Dipartimento di Prevenzione Servizio di Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche A cura di: dott.ssa Francesca Bellini Guida pratica per alunni, insegnanti e genitori Disegni di: dott.ssa Francesca Bellini IL CANE L’ antenato selvatico del cane è il lupo grigio (Canis lupus lupus), che è stato “addomesticato”, vale a dire sottoposto ad un processo di selezione artificiale, modificando, nel corso del tempo, i suoi aspetti anatomici, fisiologici, comportamentali ed anche genetici (si tratta di caratteri ereditabili, che quindi vengono trasmessi alla progenie). Gli studiosi ritengono che molto probabilmente la domesticazione sia avvenuta perché esistevano esemplari di lupi meno timorosi dell’uomo che avrebbero cominciato a restare in prossimità dei suoi accampamenti ed a seguirlo nei suoi spostamenti, potendosi cibare dei suoi avanzi. Oppure un cacciatore, durante una battuta di caccia, potrebbe avere scoperto una tana di lupi con dei lupacchiotti abbandonati e potrebbe averne preso uno da portare all’accampamento per farlo diventare il compagno inseparabile del suo bambino. Il ritrovamento di un’antica sepoltura che risale a circa 12 mila anni fa, di un bambino che stringe al petto un lupacchiotto, ci fa ritenere che questa ipotesi possa essere fondata. Indipendentemente da chi si sia avvicinato per primo all’altro, da questa interazione uomo-lupo anche l’uomo primitivo ha tratto vantaggio: utilizzando i lupi per la guardia, la difesa e per la caccia, si poteva dedicare all’agricoltura ed alla lavorazione di legno, terrecotte e metalli. In tal modo si è venuto a creare un gruppo eterogeneo che ha avuto maggiori probabilità di sopravvivenza rispetto al gruppo costituito da una singola specie. 1 Il cane, per poter “appartenere” alla nostra società, nel corso degli anni ha dovuto subire notevoli adattamenti relativi alla fisiologia (alimentazione, orari, spazi limitati, stress ambientali e termici) ed alla genetica (la selezione artificiale ha potenziato determinate caratteristiche), che hanno modificato le sue abitudini. Si è creata così una specie domestica. Domestico e domesticato non sono sinonimi. Infatti, quando si parla di animale “domesticato”, si intende un singolo individuo selvatico che, prelevato dal suo habitat naturale, viene abituato a vivere con l’uomo (es. tigre, leone) ma che potrebbe tornare ad essere selvatico una volta venute meno le condizioni di vicinanza con l’uomo. La “domesticazione” comprende l’ammaestramento, l’ammansimento e la doma, fenomeni che si verificano nel singolo individuo: infatti si può ammaestrare un leone a saltare dentro un cerchio di fuoco, ma questo non vuol dire che lo si può fare con tutti i leoni. Invece se si “addomestica” un animale (es. il cane), attraverso la selezione artificiale, si crea una specie “nuova”, appunto “domestica”, molto diversa dagli antenati selvatici, dotata di animus reverendi, ovvero l’istinto di ritornare dal proprio padrone. 2 GLI INTERVENTI ASSISTITI CON GLI ANIMALI La “Pet-therapy” nasce negli Stati Uniti negli anni ‘60, grazie allo psichiatra Boris Levinson, che aveva osservato come l’accoglienza festosa del proprio cane (presente nello studio durante le sedute terapeutiche) ad un bambino autistico, lo avesse portato allo sblocco dalla propria chiusura. Il cane (e l’animale in genere) rappresenta un coterapeuta, perché si relaziona in modo diretto, senza condizionamenti culturali e pregiudizi, ignorando l’aspetto esteriore. Per lui non esistono persone grasse, magre, belle, brutte, ricche o povere: per lui siamo tutti uguali. L’animale non appartiene al mondo irraggiungibile degli adulti, non è ambiguo e contraddittorio come loro e non emargina. Offre al ragazzo un supporto psicologico, favorisce il processo di crescita e della costruzione della sua stabilità emotiva attraverso la continua partecipazione. Inoltre gli animali rappresentano un antidoto contro la depressione perché hanno un’eccezionale capacità di comunicare (utilizzano canali e modalità diverse rispetto all’uomo). Osservando il repertorio dell’animale la comunicazione diventa più ricca ed aiuta