Enrico Del Bianco KANT, il problema della conoscenza. Considerazioni introduttive Critica a razionalismo ed empirismo Il razionalismo metafisico di Cartesio e Leibniz e l’empirismo di Locke e Hume, nonostante l’evidente differenza nel concepire le modalità del processo conoscitivo, hanno in comune il criterio con cui giudicano il valore oggettivo della conoscenza umana: la corrispondenza tra idee e cose. Per Cartesio la conoscenza è conoscenza di idee (rappresentazioni mentali) e non di cose, la corrispondenza tra i due piani e garantita da Dio che è verace; Leibniz, nel contesto della sua monadologia, si riferisce all’armonia prestabilita da Dio. In ogni caso è l’intervento di chi per definizione può risolvere il problema (Dio) che risolve effettivamente il problema. Questa è quella che Kant chiama soluzione dogmatica. Hume risolve il problema……non risolvendolo, per lui le nostre idee rimandano a impressioni soggettive e non si può chiamare in causa alcun deus ex machina per garantire una qualche oggettività ai prodotti di un’esperienza per sua natura radicalmente soggettiva, di qui l’esito che Kant definisce scettico. Per Cartesio e per Hume, nonostante le differenze, l’oggettività della conoscenza consiste nel suo corrispondere agli oggetti a noi esterni. Dunque la filosofia moderna alla scienza, figlia della rivoluzione scientifica del ‘500-‘600, assicura due prospettive che, in entrambi casi, non danno ragione dei notevoli risultati ottenuti soprattutto dalla fisica settecentesca. E’ possibile concepire diversamente l’oggettività della conoscenza? Razionalismo ed empirismo costituiscono gli unici modi di concepire il processo conoscitivo umano? Rivoluzione copernicana La soluzione di Kant consiste in un rivolgimento “copernicano”, ovvero nello scambiare di posto i due protagonisti del processo conoscitivo. Per le prospettive filosofiche precedenti “ogni nostra conoscenza deve regolarsi sugli oggetti”; per Kant sono gli oggetti a doversi regolare sulla nostra conoscenza”. Dunque il soggetto umano non deve mostrarsi adeguato a riprodurre un mondo già dato nella sua razionalità, ma anzi deve saper riconoscere il proprio ruolo nel costituire la realtà fenomenica organizzando il materiale proveniente dall’esperienza tramite le forme a priori che gli appartengono. La Ragione umana è chiamata a criticare se stessa, cioè a giudicare del proprio ruolo nella conoscenza e dei risultati possibili in termini di oggettività intesa come universalità e necessità. Insomma, che cosa possiamo conoscere in modo universale e necessario, accrescendo contemporaneamente il nostro bagaglio conoscitivo? Giudizi conoscitivi “7+5=12” oppure “il riscaldamento globale è causato dall’emissione di anidride carbonica” sono sicuramente giudizi che consideriamo di valore scientifico. Per Kant la loro scientificità è data dal fatto che essi accrescono la nostra conoscenza in modo universale e necessario. “12” non è contenuto nel concetto di somma di 7 e 5, dunque, compiuta l’operazione, ne sappiamo più di prima; l’operazione è compiuta utilizzando una delle strutture a priori della nostra sensibilità: il tempo. Nel linguaggio di Kant ho sintetizzato due contenuti utilizzando una forma a priori della mente. Il concetto di riscaldamento globale non è deducibile da quello di emissione di anidride carbonica: è l’esperienza che ci ha fatto conoscere un fatto che prima non potevamo nemmeno immaginare. La connessione tra i due contenuti empirici è compiuta dall’intelletto attraverso una sua struttura a priori comune a tutti gli uomini: la causalità. Dunque i giudizi scientifici sono “sintetici a priori”, la sintesi del materiale empirico è effettuata grazie a strutture non empiriche; a priori, ovvero, trascendentali. I giudizi della scienza non sono né sintetici a posteriori ( una sintesi puramente empirica e quindi soggettiva), né analitici a priori (frutto di un’analisi di concetti già conosciuti e quindi incapace di accrescere il patrimonio conoscitivo). Trascendentale La nostra mente non possiede contenuti innati, ma non è neppure un foglio bianco come sosteneva Locke. Essa è caratterizzata da una struttura: un insieme di strumenti con cui compie le sue operazioni conoscitive. Tali strutture o forme a priori costituiscono il trascendentale ovvero sono trascendentali. Trascendentale è ciò che non ha un’origine empirica, non è frutto di ripetute esperienze, ma non è neppure trascendente in quanto il suo uso è legittimo solo nell’ambito dell’esperienza stessa. Insomma trascendentali sono quegli strumenti conoscitivi, in dotazione alla nostra specie, funzionali solo all’organizzazione di ciò che ricaviamo con la nostra esperienza sensibile.