Cereali Il termine cereali designa un gruppo di piante erbacee appartenenti alla famiglia delle Graminacee, dal cui frutto o cariosside si ottengono alimenti e prodotti alimentari di altissima valenza nutrizionale. Molto probabilmente, i cereali sono stati le prime piante ad essere coltivate dall'uomo, che fin dall'antichità ha saputo coglierne l'importanza dietetica e la versatilità d'utilizzo. I cereali di più largo consumo sono il frumento, il mais, l'orzo, il riso e la segale, mentre avena, sorgo e miglio vengono utilizzati prevalentemente per l'alimentazione del bestiame. Solitamente, si fa rientrare nella categoria dei cerali anche il grano saraceno, che tuttavia non è un vero e proprio cereale, in quanto estraneo alla famiglia delle Graminacee ed appartenente a quella delle Poligonacee; è quindi più corretto chiamarlo pseudocereale, dal momento che - al pari dei cerali "veri" - se ne utilizza comunque il chicco per ottenere degli sfarinati. Al gruppo degli pseudo cereali appartengono anche altre piante, come l'amaranto, la quinoa e il kamut. La parte della pianta utilizzata a scopo alimentare è il frutto secco indeiscente (che non si sbuccia in quanto i tegumenti sono ben adesi al chicco), noto anche come cariosside. Alle nostre latitudini il cereale più diffuso è il frumento, seguito da mais, orzo e riso (più diffuso nei climi caldo-umidi del Sud-est asiatico). Frumento e glutine Farina e semola Pane, preparazione del pane Germe di grano Riso e Avena Riso o pasta? Calorie riso Calorie pasta Amido di riso Amido di frumento Amido di mais Olio di riso Olio di germe di grano Olio di mais Latte di riso - Proteine del riso Caratteristiche nutrizionali Le cariossidi dei cereali si distinguono per l'elevato contenuto in amido, che rappresenta il polisaccaride di riserva tipico di moltissime piante superiori. Per l'uomo, l'amido dei cereali rappresenta una fonte di energia a "lento rilascio" che può quindi essere utilizzata gradualmente nel tempo. I cerali vantano inoltre un basso contenuto lipidico ed un relativamente alto tenore proteico (buono dal punto di vista quantitativo, meno da quello qualitativo, dal momento che sono carenti di alcuni amminoacidi essenziali, come la lisina). Grazie a queste importanti caratteristiche nutrizionali, i cereali rappresentano ormai da millenni l'alimento base delle popolazioni mediterranee; non a caso questi alimenti ed i relativi derivati (pane, pasta e prodotti da formo) si collocano alla base della piramide alimentare, accompagnati da elevate quantità di frutta e verdure fresche. Frumento o grano (Triticum durum) Vedi anche: amido di frumento, muscolo di grano; germe di grano In natura esistono diversi tipi di frumento; quelli maggiormente utilizzati sono due: il Triticum durum (o grano duro) ed il Triticum vulgare (o grano tenero). Anche se le due piante sono molto simili a livello strutturale, non si tratta semplicemente di due diverse varietà, bensì di due specie distinte (il grano duro ha 28 cromosomi, mentre quello tenero ne ha 42). Il grano duro viene utilizzato per ottenere la semola, con cui si preparano la pasta secca industriale (non a caso sulla confezione è riportata la dicitura "pasta di semola") ed alcuni tipi di pane (come quello di Altamura). Per legge, il termine farina dev'essere applicato esclusivamente al prodotto ottenuto dalla macinazione del grano tenero; con semola, invece, si intende il prodotto di macinazione del grano duro. Per altre farine, come quella di mais, è necessario specificare l'origine in etichetta (farina di mais, di avena ecc.). Il frutto del frumento, chiamato cariosside, è interamente ricoperto da un pericarpo fibroso; si tratta di un involucro esterno, costituito da più strati di cellule ricche in cellulosa e sali minerali; questa parte, dopo il processo molitorio, va a costituire la crusca. Al di sotto del pericarpo è presente uno strato monocellulare, costituito da cellule di grandi dimensioni e di forma cubica; questa porzione viene chiamata strato aleuronico e separa il cuore della cariosside dai tegumenti esterni. Dal punto di vista nutrizionale, il pericarpo è particolarmente ricco di nutrienti, come proteine, lipidi, vitamine e sali minerali; tuttavia è particolarmente esiguo in termini quantitativi e, soprattutto, viene perso durante il processo molitorio. A un lato della cariosside troviamo poi il germe o embrione, la porzione che dà origine alla nuova pianta quando seminata nel terreno; anche questa parte viene allontanata durante il processo molitorio, in quanto particolarmente ricca di proteine e soprattutto di lipidi (il famoso olio di germe di grano è largamente utilizzato nel settore dietetico e cosmetico). La maggior parte della cariosside è occupata dall'endosperma amilifero o albume, un tessuto di riserva ricchissimo di granuli di amido e proteine. Proprio da questa porzione si ricavano le farine e la semola destinate all'uso alimentare. Composizione chimica della cariosside di frumento Può variare in relazione a diversi fattori, come la varietà di frumento, il clima, le tecniche colturali (convenzionale, biologica ecc.), il tipo di terreno su cui è coltivato e gli apporti azotati (concimazione). ACQUA (8 18 %) GLUCIDI (72 %), di cui: AMIDO (60 68 %) PENTOSANI (6,5 %), polimeri di aldopentosi non fermentescibili CELLULOSA E LIGNINA (2 - 2,5 %) localizzate negli strati più esterni e per questo assenti nella farina bianca ZUCCHERI RIDUCENTI (1,5 %) (destrine e glucosio che derivano da processi di demolizione dell'amido; si tratta di una percentuale esigua ma estremamente importante, perché viene utilizzata dal lievito come nutrimento per operare il processo metabolico che porta alla lievitazione dell'impasto). PROTEINE (7-18 %): sulla base della loro solubilità in acqua si dividono in quattro classi, comuni a tutti i tipi di cereali (seppur in diversi rapporti): ALBUMINE (9%): si trovano prevalentemente nello strato aleuronico e nel germe, entrambi allontanati durante il processo molitorio (sono quindi assenti nella farina tradizionale); si tratta di proteine ad elevato valore biologico, ricche soprattutto in lisina, prolina, leucina e glutammina. GLOBULINE (5-7%): si trovano nel germe, che viene però allontanato (anche dalla farina integrale) perché ricco in lipidi e come tale soggetto ad irrancidimento; hanno anch'esse un elevato valore biologico e sono ricche in lisina, arginina, serina e cisteina. GLUTELINE e PROLAMMINE (75 - 95 %): abbondano nell'endosperma amilifero; nel frumento le gluteline sono chiamate glutenine, mentre le prolammine prendono il nome di gliadine. Pur essendo abbondanti dal punto di vista quantitativo, scarseggiano sotto il profilo qualitativo, in quanto ricche di cisteina, prolina e glicina, ma povere di lisina e metionina, che rappresentano gli amminoacidi limitanti dei cereali. Ciò impone l'abbinamento con cibi proteici, come il formaggio, le carni, le uova oppure i legumi (che hanno composizione aminoacidica "incompleta", ma complementare a quella dei cereali). Le gluteline e le prolammine del frumento sono importantissime dal punto di vista tecnologico, poiché nel momento in cui si idrata e si impasta la farina interagiscono tra loro formando un reticolo tridimensionale detto glutine. LIPIDI: sono localizzati soprattutto nel germe e comprendono trigliceridi (ricchi in acidi grassi insaturi, che rappresentano dall'80 all'84% della frazione acidica) e piccole quantità di fosfolipidi, glicolipidi e steroli (sitosterolo e campesterolo). SALI MINERALI (1,5 - 2 %): localizzati soprattutto nei tegumenti esterni, quindi nel pericarpo, comprendono fosfati di magnesio e potassio, sali di calcio, ferro, rame e zinco VITAMINE: vitamine del gruppo B (a livello dello strato aleuronico) e vitamina E (più abbondante nel germe). FATTORI ANTINUTRIZIONALI: acido fitico, abbonda nel pericarpo e chela i metalli bivalenti (calcio, ferro, rame, magnesio e zinco) riducendone l'assorbimento. COMPOSIZIONE DELLA CARIOSSIDE DI GRANO E DELLE SUE REGIONI ANATOMICHE (valori medi - g/100g di sostanza secca) Regione anatomica della cariosside di frumento Cellulosa Emicellulosa Lipidi (%) Pentosani (%) Percentuale della cariosside Amido ed altri carboidrati (%) Proteine (%) Tegumenti 9,0 14,0 12,8 2,4 65,2 5,6 Strato aleuronico 8,0 12,0 32,0 