Cereali
Il termine cereali designa un gruppo di piante erbacee appartenenti alla famiglia delle
Graminacee, dal cui frutto o cariosside si ottengono alimenti e prodotti alimentari di altissima
valenza nutrizionale. Molto probabilmente, i cereali sono stati le prime piante ad essere
coltivate dall'uomo, che fin dall'antichità ha saputo coglierne l'importanza dietetica e la
versatilità d'utilizzo.
I cereali di più largo consumo sono il frumento, il mais, l'orzo, il riso e la
segale,
mentre
avena,
sorgo
e
miglio
vengono
utilizzati
prevalentemente per l'alimentazione del bestiame. Solitamente, si fa
rientrare nella categoria dei cerali anche il grano saraceno, che tuttavia
non è un vero e proprio cereale, in quanto estraneo alla famiglia delle
Graminacee ed appartenente a quella delle Poligonacee; è quindi più
corretto chiamarlo pseudocereale, dal momento che - al pari dei cerali
"veri" - se ne utilizza comunque il chicco per ottenere degli sfarinati. Al
gruppo degli pseudo cereali appartengono anche altre piante, come
l'amaranto, la quinoa e il kamut.
La parte della pianta utilizzata a scopo alimentare è il frutto secco indeiscente (che non si
sbuccia in quanto i tegumenti sono ben adesi al chicco), noto anche come cariosside.
Alle nostre latitudini il cereale più diffuso è il frumento, seguito da mais, orzo e riso (più
diffuso nei climi caldo-umidi del Sud-est asiatico).
Frumento e glutine
Farina e semola
Pane, preparazione del pane
Germe di grano
Riso e Avena
Riso o pasta?
Calorie riso
Calorie pasta
Amido di riso
Amido di frumento
Amido di mais
Olio di riso
Olio di germe di grano
Olio di mais
Latte di riso - Proteine del riso
Caratteristiche nutrizionali
Le cariossidi dei cereali si distinguono per l'elevato contenuto in amido, che rappresenta il
polisaccaride di riserva tipico di moltissime piante superiori. Per l'uomo, l'amido dei cereali
rappresenta una fonte di energia a "lento rilascio" che può quindi essere utilizzata
gradualmente nel tempo.
I cerali vantano inoltre un basso contenuto lipidico ed un
relativamente alto tenore proteico (buono dal punto di vista
quantitativo, meno da quello qualitativo, dal momento che
sono carenti di alcuni amminoacidi essenziali, come la
lisina).
Grazie a queste importanti caratteristiche nutrizionali, i
cereali rappresentano ormai da millenni l'alimento base
delle popolazioni mediterranee; non a caso questi alimenti
ed i relativi derivati (pane, pasta e prodotti da formo) si
collocano alla base della piramide alimentare, accompagnati
da elevate quantità di frutta e verdure fresche.
Frumento o grano (Triticum durum)
Vedi anche: amido di frumento, muscolo di grano; germe di grano
In natura esistono diversi tipi di frumento; quelli maggiormente utilizzati sono due: il Triticum
durum (o grano duro) ed il Triticum vulgare (o grano tenero). Anche se le due piante sono
molto simili a livello strutturale, non si tratta semplicemente di due diverse varietà, bensì di
due specie distinte (il grano duro ha 28 cromosomi, mentre
quello tenero ne ha 42).
Il grano duro viene utilizzato per ottenere la semola, con cui si
preparano la pasta secca industriale (non a caso sulla
confezione è riportata la dicitura "pasta di semola") ed alcuni
tipi di pane (come quello di Altamura).
Per legge, il termine farina dev'essere applicato esclusivamente
al prodotto ottenuto dalla macinazione del grano tenero; con
semola, invece, si intende il prodotto di macinazione del grano
duro. Per altre farine, come quella di mais, è necessario
specificare l'origine in etichetta (farina di mais, di avena ecc.).
Il frutto del frumento, chiamato cariosside, è interamente ricoperto da un pericarpo fibroso;
si tratta di un involucro esterno, costituito da più strati di cellule ricche in cellulosa e sali
minerali; questa parte, dopo il processo molitorio, va a costituire la crusca.
Al di sotto del pericarpo è presente uno strato monocellulare, costituito da cellule di grandi
dimensioni e di forma cubica; questa porzione viene chiamata strato aleuronico e separa il
cuore della cariosside dai tegumenti esterni. Dal punto di vista nutrizionale, il pericarpo è
particolarmente ricco di nutrienti, come proteine, lipidi, vitamine e sali minerali; tuttavia è
particolarmente esiguo in termini quantitativi e, soprattutto, viene perso durante il processo
molitorio. A un lato della cariosside troviamo poi il germe o embrione, la porzione che dà
origine alla nuova pianta quando seminata nel terreno; anche questa parte viene allontanata
durante il processo molitorio, in quanto particolarmente ricca di proteine e soprattutto di lipidi
(il famoso olio di germe di grano è largamente utilizzato nel settore dietetico e cosmetico). La
maggior parte della cariosside è occupata dall'endosperma amilifero o albume, un tessuto di
riserva ricchissimo di granuli di amido e proteine. Proprio da questa porzione si ricavano le
farine e la semola destinate all'uso alimentare.
Composizione chimica della cariosside di frumento
Può variare in relazione a diversi fattori, come la varietà di frumento, il clima, le tecniche
colturali (convenzionale, biologica ecc.), il tipo di terreno su cui è coltivato e gli apporti azotati
(concimazione).
ACQUA
(8
18
%)
GLUCIDI (72 %), di cui:
AMIDO
(60
68
%)
PENTOSANI
(6,5
%),
polimeri
di
aldopentosi
non
fermentescibili
CELLULOSA E LIGNINA (2 - 2,5 %) localizzate negli strati più esterni e per questo assenti
nella
farina
bianca
ZUCCHERI RIDUCENTI (1,5 %) (destrine e glucosio che derivano da processi di demolizione
dell'amido; si tratta di una percentuale esigua ma estremamente importante, perché viene
utilizzata dal lievito come nutrimento per operare il processo metabolico che porta alla
lievitazione dell'impasto).
PROTEINE (7-18 %): sulla base della loro solubilità in acqua si dividono in quattro classi,
comuni a tutti i tipi di cereali (seppur in diversi rapporti):
ALBUMINE (9%): si trovano prevalentemente nello strato aleuronico e nel germe, entrambi
allontanati durante il processo molitorio (sono quindi assenti nella farina tradizionale); si
tratta di proteine ad elevato valore biologico, ricche soprattutto in lisina, prolina, leucina e
glutammina.
GLOBULINE (5-7%): si trovano nel germe, che viene però allontanato (anche dalla farina
integrale) perché ricco in lipidi e come tale soggetto ad irrancidimento; hanno anch'esse un
elevato valore biologico e sono ricche in lisina, arginina, serina e cisteina.
GLUTELINE e PROLAMMINE (75 - 95 %): abbondano nell'endosperma amilifero; nel frumento
le gluteline sono chiamate glutenine, mentre le prolammine prendono il nome di gliadine. Pur
essendo abbondanti dal punto di vista quantitativo, scarseggiano sotto il profilo qualitativo, in
quanto ricche di cisteina, prolina e glicina, ma povere di lisina e metionina, che rappresentano
gli amminoacidi limitanti dei cereali. Ciò impone l'abbinamento con cibi proteici, come il
formaggio, le carni, le uova oppure i legumi (che hanno composizione aminoacidica
"incompleta", ma complementare a quella dei cereali).
Le gluteline e le prolammine del frumento sono importantissime dal punto di vista tecnologico,
poiché nel momento in cui si idrata e si impasta la farina interagiscono tra loro formando un
reticolo tridimensionale detto glutine.
LIPIDI: sono localizzati soprattutto nel germe e comprendono trigliceridi (ricchi in acidi grassi
insaturi, che rappresentano dall'80 all'84% della frazione acidica) e piccole quantità di
fosfolipidi,
glicolipidi
e
steroli
(sitosterolo
e
campesterolo).
SALI MINERALI (1,5 - 2 %): localizzati soprattutto nei tegumenti esterni, quindi nel pericarpo,
comprendono fosfati di magnesio e potassio, sali di calcio, ferro, rame e zinco
VITAMINE: vitamine del gruppo B (a livello dello strato aleuronico) e vitamina E (più
abbondante
nel
germe).
FATTORI ANTINUTRIZIONALI: acido fitico, abbonda nel pericarpo e chela i metalli bivalenti
(calcio, ferro, rame, magnesio e zinco) riducendone l'assorbimento.
COMPOSIZIONE DELLA CARIOSSIDE DI GRANO E DELLE SUE REGIONI ANATOMICHE
(valori medi - g/100g di sostanza secca)
Regione anatomica
della cariosside di
frumento
Cellulosa
Emicellulosa
Lipidi (%) Pentosani (%)
Percentuale della
cariosside
Amido ed altri
carboidrati
(%)
Proteine
(%)
Tegumenti
9,0
14,0
12,8
2,4
65,2
5,6
Strato aleuronico
8,0
12,0
32,0
8,0
38,0
10,0
3,0
20,0
38,0
15,0
22,0
5,0
80,0
83,0
11,0
3,0
2,0
1,0
Germe
Endosperma
Sostanze
minerali
(%)
Glutine
Il
glutine
è
un
complesso
alimentare
costituito
principalmente da proteine; si forma durante l'impasto con
acqua della farina di alcuni cereali, tra cui frumento, farro,
segale, kamut e orzo, e si presenta come un reticolo
viscoelastico, capace di coniugare coesione ed elasticità.
