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Colin A. Espie
SUPERARE L’INSONNIA
COME DORMIRE MEGLIO CON LA TERAPIA
COGNITIVOCOMPORTAMENTALE
Ed. italiana a cura di Laura Palagini
ECLIPSI
SUPERARE L’INSONNIA
Come dormire meglio con la terapia
cognitivo-comportamentale
Traduzione italiana di:
Overcoming insomnia and sleep problems. A self-help guide using Cognitive Behavioral Techniques
First published in the UK by Robinson, an imprint of Constable &
Robinson Ltd, 2006
Traduzione e cura: Laura Palagini
Editing: Andrea Pioli
Videoimpaginazione: Gesp srl
Copyright ©
2006
Constable & Robinson Ltd
3 The Lanchesters
162 Fulham Palace Road
London W6 9ER
www.constablerobinson.com
Copyright ©
2013
Eclipsi srl
Via Mannelli, 139
50132 Firenze
Tel. 055-2466460
www.eclipsi.it
ISBN: 978-88-89627-25-9
I diritti di traduzione, di riproduzione, di memorizzazione elettronica, di
adattamento totale e parziale con qualsiasi mezzo (compresi i micro-film e le
copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi.
Ad Aud: mia moglie,
la mia anima gemella.
SOMMARIO
Ringraziamenti
Prefazione all’edizione italiana di Liborio Parrino
Premessa
Prefazione di Peter Cooper
Introduzione
VII
IX
XIII
XV
1
PARTE I – COMPRENDERE L’INSONNIA
Introduzione alla prima parte
1
2
3
4
Il sonno normale
Le alterazioni fisiologiche del sonno
I disturbi del sonno e l’insonnia
Le conseguenze dell’insonnia
5
7
21
29
41
PARTE II – COME COMBATTERE L’INSONNIA E
DIVENTARE UN BUON DORMITORE
Introduzione alla seconda parte
49
5
51
6
7
8
9
10
Individuare i propri problemi di insonnia
(prima settimana)
Comprendere il sonno e l’insonnia
(seconda settimana)
Igiene del sonno e tecniche di rilassamento
(terza settimana)
Riprogrammare il ritmo del proprio sonno
(quarta settimana)
Combattere la “mente che pensa troppo”
(quinta settimana)
Procedure conclusive
(sesta settimana)
63
75
89
99
113
VI
Superare l’insonnia
PARTE III – PROBLEMI PARTICOLARI
Introduzione alla terza parte
123
11
125
12
Cosa è necessario sapere a proposito
dei farmaci ipnotici?
Riconoscere e affrontare gli altri disturbi
del sonno
Glossario
131
141
RINGRAZIAMENTI
Vorrei ringraziare le molte persone che hanno dato il loro contributo, in vari modi, alla stesura di questo libro. Ci sarebbero troppe persone da menzionare: cercherò, pertanto, di fare un breve
riassunto.
Prima di tutto, sono grato ai molti colleghi e ricercatori che
ho conosciuto e con cui ho lavorato a lungo in Canada, in USA,
in Australia, in Europa e chiaramente nel Regno Unito. Lo sviluppo del trattamento cognitivo-comportamentale per l’insonnia
è stato e continua a essere un impegno a livello internazionale a
cui ho avuto il privilegio di dare un importante contributo insieme a loro. Poi devo ringraziare i preziosi componenti, passati e
presenti, del mio gruppo di ricerca presso il centro di medicina
del sonno dell’Università di Glasgow. Hanno tutti contribuito in
maniera significativa “to keep the show on the road” e sono stati la
linfa vitale della mia vita professionale.
La mia assistente personale Anita McClelland merita un ringraziamento speciale, non solo per il contributo e l’aiuto che mi ha
dato nello scrivere questo libro, ma anche per avermi sopportato
per tutti i dieci anni passati! Ogni professionista produttivo ha un
ottimo amministratore al suo fianco e per questo devo ringraziare
Anita per il suo grande lavoro. In ogni caso, tutto questo non
sarebbe stato possibile senza i nostri pazienti e i nostri ricercatori:
senza di loro, infatti, non sarebbe stato possibile incrementare
le nostre conoscenze nell’ambito di questo mondo intrigante e
misterioso che chiamiamo insonnia.
VIII Superare l’insonnia
Infine, devo dire che ho la fortuna di avere una famiglia meravigliosa, che mi dà grande sostegno e di cui sono molto orgoglioso: Craig, che sta seguendo l’altro sogno del padre poiché studia
musica; Carolyn, che sta seguendo le nostre orme studiando psicologia; e il nostro Robbie, il più giovane, che ha cinque anni e
che sa già come prendere le decisioni più importanti nella vita!
Soprattutto, però, devo ringraziare mia moglie Audrey, una donna veramente speciale, alla quale dedico questo libro con tutto il
mio amore.
PREFAZIONE ALL’EDIZIONE
ITALIANA
Ho sempre detto – e sperimentato –
che il più potente degli ipnotici è il sonno.
Alla Ricerca del Tempo Perduto, Marcel Proust
Il sonno è l’ipnotico più ecologico ed economico del mondo. Non
occorre andare in farmacia per procurarselo. Ce lo ritroviamo addosso, disponibile e gratuito, al termine di ogni lungo periodo di
veglia, pronto a liberarci dalla stanchezza e a ridarci vigore e lucidità. Privo di rischi e di effetti collaterali, il sonno è la via più
naturale ed efficace per garantire non solo l’indispensabile apporto
giornaliero di riposo e di ristoro, ma la stessa sopravvivenza. Un
medicamento salva-vita che va preso a orari precisi e a dosaggi adeguati perché possa regolare adeguatamente tutte le funzioni dell’organismo e assicurare benessere alla nostra giornata. Anticipando
o posticipando in maniera forzata e prolungata il sonno si rischia
infatti di comprometterne l’efficacia e di andare incontro a grossi
fastidi. Un bagno quotidiano di salute da assumere in condizioni di
silenzio e isolamento, meglio se in assenza di farmaci, per usufruire
appieno della sua azione curativa.
Purtroppo, per molte persone il sonno è un lusso, e anche quando riescono in qualche modo a procurarselo lo sentono insufficiente o inadeguato. A volte le cose vanno a posto da sole, magari
ricorrendo a qualche rimedio naturale; ma cosa succede quando
il sonno perde il suo potere lenitivo e si diventa insonni in modo
persistente?