8,0 38,0 10,0 3,0 20,0 38,0 15,0 22,0 5,0 80,0 83,0 11,0 3,0 2,0 1,0 Germe Endosperma Sostanze minerali (%) Glutine Il glutine è un complesso alimentare costituito principalmente da proteine; si forma durante l'impasto con acqua della farina di alcuni cereali, tra cui frumento, farro, segale, kamut e orzo, e si presenta come un reticolo viscoelastico, capace di coniugare coesione ed elasticità. Il glutine è costituito da due classi proteiche, le GLUTELINE (chiamate glutenine nel grano) e le PROLAMMINE (chiamate gliadine nel grano). Le gliadine e le glutenine costituiscono circa l'80% dell'intera frazione proteica presente nella cariosside di frumento, nella quale ritroviamo altre due classi di proteine solubili in acqua (al contrario delle precedenti): le albumine (9%) e le globuline (5-7%). Glutine e panificazione La panificazione è resa possibile dalla presenza del glutine, che si forma in seguito all'idratazione e all'azione meccanica dell'impasto. Nel momento in cui aggiungiamo acqua alla farina di grano tenero, le gliadine (formate da un'unica catena proteica) cominciano ad associarsi formando delle fibrille (fibre piccole e sottili) che conferiscono estensibilità alla massa glutinica. Contemporaneamente, anche le glutenine (composte da diverse subunità proteiche) si assemblano, dando origine a fibre di dimensioni maggiori e formando una struttura, stabile e molto coesiva, che dona all'impasto consistenza ed una certa resistenza all'estensione. Il grado di lievitazione dell'impasto dipende quindi dalla proporzione tra il contenuto in gliadine e glutenine della farina; se prevalgono le prime il reticolo glutinico può estendersi e quindi lievitare maggiormente; se invece prevalgono le glutenine la maglia è più rigida, si estende meno e di conseguenza la lievitazione è minore. Il rapporto tra le due proteine dipende dalla varietà di frumento considerata e conferisce al glutine la capacità di deformarsi e di resistere alla distensione. Durante l'azione meccanica di impastamento, le fibrille di gliadina e le fibre di glutenina cominciano ad intrecciarsi tra loro, formando una maglia tridimensionale (contenuto proteico 75-85%) che ingloba granuli di amido (10-15%), lipidi (5-10%), piccole quantità di sali minerali, acqua (che il glutine può trattenere fino al 70% del proprio peso) e bollicine d'aria. Quest'ultime sono molto importanti; la successiva aggiunta di lieviti permette infatti ai microrganismi di fermentare il glucosio, producendo alcol ed anidride carbonica, che diffonde nelle bollicine aumentandone il volume; l'espansione di queste bolle si trasmette alle maglie del glutine, che si allargano e distendono facendo crescere il volume dell'impasto. Durante la successiva cottura si assiste alla denaturazione/coagulazione delle proteine ed il glutine - che perde la capacità di estendersi - stabilizza in maniera irreversibile la struttura e la forma dell'impasto. Gluteline e prolammine sono tipiche di tutti i cereali, ma la loro composizione amminoacidica è variabile; questa differenza influisce sulla capacità delle varie farine di formare tutta una serie di legami tra le proprie catene proteiche e di rendere più o meno stabile il reticolo glutinico. Il glutine del grano duro, ad esempio, è più resistente e tenace di quello del grano tenero, tant'è vero che la farina di quest'ultimo può essere utilizzata per la preparazione del pane e del panettone, mentre la farina di grano duro (detta semola) è ideale per la preparazione della pasta. Le proteine di alcuni cereali, come il riso ed il mais, non riescono a formare il glutine, che abbonda soprattutto nel grano (ne contiene fino all'80%). ALIMENTI CONTENENTI GLUTINE ALIMENTI PRIVI DI GLUTINE Frumento (grano), Orzo, Segale, Avena*, Farro, Kamut, Spelta, Triticale Amaranto, grano saraceno, mais, miglio, riso, legumi (fagioli, lenticchie e piselli), castagna, patata, sesamo, soia, sorgo, tapioca (*) Secondo alcuni studi, se introdotta pura, ossia non contaminata da glutine durante la lavorazione, l'avena non sarebbe comunque lesiva per la maggior parte (99,4%) dei celiaci. Bibliografia: Can oats be taken in a gluten-free diet? A systematic review. Scand. J. Gastroenterol. Vol. 42, No. 2 , pagine 171-178. LEGAMI CHIMICI RESPONSABILI DELLA STRUTTURA DEL GLUTINE Sono molto complicati e numerosi, e dipendono dalla differente organizzazione di gliadine (struttura monomerica e globulare) e glutenine (struttura fibrosa e polimerica).: - legami idrogeno tra i gruppi carichi negativamente delle proteine (ac. glutammico ed aspartico) e le molecole d'acqua. Ponti disolfuro tra i residui di cisteina. Legami ionici tra i sali e ac. glutammico e lisina Complessi lipoproteici tra glutenine e lipidi - Legami elettrostatici tra l'acqua assorbita dall'amido (36%) e residui aminoacidici. Quando l'impasto è crudo, tutti questi legami non sono stabili, tant'è vero che possiamo modellarlo a nostro piacimento rompendoli e costruendone di nuovi; la loro stabilità viene raggiunta durante la cottura, che comporta la perdita di acqua e l'irrigidimento del reticolo glutinico. Intolleranza al glutine Il glutine, in virtù dell'elevato potere nutritivo, è molto importante per l'alimentazione umana; tuttavia, esistono alcune persone che devono farne assolutamente a meno in quanto intolleranti al glutine. Questa condizione, nota come celiachia o malattia celiaca, è ampliamente illustrata nel seguente articolo. Il germe di grano La cariosside di frumento è costituita da: l'embrione o germe di grano (2-4% in peso) tegumenti o involucri (8% circa) endosperma amilaceo o mandorla farinosa (87-89% circa) Ognuna di queste regioni racchiude diversi tipi e percentuali di nutrienti, in relazione al ruolo biologico che ricopre. L'embrione o germe di grano è, per esempio, particolarmente ricco di sostanze nutritive, fondamentali per favorire la germinazione e sostenere le prime fasi di crescita. Regione Percentuale Amido e altri Proteine (%) anatomica della cariosside carboidrati della cariosside (%) Lipidi (%) Cellulosa Emicellulosa Pentosani (%) Sostanze minerali (%) Tegumenti 9 14 12.8 2.4 65.2 5.6 Strato aleuronico 8 12 32.0 8.0 38.0 10.0 Germe 3 20 38.0 15.0 22.0 5.0 Endosperma 80 83.0 11.0 30.0 2.0 1.0 Tabella tratta da - Chimica degli alimenti - Cabras Paolo; Martelli Aldo Proprietà e caratteristiche nutrizionali del germe di grano Il germe di grano è un vero e proprio concentrato di sostanze nutritive come aminoacidi, acidi grassi, sali minerali, vitamine del gruppo B e tocoferoli (vit. E). Purtroppo tale embrione viene eliminato insieme agli involucri esterni durante il processo di raffinazione, privando la farina di frumento di buona parte del suo prezioso carico di fibre, vitamine e sali minerali. Quest'operazione si rende necessaria per motivi organolettici ma anche per aumentare i tempi di conservazione, dato che gli acidi grassi contenuti nel germe irrancidiscono rapidamente. Nei cereali integrali sono invece presenti tutte e tre le parti del chicco e proprio per questo motivo le loro proprietà salutistiche sono ormai universalmente accettate. Il germe di grano può essere estratto abbastanza facilmente, separandolo dalla farina con un setaccio dopo la macinazione della cariosside. Se estratto in questo modo si presenta sotto forma di piccoli fiocchi biancastri, che possono essere consumati al naturale o insieme ad altri alimenti (yogurt, cereali per la prima colazione, verdure) in ragione di circa 50 g al giorno. Il germe di grano viene spesso ricavato dalle cariossidi germogliate, poiché le sue proprietà nutritive si esaltano durante il processo di germinazione. Mettendo il chicco a contatto con l'acqua l'embrione diventa sede di un'intensa attività enzimatica, che aumenta significativamente il suo prezioso serbatoio di nutrienti. Il livello di calcio passa in pochi giorni da 45 a 71 mg per 100 g, quello del fosforo da 423 a 1050 mg e quello del magnesio da 133 a 342 mg. La germinazione fa aumentare significativamente anche il contenuto in amminoacidi e vitamine; la B1 aumenta del 20%, la B5 del 45%, la B6 del 200%, i carotenoidi del 225%, la vitamina E del 300% e la vitamina C del 500%. I germogli del grano sono quindi una miglior fonte di nutrienti rispetto al germe di grano essiccato. Possono essere prodotti facilmente