Il glutine è costituito da due classi proteiche, le GLUTELINE
(chiamate glutenine nel grano) e le PROLAMMINE (chiamate
gliadine nel grano). Le gliadine e le glutenine costituiscono
circa l'80% dell'intera frazione proteica presente nella cariosside di frumento, nella quale
ritroviamo altre due classi di proteine solubili in acqua (al contrario delle precedenti): le
albumine (9%) e le globuline (5-7%).
Glutine e panificazione
La panificazione è resa possibile dalla presenza del glutine, che si forma in seguito
all'idratazione e all'azione meccanica dell'impasto.
Nel momento in cui aggiungiamo acqua alla farina di grano tenero, le gliadine (formate da
un'unica catena proteica) cominciano ad associarsi formando delle fibrille (fibre piccole e
sottili) che conferiscono estensibilità alla massa glutinica. Contemporaneamente, anche le
glutenine (composte da diverse subunità proteiche) si assemblano, dando origine a fibre di
dimensioni maggiori e formando una struttura, stabile e molto coesiva, che dona all'impasto
consistenza ed una certa resistenza all'estensione.
Il grado di lievitazione dell'impasto dipende quindi dalla proporzione tra il contenuto in
gliadine e glutenine della farina; se prevalgono le prime il reticolo glutinico può estendersi e
quindi lievitare maggiormente; se invece prevalgono le glutenine la maglia è più rigida, si
estende meno e di conseguenza la lievitazione è minore. Il rapporto tra le due proteine
dipende dalla varietà di frumento considerata e conferisce al glutine la capacità di deformarsi
e di resistere alla distensione.
Durante l'azione meccanica di impastamento, le fibrille di gliadina e le fibre di glutenina
cominciano ad intrecciarsi tra loro, formando una maglia tridimensionale (contenuto proteico
75-85%) che ingloba granuli di amido (10-15%), lipidi (5-10%), piccole quantità di sali
minerali, acqua (che il glutine può trattenere fino al 70% del proprio peso) e bollicine d'aria.
Quest'ultime sono molto importanti; la successiva aggiunta di lieviti permette infatti ai
microrganismi di fermentare il glucosio, producendo alcol ed anidride carbonica, che diffonde
nelle bollicine aumentandone il volume; l'espansione di queste bolle si trasmette alle maglie
del glutine, che si allargano e distendono facendo crescere il volume dell'impasto. Durante la
successiva cottura si assiste alla denaturazione/coagulazione delle proteine ed il glutine - che
perde la capacità di estendersi - stabilizza in maniera irreversibile la struttura e la forma
dell'impasto.
Gluteline e prolammine sono tipiche di tutti i cereali, ma la loro composizione amminoacidica è
variabile; questa differenza influisce sulla capacità delle varie farine di formare tutta una serie
di legami tra le proprie catene proteiche e di rendere più o meno stabile il reticolo glutinico. Il
glutine del grano duro, ad esempio, è più resistente e tenace di quello del grano tenero, tant'è
vero che la farina di quest'ultimo può essere utilizzata per la preparazione del pane e del
panettone, mentre la farina di grano duro (detta semola) è ideale per la preparazione della
pasta. Le proteine di alcuni cereali, come il riso ed il mais, non riescono a formare il glutine,
che abbonda soprattutto nel grano (ne contiene fino all'80%).
ALIMENTI CONTENENTI GLUTINE
ALIMENTI PRIVI DI GLUTINE
Frumento (grano), Orzo, Segale,
Avena*, Farro, Kamut, Spelta,
Triticale
Amaranto, grano saraceno, mais, miglio, riso,
legumi (fagioli, lenticchie e piselli), castagna,
patata, sesamo, soia, sorgo, tapioca
(*) Secondo alcuni studi, se introdotta pura, ossia non contaminata da glutine durante la lavorazione, l'avena
non sarebbe comunque lesiva per la maggior parte (99,4%) dei celiaci. Bibliografia: Can oats be taken in a
gluten-free diet? A systematic review. Scand. J. Gastroenterol. Vol. 42, No. 2 , pagine 171-178.
LEGAMI CHIMICI RESPONSABILI DELLA STRUTTURA DEL GLUTINE
Sono molto complicati e numerosi, e dipendono dalla differente organizzazione di gliadine
(struttura monomerica e globulare) e glutenine (struttura fibrosa e polimerica).:
- legami idrogeno tra i gruppi carichi negativamente delle proteine (ac. glutammico ed
aspartico) e le molecole d'acqua.
Ponti
disolfuro
tra
i
residui
di
cisteina.
Legami
ionici
tra
i
sali
e
ac.
glutammico
e
lisina
Complessi
lipoproteici
tra
glutenine
e
lipidi
- Legami elettrostatici tra l'acqua assorbita dall'amido (36%) e residui aminoacidici.
Quando l'impasto è crudo, tutti questi legami non sono stabili, tant'è vero che possiamo
modellarlo a nostro piacimento rompendoli e costruendone di nuovi; la loro stabilità viene
raggiunta durante la cottura, che comporta la perdita di acqua e l'irrigidimento del reticolo
glutinico.
Intolleranza al glutine
Il glutine, in virtù dell'elevato potere nutritivo, è molto importante per l'alimentazione umana;
tuttavia, esistono alcune persone che devono farne assolutamente a meno in quanto
intolleranti al glutine. Questa condizione, nota come celiachia o malattia celiaca, è
ampliamente illustrata nel seguente articolo.
Il germe di grano
La cariosside di frumento è costituita da:
l'embrione o germe di grano (2-4% in peso)
tegumenti o involucri (8% circa)
endosperma amilaceo o mandorla farinosa (87-89% circa)
Ognuna di queste regioni racchiude diversi tipi e percentuali di nutrienti, in relazione al ruolo
biologico che ricopre. L'embrione o germe di grano è, per esempio, particolarmente ricco di
sostanze nutritive, fondamentali per favorire la germinazione e sostenere le prime fasi di
crescita.
Regione
Percentuale
Amido e altri Proteine (%)
anatomica
della cariosside carboidrati
della cariosside
(%)
Lipidi
(%)
Cellulosa
Emicellulosa
Pentosani
(%)
Sostanze
minerali
(%)
Tegumenti
9
14
12.8
2.4
65.2
5.6
Strato
aleuronico
8
12
32.0
8.0
38.0
10.0
Germe
3
20
38.0
15.0
22.0
5.0
Endosperma
80
83.0
11.0
30.0
2.0
1.0
Tabella tratta da - Chimica degli alimenti - Cabras Paolo; Martelli Aldo
Proprietà e caratteristiche nutrizionali del germe di grano
Il germe di grano è un vero e proprio concentrato di sostanze nutritive come aminoacidi, acidi
grassi, sali minerali, vitamine del gruppo B e tocoferoli (vit. E). Purtroppo tale embrione viene
eliminato insieme agli involucri esterni durante il processo di raffinazione, privando la farina di
frumento di buona parte del suo prezioso carico di fibre, vitamine e sali minerali.
Quest'operazione si rende necessaria per motivi organolettici ma anche per aumentare i tempi
di conservazione, dato che gli acidi grassi contenuti nel germe irrancidiscono rapidamente.
Nei cereali integrali sono invece presenti tutte e tre le parti del chicco e proprio per questo
motivo le loro proprietà salutistiche sono ormai universalmente accettate.
Il germe di grano può essere estratto abbastanza facilmente, separandolo dalla farina con un
setaccio dopo la macinazione della cariosside. Se estratto in questo modo si presenta sotto
forma di piccoli fiocchi biancastri, che possono essere consumati al naturale o insieme ad altri
alimenti (yogurt, cereali per la prima colazione, verdure) in ragione di circa 50 g al giorno.
Il germe di grano viene spesso ricavato dalle cariossidi germogliate, poiché le sue proprietà
nutritive si esaltano durante il processo di germinazione. Mettendo il chicco a contatto con
l'acqua l'embrione diventa
sede di un'intensa attività enzimatica, che aumenta
significativamente il suo prezioso serbatoio di nutrienti. Il livello di calcio passa in pochi giorni
da 45 a 71 mg per 100 g, quello del fosforo da 423 a 1050 mg e quello del magnesio da 133 a
342 mg. La germinazione fa aumentare significativamente anche il contenuto in amminoacidi
e vitamine; la B1 aumenta del 20%, la B5 del 45%, la B6 del 200%, i carotenoidi del 225%,
la vitamina E del 300% e la vitamina C del 500%.
