I CORS N O IeC ESAM t h g i l e edizion COLLANA TIMONE DIRITTO CANONICO Nozioni essenziali SIMONE EDIZIONI GIURIDICHE ® Gruppo della Editoriale Esselibri - Simone Estratto pubblicazione 222/1 TUTTI I DIRITTI RISERVATI Vietata la riproduzione anche parziale Azienda certificata dal 2003 con sistema qualità ISO 14001: 2004 Per approfondire gli argomenti di questo volume segnaliamo dal catalogo «Simone»: 22 – Diritto Canonico – pp. 368 - € 20,00 ST 34 – Diritto Ecclesiastico e Diritto Canonico – pp. 400 - € 28,00 32 – Diritto Ecclesiastico – pp. 256 - € 16,00 32/1 – Compendio di Diritto Ecclesiastico – pp. 208 - € 13,00 LX 10 – Lexicon di Diritto Canonico ed Ecclesiastico – pp. 120 - € 5,16 . 96/2 – La Donna nella Chiesa – pp. 176 - € 11,00 Dal catalogo «Ellissi»: BH 1 – Mosaico Mediterraneo – pp. 352 - € 13,00 Storia delle religioni abramiche (ebraismo, cristianesimo e islamismo). BH 2 – Il Cristo in filosofia – pp. 160 - € 11,00 Percorsi tra ragione e rivelazione. 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Una particolare considerazione è riservata al diritto matrimoniale canonico, che, grazie, al sistema concordatario, ha rilevanza anche nell’ambito dell’ordinamento italiano. Il testo è corredato di una serie di box che focalizzano l’attenzione sulle problematiche di maggiore attualità o su aspetti cruciali per il corretto inquadramento sistematico di un determinato istituto. Come gli altri libri della collana, il volume rappresenta un valido sussidio per un rapido ed efficace percorso di apprendimento per gli studenti universitari, rilevandosi utile anche per coloro che si apprestano a sostenere l’esame di diritto ecclesiastico che attinge copiosamente alla terminologia canonistica. Estratto della pubblicazione CAPITOLO PRIMO IL DIRITTO CANONICO Sommario: 1. Definizione e scopo del diritto canonico. - 2. Caratteri dell’ordinamento canonico. - 3. Giuridicità dell’ordinamento canonico. - 4. Il diritto canonico come insieme di norme di diritto divino e umano. - 5. Distinzione delle norme canoniche. 1. DEFINIZIONE E SCOPO DEL DIRITTO CANONICO Il diritto canonico (o, secondo alcuni, ecclesiale) può essere definito, con DEL GIUDICE V., «l’insieme delle norme giuridiche, poste o fatte valere dall’autorità della Chiesa cattolica» norme secondo le quali «la Chiesa è organizzata e che regolano l’attività dei fedeli nel mondo in relazione ai fini propri della Chiesa stessa». In sostanza il diritto canonico, cioè l’ordinamento canonico, è costituito da quell’insieme di norme che: a) creano i rapporti giuridici canonici, e cioè i legami che collocano i fedeli in una determinata situazione giuridica all’interno del corpo sociale della Chiesa e in ordine ai suoi fini; b) regolano tali rapporti; c) organizzano la gerarchia degli organi componenti la Chiesa e ne regolano l’attività; d) valutano e regolano i comportamenti dei fedeli con norme e se è il caso anche con sanzioni. 2. CARATTERI DELL’ORDINAMENTO CANONICO L’ordinamento canonico presenta delle caratteristiche peculiari derivanti dalla sua particolare natura e dall’ambito sociale dove esso si svolge. Tali caratteristiche, oltre a quelle fondamentali della giuridicità e della sua parziale origine soprannaturale possono così sintetizzarsi. 6 Capitolo Primo A) Universalità L’ordinamento canonico si applica a tutti i fedeli, ovunque residenti, ed è potenzialmente idoneo a valere come complesso di regole per tutta l’umanità, senza distinzione di nazionalità, lingua, razza, condizione sociale e territorio. B) Unità e varietà L’ordinamento canonico presenta una fondamentale unità, che si riflette: — nel potere del Romano Pontefice che si estende su tutta la Chiesa ed i suoi membri; — nell’unità dei mezzi predisposti ad animarum salutem; — nell’uguaglianza dei diritti e dei doveri fondamentali di tutti i fedeli in ordine al fine ultimo già citato: la salvezza delle anime; — nella mancanza di divisioni interne dei membri in gruppi a seconda della nazionalità, della razza, della lingua etc. Anche nella