RESPONSABILI E PARTECIPI DEL PROPRIO FUTURO Buongiorno a tutti. Mi chiamo Giovanni e sono uno studente del secondo anno del Liceo scientifico di Calitri. Ringrazio il mio caro professor Nannariello e l’Arcidiocesi per la possibilità che mi è data di portare questo mio semplice contributo all’incontro di oggi. Quando mi è stato comunicato che avrei dovuto esprimere il mio pensiero sul futuro e sulla scuola, mille idee e mille immagini hanno cominciato a turbinare nella mia mente: sono uno studente e ho la fortuna e il diritto di imparare, sono un ragazzo e ho dentro di me tante domande sulla mia identità e sulle mie relazioni, sono una persona in costruzione …. Per questi motivi, posso paragonare la mia scuola ad un campo, una distesa di terra di cui una porzione è affidata a me. Io devo coltivarla con il seme che io stesso sono. La prima domanda che mi pongo è: quali sono gli strumenti che mi occorrono per nutrire la mia pianta? Attraverso che cosa posso fare in modo che la mia stessa pianta cresca e germogli sana e forte? E come poi posso fare in modo che i pollini dei miei fiori riescano a volare? La risposta non è semplice, eppure, secondo me, è contenuta in una parola: la cultura. Però, attenzione, io non intendo la cultura come una forma di semplice assimilazione o come l’assorbimento passivo di quello che non si conosce, perché io non sono solo il seme, ma anche il contadino. La cultura è per me la capacità di farsi domande, di partecipare attivamente al nostro presente, di assumersi delle responsabilità, anche sbagliando, per imparare anche dagli errori, che in sé non sono il problema, ma lo diventano se uno non li percepisce e non li corregge. Ecco cosa chiedo alla mia scuola: chiedo di essere guidato a diventare la persona migliore possibile, ma non gareggiando con gli altri, che sono tutti come me: ragazzi, persone, piante del campo …. Io vorrei, a scuola, imparare a stare con gli altri e a crescere con loro nel rispetto reciproco, nella solidarietà, nella libertà, nella consapevolezza. Agli adulti, che siano i docenti, i genitori, gli educatori in genere, chiedo di diminuire le distanze, di guardare anche sotto le nostre corazze di adolescenti ribelli, di capire che le loro valutazioni e i loro giudizi comunque possono non esaurire la nostra voglia di continua ricerca e la nostra grande immaginazione. Quando fallisco io non sono il mio fallimento e quando riesco io non sono la mia riuscita: fallire e riuscire sono i due estremi del mio cammino e sono due maestri. Tutti e due. La mia cultura non si limita ad un numero, il voto.. la mia cultura è ciò che io imparerò ad essere dialogando, confrontandomi, ascoltando, studiando, relazionandomi…. Per questo non sta in un numero da uno a dieci…. Tante volte mi chiedo: ma chi sarò io domani? Ancora non lo so, ma nonostante ciò io non mi fermo e ho fiducia in me stesso e in chi mi accompagna. Grazie. Giovanni Del Re