I germogli del grano sono quindi una miglior fonte di nutrienti rispetto al germe di grano
essiccato. Possono essere prodotti facilmente a casa propria, utilizzando semi di origine
biologica e mettendoli in ammollo in acqua tiepida per 12 ore. Successivamente andranno
riposti in un piatto fondo, ricoperto con una garza umida che li protegga dalla luce diretta e
dall'essiccamento. Lasciandoli ad una temperatura di 20°C ed avendo cura di bagnarli
leggermente due volte al giorno, i germogli di grano potranno essere consumati dopo tre o
quattro giorni. Per un adulto la dose consigliata è quella ottenuta a partire da un cucchiaio di
semi secchi.
Pressando il germe di grano si ottiene l'omonimo olio che rappresenta la migliore fonte
alimentare di vitamina E (133 mg/100 g contro i 18.5 mg/100g dell'olio di oliva). Questa
vitamina è un potentissimo agente antiossidante, fondamentale nella lotta ai radicali liberi,
nella difesa della salute e nella prevenzione dell'invecchiamento. L'olio di germe di grano è
inoltre ricchissimo di acidi grassi essenziali, anch'essi alleati preziosi della nostra salute,
purché l'alimento venga consumato crudo (sconsigliato il suo impiego per fritti e soffritti). Se
assunto sottoforma di integratore, l'olio di germe di grano va preso al termine del pasto (i
grassi presenti negli alimenti favoriscono l'assorbimento della vitamina E), seguendo le
indicazioni del produttore.
Consumato regolarmente, sostituendo una parte dei cibi raffinati con cereali integrali o
ricorrendo ad integratori specifici, il germe di grano permette di colmare le numerose carenze
della dieta occidentale, ipercalorica da un lato ma povera dei princìpi nutritivi essenziali per il
nostro benessere dall'altro.
Il germe di grano contiene anche una sostanza chiamata octacosanolo, che, secondo le
ricerche del fisiologo americano Thomas Cureton, migliorerebbe la prestazione atletica e la
funzionalità dell'ipofisi, ottimizzando l'efficienza fisica e mentale (l'ipofisi è una ghiandola che,
producendo diversi ormoni, regola la funzionalità di numerosi organi e apparati, come quello
riproduttivo, osteomuscolare, endocrino e nervoso). Il germe di grano, in qualunque
formulazione venga assunto, è quindi un ottimo integratore anche per sportivi ed atleti
professionisti.
Il riso
Vedi anche: Riso o pasta? - Riso rosso fermentato - Amido di riso Proteine del riso - Olio di riso - latte di riso
Il riso è un cereale costituito dalla cariosside della Oryza sativa, una pianta erbacea annuale
appartenente alla famiglia delle Graminacee.
Nel nostro Paese rappresenta un importante, ma spesso sottovalutata, alternativa al
frumento, mentre in Giappone ed in Cina fornisce mediamente circa la metà delle calorie
quotidiane. Vediamo allora di riassumere le principali differenze nutrizionali che intercorrono
tra i due alimenti:
-la pasta è più ricca di proteine, mentre il riso contiene più amido; ciò fa sì che durante la
cottura quest'ultimo assorba notevoli quantità di acqua, fino a triplicare il proprio peso; per
questo motivo il riso è un alimento meno calorico e più saziante della pasta.
-Le proteine del riso sono presenti in quantità limitata, in particolare la percentuale di
prolammine è molto bassa; per questo motivo le proteine del riso non sono in grado di
formare glutine ed è quindi molto difficile produrre la pasta di riso (a meno che non si
aggiungano ingredienti particolari utilizzati nei prodotti industriali).
Il valore biologico dei protidi del riso è leggermente superiore rispetto a quello delle proteine
del grano. Si registra, in particolare, un più alto tenore in lisina, che rappresenta
l'amminoacido essenziale limitante nei cereali.
-Il riso non è tossico per il celiaco, è più digeribile rispetto alla pasta (perché il suo amido è
costituito da granuli di piccole dimensioni) e non causa la classica sonnolenza postprandiale.
- Tra tutti i cereali, il riso è quello dotato del minor potenziale allergenico.
- Se integrale, può essere utilizzato, ma pur sempre con una certa moderazione, anche dai
diabetici; il suo indice glicemico è infatti più basso rispetto a quello della pasta.
- Per il suo modesto contenuto proteico, il riso è adatto ai nefropatici ed ai fenilchetonurici;
trattandosi di un alimento antiurico, viene consigliato dai medici agli ammalati di gotta e in
condizioni di iperuricemia.
La lavorazione del riso comprende una prima fase di pulitura, in cui si ha l'eliminazione di
tutte le sostanze estranee tramite diversi passaggi in setacci, calamite, getti di aria ecc.
Segue una fase di sbramatura (in cui si vanno a distaccare le glumelle, una sorta di foglioline
che avvolgono il chicco e che negli altri cereali si staccano spontaneamente al momento della
raccolta).
Dopo queste operazioni preliminari si ottiene un riso integrale, commestibile ma che necessità
di lunghi tempi di cottura, e uno "scarto", chiamato lolla o pula di riso. Quest'ultimo prodotto,
un tempo utilizzato nella preparazione dei mangimi o impiegato in agricoltura come
fertilizzante, è stato poi ampiamente rivalutato, tanto che oggi assume un'importanza elevata
per l'elevato contenuto lipidico, che per estrazione può dare l'olio di riso.
Il riso integrale viene poi sottoposto ad una sbiancatura, con lo scopo di eliminare gli strati
più esterni del chicco. Questa operazione permette l'allontanamento del germe ed il distacco
del pericarpo e dello strato aleuronico, fino ad ottenere la sola mandorla amilifera.
La fase di sbiancatura avviene tramite diversi passaggi da cui si ottengono, in base ad un
grado crescente di raffinazione, diverse tipologie di prodotti: riso semiraffinato, riso
mercantile, riso raffinato di I grado e riso raffinato di II grado (che corrispondono, per
intenderci, alle denominazioni "di tipo II, I, 0 e 00" delle farine).
Effettuata la sbiancatura, si esegue la brillatura finale, cioè un trattamento superficiale con
glucosio o un'oliatura con olio di vaselina, per conferire ai chicchi la tipica lucidità.
Come si può notare osservando la tabella sottostante, le proprietà nutrizionali di un riso
integrale sono migliori, perché durante il processo molitorio si perdono molte fibre, sali
minerali (localizzati soprattutto a livello del pericarpo) e vitamine (concentrate nello strato
aleuronico).
Per rendersi conto dell'importanza nutrizionale del riso integrale basti pensare che
l'introduzione della brillatura nelle regioni asiatiche, in tempi in cui l'alimentazione locale era
quasi esclusivamente basata sul consumo di riso, portò alla comparsa del beri beri, una
malattia causata da deficit di tiamina. Questa sostanza, nota anche come vitamina B1, viene
in gran parte persa nel processo di brillatura, mentre si mantiene in concentrazioni importanti
nel riso integrale ed in quello parboiled.
Parte edibile (%)
Riso brillato
Riso integrale
Riso Parboiled
Energia (Kcal)
332
337
337
Acqua (g)
12,0
12,0
10,3
Proteine (g)
6,7
7,5
7,4
Lipidi (g)
0,4
1,9
0,3
Carboidrati disponibili (g)
80,4
77,4
81,3
Amido (g)
72,9
69,2
73,6
Zuccheri solubili (g)
0,2
1,2
0,3
Fibra totale (g):
1,0
1,9
0,5
Fibra insolubile (g):
0,89
1,80
N.D
Fibra solubile (g):
0,08
0,12
N.D
Sodio (mg)
5
9
9
Potassio (mg)
92
214
150
Ferro (mg)
0,8
1,6
2,9
Calcio (mg)
24
32
60
Fosforo (mg)
94
221
200
Tiamina (mg)
0,11
0,48
0,34
Riboflavina (mg)
0,03
0,05
0,06
Niacina (mg)
1,30
4,70
3,9
vitamina E (mg)
tr
0,7
tr
Acido fitico (g)
0
0,252
N.D
A livello commerciale il riso viene classificato in quattro gruppi: comune originario, semifino,
fino e superfino; questa nomenclatura dipende dalla forma e dalle dimensioni del chicco:
quello comune è più rotondeggiante, mentre quello superfino è più lungo e di dimensioni
maggiori.
CLASSIFICAZIONE DEL RISO E VARIETÀ ITALIANE
COMUNI
(chicchi
SEMIFINI
piccoli
e (chicchi
FINI
tondi
di (chicchi
SUPERFINI
lunghi (chicchi
grossi
tondi).
Cottura 12-13 min.
media lunghezza o affusolati
e
semi lunghi
e
molto
semi
lunghi). affusolati).
lunghi).
Cottura
Cottura 13-15 min.
Cottura 14-16 min.
16-18 min.
Adatti alla preparazione di risotti e contorni.
Indicati
soprattutto
Tengono bene la cottura e rilasciano
per
minestre
in
Adatti per antipasti, pochissimo amido. Per questo sono indicati
brodo e dolci, in
risi
in
bianco, nella preparazione di insalate e di piatti in cui
quanto durante la
i chicchi debbono rimanere ben sgranati
timballi
cottura tendono a
Hanno un valore commerciale, una qualità ed
rilasciare l'amido.
un costo superiore.
