Coesione sociale: cooperazione strumentale e solidarietà sociale

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Esplorare la coesione sociale:
teorie, ipotesi, modelli, tecniche di analisi dei dati
28 – 30 Giugno 2007
Trento – Facoltà di Sociologia
Sessione: Misurare la Coesione Sociale
Elisa Rapetti
Coesione sociale:
cooperazione strumentale e solidarietà sociale
1. Introduzione ................................................................................................................................. 2
2. Coesione, integrazione e solidarietà: più termini per un concetto ............................................. 3
a) Elementi comuni e specificità.................................................................................................. 8
3. Ripartendo da Durkheim: i fondamenti della definizione ......................................................... 11
4.
La composizione di diversi elementi...................................................................................... 15
a) La prima dimensione: gli elementi di costruzione di senso e significato.............................. 16
b) La seconda dimensione: gli elementi cooperativi................................................................. 19
c) La terza dimensione: elementi di riconoscimento (identitari)............................................... 23
5. Processi di composizione: integrazione, controllo e conflitto................................................... 25
Bibliografia .................................................................................................................................... 29
Versione provvisoria, si prega di non citare senza il consenso dell’autore
1
1. Introduzione
Il tema della coesione sociale ha assunto nel dibattito sociologico un’importanza
centrale perché si propone di rispondere a una delle domande fondamentali delle
disciplina: come è possibile l’esistenza della società e il suo perpetuarsi? La maggior
parte degli autori classici nella letteratura sociologica hanno dedicato attenzione e
hanno proposto una possibile risposta a questa domanda. Le definizioni che sono state
avanzate hanno assunto, però, sfumature differenti e il concetto è stato declinato come
coesione sociale, integrazione sociale e solidarietà sociale. Il frutto più scomodo di
queste differenze nel modo di declinare il concetto è che ha favorito il germogliare di
quesiti e di risposte che ruotano tutte attorno allo stesso asse semantico ma che sono
basate su definizioni operative dei concetti e su dinamiche interpretative estremamente
diversi a scapito della confrontabilità e della cumulatività del sapere.
Per analizzare le differenze occorre comunque muovere da alcuni punti certi. Il
significato di “ordine sociale” probabilmente è uno di questi. Esso, infatti, è
ampiamente condiviso e con questa espressione si pongono due questioni fondanti la
disciplina sociologica che sono interconnesse tra loro: da una parte il fo cus di attenzione
riguarda le modalità organizzative che i differenti gruppi di individui si danno e,
dall’altra oggetto di analisi è il rapporto che lega l’individuo alla società. Quali sono le
relazioni che intercorrono tra il pensiero e l’azione dell’individuo e le modalità
convenzionali rappresentate dalla maggioranza degli individui membri di quel gruppo?1
Questo quesito potrebbe essere identificato come punto di contatto fra i differenti
approcci in letteratura.
Il punto di partenza da cui muove il ragionamento seguito per la stesura del
paper è l’analisi condotta da Durkheim per lo studio della coesione sociale e la
solidarietà sociale che come è noto intendeva offrire una risposta strutturata
1
Oggetto di attenzione del paper e del significato attribuito al termine “coesione sociale” però non è
riferito esclusivamente alla società nel suo complesso (ad esempio la società composta dai cittadini di una
determinate Nazione). Infatti è possibile applicare tale concetto a unità territoriali più piccole o più grandi
dello Stato, o, addirittura a insiemi di persone di cui possiamo rilevare il grado di coesione sociale, ma
che non hanno un legame con un territorio specifico. Oggetto di studio della coesione sociale sono tutte le
forme organizzative di più individui: istituzioni pubbliche, associazioni, aziende private, organizzazioni
di servizi etc.
Si ritiene opportuno precisare, inoltre, che nel paper si è tentato di evitare il termine “gruppo” per quanto
possibile per evitare un collegamento diretto con gli studi sulla coesione sociale condotti dalla Psicologia
Sociale. Gli elementi introdotti da questa disciplina sono certamente utili anche in ambito sociologico, ma
si ritiene che la disciplina sociologica abbia un focus di attenzione diffrente.
2
all’interrogativo di cui sopra. A partire dalla proposta analitica dell’autore molti altri
dopo di lui (forse tutti gli autori considerati fondamentali nella disciplina sociologica) si
sono dedicati allo studio dell’ “ordine sociale”. Molti hanno tentato di comprendere
quale fosse l’elemento fondante le relazioni, le interazioni e le pratiche degli individui.
Come detto prima lo studio di “ciò che tiene insieme la società” è stato denominato in
maniera diversa nelle epoche differenti e secondo l’aspetto teorico o empirico su cui
veniva posto l’accento interpretativo. Alla preferenza per un determinato termine
piuttosto che per un altro si aggiungono poi le differenti prospettive che i diversi
approcci hanno utilizzato per lo studio del tema: micro, macro e meso.
L’obiettivo che si vuole raggiungere attraverso il paper è quello di tentare di
cogliere gli elementi comuni delle diverse definizioni offerte per poter così delimitare i
confini dei diversi termini usati per spiegare i modi e i processi dell’organizzazione
sociale. È necessario, però, la definizione di coesione sociale sia allo stesso tempo
abbastanza precisa nel cogliere gli elementi fondamentali dell’intensione del concetto,
ma abbastanza generale per poter essere declinata nei molti contesti di studio possibili. I
termini “integrazione” e “solidarietà” secondo questo percorso di ragionamento sono
semanticamente strettamente interconnessi tra loro e con il concetto di coesione sociale.
I due termini verranno utilizzati per avanzare una proposta di definizione del concetto
di coesione e saranno descritti secondo le loro specificità.
2. Coesione, integrazione e solidarietà: più termini per un
concetto
“Tutti lavoriamo con concetti e lo facciamo costantemente. Non abbiamo scelta,
come ha sottolineato Herbert Blumer in una critica di quello che allora veniva chiamato
<operazionismo> Blumer ha osservato che non si può avere una scienza senza concetti.
Senza concetti non si sa dove guardare, cosa cercare o come riconoscere ciò che si stava
cercando quando lo si trova” (Becker, 2007, p. 140). Becker (2007) sottolinea
l’importanza, da una parte, di definire teoricamente i concetti per arrivare a una
definizione operativa, e dall’altra di non rimanere rigidi sulle proprie definizioni una
volta che vengono confrontate con le rilevazioni effettuate. “Noi proviamo a formulare
una definizione che includa tutte le cose che pensiamo essere simili lasciando fuori
quelle che sono diverse” (Becker, 2007, p. 142). È possibile però scoprire che
3
nell’operazione definitoria non si siano considerati elementi che, invece, altri ritengono
rilevanti, o che attraverso il confronto empirico con un determinato fenomeno si
scoprono particolarmente interessanti. Tale premesse permettono di sottolineare che le
proposte di definizione sono intrinsecamente mutevoli per due ragioni: (a) la “realtà”
cambia, (b) la riflessione permette di rivedere e migliorare le considerazioni precedenti.
“Contrariamente all’idea secondo cui noi scopriamo la loro vera natura, noi definiamo i
concetti, e le nostre definizioni sono formate dalla collezioni di casi che abbiamo a
disposizioni e per mezzo dei quali pensiamo al problema in questione” (Becker, 2007,
p. 152). Anche la scienza come il senso comune è l’insieme di costruzioni di significato
create per offrire una interpretazione della “realtà”. Gli scienziati dovrebbero seguire
regole epistemologiche e metodologiche nella costruzione di conoscenza. Questo, però,
non assicura il raggiungimento della verità o la scoperta della “natura delle cose”.
Delineare i confini tra i concetti di coesione, integrazione e solidarietà sembra un
compito particolarmente difficile data la ricchezza e l’eterogeneità di contributi teorici
in merito. Come accennato in precedenza ogni approccio sociologico anche se con
domande differenti ha tentato di cogliere l’ele mento principale che permette ai singoli
individui di mantenere relazioni durature e di costruire strutture sociali per
l’organizzazione funzionale e lo svolgimento dei compiti di mutuo interesse.
Spesso in letteratura tre concetti in analisi sono utilizzati in maniera
interscambiabile e molte volte per definire uno viene utilizzato l’altro.
