Lo studio AVRO - Giornale Italiano di Cardiologia

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PROCESSO AI GRANDI TRIAL
Lo studio AVRO
Alessandro Capucci1, Giuseppe Di Pasquale2
2
1
Clinica di Cardiologia, Università Politecnica delle Marche, Ancona
U.O. di Cardiologia, Ospedale Maggiore, Azienda USL di Bologna, Bologna
Scopo. Questo studio randomizzato in doppio cieco si è proposto di confrontare l’efficacia e la sicurezza del
vernakalant in somministrazione endovenosa con l’amiodarone nel convertire in acuto la fibrillazione atriale
(FA) di recente insorgenza.
Background. In studi controllati vs placebo il vernakalant in somministrazione endovenosa, oltre ad essere
ben tollerato, è risultato efficace nel convertire la FA di recente insorgenza.
Metodi. Sono stati arruolati 254 pazienti adulti con FA (della durata da 3 a 48h) candidabili a cardioversione. I
pazienti sono stati randomizzati a ricevere un’infusione di vernakalant per 10 min (3 mg/kg), seguita da un periodo di osservazione di 15 min e da una seconda infusione di 10 min (2 mg/kg) in caso di persistenza della FA
più un’infusione placebo di amiodarone, oppure un’infusione di amiodarone per 60 min (5 mg/kg), seguita da
una seconda infusione di mantenimento (50 mg) per ulteriori 60 min, più un’infusione placebo di vernakalant.
Risultati. La conversione della FA a ritmo sinusale entro i primi 90 min (endpoint primario) è stata ottenuta
in 60 dei 116 pazienti (51.7%) randomizzati a vernakalant e solo in 6 dei 116 pazienti (5.2%) randomizzati
ad amiodarone (p<0.0001). Il trattamento con vernakalant è risultato associato ad un più rapido ripristino del
ritmo sinusale (tempo mediano 11 min in caso di efficacia) e ad una maggiore riduzione dei sintomi a 90 min
(il 53.4% dei pazienti del gruppo vernakalant non lamentava alcuna sintomatologia a 90 min rispetto al
32.8% dei pazienti del gruppo amiodarone; p=0.0012). Gli eventi avversi gravi o tali da richiedere l’interruzione del farmaco in studio sono stati rari e non sono stati osservati casi di torsione di punta, fibrillazione ventricolare o tachicardia ventricolare sostenuta o polimorfa.
Conclusioni. Il vernakalant si è dimostrato più efficace dell’amiodarone nel convertire in acuto la FA di recente
insorgenza. Entrambi i farmaci sono risultati sicuri e ben tollerati. [J Am Coll Cardiol 2011;57:313-21]
G Ital Cardiol 2011;12(11):693-696
IL PUNTO DI VISTA DI ALESSANDRO CAPUCCI
La cardioversione della fibrillazione atriale (FA) in ritmo sinusale
è una pratica estremamente diffusa ed è indicata nella maggior
parte dei pazienti con FA sintomatica di recente insorgenza1-3.
Un ripristino precoce del ritmo sinusale interrompe i sintomi, evita gli effetti avversi di una FA prolungata e può essere effettuato in regime di urgenza, evitando perciò l’ospedalizzazione del
paziente ed i costi ad essa associati4-6. Purtroppo, al giorno d’oggi, la cardioversione elettrica richiede comunque una sedazione
o una blanda anestesia5 e i farmaci attualmente a disposizione
per il ripristino del ritmo sinusale sono gravati da un metabolismo lento e da effetti pro-aritmici anche seri, che spesso richiedono un adeguato monitoraggio ospedaliero1-4.
Il vernakalant è un nuovo agente antiaritmico che ha come
bersaglio principale il canale del potassio responsabile della cor-
© 2011 Il Pensiero Scientifico Editore
Il prof. Alessandro Capucci dichiara di essere consulente di MEDA,
Sanofi e Merck.
