parte vii amplificatori lineari - Roma

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PARTE VII
AMPLIFICATORI LINEARI
1. Generalità
I parametri fondamentali di un amplificatore sono il guadagno in tensione (cioè la funzione
di trasferimento), che qui indichiamo con il simbolo A(s), l'impedenza d'ingresso Zin(s) e
l'impedenza d'uscita Zo(s). Nel caso degli amplificatori, infatti, si considerano generalmente solo
questi tre parametri, dei quattro necessari a caratterizzare compiutamente una rete due porte (vedi
Parte V), dal momento che assai spesso l'influenza del circuito d'uscita su quello d'ingresso può
venire
quindi
trascurata.
E
l'impedenza
d'ingresso si assume in
genere indipendente da
quella del carico, l'impedenza d'uscita da quella della sorgente1.
Il modello di un amplificatore ideale si riduce a un generatore controllato ideale: un
generatore di tensione controllato in tensione, dato che ci stiamo occupando di amplificatori di
tensione. Questo significa assumere che il guadagno sia una costante reale (indipendente dalla
frequenza), che l'impedenza d'ingresso sia infinita e che l'impedenza d'uscita sia nulla: tutte
condizioni certamente irrealizzabili.
Ai fini pratici risulta peraltro spesso soddisfacente, come ottima approssimazione di un
amplificatore ideale, cosiderare un amplificatore che abbia guadagno indipendente dalla frequenza
nella regione delle frequenze di interesse, impedenza d'ingresso molto più alta di quella delle
sorgenti che si prevede di utilizzare e, se non si tratta di un amplificatore di potenza, impedenza
d'uscita molto più bassa di quella dei carichi a cui s'intende collegarlo.
Dei tre parametri menzionati prima, il più importante è evidentemente l'amplificazione,
d’altronde essenziale perchè un amplificatore possa venir chiamato tale. In ordine d'importanza
(cioè di attenzione) segue poi l'impedenza d'ingresso, anche perchè generalmente risulta più difficile
ottenere che essa sia molto maggiore dell'impedenza della sorgente (che può essere costituita da un
1
Queste assunzioni, naturalmente, non sempre sono ben verificate. Esse non sono valide in molti amplificatori a un solo
stadio (un esempio immediato è il circuito inseguitore d'emettitore). Ma anche nel caso degli amplificatori a più stadi
può essere necessario impiegare cautela. Si pensi all'effetto di una capacità parassita, anche di valore molto piccolo, fra
l'ingresso e l'uscita di un amplificatore ad alto guadagno.
G. V. Pallottino – Maggio 2011
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Appunti di Elettronica - parte VII pag. 1
rivelatore o da un trasduttore di caratteristiche particolari) di quanto non sia invece ottenere che
l'impedenza d'uscita risulti trascurabile rispetto a quella del carico (che spesso può essere scelto con
maggior libertà e che inoltre può venire opportunamente adattato).
Si verifica spesso in pratica, sopratutto negli amplificatori dotati di banda passante
relativamente estesa, che l'amplificazione possa venire espressa nella forma seguente:
(1)
A(s) = Ao B(s) L(s)
decomponendola cioè nel prodotto di una costante reale Ao che rappresenta il guadagno (in continua
o a centrobanda), e di due funzioni di s espresse in forma normalizzata: B(s), che caratterizza la
risposta dell'amplificatore ai tempi brevi (alte frequenze), ed L(s) che ne caratterizza la risposta ai
tempi lunghi (basse frequenze). Si noti peraltro che negli amplificatori "in continua", che non
presentano tagli a bassa frequenza, si ha L(s)=1. In pratica la decomposizione (1) è significativa
soltanto se i poli e gli zeri della A(s) possono venire raggruppati nel piano complesso in due
"nuvole" ben separate fra loro: una prossima all'origine e un’altra ben distante dalla prima, come
mostrato nella figura. Questo discorso corrisponde alla nozione intuitiva di un amplificatore che ha
guadagno costante in una estesa regione di frequenza, presentando poi tagli sia alle basse che alle
alte frequenze (vedi Esempio a pag. 16 della Parte IV, nel caso in cui si ha 1 >> 2).
Quanto più distano fra loro le due "nuvole" di singolarità, tanto più la decomposizione (1) è
significativa nel senso che la risposta ai tempi brevi è determinata soltanto dalla B(s) (cioè la L(s)
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Appunti di Elettronica - parte VII pag. 2
ha effetto trascurabile su essa) mentre la risposta ai tempi lunghi è determinata soltanto dalla L(s)
(cioè la B(s) ha effetto trascurabile su essa).
RISPOSTA AI TEMPI BREVI
2. Calcolo dei tempi caratteristici
Come si è detto, la risposta ai tempi brevi (ad alta frequenza) di un amplificatore è
determinata essenzialmente dalla funzione B(s). Da essa si ricavano la risposta impulsiva e la
risposta indiciale corrispondenti:
b(t)=L-1[B(s)]
bu(t)=L-1[B(s)/s]
;
Ma per caratterizzare la risposta ai tempi brevi di un amplificatore è spesso sufficiente
calcolarne il tempo di salita e il ritardo, in alternativa alla determinazione degli andamenti
dettagliati delle risposte nel dominio del tempo, che richiedono calcoli di antitrasformazione.
Vogliamo ricavare pertanto delle relazioni generali, sebbene approssimate, che permettano
di calcolare i tempi caratteristici della risposta indiciale quando si conosca la funzione B(s), in
alternativa alle valutazioni dei tempi caratteristici empirici presentate nella Parte I2. Consideriamo
qui il ritardo  e il tempo di salita , espressi in forma analitica, che abbiamo introdotto nella Parte I
e che richiamiamo qui con riferimento alla risposta impulsiva ai tempi brevi b(t)
(2)
(3)