sua unità, però, l’ordinamento canonico presenta una larga ed accentuata varietà che è l’espressione della vigile e attenta sensibilità della Chiesa verso i problemi dell’uomo in tutte le epoche storiche e rappresenta il mezzo attraverso cui la Chiesa stessa cerca di essere più vicina ai suoi fedeli. Nel suo ambito, infatti, più che in qualsiasi altro ordinamento, vigono molteplici norme di diritto particolare dovute: — alla distinzione tra diritto latino e diritto orientale; — alla potestà legislativa riconosciuta ai Concili particolari, alle Conferenze Episcopali nonché ai singoli Vescovi; — allo ius statuendi riconosciuto agli enti ed alle comunità minori (ad es. i gesuiti hanno un loro superiore generale che emette delle norme che costituiscono un diritto proprio, che all’interno del diritto generale della Chiesa universale, regola e disciplina l’ordine dei gesuiti). C) Incompletezza Il diritto canonico è, per sua natura, incompleto e limitato solo alle materie riguardanti i fini particolari perseguiti dall’ordinamento canonico. Nel suo ordine, però, il diritto canonico è sovrano ed ogni questione in materia di fede religiosa trova in esso completa disciplina; perciò esso non può ammettere l’ingerenza statuale in materia di fede. Ne consegue che ove il diritto statuale dettasse norme dirette a ostacolare i Estratto della pubblicazione Il Diritto canonico 7 fedeli nella loro vita spirituale, la Chiesa può (secondo la prevalente dottrina del diritto pubblico ecclesiastico) condannare le leggi dello Stato (cd. intervento ratione peccati). Viceversa la Chiesa, attraverso l’istituto della canonizatio previsto espressamente dal can. 22 del Codice di diritto canonico, può inserire nel proprio ordinamento quelle norme di diritto statuale che, naturalmente, non siano contrarie ai fini del diritto canonico. D) Elasticità L’ordinamento canonico, rigido ed immutabile nei suoi principi basilari dogmatici, si presenta duttile e flessibile nelle sue applicazioni, dimostrando una notevole adattabilità alle più diverse circostanze di luogo, di tempo e di persone, sì che ogni comunità ecclesiale ha avuto e continua ad avere norme particolari dirette a derogare o integrare quelle riguardanti tutta la cattolicità; ciò è da porsi in relazione alla salus animarum quale fine supremo della Chiesa. Da tale elasticità derivano istituti tipici del diritto canonico, come la tolleranza, l’indulto, l’equità canonica, il concordato etc. E) Duplicità della gerarchia e diversa capacità giuridica dei suoi soggetti L’ordinamento canonico si presenta basato su una duplice gerarchia distinta, quella di ordine e quella di giurisdizione, e costituito da due categorie diverse di soggetti (can. 207 cod. dir. can.): — i chierici, titolari de jure della piena soggettività giuridica e quindi capaci di assumere gradi e poteri in ambedue tali gerarchie; — i laici, privi, invece, di ogni potestà di diritto pubblico e quindi intrinsecamente incapaci di partecipare sia all’uno che all’altro ordine gerarchico anche se resi partecipi (can. 204 cod. dir. can.) dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo. Oltre alla condizione laicale e clericale, c’è poi uno stato di vita riconosciuto dalla Chiesa: lo stato di vita consacrata, il quale non appartiene alla struttura gerarchica ma alla vita e alla santità della Chiesa. Pertanto si può essere in uno stato di vita consacrata sia nella condizione laicale sia nella condizione clericale. A questo stato di vita si perviene sia in forza dei voti, sia di altri vincoli sacri: promesse, giuramenti, riconosciuti dalla Chiesa con la propria gradualità. 