Karl JaspersKarl Jaspers

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Karl Jaspers
…La conoscenza scientifica delle cose non è conoscenza dell’”Essere”; la conoscenza scientifica è
particolare, diretta su oggetti determinati, non è diretta sulla realtà stessa….La conoscenza
scientifica non è in grado di dare nessuna direzione per la vita. Non stabilisce valori validi…non
può guidare la vita…La scienza non può dare nessuna risposta alla domanda riguardante il suo vero
e proprio senso: il fatto che la scienza esista è basato su impulsi che non possono essere neppure essi dimostrati scientificamente, come veri e come tali da dover esistere.
…La filosofia è fonte di una verità inaccessibile al sapere costringente scientifico. Alla filosofia cor
rispondono come queste: filosofare è imparare a morire; è slancio verso il divino; è conoscenza dell’essere in quanto essere. Tali affermazioni vogliono significare che il pensare della filosofia è
insieme un agire interiore; è un appello alla libertà; un’evocazione della trascendenza.
… Se chiamo mondo tutto ciò che, attraverso l’orientamento conoscitivo, può essermi accessibile
come un contenuto che tutti possono conoscere in termini logicamente vincolanti, allora nasce il
problema se la totalità dell’essere si esaurisce nell’essere del mondo, e se il pensiero conoscitivo si
conclude con l’orientamento nel mondo. Ciò che nel linguaggio mitico si chiama anima e Dio, e
nel linguaggio filosofico esistenza e trascendenza, non è mondo. Queste realtà non sono nello stesso
senso in cui sono le cose del mondo, ossia come qualcosa di conoscibile, ma potrebbero essere in
un’altra maniera.
…Se mi domando: che cos’è l’essere? Perché esiste qualcosa e non il nulla? Chi sono io? Che cosa
propriamente voglio? Allora è evidente che se mi pongo simili domande mi trovo in una situazione
in cui mi scopro proveniente da un passato.
Chi intendesse la libertà dell’esistenza come scelta tra diverse possibilità tutte egualmente
praticabili si fermerebbe ad una visione astratta delle possibilità : “Non posso essere in ogni luogo,
ma devo essere interamente in un solo luogo.. Posso appartenere solo ad un popolo, posso avere
solo due genitori, posso amare una sola donna, anche se posso in ogni caso tradire. A chi considera
astrattamente può sembrare che ci siano anche altre possibilità: perché non devo appartenere ad altri
popoli se il volto del mio popolo, contraffato e mendace, mi appare estraneo? (*) Non voglio ricono
scere i miei genitori come miei, non è colpa mia se essi sono come sono. Mi sono ingannato nell’amore oppure la sua vita si è estinta, poso amare anche un’altra donna. La vita è così ricca, offre sem
pre nuove possibilità e crea realizzazioni sempre nuove e diverse. Tutto sembra così evidente. Così
parla la considerazione astratta…Tradirei me stesso se tradissi gli altri, se non fossi deciso ad accet
tare incondizionatamente il mio popolo, i miei genitori, il mio amore, dal momento che ad essi devo
me stesso.
Per penetrare fino in fondo questa finitezza dell’esistenza, occorre chiarire il senso delle situazioni
-limite che l’uomo non può che subire, impotente com’è a modificarle e che pertanto segnalano
l’impossibilità dell’esistenza e la sua destinazione al naufragio.” Situazioni come quella di dover
essere sempre in una situazione, di non poter vivere senza lotta e dolore, di dover assumere
irrimediabilmente la propria colpa, di dover morire…Esse non mutano in sé, ma solo nel loro
apparire; nei confronti del nostro esserci hanno un carattere di definitività. Sfuggono alla nostra
comprensione, così come sfugge al nostro esserci ciò che sta al di là di esse. Sono come un muro
contro cui urtiamo e naufraghiamo. Non possiamo operare in esse alcun mutamento, ma dobbiamo
limitarci a guardarle in faccia con coraggiosa chiarezza senza poterle spiegare o giustificare in base
a qualcosa. Esse sussistono con l’esserci stesso”. Come esserci non possiamo evadere da esse “Chiu
dendo gli occhi….Sperimentare situazioni-limite ed esistere è la stessa cosa”.
La consapevolezza dell’esistenza di non potersi fondare su di sé “di non aver creato il proprio esser
ci e quindi di essere abbandonata, impotente, a un naufragio sicuro” rende chiara all’esistenza la pro
pria insufficienza. Essa è appunto “quell’infinita insufficienza che coincide con la ricerca della
Trascendenza. L’esistenza o esiste in rapporto alla Trascendenza o non esiste affatto”.
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