vagali: le più comuni sono rappresentate dalla compressione del seno carotideo, dalla manovra di Valsalva sono solitamente inefficaci sotto i 2-3 anni di vita. La compressione dei bulbi oculari, frequentemente utilizzata nell’adulto, non dovrebbe invece venire impiegata nel bambino e in particolare nel lattante in quanto potenzialmente lesiva per la retina. Nel primo anno di vita il diving reflex rappresenta la manovra vagale di più frequente impiego. Tale manovra viene eseguita comprimendo sul naso e sulla bocca del bambino un contenitore di gomma riempito di ghiaccio, per circa 15-20 secondi. Il diving reflex è ripetibile e deve essere eseguito sotto monitoraggio del ritmo cardiaco; la sua efficacia è massima nel trattamento delle forme reciprocanti/parossistiche di recente insorgenza. Il divin reflex è un riflesso primordiale che comporta un’attivazione vagale massima in seguito alla stimolazione con freddo dei recettori periorali e perinatali, la sua efficacia si riduce drasticamente dopo l’anno di età. Terapia farmacologica: attualmente sono molti i farmaci antiaritmici che possono essere utilizzati nel trattamento della tachicardia sopraventricolare. La scelta è strettamente dipendente dal tipo di meccanismo elettrofisiologico che è alla base della tachicardia. Le forme da rientro in genere rispondono molto bene sia a farmaci come ATP, Adenosina e Verapamil che 11 essenzialmente bloccano il seno atrio-ventricolare sia al Propafenone e alla Flecainide che agiscono sul nodo AV e sulle vie accessorie. Tra questi farmaci la preferenza dovrebbe essere data all’ATP e all’Adenosina poiché hanno una brevissima emivita inferiore a cinque minuti, da un lato sono così facilmente ripetibile e dall’altro non preclude l’impiego di atri. Non hanno inoltre effetto inotropo negativo per cui sono particolarmente utili in corso di scompenso. Trattamento con Adenosina :Si tratta di un farmaco a breve emivita in grado di indurre un blocco farmacologico a livello dei nodi SA e AV. Va somministrata in bolo e.v. rapido (con successivo lavaggio con 2.5-5 cc SF) alla dose iniziale di 0.1 mg/kg che può essere poi aumentata a 0.2 mg/kg. L'efficacia del farmaco si dimostra con un brusco rallentamento della FC, talora con l'evidenza di una breve fase di asistolia, seguita da una rapida ripresa della normale attività cardiaca. Sotto l’anno di vita è sconsigliato l’uso del Verapamil in quanto è stato descritto provocare dissociazione elettromeccanica comunque reversibile con la somministrazione endovenosa di calcio gluconato. Nelle tachicardie sopraventricolari automatiche invece è raro dover ricorrere alla terapia acuta a meno che il paziente non sia in scompenso cardiaco o in casi di insorgenza nell’immediato periodo post-operatorio cardioghirurgico. In questi casi è preferibile l’utilizzo di Amiodarone, Beta-bloccanti e Digitale anche in associazione. Nella tachicardia giunzionale post-operatoria la terapia più efficace è risultata la riduzione della temperatura corporea a valori di 3135°C. Lo scopo della terapia acuta è quello di ridurre la frequenza cardiaca a valori compresi tra 130-140 batt/min, in tali alterazioni del ritmo è molto difficile ottenere in modo acuto il ripristino stabile del ritmo sinusale. 12 Nei casi in cui non si ottiene ripristino del ritmo sinusale con la terapia farmacologica si ricorre nelle forme di tachicardia sopraventricolare da rientro alla SATE oppure alla cardioversione elettrica sincronizzata (0.5 – 1 J/Kg). . ******aggiungere protocollo TERAPIA CRONICA: Il tipo di trattamento dipende dal tipo di tachicardia. Nelle forme da rientro, dopo che la tachicardia è stata interrotta la decisione se iniziare un trattamento cronico dipende da numerosi fattori: età d’esordio durata e sintomatologia della tachicardia, caratteristiche elettrofisiologiche del substrato aritmico. In caso di indicazione alla terapia cronica, il farmaco di scelta