L'Estetica trascendentale ( Abbagnano)
La teoria dello spazio e del tempo
Nell'Estetica Kant studia la sensibilità e le sue forme a priori. Kant considera la sensibilità
«recettiva» perché essa non genera i propri contenuti ma li accoglie, per intuizione (cfr. il
Glossario), dalla realtà esterna o dall'esperienza interna. Tuttavia la sensibilità non è soltanto
recettiva, ma anche attiva, in quanto organizza il materiale delle sensazioni (= le intuizioni
empiriche) tramite lo spazio ed il tempo, che costituiscono le forme a priori (= le intuizioni pure)
della sensibilità.
Lo spazio è la forma del senso esterno, cioè quella «rappresentazione a priori, necessaria, che sta a
fondamento di tutte le intuizioni esterne» (C.R.P., B 38) e del disporsi delle cose «l'una accanto
all'altra» (C.R.P., B 43). Il tempo è la forma del senso interno, cioè quella rappresentazione a priori
che sta a fondamento dei nostri stati interni e del loro disporsi l'uno dopo l'altro, ovvero secondo un
ordine di successione. Tuttavia, poiché è unicamente attraverso il senso interno che ci giungono i
dati del senso esterno, il tempo si configura anche, indirettamente, come la forma del senso esterno,
cioè come la maniera universale attraverso la quale percepiamo tutti gli oggetti. Per cui, se non ogni
cosa è nello spazio, ad esempio i sentimenti, ogni cosa è però nel tempo, in quanto «tutti i fenomeni
in generale, ossia tutti gli oggetti dei sensi, cadono nel tempo» (C.R.P., B 51).
Kant giustifica l'apriorità dello spazio e del tempo sia con argomenti teorici generali (nella
cosiddetta «esposizione metafisica») sia con argomenti tratti dalla considerazione delle scienze
matematiche (nella cosiddetta «esposizione trascendentale»). Nella «esposizione metafisica», Kant
fa emergere il proprio punto di vista confutando sia la visione empiristica, che considerava spazio e
tempo come nozioni tratte dall'esperienza (Locke), sia la visione oggettivistica, che considerava
spazio e tempo come entità a sé stanti o recipienti vuoti (Newton), sia la visione concettualistica,
che considerava spazio e tempo come concetti esprimenti i rapporti fra le cose (Leibniz). Contro
l'interpretazione empiristica. Kant afferma che spazio e tempo non possono derivare dall'esperienza,
poiché per fare un'esperienza qualsiasi dobbiamo già presupporre le rappresentazioni originarie di
spazio e di tempo. Contro l'interpretazione oggettivistica, Kant sostiene che qualora spazio e tempo
fossero davvero dei recipienti vuoti, ossia degli assoluti a sé stanti, essi dovrebbero continuare ad
esistere anche nell'ipotesi che in essi non vi fossero oggetti. Ma come fare a concepire «qualcosa
che, senza un oggetto reale, sarebbe tuttavia reale»? C.R.P., B 49). In verità, puntualizza Kant,
spazio e tempo non sono dei contenitori in cui si trovano gli oggetti - poiché in tal caso, come si è
appena visto, sarebbe difficile concepire la loro esistenza autonoma - bensì dei quadri mentali a
priori entro cui connettiamo i dati fenomenici. Come tali, essi, pur essendo «ideali» o «soggettivi»
rispetto alle cose in se stesse, sono tuttavia «reali» ed «oggettivi» rispetto all'esperienza, ossia alle
cose quali appaiono fenomenicamente (nell'ipotesi che noi portassimo sempre delle lenti azzurre,
tale colore, per noi, sarebbe altrettanto «reale» dei vari oggetti). Per questo motivo, Kant parla di
«idealità trascendentale» e di «realtà empirica» dello spazio e del tempo.
Infine, contro l'interpretazione concettualistica. Kant afferma che spazio e tempo non possono venir
riguardati alla stregua di concetti, in quanto essi hanno una natura intuitiva e non discorsiva, perché
noi, ad es., non astraiamo il concetto di spazio dalla constatazione dei vari spazi (come il concetto di
cavallo dai vari cavalli) ma intuiamo i vari spazi come parti di un unico spazio, presupponendo in
tal modo la rappresentazione originaria di spazio, che risulta quindi una intuizione pura o a priori.