L’esperienza della notte senza riposo è dolorosa e frustante. E
dopo una notte insonne ci accompagna la stanchezza, siamo irritabili, poco lucidi e scarsamente reattivi e vigili. Di fronte a questo
X
Superare l’insonnia
tipo di paziente il medico si affida spesso alla terapia farmacologica,
consegnando le chiavi della guarigione alla pillola per dormire.
In Superare l’insonnia, Colin Espie offre una chiave di lettura alternativa, trasmettendo al paziente gli strumenti per gestire meglio
la propria vita e la propria insonnia.
Illustrando i fondamenti della fisiologia del sonno, in modo
agile ma non banale, aiuta il lettore a familiarizzare con un’idea
del riposo basata sulla macrostruttura ipnica espressa dagli stadi
del sonno REM e non-REM. Un software semplice ma robusto già
presente prima della nascita, che si plasma nelle varie fasi della vita,
ma che si basa comunque su regole precise e solide. Alternando
stadi di sonno leggero a stadi di sonno profondo viene svelato un
percorso che il nostro cervello affronta tutte le notti e in cui sceneggiature prevedibili si intrecciano con sorprese inattese. Il cervello
che dorme assomiglia pertanto a un computer con programmi fissi,
ma capace anche di ricevere e codificare informazioni provenienti dal resto dell’organismo e dal mondo esterno. Appropriandosi
delle regole di base del sonno naturale, il paziente dispone di soluzioni pratiche basate sull’adesione alle regole di igiene del sonno.
Evitando sostanze e comportamenti sbagliati, e disciplinando con
rigore le tappe di avvicinamento serale al sonno, vengono delineate
strategie ai limiti del buon senso, ma che in realtà vengono sistematicamente disattese nella vita quotidiana di molti individui.
Per troppe persone il sonno è un intervallo fastidioso, un obbligo da assecondare, un vincolo biologico da subire. La scarsa attenzione culturale verso l’insonnia potrebbe essere legata anche a un
tratto caratteristico delle società industrializzate: l’ossessione della
produttività, la sua maniacale valorizzazione, la globalizzazione,
l’inquinamento luminoso, la necessità di essere connessi sempre e
con ogni angolo della Terra.
Questo spiega perché l’insonnia è praticamente endemica nella società moderna. Eppure, nel contesto generale della medicina,
l’insonnia non viene considerata né una malattia né una sindrome,
ma tutt’al più un sintomo o un disagio personale legato a situazioni
e a cause eterogenee. Il punto di vista del paziente è completamente
diverso. Contrariamente a quello che succede a coloro che soffrono
di una sindrome delle apnee morfeiche, che spesso sono scarsamente preoccupati del proprio disturbo, i pazienti insonni sono
estremamente e talvolta eccessivamente sensibili alle anomalie che
Prefazione all’edizione italiana
XI
riscontrano nel proprio sonno. Anzi, la sofferenza soggettiva che
l’insonnia provoca è così rilevante da influenzare in modo determinante la diagnosi. Così, nel corso degli anni, la dimensione psicologica dell’insonnia ha fatto gravitare questa patologia nell’orbita
delle malattie psichiatriche, trascurando completamente i fattori
neurofisiologici che la determinano. Questa parziale distorsione
del problema ha prodotto atteggiamenti che spaziano dalla sottovalutazione del disturbo alla sua eccessiva drammatizzazione. Tale
atteggiamento diagnostico si riflette poi sulla condotta terapeutica,
per cui si registrano contemporaneamente comportamenti di demonizzazione del trattamento farmacologico a fianco di un permissivismo acritico che conduce all’uso improprio e alla dipendenza.
In Italia sono oltre 4 milioni gli insonni cronici, e quasi 2 milioni
e mezzo di persone assumono farmaci ipnotici da oltre 1 anno.
Probabilmente, molti di quelli che non assumono una terapia dovrebbero farlo, e molti di quelli che sono in trattamento starebbero
meglio senza medicine.
Anche su questo aspetto Colin Espie fornisce al lettore le giuste
istruzioni per un uso congruo dei farmaci ipnotici, e anche le modalità più corrette e prudenti per la loro sospensione.
Restano alcune lacune che non trovano spazio nelle riflessioni
dell’autore, come il ruolo non chiarito dei farmaci antidepressivi
con azione sedativa nelle fasi di disassuefazione dalle benzodiazepine, e l’assenza di riferimenti al ruolo dei micro risvegli nella fisiopatologia dell’insonnia, che avrebbe potuto aiutare meglio il lettore a
comprendere le ragioni del sonno poco riposante.
Colin Espie offre comunque un contributo che può diventare
un utile strumento di consapevolezza e di maggiore autodisciplina
nei confronti di stili di vita che tendono a scivolare verso derive
pericolose. Se infatti nei secoli scorsi la salute era considerata un
diritto (peraltro riconosciuto dalla stessa Costituzione Italiana),
preservare il benessere proprio e della collettività è diventato un
dovere. Se un tempo si moriva di fame e di stenti, oggi si può morire per troppo cibo e ingiustificato disprezzo per i ritmi biologici
naturali. Stili di vita inadeguati, abitudini alimentari scorrette, assunzione di sostanze voluttuarie, sedentarietà e scarsa attenzione al
riposo diventano comportamenti intollerabili per una società che
fatica a trovare le risorse per curare i cittadini in modo equo e solidale. Il rispetto del ritmo sonno-veglia può diventare un crocevia
XII
Superare l’insonnia
importante per migliorare la qualità della vita, ma anche per prevenire conseguenze cliniche pesanti (ipertensione, diabete, infarto
miocardico, ictus cerebrale). La ritrovata centralità del sonno come
garante della salute obbliga a rivedere radicalmente nel suo complesso anche la medicina ufficiale, considerata finora una questione
della veglia e del giorno, mai del sonno e della notte. Il sonno diventa un’esperienza fondamentale di riposo per eliminare la fatica e
ripartire al risveglio con slancio ed energia. Di conseguenza, la buona salute fisica e mentale dipende da un buon sonno e l’adesione a
un’adeguata igiene del sonno rappresenta un dovere vitale.