a casa propria, utilizzando semi di origine biologica e mettendoli in ammollo in acqua tiepida per 12 ore. Successivamente andranno riposti in un piatto fondo, ricoperto con una garza umida che li protegga dalla luce diretta e dall'essiccamento. Lasciandoli ad una temperatura di 20°C ed avendo cura di bagnarli leggermente due volte al giorno, i germogli di grano potranno essere consumati dopo tre o quattro giorni. Per un adulto la dose consigliata è quella ottenuta a partire da un cucchiaio di semi secchi. Pressando il germe di grano si ottiene l'omonimo olio che rappresenta la migliore fonte alimentare di vitamina E (133 mg/100 g contro i 18.5 mg/100g dell'olio di oliva). Questa vitamina è un potentissimo agente antiossidante, fondamentale nella lotta ai radicali liberi, nella difesa della salute e nella prevenzione dell'invecchiamento. L'olio di germe di grano è inoltre ricchissimo di acidi grassi essenziali, anch'essi alleati preziosi della nostra salute, purché l'alimento venga consumato crudo (sconsigliato il suo impiego per fritti e soffritti). Se assunto sottoforma di integratore, l'olio di germe di grano va preso al termine del pasto (i grassi presenti negli alimenti favoriscono l'assorbimento della vitamina E), seguendo le indicazioni del produttore. Consumato regolarmente, sostituendo una parte dei cibi raffinati con cereali integrali o ricorrendo ad integratori specifici, il germe di grano permette di colmare le numerose carenze della dieta occidentale, ipercalorica da un lato ma povera dei princìpi nutritivi essenziali per il nostro benessere dall'altro. Il germe di grano contiene anche una sostanza chiamata octacosanolo, che, secondo le ricerche del fisiologo americano Thomas Cureton, migliorerebbe la prestazione atletica e la funzionalità dell'ipofisi, ottimizzando l'efficienza fisica e mentale (l'ipofisi è una ghiandola che, producendo diversi ormoni, regola la funzionalità di numerosi organi e apparati, come quello riproduttivo, osteomuscolare, endocrino e nervoso). Il germe di grano, in qualunque formulazione venga assunto, è quindi un ottimo integratore anche per sportivi ed atleti professionisti. Il riso Vedi anche: Riso o pasta? - Riso rosso fermentato - Amido di riso Proteine del riso - Olio di riso - latte di riso Il riso è un cereale costituito dalla cariosside della Oryza sativa, una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Graminacee. Nel nostro Paese rappresenta un importante, ma spesso sottovalutata, alternativa al frumento, mentre in Giappone ed in Cina fornisce mediamente circa la metà delle calorie quotidiane. Vediamo allora di riassumere le principali differenze nutrizionali che intercorrono tra i due alimenti: -la pasta è più ricca di proteine, mentre il riso contiene più amido; ciò fa sì che durante la cottura quest'ultimo assorba notevoli quantità di acqua, fino a triplicare il proprio peso; per questo motivo il riso è un alimento meno calorico e più saziante della pasta. -Le proteine del riso sono presenti in quantità limitata, in particolare la percentuale di prolammine è molto bassa; per questo motivo le proteine del riso non sono in grado di formare glutine ed è quindi molto difficile produrre la pasta di riso (a meno che non si aggiungano ingredienti particolari utilizzati nei prodotti industriali). Il valore biologico dei protidi del riso è leggermente superiore rispetto a quello delle proteine del grano. Si registra, in particolare, un più alto tenore in lisina, che rappresenta l'amminoacido essenziale limitante nei cereali. -Il riso non è tossico per il celiaco, è più digeribile rispetto alla pasta (perché il suo amido è costituito da granuli di piccole dimensioni) e non causa la classica sonnolenza postprandiale. - Tra tutti i cereali, il riso è quello dotato del minor potenziale allergenico. - Se integrale, può essere utilizzato, ma pur sempre con una certa moderazione, anche dai diabetici; il suo indice glicemico è infatti più basso rispetto a quello della pasta. - Per il suo modesto contenuto proteico, il riso è adatto ai nefropatici ed ai fenilchetonurici; trattandosi di un alimento antiurico, viene consigliato dai medici agli ammalati di gotta e in condizioni di iperuricemia. La lavorazione del riso comprende una prima fase di pulitura, in cui si ha l'eliminazione di tutte le sostanze estranee tramite diversi passaggi in setacci, calamite, getti di aria ecc. Segue una fase di sbramatura (in cui si vanno a distaccare le glumelle, una sorta di foglioline che avvolgono il chicco e che negli altri cereali si staccano spontaneamente al momento della raccolta). Dopo queste operazioni preliminari si ottiene un riso integrale, commestibile ma che necessità di lunghi tempi di cottura, e uno "scarto", chiamato lolla o pula di riso. Quest'ultimo prodotto, un tempo utilizzato nella preparazione dei mangimi o impiegato in agricoltura come fertilizzante, è stato poi ampiamente rivalutato, tanto che oggi assume un'importanza elevata per l'elevato contenuto lipidico, che per estrazione può dare l'olio di riso. Il riso integrale viene poi sottoposto ad una sbiancatura, con lo scopo di eliminare gli strati più esterni del chicco. Questa operazione permette l'allontanamento del germe ed il distacco del pericarpo e dello strato aleuronico, fino ad ottenere la sola mandorla amilifera. La fase di sbiancatura avviene tramite diversi passaggi da cui si ottengono, in base ad un grado crescente di raffinazione, diverse tipologie di prodotti: riso semiraffinato, riso mercantile, riso raffinato di I grado e riso raffinato di II grado (che corrispondono, per intenderci, alle denominazioni "di tipo II, I, 0 e 00" delle farine). Effettuata la sbiancatura, si esegue la brillatura finale, cioè un trattamento superficiale con glucosio o un'oliatura con olio di vaselina, per conferire ai chicchi la tipica lucidità. Come si può notare osservando la tabella sottostante, le proprietà nutrizionali di un riso integrale sono migliori, perché durante il processo molitorio si perdono molte fibre, sali minerali (localizzati soprattutto a livello del pericarpo) e vitamine (concentrate nello strato aleuronico). Per rendersi conto dell'importanza nutrizionale del riso integrale basti pensare che l'introduzione della brillatura nelle regioni asiatiche, in tempi in cui l'alimentazione locale era quasi esclusivamente basata sul consumo di riso, portò alla comparsa del beri beri, una malattia causata da deficit di tiamina. Questa sostanza, nota anche come vitamina B1, viene in gran parte persa nel processo di brillatura, mentre si mantiene in concentrazioni importanti nel riso integrale ed in quello parboiled. Parte edibile (%) Riso brillato Riso integrale Riso Parboiled Energia (Kcal) 332 337 337 Acqua (g) 12,0 12,0 10,3 Proteine (g) 6,7 7,5 7,4 Lipidi (g) 0,4 1,9 0,3 Carboidrati disponibili (g) 80,4 77,4 81,3 Amido (g) 72,9 69,2 73,6 Zuccheri solubili (g) 0,2 1,2 0,3 Fibra totale (g): 1,0 1,9 0,5 Fibra insolubile (g): 0,89 1,80 N.D Fibra solubile (g): 0,08 0,12 N.D Sodio (mg) 5 9 9 Potassio (mg) 92 214 150 Ferro (mg) 0,8 1,6 2,9 Calcio (mg) 24 32 60 Fosforo (mg) 94 221 200 Tiamina (mg) 0,11 0,48 0,34 Riboflavina (mg) 0,03 0,05 0,06 Niacina (mg) 1,30 4,70 3,9 vitamina E (mg) tr 0,7 tr Acido fitico (g) 0 0,252 N.D A livello commerciale il riso viene classificato in quattro gruppi: comune originario, semifino, fino e superfino; questa nomenclatura dipende dalla forma e dalle dimensioni del chicco: quello comune è più rotondeggiante, mentre quello superfino è più lungo e di dimensioni maggiori. CLASSIFICAZIONE DEL RISO E VARIETÀ ITALIANE COMUNI (chicchi SEMIFINI piccoli e (chicchi FINI tondi di (chicchi SUPERFINI lunghi (chicchi grossi tondi). Cottura 12-13 min. media lunghezza o affusolati e semi lunghi e molto semi lunghi). affusolati). lunghi). Cottura Cottura 13-15 min. Cottura 14-16 min. 16-18 min. Adatti alla preparazione di risotti e contorni. Indicati soprattutto Tengono bene la cottura e rilasciano per minestre in Adatti per antipasti, pochissimo amido. Per questo sono indicati brodo e dolci, in risi in bianco, nella preparazione di insalate e di piatti in cui quanto durante la i chicchi debbono rimanere ben sgranati timballi cottura tendono a Hanno un valore commerciale, una qualità ed rilasciare l'amido. un costo