Per la corrispondenza:
Prof. Alessandro Capucci Clinica di Cardiologia,
Università Politecnica delle Marche, Ospedale Torrette, Via Conca 71,
60126 Ancona
e-mail: [email protected]
Dr. Giuseppe Di Pasquale U.O. di Cardiologia, Ospedale Maggiore,
Largo Bartolo Nigrisoli 2, 40133 Bologna
e-mail: [email protected]
rente ultra-rapid delayed rectifier (IKur). Questa corrente in ingresso è presente nelle miocellule atriali ma non nel tessuto
ventricolare, rendendo conto dell’estrema selettività atriale di
questa molecola7. Sono infatti stati descritti solo effetti minori
sulla ripolarizzazione ventricolare, rendendo il vernakalant scarsamente pro-aritmogeno e sicuro8. Il prolungamento del potenziale d’azione dato dall’inibizione della corrente IKur è inoltre fortemente dipendente dalla morfologia dello stesso. Pertanto, i brevi potenziali d’azione atriali durante FA risultano particolarmente suscettibili all’azione del vernakalant, che invece
ha solo effetti minori sulla durata del potenziale d’azione durante ritmo sinusale7.
Lo studio AVRO
Lo studio AVRO8 è stato il primo studio a confrontare il vernakalant in somministrazione endovenosa con l’amiodarone nella FA di recente insorgenza. Questo trial ha dimostrato nei pazienti in trattamento con vernakalant una prevalenza di ritmo
sinusale a 90 min del 51.7%, molto maggiore del 5.2% dei pazienti trattati con amiodarone. Il trattamento con vernakalant
era inoltre associato ad un più veloce ripristino del ritmo sinusale (mediamente 11 min), ad una riduzione dei sintomi a 90
min dall’inizio del farmaco e ad un miglioramento della qualità di vita a 2h dall’infusione.
Almeno un paio di considerazioni sono d’obbligo. La prima
riguarda la popolazione studiata: sebbene siano stati esclusi dalG ITAL CARDIOL | VOL 12 | NOVEMBRE 2011
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A CAPUCCI, G DI PASQUALE
l’arruolamento i pazienti ad alto rischio cardiovascolare (scompenso cardiaco in classe NYHA IV, coronaropatia acuta, recente
evento cerebrovascolare, cardiomiopatia nota, ecc.), quasi il
35% dei soggetti studiati presentava allo screening una cardiopatia strutturale, rendendo il campione rappresentativo della tipologia di pazienti incontrata tutti i giorni nella pratica clinica.
In secondo luogo, la scelta dell’amiodarone come pietra di
paragone potrebbe sembrare azzardata, in quanto farmaco a
bassa efficacia nella cardioversione farmacologica. Questa scelta è tuttavia giustificata dal larghissimo uso di questo antiaritmico nella pratica di tutti i giorni dei Pronto Soccorso, delle terapie intensive e delle degenze postoperatorie. Inoltre, la presenza come già detto di pazienti con cardiopatia strutturale e
la non disponibilità di propafenone e flecainide come preparazioni iniettabili in tutti i paesi coinvolti rendevano queste alternative di difficile utilizzo pratico.
Un confronto con l’antiaritmico di classe III ibutilide sembra
invece costituire il prossimo passo auspicabile per aggiungere
dati importanti alle evidenze di entrambi i farmaci. Il processo
però non è dei più facili, in quanto molecole estremamente diverse tra loro, sia per profilo di efficacia che di sicurezza, sia per
le popolazioni estremamente diverse sulle quali sono state testate9,10.
L’effetto pro-aritmogeno del vernakalant sembra minimo,
con solo alcuni rari casi di torsione di punta riportati ben oltre
le 24h e di dubbia associazione con il farmaco11, mentre è documentato un allungamento dell’intervallo QT e del QRS. Il trial
AVRO ha dimostrato un aumento della durata dell’intervallo QT
nei pazienti in trattamento con vernakalant già 10 min dall’inizio del trattamento, ma sia la durata assoluta dell’intervallo QT
che l’aumento rispetto al basale raggiungono e vengono sorpassati dai noti effetti dell’amiodarone già dopo 1h8. Inoltre,
non si è registrato nessun caso di fibrillazione ventricolare, torsione di punta e tachicardia ventricolare sostenuta. Per quanto
riguarda l’incidenza di flutter atriale, quest’ultima è risultata aumentata nei pazienti in trattamento con vernakalant (8.6 vs
0.9%) rispetto ad amiodarone, sebbene in nessuno dei pazienti
in questione il flutter atriale era associato a conduzione 1:1 od
eventi avversi seri.
Eventi avversi minori associati al vernakalant includono disgeusia, riniti e tosse non produttiva, come già noto da trial precedenti12,13.