Di tutti i piaceri che lentamente mi abbandonano, uno dei più
preziosi, e più comuni al tempo stesso, è il sonno. Chi dorme poco o
male, sostenuto da molti guanciali, ha tutto l’agio per meditare su
questa voluttà particolare. Ammetto che il sonno perfetto è quasi necessariamente un’appendice dell’amore: come un riposo riverberato,
riflesso in due corpi. Ma qui m’interessa quel particolare mistero del
sonno, goduto per se stesso, quel tuffo inevitabile nel quale l’uomo,
ignudo, solo, inerme, s’avventura ogni sera in un oceano, nel quale
ogni cosa muta - i colori, la densità delle cose, persino il ritmo del
respiro, un oceano nel quale ci vengono incontro i morti.
Nel sonno, una cosa ci rassicura, ed è il fatto di uscirne, e di
uscirne immutati, dato che una proibizione bizzarra c’impedisce di
riportare con noi il residuo esatto dei nostri sogni.
Ci rassicura altresì il fatto che il sonno ci guarisce dalla stanchezza; ma ce ne guarisce temporaneamente, e mediante il procedimento
più radicale riuscendo a fare che non siamo più.
Qui, come in altre cose, il piacere e l’arte consistono nell’abbandonarsi deliberatamente a quest’incoscienza felice, nell’accettare di
essere più deboli, più pesanti, più leggeri, più vaghi dell’esser nostro.
Memorie di Adriano, Marguerite Yourcenar
Liborio Parrino
Centro di Medicina del Sonno - Università di Parma
Presidente dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno
(AIMS)
PREMESSA
Sto scrivendo questa premessa durante il mio anno sabbatico
presso l’Università di Laval, a Quebec City. Mi ero ripromesso
di terminarne la stesura circa quattro settimane fa, ma penso di
essere in ritardo di circa un mese. In ogni caso, per un lavoro di
questa portata, non è poi così grave. Così è la vita, giusto?
Le priorità e le pressioni che riceviamo in ambito accademico
sono così tante che la maggior parte di noi spende tutto il proprio
tempo facendo ricerca, analizzando dati, scrivendo articoli scientifici e insegnando ai propri studenti. Chi di noi svolge anche attività clinica cerca di ritagliarle spazio tra le suddette occupazioni.
In questo contesto, scrivere un libro divulgativo potrebbe essere
considerato un hobby o una perdita di tempo. Ma quale scopo
avrebbe il nostro sapere se non fosse condiviso per migliorare la
vita delle persone? Questo dilemma mi ha tormentato per un po’
di tempo.
L’anno scorso, comunque, dopo esser stato contattato dall’editore, ho deciso finalmente di scrivere questo libro! Sono sicuro
che anche gli altri autori di questa serie eccellente, ideata da Constable e Robinson, sul “self help” nel trattamento cognitivo-comportamentale dei vari disturbi, si siano sentiti come me. Nel bene
e nel male, questo è il mio libro. Mi sono sentito veramente bene
scrivendolo, perché mi consente di mettere a disposizione di tutti
le conoscenze sui trattamenti per l’insonnia che per anni abbiamo
sviluppato e studiato.
XIV Superare l’insonnia
In questo libro troverete una guida pratica e completa al trattamento cognitivo-comportamentale dell’insonnia, nel modo in
cui viene effettuato nel mio centro del sonno a Glasgow. Anche
se non mi sarà possibile trattare ogni singola e particolare forma
del disturbo, sono sicuro che questo manuale vi sarà di aiuto per
superare e combattere l’insonnia. Vi auguro di avere successo nel
metterne in pratica i suggerimenti e di riuscire a dormire bene!
Colin A. Espie
Professore di Psicologia Clinica
Direttore del centro del sonno dell’Università di Glasgow, Scozia
PREFAZIONE
Peter Cooper
PERCHÉ UN APPROCCIO COGNITIVO-COMPORTAMENTALE?
Potreste aver preso in mano questo libro chiedendovi perché un
approccio psicologico come quello cognitivo-comportamentale
potrebbe aiutarvi a risolvere i vostri problemi di sonno. In questo
caso, un breve accenno storico a questa forma di trattamento potrebbe esservi d’aiuto e di incoraggiamento.
Tra il 1950 e il 1960 sono stati sviluppati vari approcci terapeutici di tipo comportamentale, che avevano delle caratteristiche
comuni fondamentali. Innanzitutto, l’obiettivo di questi approcci
era quello di affrontare il disturbo (per esempio, l’ansia) per eliminarlo, piuttosto che cercare le profonde motivazioni che l’avevano
generato (cosa che era invece l’obiettivo dell’approccio psicoanalitico). Secondariamente, si proponevano di offrire degli strumenti
validi da applicare nella pratica quotidiana, in modo da ridurre i
livelli di sofferenza legati al sintomo. Dopo un iniziale entusiasmo,
progressivamente si sono manifestati anche i limiti dell’approccio.
Innanzitutto, non ci si occupava minimamente dell’aspetto
emotivo e intrapsichico del paziente, ovvero di ciò che poteva aver
generato il sintomo. In particolar modo, l’inadeguatezza dell’approccio è emersa quando si è tentato di applicarlo al trattamento
dei quadri depressivi.
Per questa ragione, alla fine degli anni Settanta, è stato sviluppato l’approccio psicologico cosiddetto cognitivista. Il pioniere di
quest’ultimo è stato il famoso psichiatra americano Aaron T. Beck,
che ha formulato una teoria psicoterapeutica che prevedeva di andare ad agire sugli aspetti cognitivi, cioè sullo stile di pensiero, dei
XVI Superare l’insonnia
soggetti con depressione. Le teorie di Beck non hanno trovato applicazione solo per il trattamento della depressione, ma sono state
poi adottate per la terapia di altre forme di disturbi psichici, e in
pratica hanno cambiato la natura del trattamento psicoterapeutico.
Successivamente, le teorie comportamentali e quelle cognitiviste hanno subito ulteriori processi di sviluppo, e si sono
intersecate in un unico approccio, definito appunto cognitivocomportamentale (CBT; Cognitive Behavioral Therapy). Ad oggi,
i trattamenti cognitivo-comportamentali sono stati applicati
con successo in un’ampia gamma di disturbi psichici, come nei
disturbi d’ansia generalizzata, nei disturbi da attacchi di panico, nelle fobie, nel disturbo ossessivo-compulsivo, nei disturbi
dell’alimentazione e così via.