   tb  t dt
0
  2
  t b t dt   

2
2
0
Ricordiamo che queste espressioni sono valide soltanto se la risposta impulsiva è espressa in
forma normalizzata, come è certamente vero per la b(t) per come la B(s) è stata definita nella (1), e
2
Ricordiamo che nella Parte I è stata ricavata la seguente relazione esatta fra il tempo di salita empirico tr e la larghezza
di banda B (a -3 dB) per un sistema del primo ordine: B t r = 0,3497...  0,35. Abbiamo anche visto che questa relazione
è valida, in prima approssimazione, anche per altri tipi di funzioni di trasferimento, ma con valori del prodotto B tr che
sono generalmente compresi fra 0,3 e 0,45.
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Appunti di Elettronica - parte VII pag. 3
se
la
risposta
indiciale
bu(t)
presenta
andamento
monotono
crescente
(almeno
approssimativamente).
Esprimiamo la B(s) nella seguente forma approssimata
(4)



0
0
0
B  s    exp  st b  t dt   b  t dt  s  tb  t dt 
s2
2


0
t 2 b t dt
ottenuta sviluppando in serie il fattore esponenziale e arrestando lo sviluppo al termine di secondo
grado in s. Questa, utilizzando le espressioni (2) e (3), assume la forma:
s2  2  2 
B  s   1 s    

2
2 
(5)
Consideriamo ora la B(s), espressa come rapporto di polinomi in s, approssimandola arrestandoci ai
termini di secondo grado in s
B s 
(6)
1  1s  2 s 2 
1  1s  2 s 2 

1  1s  2 s 2
1  1s  2 s 2
Da questa, usando l'ulteriore approssimazione 1/(1+)  1 - + , si ottiene la seguente espressione
approssimata di B(s):
(7)
B(s)  1+(1 - 1)s +(2 - 1 1 + 12 - 2)s2
Le relazioni desiderate fra i tempi caratteristici e i coefficienti della B(s) si ottengono infine
uguagliando le due espressioni (5) e (7):
(8)
  1  1
(9)
  2  12  12   2  2  2 
Si nota che queste relazioni vanno utilizzate con cautela, dato che sono state ottenute attraverso
varie approssimazioni.
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Appunti di Elettronica - parte VII pag. 4
Esempio 1. Funzione passabasso del primo ordine.
Essendo B(s) = 1/(1+s), i coefficienti valgono:
1 = 0
;
Si ha pertanto:
2 = 0
;
1 = τ
=
;
 = 
;
2 = 0
;
2 = 12
Esempio 2. Funzione passabasso del secondo ordine, con poli reali.
B s 
Qui abbiamo
1
1  1s 1   2 s 

