GIUNZIONE P-N, STRUTTURA FISICA E FUNZIONAMENO DEL DIODO
Si consideri un cristallo di silicio
puro, esso ha 4 elettroni di
valenza (Fig.1). In esso per
mezzo della energia termica,
anche a temperatura ambiente,
alcuni elettroni possono rompere
il legame covalente e passare
alla banda di conduzione. In
questo modi si crea un elettrone
libero ● e una lacuna. ○ (Fig.2)
Fig 1
Fig.2
Se ad esso tramite processi
fisico-chimici si introducono atomi
accettori, (3 atomi di valenza) ad
esempio
Boro
otteniamo
un
semiconduttore drogato in cui i
tre atomi di valenza del boro si
legano con tre atomi di valenza
del silicio; in queste condizioni
l’atomo di Boro diventa uno ione
Fig.3: Drogaggio tipo P
Fig.4: Drogaggio tipo N
fisso negativo e la mancanza di
un elettrone per formare l’ottetto
genera una lacuna libera, siamo nel caso di zona di tipo P. (fig.3)
In maniera analoga al silicio puro immettiamo (droghiamo) con atomi di Fosforo (Donatore, Pentavalente),
in questo modo 4 elettroni di valenza del fosforo legheranno con i 4 atomi di valenza del Silicio, il quinto,
Elettrone libero, sarà libero di muoversi per agitazione termica. L’atomo di fosforo sarà complessivamente
positivo: ione fisso positivo. (Fig.4)
Ora pensiamo di unire le due zone di un semiconduttore. La
zona di confine dei due materiali drogati diversamente é
detta Giunzione. (Fig.5).
Ne dispositivo si genererà una corrente di Drift data dal
passaggio delle lacune verso la zona N e degli elettroni verso
la zona P. In prossimità della giunzione lacune e elettroni
liberi si ricombineranno, per cui esisterà una Zona di
Svuotamento in cui saranno presenti soltanto ioni fissi e
Fig.5: Giunzione
NON saranno presenti cariche mobili. E’ appunto la presenza
dei ioni fissi ad arrestare la ricombinazione delle cariche
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Pag.1
mobili, in quanto, le cariche fisse in prossimità della zona di svuotameno generano un campo elettrico che
tende a fermare questo processo migratorio delle cariche mobili. In questo modo si é creato un DIODO.
POLARIZZAZIONE DI UNA GIUNZIONE P-N
Polarizzare una giunzione P-N significa applicare a, terminali metallici del diodo una d.d.p.
La giunzione può essere polarizzata direttamente o inversamente; è polarizzata direttamente quando il +
della batteria è collegato alla zona P del diodo; è polarizzata inversamente quando il + della batteria é
collegato alla zona N del diodo.
Fig. 6: Polarizzazione inversa.
Fig. 7: Polarizzazione Diretta.
Nella Polarizzazione inversa, si nota un aumento dello spessore della zona di svuotamento e quindi della
“barriera di potenziale” prodotta dalle cariche fisse. In queste condizioni la “corrente di diffusione” non
può circolare, il diodo risulta interdetto. Circola tuttavia la “corrente di drift” prodotta dalle cariche
minoritarie, (elettroni nella zona P e lacune nella zona N), che sono facilitate nel loro moto dal campo
elettrico prodotto dalle cariche fisse nella zona di svuotamento. Tale corrente, detta “corrente inversa”
non dipende dalla tensione inversa applicata al diodo ma dalla temperatura di funzionamento del diodo
(fenomeno dell’agitazione termica). Per diodi al silicio tale corrente è dell'ordine dei nA, per quelli al
germanio e dell'ordine dei micro-Ampere.
Quando la giunzione è polarizzata direttamente, le lacune libere della zona P e gli elettroni liberi della
zona N vengono sospinti verso la giunzione dal campo elettrico della batteria. La configurazione assunta è
quella di figura 7. Si nota una diminuzione dello spessore della zona di svuotamento e quindi della “barriera
di potenziale” prodotta dalle cariche fisse. E’ sufficiente vincere completamente la barriera di potenziale
prodotta dalle cariche fisse (con una d.d.p. esterna di 0,2 - 0,3 V nel caso di Germanio e di 0,5 – 0,8 V nel
caso di Silicio) per ridurre a zero lo spessore della zona di svuotamento. In queste condizioni attraverso la
giunzione circola la “corrente di diffusione” essa è molto intensa tanto che è necessario limitarla a valori
ragionevoli ponendo in serie al circuito di polarizzazione una resistenza R di valore opportuno altrimenti la
giunzione potrebbe anche distruggersi.
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Pag.2
Caratteristica del Diodo
La caratteristica V-I di un diodo rappresenta in forma grafica la variazione della corrente transitante nel
diodo al variare della tensione applicata sul diodo stesso.
Come già detto, sappiamo che un diodo in polarizzazione inversa non lascia passare corrente, invece in
polarizzazione diretta, superata la tensione di soglia la corrente cresce in maniera molto veloce.
Questo andamento si può schematizzare in forma circuitale dal circuito equivalente del diodo (in
polarizzazione diretta), e in forma grafica da una curva che rappresenta l’andamento sperimentale della
corrente e della tensione di un diodo.
Caratteristica del diodo in polarizzazione diretta
Circuito equivalente del diodo in polarizz. diretta
Dove il valore di VS ( che rappresenta la tensione di soglia) per idiodi al silicio vale circa 0,7V, e la
resistenza diretta RD vale intorno alla decina di Ohm.
Un metodo di risoluzione delle reti con diodo molto usato consiste nell’uso della retta di carico.
Il concetto di retta di carico.
Retta di carico
Circuito considerato
Si consideri il circuito di figura la corrente che scorre nel circuito è legata alla tensione fornita dal
generatore e a quella ai capi del diodo dall’equazione della maglia. Inoltre la tensione ai capi del diodo e la
corrente che scorre in esso sono legate dalla caratteristica del diodo.
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Pag.3
L’equazione della maglia é rappresentata da: V = R ⋅ I D + V D con ID e VD corrente e tensione del diodo.
Questa equazione nel piano ID ; VD rappresenta una retta, la retta di carico, che si può tracciare tramite i
due punti:
V