“Per integrazione si intende la coesione armonica ed unitaria di tutti gli attori
che compongono un dato sistema sociale”. 2
“La solidarietà sociale è uno stato di unione o coesione che esiste quando le
persone sono integrate attraverso forti legami sociali e credenze condivise e, anche,
regolate da linee guida ben sviluppate per l’azione (valori e norme).” 3
L’apparato concettuale utilizzato per la definizione di coesione e di integrazione
è molto simile, così come i termini utilizzati per descrivere il processo o lo stato di
coesione o integrazione fanno riferimento a elementi molto affini (solidarietà in senso
2
3
D'Amato, M. - Porro, N. “Sociologia : dizionario tematico” Editori Riuniti, 1985
The blackwell enciclopedia of sociology – volume IX – G. Ritzer – Blackwell Publishing – 2007
4
lato e in senso stretto). Per questa ragione le definizioni sembrano non assolvere la loro
funzione di discriminazione fra aree semantiche e di demarcazione di confini di
significato.
Si pone tanta enfasi sulla necessità di definire perché tale operazione aiuta a mettere
i confini, a determinare gli elementi che si vogliono inserire per l’analisi di un concetto
e gli elementi, che, invece, si vogliono escludere (Marradi, 1980). Per arrivare a dare
una definizione operativa del concetto occorre dapprima individuare le dimensioni del
concetto oggetto di studio, in seguito, elaborare delle ipotesi e scegliere gli indicatori
più adeguati per la loro analisi.
Appare allora chiaro il legame che unisce i tre termini. La scelta per l’uno o per
l’altro termine compiuta dai diversi autori (Durkheim, Parsons, Luhman) non sembra
particolarmente significativa poiché essi avevano l’intento comune di proseguire lo
studio di quello che nel XIX secolo veniva indicato come ordine sociale. D’altra parte
occorre precisare che esistono anche elementi specifici che le diverse definizioni
offrono. La scelta di un termine o dell’altro può essere ricondotta alla volontà di un
determinato autore di mettere in evidenza alcuni elementi in particolare per analizzare i
meccanismi di organizzazione e unione della società.
La fortuna dei termini e dei loro significati nella disciplina sociologica è stata però
differente. Sembra possibile sostenere che il termine coesione sia stato quello meno
fortunato: nei dizionari e nelle enciclopedie sociologici più recenti (ad esempio, The
Cambridge dictionary of sociology 2006, A dictionary of sociology, 2005, The
Blackwell Enciclopedia of Sociology, 2007), infatti, tale termine non è presente (sembra
abbia riscosso più successo, invece, nei discorsi politici e nel linguaggio delle istituzioni
che vogliono tenere sotto controllo i fenomeni dis-aggregativi della società
contemporanea). Il termine coesione più degli altri due viene presentato come
sfuggente, confuso e di conseguenza descritto sommariamente:
“La coesione sociale non ha un significato su cui si sia generalmente d’accordo, e
l’espressione è spesso usata informalmente, generalmente in riferimento in situazioni in
cui gli individui sono legati tra di loro da comuni interessi sociali e culturali.” 4
4
Mitchell D.G., Dizionario di sociologia, 1975.
5
“Di coesione si parla sempre meno, confinata a materia per iniziati o per
estemporanee dichiarazioni in seguito agli appelli del Papa.”5
Integrazione, al contrario, è il termine che ha avuto maggiore successo.
Nell’evoluzione del pensiero sociologico esso sembra sia stato identificato come la
chiave di volta concettuale attorno alla quale costruire gli sforzi euristici sulle modalità
di organizzazione della collettività (società, gruppi).
Gallino (2004) nella voce Integrazione del “Dizionario di Sociologia” evidenzia
differenti modi di intendere tale termine, cogliendo l’elemento centrale delle diverse
definizioni che gli autori che ritiene fondamentali per la disciplina hanno offerto.
Quindi, l’integrazione potrebbe essere definita come uno stato:
-
fondato primariamente sulla diffusione di modelli di valore interiorizzato;
-
prodotto dalla disposizione innata a conformarsi alle credenze, all’ideologia, ai
comportamenti, alle azioni degli altri;
-
fondato innanzi tutto su un consenso razionale, liberamente maturato per effetto
di una sorta di calco di utilità (versione contrattualista dell’integrazione);
-
fondato prioritariamente su processi di interdipendenza;
-
fondato
in
modo
prevalente
sullo
scambio
(integrazione
economica,
intersoggettiva, scambio collettivista).
(Gallino, 1978, p. 378-381)
In letteratura, all’interno di differenti paradigmi, in alcuni casi, è stata posta
l’attenzione
su
aspetti
macrosociali,
ad
esempio
riferendosi
all’integrazione
istituzionale, o all’integrazione sistemica tra le parti (Luhmann, in Lazzarini, 1991) o tra
sistemi di significato: personalità, cultura e rapporti sociali (Parsons, in lazzarini, 1991).
In altri casi, gli autori si sono concent rati sugli elementi fondativi che consentono le
interazioni intersoggettive. Essi ritengono le relazioni tra gli individui il luogo del
mantenimento dell’ordine e del perpetuarsi della società (Schultz, Goffman, in
Lazzarini, 1991).
Da quando, però, il fenomeno migratorio viene percepito come uno dei principali
problemi (nei paesi industrializzati), e il contatto tra le culture un tema sempre più
presente, il concetto di integrazione è stato sempre più spesso declinato come
5
CENSIS, I nuovi termini della coesione sociale, 2003.
6
Integrazione culturale o interculturale. La domanda che si pone è: come integrare modi
di organizzazione sociale differenti? (così considerati i modi di integrazione sembrano
definiti dal termine cultura).
Anche il termine solidarietà sembra aver avuto maggiori fortune di “coesione
sociale” e del resto l’area semantica ad esso associata non sembra presentare meno
ambiguità. Esso viene utilizzato da Durkheim in senso lato, prendendo le forme di un
possibile sostituto dei termini di coesione e integrazione. Per l’autore infatti tale termine
riguarda lo studio dell’organizzazione sociale, dei meccanismi regolativi tra le differenti
parti della società primitiva, o della società moderna. La declinazione di questo termine
offerta da Durkheim verrà discussa analiticamente più avanti. Non sarebbe infatti
possibile prescindere dal contributo di concettualizzazione offerto dall’autore in tutta la
sua produzione nel suo tentativo di cogliere l’elemento fondativo per la coesistenza
degli individui (e, secondo lui, della “società”).
La storia del termine solidarietà e dei diversi concetti indicati con tale parola risulta
alquanto complessa. Dapprima questa veniva utilizzata solamente come termine
giuridico e indicava il vincolo tra debitore e creditore o tra il garante e un debitore nei
confronti del creditore. In seguito però il termine ha assunto connotazioni differenti
secondo il periodo storico e il contesto di riferimento. Soprattutto in Francia, fin dagli
inizi del XIX secolo, esso si è imposto al centro del dibattito intellettuale (Zoll, 2003).
In particolare si possono individuare tre significati che la parola solidarietà ha assunto.
In un primo periodo, è stata utilizzata con il significato di “fraternità”, ovvero a indicare
il punto di riferimento dei sentimenti di condivisione e di aiuto reciproco che avrebbero
dovuto fondare la possibilità dell’esercizio di libertà e il riconoscimento di uguaglianza
per tutti gli uomini. Libertà e uguaglianza erano quindi gli elementi fondanti i
sentimenti che legavano gli uomini, anzi, più precisamente i “cittadini” (termine anche
quest’ultimo particolarmente importante per le conquiste civili appena raggiunte).