1
1  1   2  s  1 2 s 2
e i coefficienti valgono
1 = 0
2 = 0
;
 =  
Si ha pertanto:
1 = 1+2
;
;
 = 
Confrontando i risultati dei due Esempi si osserva subito che i ritardi si compongono
linearmente, mentre i tempi di salita si compongono quadraticamente.
Esempio 3. Impedenza di un circuito RC, con induttore L in serie al resistore per allargare la
banda.
B s 
Ponendo = L/R²C, abbiamo la funzione normalizzata
1   s
1   s   2 s 2
e i coefficienti valgono
1 = 
2 = 0
;
Si ha pertanto:
 = (1-)
;
1 = 
;
=  [2(1-2-²)]½
;
2 = 2
Qui, al crescere di , entrambi i parametri  e  vengono ad assumere valori negativi, cosa
evidentemente assurda. Il fatto è che in questo circuito al crescere di , cioè dell'induttanza L, la
risposta indiciale diviene oscillante e allora le definizioni (2) e (3) non sono più applicabili 3 (il
limite si ha per = 0.25).
3
Precisiamo ancora che il calcolo presentato nell’Esempio 3 è comunque approssimato. L’analisi esatta va svolta
antitrasformando la funzione B(s)/s e studiando i parametri caratteristici (tempo di salita, ritardo e sovraelongazione)
della risposta indiciale nel dominio del tempo al variare del parametro .
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Appunti di Elettronica - parte VII pag. 5
Esempio 4. Funzione con un polo e uno zero reali.
Consideriamo la funzione
B s 
1   s
1 s
con < 1, per cui i coefficienti valgono:
1 = 
;
Si ha pertanto:
2 = 0
;
1 = 
 = (1-)
;
 = [2(1-)]½
;
2 = 0
I tempi caratteristici diminuiscono all'aumentare di , fino ad annullarsi per = 1, cioè quando lo
zero cancella il polo e B(s) = 1.
Esempio 5. Funzione passabasso del secondo ordine, espressa nella forma standard dei sistemi
risonanti.
Consideriamo la funzione (diversa da quella dell’Esempio 2 perchè per Q > 0,5 i poli sono
complessi):
B s 
1
1  s  o Q  s 2  o 2Q 2
I coefficienti valgono
1 = 0
Si ha pertanto:
;
2 = 0
;
1 = 1/oQ
 = 1/oQ
;
 = [2(1/Q²-2)]½/o
;
2 = 1/o²
I tempi caratteristici diminuiscono all'aumentare di Q, ma, come nell'Esempio 3, non ha senso
calcolarli oltre un certo limite, che è fissato dal massimo valore di Q oltre il quale la risposta
indiciale diviene oscillante.
Esercizio 1. Ricavare le espressioni della risposta impulsiva e della risposta indiciale del sistema considerato
nell’Esempio 4. Calcolare il ritardo  per = 1 s e per i seguenti valori di : 0, 0.1, 0.2, 0.5, a) utilizzando la relazione
esatta (2); b) utilizzando la relazione approssimata (8). Ripetere i calcoli precedenti utilizzando la definizione empirica
del ritardo td (50% del valore finale della risposta indiciale), supponendo che questa grandezza dipenda da  allo stesso
modo di . Presentare i risultati in una tabella.
Esercizio 2. Spiegare per quale motivo nell’Esempio 4 non ha senso considerare il caso 
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Appunti di Elettronica - parte VII pag. 6
3. Amplificatori a larga banda
Uno stadio amplificatore di tensione è costituito fondamentalmente da un dispositivo attivo
e da un carico. Molti dispositivi attivi (ma i transistori bipolari solo in prima approssimazione) sono
riconducibili in modo significativo al modello (per piccoli segnali) rappresentato da un generatore
ideale di corrente, controllato dalla tensione d'ingresso, mentre il carico (al quale generalmente
contribuisce anche l'impedenza d'ingresso dello stadio
successivo) è costituito da una opportuna impedenza Z, in
parallelo alla quale vi è però sempre una capacità C (capacità
d'uscita del dispositivo, capacità parassite, ecc.).
Se il carico è resistivo (Z = R) si ha evidentemente
l’amplificazione A0 = gmR, dove gm è la transconduttanza del dispositivo attivo, mentre la costante
di tempo = RC determina la velocità di risposta e la banda passante (B = 1/2). Si conclude che il
prodotto banda-guadagno
(10)
A0B = gm/2C
è indipendente dalla resistenza R e dipende soltanto dal rapporto fra la transconduttanza gm e la
capacità C. Il rapporto gm/C costituisce dunque una figura di merito assai significativa per le
prestazioni di uno stadio amplificatore (o di un dispositivo).
Idealmente, al fine di massimizzare la velocità di risposta, l'impedenza indiciale del carico
dovrebbe assumere valore infinito ai tempi brevi, in modo che la corrente fornita dal generatore
possa caricare la capacità C più rapidamente possibile, per assumere poi un valore finito costante
allo scopo di definire il guadagno. Questa condizione è ben approssimata usando un'impedenza di
carico costituita da un resistore con un induttore in serie.
Disponendo più elementi amplificatori in parallelo, la situazione non si modifica se il
contributo dominante alla capacità C è costituito dalla capacità d'uscita (incluse le capacità
parassite) di ciascun elemento: la figura di merito gm/C resta infatti invariata dal momento che sia
la transconduttanza che la capacità aumentano dello stesso fattore. La disposizione di più elementi
amplificatori in parallelo risulta invece chiaramente vantaggiosa quando la capacità C è
rappresentata da un carico fisso, dominante rispetto alle capacità d’uscita degli elementi.
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Appunti di Elettronica - parte VII pag. 7
4
Una soluzione assai efficace per migliorare il prodotto banda-guadagno rispetto all’ímpiego di un singolo
amplificatore è costituita dagli amplificatori distribuiti. Questo tipo di circuiti impiega più dispositivi amplificatori che
sono "in parallelo" dal punto di vista del guadagno, ma le cui capacità vengono separate inserendole in linee di
trasmissione a elementi concentrati, secondo lo schema di principio illustrato nella figura qui sotto (le capacità C1 e C2
conglobano le capacità, rispettivamente d’ingresso e d’uscita, dei transistori).
Le due linee, quella alimentata dal segnale d'ingresso e quella dove si raccoglie il segnale d'uscita, sono
entrambe adattate, allo scopo di
evitare
riflessioni,
e
sono
realizzate con uguale ritardo per
cella, in modo che su entrambe i
segnali si propaghino in fase. Se
l'ingresso, in particolare, è un
gradino di tensione, il fronte
d'onda del segnale amplificato dal
primo
transistore
raggiungerà
l'uscita del secondo allo stesso
istante in cui il fronte d'onda
amplificato da quest'ultimo verrà
ad eccitare la linea d'uscita, e così via.
Se il segnale d'ingresso è V1, a ciascuna delle basi viene applicato V1/2 trattandosi di una linea adattata. Se la
transconduttanza di ciascun transistore è gm, ciascun collettore contribuirà all'uscita con una corrente di intensità
gmV1/2, che nella linea d'uscita si suddividerà in parti uguali fra le due onde che viaggiano verso le resistenze di
terminazione. Di conseguenza la corrente totale fornita al carico dagli n transistori sarà ng mV1/4. Si conclude che
l'amplificazione statica totale, dalla sorgente al carico, è
(11)
Ao = -ngmRo2/4
4. Composizione dei tempi caratteristici
Studiamo ora come si compongono i tempi caratteristici di più stadi amplificatori collegati
in cascata, esaminando il caso di due stadi con funzioni di trasferimento ai tempi brevi B1(s) e B2(s);
i risultati saranno immediatamente generalizzabili al caso di un numero arbitrario di stadi in cascata.
Scriviamo il prodotto B(s) = B1(s)B2(s) esprimendo le due funzioni nella forma
approssimata (5):
(12)
4