a conoscere meglio il proprio corpo. Il dialogo con l’animale e più precisamente col proprio animale familiare, può garantire un effetto calmante: tale dialogo non conosce, infatti, rigide regole sociali e, soprattutto, sentimenti competitivi distruttori. Nel caso di bambini iperattivi e con disturbi dell’attenzione, la presenza dell’animale può giovare in quanto sposta l’attenzione da sé, 3 mitigando i comportamenti aggressivi. Inoltre, l’accudimento di un animale responsabilizza le persone e le può far sentire più necessarie. Infatti, il gran numero di animali domestici che popolano le nostre case dimostra proprio che l’“uomo ha bisogno degli animali”. In alcuni casi, l’animale può vicariare affetti mancanti o carenti e favorire i contatti inter-personali, rappresentando un “lubrificante sociale”, poiché offre spunti di gioco e di conoscenze. Nel dialogo con l'animale nessuno si sente giudicato, valutato; non si teme di essere contraddetti o criticati per quello che si è detto o fatto: il rapporto è diretto e spontaneo e viene meno la competitività. Il cane non può interpretare: in questo modo si viene a rompere l'ambiguità che spesso caratterizza la comunicazione tra esseri umani e che porta all'interruzione del dialogo. 4 LA STRUTTURA SOCIALE DEL CANE I cani sono stati oggetto di moltissime ricerche. I biologi Coppinger li hanno studiati in libertà in varie parti del mondo, soprattutto nell’isola indiana di Pemba. Qui vivono in piccoli gruppi di massimo tre soggetti, probabilmente famiglie. Non vanno a caccia perchè trovano cibo sufficiente tra i rifiuti del villaggio dove trovano anche acqua e riparo. I Coppinger hanno evidenziato che, se i cani hanno a disposizione risorse necessarie per sopravvivere, non si aggregano in branchi o lo fanno soltanto raramente. Quando un cane viene adottato, questo non considera l’uomo come un proprio simile perchè ha avuto l’imprinting materno, vale a dire che il cane sa di appartenere alla sua specie e questo gli consentirà, da adulto, di poter scegliere il proprio partner e di potersi riprodurre. Se un cane compie un comportamento sgradito, non dobbiamo sottoporlo al rollover (schienamento) dell’alfa, per fargli capire che noi siamo i dominanti: non possiamo usare il linguaggio che usano i cani tra di loro, perchè non siamo cani e lui lo sa. Le regole del branco non hanno significato nella comunicazione tra uomo e cane. Non si tratta di una questione di dominanza, ma di conquistare o perdere risorse. Questo spiegherebbe perchè alcuni cani diventano aggressivi se fatti scendere dalla poltrona o dal divano e perchè altri fanno la guardia alla propria ciotola o ai giochi. Se un cane è lasciato libero di scegliere, farà tutto ciò che troverà gratificante, come dormire sul letto o sul divano. Se 5 ciò gli è stato consentito per molto tempo e improvvisamente qualcuno cambiasse idea, potrebbe avere da ridire. I cani sono felici di vivere in una struttura sociale e se questa non c’è faranno tutto ciò che li gratifica. LA COMUNICAZIONE DEL CANE Gli animali a differenza di noi, non comunicano con il linguaggio verbale, ma utilizzano tutto il corpo, in particolare se prestiamo attenzione agli occhi, alla posizione delle orecchie, della coda e delle zampe di un cane o di gatto, sappiamo esattamente cosa ci vuole dire. Quando un cane è sereno ci appare tranquillo, con gli occhi chiusi o socchiusi, la bocca può essere aperta, i muscoli della faccia non sono increspati. Questo comportamento non rappresenta un pericolo. 6 Un cane aggressivo e sicuro di se (“dominante”, oggi si preferisce definirla “postura alta”) tiene le orecchie dritte e la coda alta e rigida. I muscoli della faccia appaiono increspati (fronte e naso corrugati) e mostra i denti. Il pelo sul dorso appare dritto (si parla di piloerezione). Le pupille appaiono più piccole (miosi). 7 Il cane può appoggiare una zampa sul dorso di un altro cane o aggrapparsi ad esso. Quando un cane ci mostra questo atteggiamento è meglio stare alla larga! 