dipende dal tipo di rientro (forme dipendenti da via accessoria, forme a doppia via nodale. SINDROME DI WOLF-PARKINSON-WITHE Tale sindrome è dovuta alla presenza di fibre muscolari accessorie poste a cavallo dell’anello mitralico e/o tricuspidale. L’incidenza nella popolazione normale è pari allo 0,5-2‰. Nel 20-30 % dei casi è associata a cardiopatia congenita, prevalentemente malattia di Ebstein dove le vie accessorie sono generalmente multiple o a trasposizione delle grosse vie arteriose congenitamente corretta. Il 50-60% dei soggetti pur avendo una situazione di base predisponente all’innesco di tachicardia sopraventricolare rimane asintomatico per tutta a vita. Il 40-50% dei soggetti invece diverrà sintomatico per episodi di tachicardia sopraventricolare che nell’età pediatrica ha due picchi d’incidenza: uno nei primi 3-6 mesi d’età 13 l’altro dopo i 7-8 anni. L’età d’insorgenza è importante ai fini dell’evoluzione infatti nei soggetti con esordio precoce queste scompaiono stabilmente dopo il primo anno di vita nel 60-70% dei casi. La possibilità di regressione spontanea si riduce se l’esordio è stato tardivo. La sindrome di Wolf-Parkinson-Withe può rendersi responsabile di morte improvvisa per invasione elettrica dei ventricoli attraverso la via accessoria in corso di flutter o fibrillazione atriale. L’incidenza di tale evenienza è molto bassa pari a 2‰/anno nei pazienti sintomatici e 0,75‰/anno in quelli asintomatici. Tali pazienti possono essere determinati attraverso la stimolazione transesogfagea che attualmente rappresenta il metodo valutativo di prima scelta del paziente con sindrome di WPW. Sindrome WPW. Si noti il breve intervallo PR e storpiato salita QRS (onda delta) 14 CASO CLINICO Caterina B. è nata il 18.05.2008 a 41 settimane di età gestazionale da II gravidanza (1 precedente aborto spontaneo) decorsa con ricovero alla 35° settimana per sospetto ritardo di crescita intrauterina, eseguita amniocentesi risultata nella norma. Parto distocico per applicazione di vacuum, ha avuto un buon adattamento alla vita extrauterina; I.A. 9-10; peso Kg. 2,910. Alla prima visita è evidenziata all’esame obiettivo una microretrognazia, ugula bifida e un lieve ipertelorismo. A 24 ore di vita durante la visita pediatrica veniva segnalato un ipertono degli arti inferiori e del tronco, era presente acrocianosi, nella norma la restante obiettività clinica. Venivano prescritti esami ematici di routine, cariotipo ( negativo), emogasanalisi ed era prescritto il monitoraggio dei parametri vitali. Durante il monitoraggio al nido si evidenziavano episodi di desaturazione e cianosi periorale e quindi la neonata veniva ricoverata presso il reparto di Patologia Neonatale. All’ingresso in reparto erano richiesti l’Rx torace e l’ECG risultati nella norma e un’ ecografia cardiaca che metteva in evidenza apertura del dotto arterioso con shunt sinistro-destro, nella norma i restanti reperti. E’ stata eseguita anche l’ecografia cerebrale che diagnosticava un’agenesia parziale del corpo calloso. A 48 ore di vita la neonata presentava difficoltà all’alimentazione, scarsa suzione e aveva numerosi rigurgiti, per tale motivo erano prescritti esami ematici risultati nella norma ( compresa la PCR), 15 un’urinocoltura, l’esame urine risultato positivo per nitriti e per tanto veniva iniziata terapia antibiotica. (Urinocoltura era positiva per Enterococco con carica > 1.000.000 ufc/Ml). Nonostante la terapia antibiotica a largo spettro la neonata presentava ancora difficoltà ad alimentarsi tanto che in gran parte era alimentata a gavage e in nutrizione parenterale parziale attraverso catetere venoso. Sono state eseguite anche un’ ecografia dell’addome e dei reni che metteva in evidenza la normalità del piloro per lunghezza e spessore e numerosi episodi di reflusso. I reni, normali per morfologia e in sede, presentavano una normale differenziazione corticomidollare ed