 2  
 2 
s2 
s2 
B  s   1  s 1   12  1   1  s  2    2 2  2  
2
2   
2
2  

T.T.W. Wong, Fundamentals of Distributed Amplification, Artech House, 1993
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Appunti di Elettronica - parte VII pag. 8
Sviluppando il prodotto e trascurando i termini in s di grado superiore al secondo si ottiene
B  s   1  s  1   2  
(13)
 12   2 2 
s2 
2






2
 1

2
2 
da cui si deduce che  = 1 + 2 e 2 = 12 + 22. Nel caso di n stadi in cascata si ha pertanto:
 = i
(14)
;
2 = i2
Si conclude che i ritardi di più stadi in cascata si compongono linearmente, mentre i tempi
di salita si compongono quadraticamente (sempre per risposte indiciali non oscillanti). Questo
stesso risultato vale anche per i tempi caratteristici definiti empiricamente, cioè per il ritardo td al
50% e il tempo di salita tr fra il 10% e il 90% del valore finale della risposta indiciale.
Esercizio. Calcolare il tempo di salita di un impulso con tempo di salita di 10 ns, amplificato da un circuito con tempo
di salita di 50 ns, quale viene osservato a un oscilloscopio il cui amplificatore ha, con buona approssimazione, funzione
di trasferimento del primo ordine, con larghezza di banda B = 100 MHz.
5. La larghezza di banda
Consideriamo ora la risposta in regime sinusoidale permanente di un amplificatore per cui la
decomposizione (1) sia significativa. In tal caso la risposta nella regione delle alte frequenze si
ottiene sostituendo s con j nella funzione B(s). La larghezza di banda B, o frequenza di taglio
superiore, come già abbiamo visto nella Parte I, è definita come la frequenza a cui il modulo della
funzione si riduce a 1/2 = 0,707... (-3 dB). Nel caso particolare in cui la B(s) possiede un solo polo
con costante di tempo , sappiamo già che B = 1/2. Nel caso generale la larghezza di banda B,
che qui indicheremo con F per evitare ambiguità di simboli, si ricava risolvendo l'equazione
(15)
|B(2jF)| = 1/2
Quando la funzione B(s) risulta dal prodotto di più funzioni, di ciascuna delle quali è nota la
larghezza di banda Fi, il calcolo della larghezza di banda F in funzione delle Fi non è affatto
immediato. Per questo ci limitiamo a considerare il caso in cui la B(s) abbia soltanto poli reali, cioè
sia costituita dal prodotto di n funzioni, ciascuna con una sola costante di tempo e caratterizzata
dunque dalla banda Fi = 1/2i. In tal caso si ha
B(s) = 1/(1+is)
e dalla (15) si ottiene:
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Appunti di Elettronica - parte VII pag. 9