I D =

R
 VD = V
per
VD = 0
per I D = 0
Il punto di intersezione fra la retta di carico e la caratteristica del diodo rappresenta la coppia di valori con ID
e VD di funzionamento del diodo stesso.
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Pag.4
Raddizzatori a diodo a semplice semionda
In elettrotecnica ed elettronica un raddrizzatore o rettificatore è un dispositivo usato per trasformare la
corrente alternata in corrente continua.
Il metodo più semplice per raddrizzare una corrente è l'impiego di un diodo a semiconduttore. In questo
caso viene lasciata passare una sola semionda positiva di tensione, mentre quando è presente la
semionda negativa il diodo entra in interdizione e non si ha passaggio di corrente.
Questa soluzione genera una corrente molto difficile da livellare fino ad ottenere una corrente costante ed è
causa di notevole rumore elettrico (per rumore si intende l'insieme di segnali in tensione o corrente elettrica
indesiderati che si sovrappongono al segnale utile). In generale il rumore è un segnale di disturbo rispetto
all'informazione trasmessa in un sistema.
Ne caso di un diodo ideale avremo:
Il
circuito
normale,
raddrizzatore
che
abbiamo
considerato, non è adatto
per
raddrizzare
piccoli
segnali, in quanto esiste la
tensione di soglia VD che da
un lato non fa rilevare le
piccole tensioni e dall'altro
altera i valori alle tensioni
Raddrizzatore a singola semionda
Forme d’onda del raddrizzatore
più alte, in quanto
occorre sempre detrarre da ogni valore di tensione il valore della tensione di soglia VD ; di conseguenza la
caratteristica di trasferimento non è lineare. Si avranno quindi una tensione più piccola di quella erogata dal
generatore.
Quando il segnale in ingresso è molto elevato questi inconvenienti risultano trascurabili, in caso contrario
bisogna tenere conto della tensione di soglia del diodo.
Un grosso inconveniente di questo circuito é dato dal fatto che il segnale in uscita é presente solo per una
semionda.
RADDRIZZATORE A DOPPIA SEMIONDA (A PONTE DI GRAETZ)
Il raddrizzatore a ponte di diodi o a ponte di graetz ha il compito di trasformare la corrente alternata in
corrente continua attraverso 4 diodi.
Ponte di Graetz
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Forme d’onda.
Pag.5
Semionda positiva
Semionda negativa
1) SEMIONDA POSITIVA
Durante la semionda positiva la corrente esce dal generatore, passa dal diodo D1, attraversa la resistenza
R (intesa come carico) ed infine passa dal diodo D3 per rientrare nel generatore. I diodi D2 e D4 sono
interdetti e si comportano come interruttori aperti. La caduta di tensione della resistenza sarà data dalla
legge alle maglie VR = V-VD3-VD1.
2) SEMIONDA NEGATIVA
Durante la semionda negativa la corrente esce dal generatore dal polo opposto a prima, passa dal diodo
D2, attraversa la resistenza R (intesa come carico) ed infine passa dal diodo D4 per rientrare nel
generatore. I diodi D1 e D3 sono interdetti e si comportano come interruttori aperti. La caduta di tensione
della resistenza sarà data dalla legge alle maglie VR = V-VD2-VD4.
Raddrizzatore a filtro capacitivo
Una tensione livellata si può ottenere inserendo in parallelo alla resistenza di carico una capacità.
Dalla differenza delle costanti di tempo di carica e scarica della capacità riusciremo a livellare la tensione in
uscita.
Circuito a filtro capacitivo
Forme d’onda del filtro capacitivo
Infatti quando il diodo é polarizzato direttamente esso si caricherà con una costante di tempo pari a circa:
τ CARICA = C ⋅ rD con rD resistenza in diretta del diodo.
Dato che rD é dell’ordine della decina di Ohm questa costante di tempo sarà talmente piccola che la
tensione ai capi della capacità segue la tensione VA.
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Pag.6
Ma appena VA é minore di VB il diodo é in inversa e quindi non conduce. In questo caso la costante di
tempo di scarica sarà: τ SCARICA = C ⋅ R che essendo molto grande porta ad una scarica lenta della
capacità ottenendo un livellamento della tensione di uscita.
Si definisce RIPPLE il rapporto: r =
∆V
esso é un indice della bontà del circuito, in quanto più piccolo é il
VP
ripple maggiore sarà stabilizzato e vicino ad un segnale in continua il segnale di uscita.
Si potrebbe dimostrare che : r =
1
quindi da questa formula é possibile dimensionare il
4⋅ 3 ⋅ f ⋅C ⋅ R
circuito per ottenere il ripple desiderato.
Un discorso analogo si può fare per il raddrizzatore a doppia semionda, dove ricordando che in un periodo
abbiamo due semionde (e non una come nel caso del raddrizzatore a singola semionda ) il ripple sarà
esattamente la metà:
r=
1
ripple per ponte a doppia semionda.
2⋅ 3 ⋅ f ⋅C ⋅ R
DIODO ZENER
Il
I
diodo
Zener
viene
usato
in
polarizzazione inversa. I modelli usabili
per il diodo zener sono riportati nella fig.
VZ
V
+
5.34, a seconda che si tenga conto,
-
oppure
no,
della
pendenza
della
caratteristica nella zona a polarizzazione
inversa.
quello
polarizzazione inversa
Lo scopo dei diodi zener è
di
fornire
dei
riferimenti
di
tensione.
Zona di funzionamento del diodo zener e suo simbolo circuitale.
IZ
+
VZ
I parametri caratteristici sono il valore di tensione di zener Vz, il
+
VZ
valore minimo e massimo della corrente di zener Iz, la resistenza
V
differenziale Rz in zona zener; la potenza dissipabile.
rd
V = VZ + rd IZ
.
Fig.5.34: Modelli di diodi zener
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Pag.7
R
Ia
Regolatore di tensione
Iu
IZ
Supponiamo che la tensione di alimentazione vari nel tempo.
Vu
RL
Va
Scopo del circuito è quello di produrre una tensione Vu che
non risenta delle variazioni di Va.
Se Va è comunque tale da portare lo zener nella zona di
funzionamento, Vu resta agganciato al valore di VZ. Naturalmente Va non deve crescere troppo, perché
non si superino valori pericolosi di potenza dissipata.
Per il circuito vale:
R=
Va − VZ
I Z + IU
Problema
Con riferimento al circuito di figura 5.39, di quanto varia Vu a causa delle variazioni di Va? Il carico può
variare da aperto a 500 Ω.
Ia
220 Ω
Soluzione:
IZ
Iu
Vu
Va
8÷10V
VZ=5 V
rd=3Ω
∞÷500 Ω
La corrente Iz deve superare una soglia minima. La
situazione peggiore si ha quindi per il valore più basso di Va
(8V). La corrente che circola nella resistenza è data da (fig.
Fig.5.39: Esempio di circuito regolatore
5.40) I a =
1) Verifica che il diodo opera in zona zener.
V A − VZ
= 13,6mA . Questa corrente si ripartisce fra lo zener e il carico. La situazione peggiore
220Ω
è quella in cui il carico è più alto (resistenza più bassa, 500 Ω). In questa situazione la corrente nel carico è
data da
Il =
5V
= 10 mA
500Ω
. Rimangono quindi 3,6 mA a disposizione per il funzionamento del diodo
zener: è necessario controllare sulle caratteristiche dello specifico diodo che siano sufficienti.
Ia
220 Ω
2) Massima potenza
Il diodo dissipa la massima potenza quando la tensione di ingresso è
massima e la corrente nel diodo è massima, cioè quando il carico assorbe
la corrente minima (RL massima).
8V
5V
Ia =
Fig.5.40:
Esempio
di
circuito
regolatore: calcolo corrente minima.
10V − 5V
= 23mA
220Ω
Il valore massimo di RL è ∞ (aperto), quindi tutti i 23 mA devono poter
passare nello zener. La potenza dissipata è quindi 23 mA . 5V =115 mW,
che si ritiene accettabile.
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Pag.8
3) Coefficiente di regolazione.
Occorre analizzare il circuito equivalente per le variazioni (fig.5.41).
R
∆ Vu =
Si ricava:
∼
rd
∆Va
∆ Va Ru
3∆ Va
≅
= 0 ,013∆ Va
R + Ru 220 + 3
∆Vu avendo indicato con Ru il parallelo di RL e rd. Osserviamo che, al
limite di rd = 0, ∆Vu= 0: in dB si ha :
RL
Fig.5.41: Circuito equivalente alle variazioni
del circuito regolatore di tensione.
∆Vu
= −38 dB
∆Va
.
Esercizio
Con riferimento al circuito di fig.5.42, determinare R in modo che lo zener non dissipi più di 1 W.
Determinare la minima resistenza di carico per la quale il circuito continua a regolare.
1) Dissipazione massima.
R
Ia
Si scelgono le condizioni RL aperto, Va = 10V, VZ = 5V, quindi:
Iu
IZ
Va
8÷10V
RL
VZ=5 V
V − VZ
Pd = VZ I Z = VZ a
≤ 1W
R
Vu
,
che risolta dà R >25 Ω.
Fig.5.42: Circuito regolatore
2) Minima resistenza di carico.
IZ deve essere superiore a un valore minimo che si ottiene per Va =8V e
120
5V
IZ>5
RL minimo. R è stato ricavato e vale 25 Ω.
Iu<115
RL
V − VZ
3
Ia = a
=
= 120 mA
25
25
è la corrente che circola in R. Questa
corrente si deve ripartire tra lo zener e RL in modo che nello zener passi
una corrente superiore alla IZ minima (che fissiamo = 5 mA). Quindi la
Fig.5.43: Calcolo RL minima
situazione, rappresentata nella fig.5.43 dà
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RL ≥
5V
= 40Ω
115 mA
.
Pag.9
IL TRANSISTOR BIPOLARE (BJT)
Struttura e principio di funzionamento.
Tre regioni adiacenti di semiconduttore drogate alternativamente di tipo P e di tipo N costituiscono, sotto
certe condizioni, un transistor BJT. Questa struttura è rappresentata in forma schematica in fig. 1 nelle due