Il secondo significato che maggiormente ha segnato l’utilizzo del termine “solidarietà”,
fa riferimento alla classe sociale. In una società fortemente stratificata la solidarietà
operaia era l’unico modo attraverso cui la classe più svantaggiata, agendo “unita”
poteva far valere le proprie ragioni (e in questo periodo, però, che si connota
teoricamente il potere coercitivo che il mutuo aiuto può assumere). Anche in questa
accezione “l’eguaglianza viene riaffermata quale elemento costitutivo della solidarietà,
7
in un duplice senso: la situazione sociale e i mali comuni costituiscono la base della
solidarietà; lo scopo dell’azione solidale è quello di realizzare una società strutturata sul
principio di uguaglianza” (Zoll 1996, Enciclopedia delle Scienze Sociali). Come ultimo
significato storicamente associato alla solidarietà si fa riferimento alla politica sociale
come nuovo concetto di aiuto e redistribuzione, che aveva lo scopo di superare il
meccanismo dell’assistenzialismo (in particolare in Inghilterra). Tale significato pone in
evidenza
i
processi
di
redistribuzione
sociale,
ma
anche
l’idea di patto
intergenerazionale e di bene collettivo, in particolare nei casi di problemi ambientali
(Zoll, 2003). 6 L’addentrarsi nei meccanismi della solidarietà dei differenti periodi storici
aiuta a definire meglio gli ambiti di applicazione del termine, ma crea allo stesso tempo
alcuni motivi di confusione, assolutamente scomodi in termini analitici per il suo
utilizzo nell’applicazione scientifica: quali sono gli elementi caratterizzanti? Ancora una
volta la domanda risulta di difficile soluzione. Forse può essere utile cambiare strategia
di analisi.
L’accenno ai tre termini in modo separato ha consentito di chiarire come
ciascuno risulti una componente importante per lo studio dei meccanismi che
presiedono alla maggiore o minore unità fra gli elementi delle diverse organizzazioni
sociali che sono state prese ad esempio. Qui si seguito si propone un’analisi congiunte
delle definizioni dei tre termini, che dovrebbe consentire è stato possibile ricavare i
principali elementi che questi hanno in comune. In un secondo momento si volgerà
l’attenzione, invece, sulle specificità di ciascun vocabolo per arrivare, poi, a delineare le
interazioni tra i tre significati. Per quanto riguarda la parte costruttiva del ragionamento,
muoveremo ancora una volta dal contributo di Durkheim ne “La divisione del lavoro
sociale” e ne “Le forme elementari della vita religiosa”.
a) Elementi comuni e specificità
È possibile individuare alcuni elementi comuni nelle definizioni di coesione,
integrazione e solidarietà: concetti ed elementi che ricorrono per tutti e tre i vocaboli. Vi
sono, inoltre, in queste definizioni, elementi specifici che fanno riferimento ai diversi
approcci sociologici che hanno affrontato tale tema e che hanno messo l’accento su
6
Lo sviluppo di questo significato di solidarietà assume un’importanza particolare dalla metà del
Novecento, ma già dal secolo precedente tale accezione veniva considerata rilevante per la discussione
relativa il funzionamento dell’organizzazione sociale.
8
alcune dinamiche piuttosto che su altre.
L’analisi, qui presentata, dei tre termini
dovrebbe costituisce una proposta nterpretativadel tutto preliminare che non ha
ovviamente nessuna pretesa di esaustività; infatti sarebbe opportuno arricchire questa
riflessione con lo studio delle definizioni di molti altri termini che concorrono alla
fondazione semantica della coesione sociale, fra questi in particolare: “controllo
sociale ” e “conflitto sociale ” (molti autori infatti hanno affrontato il tema dell’ordine
attraverso lo studio del conflitto e del controllo sociale, ad es. Boudon (1986) nel suo
dizionario non inserisce i termini che sono oggetto di studio del paper, ma inserisce,
invece la voce controllo e la voce conflitto). Anche questi due concetti, infatti, si
riferiscono alle dinamiche che legano o meno un’organizzazione sociale. L’importanza
di questi due concetti, come si vedrà tra poco, si evince anche dall’analisi
dell’intensione dei termini presi in considerazione rivelando ancora una volta la
necessità logica dell’interdipendenza semantica 7 .
Tutte le definizioni, infatti, sembrano riferirsi a elementi di condivisione delle regole a
cui gli individui e i gruppi devono e/o vogliono sottostare. Vi è una dimensione di
condivisione dei significati costruiti e rispettati da un determinato insieme di persone
che si differenzia secondo alcune specificità. Tali specificità e il processo di
differenziazione che le genera fanno riferimento al senso di appartenenza che ciascun
individuo sviluppa in rapporto alla sua comunità di riferimento, marcando i confini con
ciò che è “diverso”. I sentimenti di appartenenza si sviluppano attraverso la
condivisione di senso e le dinamiche di conflitto con elementi esterni, percepiti come
minacce dal quel determinato insieme di individui. Si ha inoltre una componente di
interdipendenza reciproca per il perseguimento degli interessi collettivi. In vista del
raggiungimento di tale interessi e obiettivi gli obiettivi o le parti di un sistema mettono
in atto processi di coordinamento e cooperazione. Infine, la componente identitaria
viene sempre menzionata per due ragioni. Da una parte, nel processo di
individualizzazione, considerato tipico della società moderna (sviluppo di personalità).
Dall’altra viene fatto riferimento alla costruzione di identità collettive, che possono
7
I punti in comune delle diverse definizioni sembrano essere:
Norme – valori – interdipendenza - reciprocità - credenze - interessi – cooperazione – identità –
conflitto – coordinamento – coercizione – linguaggio - relazioni (legami, vincoli sociali) simboli
9
riferirsi a gruppi più o meno ampi o all’intera società di riferimento (spesso per i paesi
occidentali le società che si estendono dentro i confini dello Stato-Nazione).
Un gruppo di concetti che ricorre in tutte le definizioni dei tre termini si riferisce alle
norme, alle credenze, ai valori e ai simboli. Nella definizione dei tre termini questi
sembrano essere gli elementi che maggiormente sono stato identificati come
fondamentali per trattare la questione dell’organizzazione sociale (forze di attrazione e
di repulsione). Più avanti si vedrà che già Durkheim, fin dal suo primo lavoro, aveva
identificato tali elementi come fondamentali e in un secondo momento, invece, aveva
spostato l’attenzione su un termine più generale che meglio raccoglie il significato di
questi fattori: le rappresentazioni sociali. Sospendiamo la discussione attorno all’utilità
del concetto di rappresentazione sociale per riprenderla in seguito; ora, sembra
opportuno le due specificità che invece sono proprie del termine “integrazione” e del
termine “solidarietà”.
Per ciò che concerne il termine integrazione è possibile sottolineare la ricorrenza
nella sua definizione dei concetti di scambio e di interdipendenza funzionale.
Integrazione sembra fare ricondurci, infatti, soprattutto all’area semantica delle strategie
strumentali messe in atto dagli attori individuali e collettivi per la reciproca necessità
delle competenze funzionali dell’altro in un processo di composizione di tipo
organicistico. Si fa riferimento, secondo queste concezioni, alla “divisione del lavoro”
della società moderna, e si legge la società come un sistema o organismo composto da
parti che hanno specifiche funzioni e sono coordinate tra loro. È nella definizione di
integrazione che assume importanza il concetto di ruolo. In quest’ottica le norme, i
valori e i significati condivisi sono trasmessi nel processo di socializzazione: l’individuo
impara e interiorizza i comportamenti giusti e sbagliati. È possibile considerare tale
meccanismo come una componente di controllo sociale che si realizza anche attraverso
la costrizione e somministrazione delle sanzioni.
Gli elementi che differenziano il termine “solidarietà” mettono in evidenza una
componente volontaristica, di adesione espressiva a un determinato gruppo (che spesso
non coincide con la società nel suo complesso). In queste spiegazioni viene sottolineato
il sentimento di uguaglianza (anche nelle differenze) che unisce e lega un’insieme di
individui per la difesa di un interesse, la promozione di un valore, la rappresentazione di
un’identità collettiva.
10
Questa breve analisi sulle definizioni di alcuni concetti storicamente correlati
all’area semantica dell’oggetto della nostra riflessione, la concettualizzazione di
“coesione sociale”, introduce alcune fra le dimensioni analitiche che sembrano
caratterizzarne fortemente l’intensione. Tali dimensioni, peraltro, possono essere
individuate già nella costruzione teorica proposta da Durkheim.