(16)
n
i 1
1   2 F i 2    n 1   F Fi 2   2
i 1 



Nel caso particolare in cui tutte le Fi sono uguali fra loro, cioè i poli della B(s) sono tutti
coincidenti, si ha
[1 + (F/Fi)²]n = 2
(17)
e si ricava allora
F = Fi(21/n - 1)½
(18)
Se le funzioni Bi non sono uguali, ma hanno tutte larghezza di banda molto maggiore di F, allora si
può sviluppare la (16) nella forma seguente

(19)
n
i 1
1   F Fi 2   1  F 2  n 1 Fi 2  2
i 1


da cui si ricava infine l'espressione approssimata:
F  1/
(20)
 1 F 
n
i 1
2
i
RISPOSTA AI TEMPI LUNGHI
6. La pendenza iniziale della risposta indiciale
La risposta di un amplificatore ai tempi lunghi (alle basse frequenze) è determinata dai tagli
a bassa frequenza introdotti dalle capacità di disaccoppiamento che separano i vari stadi o dalla
presenza di trasformatori. Se L(s) è la funzione di trasferimento normalizzata che, in base alla
decomposizione (1), caratterizza la risposta ai tempi lunghi, la corrispondente risposta indiciale
lu(t) = L-1[L(s)/s] presenta valore unitario per t = 0 e si annulla per t che tende all'infinito. L’esempio
più semplice è quello del circuito CR passaalto, per cui si ha L(s) = s/(1+s) con risposta indiciale
lu(t) = exp(-t/) u(t).
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Appunti di Elettronica - parte VII pag. 10
La risposta ai tempi lunghi viene spesso caratterizzata globalmente considerando come
parametro la pendenza iniziale della risposta indiciale normalizzata:
 dlu  t  