Il punto di partenza dell’approccio è che il modo in cui si
pensa, si sente e ci si comporta sono intimamente legati: il nostro
stile di pensiero è in grado di condizionare il modo in cui ci sentiamo, ci rapportiamo al mondo e ci comportiamo. In pratica, lo
stile cognitivo del paziente depresso è in grado di generare delle
emozioni e dei comportamenti caratteristici, che possono essere
modificati attraverso il trattamento cognitivo-comportamentale.
Nonostante la CBT si sia dimostrata efficace in una serie di
disturbi psichici, accade di frequente che essa non sia disponibile
o che non vi siano centri appositi per poterla effettuare. Pertanto,
spesso le persone tentano di “aiutare se stesse” come possono, col
rischio di peggiorare la situazione.
Di recente, la comunità dei terapeuti cognitivo-comportamentali ha cercato di rispondere a tali difficoltà proponendo alcuni
manuali a carattere divulgativo, in cui i principi del trattamento
di un particolare disturbo risultassero di facile comprensione alla
persona che ne soffre. Si tratta infatti di manuali di “auto aiuto”,
in cui si insegna al paziente come poter applicare le specifiche
tecniche cognitivo-comportamentali al proprio disturbo. Questo
tipo di approccio non ha certo l’intenzione di sostituirsi alla psicoterapia vera e propria, ma ha lo scopo di ampliare le capacità
dell’individuo di conoscere e fronteggiare il proprio disturbo.
Peter Cooper
Università di Reading
INTRODUZIONE
L’impossibilità di dormire è una delle peggiori esperienze che si
possano sperimentare nella vita. L’insonnia, infatti, non ha effetti
negativi solamente durante la notte, ma incide anche sulla qualità
della vita diurna. Le persone che soffrono in maniera persistente
di questo disturbo si lamentano spesso di essere giù di morale durante il giorno, di essere stanche e poco concentrate, e lamentano
difficoltà in ambito lavorativo, familiare e sociale. L’insonnia è
infatti uno dei disturbi più impegnativi per il sistema sanitario
a livello internazionale e i costi sociali per la sua gestione sono
elevatissimi. Un decimo della popolazione adulta e un quinto di
quella oltre i sessantacinque anni ne soffre, e rappresenta una delle lamentele più comunemente udite dal medico curante, ma i
sistemi sanitari, al momento, non sono in grado di offrire servizi
adeguati alla sua risoluzione.
Numerosi studi, condotti negli ultimi venticinque anni, hanno dimostrato l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale nel trattamento dell’insonnia, tanto che essa è considerata
al momento l’intervento di prima scelta per questo disturbo. Il
problema, però, è che ad oggi non è praticata in maniera così
diffusa nei servizi psicologici, nei centri del sonno e nei centri di
psicologia. Sono infatti pochi i professionisti che sono in grado
di applicarla.
Essendo io una delle persone maggiormente coinvolte nello
sviluppo di questo trattamento, vorrei aiutare, per quanto mi è
possibile, le persone con questo disturbo a utilizzare al meglio il
programma che è stato sviluppato in Scozia. Credo infatti che,
per superare i problemi di insonnia, la cosa migliore sia mettere
2
Superare l’insonnia
la soluzione direttamente nelle mani di chi la necessita, e cioè
insegnare ai pazienti come trattare autonomamente il proprio disturbo. Ci sono infatti molte cose che ognuno, se ben guidato,
può fare per migliorare il proprio sonno. Questo è lo scopo del
presente manuale, e ogni suo capitolo traccia il percorso da effettuare per poter praticare autonomamente questo trattamento.
Iniziare a leggere questo manuale è come iniziare una terapia,
nella quale io sarò il vostro terapeuta. Poiché è un trattamento “a
distanza”, però, il paziente sarà anche un “co-terapeuta”, perché
imparerà a valutare la propria insonnia, ad applicare delle tecniche e a valutarne i risultati! Riceverete ciò che voi stessi darete!
Come è buona norma per tutti i tipi di trattamento, vi si chiede di effettuarlo con serietà, impegno e attenzione. Nel corso della mia carriera, ho incontrato molte persone che pensavano di
non poter mai superare il proprio problema di insonnia e di non
poter più dormire bene. La CBT ha offerto loro e offrirà a voi
un’altra opportunità.
Vediamo come potete aiutarvi a stare meglio... andiamo a
sconfiggere l’insonnia insieme!
PARTE I
COMPRENDERE L’INSONNIA
INTRODUZIONE
ALLA PRIMA PARTE
Questa prima parte del manuale vi insegnerà a valutare il vostro
problema di insonnia. Spero che capirete quanto è importante
sapere cos’è l’insonnia, al fine di compiere il primo passo nel percorso per poterla curare. Cercate di non saltare questo capitolo:
vi si trovano delle importanti informazioni su come mettere in
pratica il vostro trattamento.
1
IL SONNO NORMALE
COS’È IL SONNO?
Potreste essere sorpresi, ma vorrei iniziare spiegando cosa il sonno
non è. Questo è importante, perché il sonno e i suoi meccanismi
sono spesso difficili da comprendere.
Prima di tutto, non si tratta semplicemente di una condizione
in cui lo stato di veglia è assente. Addormentarsi non significa
spegnere un interruttore, così come svegliarsi non vuol dire riaccenderlo. Sembrerebbe, altrimenti, che il sonno e la veglia fossero
due entità distinte e situate a due poli estremi. In realtà, le cose
non stanno esattamente in questo modo. Quando siete nello stato di veglia, siete sicuri di essere sempre “totalmente svegli”? In
maniera simile, quando dormite non sempre state dormendo.
Inoltre, bisogna chiarire come il sonno non sia un processo
di “inattività” rispetto allo stato di veglia, ma come anzi esso
sia l’esatto contrario: durante il sonno, infatti, il nostro corpo è
impegnato in molte attività totalmente “vitali”. Esso, di fatto, è
parte integrante della nostra vita e non qualcosa di separato da
essa. Avrete sicuramente sentito dire che l’essere umano spende
almeno un terzo della sua vita dormendo. Il fatto che quando
dormiamo siamo in uno stato di “incoscienza” e abbiamo le capacità mnesiche disattivate per gran parte del tempo non significa
che il sonno sia uno stato della nostra vita “passivo”.