8 Anche un cane che ha paura può diventare aggressivo. In questo caso ci appare con i muscoli della faccia increspati (fronte corrugata) e mostra i denti ma le orecchie sono portate all’indietro e la coda è tenuta bassa, tra le zampe posteriori. Questo cane ha le pupille dilatate (midriasi) e, se lo guardiamo, distoglie lo sguardo. Non bisogna avvicinarsi a questo cane! Un cane sottomesso (oggi si preferisce denominare tale atteggiamento “postura di pacificazione”) si rovescia sul dorso, tiene la coda tra le zampe posteriori e le orecchie basse, portate all’indietro, può leccare il viso e tendere la zampa. Quando il cane ci invita al gioco si “inchina”: si “schiaccia” sulle zampe anteriori, tenendo alte quelle 9 posteriori e scodinzola. Può emettere brevi e ripetuti abbai per invitarci al gioco. Se il cane è interessato a qualcosa tiene le orecchie lievemente tese e leggermente orientate in avanti. Se sdraiato, alza rapidamente la testa come attratto da qualcosa. Quando il cane è vigile contrae i muscoli del naso e del collo, increspa la pelle sulla fronte e intorno agli occhi. Quando il cane è fortemente interessato a qualcosa, come nella predazione, tiene la coda alta e orizzontale. Per comunicare, il cane utilizza anche le feci, deponendole in luoghi da marcare; nei maschi è molto forte la 10 raspatura del terreno e la deposizione di schizzi di urina sulle superfici verticali. IL GATTO Il gatto è stato sulle coste del Mediterraneo, in Egitto e in Asia minore tra 6.000 e 5.000 anni fa, quando lo sviluppo dell’agronomia pose il problema di preservare le derrate alimentari dell’uomo dalle invasioni dei roditori granivori. Il gatto era un animale sacro in tutto l'Egitto, poiché proteggeva i granai dai roditori, quindi la popolazione dalla carestia. A lui venivano dedicati templi, statue e poesie e i resti mortali venivano mummificati, lasciando vicino alle mummie dei topi, in 11 modo che i felini avessero cibo per l’eternità. Gli egizi consacravano i gatti maschi a Ra, il dio del sole, mentre consideravano le femmine l’incarnazione della dea della fertilità Bastet, la dea gatta, rappresentata come donna dalla testa di gatto o come una gatta nera. Oggi si ritiene che il progenitore più probabile del gatto sia il Felis silvestris, in particolare la sottospecie africana Felis silvestris libyca, con l’aspetto e le dimensioni del gatto comune ed il mantello tigrato, giunto in Europa grazie agli scambi commerciali dei fenici. Il gatto con l’uomo instaura un rapporto di tipo “parentale”: ci identifica con la propria madre, infatti ci viene in braccio, facendo le fusa e la “pasta” (movimenti alternati delle zampe anteriori con cui il gattino stimola la produzione lattea materna). Il felino preferisce fuggire di fronte ad un ordine dell’uomo e reagisce solo se impossibilitato alla fuga. Allo stesso modo non cerca di dominare l’uomo con atteggiamenti aggressivi. Il gatto è un animale abitudinario (nella vita e nell’alimentazione) ed è molto territoriale. Quando il gatto è stato rimproverato, spesso evita il nostro sguardo. Non è un atteggiamento altezzoso ma è un modo per frenare la nostra aggressività. Come nel cane, anche nel gatto è fondamentale il gioco, che svolge diverse funzioni la più importante delle quali è senz’altro l’apprendimento. Il gatto è un cacciatore estremamente attento anche a casa. Difficilmente tra le mura domestiche possono entrare 12 impunemente animali quali roditori, mosche, scarafaggi, ragni e lucertole: immediatamente vengono catturati e spazzati via. Il gatto è poco incline ad accettare l’ingresso di altri gatti nel suo territorio. Per superare questo problema, il nuovo gatto deve essere tenuto per qualche giorno in un posto isolato (una stanza normalmente non frequentata) e si sfregheranno le sue guance ed i suoi fianchi con un batuffolo di ovatta (impregnandolo con il suo odore) che poi si passerà sul pelo del gatto residente e viceversa: in questo modo il gatto padrone di casa comincerà a conoscere a livello olfattivo il nuovo gatto. In tal modo i gatti si conosceranno gradualmente e si deve avere l’accortezza di preparare l’incontro con un pasto prelibato in cui i due gatti avranno le ciotole a distanza conveniente. LA STRUTTURA SOCIALE DEL