Balilla
Rosa
Marchetti* Ribe
Balilla grana grossa Lido*
Bersani)*
Cripto*
Europa
Titanio
Rubino
R.B.
Monticelli
Bali
Ringo
Italico
Selenio
Romanico
Maratelli
Ticinese
P.
Piemonte
Pierrot
Radon
Padano
Razza
253 Romeo*
Veneria
Americano
1600 Vialone
nano Rizzotto
Elio
S.
Argo
Auro
Vialone
Raffaello
Ariete
Bonnet
Loto
Molo
Riva
Cervo
Drago
Smeraldo
(Rinaldo Arborio
Redi
Volano
Roma
Razza
Baldo*
Marchetti Carnaroli**
Italpatna
Silla
Gritna
Andrea* Koral
nero Onda
Strella
Miara
Panda
Vela
Star
77
* Varietà di riso pregiate
** Varietà più pregiate in assoluto
I vari tipi di riso
Oltre al riso integrale e a quello brillato, in commercio si trovano varie tipologie di riso.
Riso a cottura rapida. Viene sottoposto ad una parziale cottura seguita da disidratazione (è
quindi un riso precotto ed essiccato), che consente di accorciare notevolmente i tempi di
cottura
(perché
l'acqua
penetra
all'interno
molto
più
velocemente).
Riso arricchito. Il riso può essere arricchito di vitamine idrosolubili dopo la raffinazione, con
lo scopo di reintegrare le perdite o comunque assicurarne un livello adeguato per l'organismo.
Si ottiene arricchendo il riso brillato con chicchi imbevuti di soluzione vitaminica, nel rapporto
di 1 chicco ogni 200, oppure spruzzando le cariossidi con una soluzione composta da
microelementi. In questo modo si tenta di ripristinare la quantità di sali minerali e vitamine
persa durante il processo di sbiancatura. Dal momento che non sappiamo la quota di
micronutrienti trattenuta durante il processo di cottura (dopo averli assorbiti in fase di
lavorazione potrebbe rilasciarli in maniera importante all'acqua bollente), il riso arricchito non
ha ottenuto un grosso successo commerciale.
Riso integrale: conserva parte della crusca in seguito ad una raffinazione ridotta al minimo
(maggior contenuto di vitamine, minerali e fibre).
Riso parboiled. Il riso integrale, dopo essere stato lasciato immerso in acqua per uno o due
giorni, viene trattato con vapore per aumentarne l'umidità. Questo trattamento favorisce la
migrazione delle componenti idrosolubili, come le vitamine ed i sali minerali, dai tegumenti
esterni verso l'interno del chicco. Dopodiché si esegue un rapido essiccamento in modo che
questi preziosi micronutrienti rimangano confinati al suo interno. Il riso parboiled mantiene un
colorito più giallo rispetto al comune perché, oltre ai sali minerali e alle vitamine, migrano
all'interno anche i pigmenti carotenoidi presenti negli strati esterni.
In genere la varietà Ribe è quella che si appresta di più a questo tipo di trattamento
Riso converted. E' un prodotto analogo al parboiled, ma ottenuto con tecniche più
perfezionate e moderne con cui vengono ridotte maggiormente le perdite dei composti
nutritivi.
Avena
L'avena è una fonte di carboidrati a lenta digestione, ricca di fibre e per questo in grado di
fornire energia a lungo termine senza causare picchi insulinici. Nel nostro Paese le applicazioni
dietetiche dell'avena sono relativamente recenti, nonostante questo cereale abbia alle spalle
antichissime tradizioni. I popoli germanici e scozzesi, per esempio,
basavano la propria alimentazione sull'avena, dal momento che
questa pianta annuale riesce a superare anche i climi rigidi delle
regioni nordiche. In tali zone il consumo di avena è ancora
ampliamente diffuso, soprattutto per la preparazione di gustosi
piatti tradizionali come il porridge.
In Italia, fino a pochi anni fa, l'avena era destinata prevalentemente
all'alimentazione dei purosangue, a quattro (cavalli) e a due zampe
(sportivi di alto livello e "maniaci" della forma fisica). Oggi, i benefici
dell'avena sono ormai giunti agli orecchi del grande pubblico e la
sua diffusione nei prodotti alimentari è sempre più capillare.
Ingrediente tradizionale del muesli, viene ormai aggiunta in quasi
tutti gli alimenti dietetici per la prima colazione.
Nell'alimentazione umana viene utilizzata la cariosside, generalmente privata dei suoi involucri
fibrosi (decorticata) e ridotta in farina (macinazione) o in fiocchi (tramite pressione dei chicchi,
freschi o precotti a vapore).
Avena e celiachia
La tossicità dell'avena per i celaci è tuttora oggetto di dibattito. In passato, infatti, veniva esclusa a priori
dalla dieta del celiaco, mentre diversi studi la dipingono come relativamente sicura. In particolare, se
introdotta pura, ossia non contaminata da proteine del grano, dell'orzo o della segale durante la
lavorazione, l'avena non sarebbe lesiva per la maggior parte (99,4%) dei celiaci.
Bibliografia: Can oats be taken in a gluten-free diet? A systematic review. Scand. J. Gastroenterol. Vol. 42, No. 2 ,
pagine 171-178.
Avena e salute umana: un prezioso alleato contro diabete e colesterolo
Le ottime caratteristiche nutrizionali dell'avena si possono intuire già dalla semplice
osservazione delle tabelle alimentari. Tra tutti i cereali, detiene il primato di alimento più ricco
in proteine (12,6-14,9%) e di sostanze grasse, tra cui l'essenziale acido linoleico. Ottimo
anche il contenuto di fibre solubili, che rendono l'avena un alimento ideale per placare
l'appetito, regolarizzare la funzione intestinale e normalizzare il peso corporeo. Non è quindi
un caso che la medicina popolare descriva la farina di avena come alimento nutritivo e
rinforzante, adatto soprattutto per bambini e convalescenti.
ENERGIA [100 grammi di avena]
389 Kcal
1628.0 Kjoule
Carboidrati
66,27 g
Grassi
6.90 g
Proteine
16.89 g
Fibre
10.6
Colesterolo
0 mg
Tiamina
0,8 mg (51%)
Folati
56,0 mcg (14%)
Acido pantotenico
1,3 mg (13%)
Manganese
4,9 mg (246%)
Fosforo
523 mg (52%)
Magnesio
177 mg (44%)
Rame
0,6 mg (31%)
Ferro
4,7 mg (26%)
Zinco
4,0 mg (26%)
I benefici dell'avena sono talmente lampanti da aver indotto la Food and Drug Administration
Statunitense ad autorizzare l'affermazione che l'avena favorisce l'abbassamento dei livelli di
colesterolo.
Per accentuare il suo effetto ipocolesterolemizzante, si consiglia il consumo di crusca d'avena
(40 grammi al giorno, pari a circa 6-8 g di fibra). Questo alimento, grazie alla sua altissima
capacità di attirare acqua e alla presenza di molti oligoelementi utili, abbassa in tempi brevi il
colesterolo "dannoso" (LDL), senza influenzare quello "buono" (HDL). Mangiare regolarmente
avena è quindi un ottimo modo per proteggere le nostre arterie dall'aterosclerosi.
Una nota interessante riguarda l'ottimo valore biologico delle sue proteine. In particolare
l'avena vanta un buon contenuto in lisina, nettamente superiore rispetto agli altri cereali. Nel
frumento questo nutriente rappresenta l'amminoacido limitante, cioè quell'amminoacido
essenziale che, essendo contenuto in quantità ridotte rispetto agli altri, diviene limitante per la
sintesi proteica. L'avena è quindi un ottimo alimento, nutritivo e riequilibrante, anche per i
vegetariani.
I Β-glucani presenti nella fibra solubile agiscono positivamente anche nei confronti di altre
patologie dismetaboliche tipiche delle società industrializzate. Il basso indice glicemico, per
esempio, la rende un alimento prezioso per i diabetici, che possono beneficiare del suo effetto
stabilizzante sui livelli glicemici. Questa caratteristica è importante anche nella lotta contro i
kg di troppo, poiché aiuta a controllare l'apporto di cibo prolungando il senso di sazietà dopo il
pasto.
Da segnalare anche la presenza di avenina, un alcaloide concentrato nella crusca e dotato di
effetto tonificante, energetico e riequilibrante. L'avena ha inoltre proprietà diuretiche e
lassative (stimola l'intestino pigro), che contribuiscono a renderla una scelta salutare in
qualsiasi momento della giornata.
Grano saraceno
Il
grano
saraceno
(Polygonum
dalle molte somiglianze tra le due piante:
morfologia dei semi triangolari del grano
a quella dei semi del faggio, piròs perché
nero,
tramite
un
processo
di
ottiene uno sfarinato simile alla farina di
A causa delle sue proprietà nutrizionali, e
impieghi alimentari, il grano saraceno
classificato come un cereale, nonostante
alla famiglia delle Graminacee.
fagopyrum), detto
anche grano nero,
è
una
pianta
erbacea
annuale
appartenente alla
famiglia
delle
Poligonacee.