Quindi, cosa è? Il famoso scienziato israeliano dr. Peretz Lavie
scrisse una volta un libro semi-autobiografico sulla sua esperienza
8
Superare l’insonnia
nello studio del sonno, intitolandolo “Il fantastico mondo del
sonno”. Per me questo titolo fa bene intendere cosa esso sia nella
nostra vita: qualcosa di ricco, diverso e prezioso, e allo stesso tempo affascinante e misterioso. Noi non viviamo solamente quando
siamo svegli!
Andiamo dunque ad esplorare la nostra vita durante il sonno.
Numerosi studi, compiuti mediante registrazione dell’attività
cerebrale notturna nei laboratori del sonno, hanno dimostrato
come questo sia un processo molto complesso. Il sonno è costituito da diversi sottotipi e stadi, che sono organizzati in una serie
di cicli che si ripetono durante la notte. È durante il sonno che
i nostri tessuti si riparano e che l’attività di alcuni ormoni è alla
massima potenza. Ad esempio, l’ormone della crescita nei bambini è nella sua massima attività durante la notte e da qui nasce
il detto che “si cresce dormendo”! Vi sono vari esempi di come
alcuni processi somatici e fisici avvengano durante il sonno, ma
vi sono anche molte evidenze di come, durante lo stesso, sia presente un’attività mentale.
Stiamo parlando della nostra capacità di sognare: ovviamente
non sempre ci ricordiamo i sogni, ma quando ce li ricordiamo
significa che abbiamo pensato anche mentre dormivamo. Affascinante!
REGISTRARE IL SONNO IN LABORATORIO
Per comprendere meglio la complessità dei processi del sonno,
potrebbe essere utile capire come esso viene analizzato negli appositi laboratori.
Chi studia il sonno prende in considerazione tre tipi di misure.
1. L’attività elettrica cerebrale, che viene misurata mediante
l’elettroencefalogramma notturno (EEG). Questa misurazione consente di distinguere lo stato di veglia da quello di
sonno e anche di distinguere i vari stadi del sonno.
2. L’attività muscolare, che viene misurata mediante l’elettromiografia (EMG) e che è diversa tra la veglia e il sonno e
anche fra gli stadi del sonno.
3. I movimenti oculari, che vengono misurati mediante l’elettrooculogramma (EOG), una misurazione molto particolare che consente di distinguere i vari stadi del sonno.
Il sonno normale
9
Figura 1.1. Registrazione poligrafica presso un laboratorio del sonno: posizionamento tipico degli elettrodi sullo scalpo.
La figura 1.1 mostra come avviene la registrazione nel laboratorio del sonno: gli elettrodi vengono posti in alcune localizzazioni prestabilite dello scalpo, e in tal modo viene registrata l’attività
elettrica cerebrale. Sembrerebbe poco confortevole; in realtà, ciò
non disturba il sonno ed è possibile effettuare la registrazione
contemporanea dei tre parametri EEG, EMG e EOG, tracciando
la cosiddetta polisonnografia. La figura 1.2 illustra l’attività elettroencefalografica notturna, nella quale si possono vedere le differenze tra i vari stadi del sonno e la veglia.
GLI STADI DEL SONNO
Vediamo subito come si caratterizza lo stato di veglia, che a volte
viene chiamato stadio W (wakefulness=veglia). Nella figura 1.2
potete vedere come il tracciato sia caratterizzato da onde cosiddette veloci, frequenti e basse. Un tracciato di veglia di questo
tipo prevede la cosiddetta attività beta. Da notare la differenza
Figura 1.2. Registrazione polisonnografica che mostra le caratteristiche delle diverse fasi del sonno.
10
Superare l’insonnia
Il sonno normale
11
che intercorre tra i tracciati di veglia della prima e della terza riga.
Il tracciato della terza riga si riferisce allo stato di veglia a occhi
chiusi, in cui si distinguono alcune onde veloci (8-12hrz) che
vengono chiamate onde alpha.
Non appena ci si addormenta, si passa dallo stato di veglia allo
stadio 1 del sonno, che è caratterizzato da onde meno frequenti (3-7hrz) conosciute come attività theta. Nella figura 1.2 non
sono visibili le attività muscolari e oculari dello stadio 1, ma, in
questa fase, si riscontrano un rilassamento dell’attività muscolare
rispetto allo stato di veglia all’EMG e un’iniziale manifestazione
di movimenti oculari di tipo rotatorio di lieve entità all’EOG.
Lo stadio 1 ha una durata breve, perché si passa velocemente allo stadio 2, il quale, come potete vedere nella figura 1.2, è
caratterizzato all’EEG da frequenze miste (alcune veloci, alcune
lente). Questo stadio, comunque, è contraddistinto da formazioni caratteristiche che compaiono ripetutamente e che consentono
di identificarlo. Tali formazioni caratteristiche sono i cosiddetti
complessi-K, che prendono il nome dalla forma dell’onda, e gli
sleep-spindles, che sono invece formazioni costituite da treni di
onde ad alta frequenza (12-14hrz), i quali compaiono in maniera
intermittente nel tracciato.
Nonostante lo stadio 2 costituisca circa il 50% del sonno
dell’uomo, esso è poco rappresentato nella prima fase del sonno.
Nella prima parte della notte, infatti, si passa molto velocemente
al sonno più profondo, caratterizzato dagli stadi 3 e 4, detti anche
Delta Sleep, o sonno a onde lente, perché l’EEG è caratterizzato
da onde ampie e a bassa frequenza (1/2-2hrz). Si parla di stadio
3 se il sonno delta occupa dal 20 al 30% di un periodo di trenta
secondi e di stadio 4 se esso ne occupa più del 50%. Il sonno
profondo è anche detto “sonno sincronizzato”, perché l’attività
elettrica neuronale presenta appunto un ritmo armonico, come si
può vedere dalla figura 1.2.
A questo punto dovrebbe essere più chiaro come il passaggio dalla veglia al sonno non sia semplicemente una riduzione
dei livelli di coscienza, ma un complicato meccanismo con cui
si raggiunge il sonno profondo attraverso complessi passaggi di
stadio.