 dt  t 0

(21)
Applicando questa definizione al caso del circuito CR considerato prima si ha: = -1/. Si può
interpretare dunque  come il negativo del reciproco della costante di tempo equivalente dominante
alle basse frequenze.
Dal
valore
di
questo parametro dipende
la forma della risposta agli
impulsi, come mostra la
figura
a
fianco,
che
rappresenta la risposta di
un
circuito
CR
a
un
gradino unitario e a un
impulso unitario di durata
fissa
T
per
valori
decrescenti di . Si nota in
particolare
che
alla
risposta a un impulso è sempre associata una "coda", la cui presenza può falsare la misura
dell'ampiezza dell'impulso seguente (ciò che non si
verifica negli amplificatori in continua).
Esercizio. Calcolare l'ampiezza V' che viene misurata
osservando il secondo impulso mostrato nella figura. I valori
dei parametri sono: V = 1 volt, T = 1 µs, T' = 0.7 µs,  = 2 s.
Quando, come accade di frequente negli amplificatori, alla funzione L(s) sono associate più
costanti di tempo (per esempio quando essa possiede più zeri all'origine e altrettanti poli reali) può
darsi che la corrispondente risposta indiciale non decada monotonicamente a zero, presentando
dunque delle oscillazioni. Ciò si verifica in particolare quando vi sono più costanti di tempo uguali
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Appunti di Elettronica - parte VII pag. 11
o poco diverse fra loro. Pertanto quando si desidera un decadimento monotono della lu(t) conviene
fare in modo che una delle costanti di tempo sia dominante, cioè assai più breve di tutte le altre.
Esercizio. Calcolare e graficare la risposta indiciale per le funzioni L(s) = (s/(1+s))²,
L'(s) = (s/(1+s))3.
Tutti questi fenomeni che, come si è detto, conducono a errori anche rilevanti nella misura
dell'ampiezza degli impulsi, possono essere eliminati alla radice ricorrendo ad amplificatori in
continua, oppure ridotti grandemente utilizzando circuiti nonlineari,
generalmente impieganti diodi. Dopo un circuito di accoppiamento CR,
per esempio, si può collegare un diodo verso massa in modo da evitare
che la tensione d’uscita presenti escursioni negative (o positive, a
seconda del verso con cui viene disposto) apprezzabili.
7. Composizione delle pendenze iniziali
Disponendo più stadi in cascata, ciascuno con risposta indiciale con pendenza iniziale i, la
pendenza iniziale della risposta complessiva risulta pari alla somma delle pendenze iniziali dei
singoli stadi:
(22)
 =  i
Questo risultato si dimostra immediatamente nel caso di due blocchi in cascata con
pendenze iniziali 1 = -1/1 e 2 = -1/2. Se la funzione complessiva è L(s)=12s²/(1+1s)(1+2s), la
risposta indiciale è lu(t) = u(t)[2exp(-t/1)-1exp(-t/2)]/(2-1). Derivando rispetto al tempo e
ponendo t = 0, si ottiene infatti  = -(1/1+1/2) = 1 + 2.
Il risultato espresso dalla (22) può essere interpretato come segue: un sistema che possiede
una molteplicità di costanti di tempo a bassa frequenza è equivalente, per quanto riguarda la
pendenza iniziale della risposta indiciale, a un sistema con una sola costante di tempo, il cui inverso
è pari alla somma degli inversi di tutte le costanti di tempo del sistema considerato.
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Appunti di Elettronica - parte VII pag. 12
CENNI SUGLI AMPLIFICATORI PER GRANDI SEGNALI
8. Generalità sugli amplificatori per grandi segnali
Consideriamo ora brevemente gli amplificatori per grandi segnali, dove le ampiezze dei
segnali in gioco - tensioni negli amplificatori di tensione, tensioni e correnti negli amplificatori di
potenza - sono tali che i modelli linearizzati per piccoli segnali non sono più applicabili o comunque
richiedono estrema cautela. In questi circuiti l'attenzione è rivolto sopratutto a ottenere determinate
prestazioni (escursione di tensione sul carico, potenza fornita al carico, efficienza energetica, ecc.),
senza superare i limiti di tensione, corrente, potenza e temperatura oltre i quali i dispositivi si
danneggiano, e assicurando, per quanto possibile, una buona linearità alla relazione ingresso-uscita.
A questo riguardo sottolineiamo subito una importante proprietà dei transistori bipolari,
della quale si deve tener conto: la relazione fra corrente di collettore e corrente di base presenta un
assai maggior grado di linearità (il guadagno  hfe dipende relativamente poco dalla corrente al
variare di questa su un intervallo relativamente esteso) della relazione fra corrente di collettore e
tensione base-emettitore (dove entra in gioco la caratteristica esponenziale d'ingresso). Ricordiamo
anche che nei transistori FET di potenza si ha invece buona linearità nella relazione fra la corrente
di drain e la tensione fra porta e source (in questo caso è la transconduttanza che dipende
relativamente poco dalla corrente d'uscita).
Facendo riferimento proprio ai transistori bipolari - per fissare le idee, ma le considerazioni
che seguono sono del tutto generali - a una tensione d'ingresso sinusoidale vb(t) = Vbcos(t)
corrisponderà la tensione d'uscita:
(23)
vc(t) = Vc1 cos(t) + Vc2 cos(2t) + Vc3 cos(3t) + ...