GATTO Il gatto è un animale dotato di una spiccata plasticità comportamentale, infatti in natura può vivere in gruppi formati da due individui, che si uniscono per scopi riproduttivi, ma anche in raggruppamenti più numerosi, a seconda delle risorse trofiche presenti nel territorio. Dove vi è una sufficiente concentrazione di cibo i gatti costituiscono un sistema sociale denominato “matriarcato”: cioè organizzato intorno a femmine, 13 spesso imparentate tra loro, che partoriscono i gattini in nidi comuni, li allattano insieme e li difendono dai pericoli ed anche contro i maschi. Questi non si occupano dell’allevamento dei piccoli, non li riconoscono come figli e potrebbero anche ucciderli. I maschi non vivono all’interno del gruppo ma fanno visita alle femmine (limitandosi a stare con loro soltanto nel periodo del calore) e vanno a caccia, sfidano i potenziali intrusi. Nel gruppo tutti i gatti hanno le stesse abitudini e lo stesso odore: sono tutti impregnati degli ormoni della familiarizzazione che si trasmettono strofinandosi e leccandosi reciprocamente. Questo spiega perché le femmine tendano a manifestare aggressività verso i gatti estranei, che non hanno il loro stesso odore. Tra le femmine del gruppo risulta sincronizzato anche il calore, così le gravidanze ed il momento del parto: questo consente ai gattini di essere allattati, oltre che dalla propria madre, anche da altre gattebalie. La gerarchia sociale è relativa, in quanto risulta legata al momento della giornata e al luogo in cui si verifica lo scontro tra gatti. Tale gerarchia diviene assoluta quando i gatti vivono in spazi limitati e in condizioni di affollamento. In questo caso il soggetto dominante è il maschio più vecchio e di taglia più grande. Nel gruppo sono presenti soggetti denominati “omega”, che assumono posizioni sottomesse in presenza del maschio dominante e di altri gatti e sono frequentemente oggetto di attacchi. 14 LA COMUNICAZIONE DEL GATTO Il gatto, come il cane, comprende il significato di pochi fonemi del nostro vocabolario: per lui assume una notevole importanza la comunicazione posturale, gestuale, mimica e feromonale. Il gatto aumenta la propria dimensione corporea gonfiandosi attraverso l’orripilazione (pelo dritto sul dorso). Le orecchie sono importanti per capire le disposizioni del felino: quando è sereno le porta di lato e rilassate; se sono 15 portate leggermente in avanti denotano interesse, portate molto in avanti indicano attenzione; le orecchie abbassate e portate indietro indicano paura; portate all’indietro ma alte indicano aggressività. Inoltre quando è rilassato tiene gli occhi chiusi; quando è attento li tiene spalancati. La coda nel gatto manifesta segnali opposti a quelli del cane: la coda eretta indica saluto ed intenzione esplorativa. 16 La coda ondeggiante indica irritazione e nervosismo. La punta della coda si muove nell’appostamento e subito prima dell’agguato; la coda perpendicolare rispetto al corpo incurvato segnala una reazione difensiva e aggressiva; la coda portata tra le zampe posteriori indica paura, la coda rilassata indica sicurezza. Anche le posture del corpo sono importanti per comprendere le disposizioni del felino: 17 un gatto tranquillo distribuisce il peso del corpo sulle quattro zampe; un gatto in atteggiamento aggressivo si sporge in avanti appoggiandosi sulle zampe anteriori; un gatto in atteggiamento difensivo arretra il capo e porta le zampe anteriori in avanti; un gatto spaventato si accuccia appoggiandosi su un fianco; un gatto in atto di cacciare abbassa tutto il corpo. Quando è sereno si riversa sul dorso; 18 se è terrorizzato si alza sulle quattro zampe incurva il dorso e arretra la testa. Nel gatto anche le vocalizzazioni vengono diversamente articolate a seconda delle disposizioni: quando è aggressivo soffia ed emette dei brontolii. Le fusa provocano nel gatto una regressione infantile; il classico “meow” indica saluto; il “growl” o lo “squeak” indicano vocalizzazioni competitive. Il gatto inoltre comunica attraverso sostanze odorose (tracce olfattive e foromoni), prodotte da organi specifici, sfregando parti del corpo (guance, dorso, base della coda) e appoggiando i polpastrelli sulle superfici da marcare. Il graffiare alcune superfici (tronchi, mobili, divani) è per il gatto un modo per comunicare, come lasciare tracce di urina. Considerando l’articolata varietà delle comunicazioni, è bene evitare messaggi soltanto verbali ma utilizzare anche quelli paraverbali (tono, ritmo e timbro della voce) e gestuali. 