Nel 1953, comunque, due famosi ricercatori di Chicago, il
12
Superare l’insonnia
dr. Kleitman e il suo giovane assistente, il dr. Aserinsky, fecero
una scoperta cruciale a proposito del sonno. Essi notarono come,
oltre a questi stadi, vi fosse un’altra forma di sonno, durante la
quale vi è una grande attività oculare di tipo rotatorio e il resto
del corpo è praticamente paralizzato. Venne così coniato, per descrivere questa forma di sonno non ancora conosciuta, il termine
Rapid Eye Movement (REM). Da allora, gli stadi 1, 2, 3 e 4 sono
stati considerati quelli del sonno non REM (o NREM).
Nella figura 1.2 potete vedere come il tracciato EEG durante
il sonno REM assomigli molto a quello di veglia o di stadio 1.
In ogni caso, il sonno REM è una forma di sonno leggero che
mostra caratteristici movimenti all’EOG e una marcata flessione
del tono muscolare all’EMG. Sembra anche lo stadio del sonno
in cui si effettuano i sogni più vividi e ricchi di componente emotiva. L’attività muscolare, in questa fase, è generalmente assente,
salvo in alcune patologie neurologiche o metaboliche, che causano disturbi del movimento durante il sonno REM. Questi ultimi,
comunque, non hanno niente a che vedere col sonnambulismo,
che invece avviene nel sonno NREM. Tratteremo comunque nei
capitoli successivi i disturbi del sonno e le loro caratteristiche.
La registrazione del sonno
La valutazione dei tracciati nei laboratori viene generalmente effettuata da persone esperte nello sleep staging, cioè nella lettura degli stadi del sonno. È ancora in uso un metodo standardizzato che è stato sviluppato, alla fine degli anni Sessanta, da
Rechtschaffen e Kales. All’inizio, la lettura del tracciato EEG,
EOG e EMG veniva effettuata su carta stampata, pagina per pagina, e ogni pagina corrispondeva a un periodo di trenta secondi
di sonno, mentre oggigiorno la lettura avviene sul computer, che
genera il cosiddetto sleep-report, un esempio del quale è riportato
nella figura 1.3.
Potete vedere come nella parte iniziale vi siano i dati anagrafici
della persona: in questo caso, abbiamo inserito un nome fittizio di un paziente che ha sofferto per circa dodici anni di una
forma di insonnia detta “psicofisiologica”. Vi spiegherò meglio
questo tipo di disturbo successivamente. Inoltre, nel report sono
riportate tutte le notizie relative alla registrazione, come l’orario
Il sonno normale
Figura 1.3. Esempio di report riassuntivo di una registrazione del sonno.
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di inizio, il luogo, ecc. Successivamente, sono riportati i risultati
dei parametri del sonno. Possiamo vedere come il sig. Smith sia
andato a letto alle ventidue e cinquanta e si sia alzato alle sette e
venti del mattino. Questo vuol dire che il tempo trascorso a letto
(TL) è stato circa otto ore e mezza, cioè cinquecentoundici minuti. Come potete vedere, però, il sig. Smith non ha dormito per
otto ore e mezza! Ha infatti un grave problema di insonnia. Ha
impiegato circa centoventidue minuti, cioè più di due ore, ad addormentarsi, e presenta indubbiamente un’alterazione di quella
che noi chiamiamo latenza di addormentamento (LS). Da quando si è addormentato, possiamo vedere come abbia avuto nove
risvegli e sia stato sveglio in totale, a causa di questi, trentaquattro
minuti. Questo parametro viene chiamato tempo di veglia infrasonno (TVI) e, in questo caso, ci indica come i risvegli siano
stati tanti, come vi sia un disturbo della continuità del sonno, ma
anche come dopo ogni risveglio il soggetto si sia riaddormentato
abbastanza facilmente.
Questo tipo di disturbi del sonno, cioè i disturbi dell’addormentamento e della continuità del sonno, sono quelli più frequentemente riportati dalle persone che soffrono di insonnia. Il
tempo totale di veglia (TTV) del sig. Smith è stato circa centocinquantasei minuti e il tempo totale di sonno (TTS) cinque ore
e cinquantatré minuti. Tutti questi parametri ci forniscono importanti informazioni per poi poter calcolare quella che si chiama
efficienza del sonno (ES), che è la variabile fondamentale da valutare nei soggetti con disturbi del sonno. L’ES corrisponde al valore percentuale del rapporto tra il tempo totale di sonno e il tempo
trascorso a letto (TTS/TL X/100). In questo caso, il TTS è di
trecentocinquantatré minuti, mentre il TL di cinquecentoundici
minuti, per cui l’efficienza del sonno è del 69%, quindi molto
bassa!! In generale, infatti, si considera patologica un’efficienza
del sonno inferiore all’85%, mentre se essa è maggiore dell’85%
si ritiene che il sonno sia adeguatamente ristoratore.
Da questo, ovviamente, emerge come non sia tanto importante il tempo di sonno, quanto piuttosto la sua qualità. Ad esempio,
sei ore di sonno continuativo possono corrispondere a un’efficienza del sonno del 100%, mentre sei ore di sonno su otto trascorse a letto corrisponderebbero a un’efficienza del sonno del
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75%. Vedremo successivamente come il miglioramento dell’efficienza del sonno sia uno dei punti fondamentali del percorso per
il trattamento dell’insonnia.
Ritornando alla figura 1.3, osserviamo adesso l’ipnogramma
e la percentuale degli stadi del sonno. L’ipnogramma ci offre una
visione d’insieme del sonno di questo paziente. Si può vedere, ad
esempio, come i risvegli si siano verificati prevalentemente nella
seconda parte della notte e come più della metà di questa sia stata trascorsa nello stadio 2. Un 24% della notte è stato trascorso
nello stadio 1 e solamente il 13% negli stadi di sonno profondo
(stadio 3 e stadio 4). Si può quindi concludere che il sonno del
sig. Smith sia stato decisamente “superficiale”.
Inoltre, si può vedere come la latenza per il primo episodio di
sonno REM, che è il tempo che decorre tra l’addormentamento e
il primo ciclo di sonno REM, sia stata di duecentotredici minuti;
è stata molto più lunga, quindi, rispetto a quella che viene considerata nella norma, cioè sessanta-settanta minuti. Inoltre, il sig.
