LA STRATIFICAZIONE SOCIALE Che cos’è la stratificazione sociale? E lo strato? Il termine “stratificazione” è generalmente utilizzato dai geologi per indicare gli strati di terra e roccia sedimentati che formano la superficie della terra. Riprendendo il termine, i sociologi utilizzano l’espressione “stratificazione sociale”, riferendosi alle disuguaglianze strutturali presenti nella società: gli individui, infatti, non occupano tutti la stessa posizione sociale, ma alcuni, nella gerarchia sociale, sono in una posizione più bassa e altri in una posizione più in alto. Lo “strato”, quindi, è un insieme di individui che possiedono la stessa quantità di risorse materiali e occupano la stessa posizione di potere. Uno strato è diseguale ad un altro in base a diverse categorie: - alla classe, cioè la situazione di lavoro e di mercato basata sui rapporti economici. Questa influisce sulla sicurezza economica (cioè il rischio di diventare disoccupati) e sulla stabilità economica (cioè la costanza con cui si percepisce un reddito e le prospettive future di carriera); - al ceto, cioè l’ordine gerarchico basato sui titoli nobiliari (per es. nobili, aristocratici, ecc... ); - alla casta (per es. le caste in India, un ‘gruppo chiuso’ al quale si appartiene per nascita); - al genere (per es. la distinzione tra uomo e donna); - all’età (per es. i maggiorenni hanno più diritti dei minorenni, come il diritto di voto alle elezioni, ecc...); - all’etnia (per es. la distinzione tra bianchi e neri, locali e immigrati, ecc.). Nella nostra società, le categorie utilizzate più spesso sono: - l’etnia; - l’età; - il genere; - il ceto. In particolare, dopo la Rivoluzione Francese e la costituzione della Repubblica, il termine “status socio-economico” ha integrato insieme “ceto” e “classe”; alcuni sociologi contemporanei, però, ritengono che il ceto sia una categoria ancora valida per indicare un insieme di individui che condivide gli stessi consumi culturali. La stratificazione sociale è caratterizzata da 2 aspetti principali: 1- l’aspetto distributivo, che consiste nelle risorse materiali (per es. soldi, beni, ricchezze,ecc...) e simboliche (per es. prestigio, cultura, competenza, popolarità, credibilità, ecc...) detenute da un individuo o da gruppi di individui. 2- l’aspetto relazionale, che consiste nei rapporti di potere tra gli individui. I CRITERI E GLI SCHEMI DI CLASSIFICAZIONE DELLA STRATIFICAZIONE SOCIALE: SYLOS LABINI E GOLDTHORPE In base a quali criteri si individuano le classi in una società? Quali sono le classi? Paolo Sylos Labini, sociologo italiano, usa come criterio di classificazione delle classi il tipo di reddito percepito da un individuo; e, distingue tre tipi di reddito: 1- la rendita, percepita dai proprietari fondiari; 2- il profitto, percepito dai capitalisti agrari, industriali o commerciali; 3- il salario, percepito dagli operai. Questi redditi, secondo Sylos Labini, possono anche combinarsi tra loro (reddito misto) In base al reddito, Sylos Labini ha costruito uno schema a 5 classi: 1- la borghesia, formata dai grandi proprietari, dagli imprenditori e dai professionisti (per es. gli avvocati, i medici, ecc...); 2- la piccola borghesia relativamente autonoma (per es. i coltivatori, gli artigiani, ecc...); 3- la classe media impiegatizia (per es. gli impiegati negli sportelli del comune,ecc...); 4- la classe operaia; 5- il sottoproletariato, formato da individui che non percepiscono né rendite, né stipendi (per es. i disoccupati). John Goldthorpe, sociologo inglese, introdusse 2 criteri di classificazione: 1- la situazione di lavoro, definita dalla posizione nella gerarchia organizzativa. In base alle relazioni sociali, individua: a) gli imprenditori, b) i lavoratori autonomi senza dipendenti, c) i lavoratori dipendenti. 