3. Ripartendo da Durkheim: i fondamenti della definizione
Durkheim non ci aiuta a sciogliere il nodo della differenza di significato tra i
termini presi in considerazione. L’autore, infatti, non si sofferma sulle definizioni dei
termini che usa, ossia coesione e solidarietà. Tuttavia, egli affronta il tema cogliendo le
forze di attrazione coinvolte nell’organizzazione sociale e nel suo perpetuarsi, sia in
termini macro, (la società nel suo complesso), sia in termini meso, (i differenti gruppi
che caratterizzano le società moderne). L’autore si inserisce nel dibattito , suo
contemporaneo, del passaggio dalle società tradizionali alle società moderne,
chiedendosi se l’una sia più o meno coesa dell’altra. Un primo importante elemento che
Durkheim individua e che sarà ripreso riproposto in seguito è l’identificazione della
coesione sociale come una proprietà della società, o meglio, delle forme di
organizzazione sociale. Una moltitudine di persone possono essere più o meno coese:
ma da cosa di pende la variazione di questa proprietà? Come gli stati di questa proprietà
si articolano e possono essere studiati?
Le risposte che Durkheim ci fornisce sono in termini idealtipici relative a due
meccanismi che egli definisce di solidarietà. Il ragionamento in termini idealtipici
sottolinea che è possibile riferirsi ai due tipi di società (tradizionale e moderna) come
caratterizzate dai due meccanismi di solidarietà che teorizza: la solidarietà meccanica e
la solidarietà organica. Infatti la prima, sostiene l’autore, si fonda sugli elementi di
uguaglianza e similitudine tra gli individui, mentre la seconda si riferisce agli elementi
di specificazione e differenziazione. Vi sono sia nelle società tradizionali, sia nelle
società moderne, elementi di similitudine e di differenza: è altresì importante
comprendere la rilevanza che questi due fattori assumono nelle diverse circostanze.
Questo ragionamento ci porta a riflettere sulle relazioni tra individuo e società, tema che
è alla base del concetto di coesione sociale. Gli specifici strumenti analitici utilizzati da
Durkheim sembrano essere: la relazione tra coscienza individua le e collettiva e i
11
meccanismi regolativi che le società si danno, ossia, le rego le legislative di riferimento
per quella data società (diritto).
La coscienza collettiva e la coscienza individuale sono “i modi di interpretazione della
realtà” il primo è dato da rappresentazioni condivise che vanno al di là del singolo
individuo e che emergono nel momento dell’interazione, mentre la coscienza
individuale sono i filtri che l’individuo adopera nel momento in cui agisce (i modi di
decisione dei singoli per l’azione sociale).
La coscienza collettiva è costituita dall’insieme dei sentimenti, delle rappresentazioni
dei modelli di comportamenti codificati, dalle norme e delle credenze comuni ai membri
di una società. Una volta fissati, questi elementi regolativi, divengono strutture stabili
della vita collettiva, delle “maniere d’essere collettive.” È necessario sottolineare come
tali norme e credenze siano prodotti culturali che sono venuti formandosi storicame nte e
che ad un dato momento hanno acquisito lo stesso carattere di oggettività delle cose
naturali. Quindi il sistema sociale potrebbe essere definito come un’unità culturale e
normativa, esso “è essenzialmente un fenomeno morale di solidarietà collettiva, che si
fonda su valori imposti agli individui e da essi introiettati”(Durkheim 1983, ed. 1996 p.
231).
Gli individui, sostiene Durkheim, non mettono solitamente in discussione le norme e
le regole consuetudinarie che si sono formate nel tempo e sono arrivate a loro attraverso
un processo continuo e costantemente ridefinito. Le rappresentazioni e le pratiche
collettive sopraffanno l’individuo perché gli preesistono e gli sono trasmesse attraverso
la socializzazione, ed esercitano su di lui un ascendente morale. La coscienza collettiva
è l’insieme delle rappresentazioni che danno all’individuo la capacità di leggere la realtà
sociale; questa viene creata attraverso la produzione di simboli e credenze durante i
rituali sociali. Non vi è un intento da parte degli individui di creare tale condivisione di
significati, ma questa scaturisce “naturalmente” dalla loro interazione. L’insieme delle
credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri della stessa società forma un
sistema determinato che ha una vita propria: può essere individuato con l’espressione
“coscienza collettiva” o “coscienza comune ”. È un’uniformità sociale diffusa in tutta
l’estensione della società.
Il secondo strumento analitico usato dall’autore permette la comprensione delle
modalità con cui una data organizzazione sociale regola il rapporto tra l’individuo e la
12
società. Se il rapporto tra coscienza collettiva e coscienza individuale ci fornisce
informazioni sui modi di
creazione dell’universo simbolico di riferimento di un
determinato insieme di persone, l’analisi delle regole formali ci dà informazioni sui
modi di regolazione per il mantenimento, il rispetto e la trasformazione di queste
interpretazioni condivise. Come è noto secondo Durkheim è possibile definire i due tipi
di solidarietà nel modo seguente:
- La solidarietà meccanica è una solidarietà “per somiglianza”. Descrive il legame
delle società tradizionali in cui gli individui differiscono poco gli uni dagli altri; si
rassomigliano perché provano gli stessi sentimenti, condividono gli stessi valori.
Questo tipo di solidarietà funziona grazie il principio di similitudine, semplicemente
o meccanicamente.
- La solidarietà organica è specifica delle società moderne. Anziché svilupparsi in
funzione delle somiglianze, deriva dalle differenze esistenti tra gli individui: è il
prodotto della divisione del lavoro poiché con l’accrescimento della differenziazione
nelle funzioni in una società si determinano differenze crescenti tra i suoi membri.
In tale sistema i singoli individui, pur essendo meno simili tra di loro, sono tuttavia
molto più interdipendenti di quanto non avvenga nelle società tradizionali (analogia con
gli organi degli esseri viventi: sebbene ognuno di essi assolva ad una specifica funzione
e sia diverso dagli altri, nonostante ciò sono tutti indispensabili per la vita
dell’organismo vivente).
Tale semplificazione, ovviamente, non è appropriata a rendere la complessità della
risposta dell’autore, ma permette di introdurre il suo ragionamento. Egli non solo
ragiona in termini comparativi tra queste due solidarietà, ma si sofferma anche sulle
condizioni normali e patologiche che è possibile riscontrare nella società, in particolare
per quella data dimensione.
Poiché Durkheim (1893, ed. 1996, p. 85) sostiene che “la solidarietà sociale sia un
fenomeno morale che non si presta di per sé ad un’osservazione esatta, né tanto meno
alla misura. Per procedere a questa classificazione e confronto occorre sostituire al
fatto interno che ci sfugge, il fatto esterno che lo simbolizza, e studiare il primo
attraverso il secondo. Questo simbolo visibile è il diritto.”
Possiamo soffermarci sui meccanismi che Durkheim riconosce come fondamentali
per la creazione di coesione sociale. Il punto di partenza del ragionamento riguarda le
13
società tradiziona li e, quindi la solidarietà meccanica, ma non è possibile circoscrivere
tali meccanismi ad un solo modello di società. I contenuti e le forme che tali
meccanismi assumono sono differenti, ma hanno sempre due elementi in comune,
infatti:
1. Esiste il diritto repressivo anche nelle società industriali , nonostante abbia
un’importanza minore rispetto a quello distributivo.
2. I meccanismi di somministrazione della pena possono essere ricondotti a quelli
che Durkheim ha definito i rituali. Nelle società tradizionali la somministrazioni
della pena e le forme religiose sono un esempio di un elemento fondamentale e
il prodotto di questi rituali. Nelle società moderne lo sono, invece, il culto
dell’individuo e il sentimento che lega alla patria (nazionalismo).
Detto ciò, è possibile comprendere come gli elementi fondamentali per la
comprensione della coesione sociale divenga no i rituali della società stessa: la pena,
come le pratiche religiose, diventano esempi.
Si è deciso di porre tanta attenzione sul pensiero di Durkhe im perché l’autore
introduce gli elementi principali sui quali sarà fondata la definizione proposta di
seguito:
-
i modi di interpretazione della “realtà” da parte degli individui sono costruzioni
convenzionali socialmente condivise create attraverso le pratiche sociali,
-
il riconoscimento dell’altro come uguale (simile) o diverso è alla base dei
meccanismi che creano legami e vincoli sociali,
-
il riconoscimento dell’altro come uguale o diverso originano modi differenti di
interazione e unione tra gli individui.