possibili versioni: pnp e npn, con i simboli grafici corrispondenti. La parte centrale viene chiamata base e
le due zone laterali emettitore e collettore. Il dispositivo presenta dunque due giunzioni, base-emettitore
e base-collettore, che indicheremo in seguito rispettivamente con JE e JC . La simmetria dei modelli di fig.
1 è convenzionale; in realtà le giunzioni JE e JC hanno aree diverse, come risulta pure diversa l’intensità
del drogaggio dell’emettitore e del collettore. Ne consegue che i terminali E e C non sono intercambiabili. Il
verso della freccia nel simbolo è quello della corrente di Ie nel caso in cui la giunzione sia polarizzata
direttamente. Due particolarità costruttive sono veramente essenziali per il funzionamento del BJT: 1) la
regione di base deve essere molto sottile (pochi µm); 2) la stessa regione deve essere poco drogata
rispetto a quella di emettitore.
Fig.1: Modello fisico e sombolo grafico del Bjt
Fig.2: Polarizzazione del Bjt
Il BJT può lavorare come dispositivo lineare (amplificatore di segnali) o come dispositivo a due stati, ONOFF (interruttore elettronico). Nel funzionamento lineare la corretta polarizzazione delle giunzioni
prevede JE polarizzata direttamente e JC polarizzata inversamente (fig. 2).
La fig. 3 illustra il processo di conduzione all’interno di un transistore npn evidenziando le varie componenti
della corrente. La polarizzazione diretta di JE, giunzione B-E dà luogo ad una corrente dovuta
prevalentemente agli elettroni liberi che dall’emettitore si dirigono verso la base (In-E) e, in misura alquanto
minore per il debole drogaggio della base, da lacune che da B vanno verso E (Ip-E). Giunti nella base, gli
elettroni liberi hanno poche probabilità di ricombinarsi con le lacune relativamente scarse e, vista la
sottigliezza della regione di base, arrivano rapidamente nelle vicinanze di JC, giunzione B-C , che
attraversano sotto l’effetto del campo elettrico favorevole dato dalla Vcb (InC). A titolo indicativo si può
pensare che un solo elettrone su cento si ricombini nella base. Le ricombinazioni danno luogo alla
componente InE - InC , mentre gli elettroni che hanno proseguito il loro cammino attraverso JC , danno
origine alla componente principale InC di IC IE . Con Icbo è stata indicata la corrente inversa di saturazione
di JC, dovuta ai portatori minoritari. Si noti il verso delle correnti, convenzionalmente contrario a quello degli
elettroni. Naturalmente nel caso di transistor pnp le considerazioni saranno analoghe, con la differenza che
avremo correnti di verso opposto e andrà invertito il ruolo di elettroni e lacune.
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Pag.10
Fig.3: Correnti nel Bjt
Fig.4: processo di conduzione
Equazioni e parametri fondamentali. Con riferimento alla fig. 3 e 4 si ha, per il primo principio di
Kirchhoff,
Ie = Ic + Ib. Se il transistor è correttamente polarizzato, ed è quindi valida l’analisi delle correnti esposta
precedentemente, si ha: Ic = α IE + ICBo che, trascurando ICBo (corrente di saturazione inversa), diventa
Ic = α Ie. Dato che IE = IC /α, sostituendo tale espressione nella si ha IC /α = IC + IB dalla quale si ottiene
Ic=( α/( α-1))x Ib, dove ß, avendo trascurato ICbo , coincide con il parametro indicato dai costruttori HFE ,
guadagno di corrente in continua. Valori tipici sono α = 0,99 e ß = 100.
Caratteristiche ad emettitore comune
Fig.5: configurazione CE
Fig.6: Caratteristica di Ingresso
Fig.7: Caratteristica di Uscita
Caratteristica di ingresso. Rappresenta l’andamento di Ib al variare di Vbe. Tale andamento risulta in
pratica indipendente da VCE. La caratteristica, riportata in fig. 6, è in tutto simile a quella di un diodo. In
pratica se la giunzione BE è in conduzione possiamo assumere Vbe costante, pari a circa 0,7 V.
Caratteristiche di uscita. Le caratteristiche di uscita rappresentano l’andamento di Ic al variare di Vce per
valori costanti di Ib e fanno riferimento al circuito di fig. 5. Poniamo di avere un transistor per il quale
HFE = 100. Possiamo regolare Vbb in maniera tale da avere, ad es., Ib = 40 µA e Ic = HFE∙Ib = 4 mA.
Ammettiamo di aver regolato Vcc in modo tale da avere, ad es., VCE = 4 V (punto A in fig. 7). Se ora
aumentiamo Vcc aumenterà Vce ma avremo sempre Ic = 4 mA dato che la corrente Ic è fissata dalla
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corrente Ib (ci spostiamo a destra di A). Diminuendo Vcc e quindi Vce ci sposteremo a sinistra di A. Avremo
ancora
Ic = 4 mA finché il valore troppo basso di Vce non farà si che la giunzione BC non sarà più polarizzata
inversamente. Da questo punto, in cui inizia la zona di saturazione, non si avrà più Ic = HFE∙IB e
diminuendo ulteriormente Vce anche la corrente Ic comincerà a scendere fino al punto in cui avrà Vce = 0 e
Ic = 0. Ripetendo le medesime operazioni, avendo prima diminuito Vbb in modo tale da avere ad es. Ib =
20 µA, si avrà una curva simile alla prima ma con Ic = HFE∙IB = 2 mA nel tratto al di fuori della zona di
saturazione. Diminuendo ulteriormente Vbb ad un certo punto si avrà che la giunzione BE non sarà più in
conduzione e si avrà IB = 0 e IC 0 (zona di interdizione). Riassumendo, si hanno le seguenti tre situazioni
giunz. BE
giunz. BC
Ic = HFE∙Ib
Zona Lineare
Polarizzata direttamente (in conduzione)
Polarizzata Inversamente
SI
Saturazione
Polarizzata direttamente (in conduzione)
Polarizzata Direttamente
NO
Interdizione
Polarizzata inversamete (non in conduzione)
Polarizzata Inversamente
NO
Ib=0; Ic=0
E’ necessario osservare che Ic non si mantiene perfettamente costante, ma aumenta leggermente
all’aumentare di Vce. Tale variazione può essere spiegata in questo modo: l’aumento di Vce e quindi della
polarizzazione inversa della giunzione BC, provoca l’estensione della zona di svuotamento all’interno della
base; la larghezza della base, utile per le ricombinazioni, risulta di fatto ridotta e ne consegue un aumento
di Ic (effetto Early).
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Pag.12
Polarizzazione e stabilizzazione dei BJT
Polarizzare un BJT significa fare in modo che le tensioni e le correnti del Punto di riposo, (Ib, Ic, Vce, Vbe)
siano quelle volute dal progettista. La polarizzazione é ottenuta tramite particolari reti elettriche che sono
dette reti di polarizzazione.
In un BJT i fattori che influenzano il punto di lavoro o punto di riposo sono principalmente:
l'invecchiamento dei dispositivi e la forte dispersione delle caratteristiche, ovvero la forte variabilità delle
caratteristiche da BJT a BJT, anche se nominalmente sono dello stesso tipo. Dal motivo che il punto di
riposo può variare nasce la necessità di stabilizzare il punto di riposo. Le reti di polarizzazione devono
garantire che il punto di riposo si sposi il meno possibile e comunque entro limiti prefissati.
Fra i coefficienti di stabilizzazione si elenca: il coefficiente di stabilità in corrente: S I ≈
∆I C
∆I CB 0
esso
rappresenta la variazione della corrente Ic dovuta alla Icbo. Icbo varia al variare della temperatura.
Zone di funzionamento del BJT
In estrema sintesi il BJT puo operare in tre diverse regioni di funzionamento:
- Regione attiva, in cui il BJT si comporta da amplificatore di corrente, ossia in cui la corrente di uscita, Ic,
e proporzionale alla corrente d'ingresso, Ib.
- Regione di saturazione, in cui il BJT si comporta come un interruttore chiuso i cui estremi sono collettore
ed emettitore.
- Regione di interdizione, in cui il BJT si comporta come un interruttore aperto i cui estremi sono collettore
ed emettitore.
Amplificatore a BJT: generalità
Interessandoci gli amplificatori e evidente che il BJT dovrà essere innanzitutto polarizzato in regione attiva
e per far ciò sarà necessario ricorrere ad un opportuno circuito di polarizzazione.
Si dovrà anche garantire che il punto di lavoro del BJT rimanga il più possibile fisso nella posizione imposta
dal
progettista, per evitare che spostandosi si posizioni in una zona in cui il BJT non opera più da amplificatore.
Circuito di polarizzazione automatica a partitore di
tensione
R1
RC
Rc
Tra i vari circuiti di polarizzazione adottati, il più usato nei
circuiti a componenti discreti e il circuito di polarizzazione
B
automatica a partitore di tensione, la cui struttura si può
Q
vedere in Fig. 3. L'effetto di stabilizzazione del punto di
Rb
R2 RE
lavoro e prevalentemente dovuto alla resistenza Re
Re
Vb
presente sull'emettitore. Infatti si supponga un aumento
della corrente di collettore Ic, di conseguenza aumenterà
la tensione VRE; ma dato che il nodo B é potenziale fisso
Fig.3 rete di autopolar.
Fig.4 circuito equivalen.
(dato dal partitore R1-R2) la VBE tenderà a diminuire. Una
diminuzione della VBE porterà ad una diminuzione della Ib
con conseguente diminuzione della Ic.
Applicando il teorema di Thevenin fra la base del bjt e la massa il circuito diventa quello di Fig.4, in cui:
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Pag.13
R2

