LO SPORT E LA TERZA ETA' L'importanza di praticare attività fisica nella terza età trova le sue ragioni di essere in due punti: togliere le persone anziane dall'isolamento; permettere loro di conservare o di acquisire una buona forma fisica. Per quanto concerne il primo punto è sufficiente intrattenerli in giochi collettivi con un buon spirito di animazione, senza impegnarli in sforzi fisici importanti. Ma ovviamente noi siamo soprattutto interessati al secondo punto, in quanto è noto che con un allenamento ben condotto si può ottenere un risultato su varie funzioni organiche diametralmente opposto a quello che sulle stesse esercita l'invecchiamento. Se una persona anziana si allena con una certa regolarità, potrà almeno in parte cancellare l'influenza negativa dell'invecchiamento. Basti pensare, a questo riguardo, che cosa riescono a fare i masters, continuando a svolgere una regolare attività fisica, sia su distanze brevi che coinvolgono quasi esclusivamente le doti anaerobiche, sia sulle distanze lunghe con caratteristiche prettamente aerobiche. Ricordiamo inoltre contadini e montanari che, al di là del limite della pensionabilità, continuano a svolgere regolarmente attività fisica, mantenendo un livello di efficienza organica nettamente superiore ai loro coetanei non più regolarmente attivi Per poter impostare una corretta forma di attività fisica, è necessario conoscere alcuni aspetti fisiologici fondamentali dell'invecchiamento. Muscoli Con l'invecchiamento la massa muscolare diminuisce. Questa modificazione legata all'atrofia muscolare può esser dissimulata dall'aumento della massa grassa e del tessuto connettivo. L'insieme dei dati della letteratura dimostra che nella popolazione clinicamente sana di maschi e femmine con età dai 20 ai 70 anni, non vi sono differenze significative nella composizione relativa in fibre ST ed FT nel vasto laterale con l'età. I valori medi rilevati per quanto riguarda le fibre di tipo ST sono pari al 50-60%. Solo dopo i 75 anni si verifica una riduzione della percentuale di fibre FTb. Le variazioni maggiori che avvengono nel muscolo con l'età, soprattutto dopo i 60 anni, consistono in una riduzione dell'area della fibra ed in una perdita del numero totale di fibre muscolari. Si riduce inoltre il contenuto di fosfageno e di glicogeno muscolare insieme ad una riduzione del volume mitocondriale. A questo può accompagnarsi una riduzione in senso assoluto dell'attività enzimatica. Studi elettrofisiologici ed istologici hanno evidenziato nel muscolo dell'anziano un processo progressivo di denervazione e reinnervazione con complessivamente una riduzione del numero di unità motorie funzionanti. Le variazioni muscolari nell'anziano sembrerebbero più di tipo quantitativo che qualitativo. Infatti sia la forza isometrica che la forza dinamica presentano un comportamento analogo con il passare dell'età. Dopo un picco tra i 20 e i 30 anni ed una certa stabilizzazione sino ai 45-50 anni la forza muscolare sia isometrica che dinamica decresce progressivamente e la riduzione a 65 anni è percentualmente uguale per tutti e due i tipi di contrazioni. A parità di forza percentuale rispetto alla massima il muscolo dell'anziano ha una capacità di endurance muscolare sia dinamica che isometrica maggiore rispetto a soggetti più giovani. Infatti se si fanno ripetere nel tempo contrazioni dinamiche massimali a intervalli di qualche secondo negli anziani si ha una minore riduzione di forza con il proseguire delle contrazioni oppure se si fa sostenere ad un soggetto una contrazione isometrica continua pari al 50% della forza massima, l'anziano sarà in grado di mantenerla per un tempo maggiore. Naturalmente in senso assoluto la capacità di endurance muscolare è maggiore nel giovane perché è maggiore la sua forza massima. La velocità massima di estensione del ginocchio si riduce alquanto con l'età. Una correlazione statisticamente significativa esiste tra questa velocità e la percentuale di fibre FTb. Tuttavia le variazioni di velocità sono meno pronunciate rispetto alle variazioni di forza. Questo fatto supporta l'ipotesi che la velocità massima di contrazione dipende più dalla qualità del muscolo che non dalla quantità e la riduzione riscontrata può essere in relazione al fenomeno generale di riduzione della velocità di conduzione nervoso. Sistema nervoso Per poter impostare una corretta forma di attività fisica, è necessario conoscere alcuni aspetti fisiologici fondamentali dell'invecchiamento. Il sistema nervoso subisce con il passare degli anni una involuzione determinata dall'atrofia del tessuto nobile, della nevroglia e della mielina che si accompagna in periferia alla atrofia dei fusi neuromuscolari. Le cellule nervose sono cellule postmitotiche che non sono più in grado di riprodursi. Quindi la perdita di una cellula è una perdita definitiva. Le cellule attive hanno però la capacità di determinare una ipertrofia dei tronchi dendritici ed un aumento del numero delle spine e delle