2- la situazione di mercato, che prevede vantaggi o svantaggi, materiali o simbolici, di cui godono i titolari dei vari ruoli. In base alla situazione di lavoro e di mercato, nel suo schema Goldthorpe distinse 7 classi: 1- i grandi imprenditori, i professionisti e i dirigenti di livello superiore; 2- i professionisti e i dirigenti di livello inferiore (per es. i dirigenti scolastici, ecc...); 3- gli addetti alle vendite, gli impiegati (per es. i commessi, gli impiegati,ecc...); 4- la piccola borghesia urbana e agricola (per es. gli artigiani, i commercianti, ecc...); 5- i supervisori di lavori manuali, i tecnici di livello inferiore (per es. chi controlla il lavoro, da’ indicazioni, ecc...); 6- gli operai specializzati; 7- gli operai non qualificati, i quali non hanno bisogno di possedere le competenze (per es. chi fa’ le pulizie, ecc...). ANALOGIE E DIFFERENZE TRA I 2 SCHEMI Confrontando i 2 schemi, si può osservare che: - Nella classe borghese di Sylos Labini rientrano gli imprenditori, i professionisti e i dirigenti appartenenti alle prime due classi dello schema di Goldthorpe. - Alla classe media impiegatizia di Sylos Labini corrisponde la terza classe di Goldthorpe, formata dagli impiegati. - Alla classe della piccola borghesia urbana corrisponde la quarta classe di Goldthorpe, formata da artigiani e commercianti. - La classe operaia di Sylos Labini è formata dagli appartenenti alle ultime tre classi di Goldthorpe. - Il sottoproletariato, invece, è presente solo in Sylos Labini. LE SOCIETA’ NELLA STORIA Ma le società sono sempre state ricche di disuguaglianze sociali? O c’è stata in passato una equità? Gli antropologi distinguono 4 tipi di società, succedutesi nel corso della storia: - quelle di caccia e raccolta; - quelle orticole, che non conoscevano capacità tecniche, come quelle per la coltivazione e per la conservazione dei cibi; - quelle agricole, che applicavano le capacità tecniche; - quelle industriali. Secondo Lenski, sociologo americano, le prime 2 società, quelle di caccia e raccolta e quelle orticole, hanno maggior equità, poiché il nomadismo ostacola l’accumulazione e il principio di reciprocità fa’ si che le scarse risorse disponibili vengano distribuite a tutti in parti uguali. Nelle ultime 2 società, invece, a causa della sedentarietà, l’accumulo di risorse diventa possibile e ciò crea più disuguaglianza sociale. LA TEORIA DELLA RICCHEZZA E DEL POTERE: LENSKI Nel grafico, vengono presi in considerazione 2 fattori: il surplus economico e la concentrazione del potere politico. E’ evidente che, nelle società di caccia e raccolta e orticole, la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza aumenta all’aumentare del surplus economico e della concentrazione del potere. Ciò, però, non succede anche nelle società industriali: in cui aumenta il surplus economico, ma la concentrazione del potere politico diminuisce, e per questa ragione diminuisce anche la disuguaglianza.. Questo perché la Rivoluzione Francese verso la fine del 1700 ha diffuso le idee di uguaglianza e di libertà e la nascita della Democrazia ha permesso l’attribuzione di maggior potere ad una parte consistente della popolazione. Ricapitolando, mentre le società agricole hanno più surplus economico delle società precedenti e una distribuzione della ricchezza meno equa, le società industriali, pur con molto surplus economico, hanno una minore concentrazione del potere rispetto alle società precedenti e quindi più equità. LO SQUILIBRIO DI STATUS: LENSKI Esistono diverse dimensioni della stratificazione sociale, caratterizzate da una pluralità di gerarchie (per es. il reddito, il potere, l’istruzione, il prestigio, ecc...). Si ha uno “squilibrio di status” quando una persona, nella maggior parte delle gerarchie, si trova su piani differenti, mentre si parla di “equilibrio di status” quando una persona, nella maggior parte delle gerarchie, si trova su piani equivalenti. Ad esempio: - Quando un nobile è decaduto economicamente o quando un laureato lavora come commesso, si parla di squilibrio di