Il lessico utilizzato da Durkheim sarà ripreso solo in parte per proseguire il
ragionamento: in particolare sarà approfondita la nozione di rappresentazione sociale. Il
termine utilizzato fa riferimento sia ai contenuti di significato, sia al termine ut ilizzato
da Durkheim, a queste due accezioni saranno aggiunti contributi di altri autori che
hanno contribuito alla spiegazione di questo concetto. Per quanto riguarda i concetti di
solidarietà meccanica e solidarietà organica, verranno ripresi solo concettualmente, per
una chiarezza maggiore però i termini ad essi associati saranno differenti.
14
4. La composizione di diversi elementi
“In fisica il termine coesione è definito come una proprietà dei corpi di resistere alla
rottura e alla separazione, grazie alla presenza di forze attrattive che tengono insieme
le molecole”(CENSIS, 2003, p.7).
In accordo con la definizione offerta dalla fisica (e come già aveva affermato
Durkheim) si propone di considerare la coesione sociale come una proprietà di un
insieme di individui organizzati. Attraverso l’analisi dei contributi definitori e teorici
dei diversi autori verrà proposta una definizione di coesione sociale che possa tenere in
considerazione tutte le specificità del dibattito. Nella definizione si individuano tre
dimensioni che aiutano ad esplorare il concetto di coesione sociale. Si possono
riconoscere nelle tre dimensioni le peculiarità dei tre termini considerati all’inizio
dell’analisi proposta nel paper. La scelta analitica operata in questo caso differenzia i tre
termini ma li formalizza come in interazione continua tra loro.
La coesione sociale può, quindi, essere definita come una proprietà che indica il
grado di attrazione/repulsione di tutti gli attori che compongono una data società
rispetto a tutti gli altri. Il grado di attrazione/repulsione deriva dalla composizione di tre
elementi a) di costruzione di significato (senso), b) cooperativi ed c) di riconoscimento
(identitari). La composizione di questi elementi avviene attraverso processi integrativi e
regolativi. Questi ultimi si suddividono in meccanismi di controllo e di conflitto sociale.
È bene considerare separatamente ciascuno di questi elementi che costituiscono
e determinano il grado di coesione di un determinato insieme di persone. Ognuna di
queste tre componenti può essere considerata una dimensione del concetto attraverso la
quale scendere di generalità, fino ad arrivare ad individuare gli indicatori per l’analisi
dell’unità scelta. Tenere presente tutte e tre le dimensioni e tutte e tre i processi che
operano sia all’interno di ciascun elemento (o dimensione), sia tra i diversi elementi (o
dimensioni) appare molto complesso. La definizione proposta potrebbe essere utile per
ricomprendere tutti i contributi circa lo studio dei modi di organizzazione più o meno
armonica di una società. Difficilmente (in termini operativi) sarà possibile esplorare
interamente il concetto, ma in questo modo sarà possibile scegliere la/e dimensione/i
che si crede meglio descrivere quel determinato insieme di persone, in quel determinato
contesto.
15
Occorre soffermarsi, dunque, in maniera più approfondita dapprima sulle
dimensioni individuate per il concetto di coesione sociale e, in un secondo momento, sui
processi di composizione.
a) La prima dimensione : gli elementi di costruzione di senso e significato.
“Le rappresentazioni sociali sono una forma di conoscenza ‘elaborata socialmente’ e
‘socialmente condivisa’. Esse hanno un fine pratico: servono all’interno del nostro
mondo. Sono il risultato di un processo di ‘costruzione sociale’ che avviene
inavvertitamente, cioè inconsapevolmente: all’opera sono tutti gli individui che
quotidianamente, applicando ed usando il sapere a loro disposizione, lo riproduco e lo
rimodellano in continuazione, così che tale sapere, rimanendo apparentemente sempre
uguale, cambia costantemente. Anche se sono il prodotto di un incessante e continuo
processo, le rappresentazioni appaiono agli uomini che le usano come un ‘sapere
naturale, scontato, familiare, intorno al quale non ci sono discussioni” (Santambrogio,
2006, introduzione p. IX).
Gli elementi di costruzione di senso e significato possono essere identificati con il
concetto di rappresentazione sociale. Per rappresentazione sociale si intendono, sia gli
universi simbolici di riferimento di una determinata società, sia la formazione di senso
comune che riguarda l’intera o parte di quella stessa società. Si riconoscono, dunque,
due livelli differenti di rappresentazioni:
-
le rappresentazioni di
primo livello, sono tutti gli elementi convenzionali che
permettono agli individui della stessa società (o gruppo o organizzazione) di
interpretare il mondo allo stesso modo e di interagire attraverso media condivisi. Si
intende, quindi, il fatto di avere, ad esempio, la stessa nozione di tempo, di spazio, la
lingua, regole, norme e valori condivisi. Questo modo di intendere le
rappresentazioni sociali fa riferimento e si interseca con il concetto di “cultura”,
inteso in senso antropologico;
-
le rappresentazioni di secondo livello sono le credenze, i miti, la costruzione di
senso intorno al potere, all’informazione, all’istituzione, ai rapporti interpersonali.
Sono ciò che viene generalmente definito “senso comune”. I media permettono agli
individui di interagire e di non dover spiegare costanteme nte cosa intendono e cosa
stanno facendo durante l’interazione, le rappresentazioni di secondo livello sono i
16
modi di costruire il contenuto dell’interazione. Anche per queste ultime si
costruiscono modi convenzionali per pensare e leggere la “realtà”.
Ciò non significa che, sia i media, sia i contenuti delle rappresentazioni, non cambino
nel tempo e proprio attraverso l’autonomia dei singoli e la creatività di ciascuno.
“Modelli sociali di interpretazione, che vengono condivisi, e norme da essi
derivanti sono alcuni dei mezzi più importanti di integrazione (nella nostra definizione
“coesione”) a un livello fondamentale” (Zoll, 2003, p. 146).
La psicologia sociale definisce le rappresentazioni sociali come un processo e un
prodotto (Moscovici, in Galli 2006, in Santambrogio, 2006). Le rappresentazioni sociali
sono un processo in quanto vengono costruite attraverso le pratiche sociali che gli
individui mettono in atto quotidianamente durante i momenti di interazione. I
comportamenti individuali sono in parte determinati dalle rappresentazioni sociali (e
quindi un prodotto delle interazioni precedenti) che l’individuo ha appresso durante
l’esperienze passate, ma sono, anche, in continua trasformazione in quanto i singoli reinterpretano e agiscono apportando piccole o grandi trasformazioni alle rappresentazioni
sociali stesse (trasformazione progressiva, trasformazione resistente, trasformazione
brusca). Le rappresentazioni sociali, come processo e prodotto, sono il risultato di
meccanismi collettivi che prendono forme differenti (Galli, 206):
1) le comunicazioni interpersonali, il luogo dello scambio di informazioni e
considerazione tra persone che vivono vicine tra loro, sia fisicamente, sia socialmente.
Questi scambi, solitamente, hanno carattere informale e gli individui comprendono
nell’istante stesso gli effetti di quanto viene comunicato. È il luogo privilegiato per la
costruzione del senso comune: non vi sono controlli istituzionali di quanto viene detto,
spesso, in questi casi, le comunicazioni sono costituite dal pettegolezzo e
dall’approssimazione.
2) il dibattito pubblico, il luogo dello scambio tra opinioni e posizioni che avviene
attraverso un “mediatore”, la radio, la televisione o i giornali. Nel dibattito pubblico
sono coinvolte persone con origini sociali e livelli di conoscenza differenti tra loro.
Questo livello di comunicazione permette lo la condivisione e il confronto tra opinioni
ed esperienze differenti.
3) le comunicazioni culturali, si intendono le produzioni letterarie nelle sue diverse
forme dalla teatro e il cinema fino ai fumetti e alle canzoni. I “prodotti culturali” hanno
17
una larga diffusione pubblica e possono fare riferimento sia alla vita quotidiana, sia al
mondo dell’immaginazione. I contenuti delle produzioni culturali esprimono le
caratteristiche di ciò che interessa, diverte o fa riflettere quella determinata società: “le
credenze e le aspettative del pubblico si trovano confrontate con la fiction” (Galli, 2006,
p. 78).