Conclusioni
Questo recente trial ha aggiunto un’evidenza importante sull’efficacia del vernakalant nella cardioversione farmacologica,
che si è dimostrato superiore all’antiaritmico attualmente più
utilizzato per il ripristino del ritmo sinusale in acuto. Inoltre, la
maggior efficacia nel ripristino del ritmo sinusale è accompagnata da una parallela riduzione dei sintomi associati e da un
beneficio soggettivo percepito dai pazienti già 90 min dopo
l’infusione del farmaco, che non dipende da una riduzione della frequenza cardiaca.
Per quanto riguarda la sicurezza, lo studio AVRO ha documentato una sostanziale assenza di effetti pro-aritmici gravi,
correlati invece in varia misura con tutti gli antiaritmici attualmente disponibili in commercio, rendendo questa molecola associata ad un buon profilo di sicurezza.
Infine, la buona efficacia ed i tempi di ripristino del ritmo sinusale estremamente brevi potrebbero facilitare il trattamento
in un contesto di medicina d’urgenza, riducendo le ospedalizzazioni ed i costi ad esse associati.
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I risultati del trial AVRO sono incoraggianti e proprio recentemente l’European Medical Association ha approvato la commercializzazione della formulazione endovenosa del vernakalant per la cardioversione della FA di recente insorgenza: non
più di 7 giorni per la FA non chirurgica e non più di 3 giorni per
la FA post-chirurgica.
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agent, in the treatment of recent onset atrial fibrillation. J Am Coll
Cardiol 2004;44:2355-61.
13. Kowey PR, Dorian P, Mitchell LB, et al.; Atrial Arrhythmia Conversion Trial Investigators. Vernakalant hydrochloride for the rapid
conversion of atrial fibrillation after cardiac surgery: a randomized,
double-blind, placebo-controlled trial. Circ Arrhythm Electrophysiol 2009;2:652-9.
IL PUNTO DI VISTA DI GIUSEPPE DI PASQUALE
La fibrillazione atriale (FA) ha un impatto rilevante sulle strutture
sanitarie ed in particolare sui Dipartimenti di Emergenza. In uno
LO STUDIO AVRO
studio condotto nel 2000 in 270 ospedali italiani, lo studio
FIRE1, la FA ha rappresentato l’1.5% di tutti gli accessi in Pronto Soccorso e il 3.3% di tutti i ricoveri ospedalieri nel periodo
di osservazione di 1 mese.
La ricerca di farmaci efficaci e sicuri per la cardioversione
della FA di recente insorgenza è pertanto seguita con interesse, soprattutto da parte dei medici, spesso non cardiologi, che
gestiscono il paziente con FA in occasione di un primo episodio
o delle sue recidive. Va tuttavia sottolineato che tra le priorità
dei bisogni non soddisfatti nella gestione dei pazienti con FA
emerge quella della mancanza di farmaci efficaci per la profilassi delle recidive e non tanto quella della mancanza di farmaci per la cardioversione degli episodi di FA. In molti pazienti che
afferiscono in Pronto Soccorso con FA si verifica inoltre dopo un
certo numero di ore un ripristino spontaneo del ritmo sinusale
senza necessità di intervento farmacologico2.
Lo studio AVRO3 di fase III ha confrontato in doppio cieco
un nuovo farmaco antiaritmico, il vernakalant, con l’amiodarone, entrambi somministrati in infusione e.v. in pazienti con FA
di recente insorgenza, di durata 3-48h. Il vernakalant ha dimostrato un’efficacia superiore all’amiodarone, riuscendo a
convertire a ritmo sinusale entro 90 min 60 di 116 pazienti
(51.7%) in confronto a 6 di 116 pazienti (5.2%) con amiodarone. Le conclusioni degli autori sono che il vernakalant costituisce un’alternativa efficace e sicura all’amiodarone per la cardioversione acuta della FA di recente insorgenza. Ma quale impatto potrà avere lo studio AVRO nella pratica clinica allorché
il vernakalant sarà disponibile in ospedale? A mio parere l’impatto non sarà significativo, sulla base di alcune considerazioni inerenti al disegno dello studio e a valutazioni di sicurezza e
costo-efficacia.
La prima obiezione riguarda la scelta dell’avversario con il
quale il vernakalant ha deciso di confrontarsi. È noto che
l’amiodarone ha una modesta efficacia nel trattamento in acuto della FA e soprattutto il tempo necessario per la conversione a ritmo sinusale è molto elevato, di solito superiore a 6-8h4.