19 Molto spesso non riusciamo a comunicare correttamente con il cane o con il gatto perchè uno stesso messaggio assume un significato diverso: l’ondeggiare della coda che nel cane significa buona disposizione, nel gatto indica nervosismo ed irritazione. Il cane ama comunicare il proprio affetto attraverso un ampio catalogo di atteggiamenti: leccando, invitando al gioco, facendo le feste… Il gatto, al contrario, preferisce prendere possesso dei propri beni (uomo, cosa, altro animale) strofinandocisi sopra e lasciandoci il proprio odore (mendiante i feromoni). Anche l’uomo può inviare messaggi equivocabili: l’abbracciare, per esempio, che per l’uomo ha un significato affettivo, nel cane è una prova di forza. 20 DIFFERENZE TRA CANE E GATTO I cani ed i gatti appartengono all’ordine Carnivora e, come tali, hanno caratteristiche anatomiche, alimentari e comportamentali che li contraddistinguono. La maggior parte dei cani è in grado di divorare abbondanti quantità di cibo molto rapidamente. La durata media del pasto di un cane è di circa 13 minuti: questa voracità rappresenta l’eredità di un comportamento alimentare predatorio di tipo competitivo che discende dall’antenato lupo. I lupi sono predatori che cacciano in branco, in maniera organizzata, anche prede di grandi dimensioni, le quali vengono ferite ed indebolite fino ad ucciderle. Una volta abbattuta la preda, i lupi accedono all’alimento seguendo una gerarchia ben precisa: i primi a nutrirsi sono i leader del branco, i soggetti “alfa”, dominanti. Solamente una volta che questi si saranno saziati e avranno abbandonato la preda, i giovani potranno avere accesso al pasto competendo per i bocconi migliori che saranno avanzati. I cani domestici che mantengono il comportamento di mangiare con voracità, se lasciati liberi di accedere al cibo in qualsiasi momento, diventeranno rapidamente obesi. L’aspetto anatomico dei cani e dei gatti è quello tipico dell’animale predatore. I denti e le mascelle sono adatti ad afferrare, tranciare, tagliare e strappare piuttosto che a masticare. La mascella dei carnivori non consente possibilità di movimento laterale, a differenza degli erbivori, ma solamente un movimento verticale, che agisce sulle ossa e sulla carne della carcassa. I cani da adulti hanno 42 denti, i gatti 30. 21 Il cane ha una dentatura adatta alla dieta onnivora, ha le zampe lunghe ed uno scheletro robusto, che gli conferiscono un’enorme resistenza, infatti è un ottimo corridore. L’habitat del cane è un ambiente a ridotta vegetazione, che ben si concilia con la tecnica di caccia, basata su lunghi inseguimenti. La preda viene uccisa da morsi impressi da diversi membri del branco. Il gatto è un cacciatore solitario, con la dentatura specializzata per la dieta carnivora: ha mascelle corte e canini lunghi. E’ un animale agile, dotato di artigli e di un grande senso dell’equilibrio. Il gatto perlustra il territorio di caccia e individua la preda prima con l’udito e poi con la vista. Una volta focalizzata, avanza strisciando, radente al suolo, sfruttando la vegetazione presente e si ferma alla distanza di pochi metri dalla preda, osservandola attentamente. Se ritiene di essere ancora troppo lontano, potrà seguire un’ulteriore fase di avvicinamento, dopo 22 di che si immobilizza nuovamente ed è pronto a balzare in avanti per catturarla. Una volta uccisa la preda, il gatto la va a consumare in un luogo appartato, in posizione accovacciata. Tra un’attività predatoria e l’altra trascorre il tempo nell’ozio. N.B. L’assorbimento di ferro che non deriva dalla carne (detto non eminico) è limitatissimo: per questo motivo cani e gatti non possono seguire una dieta vegetariana! 