arborizzazioni cioè hanno la capacità di compensare la perdita di altre cellule. In particolare a livello muscolare è possibile una arborizzazione sia terminale che collaterale della placca neuro-muscolare (sprouting) e questo spiega la reinnervazione riscontrabile a livello delle fibre muscolari. Questo fenomeno, che è stimolato dall'attività fisica e dall'allenamento, è presente nel soggetto anziano con variazioni individuali. La riduzione della velocità di conduzione nervosa spiega solo in parte la riduzione dei tempi di reazione specie di quelli più complessi che dipende anche dall'attività del nervo motore e dalla maggior rigidità articolare. La velocità del comando motorio risulta ridursi del 20-30% a 60 anni rispetto all'età giovanile. Tutte queste variazioni unite ai deficit sensoriali spiegano la riduzione della coordinazione e soprattutto la difficoltà dell'anziano all'apprendimento di gesti sportivi particolarmente complessi. Ossa ed articolazioni Fenomeno comune nell'età avanzata è l'osteoporosi, termine con cui si indica la riduzione di concentrazione di minerali a livello del tessuto osseo. Questo ha per conseguenza l'aumento della fragilità ossea che più facilmente può dare origine a fratture. L'osteoporosi è conseguente a problemi di alimentazione deficitaria, variazioni ormonali e riduzione dell'attività fisica. Dagli Atti del Convegno della Fondazione AILA (Associazione Italiana Lotta Artrosi e Osteoporosi) risulta che nel 2004 una persona su tre avrà più di 65 anni e nei paesi dell'Unione Europea il numero di fratture femorali salirà a 972 mila dalle 414 mila attuali. Colpa dell'osteoporosi , aggravata dalla sedentarietà e da stili di vita scorretti. Nel corso del convegno svoltosi a Roma il 24 giugno 1997:" Osteoporosi: una piaga sociale" in occasione della "Giornata mondiale dell'osteoporosi" è stato affermato che il costo sociale dell'osteoporosi in Italia ammonta a 1000 miliardi di lire all'anno di cui 600 per i soli ricoveri ospedalieri. Ogni anno sono 40 mila le fratture del femore, 70 mila quelle del polso e 80 mila quelle vertebrali imputabili all'osteoporosi, mentre il costo delle cure a carico delle famiglie è di 2000 miliardi annui. L'osteoporosi colpisce in Italia quasi un terzo delle donne sopra i 50 anni ed è responsabile in circa il 50% delle donne sopra i 65 di gravi fratture ossee. Si pensi che a Torino, in base ai dati statistici di settembre 1999, le donne con più di 65 anni sono 109746 ed i maschi 70331 per un totale di 180.077 pari al 26,94% della popolazione. Il rapporto donna/uomo è di 1,5:1 per le fratture di Colles, 7:1 per le fratture vertebrali e di 2:1 per le fratture dell'anca. Negli ultimi 10 anni numerosi sono i lavori, specie anglosassoni, che hanno documentato come una scarsa attività fisica possa determinare un decremento della massa ossea e soprattutto l'importante ruolo che l'esercizio fisico ha sulla prevenzione e trattamento dell'osteoporosi. Si ricorda che l'osteoporosi è un'affezione scheletrica caratterizzata da una diminuizione della massa ossea e da un rimaneggiamento architetturale del tessuto osseo. La prevenzione della perdita di sostanza ossea è la migliore difesa contro l'osteoporosi in entrambi i sessi. Uno studio longitudinale di Welthon protratto per 15 anni ha messo in evidenza l'importanza dell'attività fisica regolare con sovraccarichi ed un normale peso corporeo nell'adolescenza e nella giovinezza per ottenere un più elevato picco di massa ossea lombare. Infatti maggiore è il picco di massa ossea raggiunto in età giovanile minori saranno i rischi di osteoporosi nella terza età. Una conclusione che si ricava da numerose ricerche è che l'intensità del carico sullo scheletro sembra essere il fattore determinante per il mantenimento ed il miglioramento del benessere per lo scheletro stesso. Particolare attenzione deve essere posta alla intensità, frequenza e durata del programma dell'allenamento. L'esercizio fisico svolto regolarmente permette di migliorare l'equilibrio, la coordinazione e di rafforzare la muscolatura riducendo i rischi di cadute e la conseguente possibilità di fratture, con un miglioramento globale della qualità della vita indipendente per un maggior numero di anni. Per quanto concerne le articolazioni, con l'invecchiamento si ha un'usura progressiva della cartilagine articolare con fissazione di calcio a livello della stessa e dei legamenti, fenomeni caratteristici del quadro artrosico. Queste alterazioni hanno per conseguenza una riduzione della mobilità articolare. Le modeste limitazioni funzionari articolari non debbono però spingere il soggetto a ridurre ulteriormente la propria attività fisica, riduzione che determinerebbe un ulteriore decadimento della funzionalità sia articolare, sia muscolare. La ginnastica di mobilizzazione in scarico risulta essere il mezzo migliore nella terapia dell'artrosi. Per quanto riguarda l'attività sportiva, tenuto conto che l'artrosi interessa soprattutto la colonna, le articolazioni