superiore. Balilla Rosa Marchetti* Ribe Balilla grana grossa Lido* Bersani)* Cripto* Europa Titanio Rubino R.B. Monticelli Bali Ringo Italico Selenio Romanico Maratelli Ticinese P. Piemonte Pierrot Radon Padano Razza 253 Romeo* Veneria Americano 1600 Vialone nano Rizzotto Elio S. Argo Auro Vialone Raffaello Ariete Bonnet Loto Molo Riva Cervo Drago Smeraldo (Rinaldo Arborio Redi Volano Roma Razza Baldo* Marchetti Carnaroli** Italpatna Silla Gritna Andrea* Koral nero Onda Strella Miara Panda Vela Star 77 * Varietà di riso pregiate ** Varietà più pregiate in assoluto I vari tipi di riso Oltre al riso integrale e a quello brillato, in commercio si trovano varie tipologie di riso. Riso a cottura rapida. Viene sottoposto ad una parziale cottura seguita da disidratazione (è quindi un riso precotto ed essiccato), che consente di accorciare notevolmente i tempi di cottura (perché l'acqua penetra all'interno molto più velocemente). Riso arricchito. Il riso può essere arricchito di vitamine idrosolubili dopo la raffinazione, con lo scopo di reintegrare le perdite o comunque assicurarne un livello adeguato per l'organismo. Si ottiene arricchendo il riso brillato con chicchi imbevuti di soluzione vitaminica, nel rapporto di 1 chicco ogni 200, oppure spruzzando le cariossidi con una soluzione composta da microelementi. In questo modo si tenta di ripristinare la quantità di sali minerali e vitamine persa durante il processo di sbiancatura. Dal momento che non sappiamo la quota di micronutrienti trattenuta durante il processo di cottura (dopo averli assorbiti in fase di lavorazione potrebbe rilasciarli in maniera importante all'acqua bollente), il riso arricchito non ha ottenuto un grosso successo commerciale. Riso integrale: conserva parte della crusca in seguito ad una raffinazione ridotta al minimo (maggior contenuto di vitamine, minerali e fibre). Riso parboiled. Il riso integrale, dopo essere stato lasciato immerso in acqua per uno o due giorni, viene trattato con vapore per aumentarne l'umidità. Questo trattamento favorisce la migrazione delle componenti idrosolubili, come le vitamine ed i sali minerali, dai tegumenti esterni verso l'interno del chicco. Dopodiché si esegue un rapido essiccamento in modo che questi preziosi micronutrienti rimangano confinati al suo interno. Il riso parboiled mantiene un colorito più giallo rispetto al comune perché, oltre ai sali minerali e alle vitamine, migrano all'interno anche i pigmenti carotenoidi presenti negli strati esterni. In genere la varietà Ribe è quella che si appresta di più a questo tipo di trattamento Riso converted. E' un prodotto analogo al parboiled, ma ottenuto con tecniche più perfezionate e moderne con cui vengono ridotte maggiormente le perdite dei composti nutritivi. Avena L'avena è una fonte di carboidrati a lenta digestione, ricca di fibre e per questo in grado di fornire energia a lungo termine senza causare picchi insulinici. Nel nostro Paese le applicazioni dietetiche dell'avena sono relativamente recenti, nonostante questo cereale abbia alle spalle antichissime tradizioni. I popoli germanici e scozzesi, per esempio, basavano la propria alimentazione sull'avena, dal momento che questa pianta annuale riesce a superare anche i climi rigidi delle regioni nordiche. In tali zone il consumo di avena è ancora ampliamente diffuso, soprattutto per la preparazione di gustosi piatti tradizionali come il porridge. In Italia, fino a pochi anni fa, l'avena era destinata prevalentemente all'alimentazione dei purosangue, a quattro (cavalli) e a due zampe (sportivi di alto livello e "maniaci" della forma fisica). Oggi, i benefici dell'avena sono ormai giunti agli orecchi del grande pubblico e la sua diffusione nei prodotti alimentari è sempre più capillare. Ingrediente tradizionale del muesli, viene ormai aggiunta in quasi tutti gli alimenti dietetici per la prima colazione. Nell'alimentazione umana viene utilizzata la cariosside, generalmente privata dei suoi involucri fibrosi (decorticata) e ridotta in farina (macinazione) o in fiocchi (tramite pressione dei chicchi, freschi o precotti a vapore). Avena e celiachia La tossicità dell'avena per i celaci è tuttora oggetto di dibattito. In passato, infatti, veniva esclusa a priori dalla dieta del celiaco, mentre diversi studi la dipingono come relativamente sicura. In particolare, se introdotta pura, ossia non contaminata da proteine del grano, dell'orzo o della segale durante la lavorazione, l'avena non sarebbe lesiva per la maggior parte (99,4%) dei celiaci. Bibliografia: Can oats be taken in a gluten-free diet? A systematic review. Scand. J. Gastroenterol. Vol. 42, No. 2 , pagine 171-178. Avena e salute umana: un prezioso alleato contro diabete e colesterolo Le ottime caratteristiche nutrizionali dell'avena si possono intuire già dalla semplice osservazione delle tabelle alimentari. Tra tutti i cereali, detiene il primato di alimento più ricco in proteine (12,6-14,9%) e di sostanze grasse, tra cui l'essenziale acido linoleico. Ottimo anche il contenuto di fibre solubili, che rendono l'avena un alimento ideale per placare l'appetito, regolarizzare la funzione intestinale e normalizzare il peso corporeo. Non è quindi un caso che la medicina popolare descriva la farina di avena come alimento nutritivo e rinforzante, adatto soprattutto per bambini e convalescenti. ENERGIA [100 grammi di avena] 389 Kcal 1628.0 Kjoule Carboidrati 66,27 g Grassi 6.90 g Proteine 16.89 g Fibre 10.6 Colesterolo 0 mg Tiamina 0,8 mg (51%) Folati 56,0 mcg (14%) Acido pantotenico 1,3 mg (13%) Manganese 4,9 mg (246%) Fosforo 523 mg (52%) Magnesio 177 mg (44%) Rame 0,6 mg (31%) Ferro 4,7 mg (26%) Zinco 4,0 mg (26%) I benefici dell'avena sono talmente lampanti da aver indotto la Food and Drug Administration Statunitense ad autorizzare l'affermazione che l'avena favorisce l'abbassamento dei livelli di colesterolo. Per accentuare il suo effetto ipocolesterolemizzante, si consiglia il consumo di crusca d'avena (40 grammi al giorno, pari a circa 6-8 g di fibra). Questo alimento, grazie alla sua altissima capacità di attirare acqua e alla presenza di molti oligoelementi utili, abbassa in tempi brevi il colesterolo "dannoso" (LDL), senza influenzare quello "buono" (HDL). Mangiare regolarmente avena è quindi un ottimo modo per proteggere le nostre arterie dall'aterosclerosi. Una nota interessante riguarda l'ottimo valore biologico delle sue proteine. In particolare l'avena vanta un buon contenuto in lisina, nettamente superiore rispetto agli altri cereali. Nel frumento questo nutriente rappresenta l'amminoacido limitante, cioè quell'amminoacido essenziale che, essendo contenuto in quantità ridotte rispetto agli altri, diviene limitante per la sintesi proteica. L'avena è quindi un ottimo alimento, nutritivo e riequilibrante, anche per i vegetariani. I Β-glucani presenti nella fibra solubile agiscono positivamente anche nei confronti di altre patologie dismetaboliche tipiche delle società industrializzate. Il basso indice glicemico, per esempio, la rende un alimento prezioso per i diabetici, che possono beneficiare del suo effetto stabilizzante sui livelli glicemici. Questa caratteristica è importante anche nella lotta contro i kg di troppo, poiché aiuta a controllare l'apporto di cibo prolungando il senso di sazietà dopo il pasto. Da segnalare anche la presenza di avenina, un alcaloide concentrato nella crusca e dotato di effetto tonificante, energetico e riequilibrante. L'avena ha inoltre proprietà diuretiche e lassative (stimola l'intestino pigro), che contribuiscono a renderla una scelta salutare in qualsiasi momento della giornata. Grano saraceno Il grano saraceno (Polygonum dalle molte somiglianze tra le due piante: morfologia dei semi triangolari del grano a quella dei semi del faggio, piròs perché nero, tramite un processo di ottiene uno sfarinato simile alla farina di A causa delle sue proprietà nutrizionali, e impieghi alimentari, il grano saraceno classificato come un cereale, nonostante alla famiglia delle Graminacee. fagopyrum), detto anche grano nero, è una pianta erbacea annuale appartenente alla famiglia delle Poligonacee. Il nome scientifico fagopyrum deriva dal latino fagus (faggio) e dal greco piròs (frumento); quest'origine etimologica è data fagus perché la saraceno è analoga