Smith ha trascorso in sonno REM solo trentasei minuti, che è la
metà del tempo che ci si aspetterebbe per un soggetto della sua
età. Infine, possiamo vedere nel report quanti siano i minuti trascorsi in veglia (fasi W) e come vi sia stato un intervento tecnico
durante la notte - forse la verifica della posizione di un elettrodo
- grazie al quale la registrazione del sonno è ben riuscita. Non vi
è stata, dunque, la necessità di attivare il canale M (movimento),
che si utilizza nel caso in cui i canali EEG non effettuino una
buona registrazione.
A questo punto, ci si può chiedere se il sonno di questa persona possa essere stato disturbato dalla presenza degli elettrodi e/o
dal fatto di dormire in un ambiente diverso dal proprio.
Il dr. Jack Edinger (Medical Centre Duram and Duke University, North Carolina) ha effettuato vari studi al fine di comprendere se nei soggetti insonni sia più indicata la registrazione a
domicilio o quella in laboratorio. Da questi studi è emerso come,
per i soggetti affetti da insonnia, sarebbe ideale effettuare la registrazione poligrafica notturna a domicilio piuttosto che in laboratorio. Essi, infatti, dormono meglio al di fuori della propria
camera e pertanto, paradossalmente, quello che viene registrato
in laboratorio è un sonno meno disturbato di quello abituale.
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Questi soggetti, inoltre, quando si recano a effettuare la registrazione notturna in un laboratorio, si aspettano di non dormire e,
proprio perché hanno delle aspettative molto ridotte rispetto al
proprio sonno, nutrono un minor timore di non dormire, e di
conseguenza dormono meglio. Come vedremo in seguito, infatti,
l’aspettativa è una componente che ha un’incidenza psicologica
fondamentale nei soggetti insonni.
L’ESPERIENZA SOGGETTIVA DEL SONNO
Probabilmente non siete mai stati in un laboratorio specifico, ma
sono sicuro che avrete in qualche modo tentato di valutare il vostro
sonno: ad esempio, cercando di capire quanto tempo impiegate ad
addormentarvi, per quanto tempo avete dormito o quante volte vi
siete svegliati. In pratica, l’esperienza soggettiva del proprio sonno
equivale a ciò che si ricorda di esso e all’idea che se ne ha.
Purtroppo non è tanto facile valutare queste cose accuratamente. Probabilmente avrete tentato di tenere un diario del sonno,
in modo da annotarne tutte le caratteristiche per un periodo tale
da poter trarre delle conclusioni. Il diario del sonno, in effetti, è
una misurazione soggettiva molto importante ai fini dell’inquadramento del proprio problema, a volte più importante delle misurazioni obiettive (registrazioni del sonno). Non è facile, a volte,
tradurre le proprie sensazioni in minuti o intervalli di tempo, ma,
nel corso del trattamento presentato in questo manuale, vi aiuterò
a utilizzare nel miglior modo possibile il diario del sonno, che a
livello internazionale è riconosciuto essere lo strumento di valutazione essenziale per questi disturbi. In pratica, ai fini dell’eventuale trattamento, la cosa più importante da fare è la valutazione
soggettiva dell’insonnia (da svolgere giorno per giorno).
Ci sono varie forme di insonnia, come vedremo meglio nel
capitolo 3. Una delle più comuni è l’insonnia psicofisiologica. In
questa forma di insonnia, in realtà, l’esperienza soggettiva necessita di essere confermata dalla misurazione obiettiva, cioè dalla
poligrafia, poiché la persona può facilmente sovrastimare i propri
problemi di sonno. I ricercatori, comunque, hanno evidenziato
come sia abbastanza comune avere la sensazione di aver dormito
per un tempo minore rispetto a quanto si è realmente dormito.
La letteratura scientifica sull’argomento, infatti, conferma come le
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persone che soffrono d’insonnia tendano a sovrastimarne la gravità. Questo dato non ci sorprende, dal momento che anche le persone che dormono normalmente, i cosiddetti “buoni dormitori”,
tendono a compiere i medesimi errori di stima se qualche volta
non dormono bene. Ciò suggerisce che la tendenza a sovrastimare
i periodi di veglia non sia una caratteristica propria degli insonni, ma un problema legato alla difficoltà di misurare un disturbo
come quello del sonno. Durante la notte, in assenza di stimolazione e di attività, il tempo sembra trascorrere molto lentamente (lo
sapete perfettamente!).
Un’altra spiegazione ce la forniscono gli studi del dr. Michael
Perlis dell’Università di Rochester, New York, USA. Egli suggerisce di modificare i criteri di valutazione della polisonnografia nel
caso degli insonni, poiché quelli attuali non sarebbero sufficientemente sensibili per identificare quei brevi momenti di risveglio
che corrispondono alla sensazione soggettiva di insonnia. In ogni
caso, questo è sicuramente un campo che necessita di studi più
approfonditi.
MA IO NON HO CHIUSO OCCHIO TUTTA LA NOTTE!
«Certo che l’hai chiuso», vi avranno risposto e voi avrete ribattuto: «Oh no, non l’ho chiuso!». Fortunatamente, il paragrafo
precedente vi ha fatto capire cosa vuol dire percepire il proprio
sonno, e come la percezione sia un’esperienza soggettiva. Esiste,
comunque, il cosiddetto disturbo da mispercezione del sonno:
chi ne soffre è convinto di non dormire, mentre alla polisonnografia notturna il suo sonno può risultare addirittura normale.
Come può essere possibile che vi sia tutta questa disparità tra
l’esperienza soggettiva e quella oggettiva? Probabilmente, l’attuale tecnica di registrazione del sonno non è in grado di identificare
le caratteristiche di questo tipo di insonnia, tant’è che al momento si parla di insonnia paradossa: in pratica, il soggetto sembra
avere un buon sonno alla polisonnografia, ma si lamenta di non
dormire. Lo studio di questo disturbo dovrebbe essere l’obiettivo
prioritario della ricerca futura: è necessario, infatti, individuare
nuovi metodi di registrazione del sonno, al fine di evidenziare il
problema che questi soggetti lamentano.
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Superare l’insonnia
QUALI SONO I MECCANISMI CHE CONTROLLANO
IL SONNO?
I processi interessati nella regolazione del sonno sono due: il primo, che ne determina il bisogno individuale, è chiamato omeostasi del sonno; mentre l’altro, che ne controlla i ritmi, è il sistema
circadiano.