23 RAPPORTO UOMO-ANIMALE Il cane è un animale altamente sociale, ossia predisposto alla vita di gruppo. Il periodo di socializzazione nel cane va dalla quarta alla dodicesima settimana di vita. Infatti intorno al primo mese inizia a giocare con i fratelli acquisendo alcune regole di corretta convivenza, come per esempio “l’inibizione al morso”, ovvero la capacità di controllare la forza di contrazione della mandibola che consente ai cuccioli di giocare senza farsi del male. Il cagnolino porta in bocca tutto ciò che trova e lo difende dall’attacco dei compagni o del padrone. In questo periodo è importante che il cane instauri rapporti con l’uomo e con altri animali domestici, per esempio il gatto. Nei cuccioli è molto importante il gioco perché li aiuta a conoscere la realtà che li circonda. Il gioco tra più cani, anche tra adulti, è fatto di piccoli morsi, di corse, di latrati e spesso implica lo scambio dei ruoli. Le cure della madre sono molto sviluppate nei cani ed i cuccioli soffrono molto se vengono allontanati precocemente da essa. Quando il cane viene adottato, è bene che trovi in casa una persona che lo aiuti a muoversi nel mondo: il cane ha un bisogno innato di avere una guida, altrimenti, avrà problemi comportamentali. Molti problemi d’interazione uomo-cane nascono proprio da un’alterazione nel rapporto di gruppo. Un cane che viene trascurato dal proprietario o tenuto isolato può andare 24 incontro a comportamenti anomali, reazioni patologiche, fino a provocarsi lesioni. I bambini piccoli possono scatenare reazioni aggressive. Il comportamento del bambino è infatti molto diverso da quello dell’adulto: i piccoli strilli, i movimenti disordinati, la tendenza a scappare sono tutti segnali che nel cane evocano l’atteggiamento della preda e gli stimolano una risposta di aggressività predatoria. Non bisogna mai correre davanti ad un cane, specialmente se sconosciuto. 25 COSA FARE PER EVITARE INCIDENTI CON I CANI Non si deve mai correre verso un cane che non si conosce, è meglio lasciare che sia lui ad avvicinarsi a noi e ad annusarci il palmo delle mani; non si deve mai varcare un cancello o infilare una mano in una proprietà dove si trova un cane, anche se in precedenza abbiamo già giocato con lui; bisogna stare attenti ai cani che giocano tra loro, che mangiano o hanno in bocca qualcosa a loro molto caro, o ai cani che vengono liberati da un box o da una catena dopo un lungo periodo di costrizione; non si deve mai guardare fisso negli occhi un cane che ci abbaia contro, mai scappare voltandogli le spalle, mai abbracciarlo, mai poggiargli una mano sulla testa ma è preferibile restare immobili guardando da un’altra parte; non si deve mai punire il cane in presenza dei bambini, anzi, con loro vanno abbinati stimoli positivi (biscotto, carezza) e comunque non si deve mai lasciare un bambino piccolo da solo con un cane, soprattutto se maschio e di taglia grande; bisogna essere prudenti quando una femmina è in compagnia dei suoi cuccioli: non si deve fare spaventare; bisogna stare attenti ai cani impauriti e comunque non va mai messo un cane nella situazione in cui gli sia preclusa ogni via di fuga; 26 27 se si ha davanti un cane dolorante o che ha subito un incidente non si deve manipolare: potrebbe reagire anche ad una nostra carezza perché sente dolore; si devono ridurre le interazioni con i cani di altrui proprietà in quanto, non conoscendo i traumi subiti dall’animale, le nostre azioni potrebbero essere male interpretate; bisogna evitare i giochi che eccitano il cane, quelli che prevedono prove di forza e l’addestramento che ne aumenta l’aggressività; bisogna imparare a riconoscere i segnali premonitori di un comportamento aggressivo (i segnali che precedono l’aggressione sono: muscoli irrigiditi, orecchie sollevate, coda tenuta alta, pelo sul dorso orripilato ed emissione di un ringhio sordo e continuativo); bisogna scoraggiare qualsiasi forma di ossessività morbosa nei confronti di cose (es. giocattoli) o di persone e premiare il cane quando ci permette di entrare in possesso di una sua cosa. ADOTTARE UN ANIMALE L’adozione di un animale comporta delle responsabilità e deve essere fatta