Inoltre in alcuni studi randomizzati l’amiodarone a 24h non è
risultato superiore rispetto al placebo, a meno che non vengano somministrati dosaggi elevati e.v.2,4. Il risultato della gara era
pertanto scontato. L’amiodarone non è il farmaco di scelta per
la cardioversione della FA, tranne che nei pazienti con significativa cardiopatia strutturale, scompenso, disfunzione ventricolare sinistra, oppure QRS largo.
Gli antiaritmici della classe IC propafenone e flecainide sono
i farmaci più efficaci nel ripristinare il ritmo sinusale. Se somministrati per via e.v., per il propafenone la percentuale di conversione di una FA di recente insorgenza varia dal 41% al 91%5-8,
mentre per la flecainide la percentuale di successo è del 5778%5,9. Entrambi i farmaci possono essere impiegati con l’approccio “pill-in-the-pocket” con somministrazione di un unico
carico orale10. L’ibutilide, farmaco antiaritmico di classe III somministrabile solo per via e.v., può costituire un’alternativa nei
pazienti che non sono stati cardiovertiti dal propafenone o che
hanno presentato recidive aritmiche durante terapia con propafenone o flecainide11,12.
Nei pazienti con FA di recente insorgenza (<48h) senza significativa cardiopatia, le linee guida italiane AIAC per la gestione e il trattamento della FA indicano il propafenone e la flecainide somministrati per via e.v. quali farmaci di prima scelta
per l’efficacia, rapidità d’azione e gli scarsi effetti collaterali o in
alternativa l’ibutilide (classe di raccomandazione I, livello di evidenza A)13. Analoghe sono le raccomandazioni per propafeno-
ne e flecainide e.v. delle linee guida ESC, dove l’approccio “pillin-the-pocket” costituisce raccomandazione di classe IIa con livello di evidenza B14.
Sulla base di queste considerazioni sarebbe stato ragionevole confrontare il nuovo farmaco vernakalant con il propafenone o la flecainide, oppure in alternativa con l’ibutilide, piuttosto che con l’amiodarone.
La seconda considerazione riguarda i criteri di esclusione
dello studio AVRO che sono numerosi. Non è noto quanti pazienti sono stati valutati per giungere alla selezione dei 254 pazienti arruolati da parte di 66 Centri. Il limite massimo di età
era di 85 anni, ma l’età media dei pazienti arruolati era di 63
anni. In Italia l’età media dei pazienti con FA che afferiscono ai
Dipartimenti di Emergenza è di 70 anni in base allo studio FIRE1; l’età mediana dei pazienti con FA gestiti in Cardiologia è di
74 anni e quella dei pazienti gestiti in Medicina Interna è di 80
anni, complessivamente con un 57% dei pazienti di età >75
anni, in base ai risultati del recente studio ATA AF condotto da
ANMCO e FADOI (Di Pasquale G., dati non pubblicati).
I pazienti con FA arruolati nello studio AVRO sembrano essere pertanto molto diversi da quelli del mondo reale dei nostri
Pronto Soccorso e corsie ospedaliere. Il trasferimento dei risultati dello studio AVRO nella pratica clinica quotidiana, soprattutto nei Dipartimenti di Emergenza, non è pertanto automatico. Inoltre non è noto quanti pazienti sono stati trattati in
Pronto Soccorso e non in reparti specialistici di Cardiologia dove è disponibile un livello di intensità di cure più elevato che
consente di fronteggiare eventuali eventi avversi cardiologici in
corso di somministrazione del farmaco.
Un terzo punto debole è quello degli effetti indesiderati del
vernakalant che non sono così trascurabili come affermato nelle conclusioni del lavoro. Nello studio AVRO eventi avversi durante l’infusione del farmaco si sono verificati in 3 pazienti
(2.6%), costituiti da bradicardia, tachicardia ventricolare non
sostenuta insorta 10 min dopo l’inizio dell’infusione e prolungamento dell’intervallo QT. Inoltre nei pazienti trattati con vernakalant si è verificata una più elevata incidenza di flutter atriale (8.6%) in confronto con l’amiodarone (0.9%) entro 4h dall’inizio dell’infusione. In 4 di questi pazienti è stata necessaria
una cardioversione elettrica, anche se in nessun caso si è sviluppato flutter atriale con conduzione atrioventricolare 1:1. L’incidenza di ipotensione associata al vernakalant nello studio
AVRO non è riportata e si afferma soltanto che è risultata inferiore rispetto al precedente studio ACT I15 nel quale sono riportati diversi casi di ipotensione che in un paziente ha richiesto la necessità di cardioversione elettrica successivamente alla
quale si è verificato shock cardiogeno. Nello stesso studio è stata inoltre riportata la complicanza di un blocco atrioventricolare completo in una donna anziana dopo cardioversione elettrica successiva alla seconda infusione e.v. di vernakalant.