Pur rifiutando l'oggettivismo di Newton, cioè la sua concezione dello spazio e del tempo come delle
realtà (ontologiche) a sé stanti. Kant si avvicina allo scienziato inglese per la sua dottrina dello
spazio e del tempo come coordinate assolute dei fenomeni. Assolutezza che egli ha cercato di
giustificare su base soggettivistico-trascendentale, ossia facendo, di esse, delle condizioni a priori
del conoscere.
La fondazione kantiana della matematica
Nella «esposizione trascendentale» Kant giustifica ulteriormente l'apriorità dello spazio e del tempo
mediante talune considerazioni epistemologiche sulla matematica, volte ad una fondazione
filosofica della medesima. Kant vede nella geometria e nell'aritmetica delle scienze sintetiche a
priori per eccellenza. Sintetiche (e non analitiche) in quanto ampliano le nostre conoscenze
mediante costruzioni mentali che vanno oltre il già noto. Ad esempio, la proposizione 7 + 5 = 12,
osserva Kant, è sintetica in quanto il risultato 12 viene aggiunto tramite l'operazione del sommare e
non può quindi esser ricavato per via puramente analitica (ciò risulta evidente se si prendono in
esame cifre più alte: ad esempio la semplice analisi mentale dei concetti aritmetici 62.525 + 48.734
non può affatto suggerirci il loro risultato, che occorre invece far scaturire sinteticamente mediante
un calcolo, il quale soltanto ci fa scoprire che la somma dei suoi addendi è il 111.259). Inoltre, le
matematiche sono a priori (e non a posteriori) in quanto i teoremi geometrici ed aritmetici — come
insegna una tradizione di pensiero che va da Platone a Hume — valgono indipendentemente
dall'esperienza.
Qual è, allora, il punto di appoggio delle costruzioni sintetiche a priori delle matematiche? Kant non
ha dubbi che esso risieda nelle intuizioni di spazio e di tempo. Infatti la geometria è la scienza che
dimostra sinteticamente a priori le proprietà delle figure mediante l'intuizione pura di spazio,
stabilendo ad esempio, senza ricorrere all'esperienza del mondo esterno, che fra le infinite linee che
uniscono due punti la più breve è la retta, che due parallele non chiudono uno spazio, che in una
circonferenza il raggio è minore del diametro ecc. Analogamente, l'aritmetica è la scienza che
determina sinteticamente a priori la proprietà delle serie numeriche, basandosi sull'intuizione pura
di tempo e di successione, senza la quale lo stesso concetto di numero non sarebbe mai sorto. In
quanto a priori, la matematica è anche universale e necessaria, immutabilmente valida per tutte le
menti pensanti.
Per quale ragione, allora, le matematiche, pur essendo una costruzione della nostra mente, valgono
anche per la natura? Anzi, perché tramite esse siamo addirittura in grado di fissare anticipatamente
delle proprietà che in seguito riscontriamo nell'ordine fattuale delle cose? Che cosa garantisce
questa stupefacente coincidenza, su cui fa leva la fisica? A questi interrogativi di filosofia della
scienza, Galileo, sulla base della sua epistemologia realistica, aveva risposto sostanzialmente che
Dio, creando, geometrizza, postulando in tal modo una struttura ontologica di tipo matematico.
Kant, avendo dichiarato inconoscibile la cosa in sé, non poteva certo presupporre simili «armonie
prestabilite». Escludendo ogni garanzia di tipo metafisico e teologico, egli afferma invece che le
matematiche possono venir proficuamente applicate agli oggetti dell'esperienza fenomenica poiché
quest'ultima, essendo intuita nello spazio e nel tempo - che sono anche i cardini della matematica possiede già, di per sé, una configurazione geometrica ed aritmetica. In altre parole, se la forma a
priori di spazio con cui ordiniamo la realtà è di tipo euclideo, risulta evidente che i teoremi della
geometria di Euclide varranno anche per l'intero mondo fenomenico.
Non sono ricavate
Le intuizioni pure di
Spazio (=
Tali
dall'esperienza
spazio e di tempo
forma del
forme
(empirismo)
sono il punto di
senso esterno
Le forme a
appoggio delle
priori della
costruzioni
sintetiche
Non sono entità a
sensibilità
a priori delle
sé stanti (Newton)
sono
matematiche
Tempo (=
forma del
senso
interno)
Non sono concetti
di rapporti tra
cose (Leibniz)
Poiché la realtà esterna ci è data attraverso la realtà interna, il tempo è la forma universale dei
fenomeni