3. GIURIDICITÀ DELL’ORDINAMENTO CANONICO Discusso è il problema se il sistema di norme che costituiscono il diritto canonico rappresenti o meno un vero e proprio ordinamento giuridico. Estratto della pubblicazione 8 Capitolo Primo Teorie negatrici e teorie affermatrici In dottrina sono presenti teorie negatrici i cui esponenti per contestare la natura ed il valore giuridico dell’ordinamento canonico affermano che esso: a) manca del carattere della statualità, essendo la Chiesa un organismo non statale; b) manca del carattere della imperatività originaria, in quanto la Chiesa, esistendo ed operando all’interno dello Stato (e quindi quale organismo ad esso subordinato), va considerata alla stregua di qualsiasi altra associazione, i cui statuti sono privi della forza obbligante (imperatività) propria del diritto; c) manca dell’intersubiettività, nel senso che le norme emanate dalla Chiesa sono dirette, per loro natura, a regolare non già relazioni reciproche tra gli uomini (cd. relazioni di foro esterno), bensì soltanto rapporti personali del singolo o, tutt’al più, rapporti tra l’uomo e la divinità (cd. relazioni di foro interno). I sostenitori delle teorie affermatrici osservano, tuttavia, che: a) non è possibile concepire una organizzazione sociale qual è la Chiesa (indipendentemente dal territorio dove svolge la sua attività) senza riconoscere ad essa il potere di dettare norme capaci di regolare la condotta dei consociati, sia nei rapporti interindividuali e sia in relazione alla realizzazione del fine ultraterreno; b) la Chiesa, in sé e per sé considerata costituisce una effettiva società giuridica portatrice di vere e proprie norme giuridiche in quanto la valutazione che uno Stato può dare alle norme della Chiesa non influisce minimamente sull’effettiva natura di tali norme; c) l’assenza di intersubiettività, non risponde al vero in quanto nell’ordinamento della Chiesa si riscontra una netta distinzione tra due diverse categorie di norme: — quelle morali oggetto della cd. giurisdizione del foro interno (teologia morale); — quelle giuridiche vere e proprie, oggetto della giurisdizione del foro esterno (diritto canonico). In conclusione, quindi, si può affermare, con le migliori dottrine, che l’ordinamento canonico deve considerarsi un vero e proprio ordinamento giuridico. 4. IL DIRITTO CANONICO COME INSIEME DI NORME DI DIRITTO DIVINO E UMANO Poiché la Chiesa costituisce un’unica realtà composta da un elemento divino e da un elemento umano, correlativamente il diritto canonico si compone di norme di origine divina — il diritto divino — e di norme di provenienza umana — il diritto umano. A) Diritto divino Appartengono al diritto divino le norme che risalgono alla stessa volontà divina, quale si è manifestata nella Rivelazione precristiana ed attraverso Estratto della pubblicazione Il Diritto canonico 9 gli insegnamenti dati direttamente da Cristo o, per suo mandato, dagli Apostoli e, inoltre, quale si desume dall’ordinamento dell’umanità nelle sue inderogabili e razionali esigenze. Tali norme formano il ius divinae constitutionis a sua volta ripartito in: — ius divinum positivum, cioè le norme contenute nella Sacra Scrittura e nella Tradizione: — ius divinum naturale, cioè le norme che si inducono come essenzialmente inerenti la vita sociale umana ed obbliganti i singoli per l’assicurazione dell’ordine e della giustizia. Tutte le norme di diritto divino che si riferiscono alla condotta, individuale o sociale, degli uomini, in qualsiasi tempo e luogo, obbligano gli stessi in forma indefettibile (gli uomini, cioè, non possono sottrarsi a tali norme). B) Diritto umano Appartiene, invece, al diritto umano quell’insieme di norme canoniche scaturenti dal volere delle autorità costituite dalla Chiesa per il governo della comunità dei fedeli. Tali norme formano il cd. ius humanae constitutionis e sono contenute nei documenti della legislazione ecclesiastica positiva oppure si sono formate attraverso la consuetudine (vedi infra: Cap. II). 