status. - Quando un imprenditore è ricco e ha un livello di istruzione alto oppure quando un bracciante è povero e ha un basso livello di istruzione, si parla di equilibrio di status. In particolare, quando la posizione occupata da una persona è in contrasto con le aspettative della società, si ha squilibrio di status, al contrario, quando la società considera le posizioni sociali occupate congruenti, si ha equilibrio di status. Ad esempio, la situazione di una donna manager in passato era considerata uno squilibrio di status, poiché non si accettava che la donna avesse una posizione sociale elevata, mentre oggi, grazie all’emancipazione femminile, la sua situazione viene considerata un equilibrio di status. LE TEORIE DELLA STRATIFICAZIONE SOCIALE Sono state formulate 2 teorie principali: - le teorie funzionaliste (o dell’industrialismo liberale). - le teorie del conflitto. Le teorie funzionaliste sostengono che le disuguaglianze sociali esistono per una necessità, poiché collocano l’individuo al proprio posto e sono vitali per garantire la persistenza nel tempo e l’equilibrio del sistema sociale. La disuguaglianza, quindi, è inevitabile. K. Davis e W.E. Moore, insieme a Talcott Parsons, tra i principali fautori della teoria funzionalista, cercarono di spiegare l’universalità della stratificazione sociale: • In ogni società, ci sono delle posizioni che hanno più “importanza funzionale” rispetto ad altre e richiedono abilità e competenze speciali: ad esempio, nella società attuale, le posizioni più rilevanti sono quelle degli ingegneri e degli economisti. • In ogni società, il numero di persone che hanno le capacità speciali per ricoprire le posizioni cruciali per il funzionamento del sistema sociale è limitato e/o scarso. • E’ necessario un periodo abbastanza lungo di addestramento per convertire le capacità in competenze, e ciò comporta sacrifici di varia natura. • Vengono date ricompense materiali e simboliche alle persone, per incoraggiarle a compiere questi sacrifici, che comportano un maggior prestigio e un livello di reddito più elevato rispetto ad altri. In conclusione, le disuguaglianze sono funzionali alla società. Le teorie del conflitto non giustificano la società così com’è, e sono critiche verso l’ordine sociale esistente. Tra gli ispiratori delle teorie del conflitto, troviamo K. Marx e M. Weber. Per Marx, ogni società nella storia è caratterizzata dalla presenza di classi, che egli definisce come “un insieme di individui che si trovano nella medesima posizione all’interno dei rapporti di produzione tipici di un modo di produzione dato.” (citazione da Jedlowski, il mondo in questione, Roma: Carocci 2002) In ogni società, le classi si definiscono in base ai rapporti di produzione e alle relazioni di proprietà. In particolare, Marx analizza le classi e i modi di produzione nelle diverse fasi della storia: nell’antica Roma le classi principali erano i patrizi, i plebei e gli schiavi; la produzione era basata sulla proprietà e lo sfruttamento del lavoro degli schiavi. Nella società di antico regime, le classi principali che Marx individua erano quelle dei proprietari terrieri e i lavoratori della terra; in questo caso, la produzione si basava sulla proprietà della terra e sugli strumenti di lavoro. Marx si sofferma, soprattutto, sulla società borghese, le cui classi erano la borghesia, formata dai capitalisti, e il proletariato, formato dai lavoratori salariati. Entrambe le classi hanno propri interessi, contrastanti tra loro, e la lotta di classe si genera quando la classe operaia, o proletariato, smette di condividere l’ideologia della classe dominante (che nasconde i conflitti e tende ad immobilizzare la storia) e riconosce i propri interessi, in quello che viene definito da Marx come il passaggio dalla classe in sè alla classe per sè. Weber, a differenza di Marx, più che concentrarsi sulla nozione di classe, da’ una definizione di stratificazione