Vb = Vcc ⋅ R1 + R 2

R1 ⋅ R 2
 Rb =

R1 + R 2
Vb = Rb ⋅ Ib + Vbe + Re⋅ Ie

Vcc = Rc ⋅ Ic + Vce + Re⋅ Ie
SI = 1+
Rb
Re
RETTA DI CARICO
Si dice retta di carico la retta che ha come equazione l'equazione della maglia di uscita, cioè
Vcc = Rc ⋅ Ic + Vce + Re⋅ Ie . Per rappresentarla sulle caratteristiche di uscita, occorre prendere due punti.
Quando IB = 0 e IC = 0 dalla equazione della retta di carico si ottiene che VCE = VCC; quindi un punto sarà
quello sull'asse orizzontale, avente coordinate ( Vcc ; 0).
Supponendo invece che la VCE sia nulla dalla equazione della retta di carico otteniamo VCC = RC IC + RE
IE; e trascurando IB rispetto a IC otteniamo il secondo punto ICMAX = VCC/ (RC + RE);
quindi il secondo punto ha coordinate (0; VCC/ (RC + RE)); unendo i due punti otteniamo la retta di carico.
PROGETTO DI UN CIRCUITO DI
POLARIZZAZIONE
In sede di progetto del circuito di
Icc= Vcc
Rc+Re
polarizzazione si usano i seguenti
Retta di Carico
criteri pratici. Per la VCE si fissa un
valore all'incirca uguale a VCC/2;
per la caduta di tensione ai capi di
RE, cioè VE, si fissa un valore uguale
a VCC/10; per la corrente del partitore
IP si fissa una corrente uguale a
Vce=Vcc
IP=20Ib. Con l'aiuto delle
caratteristiche e delle equazioni della
maglia di uscita e della maglia di
ingresso si calcolano i valori di tutti i
resistori.
Esempio
Dato il BJT BCW82, in base alle caratteristiche di uscita fissiamo una VCC = 2,0 V; fissiamo una VCE =
VCC/2 = 2/2 = 1 V; fissiamo VE = VCC/10 = 2/10 = 0,2 V ;
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Pag.14
Dalle caratteristiche di uscita scegliamo una caratteristica che sia centrale, per esempio quella di IB =15
uA; dalla lettura della caratteristica leggiamo IC = 4,6 mA; quindi
IE = IC + IB = 4,6 mA +15 m A = 4,615 mA
Quindi RE = VE/IE = 0,2/0,004615 = 43 Ω
Dall'equazione della retta di carico ci calcoliamo RC;
RC = (VCC - VCE - VE)/IC = (2 - 1 - 0,2) /0,0046 = 0,8/0,0046 = 173 Ω
Controlliamo ICMAX = VCC/ (RC + RE) = 2/( 173 + 43) = 9,25 mA; mentre sul diagramma delle
caratteristiche di uscita leggiamo 9 mA; i due valori, a parte gli errori grafici, sono attendibili.
Per calcolare il partitore, dalla caratteristica di ingresso ci ricaviamo una VBE = 0,8 V; quindi: R2 I2 = VBE
+ VE = 0,8 + 0,2 = 1 V
Essendo I2 = IP = IC/10 = 4,6 /10 mA = 0,46 mA, otteniamo:
R2 = 1/0,00046 = 2174 Ω
Per R1 essendo
R1 I1 = VCC - R2 I2 = 2 - 1 = 1 V
Ed essendo
I1 = IP + IB = 0,46 ma + 15 m A = 0,475 mA
Otteniamo: R1 = 1/ 0,000475 = 2105 Ω
Naturalmente si sceglieranno i valori commerciali vicini a quelli teorici.
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Pag.15
IL TRANSISTOR COME INTERRUTTORE
Il transistor, opportunamente polarizzato, può essere utilizzato come un interruttore che può essere aperto
o chiuso, regolando la corrente di base. Consideriamo il seguente circuito:
Quando l'interruttore si trova verso il basso, la tensione VBE = 0; la corrente di base IB = 0; la IC = 0; il
transistor è interdetto, non conduce e si comporta come un circuito aperto. La tensione di uscita sul
collettore assume il massimo valore Vu = VCC.
Quando, invece, spostiamo verso l'alto l'interruttore, la base del transistor è polarizzata direttamente, il
transistor va in saturazione, la IC assume il massimo valore, il transistor si comporta da circuito chiuso. La
tensione di uscita assume il valore Vu = 0.
Se consideriamo le caratteristiche di uscita del BJT:
Possiamo considerare tre zone:
Zona di saturazione: è la zona in cui il transistor conduce, IC raggiunge il massimo valore, VCE assume
valori molto bassi.
Zona attiva: è la zona centrale delle caratteristiche, in tale zona viene utilizzato come amplificatore,
avendo un comportamento abbastanza lineare.
Zona di interdizione: è la zona in cui il transistor si comporta da circuito aperto, IC assume valori molto
bassi, VCE valori molto alti.
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Pag.16
Amplificatori: studio a parametri “h” alle frequenze medie.
Se si vuole studiare in maniera quantitativa il funzionamento e le prestazioni di un amplificatore a BJT,
dobbiamo essere in grado di descrive o modellare in maniera semplice il comportamento del BJT, usato
come amplificatore, nei riguardi delle sole variazioni delle tensioni e delle correnti rispetto al punto di lavoro.
In altre parole dobbiamo avere a disposizione un modello che descriva in maniera semplice il
comportamento del transistore bipolare nei confronti delle variazioni di tensione e di corrente ai terminali
del dispositivo, cioè nei confronti dei segnali di tensione e di corrente nel dispositivo. Il BJT è un dispositivo
dalle caratteristiche decisamente non lineari, per cui il problema della formulazione di un modello valido per
i soli spostamenti delle grandezze elettriche rispetto al punto di lavoro scelto risulta grandemente
semplificato se si considera una linearizzazione delle caratteristiche del transistore intorno al punto di
lavoro stesso, cioè se tali caratteristiche possono essere convenientemente approssimate utilizzando la
retta tangente alle caratteristiche stesse nel punto di lavoro. Tale approssimazione ovviamente sarà tanto
più efficace e valida quanto più gli spostamenti rispetto al punto di lavoro saranno piccoli, per cui il modello
che costruiremo nel seguito sarà un modello lineare per piccoli segnali del transistore bipolare.
Per poter effettuare lo studio dell'amplificatore, è necessario poter rappresentare in modo approssimato il
comportamento del transistore nei confronti dei piccoli segnali con un circuito lineare, comunemente
chiamato circuito equivalente per i piccoli segnali a parametri H.
Per i BJT esistono numerosi circuiti equivalenti, ciascuno particolarmente adatto a schematizzare il
comportamento del BJT in varie situazioni (basse frequenza, alte frequenze, etc..), in questi appunti ci si
limiterà a considerarne il più utilizzato per le frequenze audio: il circuito equivalente a parametri ibridi, il
cui schema e riportato in Fig. 7.
Parametro
Definizione
campo di
Note
valori
Hie
hfe
hoe
hre
Fig.7: Circuito a parametri H
hie =
∆Vbe
∆Ib VCE =Cost
h fe =
∆Ic
∆Ib VCE =Cost
hoe =
∆Ic
∆Vce
∆Vbe
hre =
∆Vce
Ib =Cost
Resistenza
Resistenza
KΩ
di ingresso
Da 50
Guadagno di
a 500
corrente
Da 5 μS
Conduttanza
A 50 μS
di uscita
Da 10-4
Reazione di
-7
Ib = Cost
A 10
tensione
(trascurabile)
Fig.8: valori tipici dei parametri H
Normalmente i parametri hoe e hre sono molto piccoli, spesso, per semplicità , si considerano nulli.
Si ricorda, per l'ennesima volta, che il circuito equivalente a parametri ibridi descrive in modo approssimato
il
comportamento del BJT, solo ed esclusivamente per i segnali variabili (quindi non e utilizzabile per la
continua), l'errore commesso e tanto più piccolo quanto più piccoli sono i segnali.
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Pag.17
Amplificatore a Emettitore Comune (CE)
Vogliamo realizzare un circuito che sia in grado di polarizzare un BJT e che sia in grado di “condurre” il
segnale di ingresso Vs alla base del transistore e di “portare” il segnale amplificato dal BJT verso il carico
RL, in poche parole abbiamo bisogno di un circuito che renda insensibile al punto di riposo le eventuali
variazioni del circuito di ingresso Vs-Rs e del carico Rl. Il circuito cercato é rappresentato in fig. 5, in esso
le capacità Ca1 e Ca2 , dette di accoppiamento, avendo reattanza infinita per f = 0, hanno il compito di
evitare che la sorgente e il carico siano percorsi dalla corrente continua presente nella rete di
polarizzazione, in modo da evitare che il posizionamento del punto di riposo dipenda da Rs e RL (se ad es.
non ci fosse Ca1 la resistenza tra base e massa divente-rebbe R2//Rs). La capacità CE , detta di by-pass,
ha la funzione di cortocircuitare, nel circuito dinami-co, la resistenza Re.
Si ottiene cosı lo schema completo di Fig. 5 noto sotto il nome di amplificatore emettitore comune (o
semplicemente E.C.).
Fig. 5 Amplificatore a BJT ad emettitore comune (Ca1
e Ca2 sono le capacita di accoppiamento, CE e la
capacita di bypass).
Fig. 6 Circuito Dinamico
Nello studio ora considerato consideriamo il range di frequenza in cui le capacità di by-pass si possono
considerare dei corto circuiti, ed le capacità parassite del transistore si possono considerare trascurabile
(dei tasti aperti). Questo range di frequenza viene detto range delle medie frequenza.
Circuito Dinamico: E’ il circuito per le variazioni rispetto alla situazione di riposo e riguarda quindi
esclusivamente il segnale. Viene ricavato da quello di fig. 5 cortocircuitando Ca1 , Ca2, CE e la Vcc, che
devono essere di valore sufficientemente elevato da rendere trascurabile la loro reattanza XC = 1/(2πfC)
alle frequenze di lavoro, e non considerando la f.e.m. continua di alimentazione, che non introduce
variazioni.
Studio dinamico
Si considerino presenti i soli segnali alternati o variabili ed inoltre si operare a frequenze sufficientemente
elevate (frequenze di centro banda o frequenze medie) da poter ritenere le capacità di accoppiamento e
bypass cortocircuiti.
Si ridisegnare il circuito dell'amplificatore considerando:
· nulle le tensioni e correnti continue erogate dai generatori eventualmente presenti (in questo caso si
sostituisce Vcc con la massa, si cortocircuititano Ca1, Ca2, CE. Si ottiene cosı il circuito dinamico.
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Pag.18
Guadagno di corrente parziale Aip
Ic
Ib
Ic = hfe ⋅ ib + i
Aip =
i = Vu ⋅ hoe
con Vu = − Rp ⋅ ic ed Rp=Rc//RL
sostituendo:
ic = hfe ⋅ ib − hoe ⋅ Rp ⋅ ic
Ic
hfe
da cui Aip =
=
Ib 1 + hoe ⋅ Rp
Resistenza di ingresso
Trascurando il parametro hre:
Rip=hie, ed Ri=Rb//hie.
Guadagno di tensione
Av =
Fig. 10 Circuito equivalente a parametri h
Vu − Rp ⋅ ic Rp
=
=
⋅ Aip
Vbe Rip ⋅ ib Rip
Resistenza di uscita
Per definizione la resistenza di uscita Ro è la resistenza che si vede ai morsetti di uscita dell'amplificatore
posto di aver annullato tutti i generatori indipendenti presenti, nel caso in questione l'unico generatore
indipendente presente e il generatore d'ingresso Vs.
Trascurando il parametro hre, si ottiene: Ro =
1
// Rc
hoe
Valori tipici dei parametri h
Configurazione
CE
CC
CB
hi [Ω]
1.000
1.000
10
hf
100
-101
-0,99
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hr
2∙10-4
0
5∙10-5
1/ho[KΩ]
40
40
4.000
Pag.19
Amplificatori alle alte frequenza: Circuito di Giacoletto
Alle alte frequenze non è più valido il modello a parametri ibridi del transistor a causa della dipendenza dei
parametri hie ed hfe dalla frequenza. Si ricorre quindi ad un altro modello del BJT denominato circuito
equivalente a P-greca o circuito di Giacoletto. In altre parole alle alte frequenze le capacità di giunzione
Cbe; Cce; Cbc del BJT, per quanto piccole (dell’ordine del pico Faraday) non possono essere più
trascurate.
Un modello che tiene conto delle capacità parassite del transistore, é come già detto, il modello di
Giacoletto.
Rp
gmVb’e
Rb
Fig. 1 Circuito a P-greca o circuito di Giacoletto
In questo caso i parametri sono resistivi ed indipendenti dalla frequenza, inoltre variano in funzione del
punto di lavoro e, in misura minore, dalla temperatura. La resistenza rbb' del circuito di base, di valore
tipicamente compreso tra 10 e 200 W. Esistono delle relazioni molto semplici fra i parametri h ed il modello
del transistore a P-Greca.
Simbolo
rbb’
rb’e
rb’c
rce
GmVb’e
Cb’e
’
Cb c
C ce
Descrizione
Resistenza della regione di base.
Resistenza che tiene conto del fatto che un aumento della
tensione vbe genera un aumento della ricombinazione dei
portatori di maggioranza
Tiene conto della reazione ingresso-uscita
Rappresenta la resistenza collettore-emettitiore
Tiene conto che variazione della Vb’e generano
variazione della corrente di uscita
Capacita della giunzione b-e più la capacità di diffusione
Capacità della giunzione di collettore. E’ indicata con Cob
Capacita della giunzione c-e. E’ indicata con Cib
Valore tipico
50-300 Ω
1000-3000 Ω
Formula
Hie- rb’e
hfe/gm
1 MΩ
(10-50) KΩ
10-100
rb e /hre
1/hoe
Ico/0,026 [mA]
pF
gm / 2πf T
pF
Pf
Datasheet
Datasheet
’
Trascurando rb'c e applicando il teorema di Miller alla capacità Cb'c , si arriva al seguente schema
equivalente:
Rb’b
Rs
Vs
Rb
Rb’e
C1
gmVb’e
C2
Rp
Alle alte frequenze, i gruppi RC del circuito equivalente semplificato della figura precedente introducono
due poli all'interno della risposta in frequenza del BJT (diagramma di Bode del guadagno in funzione della
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Pag.20
frequenza), uno (fi) relativo alla maglia di ingresso e l'altro (fu) relativo alla maglia di uscita. Da una
semplice analisi si ricava:
Req1=[(Rs//Rb)+rb’b] // rb’e
C1= Cb’e+Cb’c(1+gmVb’e)
C2=Cb’c
τ 1 =Req1∙C1
τ 2 =Rp∙C2
La frequenza di taglio superiore sarà: τ = τ 1 + τ
2
2
2
Frequenza di Transizione:
La frequenza di transizione é definita come quel valore di frequenza tale che |hfe|=1 ( o in db |hfe|=0db.
20Log|hfe|
20Log|hfeo|
0
f_t
f T
Si può dimostrare che: fT=hfeo∙ft, ovvero che il prodotto guadagno hfeo per larghezza di banda ft é
costante.
Il valore di frequenza di transizione é detto Figura di merito del transistore.
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Pag.21
Frequenza di taglio inferiore
Come al solito bisogna inizialmente calcolare la resistenza equivalente di Thevenin vista dalla capacità C1
e dalla C2. Si ricorda che per il calcolo della resistenza equivalente di Thevenin si annullano i generatori di
tensione (si cortocircuitano quelli di tensione, e si aprono quelli di corrente) e si calcola la resistenza ai
morsetti delle capacità.
Per il calcolo di τ 1 cortocircuitando Vs avremo:
Req1 = Rs + ( RB // hie ) , quindi τ 1 = C1 ⋅ Req1 ⇒ f1 =
1
2 ⋅ π ⋅τ 1
analogamente per il calcolo di τ 2 aprendo hfe ib avremo
Req 2 = RL + (
1
1
// Rc ) quindi τ 2 = C 2 ⋅ Req 2 ⇒ f 2 =
hoe
2 ⋅ π ⋅τ 2
2
la frequenza di taglio inferiore sarà data dalla: f t _ inf
1 1
1
=
⋅   + 
2 ⋅π τ1  τ 2