coxo-femorali, le ginocchia e le caviglie, saranno consigliabili attività " in scarico " quali nuoto e ciclismo. Apparato cardiocircolatorio Con l'invecchiamento si ha una riduzione della capacità contrattile del miocardio per cui si ha una riduzione della gittata sistolica ed una riduzione della frequenza cardiaca massima. A livello vascolare i processi di aterosclerosi determinano una riduzione dell'elasticità con aumento delle resistenze periferiche e quindi della pressione arteriosa. Per queste ragioni il cuore a parità di frequenza cardiaca rispetto ad un giovane non solo manda in periferia meno sangue al minuto ma è costretto a lavorare di più. La riduzione della performance cardiocircolatoria associata alle variazioni metaboliche e funzionari e di vascolarizzazione dei muscoli scheletrici determinano la riduzione del massimo consumo di ossigeno con l'età, in media del 38% a 65 anni rispetto a 20 anni. La riduzione risulta ancora più evidente in coloro che avendo fatto sport aerobici a livello agonistico in età giovanile hanno successivamente sospeso ogni forma di attività, mentre è minore per coloro che hanno iniziato a praticare una attività fisica di endurance regolarmente dopo la maturità. Apparato respiratorio La ridotta funzionalità ventilatoria con l'età è conseguente sia ad una perdita dell'efficienza meccanica ventilatoria che ad un ridotto scambio gassoso a livello alveolo-capillare. La prima determina una riduzione della ventilazione massima, con riduzione sia della frequenza ventilatoria massima che dell'ampiezza degli atti respiratori, a causa sia dell'irrigidimento della gabbia toracica che della ridotta efficienza della muscolatura respiratoria. Fra i 20 ed i 65 anni risulta in media una riduzione del 35% della ventilazione massima. La riduzione degli scambi gassosi è testimoniata dalla riduzione della pressione parziale di ossigeno a livello arterioso che passa da 100 mmHg a 20 anni a 75 mmHg a 70 anni. Soggetti di 70 anni che si allenano da due a quattro volte alla settimana per 30-40 minuti ogni volta svolgendo attività di fondo, presentano valori superiori del 15% rispetto a sedentari di pari età della capacità vitale, del VEMS e dei picco di flusso espiratorio. L'ALLENAMENTO E LA TERZA ETA In base a tutte le considerazioni sinora fatte può risultare evidente l'utilità dell'esercizio fisico nell'anziano. Gli obiettivi prioritari debbono essere quelli del miglioramento della mobilità articolare, della efficienza muscolare e delle capacità aerobiche. Per quanto riguarda la possibilità di migliorare la mobilità articolare, secondo la nostra esperienza un'attività fisica adeguata può portare ad un miglioramento in soggetti dai 60 ai 75 anni di entrambi i sessi del 25-30%. Questo programma deve comprendere esercizi di mobilizzazione lenta associata a stretching statico regolarmente ripetuti almeno due volte alla settimana. Anche la forza muscolare può aumentare con l'allenamento dal 6 al 50%, secondo la tecnica utilizzata, l'impegno volontario e la durata e frequenza delle sedute. Le capacità aerobiche nei soggetti oltre i 55 anni possono migliorare dal 5% al 30% a seconda dei carichi di lavoro utilizzati ed alla durata dell'allenamento. I miglioramenti maggiori si hanno per soggetti con un'età media di 65 anni, per una frequenza cardiaca di lavoro tra i 130-150 batt/min mantenute per almeno 30 min per seduta. Miglioramenti anche se meno evidenti si possono ottenere mantenendo frequenze attorno ai 105-115 batt/min per circa 20 minuti per seduta. E' però necessario che il soggetto, sia all'inizio che quando è già adattato, si alleni con regolarità con almeno due sedute alla settimana. I carichi debbono essere progressivamente crescenti e l'intensità, anche se per brevi periodi, deve essere allenante. Occorre pure ricordare che è sufficiente una interruzione di due settimane per avere regressioni ricuperabili però con una regolare ripresa dell'attività. Particolare importanza dovrà essere data alla fase di riscaldamento ed al periodo di recupero. Poiché le capacità di recupero sono minori, l'anziano dovrà rispettare tempi di recupero più importanti rispetto ad un giovane, specialmente in caso di sedute particolarmente impegnative come intensità e durata. In particolare, è opportuno evitare confronti diretti con soggetti più giovani, ad esempio con i nipoti sulle piste di sci, come sovente si vede fare. Per gli ex sportivi che decidano di riprendere l'attività, è opportuno ripartire da zero al fine di evitare soprattutto danni ai tendini ed ai muscoli. Importante è nella terza età qualora si voglia praticare regolarmente un'attività fisica sottoporsi prima di iniziarla ad una accurata valutazione del grado di efficienza dei vari apparati al fine di evitare che questa pratica si risolva in un danno per l'organismo. Bibliografia EASON R.L., SMITH T.L., CARON F.: Adapted physical activity, Human Kinetics Publ., Champaign (III.), 1983. 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