iperecogenicità degli apici midollari, vi era una pielectasia sinistra intraparenchimale con diametro di 7 mm. A 12 giorni vita nonostante l’ampio spettro della terapia antibiotica e antireflusso la piccola aveva ancora numerosi rigurgiti e vomiti con variazione dell’obiettività addominale: l’addome era intensamente meteorico anche se non dolente e nel profilo ematochimico la PCR era in salita. Sospesa l’alimentazione enterale, sono state eseguite colture di controllo( feci ed urine risultate negative) e l’Rx addome era refertato con regolare distribuzione del meteorismo intestinale. Su questi dati era stata variata la terapia antibiotica fatta finora in base all’antibiogramma della prima urinocoltura positiva per Enterococco. A 13 giorni di vita la neonata si presentava molto irrequieta, colorito pallido, con rilievo di frequenza cardiaca > di 200 battiti/min., era febbrile e agli esami ematici era presente una 16 leucocitosi neutrofila e un ulteriore aumento della PCR ( valore max. di 9,26 mg/dl). Eseguito l’ECG era presente una tachicardia sopraventricolare con Freq.cardiaca intorno a 250batt./min. ( ALLEGATO 1 E 2). Il trattamento tempestivo era eseguito in bolo con adenosina e.v. rapida ( 0,1 mg/kg) con cardioversione e rientro del ritmo sinusale. La cardiologa eseguendo in seguito a questo episodio di tachicardia sopraventricolare l’ecografia cardiaca dimostrava una variazione del quadro cardiologico precedente. Il ventricolo sinistro era di aspetto globoso, disfunzionante, con la presenza di numerose trabecole e recessi a livello soprattutto della porzione media ed apicale, con presenza di sangue negli spazi intertrabecolari. L’aspetto del ventricolo destro era simile, la frazione di eiezione era del 46%. Il dotto arterioso era chiuso, normali le strutture valvolari e i ritorni venosi. Il quadro era compatibile con la diagnosi di ventricolo sinistro Non-Compattato. (iniziata terapia con lanoxin) Migliorate le condizioni generali con apiressia, con il netto miglioramento dell’obiettività addominale la piccola Caterina presentava al 20° giorno di vita variazione dell’esame neurologico. A 20 giorni di vita aveva presentato 2 equivalenti convulsivi con desaturazione importante e un 3° episodio di desaturazione con ipertono generalizzato, cianosi diffusa, apnea, sguardo fisso risolto con ventilazione in maschera. Era iniziato bolo di attacco con fenobarbital con risoluzione della crisi convulsiva. Eseguiva il giorno successivo EEG che mostrava anomalie elettrografiche caratterizzate da un’attività parossistica di punte ed onde puntute di grande ampiezza 17 localizzate nei settori frontocentrali dei due emisferi con andamento indipendente dal ritmo di fondo. La neonata eseguiva anche la RM encefalo che confermava l’agenesia parziale del corpo calloso con assenza dello splenio e del rostro, nella norma le restanti strutture. A questo punto era sospettata una malattia metabolica dato il quadro neurologico e cardiaco degenerativo, erano stati fatti esami di scrrening metabolici di I° e II° livello risultati nella norma. Per tale motivo la piccola veniva trasferita presso l’Ospedale Meyer per eseguire accertamenti metabolici di III° livello. La piccola ha eseguito esami che hanno escluso una malattia metabolica ma la consulenza genetica e l’esecuzione del cariotipo con metodica F.I.S.H hanno fatto diagnosi di difetto genetico con delezione del cromosoma 1……… La piccola Caterina attualmente a 2 anni e ½ presenta un importante ritardo psicomotorio, è in terapia con depakin sosp., presenta frequenti episodi di convulsioni febbrili. Il quadro cardiologico è regredito tornando ad una struttura ventricolare normale. 18 19 20 FONTI BIBLIOGRAFICHE • Behrman, Kliegman, Jenson. “Nelson- Textbook of Pediatrics” XVII ed. Saunders • D. Dubin “Rapida interpretazione dell'E.C.G” quarta ed. italiana, Ed. 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