2
20 log( Av )
20Db/dec
Medie Frequenze.
Basse Freq.
Freq_taglio_inf
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-20Db/dec
Alte Freq.
Freq_taglio_Sup
frequenza
Pag.22
AMPLIFICATORE OPERAZIONALE
L'amplificatore operazionale come circuito integrato è uno dei circuiti lineari maggiormente usati.
L'amplificatore operazionale è un amplificatore in continua: ciò significa che esiste una continuità elettrica
fra ingresso e uscita; il nome di "operazionale" è dovuto all'uso per cui era nato tale amplificatore, e cioè il
funzionamento all'interno di elaboratori analogici per l'esecuzione di operazioni matematiche.
Nella sua forma più semplice (figura 1), un amplificatore operazionale è composto essenzialmente da uno
stadio d'ingresso, da un secondo stadio amplificatore differenziale e da uno stadio di uscita in classe AB,
del tipo "emitter follower" L’amplificatore operazionale è usato largamente negli elaboratori analogici per
effettuare somme, moltiplicazioni, integrazioni e derivazioni, ecc.... Per i principali campi di applicazione si
possono citare l’elaborazione dei segnale, la conversione A/D e la generazione di forme d’onda. Un
amplificatore operazionale è rappresentato dal seguente schema:
FIG 1.1 Modello generale dell’amplificatore operazionale
Dal punto di vista del segnale l’amplificatore operazionale ha due terminali di ingresso( ingresso
invertente “-“ così detto in quanto l’uscita é in opposizione di fase rispetto al segnale presente in questo
ingresso; ingresso non invertente “+”, così detto in quanto l’uscita é in fase rispetto al segnale presente
in questo ingresso e un terminale di uscita.
Modello ideale
Nella tabella seguente viene posto un confronto fra un opam ideale e uno reale.
Modello ideale
Guadagno di tensione a catena aperta
Resistenza d’ingresso
Resistenza di uscita
AOL
200.000
RI
RO
uA741
2MΩ
0
75Ω
Larghezza di banda BW
1MHz
CMMR (rapporto di reiezione di modo comune)
10.000
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Pag.23
Note sui valori dell’amplificatore operazionale.
Si vuole far notare l’importanza di avere una resistenza di ingressi R I = ∞ ed Ru=0.
Si consideri lo stadio di ingresso di un
amplificatore in esso il valore della
amplificazione di tensione totale sarà dato
da: AvT =
vu vu vi
= ⋅ = Av ⋅ α con
v S vi v S
Ri
coefficiente di attenuazione in
RS + Ri
ingresso. Il valore R I = ∞ implica che
α = 1 per cui AvT = Av, ovvero tutto il
α=
Circuito di ingresso
vU = Av ⋅ v S ⋅
segnale erogato dal generatore vs passa
all’ingresso dell’amplificatore per poter
essere amplificato.
In uscita si può fare un discorso analogo:
Circuito di Uscita
RL
RL
= Av ⋅ v S ⋅ β con β =
coefficiente di attenuazione in uscita. Se Ro=0
RO ⋅ RL
RO + RL
questo coefficiente vale uno, quindi tutto il segnale in uscita dell’amplificatore va a finire sul carico.
Funzionamento a catena aperta
Il nostro opam sarà detto funzionante a catena aperta quando non c’é nessuna rete di retroazione fra
ingresso e uscita. La relazione che lega la tensione di uscita con la tensione d’ingresso è la seguente:
in cui AOL é il guadagno a catena aperta cioè l’amplificazione che si ottiene senza nessuna rete di
(
)
retroazione collegata all’operazionale; il segnale v1 − v2 = v d é detto segnale differenza.
Schema elettrico dell’Opam
Caratteristica ingresso - uscita
Dal fatto che il guadagno di tensione a catena aperta AOL = ∞ , si deduce che per ogni valore di
(v
1
)
− v2 = v d diverso da zero il valore di tensione di uscita tende ad infinito, ovvero nella realtà circuitale
vO va al valore di saturazione cioè al valore della batteria di alimentazione (meno una soglia vbe).
Il tratto rettilineo tra questi due valori della caratteristica ingresso-uscita, dove in genere si preferisce
lavorare, è detto "zona lineare" e la cui pendenza, (90° nel caso ideale, quasi 90° nel caso reale),
corrisponde proprio al guadagno Aol, (infinito nel caso ideale,molto elevato nel caso reale) di questo
dispositivo. In questo tratto di caratteristica Vd è nulla. Tutto questo perché, essendo Vu = Aol × Vd ed
essendo Aol infinito e Vu compresa tra i valori +Vcc e -Vcc, quindi limitata, dalla relazione: Vd =Vu/Aol; si
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Pag.24
deduce che: vd = 0. Questa relazione indica che tra l'ingresso non invertente(+) e quello invertente (-) c'è
un "corto circuito virtuale" per contraddistinguerlo dal corto circuito "elettrico", in quanto, in questo caso,
non c'è passaggio di corrente tra i terminali (+) e (-).
Il valore vd rappresenta la soglia (valore dell’ordine
dei µV) del segnale d’ingresso superata la quale l’amplificatore va in saturazione.
Pertanto l’amplificatore operazionale ad anello aperto non può essere utilizzato in applicazioni lineari, cioè
in applicazioni dove esista una relazione lineare tra ingressi e uscita (amplificatore, derivatore, sommatore,
ecc...), ma in applicazioni non lineari come, ad esempio, per la realizzazione di un comparatore. (Un
comparatore è un circuito che ha il compito di rilevare se un determinato segnale vs superi o no un certo
valore detto soglia di comparazione che indicheremo con vc) . E’ facile constatare dalla caratteristica dalla
figura seguente che l’amplificatore ad anello aperto si comporta come un comparatore con soglia di
comparazione
l’uscita è pari a
(rivelatore di passaggio per lo zero). Infatti, se la tensione
mentre se
è minore di zero l’uscita è pari a
è maggiore di zero,
.
Funzionamento ad anello chiuso
Per avere un comportamento lineare anche per valori relativamente ampi del segnale in ingresso bisogna
utilizzare un circuito in controreazione in cui è presente almeno un collegamento elettrico tra l’uscita e uno
dei due ingressi. Questa tecnica si basa sulla teoria dei sistemi ad anello chiuso e permette di realizzare
circuiti ad amplificatori operazionali con guadagno stabile, riducendo i fenomeni di non linearità. Di seguito
analizziamo diverse circuiti in controreazione.
Amplificatore Invertente
In questo circuito l’uscita è collegata all’ingresso invertente tramite una resistenza
mentre il generatore
di segnale è collegato all’ingresso non invertente tramite la resistenza R. L’ingresso non invertente è
collegato a massa. Si chiama amplificatore invertente perché il guadagno ha segno negativo, cioè l’uscita
avrà segno opposto rispetto alla tensione d’ingresso. Inoltre il guadagno dipende dai valori delle resistenze
esterne all’amplificatore operazionale e non dal guadagno
. Nella figura seguente è rappresentato il
circuito in esame
Essendo l’ingresso non invertente collegato a
massa e assumendo che la tensione di uscita sia
finita, diremo che l’ingresso invertente è collegato a
massa virtuale, cioè la tensione differenziale sia
prossima a zero, poiché il guadagno
dell’amplificatore operazionale è elevato. La
seguente uguaglianza dimostra tale definizione:
Parliamo anche di “corto circuito virtuale” tra i terminali d’ingresso. La parola virtuale deve essere
sottolineata, e non si deve commettere l’errore di cortocircuitare fisicamente i terminali + e - nell’analisi di
un circuito.
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Pag.25
Applicando la legge di ohm calcoliamo la corrente che attraversa R:
iR =
v R v s − v− v s
=
=
R
R
R
Tale corrente non può entrare nell’amplificatore operazionale, poiché la sua resistenza d’ingresso é infinita,
ma scorre per
, quindi: vO = −iR ⋅ R f ⇒ iR = −
Uguagliando per iR avremo:
vO
.
Rf
R
vS
v
v
=− O ⇒ A= O =− f
R
Rf
vS
R
La relazione precedente evidenzia che l’amplificazione invertente dipende solo dalle resistenze del
circuito e non dipende dai valori intrinseci (AOL, RIN, ecc…), anzi proprio il valore di AOL, tendente ad infinito
permette di ottenere questo risultato per mezzo della massa virtuale. Il segno negativo dimostra che la
polarità di uscita è invertita rispetto alla tensione di ingresso. E’ utile ricordare che la corrente che gli
amplificatori operazionali erogano in uscita ad un carico resistivo
quindi bisogna scegliere opportuni valori di
,
ed
è limitata a valori intorno a 5÷10 mA,
per non superare questo limite.
Amplificatore Non invertente
Nella figura seguente è illustrato lo schema di un amplificatore non invertente che fornisce in uscita un
segnale amplificato in fase rispetto al segnale in
ingresso. L’ingresso è quello non invertente,
mentre la rete di reazione è sempre collegata
all’ingresso invertente ed è costituita dalle
resistenze
e
: in particolare la resistenza
riporta l’uscita sull’ingresso invertente in modo tale
che la reazione risulti negativa.
Assumendo che l’amplificatore operazionale sia
ideale con guadagno infinito, tra i suoi terminali di ingresso è presente un corto circuito virtuale.
Quindi la tensione sul terminale di ingresso invertente sarà uguale a quella sul terminale di ingresso non
invertente, che è la tensione applicata
rapporto
scorrerà in
. La corrente che scorre in
si può determinare mediante il
. A causa dell’impedenza di ingresso infinita dell’amplificatore operazionale, questa corrente
, quindi la tensione di uscita si può determinare da
Quindi:
Come volevasi dimostrare, il guadagno dell’amplificatore non invertente è positivo e
dipende solamente dalle resistenze della rete di reazione.
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Segnali di un amplificatore invertente
Segnali di un amplificatore non invertente
Comparatore a soglia nulla
Applicazioni lineari dell’Amplificatore Operazionale.
Sommatore invertente
Un’altra configurazione invertente è il circuito
mostrato nella figura seguente.
E’ presente una resistenza
nell’anello di
controreazione negativa e, inoltre, abbiamo più
segnali d’ingresso
,
rispettive resistenze
applicati alle
,
che sono connessi
al terminale invertente dell’amplificatore
operazionale. Dalla precedente discussione
l’amplificatore operazionale ideale presenta una
massa virtuale al suo terminale invertente
Sommatore invertente
d’ingresso quindi, per la legge di Ohm, le correnti
,
sono pari a:
Tutte queste correnti si sommano per generare la corrente , cioè la corrente che scorre in
:
Applicando nuovamente la legge di Ohm possiamo calcolare la tensione di uscita (tenendo sempre in
mente il concetto di massa virtuale.:
Cioè la tensione di uscita è una somma pesata dei segnali d’ingresso
,
ma di segno opposto. Si noti
che ciascun coefficiente della somma può essere regolato indipendentemente mediante il corrispondente
resistore di ingresso
e
Sommatore non invertente
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Pag.27
Questo sommatore è simile al sommatore invertente, tranne
che non compare il segno (-) nell'espressione di Vu. Anche qui
la Vu è funzione della somma di due (o più) ingressi. Si può
notare che in pratica il circuito è costituito da un amplificatore
non invertente il cui guadagno è 1 + Rf/R, come già visto, con i
segnali, V1 e V2, applicati all'ingresso non invertente, tramite le
due resistenze R', uguali.
Si può quindi scrivere che:
 Rf 