Il
nome
scientifico
fagopyrum deriva
dal latino fagus
(faggio) e dal greco
piròs
(frumento);
quest'origine
etimologica è data
fagus perché la
saraceno è analoga
dai semi del grano
macinazione,
si
frumento.
dei
notevoli
viene
spesso
non
appartenga
La pianta
La pianta di grano saraceno presenta un
apparato
radicale
non molto sviluppato. Il fusto è privo di
peli (glabro), di
forma cilindrica e con una colorito che
varia in base allo
stato di maturazione della pianta:
inizialmente appare
verde, ma con il passare del tempo mano a mano che
la pianta matura - diviene rosso-brunastro.
Al temine di ogni ramo si nota la presenza di un'infiorescenza, il cui colore può essere bianco o
rosa a seconda della varietà raccolta. Le foglie della pianta di grano saraceno sono ovato triangolari, disposte in maniera alterna e prive di peduncolo verso la sommità del ramo. Il
frutto è un piccolo achenio, quindi un frutto secco con all'interno un piccolo seme.
La raccolta dei frutti del grano saraceno avviene quando hanno raggiunto una colorazione
scura. Il processo di raccolta dev'essere preceduto da quello di essiccazione, per un periodo
che
varia
dai
10
ai
20
giorni.
La pianta di grano saraceno riconosce il proprio habitat naturale nelle zone dove il clima non è
particolarmente freddo, e dove la temperatura ambientale si aggira attorno ai 20°C. Teme
moltissimo gli sbalzi di temperatura e la carenza d'acqua; per questo motivo svolge il proprio
ciclo vitale interamente durante la primavera e l'estate. La pianta di grano saraceno predilige
i terreni non molto concimati e con pH acido.
La storia
Il grano saraceno ha origini molto antiche. La sua coltivazione inizia nelle zone della Siberia,
della Manciuria e della Cina. Con il passare del tempo, il grano saraceno inizia ad essere
coltivato anche in Giappone, in India e in Turchia. In Italia sbarca nel XV secolo, grazie al
commercio marittimo attraverso il Mar Nero, e solo dopo il medioevo acquisisce una
distribuzione
ed
una
coltivazione
degna
di
nota
anche
a
livello
europeo.
Il grano saraceno è tuttora molto utilizzato nella cucina tradizionale; rientra infatti in molte
ricette mondiali e nella tradizione culinaria italiana. Ad esempio, il grano saraceno trova
impiego nella cucina di montagna come ingrediente base per la produzione della “polenta
taragna”, dei “pizzoccheri valtellinesi” e degli “sciatt”, tipici dolci della Valtellina.
Grano saraceno: caratteristiche nutrizionali
Il grano saraceno possiede tutte le caratteristiche nutritive di un cereale e di un legume, pur
non essendo, dal punto di vista botanico, né uno (non appartiene alla famiglia delle
Graminacee) né l'altro (non appartiene alla famiglia delle Leguminose o Fabacee).
Il seme di grano saraceno è composto principalmente da amido, rispettivamente 25% amilosio
e 75% amilopectina. L'abbondante presenza di quest'ultima lo rende facilmente digeribile.
Le proteine contenute nel seme di grano saraceno vantano un buon valore biologico. Sono
infatti composte sia da amminoacidi essenziali, come lisina, treonina e triptofano, che da
amminoacidi
contenenti
zolfo.
Il grano saraceno non presenta nella sua composizione proteica le gliadine del glutine; ciò
significa che può essere impiegato in tutti gli alimenti gluten-free adatti alle persone affette da
celiachia.
I lipidi presenti nel grano saraceno sono composti sia da acidi grassi saturi (da 8 a 18 atomi di
carbonio), che da mono (16:1, 18:1, 22:1) e polinsaturi (18:2 e 18:3).
Il grano saraceno è ricco di sali minerali come ferro, fosforo, rame, zinco, selenio e potassio.
Quest'ultimo supera addirittura la quota contenuta negli altri cereali. Una preziosa
componente, sia del seme che della parte vegetale, è rappresentata dagli antiossidanti.
Le vitamine contenute nel grano saraceno sono principalmente la B1, la B2, la niacina (PP) e
la B5.
Per
approfondire
i
valori
nutrizionali
del
grano
saraceno
clicca
qui.
Tra gli antiossidanti presenti, ricordiamo la rutina e i tannini, più concentrati nella parte
erbacea,
quindi
nella
foglia.
La rutina è un glicoside della quercetina, che ha come pregio salutistico il rafforzamento della
parete dei capillari. I prodotti a base di rutina possono quindi prevenire la comparsa di
emorragie, migliorando il microcircolo ed esibendo una spiccata proprietà antinfiammatoria ed
antiossidante. Oltre alla presenza di rutina, il grano saraceno contiene altri flavonoidi, come la
vitexina,
la
isovitexina,
la
isorientina
e
la
quercitina.
Il grano saraceno, grazie alla sua capacità di fornire energia e “vigore”, può essere introdotto
nella dieta per sportivi, per le donne in gravidanza e per le persone anziane. Inoltre, come
ricordato,
può
essere
assunto
anche
da
persone
celiache
Rimanendo sempre in ambito alimentare, il grano saraceno possiede un difetto, che è quello
di essere un potenziale allergene. Le allergie alimentari nei confronti di questo cereale si
concentrano soprattutto in Asia, ma recentemente sono comparse anche in Italia.
Gli impieghi del grano saraceno
Alcuni studiosi hanno effettuato delle ricerche sulle proteine del grano saraceno, rilevando una
particolare affinità al colesterolo che consentirebbe di ridurne significativamente
l'assorbimento intestinale. Altri test di laboratorio stanno valutando l'impiego del grano
saraceno come prodotto coadiuvante i medicinali contro le patologie reumatiche. Inoltre, il
grano saraceno possiede attività galattogoghe, quindi sarebbe utilissimo alle mamme in fase
di
allattamento.
In ambito veterinario, il grano saraceno può essere utilizzato come foraggio. Un consumo
abbondante può tuttavia provocare la cosiddetta intossicazione da grano saraceno o
fagopirismo. I sintomi di questa intossicazione compaiono sull'animale solamente dopo
l'esposizione ai raggi solari. Una volta esposto al sole, si può notare un arrossamento delle
parti prive di pelo, come le mammelle, le palpebre, le orecchie e le labbra. L'arrossamento
può essere accompagnato anche dalla comparsa di vescicole e croste di color scuro, mentre
nei casi più gravi l'intossicazione da grano saraceno può produrre un'infezione batterica
seguita da necrosi.
La storia del Kamut
La farina di Kamut deriva dai processi di macinazione, abburattamento, calibrazione ed
eliminazione di eventuali impurità, del frumento orientale, noto anche come grano rosso o
Khorasan. Durante gli anni settanta, un agronomo e biochimico statunitense, Bob Quinn, si
interessò a questa tipologia di grano e la chiamò Kamut. Il nome deriva da Ka'moet che, che
nella lingua egizia significa “anima della terra”. Quindi il
nome Kamut, utilizzato per identificare qualsiasi prodotto a
base di questa farina, è di pura fantasia e non deriva dal
nome del grano.
Il cereale Khrosan, noto anche con il nome Kamut,
appartiene alla famiglia delle graminacee e alla specie del
grano duro (Triticum durum).
Il cereale presenta un fusto alto anche 180 centimetri; la
cariosside, ossia il chicco, si presenta nuda e più lunga di
qualsiasi altro frumento. Il kamut è originario della
cosiddetta “mezzaluna fertile”, regione situata tra l'Egitto e
la Mesopotamia.
Il grano Kamut è maggiormente adatto alle colture
biologiche, perché cresce molto bene senza l'impiego di
fertilizzanti e/o pesticidi. Attualmente è quindi coltivato
biologicamente un po' in tutte le aree del mondo.
UTILIZZO
La farina di Kamut può essere impiegata come alternativa alla farina di grano duro, per la
produzione di pasta e sfarinati ad uso alimentare. Inoltre, il chicco di Kamut viene utilizzato
come ingrediente di zuppe, minestre, minestroni ed insalate. La preparazione del cereale
Kamut richiede molto tempo, perché dev'essere lavato e messo ad ammorbidire in acqua per
una notte. Terminata la procedura di preparazione, il cereale può essere cotto in acqua
bollente e salata per almeno un'ora.
ASPETTI NUTRIZIONALI
Il grano Kamut possiede un elevato potere energetico e calorico, perciò è consigliato a tutte le
persone che praticano attività sportive, ai bambini in fase di crescita e a tutte le persone
anziane. Le calorie apportate da 100 grammi di grano Kamut sono maggiori di quelle conferite
da 100 grammi di grano comune. Inoltre, il Kamut è ricco di selenio, magnesio, zinco,
vitamina E, lipidi ed acidi grassi. Vedi anche Valori nutrizionali del Kamut crudo e del Kamut
cotto.
Gli aminoacidi che si ritrovano in maggior quantità nel grano di Kamut sono la treonina, la
cistina, l'arginina, l'istidina, l'acido aspartico e la serina. Vista la notevole energia che può
conferire all'organismo, il Kamut può essere considerato un cereale ad alto valore energetico.