dai semi del grano macinazione, si frumento. dei notevoli viene spesso non appartenga La pianta La pianta di grano saraceno presenta un apparato radicale non molto sviluppato. Il fusto è privo di peli (glabro), di forma cilindrica e con una colorito che varia in base allo stato di maturazione della pianta: inizialmente appare verde, ma con il passare del tempo mano a mano che la pianta matura - diviene rosso-brunastro. Al temine di ogni ramo si nota la presenza di un'infiorescenza, il cui colore può essere bianco o rosa a seconda della varietà raccolta. Le foglie della pianta di grano saraceno sono ovato triangolari, disposte in maniera alterna e prive di peduncolo verso la sommità del ramo. Il frutto è un piccolo achenio, quindi un frutto secco con all'interno un piccolo seme. La raccolta dei frutti del grano saraceno avviene quando hanno raggiunto una colorazione scura. Il processo di raccolta dev'essere preceduto da quello di essiccazione, per un periodo che varia dai 10 ai 20 giorni. La pianta di grano saraceno riconosce il proprio habitat naturale nelle zone dove il clima non è particolarmente freddo, e dove la temperatura ambientale si aggira attorno ai 20°C. Teme moltissimo gli sbalzi di temperatura e la carenza d'acqua; per questo motivo svolge il proprio ciclo vitale interamente durante la primavera e l'estate. La pianta di grano saraceno predilige i terreni non molto concimati e con pH acido. La storia Il grano saraceno ha origini molto antiche. La sua coltivazione inizia nelle zone della Siberia, della Manciuria e della Cina. Con il passare del tempo, il grano saraceno inizia ad essere coltivato anche in Giappone, in India e in Turchia. In Italia sbarca nel XV secolo, grazie al commercio marittimo attraverso il Mar Nero, e solo dopo il medioevo acquisisce una distribuzione ed una coltivazione degna di nota anche a livello europeo. Il grano saraceno è tuttora molto utilizzato nella cucina tradizionale; rientra infatti in molte ricette mondiali e nella tradizione culinaria italiana. Ad esempio, il grano saraceno trova impiego nella cucina di montagna come ingrediente base per la produzione della “polenta taragna”, dei “pizzoccheri valtellinesi” e degli “sciatt”, tipici dolci della Valtellina. Grano saraceno: caratteristiche nutrizionali Il grano saraceno possiede tutte le caratteristiche nutritive di un cereale e di un legume, pur non essendo, dal punto di vista botanico, né uno (non appartiene alla famiglia delle Graminacee) né l'altro (non appartiene alla famiglia delle Leguminose o Fabacee). Il seme di grano saraceno è composto principalmente da amido, rispettivamente 25% amilosio e 75% amilopectina. L'abbondante presenza di quest'ultima lo rende facilmente digeribile. Le proteine contenute nel seme di grano saraceno vantano un buon valore biologico. Sono infatti composte sia da amminoacidi essenziali, come lisina, treonina e triptofano, che da amminoacidi contenenti zolfo. Il grano saraceno non presenta nella sua composizione proteica le gliadine del glutine; ciò significa che può essere impiegato in tutti gli alimenti gluten-free adatti alle persone affette da celiachia. I lipidi presenti nel grano saraceno sono composti sia da acidi grassi saturi (da 8 a 18 atomi di carbonio), che da mono (16:1, 18:1, 22:1) e polinsaturi (18:2 e 18:3). Il grano saraceno è ricco di sali minerali come ferro, fosforo, rame, zinco, selenio e potassio. Quest'ultimo supera addirittura la quota contenuta negli altri cereali. Una preziosa componente, sia del seme che della parte vegetale, è rappresentata dagli antiossidanti. Le vitamine contenute nel grano saraceno sono principalmente la B1, la B2, la niacina (PP) e la B5. Per approfondire i valori nutrizionali del grano saraceno clicca qui. Tra gli antiossidanti presenti, ricordiamo la rutina e i tannini, più concentrati nella parte erbacea, quindi nella foglia. La rutina è un glicoside della quercetina, che ha come pregio salutistico il rafforzamento della parete dei capillari. I prodotti a base di rutina possono quindi prevenire la comparsa di emorragie, migliorando il microcircolo ed esibendo una spiccata proprietà antinfiammatoria ed antiossidante. Oltre alla presenza di rutina, il grano saraceno contiene altri flavonoidi, come la vitexina, la isovitexina, la isorientina e la quercitina. Il grano saraceno, grazie alla sua capacità di fornire energia e “vigore”, può essere introdotto nella dieta per sportivi, per le donne in gravidanza e per le persone anziane. Inoltre, come ricordato, può essere assunto anche da persone celiache Rimanendo sempre in ambito alimentare, il grano saraceno possiede un difetto, che è quello di essere un potenziale allergene. Le allergie alimentari nei confronti di questo cereale si concentrano soprattutto in Asia, ma recentemente sono comparse anche in Italia. Gli impieghi del grano saraceno Alcuni studiosi hanno effettuato delle ricerche sulle proteine del grano saraceno, rilevando una particolare affinità al colesterolo che consentirebbe di ridurne significativamente l'assorbimento intestinale. Altri test di laboratorio stanno valutando l'impiego del grano saraceno come prodotto coadiuvante i medicinali contro le patologie reumatiche. Inoltre, il grano saraceno possiede attività galattogoghe, quindi sarebbe utilissimo alle mamme in fase di allattamento. In ambito veterinario, il grano saraceno può essere utilizzato come foraggio. Un consumo abbondante può tuttavia provocare la cosiddetta intossicazione da grano saraceno o fagopirismo. I sintomi di questa intossicazione compaiono sull'animale solamente dopo l'esposizione ai raggi solari. Una volta esposto al sole, si può notare un arrossamento delle parti prive di pelo, come le mammelle, le palpebre, le orecchie e le labbra. L'arrossamento può essere accompagnato anche dalla comparsa di vescicole e croste di color scuro, mentre nei casi più gravi l'intossicazione da grano saraceno può produrre un'infezione batterica seguita da necrosi. La storia del Kamut La farina di Kamut deriva dai processi di macinazione, abburattamento, calibrazione ed eliminazione di eventuali impurità, del frumento orientale, noto anche come grano rosso o Khorasan. Durante gli anni settanta, un agronomo e biochimico statunitense, Bob Quinn, si interessò a questa tipologia di grano e la chiamò Kamut. Il nome deriva da Ka'moet che, che nella lingua egizia significa “anima della terra”. Quindi il nome Kamut, utilizzato per identificare qualsiasi prodotto a base di questa farina, è di pura fantasia e non deriva dal nome del grano. Il cereale Khrosan, noto anche con il nome Kamut, appartiene alla famiglia delle graminacee e alla specie del grano duro (Triticum durum). Il cereale presenta un fusto alto anche 180 centimetri; la cariosside, ossia il chicco, si presenta nuda e più lunga di qualsiasi altro frumento. Il kamut è originario della cosiddetta “mezzaluna fertile”, regione situata tra l'Egitto e la Mesopotamia. Il grano Kamut è maggiormente adatto alle colture biologiche, perché cresce molto bene senza l'impiego di fertilizzanti e/o pesticidi. Attualmente è quindi coltivato biologicamente un po' in tutte le aree del mondo. UTILIZZO La farina di Kamut può essere impiegata come alternativa alla farina di grano duro, per la produzione di pasta e sfarinati ad uso alimentare. Inoltre, il chicco di Kamut viene utilizzato come ingrediente di zuppe, minestre, minestroni ed insalate. La preparazione del cereale Kamut richiede molto tempo, perché dev'essere lavato e messo ad ammorbidire in acqua per una notte. Terminata la procedura di preparazione, il cereale può essere cotto in acqua bollente e salata per almeno un'ora. ASPETTI NUTRIZIONALI Il grano Kamut possiede un elevato potere energetico e calorico, perciò è consigliato a tutte le persone che praticano attività sportive, ai bambini in fase di crescita e a tutte le persone anziane. Le calorie apportate da 100 grammi di grano Kamut sono maggiori di quelle conferite da 100 grammi di grano comune. Inoltre, il Kamut è ricco di selenio, magnesio, zinco, vitamina E, lipidi ed acidi grassi. Vedi anche Valori nutrizionali del Kamut crudo e del Kamut cotto. Gli aminoacidi che si ritrovano in maggior quantità nel grano di Kamut sono la treonina, la cistina, l'arginina, l'istidina, l'acido aspartico e