vu = v+ 1 +
R


Ma V+ è data dal contributo di V1 e V2 e con la sovrapposizione degli effetti si ha:
v+ =
v1 v2
+
2 2
per cui si ha, sostituendo che:
 v v  R f 

vu =  1 + 2 1 +
R 
 2 2 
Buffers (o inseguitore di tensione)
L’inseguitore di tensione é un amplificatore non invertente.
L’inseguitore di tensione è un amplificatore operazionale in cui
l’uscita è collegata all’ingresso invertente mentre la tensione
d’ingresso è applicata all’ingresso non invertente. L’inseguitore si
chiama tale perché la tensione in uscita segue la tensione
d’ingresso, cioè entrambi assumono lo stesso valore. Esso viene
utilizzato per disaccoppiare i circuiti presenti a monte e a valle dell’amplificatore eliminando così il
cosiddetto effetto “carico” (ovvero un eccessivo assorbimento di corrente dal generatore di segnale) che
potrebbe compromettere il corretto funzionamento dei circuiti. Bisogna ricordare che la tensione in ingresso
dovrà essere inferiore alla tensione di alimentazione.
Analiticamente, dato che si tratta di un amplificatore invertente il valore della tensione di uscita sarà dato
dalla nota equazione:
ma nel nostro caso R f = 0 ed R = ∞ per cui avremo vO = vS
Amplificatore differenziale
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Pag.28
Spesso è necessario disporre della differenza,
eventualmente amplificata, fra due segnali, ad
esempio quando si voglia eliminare una componente
comune ad entrambi. Il circuito illustrato in figura
presenta questa funzionalità, ovvero
vO =
Rf
R
(v1 − v2 )
Per verificare tale relazione si può applicare il
principio di sovrapposizione degli effetti,
considerando il generatore v2, cortocircuitato, si ha
Amplificatore Differenziale
considera solo il generatore v1 che siamo in
presenza di un amplificatore non invertente con il segnale di ingresso dato dal partitore R-Rf:
v+ = vS
Rf
quindi il segnale di uscita “figlio” del generatore v1 sarà:
Rf + R
Rf
R
 Rf 
 Rf 
 = v1
 = v1 f
v ' O = v + 1 +
⋅ 1 +
R 
Rf + R 
R 
R