sociale a 3 dimensioni, distinguendo le fonti causa della disuguaglianza: gli individui si aggregano in classi sociali, sulla base di posizioni economiche comuni; essi formano ceti, sulla base di interessi comuni, come la religione o la cultura; infine essi si associano in partiti politici, sulla base di interessi politici e della lotta per il potere. Per Weber, la classe è “ogni gruppo di uomini che si trovi in una uguale situazione di classe”, cioè “il modo tipico di procurarsi i beni, la condotta esteriore di vita e lo stato interiore che consegue dal potere di disporre (o di non disporre) dei beni per conseguire un reddito”. (citazione da Weber M., Economia e società) Weber considera come criterio di appartenenza alla classe la situazione di mercato; infatti individua 3 tipi di mercato: 1- il mercato del credito (creditori/debitori), tipico nell’antica Grecia e nell’antica Roma; 2- il mercato delle merci (venditori di beni/consumatori di beni), tipico nel Medioevo; 3- il mercato del lavoro (capitalisti che comprano il lavoro/operai che vendono il lavoro), tipico della società capitalistica. Fondamentale è anche il concetto di ceto, inteso come un insieme di persone accomunate da uno stesso stile di vita e da un forte senso di appartenenza. Esso è un gruppo chiuso, all’interno del quale vige una gerarchia ben precisa, spesso formata da intere famiglie di persone. I ceti, a differenza delle classi, sono gruppi omogenei; alcuni possono derivare dalle classi stesse e sono originati dalla divisione del lavoro, altri le trascendono. Esercitazione: trova 5 parole chiave che riassumano con estrema brevità la visione delle classi sociali che avevano Karl Marx e Max Weber. Insieme al mio gruppo abbiamo scelto le seguenti parole: Per Marx • visione dicotomica; • modi di produzione; • coscienza di classe; • lotta di classe; • passaggio al comunismo. Per Weber • classi; • ceti; • partiti politici; • interessi; • mercato IL CAMBIAMENTO DELLE CLASSI SOCIALI NELLE DIVERSE EPOCHE STORICHE La ricerca sociale ed economica ha evidenziato la struttura di classe della società, misurando l’estensione di ciascuna classe in Italia, dall’ 800 fino ad oggi, ma i primi dati mai raccolti, in Inghilterra, risalgono al 1688. I medesimi processi rilevati in Italia si erano già prodotti in Inghilterra e nell’Europa settentrionale, la Rivoluzione Industriale, in effetti, interessò, in ondate successive, prima l’Inghilterra, poi paesi del nord Europa come la Germania e l’Olanda, poi i paesi dell’Europa mediterranea. Cosa misurano i dati? Le ricerche fanno riferimento al reddito - ricavato dai salari, dai profitti e dalle rendite - e al patrimonio - cioè i beni mobili e immobili degli individui. Nella determinazione delle classi sociali si usano prevalentemente i dati che riguardano il reddito. L’INDICE DI GINI I dati rilevati in Italia risalgono al periodo successivo all’unità d’Italia ma, nel periodo fascista, essi non sono stati rilevati con continuità o sono completamente assenti. Uno degli strumenti maggiormente utilizzati è costituito dall’Indice di Gini, che permette di stabilire la disuguaglianza tra le classi sociali, e si esprime in una scala che va da 0 (indice di minima disuguaglianza) a 1 (indice di massima disuguaglianza). Come mostra l’immagine, nell’asse verticale viene indicato il valore dell’Indice di Gini, mentre nell’asse orizzontale vengono indicati gli anni, che vanno dal 1861, anno dell’unità d’Italia, fino ai giorni nostri. In base all’osservazione del grafico, si possono svolgere considerazioni interessanti: dal 1861 la disuguaglianza sociale è diminuita fino agli anni 70 del ‘900, quando ci fu un forte calo di disuguaglianza; il livello più basso viene raggiunto agli inizi degli anni 80, mentre in anni più recenti, la disuguaglianza ha incominciato a crescere. Anche in Inghilterra, così come in Italia, la disuguaglianza sociale segue un percorso altalenante: infatti, si è notato che nel 1700 la disuguaglianza era diminuita; nel secolo successivo aumentata; quello dopo ancora diminuita, a partire dal 1980 la disuguaglianza ha iniziato a risalire. L’INDICE DI GINI NEI PAESI OCSE In questo grafico vengono indicate le variazioni del valore dell’Indice di Gini, dal 1985 al 2008, nei paesi aderenti all’OCSE, l’organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico, che, attraverso procedure standardizzate, permette il confronto fra gli stati membri in merito a politiche di tipo economico. In Nuova Zelanda, in Svezia, in Germania, in Finlandia e in Israele, la disuguaglianza è aumentata di più rispetto agli altri paesi; in Italia, in Norvegia, nei Paesi Bassi, nella Repubblica Ceca, in Danimarca e in Messico la disuguaglianza è aumentata di meno. Si può notare che in Messico la disuguaglianza era già molto alta, ma nonostante ciò è continuata a salire. In Turchia e in Grecia, invece, la disuguaglianza è diminuita, mentre in Francia, in Ungheria e in Belgio, la situazione è rimasta invariata. Quindi, chi non percepisce un reddito, in quale classe sociale è? Già Sylos Labini, nell’individuare le classi sociali, aveva parlato del sottoproletariato, formato per la maggior parte da disoccupati, persone che lavorano saltuariamente o non lavorano del tutto. In Gran Bretagna, negli Stati Uniti e in altri paesi occidentali si è formata la “underclass”, la sottoclasse, formata da persone che si trovano in uno stato di permanente povertà, come i disoccupati e i giovani e gli immigrati che svolgono i mcjobs, lavori diffusi di bassa qualifica, che non offrono stabilità lavorativa. In Svezia, invece, questi lavori offrono maggior guadagno e possibilità di carriera. Esistono 2 teorie principali della sottoclasse: 1- quella culturalista 2- quella strutturalista Per i culturalisti, la sottoclasse è formata principalmente da ragazze madri, delinquenti, persone espulse dal mercato del lavoro, il cui sviluppo è causato dalle politiche sociali del Welfare State, il quale, per aiutare la popolazione povera ad uscire dal suo stato, ha favorito il formarsi di atteggiamenti di rassegnazione e demoralizzazione. Per gli stutturalisti, invece, la sottoclasse è il frutto della debolezza dell’economia, causato dalla mancanza di posti di lavoro che diano un reddito sufficiente per vivere; la sottoclasse, quindi, si è soprattutto sviluppata per il declino dell’industria manifatturiera. Ricapitolando schematicamente (di Debora Villa) Come classifichiamo le classi nella nostra società? Ci sono due schemi per classificare le classi sociali Quello di Quello di John Goldthorpe Paolo Sylos Labini Molto usato dai sociologi Italiani Pubblicato nel 1974 e nel 1986 Distingue le classi in base a due criteri: 1. 2. Distingue le classi in base a un unico criterio: Situazione di lavoro (che determina la posizione gerarchica) Situazione di mercato (ossia vantaggi/svantaggi del lavoro es: reddito, possibilità di avanzare nella carriera, stabilità del posto, caratteristiche dell’ ambiente) Il tipo di reddito In base a questi due criteri divide la società in 7 classi: Che può essere costituito da: 1. • • • • Rendita (percepita dai proprietari fondiari) Profitto (percepito dai capitalisti) Salario (percepito dagli operai) Redditi misti In base a ciò differenzia 5 classi: 1. 2. 3. 4. 5. La borghesia: proprietari, imprenditori, professionisti Piccola borghesia relativamente autonoma: coltivatori, artigiani, commercianti Classe media impiegatizia: impiegati Classe operaia Sottoproletariato: disoccupati, persone che non percepiscono alcun reddito. 2. 3. 4. 5. 6. 7. grandi imprenditori, professionisti, dirigenti di livello superiore; professionisti e dirigenti di livello inferiore; impiegati, addetti alle vendite; piccola borghesia urbana e agricola: tecnici di livello inferiore, supervisori di lavori manuali; operai specializzati: operai non qualificati.