dove il primo termine rappresenta l'armonica fondamentale e i successivi le armoniche superiori,
generalmente indesiderate. Si definisce distorsione totale (total harmonic distortion, THD) la
grandezza normalizzata, espressa di solito in percentuale
(24)
D
Vc 2 2  Vc 32  ...
Vc1
Per un dato circuito, l'entità della distorsione dipende sia dal punto di lavoro prescelto che
dall'ampiezza dei segnali. Essa aumenta, in genere più che proporzionalmente, al crescere
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dell'ampiezza dei segnali, ed assume valori particolarmente elevati quando il dispositivo viene
portato in condizioni di saturazione o d'interdizione (cioè la nonlinearità diventa violenta).
Negli amplificatori di potenza la grandezza essenziale è la potenza P L fornita al carico,
generalmente specificata in regime sinusoidale per un dato valore di distorsione (per esempio, 10 W
con distorsione dell'1%, 20 W con distorsione del 5%). Ma ha grande importanza anche il
rendimento, cioè il rapporto
 = PL / Pal
(25)
fra la potenza PL fornita al carico e quella (Pal) erogata in continua dall'alimentatore. Anche perché
dal rendimento dipende la potenza dissipata nei dispositivi amplificatori, che li riscalda
innalzandone la temperatura. Sono i limiti per quest'ultima grandezza, infatti, che spesso
determinano un limite pratico alla potenza massima che può essere fornita al carico. Poichè d'altra
parte la potenza erogata dall'alimentatore è pari alla somma della potenza fornita al carico e di tutte
le dissipazioni nel circuito (incluse quelle nei dispositivi, che generalmente sono dominanti) si
comprende come il rendimento rappresenti una importante figura di merito di un amplificatore di
potenza. Soprattutto in una sana ottica di sobrietà energetica.
9. Classi di funzionamento
Negli amplificatori di potenza si distinguono varie classi di funzionamento a seconda della
frazione di periodo, con riferimento a segnali sinusoidali, durante la quale i dispositivi si trovano in
conduzione.
Negli amplificatori in classe A i dispositivi si trovano in conduzione, in una regione di
funzionamento almeno approssimativamente lineare, durante tutto il periodo. Di conseguenza la
linearità è relativamente buona (e può venire migliorata ulteriormente utilizzando lo schema a
controfase, di cui ci occuperemo fra breve, che riduce nel carico l'effetto delle distorsioni di ordine
pari).
La
figura
mostra
che
la
potenza
massima
(prodotto dei valori
efficaci
tensione
della
e
della
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corrente del segnale) che può essere fornita al carico
(26)
PL = (Vmax - Vmin)(Imax - Imin)/8
è determinata dall'estensione della zona approssimativamente lineare delle curve caratteristiche
attorno al punto di lavoro, mentre la potenza media erogata dall'alimentatore è P al = VCCIC, dove IC
è la corrente di polarizzazione nel punto di lavoro prescelto, cioè è costante. Il rendimento dipende
dunque dall'ampiezza del segnale.
In prima approssimazione, cioè supponendo lineare tutta la caratteristica d'uscita del
transistore, si trova che la potenza massima fornita al carico è un quarto di quella assorbita
dall'alimentatore e quindi il rendimento limite è  = 25%, come si ottiene ponendo nella (26)
Vmax = VCC, Vmin = 0, Imax = VCC/RL, IC = Imax/2, Imin = 0.
In pratica il carico può
venire collegato al dispositivo
amplificatore anche in altri
modi,
cioè
mediante
accoppiamento induttivo oppure
a
trasformatore,
come
è
mostrato negli schemi a fianco.
In
questi
circuiti
occorre
distinguere fra la retta di carico in continua, la cui pendenza è determinata dalla resistenza (generalmente assai modesta)
dell'induttore o del primario del trasformatore, e la retta di carico in alternata. Quest'ultima passa attraverso il punto di
polarizzazione a riposo del collettore (VC  VCC, IC, trascurando la caduta ohmica sull'induttore o sul trasformatore) con
pendenza determinata dalla resistenza del carico (attraverso il rapporto di trasformazione, nel caso di accoppiamento a
trasformatore).
In presenza di segnale la tensione di collettore, in questi circuiti, varia attorno a V C  VCC con una escursione
massima totale approssimativamente doppia rispetto al caso del circuito con carico resistivo visto prima. Il rendimento
limite corrispondente al caso di linearizzazione totale è dunque  = 50% (ciò si ottiene ponendo nella (26) Vmax = 2VCC,
Vmin = 0, Imax = 2IC, Imin = 0, e considerando che Pal = VCCIC).
Negli amplificatori in classe B i dispositivi si trovano in conduzione soltanto durante metà
del periodo, e sono dunque polarizzati all'estremo della caratteristica, con corrente di riposo
trascurabile. In questi amplificatori si usa il circuito detto a controfase, che comprende due
dispositivi di polarità opposta (per esempio un transistore NPN e uno PNP), all'ingresso dei quali è
applicato il medesimo segnale, ma disposti in modo che nel carico fluisca la differenza fra le loro
correnti d'uscita. Come è mostrato nella figura a pagina seguente.