Ora considerando il generatore v1 a massa, e funzionante il generatore v2 siamo in presenza di un
amplificatore invertente, quindi avremo:
v O = −v 2 ⋅
''
Rf
R
, applicando il principio di sovrapposizione degli effetti:
vo = vO + vO =
'
''
Rf
R
(v1 − v2 ) .
La presente dice che l’uscita é proporzionale alla differenza dei segnali di ingresso.
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AMPLIFICATORE OPERAZIONALE REALE
Corrente di polarizzazione e corrente di offset in ingresso.
L'operazionale reale presenta un certo numero di parametri che lo differenziano da quello ideale che
verranno descritti in seguito.
L'operazionale reale, a differenza di quello ideale, assorbe
all'ingresso una corrente, necessaria per poter polarizzare i
dispositivi (BJT o FET) presenti all'ingresso. L'ordine di queste
correnti è di 500 nA per i BJT e 50 pA per i FET. Se indichiamo con
IB+ la corrente che scorre all'ingresso non invertente e IB- quella
che scorre all'ingresso invertente, definiamo
Corrente di Polarizzazione di ingresso la media artimetrica di
Corrente di polarizzazione di ingresso
queste due correnti: I B =
IB + + IB −
2
Per valutare l'errore causato da IB, se Vi = 0 (Rc = R//Rf = 0), si nota che IB+ si chiude direttamente a
massa e V+ = 0 e anche V- è nulla. IB- scorre solo su Rf perché sulla R non scorre corrente essendo la sua
ddp nulla, determinando una tensione di uscita pari a: Vu = -Rf× IB-. Se R è molto elevata (es. 1Mohm) e
IB- = 500 nA, anche se Vi e nullo si ha che Vu = -0,5V.
Questo valore può essere intollerabile; per ridurre tale effetto la tecnica più usata consiste nel fare in modo
che le resistenze viste dai due terminali di ingresso verso massa coincidano. Si ottiene ciò inserendo tra il
terminale non invertente e massa una resistenza di compensazione di valore Rc = R//Rf. Questo solo se le
due correnti sono uguali, ma per la inevitabile dissimmetria dello stadio di ingresso esiste una differenza tra
le due correnti di polarizzazione.
Si definisce Corrente di Offset di ingresso definita come: IOS = | IB+ - IB- |, la differenza fra le correnti di
ingresso quando la tensione di uscita é nulla.
Questa corrente è dell'ordine di 200 nA per i BJT e 10 pA per i FET. e produce un errore pari a: Vu = Rf×
IOS e, per minimizzarlo bisogna usare un valore di Rf non troppo elevato.
Tensione di offset in ingresso
Applicando all'ingresso di un operazionale reale un segnale nullo,
all'uscita ci sarà, a differenza dell'operazionale ideale, una
tensione diversa da zero, anche adottando gli accorgimenti visti
nel precedente paragrafo, tutto ciò è dovuto alle inevitabili
dissimetrie interne dell'operazionale stesso. L'effetto che ne viene
fuori nella configurazione ad anello aperto può portare alla
saturazione del dispositivo senza che in ingresso vi sia nessun
segnale.
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Questo effetto può essere quantificato con una tensione detta Tensione di offset di ingresso (VOS)
definita come il valore di tensione continua di correzione da applicare

Rf 
 ⋅ VOS
all'ingresso al fine di annullare la Vu. Se il segnale di ingresso Vi è nullo si avrà che: VU = 1 +

R 

CMMR (Common Mode Rejection Ratio) – Rapporto di Reiezione di Modo Comune
In un amplificatore operazionale reale, impiegato come amplificatore differenziale, la tensione di uscita non
é solo funzione della differenza delle tensioni sui due ingressi, ma anche dal valore medio dei livelli dei due
segnali. Si ha:
 V + V1 
VU = Ad (V2 − V1 ) + AC  2
 con:
 2 
V2 + V1
2
-
Segnale di modo comune: VC =
-
Segnale differenziale: Vd = V2 − V1
Si definisce CMMR il valore assoluto del rapporto del segnale differenza rispetto a quello di modo comune:
CMMR =
Ad
, valori tipici sono dell’ordine di 100dB.
Ac
Guadagno a catena aperta e risposta in frequenza
Il guadagno ad anello aperto Aol non è infinito come nel caso ideale e soprattutto é dipendente dalla
frequenza.
Per il noto µA741 il guadagno ad anello aperto vale
circa 200.000 a frequenza zero, per poi scendere
subito dopo qualche Hertz.
In genere per ogni operazionale viene dato il
parametro GBW (guadagno per larghezza di banda),
che nel caso del µA741 è di 1 MHz, questo significa
che per questo operazionale il GBW è in ogni caso
uguale ad 1 MHz. Se il guadagno nella particolare
configurazione è unitario allora la larghezza di banda è
di 1 MHz; mentre se il guadagno è superiore all'unità,
ad esempio 10, allora la larghezza di banda diminuisce
e per un guadagno di 10 sarà 1MHz/10, cioè 100 KHz.
AOL in funzione della frequenza
Slew Rate: Si definisce Slew Rate la rapidità con cui varia nel tempo la tensione di uscita in presenza di
segnali ampi e della rete di reazione esterna. Esso é dell’ordine dei V/μA.
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Convertitori I/V e V/I
In alcune applicazioni circuitali, la grandezza di ingresso è rappresentata da un generatore di corrente
oppure si richiede in uscita una corrente proporzionale ad una tensione o ad una corrente di ingresso.
Utilizzando amplificatori operazionali si possono realizzare strutture circuitali che, pur con le limitazioni
imposte dalla dinamica di uscita dei dispositivi, rispondono in buona misura a queste esigenze. Si
esaminano qui le principali configurazioni
Convertitori I/V
Il convertitore corrente-tensione (I/V), chiamato anche
generatore di tensione controllato in corrente o
amplificatore a transresistenza, idealmente è in grado di
fornire una tensione v, proporzionale alla corrente di
ingresso i, indipendentemente dalla resistenza interna
Rs, del generatore di ingresso e dalla resistenza di
carico R,. Esso presenta quindi resistenze di ingresso e
di uscita uguali a zero. Le caratteristiche
dell'amplificatore operazionale consentono, almeno da
Convertitore I/V
un punto di vista ideale, di ottenere le prestazioni
richieste. Il circuito di figura rappresenta la struttura più semplice. Poiché l'ingresso invertente (-) costituisce
una massa virtuale, la corrente che scorre in Rs, è nulla e i, fluisce interamente attraverso la resistenza Rf.
La tensione di uscita vale pertanto:
vO = −i f ⋅ R f dove si vede che la tensione di uscita vO é proporzionale alla corrente i f tramite la
resistenza R f .
Convertitori V/I
Il convertitore tensione-corrente è chiamato anche generatore di corrente controllato tensione. Idealmente
fornisce ad un carico R, una corrente proporzionale alla tensione di ingresso, indipendentemente da
variazioni del carico stesso, e presenta quindi resistenze di ingresso e di. Le configurazioni circuitali
possibili basate su amplificatori operazionali sono varie e dipendono soprattutto dalle modalità di
connessione del carico.
Convertitore V/I con carico flottante
Se l'elemento di carico ZL non ha terminali a massa; ossia è flottante, le strutture circuitali sono assai
semplici e derivano direttamente dagli amplificatori di tensione invertente e non invertente esaminati
precedentemente. Come si vede figura seguente, è sufficiente inserire l'elemento di carico, indicato con ZL,
nell'anello di reazione. Considerando il circuito “a” nella figura seguente, grazie alla massa virtuale presente
all'ingresso
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i L = ii =
vS
in cui vede che il valore della corrente attraversante il carico ZL dipende dalla resistenza R,
R
dal generatore di ingresso vs ma non dipende dal carico flottante ZL.
Ovviamente il funzionamento è lineare fino a che vO = −v L = −i L ⋅ Z L é minore tella tensione di
saturazione. Un altro inconveniente del circuito “a” é il valore della resistenza vista dal generatore vs che
non é infinita, ma bensì, R.
Nel circuito di figura “b”, per il quale vale ancora la relazione iL = ii =
vS
, la resistenza di ingresso è
R
idealmente infinita e la corrente i, non deve essere fornita dal generatore. Tuttavia esso presenta un'altra
limitazione dovuta alla dinamica di uscita dell'operazionale. Poiché infatti vO = −v L + v S il funzionamento è
lineare solo per valori di v L compresi fra:
− VSAT − v s < v L < VSAT + v s
cioè questo circuito rispetto al precedente ha una dinamica minore del precedente.
Integratori
Integratore Ideale
Dalla configurazione invertente sostituendo al posto della Rf una capacità si ottiene un integratore.
L'uscita di questo circuito ci fornisce un segnale Vu
proporzionale all'integrale del segnale di ingresso Vi, come si
può vedere nella figura a lato. Si può notare che la corrente che
scorre nella R è la stessa che scorre nella C (essendo
l'operazionale ideale), cioè
IR = IC, e ricordando che, nel
condensatore vale:
Integratore Ideale
I R = IC = C ⋅
δVC VR
δV
V
− δVU
=
=C⋅ C = I =C⋅
dato che
δt
R
δt
R
δt
il potenziale V- é un potenziale nullo a causa della massa virtuale. Quindi:
VI
δV
δV
V
= −C ⋅ U → U = − I , passando ad integrare sia il primo che il secondo membro:
R
δt
δt
R ⋅C
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Pag.33
∫
δVU
V
1
δt = − ∫ I δt → VU = −
VI δt che mostra che la tensione di uscita é ottenuta tramite
δt
R ⋅C
R ⋅C ∫
un’integrazione del segnale di ingressi Vi.
Se applichiamo all'ingresso, al posto della Vi un segnale a gradino di ampiezza V si ottiene in uscita una
rampa negativa, la cui equazione é VU = −
1
⋅ VI ⋅ t , la rampa è negativa perché l'ingresso è applicato
R ⋅C
al terminale invertente.
Nell'istante t = t0 viene applicato un gradino di
ampiezza V, dalla relazione che lega la Vu alla Vi,
sostituendo alla Vi il valore del gradino si ottiene una
rampa negativa di equazione Vu=-(V/RC)× t con
pendenza -V/RC, questo fino ad arrivare alla
saturazione (negativa) dell'operazionale (- Um), oltre
questo valore, la Vu rimane costante.
Questo circuito h però un inconveniente: se vs, = 0. vu,
non rimane a 0; ciò è dovuto alla corrente di
Forme d’onda dei segnali di ingresso e uscita
polarizzazione e alla tensione di offset di ingresso, presenti negli operazionali reali, che portano il
condensatore a caricarsi anche in assenza di tensione applicata. Se V, è un segnale, sinusoidale o non,
nominalmente a valor medio nullo, il circuito si comporta solo teoricamente come un integratore. Infatti la
presenza anche solo di un leggero offset nel segnale di ingresso, o degli offset intrinseci all'operazionale
stesso, tende a caricare il condensatore, in un verso o nell'altro, portando ben presto Vu, ai valori di
saturazione e facendo così venir meno la relazione VU = −
1
⋅VI ⋅ t .
R ⋅C
Integratore Reale
Una soluzione al problema precedente consiste semplicemente ad inserire in parallelo alla capacità C una
resistenza R’.
Se Vs, è un gradino di tensione di ampiezza V, il parallelo
R'C sarà sottoposto ad una corrente costante I = V/R e
pertanto il condensatore si caricherà esponenzialmente
tendendo a VR'/R con costante di tempo t = R'C e
andamento espresso dalla relazione
Z
1
R'
1
Vu ( s ) = − VI ( s ) =
VI ( s ) = ⋅
R
R 1 + sR' C
R
R'
VI ( s )
 1