Come qualsiasi altro cereale, se non è stato sottoposto a processi particolari di miglioramento,
non ha un tenore elevato di glutine, perciò risulta facilmente digeribile anche dalle persone
che soffrono di lievi intolleranze. Vista la presenza di glutine, il grano Kamut e tutti suoi
derivati, non possono tuttavia essere assunti dalle persone affette da celiachia.
Pane
Secondo la legge italiana, il pane rappresenta:
il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata,
preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune.
Secondo la legge, quindi, il pane può essere prodotto con la farina (di grano tenero, ottenendo
prodotti più comuni al nord) oppure con la semola (di grano duro, ottenendo pani - come
quello di Altamura - tipici del sud Italia). Se sono presenti solo questi ingredienti base si parla
di pane comune, mentre in presenza di altri ingredienti si parla di pani speciali (all'olio, al
latte, al sesamo ecc.).
Nella preparazione del pane, il primo ingrediente essenziale è l'acqua, poiché permette
l'interazione tra le diverse catene proteiche di gliadine e glutenine, con formazione di glutine;
inoltre, l'acqua viene assorbita dai globuli di amido, che assumono, così, una consistenza
gelatinosa. Infine, nell'acqua sono contenuti dei sali che favoriscono la formazione di legami
ionici con gruppi amminoacidici con carica opposta; si ha così un aumento delle interazioni tra
le varie catene proteiche ed una migliore solidità del glutine. La coppia ferrarese IGP, per
esempio, deve la sua peculiare tenacità alla caratteristica durezza dell'acqua di Ferrara.
Nella preparazione del pane è ammessa l'aggiunta di additivi, quali acido ascorbico (200
mg/Kg) ed emulsionanti (0,2 % sul prodotto finito, ma solo per pani speciali addizionati di
grassi). La vitamina C esercita da un lato un'importante azione antiossidante, quindi
conservante, mentre dall'altro migliora la panificazione. Nelle farine, infatti, sono presenti
degli enzimi in grado di trasformare l'acido ascorbico (vit. C) nella sua forma ossidata (acido
deidroascorbico), che va ad ossidare i gruppi tiolici (SH) delle cisteine, formando un ponte
disolfuro (S-S più acido ascorbico); questi legami covalenti rendono più saldo il glutine,
formando un reticolo proteico più resistente al rigonfiamento. D'altra parte, gli emulsionanti solitamente si aggiunge lecitina di soia - vengono invece addizionati per favorire la dispersione
del grasso nell'impasto.
Il terzo ingrediente importante è il lievito, che può essere di diversi tipi e come tale
influenzare la produzione del pane e le sue caratteristiche organolettiche.
LIEVITO
INDUSTRIALE
COMPRESSO
(lievito
di
birra)
LIEVITO
NATURALE
O
DI
PASTA
ACIDA
- LIEVITANTI CHIMICI Bicarbonato di Na+ o NH4+ addizionati di sostanze acide
(acido tartarico, tartrato acido di K)
Il lievito è una coltura di Saccharomyces Cerevisiae, microrganismi capaci di operare la
fermentazione alcolica, cioè la trasformazione del glucosio in anidride carbonica ed etanolo;
nella preparazione del pane, dal momento che siamo in condizioni aerobiche, prevale la
produzione di CO2, mentre in quella del vino, dove gli stessi microrganismi lavorano in
anaerobiosi, prevale quella di etanolo (o alcol etilico).
Il lievito industriale compresso (il classico "cubetto di lievito di birra") consente di preparare
l'impasto in modo abbastanza veloce; tuttavia non dà ai lieviti il tempo necessario per operare
una fermentazione spinta, durante la quale si producono anche altre sostanze - come l'aldeide
acetica, l'acido succinico ed alcoli a catena lunga - che migliorano l'aroma del prodotto; con il
lievito industriale, quindi, si ottiene un pane che lievita particolarmente bene ma scarsamente
aromatico.
Il lievito naturale o di pasta acida non è altro che il residuo della lavorazione del giorno
precedente; in pratica, ogni giorno viene tenuto da parte un po' di impasto per il giorno
successivo; l'indomani, a questa madre vengono aggiunti a poco a poco i quantitativi di acqua
e farina necessari per preparare il pane. Durante le 24 ore di attesa i microrganismi
dell'impasto madre continuano a lavorare, producendo elevate quantità di sostanze
aromatiche; di conseguenza, si ottiene un pane più aromatico, con un flavour migliore, ma
che necessita di un tempo di panificazione molto lungo (acqua e farina devono essere
aggiunte poco alla volta). Per questo motivo l'utilizzo di lievito naturale di pasta acida è ormai
relegato a pochi panifici artigianali.
I lievitanti chimici, che in genere sono contenuti nella classica bustina, sono acidi bicarbossilici
(in particolare acido tartarico) addizionati di sostanze basiche, come il bicarbonato di sodio e
di potassio. All'interno della bustina tali sostanze non reagiscono, ma lo fanno non appena
vengono aggiunte all'impasto, sviluppando una reazione che porta alla produzione di anidride
carbonica; questo gas va quindi ad estendere il reticolo glutinico esattamente come fa la CO2
prodotta dal metabolismo dei lieviti. E' chiaro che in questo modo la lavorazione del pane
diventa particolarmente rapida, in quanto la reazione è immediata, ma è altrettanto chiaro
che non si ha alcuna formazione di sostanze aromatiche (per questo i lievitanti chimici
vengono generalmente impiegati nella preparazione dei dolci, dove l'aroma è conferito da altri
ingredienti).
2 NaHCO3 + H2C4H4O6 ----> Na2C4H4O6 + 2 H2O + 2 CO2
Tipo di pane
Kcal
Acqua (g)
Carboidrati (g) Grassi (g)
Proteine (g)
Fibre (g)
Pane azzimo
377
4,5
87,1
0,8
10,7
2,7
Pane integrale
224
36,6
48,5
1,3
7,5
6,5
Pane di segale
219
37
45,4
1,7
8,3
4,6
Pane tipo 00
289
29
66,9
0,4
8,6
3,2
Pane tipo 0
275
31
63
0,5
8,1
3,8
Pane tipo 1
265
34
59,7
0,6
8,9
-
Preparazione del pane >>
Preparazione del pane
La preparazione del pane consta di varie fasi.
- IMPASTAMENTO: addizione di acqua alla farina, quindi idratazione delle proteine - con
formazione di glutine - e dei granuli di amido, che si imbibiscono diventando gelatinosi.
- LIEVITAZIONE: i lieviti trasformano il glucosio in anidride carbonica ed alcool etilico,
originando piccole quantità di sostanze aromatiche. Il primo nutrimento del lievito è dato
dall'esigua percentuale (1,5%) di destrine e glucosio contenuti nella farina; in quest'ultima
sono inoltre presenti degli enzimi, in particolare delle alfa-amilasi, che durante la lievitazione
digeriscono l'amido, fornendo ai lieviti il glucosio necessario per operare la fermentazione. E'
quindi molto importante stabilire i giusti tempi di lievitazione; se questa è troppo breve,
infatti, l'impasto non lievita sufficientemente, mentre quando perdura troppo a lungo,
l'eccessiva degradazione dell'amido fa sì che il prodotto assuma una struttura irregolare,
caratterizzandosi per una mollica molto lassa. Anche le condizioni di lievitazione devono
essere attentamente controllate; in genere, a livello industriale si utilizzano delle celle in cui la
temperatura è compresa tra i 23 ed 25°C, con umidità relativa pari all'80-85%.
- FORMATURA: trasformazione dell'impasto nelle forme tipiche in relazione alle abitudini locali,
a
cui
segue
un
breve
ed
ulteriore
periodo
di
lievitazione.
- COTTURA: generalmente avviene in forni elettrici, regolati ad una temperatura di 200 - 300
°C, che viene mantenuta per 15' - 60' a seconda della pezzatura del pane; naturalmente un
panino di 50 grammi richiede tempi e temperature inferiori rispetto ad un pane da 1 kg.
Durante la cottura avvengono delle trasformazioni molto importanti. Dopo l'infornatura, la
temperatura del pane passa dai valori ambientali a livelli superiori, salendo uniformemente
all'interno e all'esterno del prodotto; fino ai 35-40°C i lieviti continuano a proliferare e si nota
quindi un aumento dell'impasto, esattamente come succede quando si inforna una torta.
Superati i 45-50°C, i lieviti iniziano a morire e la lievitazione cessa; contemporaneamente,
l'acqua evapora, i legami del glutine si irrigidiscono e l'amido solidifica, donando all'impasto
una consistenza maggiore. Verso i 100°C, in superficie comincia a formarsi la crosta, molto
importante perché impedisce all'acqua interna di continuare ad evaporare, mantenendo la
morbidezza della mollica. In seguito la temperatura esterna continua a salire, ma quella
interna rimane costante proprio grazie all'isolamento della crosta. In superficie, intanto, si
assiste alla cameralizzazione degli zuccheri, che porta all'imbrunimento della crosta e
conferisce al pane il caratteristico odore di cotto. Si ha inoltre una reazione tra gli zuccheri ed
i gruppi amminici delle proteine (chiamata reazione di Maillard o di imbrunimento non
enzimatico), da cui originano composti giallo-bruni che conferiscono al prodotto il classico
colore del pane cotto. Questa reazione, molto complessa, avviene in tutti i processi cottura,
compresa quella della carne (specie se grigliata) e porta alla formazione di numerosi composti
non ancora completamente individuati.
