CAPITOLO 9
Religione politica e storia
Nell’opera La religione nei limiti della semplice ragione Kant affronta il problema della natura dell’uomo. La
natura dell’uomo deve consistere nella libertà e in questa libertà deve radicarsi l’inclinazione al male.
L’affermazione l’uomo è malvagio per natura significa che egli, pur avendo coscienza della legge morale ha
adottato la massima di allontanarsi all’occasione da essa. In questa massima risiede dunque il male radicale: un
male che non può essere distrutto, perché la distruzione dovrebbe essere l’opera delle buone massime, il che è
impossibile se tutte le massime sono corrotte dalla massima che prevede la loro infrazione. L’uomo è
responsabile della sua inclinazione al male, questa è un atto libero che gli deve essere imputato come un
peccato.
Kant parla di una religione per la quale l’unico culto è la vita morale, Dio non può essere pregato se non con
l’azione morale.
Per ciò che riguarda il concetto di storia Kant condivide il punto di vista illuministico sulla civiltà come sforzo
verso una società umana universale e cosmopolitica, nell’opera Per la pace perpetua Kant riconosce le
condizioni per la pace nel diritto cosmopolitico, cioè nel diritto di uno straniero di non essere trattato da nemico
nel territorio di un altro stato. Kant non ritiene che la storia degli uomini si sviluppi secondo un piano
preordinato e infallibile. Un piano della storia umana non è una realtà, ma un ideale orientativo al quale gli
uomini debbono ispirare le loro azioni.
La tendenza naturale dell’uomo è quella di raggiungere la felicità o la perfezione attraverso l’uso della
ragione, cioè attraverso la libertà, e l’uomo può raggiungerle veramente soltanto in una società politica
universale nella quale la libertà di ognuno non trovi altro limite che la libertà degli altri.
La ragione secondo Kant è una forza limitata, ma tuttavia la sola su cui l’uomo può contare. Ogni tentativo di
evadere dalla ragione e dai suoi limiti è illusorio.
© Federico Ferranti
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