la serina. Vista la notevole energia che può conferire all'organismo, il Kamut può essere considerato un cereale ad alto valore energetico. Come qualsiasi altro cereale, se non è stato sottoposto a processi particolari di miglioramento, non ha un tenore elevato di glutine, perciò risulta facilmente digeribile anche dalle persone che soffrono di lievi intolleranze. Vista la presenza di glutine, il grano Kamut e tutti suoi derivati, non possono tuttavia essere assunti dalle persone affette da celiachia. Pane Secondo la legge italiana, il pane rappresenta: il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune. Secondo la legge, quindi, il pane può essere prodotto con la farina (di grano tenero, ottenendo prodotti più comuni al nord) oppure con la semola (di grano duro, ottenendo pani - come quello di Altamura - tipici del sud Italia). Se sono presenti solo questi ingredienti base si parla di pane comune, mentre in presenza di altri ingredienti si parla di pani speciali (all'olio, al latte, al sesamo ecc.). Nella preparazione del pane, il primo ingrediente essenziale è l'acqua, poiché permette l'interazione tra le diverse catene proteiche di gliadine e glutenine, con formazione di glutine; inoltre, l'acqua viene assorbita dai globuli di amido, che assumono, così, una consistenza gelatinosa. Infine, nell'acqua sono contenuti dei sali che favoriscono la formazione di legami ionici con gruppi amminoacidici con carica opposta; si ha così un aumento delle interazioni tra le varie catene proteiche ed una migliore solidità del glutine. La coppia ferrarese IGP, per esempio, deve la sua peculiare tenacità alla caratteristica durezza dell'acqua di Ferrara. Nella preparazione del pane è ammessa l'aggiunta di additivi, quali acido ascorbico (200 mg/Kg) ed emulsionanti (0,2 % sul prodotto finito, ma solo per pani speciali addizionati di grassi). La vitamina C esercita da un lato un'importante azione antiossidante, quindi conservante, mentre dall'altro migliora la panificazione. Nelle farine, infatti, sono presenti degli enzimi in grado di trasformare l'acido ascorbico (vit. C) nella sua forma ossidata (acido deidroascorbico), che va ad ossidare i gruppi tiolici (SH) delle cisteine, formando un ponte disolfuro (S-S più acido ascorbico); questi legami covalenti rendono più saldo il glutine, formando un reticolo proteico più resistente al rigonfiamento. D'altra parte, gli emulsionanti solitamente si aggiunge lecitina di soia - vengono invece addizionati per favorire la dispersione del grasso nell'impasto. Il terzo ingrediente importante è il lievito, che può essere di diversi tipi e come tale influenzare la produzione del pane e le sue caratteristiche organolettiche. LIEVITO INDUSTRIALE COMPRESSO (lievito di birra) LIEVITO NATURALE O DI PASTA ACIDA - LIEVITANTI CHIMICI Bicarbonato di Na+ o NH4+ addizionati di sostanze acide (acido tartarico, tartrato acido di K) Il lievito è una coltura di Saccharomyces Cerevisiae, microrganismi capaci di operare la fermentazione alcolica, cioè la trasformazione del glucosio in anidride carbonica ed etanolo; nella preparazione del pane, dal momento che siamo in condizioni aerobiche, prevale la produzione di CO2, mentre in quella del vino, dove gli stessi microrganismi lavorano in anaerobiosi, prevale quella di etanolo (o alcol etilico). Il lievito industriale compresso (il classico "cubetto di lievito di birra") consente di preparare l'impasto in modo abbastanza veloce; tuttavia non dà ai lieviti il tempo necessario per operare una fermentazione spinta, durante la quale si producono anche altre sostanze - come l'aldeide acetica, l'acido succinico ed alcoli a catena lunga - che migliorano l'aroma del prodotto; con il lievito industriale, quindi, si ottiene un pane che lievita particolarmente bene ma scarsamente aromatico. Il lievito naturale o di pasta acida non è altro che il residuo della lavorazione del giorno precedente; in pratica, ogni giorno viene tenuto da parte un po' di impasto per il giorno successivo; l'indomani, a questa madre vengono aggiunti a poco a poco i quantitativi di acqua e farina necessari per preparare il pane. Durante le 24 ore di attesa i microrganismi dell'impasto madre continuano a lavorare, producendo elevate quantità di sostanze aromatiche; di conseguenza, si ottiene un pane più aromatico, con un flavour migliore, ma che necessita di un tempo di panificazione molto lungo (acqua e farina devono essere aggiunte poco alla volta). Per questo motivo l'utilizzo di lievito naturale di pasta acida è ormai relegato a pochi panifici artigianali. I lievitanti chimici, che in genere sono contenuti nella classica bustina, sono acidi bicarbossilici (in particolare acido tartarico) addizionati di sostanze basiche, come il bicarbonato di sodio e di potassio. All'interno della bustina tali sostanze non reagiscono, ma lo fanno non appena vengono aggiunte all'impasto, sviluppando una reazione che porta alla produzione di anidride carbonica; questo gas va quindi ad estendere il reticolo glutinico esattamente come fa la CO2 prodotta dal metabolismo dei lieviti. E' chiaro che in questo modo la lavorazione del pane diventa particolarmente rapida, in quanto la reazione è immediata, ma è altrettanto chiaro che non si ha alcuna formazione di sostanze aromatiche (per questo i lievitanti chimici vengono generalmente impiegati nella preparazione dei dolci, dove l'aroma è conferito da altri ingredienti). 2 NaHCO3 + H2C4H4O6 ----> Na2C4H4O6 + 2 H2O + 2 CO2 Tipo di pane Kcal Acqua (g) Carboidrati (g) Grassi (g) Proteine (g) Fibre (g) Pane azzimo 377 4,5 87,1 0,8 10,7 2,7 Pane integrale 224 36,6 48,5 1,3 7,5 6,5 Pane di segale 219 37 45,4 1,7 8,3 4,6 Pane tipo 00 289 29 66,9 0,4 8,6 3,2 Pane tipo 0 275 31 63 0,5 8,1 3,8 Pane tipo 1 265 34 59,7 0,6 8,9 - Preparazione del pane >> Preparazione del pane La preparazione del pane consta di varie fasi. - IMPASTAMENTO: addizione di acqua alla farina, quindi idratazione delle proteine - con formazione di glutine - e dei granuli di amido, che si imbibiscono diventando gelatinosi. - LIEVITAZIONE: i lieviti trasformano il glucosio in anidride carbonica ed alcool etilico, originando piccole quantità di sostanze aromatiche. Il primo nutrimento del lievito è dato dall'esigua percentuale (1,5%) di destrine e glucosio contenuti nella farina; in quest'ultima sono inoltre presenti degli enzimi, in particolare delle alfa-amilasi, che durante la lievitazione digeriscono l'amido, fornendo ai lieviti il glucosio necessario per operare la fermentazione. E' quindi molto importante stabilire i giusti tempi di lievitazione; se questa è troppo breve, infatti, l'impasto non lievita sufficientemente, mentre quando perdura troppo a lungo, l'eccessiva degradazione dell'amido fa sì che il prodotto assuma una struttura irregolare, caratterizzandosi per una mollica molto lassa. Anche le condizioni di lievitazione devono essere attentamente controllate; in genere, a livello industriale si utilizzano delle celle in cui la temperatura è compresa tra i 23 ed 25°C, con umidità relativa pari all'80-85%. - FORMATURA: trasformazione dell'impasto nelle forme tipiche in relazione alle abitudini locali, a cui segue un breve ed ulteriore periodo di lievitazione. - COTTURA: generalmente avviene in forni elettrici, regolati ad una temperatura di 200 - 300 °C, che viene mantenuta per 15' - 60' a seconda della pezzatura del pane; naturalmente un panino di 50 grammi richiede tempi e temperature inferiori rispetto ad un pane da 1 kg. Durante la cottura avvengono delle trasformazioni molto importanti. Dopo l'infornatura, la temperatura del pane passa dai valori ambientali a livelli superiori, salendo uniformemente all'interno e all'esterno del prodotto; fino ai 35-40°C i lieviti continuano a proliferare e si nota quindi un aumento dell'impasto, esattamente come succede quando si inforna una torta. Superati i 45-50°C, i lieviti iniziano a morire e la lievitazione cessa; contemporaneamente, l'acqua evapora, i legami del glutine si irrigidiscono e l'amido solidifica, donando all'impasto una consistenza maggiore. Verso i 100°C, in superficie comincia a formarsi la crosta, molto importante perché impedisce all'acqua interna di continuare ad evaporare, mantenendo la morbidezza della mollica. In seguito la temperatura esterna