R' C 
+ s
 R' C

se il segnali Vi(t) e un gradino di tensione u(t), Vi(s)=1/s
Integratore Reale
quindi Vu ( s ) =
−
R' 
nel domino del tempo: Vu ( t ) =
1− e τ

R
t

 ⋅V .


1
1'
1
⋅
⋅ dove anti-trasformando
R  1
 s
C
+ s

 R' C
SI ricorda che:
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(
1
1
= 1 − e −a⋅t
s(s + a ) laplace a
)
dove per t<< τ , ci si avvicina all’andamento dell’integratore reale; inoltre
tempo
un’eventuale componente continua sarà amplificata solo del valore –R’/R.
Derivatore
Questa configurazione prende il nome di
derivatore ideale, simile all'integratore ideale
già visto ma la capacità e la resistenza sono
invertite nella loro posizione.
In questo circuito la tensione di uscita Vu é
proporzionale alla derivata del segnale di
ingresso Vi. Come nel caso precedente,
Derivatore
essendo l'operazionale ideale, vale la
relazione IC = IR, sostituendo alle due correnti le loro rispettive espressioni si ottiene:
IR =
−
VR
dV
= I C = C ⋅ C ma considerando il cortocircuito virtuale: VR=-VU otteniamo:
R
dt
VU
dV
dV
= C ⋅ C → VU = − R ⋅ C ⋅ C ma a causa del cortocircuito virtuale: VC=VI, quindi:
R
dt
dt
VU = − R ⋅ C ⋅
dVI
.
dt
Se applichiamo in ingresso una rampa di
tensione, in uscita avremo un gradino, infatti
l’integrale di kx é k, costante.
Applicando al posto di Vi una rampa di
equazione Vi=(V/RC)×t, (con V/RC
coefficiente angolare), a partire dall'istante to,
si otterrà all'uscita un gradino di ampiezza V,
come si può vedere dal grafico a lato.
Infatti dalla Vu=-RC(dVi/dt), sostituendo
Segnali di un derivatore
l'espressione di Vi si ha Vu=-V.
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Pag.35
APPLICAZIONI DELL’OPAM NON LINEARI
Rilevatore di zero
In questa applicazione e nelle successive, non si ricorre all'uso della retroazione negativa, questo per
sfruttare meglio il tratto verticale della transcaratteristica, in modo da avere in uscita un passaggio netto tra
uno stato e l'altro, la mancanza della retroazione negativa o addirittura l'uso della reazione positiva,
consente di dire che non vale più la relazione Vd = 0, perché non si lavora più in zona lineare e l'uscita Vu
ammette solo due valori: +Um o -Um, come si può facilmente intuire dalla transcaratteristica.
Rilevatore di zero e caratteristica ingresso uscita
Come si può vedere in figura, questo circuito rileva il passaggio per lo zero della Vi. Essendo il segnale di
ingresso applicato al terminale (-), l'uscita Vu sarà uguale a +Um se Vi è maggiore di zero e -Um se minore
di zero.
Se invece voglio che la Vu risulti uguale a -Um per Vi>0 e +Um per Vi<0, devo usare come ingresso il
terminale invertente.
Infatti, in questo circuito le
cose sono invertite rispetto
al circuito precedente,
perché in questo caso il segnale
di ingresso é applicato al
terminale (-).
Rilevatore di zero e caratteristica ingresso uscita
COMPARATORE
Il comparatore è simile al rilevatore di zero a parte il fatto che l'uscita Vu cambia stato non in
corrispondenza dello zero ma per un valore diverso da zero della Vi.
Comparatore Invertente
Comparatore Non Invertente
Il circuito di sinistra compara il segnale Vi con una tensione fissa "E", se il valore della Vi è inferiore ad E, la
Vu vale -Um, quando Vi supera la tensione E, Vu passa da -Um a +Um
Nel circuito di destra le cose sono invertite perché adesso il segnale Vi è applicato al terminale invertente.
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Trigger di Schmitt – (Comparatore con Isteresi)
Nei rivelatori di zero e nei comparatori già visti esiste il problema dei disturbi sovrapposti al segnale di
ingresso.
Quando il segnale di ingresso passa per lo zero (o per
una tensione di riferimento), ed é presente un disturbo
sovrapposto al segnale di ingresso stesso, si possono
verificare all'uscita delle commutazioni indesiderate.
Queste commutazioni indesiderate non ci permettono
di stabilire univocamente il momento in cui si ha il
passaggio per lo zero (o per la tensione di riferimento).
Per risolvere questo problema si ricorre all'uso del
Esempio di disturbo di commutazione
comparatore con isteresi che in pratica deriva dal
comparatore già visto prima, dove però viene usata la
retroazione positiva, cioè viene riportata parte della tensione di uscita all'ingresso non invertente.
Comparatore con isteresi
Segnali del comparatore con isteresi
Quando Vu si trova a +Vsat, L’ingresso invertente (+) si trova alla tensione imposta dal partitore:
VA =
R2
⋅VSAT
R1 + R2
Quando Vu si trova a -Vsat, L’ingresso invertente (+) si trova alla tensione imposta dal partitore:
VB = −
R2
⋅ VSAT
R1 + R2
Partiamo dalla condizione in cui l'uscita vale +Vsat cioè l'operazionale si trova in saturazione positiva.
In questo caso l'ingresso non invertente si trova al potenziale VA. Non appena Vi, crescendo, supera
questa tensione, che è la soglia positiva, l'operazionale commuta, la Vu si porta a –Vsat più rapidamente
che senza retroazione positiva (si ricorda che la reazione positiva aumenta l’instabilità del sistema) e,
questo perché nell'attimo in cui Vi raggiunge la tensione al terminale non invertente, l'uscita si porta a –
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Pag.37
Vsat, come si rileva dalla caratteristica dell'operazionale ideale e, questa Vu negativa, forza l'operazionale a
commutare più rapidamente perché adesso la tensione all'ingresso non invertente è diventata negativa ed
è a maggior ragione più bassa di quella presente nell'istante in cui si ha la commutazione.
Adesso il terminale non invertente si trova al valore VB, che è la soglia negativa, e per avere una
successiva commutazione è necessario che la Vi scenda sotto di questa. Raggiunto questo valore,
l'operazionale commuta e la Vu si riporta a +Vsat e quindi anche la tensione al terminale non invertente
ritorna ad essere positiva e uguale alla soglia positiva vista prima, forzando l'operazionale, come già visto,
ad una commutazione più rapida.
Da notare (importante) che con le due soglie si riduce il problema delle false commutazioni. Infatti se il
rumore non supera le soglie VA e VB esso non può produrre false commutazioni.
Ad esempio, supponendo R1=9R2 e VSAT= ±10V si ricava VA=1V e VB=1V. All'interno di queste due soglie,
uguali in modulo, ma di segno opposto, il dispositivo non risente di eventuali disturbi presenti all'ingresso,
sempre che l'ampiezza di questo non supera il valore di una delle soglie.
Come si nota in figura ora la commutazione dell'uscita non
avviene più in corrispondenza dello zero ma avviene in
corrispondenza di una delle due soglie, per cui l'eventuale
disturbo sovrapposto al segnale di ingresso Vi, non
influenzerà l'uscita.
Come mostrato in figura, l'uscita di questo circuito
cambia stato quando l'ingresso supera una delle due
soglie (negativa o positiva), ma per ottenere la
successiva commutazione dell'uscita è necessario
superare l'altra soglia. L'intervallo Vt+ - Vt- = VH è detto
isteresi e dipende dal partitore. Vediamo di analizzare il
tutto usando la caratteristica ingresso uscita detta anche
"caratteristica di trasferimento".
Come si può vedere dalla figura, se la Vi si trova al di
Transicaratteristica
sotto della soglia negativa (Vt-) e cresce, la oltrepassa
senza che l'uscita cambia stato; questo fino a quando arriva in corrispondenza della soglia positiva. In
corrispondenza di questa si ha la commutazione, tornando indietro invece la commutazione si ha in
corrispondenza della soglia negativa.
L'intervallo tra le due soglie si chiama "isteresi" in cui il valore medio (Vt+ + Vt-)/2 vale zero, cioè la finestra
è centrata nell'origine.
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