Santambrogio (2006, p. 64) definisce questa dinamica costituita dal continuo
passaggio della rappresentazioni sociali da processo a prodotto come il “circolo delle
rappresentazioni sociali”: “il processo per cui, da un lato, la produzione simbolica non
può che provenire direttamente dall’intenzionalità cosciente degli individui (Schutz);
dall’altro, date certe condizioni, tale produzione si cristallizza in prodotti culturali che
appaiono poi alla stessa coscienza che li ha generati come un dato ad essa esterno e,
per certi versi, la condizione stessa della sua capacità produttiva (Durkheim)”.
Purkhardt (1993, in Galli 2006) riassume quanto detto fino ad ora attraverso
l’individuazione di cinque funzioni fondamentali delle rappresentazioni sociali (RS):
-
le rappresentazioni sociali costruiscono e danno forma alla realtà,
-
le rappresentazioni sociali consentono la comunicazione e l’interazione sociale,
-
le rappresentazioni sociali demarcano e consolidano i gruppi,
-
le rappresentazioni sociali dirigono la socializzazione,
-
le rappresentazioni sociali rendono familiare il non familiare.
La struttura e il contenuto delle rappresentazioni sociali influenzano le azioni dei singoli
e allo stesso modo lo fanno i meccanismi di diffusione, quali la comunicazione e
l’interazione. Ma è necessario tenere presente che le rappresentazioni sociali “non sono
norme interiorizzate che dettano automaticamente dei comportamenti” (Santambrogio,
2006, p. 149). Infatti, “la presenza di una determinata rappresentazione non
necessariamente implica che si possa prevedere una determinata azione in una
determinata situazione” (Santambrogio, 2006, p. 149).
Proprio quest’ultima considerazione porta a concentrare l’attenzione sugli altri
due elementi che compongono la definizione di coesione sociale che è stata proposta: b)
gli elementi cooperativi e c) gli elementi di riconoscimento. Le convenzioni che
permettono agli attori sociali di interagire come vengono declinate dagli attori singoli e
collettivi? È possibile individuare due differenti applicazioni delle rappresentazioni
sociali, (b) nelle relazioni strumentali o funzionali tra le specificità dei singoli o dei
18
gruppi, (c) nelle relazioni simboliche o espressive tra il riconoscimento dell’altro come
simile o come portatore degli stessi valori e interessi.
b) La seconda dimensione: gli elementi cooperativi
Gli elementi cooperativi (o competitivi) riguardano le condizioni strutturali della società
(o insieme di persone): vi è sempre una divisione dei compiti e del lavoro tra i diversi
membri (singoli o collettivi) per garantire la sopravvivenza di ciascuno e, quindi,
dell’insieme complessivo. Questa considerazione riguarda ciò che Durkheim ha
identificato con “divisione del lavoro”, egli la affronta per descrivere la società
moderna, ma questo meccanismo di divisione dei compiti, delle capacità e delle
funzioni era presente anche in quelle che vengono definite “società tradizionali”.
Giddens (1993) sottolinea la sempre maggiore specificità che caratterizza le società
contemporanee, e mette in luce alcune conseguenze significative per cogliere la
costituzione dei meccanismi cooperativi e di fiducia che caratterizzano il rapporto tra i
singoli, tra l’individuo e le istituzione e tra i differenti gruppi o organizzazioni. Vi sono,
quindi, due livelli che è necessario tenere in considerazione. I meccanismi che operano
a livello macro che costituiscono i modi di composizione e di organizzazione delle
istituzioni e delle organizzazioni. I meccanismi a livello micro che, invece, riguardano
le decisioni prese dai singoli per la scelte d’azione che compiono. In particolare, Elster
(1993), mostra la composizione di questi due livelli: attraverso l’analisi delle
motivazioni che spingono i singoli all’azione e attraverso le regole convenzionali che
riguardano i meccanismi di coordinamento e cooperativi.
Per affrontare i due livelli di relazione che riguardano la dimensione della
cooperazione (competitività) è possibile fare riferimento a un concetto ampiamente
affrontato nella letteratura sociolo gica, quello di rete di relazione 8 .
Si fa riferimento, come detto, a due livelli:
-
le relazioni di reciprocità funzionale
-
le relazioni tra individuo/società. Ovvero tra individuo e organizzazioni sociali,
che possono essere istituzioni pubbliche o organizzazioni private.
8
Tale concetto può essere particolarmente utile per esplorare questa dimensione della coesione sociale, in
questa sede, però, non è stato possibile ricostruire analiticamente la ricchezza del dibattito presente in
letterature. In particolare non è possibile affrontare tutta la complessità del vivacissimo dibattito rispetto a
concetti quali quello di Capitale Sociale.
19
Per quanto riguarda le relazioni interpersonali si prendono in considerazioni solo gli
aspetti funzionali e strumentali degli elementi che le legano. Da un punto di vista
analitico questo ci costringere a ragionare separatamente sulla componente strumentale
e su quella espressiva dei fenomeni. Si tratta ovvia mente di un esercizio unicamente
analitico poiché non si può sostenere che esistano relazioni esclusivamente legate alla
sfera strumentale o esclusivamente alla sfera espressiva. Una componente identitaria di
riconoscimento dell’altro come diverso da sé permette all’individuo di affermare la
propria specificità. Se questo elemento relazionale lo applichiamo a dinamiche
organizzative volte per l’assolvimento di un compito o di una funzione si vedrà come le
persone riconoscano competenze differenti agli attori in interazione e avverrà la
divisione di tali compiti secondo le specificità di ciascuno. In questo caso quindi il
riconoscimento della diversità permette dinamiche di scambio reciproco e cooperative
tra gli attori (individuali o collettivi) coinvolti.
Si fa riferimento così ancora una volta a quanto affermato da Durkheim (1897) circa la
specializzazione funzionale che investe non solo la dimensione economica delle società
“moderne”.
“La cooperazione e la coordinazione emergono per effetto di una azione
decentralizzata e non obbligatoria” (Elster, 1993, p. 125).
Per ragionare sugli elementi cooperativi è necessario, inoltre, porre l’attenzione
sui processi di integrazione e regolativi attraverso i quali avviene la composizione degli
obiettivi e delle azioni degli attori. Come detto prima la composizione interna a ciascuna
dimensione di intesione e tra gli elementi della definizione di coesione può essere
descritta attraverso processi integrativi e regolativi. I processi integrativi nel caso degli
elementi cooperativi possono essere descritti come processi di negoziazione o
contrattazione attraverso cui gli attori si accordano sulla divisione dei compiti a seconda
della loro specificità e in base agli obiettivi individuali (o di gruppo) che si vuole
raggiungere. Questo riguarda sia per le relazioni tra individui, sia tra insiemi di persone
all’interno di una organizzazione, sia tra organizzazioni diverse. È quindi possibile
ricondurre il discorso di Elster (1993, p. 126) a meccanismi di integrazione anche
quando descrive meccanismi cooperativi in senso stretto, ovvero, quando “le persone
rinunciano al proprio interesse in un modo che avvantaggia ciascuno se alcuni
20
agiscono in quella maniera”. Vi sono, quindi, accordi che nascono dall’esperienza
acquisita in precedenza dagli attori coinvolti a dal ripetersi della stessa situazione che
coinvolge gli stessi attori.
Si possono avere scambi cooperativi anche quando vi sono processi regolativi,
quali il controllo e il conflitto. Gli attori (singoli o collettivi) possono mettere in atto
comportamenti cooperativi perché vi sono norme sociali (del contesto, organizzative,
ma anche legislative) che lo ro imposte. Non rispettare quelle norme costerebbe, in
termini di sanzione, agli attori molto di più che rispettarle. Anche i processi conflittuali
possono permettere il raggiungimento di situazioni cooperative, la creazione di alleanze
e di scambio strumentale possono essere messi in atto per poter aggirare ostacoli e
interruzioni che non permetterebbero l’assolvimento dei compito di ciascuno e
dell’insieme preso in considerazione nel suo complesso.