Il concetto di omeostasi prevede che più a lungo prolunghiamo
la veglia più spinta avremo a dormire. Un famoso ricercatore, il
dr. William C. Dement, dell’Università di Stanford in California
(USA), ha proposto il concetto di “economia del sonno”, in base
al quale per ogni ora che trascorriamo svegli accumuliamo una
sorta di “debito di sonno”. Nei soggetti sani e buoni dormitori
questo debito viene completamente recuperato durante la notte
successiva: essi, infatti, si svegliano riposati e pronti ad affrontare
la giornata che li attende. Attualmente, a causa dello stile di vita
incoraggiato dai ritmi della società moderna, nella gran parte delle persone si riscontra una sorta di debito di sonno cronico, con
conseguenze negative sulla salute e sulla qualità di vita. In ogni
caso, la spinta omeostatica al sonno notturno è maggiore se il suo
ritmo è regolare e se il soggetto non effettua sonnellini durante il
giorno, i quali, anche se generano momentaneo benessere e fanno
sentire riposati, riducono tale spinta.
Sicuramente, poi, avrete sentito parlare dei ritmi circadiani,
che regolano, nelle ventiquattro ore, sia il ritmo sonno-veglia che
altri parametri quali la temperatura corporea. Il termine circadiano deriva dal latino circa diem, che sta proprio a intendere l’intera
giornata, le ventiquattro ore, all’interno delle quali l’essere umano è stato progettato per funzionare. Quando si parla di ritmi
circadiani, a volte ci si riferisce al cosiddetto orologio biologico. I
concetti sono praticamente equivalenti. I nostri ritmi circadiani
si stabiliscono gradualmente a partire dalle prime fasi dello sviluppo, quando il ritmo sonno-veglia non è ancora organizzato in
base all’alternarsi di giorno e notte. I neonati hanno infatti un
sonno cosiddetto polifasico, che è distribuito nelle ventiquattro
ore. Dal sesto mese in poi, tuttavia, gli episodi di sonno iniziano
a concentrarsi maggiormente durante la notte e gli stati di veglia
durante il giorno, cosicché l’orologio biologico interno si sincronizza gradualmente sui ritmi luce/buio. L’ormone melatonina,
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prodotto nella ghiandola pineale dell’encefalo, è in larga parte
responsabile di tale processo di sincronizzazione. La sua produzione è strettamente legata alla presenza/assenza della luce solare;
pertanto, durante la notte, la produzione di melatonina aumenta,
per diminuire durante il giorno con la prima luce. Ovviamente,
vi sono altri fattori che possono influire sui normali ritmi circadiani. In alcune parti del mondo, per esempio, è d’abitudine la
“siesta”- il sonnellino pomeridiano - durante le ore più calde della
giornata. I ritmi, insomma, cambiano molto anche a seconda dello stile di vita che vige in ogni particolare paese o cultura.
La cosa importante da capire, comunque, è che il sonno è
regolato fondamentalmente dall’interazione tra i processi omeostatici intrinseci e i ritmi circadiani; tale interazione, in circostanze normali, fa sì che la spinta a dormire avvenga nelle ore di
oscurità, e lo stato di veglia si mantenga durante il giorno, senza
che si avverta un particolare bisogno di dormire.
Credo, comunque, che vi sia un’altra componente importante
che regola il sonno, che io chiamo automatismo. Le persone che
dormono bene, infatti, non hanno alcuna idea di come lo fanno. Probabilmente glielo avrete chiesto! Penso che questa natura
automatica del controllo sul sonno sia determinante per le persone che dormono bene. Coloro che soffrono di insonnia, invece,
sono spesso preoccupati per i propri problemi di sonno e per le
conseguenze che questi determinano. A mio parere, in tal modo
si instaura, rispetto al desiderio di dormire, una sorta di circolo
vizioso autorinforzantesi di “attenzione-intenzione”. Questo processo, in effetti, inibisce il naturale e automatico controllo sul
sonno, favorendo l’insonnia. Parleremo di ciò più a lungo successivamente, e vedremo anche come combattere l’insonnia contrastando questo fenomeno.
PERCHÉ DOBBIAMO DORMIRE?
Il sonno non è un aspetto opzionale nella vita: è fondamentale! Possiamo sopravvivere tre volte più a lungo senza cibo che
senza dormire. La maggior parte di ciò che sappiamo sulla sua
importanza deriva dall’esperienza delle persone che hanno preso parte agli esperimenti di deprivazione del sonno. Quello che
emerge è che, quando le persone sono deprivate del sonno, non
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Superare l’insonnia
funzionano in maniera appropriata durante il giorno. Una risposta semplice alla domanda “perché dobbiamo dormire”, intanto,
potrebbe dunque essere quella che un buon sonno consente alle
persone un buon funzionamento diurno.
Vediamo come l’insonnia influenzi le tre componenti fondamentali di ciò che si intende per funzionamento, e cioè come
varino le capacità fisiche, mentali ed emozionali.
In precedenza abbiamo già visto come il sonno sia necessario
per il recupero tissutale. Durante il sonno, la muscolatura stanca
recupera e sintetizza proteine. Abbiamo inoltre visto come, tra le
varie ragioni per cui i bambini necessitano di dormire molto, ci
sia il fatto che stanno crescendo... e che stanno spendendo molte energie! Dormire è inoltre molto importante per recuperare
l’energia mentale. Non a caso, gli effetti più importanti della perdita di sonno sono la riduzione dei livelli di attenzione, il disorientamento e i problemi di memoria. Non sorprende, inoltre, il
fatto che la perdita di sonno possa causare affaticamento, stanchezza e incapacità di stare svegli durante il giorno.
Di fatto, se dobbiamo essere fisicamente e mentalmente attivi nella nostra vita di tutti i giorni, dobbiamo dormire bene.
Il sonno, infine, è estremamente importante per il nostro funzionamento emotivo e per il nostro benessere psicoaffettivo. In
effetti, quando non si riposa bene, è abbastanza comune avere
delle alterazioni emotive e sperimentare irritabilità, ansia o un
senso di tensione. È come se il nostro cervello compensasse la
mancanza di sonno rendendoci più reattivi. In alcuni casi, dopo
una notte insonne, le persone avvertono un umore più depresso.
Sembra che, durante il sonno, si attivino dei processi di regolazione delle nostre funzioni fisiche, emotive e mentali e che, se la
qualità del sonno è alterata, in qualche modo si alterino anche
questi processi.