Analogamente, nello studio ACT II16 nel quale il vernakalant è stato confrontato con il placebo in pazienti con FA postcardiochirurgia, si sono verificati un caso di grave ipotensione
e uno di blocco atrioventricolare completo dopo infusione di
vernakalant. Anche nello studio ACT III17 è stato riportato il caso di un paziente di 64 anni con stenosi aortica severa e classe
NYHA I che in seguito all’infusione di vernakalant ha sviluppato severa ipotensione con successiva fibrillazione ventricolare,
dissociazione elettromeccanica e morte. Infine, nello studio in
aperto ACT IV18 sono stati riportati eventi avversi con necessità di interruzione del trattamento nel 4.2% dei pazienti, in 4 su
10 a causa di ipotensione, in 2 casi associata a bradicardia. Un
G ITAL CARDIOL | VOL 12 | NOVEMBRE 2011
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A CAPUCCI, G DI PASQUALE
ulteriore trial clinico randomizzato in doppio cieco, controllato
con placebo, ACT V19, è stato interrotto su richiesta della Food
and Drug Administration nell’ottobre 2010 per un evento avverso grave di shock cardiogeno insorto dopo la prima infusione del vernakalant.
È verosimile che nello studio AVRO il rischio di ipotensione
sia stato minimizzato grazie alle misure di sicurezza adottate di
esclusione di pazienti con pressione arteriosa sistolica <100
mmHg (a differenza degli studi ACT che prevedevano un limite più basso di 90 mmHg) e di adeguata idratazione del paziente.
Un ultimo punto critico è rappresentato dai costi del vernakalant. Non sappiamo quale sarà in Italia il costo del nuovo
farmaco che nel 2010 ha ottenuto l’approvazione della European Medical Association. Il rapporto di prezzo sarà comunque
tra pochi euro per una conversione farmacologica della FA con
propafenone-flecainide o amiodarone e qualche centinaia di
euro per il vernakalant (attualmente il costo per una confezione di vernakalant acquistata all’estero è di circa 400€). Considerazioni di tipo economico ormai non possono non entrare
nel processo decisionale delle nostre scelte terapeutiche. E questo soprattutto quando una terapia più costosa non si associa
ad una significativo maggiore beneficio per il paziente.
Se il vernakalant potesse essere utilizzato nei pazienti con
FA per i quali sono controindicati propafenone e flecainide, il
maggior costo potrebbe essere accettabile, considerando la
scarsa efficacia e la lentezza d’azione dell’amiodarone che in
questi casi costituisce il farmaco di riferimento. In realtà le controindicazioni per il vernakalant sono le stesse che per i farmaci della classe IC e il vernakalant troverebbe pertanto indicazione nelle situazioni dove è possibile utilizzare con sicurezza
propafenone o flecainide. Riuscire a ripristinare il ritmo sinusale 1-2h prima non mi sembra essere un sostanziale vantaggio,
dal momento che in occasione dell’accesso in Pronto Soccorso
di un paziente con FA sono necessarie diverse ore per un inquadramento clinico, l’esecuzione di esami di laboratorio ed
eventuale radiografia del torace e la programmazione del successivo follow-up ambulatoriale clinico-strumentale.
Probabilmente le situazioni nelle quali il vernakalant potrà
trovare uno spazio sono gli episodi di FA che si verificano nel
contesto delle procedure di studio elettrofisiologico e ablazione transcatetere o di impianto di pacemaker. Il ripristino rapido
del ritmo sinusale in queste situazioni potrebbe ovviare alla necessità di una cardioversione elettrica in sedazione o anestesia
generale. Nelle altre situazioni rappresentate dai pazienti con
FA di recente insorgenza, come quelli arruolati nello studio
AVRO, sulla base di considerazioni di sicurezza e costo-efficacia non esistono a mio parere motivazioni valide per abbandonare l’utilizzo dei farmaci antiaritmici della classe IC propafenone e flecainide. Diversa è la situazione nella realtà nord-americana dove propafenone e flecainide non sono disponibili, ma
questo non è un nostro problema.
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