Inoltre, per ciò che concerne il rapporto individuo/società alcune riflessioni
sottolineano, ancora una volta, l’elemento di specificità funzionale e di competenze che
caratterizzano le organizzazioni complesse, soprattutto nell’epoca contemporanea.
Giddens (1993) mostra l’importanza di poter prestare fiducia alle istituzioni con alta
specificità e poca trasparenza. Egli affrontando tale tema introduce il concetto di nodo
di accesso. Gli individui fanno affidamento su sistemi di competenze di cui non
conoscono i saperi e i meccanismi di funzionamento. La scelta di fidarsi di tali sistemi è
determinata da due processi contrapposti, quello di deferenza e quello di sospetto. La
deferenza rispetto a competenze e saperi che solo alcuni detengono, ma anche lo
scetticismo per la poca trasparenza che tali sistemi hanno nei confronti dell’esterno.
Non tutto può essere svelato dei sistemi astratti data la specificità elevata, così gli
individui imparano a fidarsi, o meglio costruiscono relazione di fiducia oppure no,
rispettivamente attraverso il vissuto di esperienze positive o negative. I nodi di accesso
sono quegli individui che sono interni al sistema (organizzazione), ma mantengono
relazioni verso l’esterno, per questa ragione sono fondamentali per la costruzione di
legami di fiducia verso l’esterno.
Esplorare la dimensione relativa agli elementi cooperativi richiederebbe una
trattazione più ampia, infatti scendendo di generalità per gli argomenti presi in
considerazione si colgono le differenze che possono poi essere rilevate a seconda del
21
contesto che si sceglie di studiare in termini di coesione. Solamente a titolo esplicativo
si propone un esempio di intensione di questa dimensione:
Coesione sociale
dimensione I
rappresentazioni
dimensione II
elementi cooperazione
reti sociali
(egocentrate)
Gli
istituzioni pubbliche
(compiti di coordinamento)
elementi
di
cooperazione
dovrebbero,
dimensione III
elementi riconoscimento
sistemi astratti organizzazioni
(di competenze) (rispetto norme)
quindi,
essere
sviluppati
differentemente in base alla scelta dell’unità di analisi (ad esempio un territorio, una
organizzazione etc.). La scelta dell’unità di analisi determinerà la scelta delle sfere più
opportune per studiare e rilevare la coesione del “sistema” scelto. Dunque, se si
sceglierà un determinato territorio, ad esempio un Comune, l’esplorazione della
dimensione degli elementi di cooperazione dovrebbe essere rivolta a comprendere il
ruolo che le risorse di rete hanno per gli individui che appartengono a differenti livelli
occupazionali. Se esistono, oppure no, ad esempio, legami tra le persone che fanno parte
di livelli occupazionali differenti. La domanda che si vuole porre è: gli individui di
questo territorio mettono in comune (offrono) le proprie risorse agli altri individui con
cui sono più o meno legati?
Nello stesso territorio, continuando con l’esempio, è possibile considerare le
istituzioni pubbliche, nei termini della reciprocità funzionale, come coloro a cui spetta il
coordinamento tra le varie organizzazioni presenti nel territorio stesso. Queste
dovrebbero avere una visione di insieme del territorio e fare in modo che vengano
messe in atto strategie cooperative da tutti gli attori (in questo caso collettivi) per il bene
del territorio stesso e, quindi, di tutti i cittadini che lo abitano. Si vuole capire, quindi, la
22
percezione delle diverse organizzazione del territorio della capacità istituzionale di
creare legami orizzontali e reciprocamente funzionali 9 .
La fiducia nei sistemi astratti riguarda la percezione dell’affidabilità delle
competenze nelle organizzazioni con compiti altamente specializzati. Da una parte si ha
la fiducia ne lle persone in generale sui sistemi di conoscenza (di sapere)
tecnologicamente avanzati, ma è possibile rilevare separatamente la percezione delle
capacità delle organizzazioni presenti su quel territorio da parte dei cittadini che lo
abitano.
Infine, è possibile concentrare l’attenzione sulla percezione della fiducia nelle
organizzazioni, pubbliche e private, per quanto riguarda l’efficienza nello svolgere il
proprio compito. Si considera, in questo caso,
il rispetto delle norme in termini
funzionali e non simbolici.
c) La terza dimensione: elementi di riconoscimento (identitari)
La terza dimensione assume un significato rilevante, in particolare, per quanto
riguarda gli attori collettivi. In questo caso oggetto di attenzione privilegiato non sono
più i meccanismi di specificazione, ma i meccanismi di differenziazione. Questi ultimi
sono altro dalla specificazione perché sottolineano la volontà e la necessità dei singoli e
dei gruppi di affermare la propria unicità e la diversità rispetto agli “altri”. I meccanismi
di differenziazione, quindi, ricoprono un ruolo importante per l’esplorazione del
concetto di coesione sociale perché nascono da dinamiche complementari alla
componente individualistica. Le
dinamiche di raggruppamento degli individui sono
orientate dalla presa di consapevolezza dei singoli di caratteristiche o interessi (non
strumentali) in comune, piuttosto che per la difesa di un diritto o di un valore. “Nelle
società moderne si viene formando un pluralismo di gruppi sociali che rompe
l’omogeneità del tessuto collettivo e, allo stesso tempo, frantuma l’omogeneità della
coscienza collettiva. Questo significa che nelle società moderne occorre sostituire al
semplice concetto di società inteso come un’unità completa e integrale quello di
9
queste dinamiche sono alla base della moderna concezione di pianificazione strategica dello sviluppo
locale che si fonda sulla costruzione di processi di governance del territorio di tipo inclusivo volti a
garantire nel tempo la crescita di “coesione sociale” fra gli stakeholder per il perseguimento del benessere
comune (Perulli, 2000)
23
insieme di gruppi coesistenti . Il rapporto individuo e società viene perciò filtrato in
maniera significativa all’appartenenza di gruppo” (Santambrogio, 2006, p. 52).
Il riconoscimento e la formazione identitaria possono essere considerati due fattori dello
sviluppo di processi di sentimenti di appartenenza e di differenziazione sia tra gli
individui, sia tra attori collettivi. Da una parte il meccanismi di riconoscimento permette
di dare senso “all’altro” e a “se stessi” mettendo in evidenza sia le caratteristiche
comuni sia quelle differenti. Identificare l’altro come simile significa sviluppare un
sentimento di condivisione che nasce da elementi di somiglianza e comunanza.
Durkheim descrive questo processo come “solidarietà meccanica”, è possibile
richiamare questo concetto anche per descrivere la solidarietà sociale dell’epoca
contemporanea considerandolo, non in termini di appartenenza alla società ( o di una
organizzazione) nella sua unità, ma ad alcune sue parti. Sembra che la solidarietà che si
sviluppa tra individui prenda forma e significatività quando ha una dimensione
collettiva. È questo il significato della solidarietà in senso stretto definita da Zoll (2003).
I motivi di aggregazione possono essere molto diversi, quello che diviene importante è
che un determinato interesse, valore o caratteristica diventano per quell’insieme di
persone nel suo complesso (e quindi per ciascun membro) una componente identitaria
fondamentale per interpretare il mondo, prendere decisioni e agire. La possibilità di
scelta tra identità multiple dell’individuo e la pluralità dei valori che caratterizzano
organizzazioni complesse sono caratterizzate da forze che spingono l’individuo a
cercare la “collettività” che meglio interpreta e aderisce a ciò che ritiene importante in
quel determinato momento di vita. L’interazione continua e la complessità della
comunicazione tra differenti modi di interpretare il mondo sviluppano nell’individuo la
necessità di dare forza alla propria voce attraverso la condivisione con una moltitudine
di persone che la pensano come lui, solo così può dare senso alle proprie considerazioni
e posizioni rispetto a un problema o per la difesa di un interesse.