continua a salire, ma quella interna rimane costante proprio grazie all'isolamento della crosta. In superficie, intanto, si assiste alla cameralizzazione degli zuccheri, che porta all'imbrunimento della crosta e conferisce al pane il caratteristico odore di cotto. Si ha inoltre una reazione tra gli zuccheri ed i gruppi amminici delle proteine (chiamata reazione di Maillard o di imbrunimento non enzimatico), da cui originano composti giallo-bruni che conferiscono al prodotto il classico colore del pane cotto. Questa reazione, molto complessa, avviene in tutti i processi cottura, compresa quella della carne (specie se grigliata) e porta alla formazione di numerosi composti non ancora completamente individuati. PANE: TRASFORMAZIONI DURANTE LA COTTURA 30° C Grazie all'intensificazione della fermentazione e alla produzione enzimatica di zuccheri semplici a partire dall'amido, che si ammorbidisce e plasticizza, inizia l'espansione del gas; 45°- 50°C Inattivazione e morte dei microrganismi responsabili della lievitazione (saccaromiceti); 50°- 60°C L'amido inizia a solidificarsi e le proteine iniziano a denaturare; 60°- 80°C L'amido è già solido e l'attività degli enzimi si interrompe. L'alcol formatosi evapora ed inizia la caramellizzazione degli zuccheri; 100° C L'impasto diventa rigido, comincia la produzione di vapore acqueo e la formazione della crosta; 110°-120°C Formazione di un colore giallo chiaro sulla crosta (dovuto alle destrine); 130°-140°C Formazione di un colore bruno sulla crosta; 140°- 50°C Caramellizzazione (abbronzamento della crosta); 150°-200°C Formazione di prodotti croccanti aromatici. Tipi di pane PANI SPECIALI: possono essere aggiunti burro, olio d'oliva o strutto, in quantità non inferiori al 4,5 % sulla sostanza secca, ma anche latte e polvere di latte, mosto d'uva, uva passa, fichi, olive ecc… Il pane speciale dev'essere tenuto in scaffali separati rispetto al pane comune e recanti l'indicazione dell'ingrediente aggiunto. PANE A CASSETTA O PANCARRE': contiene un discreto tenore di umidità, importante per conservarne a lungo la freschezza. PANE TOSTATO: si ha l'eliminazione di gran parte del contenuto idrico (4-8%). GRISSINI, CRACKERS PANE PROTEICO DETERMINAZIONE DELL'UMIDITA' Fino a 70 grammi Umidità max 29% Da 100 a 250 grammi Umidità max 31% Da 300 ma 500 grammi Umidità max 34% Da 600 a 1000 grammi Umidità max 38% Oltre 1000 grammi Umidità max 40% In caso si pane integrale + 2% Il pane proteico PANE PROTEICO: CARATTERISTICHE PRINCIPALI La quasi totalità delle diete dimagranti impone un limitato consumo di pane. Questo alimento ha infatti un contenuto calorico medio alto, (in 100 grammi di pane sono contenute circa 275 Kcal, 75 in meno di un uguale quantitativo di pasta). L'eccesso di calorie non è dovuto alla presenza di grassi (in realtà quasi assenti) ma all'importante contenuto in carboidrati (circa il 63%). Assumere troppi carboidrati, oltre ad elevare il contenuto calorico, altera l'ottimale bilanciamento del pasto. Per esempio se si consumano 200 grammi di pane, per rispettare la corretta ripartizione di calorie tra i vari macronutrienti occorre aggiungere circa 150 grammi di petto di pollo e 20 grammi di olio d'oliva. La seguente ricetta aumenta il contenuto lipidico e proteico del pane bilanciandolo dal punto di vista energetico. Si tratta di una modifica apportata alla ricetta PANE PROTEICO proposta dal dottor Albanesi sul suo sito (www.albanesi.it). PANE PROTEICO: INGREDIENTI Acqua 350 cc., farina bianca tipo 00 350 g, proteine del siero del latte (o di soia) 150 g, un cucchiaino di sale, un cucchiaio di zucchero o di fruttosio, un cubetto di lievito al naturale (sbriciolarlo bene), 25 grammi di semi di sesamo. PANE PROTEICO: PREPARAZIONE Sciogliere il lievito in un po' d'acqua sottraendola al totale da utilizzare. Impastare con cura i vari ingredienti aggiungendo acqua e farina un poco per volta fino ad ottenere un composto omogeneo, privo di grumi. Riporre l'impasto in una ciotola, coprirlo con uno strofinaccio ed una copertina e lasciare levitare per almeno due ore (fino a quando non sarà raddoppiato di volume). A lievitazione avvenuta impastare nuovamente per dare al composto la forma voluta, stendere il tutto su una pirofila unta di olio e spargere i semi di sesamo rimasti. Cuocere in forno a 180°C per circa un'ora. NOTE: L'ideale è scegliere proteine dal gusto neutro; da evitare proteine al gusto di vaniglia, cioccolato, fragola e simili. Utilizzando le proteine dell'uovo si otterrà un pane più compatto, più saziante, ma meno digeribile. La scelta del lievito è molto importante: usarne troppo poco o di scarsa qualità rende il pane troppo duro e compatto. Con del buon lievito si ottiene un pane veramente appetibile, è consigliato l'uso del lievito di birra, purché fresco. PANE PROTEICO: PROPRIETÀ NUTRIZIONALI Il pane proteico preparato con gli ingredienti sopra descritti ha le seguenti proprietà alimentari (per 100 g di prodotto crudo): ENERGIA 275 kcal carboidrati 40,2 g proteine 24,2 g grassi 3,2 g La pasta proteica >> Riso o pasta? In cucina è meglio scegliere il riso o la pasta, quale di questi due alimenti ha le migliori caratteristiche nutrizionali? PASTA DI SEMOLA Energia RISO 353 Kcal Energia 332 Kcal 1389 Kjoule 1476 Kjoule Parte edibile 100 % Parte edibile 100 % Acqua 10,8 g Acqua 12,0 g Carboidrati 79,9 g Carboidrati 80,4 g Lipidi 1,4 g Lipidi 0,4 g Proteine 10,9 g Proteine 6,7 g Fibre 2,7 g Fibre 1,0 g Osservando le tabelle sovrastanti si può effettuare un primo confronto tra questi due alimenti: la pasta ha un contenuto calorico leggermente superiore, è più ricca di lipidi, proteine e fibre mentre è più povera di acqua e carboidrati. Occorre però precisare che il riso, pur avendo un contenuto proteico inferiore alla pasta, ha un indice chimico* superiore che lo rende sotto questo punto di vista equivalente, se non addirittura superiore alla pasta. Il riso è anche più digeribile poiché l'amido di riso è composto da granuli di dimensioni inferiori ed è povero di amilosio (necessita solamente di 1 o 2 ore di attività gastrica contro le 3 o 4 ore della pasta) . Il suo peso aumenta notevolmente durante la cottura, basti pensare che da 1 etto di riso crudo si ottengono circa 320 grammi di riso cotto. Per questo motivo ha un indice di sazietà superiore alla pasta. Il riso parboiled così come quello integrale, conserva intatte gran parte delle vitamine contenute nel chicco. Infine il riso può essere utilizzato anche dai celiaci, poiché contiene poca prolammina, una sostanza che partecipa alla formazione del glutine. Insomma, sebbene i due alimenti siano simili dal punto di vista nutrizionale, il riso vanta alcune caratteristiche che lo rendono, anche se di poco, migliore della pasta. * INDICE CHIMICO: è dato dal rapporto tra la quantità di un dato aminoacido in un grammo della proteina in esame e la quantità dello stesso aminoacido in un grammo della proteina di riferimento biologica (dell'uovo). Più è alto questo indice e maggiore sarà la percentuale di aminoacidi essenziali. Vedi: PROFILO AMINOACIDICO DEGLI ALIMENTI . LA PASTA La Pasta "in bianco", fa ingrassare? La risposta ad uno dei miti più duri da sfatare "Ciao Luca, come va?! Tutto bene, grazie! Sai, vorrei perdere qualche chilo in vista dell'estate per cui mi sono messo a dieta. Adesso a mezzogiorno mangio solo pasta scondita o riso in bianco..." ?! Solo pasta?! La pasta è un alimento con un contenuto medio alto di calorie. In 100 grammi di pasta cruda sono contenute all'incirca 360 Kcal, quasi 100 in più del pane comune. L'eccesso calorico non è dovuto alla presenza di grassi (in realtà quasi assenti) ma all'importante contenuto in carboidrati (circa l'80%). Pasta in bianco? perché un eccesso di carboidrati fa ingrassare? In seguito all'assunzione di carboidrati il nostro corpo scinde le catene di polisaccaridi in glucidi sempre più semplici. Tali zuccheri vengono assorbiti dall'intestino e causano un aumento della glicemia (la quantità di zuccheri presente nel sangue). Un valore di glicemia troppo elevato è dannoso per il nostro corpo che si protegge aumentando l'insulina, un ormone dal forte potere ipoglicemizzante. Gli zuccheri presenti nel sangue, grazie all'azione insulinica, vengono assorbiti dalle cellule dei vari tessuti ed il loro