PANE: TRASFORMAZIONI DURANTE LA COTTURA
30° C
Grazie all'intensificazione della fermentazione e alla produzione enzimatica di
zuccheri semplici a partire dall'amido, che si ammorbidisce e plasticizza,
inizia l'espansione del gas;
45°- 50°C
Inattivazione e morte dei microrganismi responsabili della lievitazione
(saccaromiceti);
50°- 60°C
L'amido inizia a solidificarsi e le proteine iniziano a denaturare;
60°- 80°C
L'amido è già solido e l'attività degli enzimi si interrompe. L'alcol formatosi
evapora ed inizia la caramellizzazione degli zuccheri;
100° C
L'impasto diventa rigido, comincia la produzione di vapore acqueo e la
formazione della crosta;
110°-120°C
Formazione di un colore giallo chiaro sulla crosta (dovuto alle destrine);
130°-140°C
Formazione di un colore bruno sulla crosta;
140°- 50°C
Caramellizzazione (abbronzamento della crosta);
150°-200°C
Formazione di prodotti croccanti aromatici.
Tipi di pane
PANI SPECIALI: possono essere aggiunti burro, olio d'oliva o strutto, in quantità non inferiori
al 4,5 % sulla sostanza secca, ma anche latte e polvere di latte, mosto d'uva, uva passa, fichi,
olive
ecc…
Il pane speciale dev'essere tenuto in scaffali separati rispetto al pane comune e recanti
l'indicazione
dell'ingrediente
aggiunto.
PANE A CASSETTA O PANCARRE': contiene un discreto tenore di umidità, importante per
conservarne
a
lungo
la
freschezza.
PANE TOSTATO: si ha l'eliminazione di gran parte del contenuto idrico (4-8%).
GRISSINI, CRACKERS
PANE PROTEICO
DETERMINAZIONE DELL'UMIDITA'
Fino a 70 grammi
Umidità max 29%
Da 100 a 250 grammi
Umidità max 31%
Da 300 ma 500 grammi
Umidità max 34%
Da 600 a 1000 grammi
Umidità max 38%
Oltre 1000 grammi
Umidità max 40%
In caso si pane integrale + 2%
Il pane proteico
PANE PROTEICO: CARATTERISTICHE PRINCIPALI
La quasi totalità delle diete dimagranti impone un limitato consumo di pane. Questo alimento
ha infatti un contenuto calorico medio alto, (in 100 grammi di pane sono contenute circa 275
Kcal, 75 in meno di un uguale quantitativo di pasta).
L'eccesso di calorie non è dovuto alla presenza di grassi (in realtà quasi assenti) ma
all'importante contenuto in carboidrati (circa il 63%).
Assumere troppi carboidrati, oltre ad elevare il contenuto calorico, altera l'ottimale
bilanciamento del pasto. Per esempio se si consumano 200 grammi di pane, per rispettare la
corretta ripartizione di calorie tra i vari macronutrienti occorre aggiungere circa 150 grammi di
petto di pollo e 20 grammi di olio d'oliva.
La seguente ricetta aumenta il contenuto lipidico e proteico del pane bilanciandolo dal punto di
vista energetico. Si tratta di una modifica apportata alla ricetta PANE PROTEICO proposta dal
dottor Albanesi sul suo sito (www.albanesi.it).
PANE PROTEICO: INGREDIENTI
Acqua 350 cc., farina bianca tipo 00 350 g, proteine del siero del latte (o di soia) 150 g, un
cucchiaino di sale, un cucchiaio di zucchero o di fruttosio, un cubetto di lievito al naturale
(sbriciolarlo bene), 25 grammi di semi di sesamo.
PANE PROTEICO: PREPARAZIONE
Sciogliere il lievito in un po' d'acqua sottraendola al totale da utilizzare. Impastare con cura i
vari ingredienti aggiungendo acqua e farina un poco per volta fino ad ottenere un composto
omogeneo, privo di grumi. Riporre l'impasto in una ciotola, coprirlo con uno strofinaccio ed
una copertina e lasciare levitare per almeno due ore (fino a quando non sarà raddoppiato di
volume). A lievitazione avvenuta impastare nuovamente per dare al composto la forma
voluta, stendere il tutto su una pirofila unta di olio e spargere i semi di sesamo rimasti.
Cuocere in forno a 180°C per circa un'ora.
NOTE:
L'ideale è scegliere proteine dal gusto neutro; da evitare proteine al gusto di vaniglia,
cioccolato, fragola e simili.
Utilizzando le proteine dell'uovo si otterrà un pane più compatto, più saziante, ma meno
digeribile.
La scelta del lievito è molto importante: usarne troppo poco o di scarsa qualità rende il pane
troppo duro e compatto. Con del buon lievito si ottiene un pane veramente appetibile, è
consigliato l'uso del lievito di birra, purché fresco.
PANE PROTEICO: PROPRIETÀ NUTRIZIONALI
Il pane proteico preparato con gli ingredienti sopra descritti ha le seguenti proprietà
alimentari (per 100 g di prodotto crudo):
ENERGIA
275 kcal
carboidrati
40,2 g
proteine
24,2 g
grassi
3,2 g
La pasta proteica >>
Riso o pasta?
In cucina è meglio scegliere il riso o la pasta, quale di questi due alimenti ha le migliori
caratteristiche nutrizionali?
PASTA DI SEMOLA
Energia
RISO
353 Kcal
Energia
332 Kcal
1389 Kjoule
1476 Kjoule
Parte edibile
100 %
Parte edibile
100 %
Acqua
10,8 g
Acqua
12,0 g
Carboidrati
79,9 g
Carboidrati
80,4 g
Lipidi
1,4 g
Lipidi
0,4 g
Proteine
10,9 g
Proteine
6,7 g
Fibre
2,7 g
Fibre
1,0 g
Osservando le tabelle sovrastanti si può effettuare un primo confronto tra questi due alimenti:
la pasta ha un contenuto calorico leggermente superiore, è più ricca di lipidi, proteine e fibre
mentre è più povera di acqua e carboidrati.
Occorre però precisare che il riso, pur avendo un contenuto proteico inferiore alla pasta, ha un
indice chimico* superiore che lo rende sotto questo punto di vista equivalente, se non
addirittura superiore alla pasta.
Il riso è anche più digeribile poiché l'amido di riso è composto da granuli di dimensioni inferiori
ed è povero di amilosio (necessita solamente di 1 o 2 ore di attività gastrica contro le 3 o 4
ore della pasta) . Il suo peso aumenta notevolmente durante la cottura, basti pensare che da
1 etto di riso crudo si ottengono circa 320 grammi di riso cotto. Per questo motivo ha un
indice di sazietà superiore alla pasta.
Il riso parboiled così come quello integrale, conserva intatte gran parte delle vitamine
contenute nel chicco. Infine il riso può essere utilizzato anche dai celiaci, poiché contiene poca
prolammina, una sostanza che partecipa alla formazione del glutine.
Insomma, sebbene i due alimenti siano simili dal punto di vista nutrizionale, il riso vanta
alcune caratteristiche che lo rendono, anche se di poco, migliore della pasta.
* INDICE CHIMICO: è dato dal rapporto tra la quantità di un dato aminoacido in un grammo
della proteina in esame e la quantità dello stesso aminoacido in un grammo della proteina di
riferimento biologica (dell'uovo). Più è alto questo indice e maggiore sarà la percentuale di
aminoacidi essenziali.
Vedi: PROFILO AMINOACIDICO DEGLI ALIMENTI .
LA PASTA
La Pasta "in bianco", fa ingrassare?
La risposta ad uno dei miti più duri da sfatare
"Ciao Luca, come va?!
Tutto bene, grazie!
Sai, vorrei perdere qualche chilo in vista dell'estate per cui mi sono messo a dieta. Adesso a
mezzogiorno mangio solo pasta scondita o riso in bianco..."
?!
Solo pasta?! La pasta è un alimento con un contenuto medio alto di calorie. In 100 grammi di
pasta cruda sono contenute all'incirca 360 Kcal, quasi 100 in più del pane comune.
L'eccesso calorico non è dovuto alla presenza di grassi (in realtà quasi assenti) ma
all'importante contenuto in carboidrati (circa l'80%).
Pasta in bianco?
perché un eccesso di carboidrati fa ingrassare? In seguito all'assunzione di carboidrati il nostro
corpo scinde le catene di polisaccaridi in glucidi sempre più semplici. Tali zuccheri vengono
assorbiti dall'intestino e causano un aumento della glicemia (la quantità di zuccheri presente
nel sangue).
Un valore di glicemia troppo elevato è dannoso per il nostro corpo che si protegge
aumentando l'insulina, un ormone dal forte potere ipoglicemizzante. Gli zuccheri presenti nel
sangue, grazie all'azione insulinica, vengono assorbiti dalle cellule dei vari tessuti ed il loro
livello nel sangue diminuisce.