5. DISTINZIONE DELLE NORME CANONICHE Oltre alla distinzione fondamentale tra norme di diritto divino e norme di diritto umano ed a quella, generale, tra norme di diritto privato e norme di diritto pubblico, la dottrina dominante ne conosce diverse altre: A) in relazione alla forma: — norme scritte: sono quelle originariamente contenute in documenti scritti; — norme non scritte: derivano, in particolare, dal diritto naturale, dalla tradizione e dalla consuetudine; B) in relazione all’oggetto (o materia): — norme costituzionali che riguardano la struttura stessa della Chiesa; — norme amministrative che riguardano l’esercizio del potere esecutivo; Estratto della pubblicazione 10 Capitolo Primo — norme sacramentali che esplicitano per chi, da chi, e in che modo devono essere celebrati i sacramenti; — norme liturgiche; — norme patrimoniali; — norme penali; — norme processuali etc.; C) in relazione all’estensione: — norme comuni, o universali, se riguardano tutti i fedeli dovunque si trovano; — norme particolari, o locali, se hanno vigore soltanto in determinate circoscrizioni (diritto nazionale, provinciale, diocesano; diritto della Chiesa latina, di quella orientale, diritto missionario etc.); D) in relazione ai soggetti cui si riferiscono: — norme generali, se sono applicabili a tutti i fedeli indipendentemente dalla loro condizione o stato; — norme speciali, se riguardano solo determinati gruppi di fedeli (es.: «diritto regolare» in contrapposto a quello «secolare») o una parte di essi, o, addirittura, un solo soggetto (norme individuali, o privilegi); E) in relazione al tempo in cui sono sorte, tra: — norme di diritto antico: se furono emanate anteriormente al Concilio di Trento (1542-1563); — norme di diritto nuovo: se emanate successivamente al Concilio di Trento e fino al Concilio Ecumenico Vaticano II; — norme di diritto nuovissimo: se scaturite dal Concilio Vaticano II o successivamente ad esso (ad es. il vigente nuovo Codice di diritto canonico); F) in relazione al rito, tra: — norme di diritto canonico latino: si riferiscono alla Chiesa cattolica di rito latino o occidentale; — norme di diritto canonico orientale: si riferiscono alla Chiesa cattolica di rito orientale (la loro codificazione è stata recentemente ultimata). Giova ricordare che, con l’espressione Chiesa orientale si intendono varie forme rituali e cioè i riti antiocheno, alessandrino, bizantino o costantinopolitano (cd. rito greco), siro-orientale (o caldeo) e armeno. Estratto della pubblicazione CAPITOLO SECONDO FORMAZIONE DEL DIRITTO CANONICO: LE FONTI DI PRODUZIONE Sommario: 1. Le fonti materiali di diritto canonico. - 2. L’autorità competente a creare le norme canoniche in campo particolare o locale. - 3. Le fonti formali del diritto canonico: la legge canonica. - 4. Oggetto ed obbligatorietà della legge canonica. - 5. Promulgazione delle leggi. - 6. Efficacia della legge canonica nel tempo e nello spazio. - 7. Interpretazione della legge. - 8. L’abrogazione della legge canonica. - 9. La consuetudine. - 10. Decreti generali e istruzioni. - 11. Fonti sussidiarie del diritto. 12. Fonti del diritto con efficacia particolare. - 13. Le fonti particolari di diritto canonico. 1. LE FONTI MATERIALI DI DIRITTO CANONICO Nel diritto canonico sono fonti materiali e cioè autorità facultate a creare norme: A) Dio Dio è la fonte unica delle norme canoniche di diritto divino che, come nota GISMONDI, è il diritto di «diretta derivazione da Dio». B) Sommo Pontefice Il Sommo Pontefice è, dopo Dio, la fonte materiale più importante di diritto canonico; in particolare egli è l’unico soggetto di diritto canonico che ha pienezza del potere legislativo, in quanto è sempre investito di tale potere e può esercitarlo direttamente (can. 331) oppure indirettamente (can. 360), e cioè attraverso la Curia Romana (Congregazioni, Consigli, etc.) C) Concilio Ecumenico Il Concilio Ecumenico (e cioè la riunione del Collegio dei Vescovi di tutto il mondo, convocata dal Sommo Pontefice e da lui presieduta direttamente o a mezzo di un suo delegato) ha potestà legislativa su tutta la Chiesa, a condizione, però, che i suoi decreti siano successivamente approvati e promulgati dal Pontefice (can. 341). Estratto della pubblicazione 12 Capitolo Secondo D) Sinodo dei Vescovi Il Sinodo dei Vescovi è l’assemblea di Vescovi, designati dalle rispettive conferenze episcopali in rappresentanza dell’episcopato universale, convocata dal Sommo Pontefice per trattare argomenti che riguardano direttamente il bene della Chiesa universale. Detto Sinodo può eccezionalmente avere potestà legislativa qualora essa gli venga conferita, in casi determinati, dal Romano Pontefice al quale spetta, comunque, ratificare i relativi decreti (can. 343). 