E’ inevitabile la fuga dei cervelli?
di Francesco Casula*
Il problema dell’emigrazione è stato derubricato dall’agenda politica italiana e sarda.
Come se oramai fosse risolto e consegnato definitivamente al passato. Così invece
non è. Certo non assume più le proporzioni di un secolo fa quando, nei 50 anni che
seguirono l’unità d’Italia (1867-1910), ben nove milioni di persone –di cui il 64%
provenienti dal Meridione- lasciarono l’Italia per emigrare soprattutto negli Stati
Uniti. E neppure l’emigrazione odierna rassomiglia a quella che negli anni ’60,
quando decine di migliaia di giovani sardi abbandonarono i nostri paesi,
desertificandoli, per cercare lavoro e fortuna specie nella Germania.
L’emigrazione sarda odierna, certo più limitata rispetto al passato, riguarda sempre
più laureati, ricercatori, giovani di alta cultura che non potendo mettere a frutto la
loro professionalità in loco sono costretti a emigrare nei paesi europei ed extraeuropei
ad alta intensità di innovazione e di ricerca. E non c’è da meravigliarsi: l’Italia è lo
Stato che investe nella ricerca meno dell’1% del suo prodotto interno lordo! Una
emigrazione che impoverisce la nostra terra privandola spesso delle “eccellenze”
intellettuali.
Cancellata –dicevo- dalle agende del governo italiano come di quello sardo, il
fenomeno dell’emigrazione in molti paesi sardi, ormai annualmente, viene proposto
alla discussione e al confronto delle popolazioni. L’occasione è offerta dal rientro di
molti emigrati, nel mese di Agosto, nei paesi d’origine. Spesso si tratta di iniziative
estremamente interessanti, che non si limitano alla “Festa” ma coinvolgono emigrati
e popolazione in un dibattito sul “pianeta emigrazione”. Va in questa direzione
l’iniziativa voluta soprattutto dal sindaco Vincenzo Demontis e promossa dal
Comune di Escalaplano il 13 Agosto scorso, tesa fra l’altro a far conoscere e
valorizzare le opere artistiche degli escalaplanesi emigrati: particolarmente
interessante a questo proposito una mostra di ceramiche prodotte da alcune donne.
La serata è stata conclusa da un gruppo musicale, “Ateros”, che voglio segnalare per
l’intelligenza dei testi e la gradevolezza della musica. E’ composto da Fabrizio Noli
(voce), Gianni Ballicu (basso), Massimo Ballicu (chitarre), Adamo Pitzanti (tastiere).
Cantano prevalentemente in lingua sarda: cherimus cantare in limba –dicono in una
loro canzone- ca semus de custa terra, de custa terra tinta.
*storico