Una volta entrati nelle cellule i carboidrati del nostro piatto di pasta hanno tre possibilità:
essere utilizzati per produrre energia chimica
essere depositati sotto forma di glicogeno
essere trasformati in grassi, qualora le riserve di glicogeno fossero sature
Se nella cellula entrano quantità costanti di zuccheri essa sarà in grado di utilizzarle un po'
alla volta per produrre energia.
Se nella cellula entrano grandi quantità di zuccheri, vi sarà un surplus di glucosio che dovrà
essere in gran parte depositato nelle riserve. Il consumo dei grassi, qualora fosse attivo, verrà
bloccato ed inizierà il processo di accumulo:
se le riserve sono già sature, allora la nostra cellula sarà costretta ad iniziare i processi di
trasformazione del glucosio in grasso. (la quantità massima di glicogeno accumulabile è di
circa 300 grammi, mentre i grassi possono essere accumulati in chili e chili di tessuto adiposo
superfluo).
Come abbiamo visto, quando nella cellula entrano grossi quantitativi di glucosio, la glicemia si
abbassa. Più velocemente si innalza la glicemia e più bruscamente verrà abbassata.
Il brusco calo della glicemia (ipoglicemia postprandiale) attiva lo stimolo della fame poiché il
cervello, che è il principale utilizzatore di glucosio, percepisce il repentino calo di zuccheri e dà
l'impulso affinché venga reintrodotta nuova energia tramite altri carboidrati.
Si innesca una specie di circolo vizioso che, oltre a farci ingrassare, ci fa sentire più stanchi e
svogliati aumentando, tra l'altro, il rischio di sviluppare patologie come l'arteriosclerosi ed il
diabete .
Se poi aggiungiamo del condimenti molto grassi il disastro è completo. Bastano 25 grammi di
burro e 80 g di pasta per raggiungere le 470 kcal, cioè circa 1/3 del fabbisogno calorico
quotidiano di una signora sedentaria di mezza età.
Come difendersi dal brusco aumento della glicemia?
bilanciando correttamente gli alimenti: se al nostro piatto di pasta aggiungiamo del pomodoro
e del macinato di bovino magro, la digestione sarà più lenta, i carboidrati verranno assorbiti
più lentamente e non ci saranno brusche variazioni della glicemia. Nella cellula entreranno
modeste quantità di zuccheri per un periodo abbastanza lungo, lo stimolo della fame sarà
soppresso e si eviteranno sonnolenza e spossatezza.
Mangiare pasta o riso in bianco significa consumare un piatto con un contenuto lipidico molto
basso, ma non per questo dietetico. Il fallimento delle diete ad alto contenuto di carboidrati è
un mito duro a morire, specie in un Paese come il nostro che per anni ha decantato i pregi
della dieta mediterranea ignorandone i difetti.
Se avete intenzione di mettervi a dieta e non volete rinunciare al piacere della pasta è meglio
ridurre il suo consumo ed aumentare leggermente quello dei "condimenti". Alcune idee?
Pasta tonno pomodoro
Pasta pollo e peperoni
Spaghetti funghi e zucchine
Pasta con macinato di manzo magro e zucchine
Pasta con salmone e prezzemolo
Pasta al pollo tricolore
Rispettando la tradizione mediterranea, questa ricetta rappresenta un pasto ideale per tutti
coloro che vogliono preparare un pasto veloce, completo e salutare.
Caratteristiche principali: pasto ad alto contenuto in fibre, ottima fonte di carboidrati
complessi, di acidi grassi monoinsaturi e poliinsaturi, carotenoidi, vitamina A, vitamina C,
vitamina E ed amminoacidi . Trascurabile il contenuto in grassi saturi e in carboidrati semplici
.
Se il vostro obiettivo non è quello di costruire massa muscolare, o in caso di patologie
epatiche e/o renali riducete i 150 g di pollo a 80-100 grammi. Le quantità di alimenti sono
riferite all'uomo standard di riferimento (1,75 x 75Kg), fisicamente attivo, con abitudini di vita
attive che consuma almeno quattro pasti completi al giorno.
Preparazione:
In una pentola portare ad ebollizione l'acqua. Mentre l'acqua si scalda, sminuzzate i pomodori
ed i peperoni ma evitate di ridurli in pezzi troppo piccoli, riponeteli in una padella con la base
ricoperta da un sottile velo di acqua ed aggiungete il petto di pollo a pezzetti. Chiudete la
pentola con un coperchio e riscaldate a fuco lento. Quando l'acqua bolle aggiungete la pasta e
fate bollire per 10 minuti. Mentre la pasta cuoce togliete il coperchio dalla pentola in cui
stanno cocendo i peperoni. i pomodori ed il pollo, aggiungete le olive ed alzate la fiamma e
mescolate il tutto. Quando è cotta, scolate la pasta ed aggiungete il contenuto della padella ed
un filo d'olio.
Le quantità di alimenti sono riferite all'uomo standard di riferimento (1,75 x 75Kg),
fisicamente attivo, con abitudini di vita attive che consuma almeno quattro pasti completi al
giorno
Spaghetti funghi e zucchine
Guardando la composizione in macronutrienti della ricetta, vediamo che essa rispecchia a
grandi linee i princìpi contenuti nella dieta a zona.
Questo tipo di dieta prevede che ogni pasto sia caratterizzato da un rapporto costante tra i tre
macronutrimenti: 40% di carboidrati, 30% di proteine e 30% di grassi.
In Italia come in altre parti del mondo si è molto discusso su questo tipo di dieta;
indubbiamente la zona racchiude in sé molti princìpi validi e condividibili mentre altri devono
ancora essere confermati ed accettati dalla comunità scientifica internazionale.
Personalmente la ritengo di indubbia efficacia ma troppo rigorosa e difficile da seguire.
CARATTERISTICHE PRINCIPALI: piatto ricco di carboidrati complessi (gli spaghetti sono il tipo
di pasta a più basso indice glicemico ), fibre, proteine di alto valore biologico e grassi
monoinsaturi.
Apprezzabile il contenuto in minerali e vitamine.
Molto basso il contenuto in grassi saturi e colesterolo.
PREPARAZIONE: in una pentola portare ad ebollizione l'acqua. Mentre l'acqua si scalda ungete
con un po' dolio una padella antiaderente e riscaldate a fuoco medio. Quando la padella sarà
ben calda fate saltare le zucchine che avete precedentemente tagliato in tanti piccoli dischetti
del diametro di 2-3 mm. Cocete per qualche minuto a fuoco vivo, dopodichè aggiungete il
macinato e fatelo rosolare finché non assume il caratteristico colore marrone. Abbassate al
minimo la fiamma, aggiungete i funghi e mescolate il tutto.
Quando l'acqua bolle aggiungete gli spaghetti e fateli bollire per 8-10 minuti circa. Mentre la
pasta cuoce date un ultima scottata al macinato e alle verdure.
Scolate la pasta, aggiungete il contenuto dell'altra padella, un filo d'olio, spezie a piacere ed il
vostro piatto sarà pronto.
Le quantità di alimenti sono riferite all'uomo standard di riferimento (1,75 x 75Kg),
fisicamente attivo, con abitudini di vita attive che consuma almeno quattro pasti completi al
giorno.
La pasta proteica
Recentemente è stato introdotto anche nel mercato italiano un nuovo integratore "naturale".
Si tratta della pasta proteica, un tipo di pasta caratterizzato da bassi livelli di grassi e
carboidrati abbinati ad un contenuto proteico eccezionale.
I valori nutrizionali dichiarati dai produttori sono sensazionali: pensate che 100 grammi di
pasta proteica apportano mediamente 64 g di proteine, praticamente l'equivalente di 300 g di
petto di pollo.
VALORI NUTRIZIONALI medi per 100 g di Pasta proteica
Valore
Proteine
Carboidrati
Grassi
Fibre 7.5 g
energetico
64
16
5
365
kcal
g
g
g
Questo tipo di pasta si ottiene combinando la tradizionale farina di frumento con proteine della
soia ed albume d'uovo.
Ottimo anche il quantitativo di fibre alimentari.
SAPORE: ovviamente non ho saputo resistere alla tentazione ed ho voluto provarla. Il primo
impatto sinceramente non è stato molto positivo, la pasta proteica infatti non va molto
d'accordo con il tonno al naturale! Dopo aver mangiato a stento metà porzione ho provato a
condirla con olio ed origano ed è diventata una piacevole sorpresa, quasi appetitosa; questo
perché la pasta proteica lega molto in bocca e senza olio si impasta per bene e non ne vuole
sapere di andare giù. Dunque se volete provare questo nuovo integratore ricordatevi di
condirlo con un po' d'olio e qualche spezia.
Ingredienti: proteine della soia, farina di frumento, glutine di frumento, albume di uovo,
proteine vegetali, fibre vegetali, inulina, gomma di guar, sale, acqua. Tempo di cottura: 6-8
minuti.
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La pasta in bianco fa ingrassare?