livello nel sangue diminuisce. Una volta entrati nelle cellule i carboidrati del nostro piatto di pasta hanno tre possibilità: essere utilizzati per produrre energia chimica essere depositati sotto forma di glicogeno essere trasformati in grassi, qualora le riserve di glicogeno fossero sature Se nella cellula entrano quantità costanti di zuccheri essa sarà in grado di utilizzarle un po' alla volta per produrre energia. Se nella cellula entrano grandi quantità di zuccheri, vi sarà un surplus di glucosio che dovrà essere in gran parte depositato nelle riserve. Il consumo dei grassi, qualora fosse attivo, verrà bloccato ed inizierà il processo di accumulo: se le riserve sono già sature, allora la nostra cellula sarà costretta ad iniziare i processi di trasformazione del glucosio in grasso. (la quantità massima di glicogeno accumulabile è di circa 300 grammi, mentre i grassi possono essere accumulati in chili e chili di tessuto adiposo superfluo). Come abbiamo visto, quando nella cellula entrano grossi quantitativi di glucosio, la glicemia si abbassa. Più velocemente si innalza la glicemia e più bruscamente verrà abbassata. Il brusco calo della glicemia (ipoglicemia postprandiale) attiva lo stimolo della fame poiché il cervello, che è il principale utilizzatore di glucosio, percepisce il repentino calo di zuccheri e dà l'impulso affinché venga reintrodotta nuova energia tramite altri carboidrati. Si innesca una specie di circolo vizioso che, oltre a farci ingrassare, ci fa sentire più stanchi e svogliati aumentando, tra l'altro, il rischio di sviluppare patologie come l'arteriosclerosi ed il diabete . Se poi aggiungiamo del condimenti molto grassi il disastro è completo. Bastano 25 grammi di burro e 80 g di pasta per raggiungere le 470 kcal, cioè circa 1/3 del fabbisogno calorico quotidiano di una signora sedentaria di mezza età. Come difendersi dal brusco aumento della glicemia? bilanciando correttamente gli alimenti: se al nostro piatto di pasta aggiungiamo del pomodoro e del macinato di bovino magro, la digestione sarà più lenta, i carboidrati verranno assorbiti più lentamente e non ci saranno brusche variazioni della glicemia. Nella cellula entreranno modeste quantità di zuccheri per un periodo abbastanza lungo, lo stimolo della fame sarà soppresso e si eviteranno sonnolenza e spossatezza. Mangiare pasta o riso in bianco significa consumare un piatto con un contenuto lipidico molto basso, ma non per questo dietetico. Il fallimento delle diete ad alto contenuto di carboidrati è un mito duro a morire, specie in un Paese come il nostro che per anni ha decantato i pregi della dieta mediterranea ignorandone i difetti. Se avete intenzione di mettervi a dieta e non volete rinunciare al piacere della pasta è meglio ridurre il suo consumo ed aumentare leggermente quello dei "condimenti". Alcune idee? Pasta tonno pomodoro Pasta pollo e peperoni Spaghetti funghi e zucchine Pasta con macinato di manzo magro e zucchine Pasta con salmone e prezzemolo Pasta al pollo tricolore Rispettando la tradizione mediterranea, questa ricetta rappresenta un pasto ideale per tutti coloro che vogliono preparare un pasto veloce, completo e salutare. Caratteristiche principali: pasto ad alto contenuto in fibre, ottima fonte di carboidrati complessi, di acidi grassi monoinsaturi e poliinsaturi, carotenoidi, vitamina A, vitamina C, vitamina E ed amminoacidi . Trascurabile il contenuto in grassi saturi e in carboidrati semplici . Se il vostro obiettivo non è quello di costruire massa muscolare, o in caso di patologie epatiche e/o renali riducete i 150 g di pollo a 80-100 grammi. Le quantità di alimenti sono riferite all'uomo standard di riferimento (1,75 x 75Kg), fisicamente attivo, con abitudini di vita attive che consuma almeno quattro pasti completi al giorno. Preparazione: In una pentola portare ad ebollizione l'acqua. Mentre l'acqua si scalda, sminuzzate i pomodori ed i peperoni ma evitate di ridurli in pezzi troppo piccoli, riponeteli in una padella con la base ricoperta da un sottile velo di acqua ed aggiungete il petto di pollo a pezzetti. Chiudete la pentola con un coperchio e riscaldate a fuco lento. Quando l'acqua bolle aggiungete la pasta e fate bollire per 10 minuti. Mentre la pasta cuoce togliete il coperchio dalla pentola in cui stanno cocendo i peperoni. i pomodori ed il pollo, aggiungete le olive ed alzate la fiamma e mescolate il tutto. Quando è cotta, scolate la pasta ed aggiungete il contenuto della padella ed un filo d'olio. Le quantità di alimenti sono riferite all'uomo standard di riferimento (1,75 x 75Kg), fisicamente attivo, con abitudini di vita attive che consuma almeno quattro pasti completi al giorno Spaghetti funghi e zucchine Guardando la composizione in macronutrienti della ricetta, vediamo che essa rispecchia a grandi linee i princìpi contenuti nella dieta a zona. Questo tipo di dieta prevede che ogni pasto sia caratterizzato da un rapporto costante tra i tre macronutrimenti: 40% di carboidrati, 30% di proteine e 30% di grassi. In Italia come in altre parti del mondo si è molto discusso su questo tipo di dieta; indubbiamente la zona racchiude in sé molti princìpi validi e condividibili mentre altri devono ancora essere confermati ed accettati dalla comunità scientifica internazionale. Personalmente la ritengo di indubbia efficacia ma troppo rigorosa e difficile da seguire. CARATTERISTICHE PRINCIPALI: piatto ricco di carboidrati complessi (gli spaghetti sono il tipo di pasta a più basso indice glicemico ), fibre, proteine di alto valore biologico e grassi monoinsaturi. Apprezzabile il contenuto in minerali e vitamine. Molto basso il contenuto in grassi saturi e colesterolo. PREPARAZIONE: in una pentola portare ad ebollizione l'acqua. Mentre l'acqua si scalda ungete con un po' dolio una padella antiaderente e riscaldate a fuoco medio. Quando la padella sarà ben calda fate saltare le zucchine che avete precedentemente tagliato in tanti piccoli dischetti del diametro di 2-3 mm. Cocete per qualche minuto a fuoco vivo, dopodichè aggiungete il macinato e fatelo rosolare finché non assume il caratteristico colore marrone. Abbassate al minimo la fiamma, aggiungete i funghi e mescolate il tutto. Quando l'acqua bolle aggiungete gli spaghetti e fateli bollire per 8-10 minuti circa. Mentre la pasta cuoce date un ultima scottata al macinato e alle verdure. Scolate la pasta, aggiungete il contenuto dell'altra padella, un filo d'olio, spezie a piacere ed il vostro piatto sarà pronto. Le quantità di alimenti sono riferite all'uomo standard di riferimento (1,75 x 75Kg), fisicamente attivo, con abitudini di vita attive che consuma almeno quattro pasti completi al giorno. La pasta proteica Recentemente è stato introdotto anche nel mercato italiano un nuovo integratore "naturale". Si tratta della pasta proteica, un tipo di pasta caratterizzato da bassi livelli di grassi e carboidrati abbinati ad un contenuto proteico eccezionale. I valori nutrizionali dichiarati dai produttori sono sensazionali: pensate che 100 grammi di pasta proteica apportano mediamente 64 g di proteine, praticamente l'equivalente di 300 g di petto di pollo. VALORI NUTRIZIONALI medi per 100 g di Pasta proteica Valore Proteine Carboidrati Grassi Fibre 7.5 g energetico 64 16 5 365 kcal g g g Questo tipo di pasta si ottiene combinando la tradizionale farina di frumento con proteine della soia ed albume d'uovo. Ottimo anche il quantitativo di fibre alimentari. SAPORE: ovviamente non ho saputo resistere alla tentazione ed ho voluto provarla. Il primo impatto sinceramente non è stato molto positivo, la pasta proteica infatti non va molto d'accordo con il tonno al naturale! Dopo aver mangiato a stento metà porzione ho provato a condirla con olio ed origano ed è diventata una piacevole sorpresa, quasi appetitosa; questo perché la pasta proteica lega molto in bocca e senza olio si impasta per bene e non ne vuole sapere di andare giù. Dunque se volete provare questo nuovo integratore ricordatevi di condirlo con un po' d'olio e qualche spezia. Ingredienti: proteine della soia, farina di frumento, glutine di frumento, albume di uovo, proteine vegetali, fibre vegetali, inulina, gomma di guar, sale, acqua. Tempo di cottura: 6-8 minuti. ARTICOLI CORRELLATI: Riso o pasta? La pasta in bianco fa ingrassare?