in modo consapevole: prima di adottare un cane o un gatto ci dobbiamo soffermare a pensare al tipo di vita che conduciamo, al tempo che abbiamo a disposizione da dedicargli per il gioco, per la sua educazione e, nel caso del cane, per il movimento, per espletare le proprie esigenze fisiologiche ma anche per la socializzazione. L’animale non ci ha chiesto di essere adottato, per questo è necessario che, una volta entrato in casa, trovi un ambiente adatto alle sue necessità. Inoltre, bisogna sempre ricordarsi che l’animale che si adotta deve essere rispettato: non è né un bambino né un pupazzo, ma ha esigenze fisiologiche ed etologiche che vanno tenute in considerazione. Quando si adotta un cane o un gatto si deve considerare anche la sua attività riproduttiva: la cagna può partorire due volte l’anno e le cucciolate possono anche essere numerose (per cui è importante sapere preventivamente dove collocare i cuccioli), la gatta inizia il suo ciclo riproduttivo verso i sette mesi ed il periodo del calore va da gennaio a settembre. Generalmente una femmina ogni anno fa due o tre cucciolate e la sterilizzazione dovrebbe avvenire a circa sei mesi, anche nei maschi, in cui un intervento tardivo può mantenere il comportamento di marcatura. 28 GLI ANIMALI E LA LEGGE Prima di adottare un cane, bisogna assicurarsi che abbia il microchip e che sia iscritto in Anagrafe canina. Entro i termini stabiliti dalle normative regionali (per la Legge 34/97 della Regione Lazio entro 15 giorni dall’avvenuto possesso del cane), il nuovo proprietario deve fare il passaggio di proprietà presso il servizio veterinario della ASL competente per territorio (dove andranno denunciati il cambio di residenza e la morte dell’animale). Il servizio di Anagrafe canina è molto importante per combattere il randagismo: serve infatti a prevenire l’abbandono, consentendo di far ritrovare il cane al proprietario in caso di smarrimento ed a responsabilizzare maggiormente chi possiede un cane. Se si sceglie di adottare un cane da un canile, occorre sapere che la Legge 281/91 prevede l’obbligo di sterilizzazione di tutti i cani randagi (maschi e femmine) e di tutti i gatti di colonia. La sterilizzazione non serve solamente a contenere le nascite indesiderate, ma anche a prevenire l’insorgenza di malattie, quali le pseudogravidanze e, se eseguita in età prepubere, di tumori a carico dell’apparato riproduttore e della mammella. La legge (L. 189/2004) punisce chiunque per crudeltà o senza necessità, uccida o maltratti un animale, lo utilizzi in combattimenti e spettacoli o manifestazioni vietati. È punito anche chiunque abbandona animali domestici o li detiene in condizioni incompatibili con la loro natura. 29 Il proprietario deve inoltre: condurre il cane utilizzando guinzaglio o museruola nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico (ai sensi del Regolamento di Polizia Veterinaria DPR 320/54); condurre il cane con guinzaglio e museruola nei locali pubblici e sui mezzi pubblici di trasporto. affidare il cane soltanto a persone in grado di gestirlo correttamente; raccogliere le deiezioni emesse dal proprio cane (anche nelle aree dei parchi pubblici appositamente attrezzate per i cani e segnalate da apposito cartello) e avere con se gli strumenti idonei alla raccolta delle stesse. 30 L’ANIMALE IN AUTO L’articolo 169 del Codice della Strada consente di tenere libero in automobile un soltanto cane (o un gatto), a patto che stia sul sedile posteriore; “è vietato il trasporto di animali domestici in numero superiore a uno e comunque in condizioni da costituire impedimento o pericolo per la guida. E’ consentito il trasporto di soli animali domestici, anche in numero superiore, purché custoditi in apposita gabbia o contenitori, o nel vano posteriore al posto di guida appositamente diviso da rete o altro analogo mezzo idoneo”. Il Regolamento del Comune di Roma sulla tutela degli animali vieta di lasciare i cani chiusi in autoveicolo al sole dal mese di aprile al mese di ottobre compreso; vieta di lasciarli chiusi in autoveicoli permanentemente anche se all’ombra e con i finestrini aperti. 31