L’EMIGRAZIONE ITALIANA IN AMERICA di Roberto Carlucci La rilevazione sistematica dell'emigrazione italiana parte dal 1876. E' in quegli anni che il fenomeno cresce. Fino alla prima guerra mondiale lasciano l'Italia oltre 14 milioni di persone. Inizialmente le regioni di partenza sono quelle settentrionali, in primo luogo il Veneto (con un flusso particolarmente massiccio verso il sud del Brasile) ma anche Friuli, Lombardia e Piemonte. Il fenomeno si estende massicciamente al meridione solo nella metà degli anni ottanta in conseguenza dell'aggravarsi della crisi agraria. A sud le regioni più colpite sono Campania Sicilia e Calabria. Tra il 1970 e il 1914 la società italiana ebbe una trasformazione profonda, come è noto, avviandosi ad un progressivo sviluppo industriale e al collegato fenomeno di una massiccia urbanizzazione. E’ in questo contesto che si deve leggere l’emigrazione italiana: il dualismo tra Nord e Sud, il primo inserito a pieno nel panorama europeo industrializzato, il secondo condannato ad un’arretratezza economica, ridotto ad una sorta di mercato coloniale per le industrie settentrionali e caratterizzato ad un’agricoltura latifondiaria. All’industrializzazione del Paese si intrecciava il nodo del rapporto città e campagna: la società urbana cominciava a conoscere una difficile ma sensibile modernizzazione (caduta della mortalità, migliorate condizioni d’igiene); quella rurale invece abbandonata ad una condizione di estrema miseria. Scarsa alimentazione, lavoro pesante, malattie come la pellagra o la malaria affliggevano la popolazione contadina. L’emigrazione può essere letta anche come fuga da queste condizioni di vita, insieme ad una speranza di redenzione che si intrecciarono con i grandi cicli di lotte sindacali che fecero movimento contadino italiano un’esperienza irripetibile nella storia europea. Le partenze dunque seguivano l'andamento della crisi agraria con un primo picco nel 1883, ed un secondo nel 1887 cui segue un momentaneo ma significativo calo che riflette la svolta protezionistica del governo. Numericamente inferiore fu in Italia l'emigrazione per sfuggire a persecuzioni politiche. A parte pochi perseguitati "politici" nel periodo risorgimentale e post-unitario (prima i "liberali" poi gli anarchici ed i socialisti), fu con il fascismo che si registrò un importante esodo motivato dalle persecuzioni politiche e razziali. Anche se non coinvolse i milioni di individui registrati dalle migrazioni degli inizi del secolo, questo fenomeno non fu meno importante per la società italiana, in quanto privò la nazione di una significativa porzione della propria classe dirigente ed intellettuale. Nel secondo dopoguerra ci fu poi l'esodo di italiani in Istria, di fatto espulse dalla Yugoslavia di Tito e l'emigrazione "di ritorno" degli italiani di Libia espulsi da Gheddafi dopo la rivoluzione. Il momento più importante ed atteso per l'emigrante era l'arrivo, le cosiddette stazioni di "ingresso". Il punto di ingresso principale negli Stati Uniti è New York dove dal 1855 era attiva la stazione di ricevimento e sosta di Castel Garden (che era stata prima una fortezza e successivamente un teatro). Castel Garden chiuse nel 1890, anche a seguito di polemiche su presunte truffe ai danni degli immigrati. Il 1° Gennaio 1892 apre il primo nucleo di Ellis Island. Il sole picchiava sul tetto di legno. I finestrini laterali erano bloccati. In piedi, non potevamo muoverci di un centimetro. I bambini piangevano ininterrottamente ed il nervosismo cresceva. Appena la nave attraccava ai moli sul fiume Hudson, ai passeggeri veniva ordinato di raccogliere i propri bagagli e di raccogliersi sul ponte per l'appello. Ognuno portava cucito sugli abiti un cartellino con un numero corrispondente al libro mastro dei passeggeri. Secondo questa numerazione gli emigranti venivano trasferiti sui traghetti che li avrebbero portati a Ellis Island. Questi traghetti, noleggiati dalle compagnie di navigazione, erano di solito sovraffollati. Alla fine i passeggeri erano fatti scendere da ispettori che urlavano ordini in molte lingue diverse, messi in fila e fatti entrare nell'edificio principale (dal 1900 un nuovo edificio in muratura sostituì la struttura originaria in legno, bruciata nel 1897). Appesantiti da bagagli di tutti i tipi e spesso trascinandosi dietro uno o più bambini gli immigranti iniziavano la fase decisiva del loro viaggio.Dentro l'edificio potevano lasciare i bagagli presso il deposito che occupava quasi interamente il pian terreno ma molti, temendo di perderli, insistevano nel tirarsi dietro tutti i loro averi durante l'intero processo di ispezione. Gli esami iniziavano immediatamente. In cima alle scale degli ispettori osservavano chi saliva per identificare chi aveva problemi di deambulazione o mostrava segni di affaticamento che potessero segnalare problemi cardiaci. Gli immigrati ad ogni passo mostravano la scheda sanitaria che veniva timbrata ed annotata. Appena dentro la sala dei registri un altro dottore verificava il candidato da testa a piedi in cerca di sintomi di malattie e deformità. I sospetti venivano marchiati con il gesso sugli abiti utilizzando segni convenzionali. I "marchiati" venivano esclusi dal flusso principale ed inviati in un'altra stanza per un esame più approfondito. In questi casi spesso venivano a separarsi dei nuclei familiari. La natura "industriale" del processo e le difficoltà linguistiche facevano sì che non fossero date troppe spiegazioni. Le visite iniziali avevano il solo scopo di individuare chi doveva essere trattenuto per ulteriori controlli, e duravano da due o tre minuti. Poi gli immigrati sedevano sulle panche nella sala dei registri in attesa del colloquio. Erano divisi secondo il numero di sbarco che corrispondeva al numero del registro passeggeri. Accanto agli ispettori vi erano interpreti nelle principali lingue e dialetti. Nome, luogo di nascita, stato civile, luogo di destinazione, disponibilità di denaro, professione, precedenti penali. La legge sul lavoro straniero del 1885, appoggiata dai sindacati, escludeva gli immigrati che erano giunti dall'estero con un contratto di lavoro. Questo doveva proteggere i salari americani dalla concorrenza di manodopera a basso costo proveniente dall'estero. Spesso questa legge veniva applicata anche a chi diceva di recarsi a lavorare presso parenti e amici. Occorreva dimostrare di essere in condizioni di lavorare e di mantenersi, ma non di avere un lavoro già pronto. Nel corso degli anni le leggi ed i regolamenti dell'immigrazione divennero sempre più severi. Aumentò l’elenco delle malattie che determinavano l'esclusione. Già nel 1907 non furono più ammessi bambini sotto i 16 anni non accompagnati dai genitori. Ma fu l’'Immigration Act del 1917 che portò i cambiamenti più significativi: furono individuati trenta motivi di espulsione, fu reso obbligatorio un esame medico completo per tutti, fu introdotto un test di alfabetizzazione per tutti i maggiori di 16 anni. Per la maggior parte degli emigranti l'esperienza di Ellis Island durava 4 o 5 ore. Ricevevano alla fine il permesso allo sbarco e venivano indirizzati verso il molo del traghetto per New York o verso la biglietteria ferroviaria. Altrimenti, se giudicati inidonei, venivano reimbarcati. Fine del viaggio.