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In questi circuiti, a differenza di quelli in classe A,
la potenza erogata dall'alimentatore varia con l'ampiezza
del segnale. In prima approssimazione, la corrente
dell'alimentatore è il valor medio di una sinusoide
rettificata. Pertanto, nell'approssimazione di linearizzazione
totale della caratteristica per un segnale di massima
ampiezza,
la
Pal = 2VCC²/RL,
potenza
erogata
dall'alimentatore
è
mentre la potenza fornita al carico è
PL = VCC²/2RL; il rendimento limite è dunque = /4 = 78.5%, assai maggiore che in classe A. E
quindi la potenza dissipata nei dispositivi, a parità di potenza d'uscita, è assai minore che in classe
A.
La distorsione, d'altra parte, può essere rilevante, dal momento che i dispositivi, interdetti a
riposo, vengono portati in conduzione dal segnale e si muovono dunque, sopratutto quando questo
ha piccola ampiezza, in una regione fortemente nonlineare della caratteristica (distorsione di
crossover). Si dimostra poi che se i due dispositivi usati nello schema a controfase hanno
caratteristiche molto simili, le armoniche di ordine pari generate da ciascuno di essi si cancellano
fra loro nel segnale d'uscita.
Negli amplificatori in classe AB i dispositivi si trovano in conduzione durante una frazione
di periodo fra  e 2. Questo consente di ridurre la distorsione rispetto alla classe B, ottenendo nel
contempo un rendimento maggiore che in classe A, sebbene inferiore alla classe B. Anche negli
amplificatori in classe AB si adottano schemi a controfase. Lo schema di principio è anzi lo stesso
mostrato a proposito degli amplificatori in classe B. La differenza sta nella diversa polarizzazione
dei transistori in condizioni di riposo, che ora sono accesi mentre in classe B erano al limite
dell'interdizione.
Negli amplificatori in classe C, infine, i dispositivi si
trovano in conduzione solo durante meno della metà del periodo. In
condizioni di riposo essi sono dunque più o meno fortemente
interdetti (la tensione VBB è nulla o negativa per il transistore NPN
in figura) e si accendono solo quando il segnale d’ingresso assume
ampiezza sufficiente. Il comportamento è dunque violentemente
nonlineare, come mostra la forma d'onda della corrente di collettore
nella figura. Ma siccome il carico è costituito da un circuito accordato alla frequenza del segnale, le
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armoniche della corrente danno un contributo trascurabile alla tensione d'uscita (perchè l'impedenza
che il carico presenta per le armoniche è assai minore di quella presentata alla fondamentale, a cui è
accordato). Resta il fatto che l'ampiezza della sinusoide d'uscita non è proporzionale all'ampiezza di
quella d'ingresso. Gli amplificatori in classe C sono dunque utilizzabili per amplificare sinusoidi di
ampiezza costante: per esempio un'onda portante in un sistema a radiofrequenza, ma non un segnale
modulato in ampiezza.
Il vantaggio della classe C riguarda il rendimento, generalmente assai elevato, ancora
maggiore che in classe B. Il motivo può essere compreso in termini qualitativi considerando la
dissipazione nel transistore dello schema in figura: quando la tensione d'uscita è elevata, il
dispositivo è interdetto e dunque non dissipa; quando il dispositivo conduce corrente, invece, la
tensione d'uscita, cioè la tensione di collettore, assume i valori più bassi. Di conseguenza il prodotto
vCEiC, che è quello che conta, è sempre o nullo o relativamente basso.
L'esigenza di migliorare il rendimento degli amplificatori di potenza, che assume particolare
rilievo negli apparati di grande e grandissima potenza, ha condotto a introdurre altre classi di
funzionamento oltre a quelle tradizionali di cui si è fatto cenno finora, rivolgendo l'attenzione
proprio a minimizzare la caduta di tensione sui dispositivi quando questi si trovano in conduzione.
Un esempio interessante sono gli amplificatori in classe D, in cui questo concetto viene spinto
all'estremo facendo lavorare i dispositivi come interruttori. Così si ha dissipazione di potenza solo
quando i dispositivi sono accesi, ma essa è comunque molto bassa, essendo data dal prodotto di una
corrente anche molto elevata per una tensione molto bassa, la tensione di saturazione VCEsat.
In questi amplificatori, che hanno rendimenti assai elevati, prossimi all'unità, occorre però
un apposito circuito (modulatore d'impulsi) che provveda a convertire il segnale analogico
d'ingresso nel segnale impulsivo che comanda gli interruttori che ne costituiscono lo stadio finale di
potenza. E occorre anche un circuito di filtraggio, simbolizzato dall'induttore L nello schema in
figura, che riconverta in forma analogica gli impulsi di corrente generati dagli interruttori.
Notiamo infine che amplificatori in classe D sono oggi disponibili in forma integrata e che questa
tecnologia di recente
si è molto affermata
in campo audio.
Segnale di comando e
schema semplificato di un
amplificatore in classe D
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