Più schematicamente possiamo definire la solidarietà sociale come la terza dimensione
che ci permette di esplorare una parte del concetto di coesione sociale, perché la sua
definizione in senso stretto, comprende gli elementi di riconoscimento tra individui che
permettono la creazione di identità collettive. Gli elementi di riconoscimento tra attori
collettivi che permettono il confronto tra insiemi di individui che sono percepiti come
differenti o, spesse volte, come minacciosi. Questa ultima considerazione ci porta a
24
discutere la posizione di Michels (Zoll, 2003) che definiva i rapporti solidali
intergruppo come sempre conflittuali verso l’esterno. Ma un attore collettivo può volere
portare all’attenzione di un determinato contesto un problema che percepisce come
“urgente” ma non farlo in termini conflittuali.
In una organizzazione complessa, quindi, possiamo riconoscere alcune caratteristiche
che sembrano avere come conseguenza il sorgere di legami solidali tra gruppi di
persone all’interno dell’organizzazione stessa. È possibile descrivere schematicamente
una organizzazione complessa come caratterizzata da una alta divisione del lavoro, una
pluralità di valori di riferimento, una flusso di comunicazioni e di trasmissione di
informazioni che mette in contattato tra di loro molti individui che fanno parte
dell’organizzazione stessa. In un contesto così strutturato i singoli hanno il compito di
scegliere i propri valori di riferimento e le caratteristiche che meglio lo definiscono.
Tale processo di identificazione avviene attraverso dinamiche dialogiche (interazione
reciproca) tra gli individui in interazione (o tra l’individuo e la rappresentazione sociale
maggiormente condivisa) che ha intrinsecamente collegato anche il processo di
riconoscimento. Il “riconoscere” nell’interazione fa sì che gli individui coinvolti si
percepiscano come simili o differenti (molto spesso entrambe le cose). Quando più
individui si riconoscono simili tra di loro e percepiscono altri come diversi è possibile
che nascano modi di agire comuni e orientamenti valoriali che andranno a costituire
l’identità collettiva di quell’insieme di persone. L’identità collettiva di quel gruppo è
percepita, riconosciuta e percepita anche (e, a volte, soprattutto) da coloro che ne sono
all’esterno. È possibile riconoscere queste dinamiche di raggruppamento come una
caratteristica importante della società contemporanea “globalizzata” (ad es. comunità
virtuali, collettività in difesa di un interesse contingente), ma è possibile individuarle
anche in organizzazioni lavorative (ad esempio, istituzioni pubbliche, aziende private),
in organizzazioni che prendono forma di associazione (ad esempio, associazioni di
volontariato, movimenti sociali).
5. Processi di composizione: integrazione, controllo e conflitto
I processi di composizione degli elementi che descrivono le tre dimensioni del concetto
di coesione sociale agiscono contemporaneamente all’interno di ciascuna dimensione e
25
tra le differenti dimensioni. È possibile affermare che vi sono sempre nelle pratiche di
costruzione delle rappresentazioni, nei meccanismi cooperativi e nei meccanismi di
riconoscimento o identitari, processi integrativi, di controllo e conflitto. Ma quale
rilevanza assumono questi tre processi nel contesto che si vuole studiare in quel dato
momento?
Questi processi, in definitiva, danno informazioni sul tipo di strategia di gestione
del potere vi è nel contesto oggetto di studio. I tre meccanismi sono sempre presenti
insieme (sia separatamente, sia in interazione), ma la forma che prende ciascuno nelle
dimensioni della coesione sociale plasma e riproduce la forma della proprietà di
coesione di quella organizzazione di individui studiata. Ad esempio, il fatto che una
determinata organizzazione sembri particolarmente coesa (comunemente viene inteso
come un fattore positivo) può derivare da un alto controllo sociale che non permette agli
individui o alle differenti parti dell’organizzazione di mettere in discussione le
rappresentazioni sociali esistenti (norme e/o valori, simboli etc.) e che non sia
contemplato nemmeno la possibilità di uno scontro aperto tra le parti. Cosa significa
quindi che tale società è coesa? Il grado di attrazione o repulsione individui/individui
(individuo/società) rilevato secondo gli indicatori scelti in base alla/e dimensione/i di
interesse deve essere analizzato anche attraverso lo studio del processi integrativi intradimensionali e inter-dimensionali.
Il processo di integrazione può essere definito come una negoziazione o
contrattazione messa in atto dagli attori. La differenza con il termine di coesione sociale
che qui è proposta, innanzitutto, considera l’integrazione come un processo e non come
uno stato. Inoltre l’integrazione è una forma di negoziazione attraverso la quale le
differenti o nuove costruzioni sociali entrano in relazione e si confrontano. È possibile
considerarlo come un processo di discussione diretto o indiretto tra gli attori in
questione. Anche in questo processo vengono messe in atto dinamiche di potere, ad
esempio, quando si è in presenza di una maggioranza e una minoranza.
Il processo di controllo sociale può essere definito come un meccanismo
centralizzato o diffuso messo in atto al fine di garantire il rispetto delle regole che
l’organizzazione si è data. In questo caso vi sono convenzioni sociali diffuse che
“devono essere rispettate” o che una determinata componente dell’organizzazione ha il
compito di fare rispettare. Il processo conflittuale può essere definito, invece, come uno
26
scontro tra più attori. Il conflitto può nascere per la presenza di divergenze dei modi di
interpretare il mondo, di interessi, di obiettivi, di orientamento valoriale. Posizione in
contrasto tra loro non ledono necessariamente la coesione di un gruppo (sistema,
organizzazione, società), la possibilità di esprime posizioni differenti e di alti livelli di
tensione non hanno tendenze inevitabilmente disgreganti.
Il risultato dell’interazione tra i processi di integrazione, controllo e conflitto,
quindi forniscono importanti informazioni sulla forma e il grado di coesione sociale del
nostro oggetto di studio. Se è possibile concentrasi su una delle tre dimensioni
individuate del concetto di coesione ciò non può valere per i processi di composizione.
È necessario tenere sempre presente che sono processi complementari e che si
influenzano a vicenda. Non importa quale sia l’unità di analisi scelta la composizione
dei processi di coesione è focus di attenzione che non è possibile ignorare.
Per quanto riguarda i processi intra-dimensione le domande che è necessario porsi sono:
-
come avviene la costruzione del senso e del significato condiviso in quel
determinato contesto? Quali sono le dinamiche più rilevanti per il perpetuamente
e la trasformazione delle rappresentazioni sociali? (ad esempio integrazione o
conflitto con altri sistemi di rappresentazioni o imposizione e controllo da parte
di chi quelle pratiche le conduce e le mette in atto?)
-
come gli elementi cooperativi sono messi in interazione in quel determinato
contesto (organizzazione di individui)? I rapporti tra gli attori (singoli o
individuali) si basano su una gerarchia di potere o si hanno relazioni
simmetriche? I membri dell’organizzazione negoziano e contrattano il loro
compito
nell’organizzazione?
Assumono
particolare
rilevanza
relazioni
conflittuali? Su che cosa si confligge? Se intra-dimensionale si confligge sulla
divisione dei compiti funzionali. Se è inter-dimensionale si configge, ad
esempio, sulle regole vigenti in quel momento nel dato contesto.
-
Come gli elementi di riconoscimento o identitari sono in interazione in quella
data organizzazione di individui? I processi di differenziazione su che cosa si
basano? Su una contrapposizione con altri gruppi? Sulla creazione di nuovi
gruppi che integrano e difendono un valore o interesse comune? Su processi di
controllo, l’affermazione della propria identità serve per ribadire o stabilite
asimmetrie di potere?
27
La scelta dell’unità di analisi oggetto di studio è la principale questione che è
necessario tenere presente per la rilevazione dello stato di coesione. Le componenti
delle organizzazioni scelte come oggetto di studio possono avere al loro interno
diversi gradi di coesione interna. Ma considerare la coesione delle parti
dell’organizzazione scelta e non l’organizzazione stessa porterebbe a modificare i
termini e il significato dell’analisi che si vuole condurre. Questa è una necessità
analitica che permette di concentrare l’attenzione su un determinato punto,
nonostante le interazioni interne ed esterne dell’organizzazione stessa appaiono
evidenti.
28
Bibliografia
-
Becker H. S., “I trucchi del mestiere. Come fare ricerca sociale”, Il Mulino,
2007.
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