2. L’AUTORITÀ COMPETENTE A CREARE LE NORME CANONICHE IN CAMPO PARTICOLARE O LOCALE Oltre ai soggetti di cui prima si è parlato, anche altre autorità possono emanare leggi, dirette però soltanto a regolare situazioni determinate e rispetto a un numero limitato di soggetti; esse sono: a) i Concili particolari che si distinguono in plenari e provinciali (can. 445); b) le Conferenze episcopali (can. 455); c) i Vescovi diocesani e, comunque, coloro che presiedono le comunità di fedeli, dette Chiese particolari, di cui al can. 368. Oltre alle diocesi vere e proprie, sono chiese particolari, le prelature e abbazie territoriali, i vicariati e le prefetture apostoliche e altresì le amministrazioni apostoliche stabilmente erette. 3. LE FONTI FORMALI DEL DIRITTO CANONICO: LA LEGGE CANONICA Il diritto canonico, in senso oggettivo, è formato da due gruppi distinti di norme, di carattere umano e di carattere divino. La forma attraverso cui tali norme vengono emanate può essere: a) la legge (ius scriptum); b) la consuetudine (ius non scriptum). A) Caratteri La legge canonica, presenta i seguenti caratteri: a) è un comando (iussum); Estratto della pubblicazione Formazione del diritto canonico: le fonti di produzione 13 b) dato in vista del bene comune dei sudditi e non già in considerazione del vantaggio che ne può derivare all’autorità che l’ha dato; c) proveniente da un soggetto idoneo a darlo; d) diretto a soggetti tenuti a rispettarlo, e cioè a quei soggetti che sono legati ad essa da un rapporto di soggezione (i battezzati). B) Classificazione delle leggi canoniche Differenti possono essere le classificazioni delle leggi canoniche. In particolare: a) rispetto agli effetti si distingue tra: 1) leges prohibentes, che hanno carattere preventivo; 2) leges irritantes, che negano l’efficacia giuridica ad un atto (così il can. n. 10); 3) leges inabilitantes, che privano della capacità giuridica un soggetto (così il can. n. 10); 4) leges pœnales, sono a carattere repressivo e, per il disposto del canone 18, sono soggette a stretta interpretazione; 5) leges permittentes, che consentono una data condotta a determinati soggetti che si trovano in particolari condizioni; b) rispetto alle sanzioni si distingue tra: 1) leggi imperfette, che sono prive di sanzione; 2) leggi meno che perfette, che comminano una sanzione, senza tuttavia prevedere anche la nullità dell’atto compiuto in loro violazione; 3) leggi perfette, che prevedono la nullità dell’atto compiuto in loro violazione; 4) leggi più che perfette, che prevedono la nullità dell’atto e comminano anche una sanzione. 4. OGGETTO ED OBBLIGATORIETÀ DELLA LEGGE CANONICA A) Oggetto Non vige una norma generale che fissi in assoluto gli oggetti specifici della legge canonica; vi sono, tuttavia, nel Codice norme che, per singole materie, riaffermano la competenza della Chiesa così, ad es., per quanto attiene la disciplina del matrimonio dei battezzati (can. 1073), l’istituzione 14 Capitolo Secondo di scuole di ogni ordine e grado (can. 800), l’acquisto, l’amministrazione e il possesso di beni temporali (can. 1289) etc. B) Obbligatorietà In base al can. 11 sono soggetti alle leggi puramente ecclesiastiche (vale a dire non includenti precetti di diritto divino) i battezzati nella Chiesa cattolica (criterio ecclesiologico che esclude i membri delle comunità cristiane non cattoliche) che godano di sufficiente uso di ragione (criterio psicologico) e abbiano compiuto il settimo anno di età (criterio cronologico). Vi sono però dei casi nei quali la legge esige un’età più matura: v. il can. 1323, n. 1 che richiede i 16 anni per l’applicazione delle sanzioni penali o il can. 1252 che prevede i 14 anni per l’astinenza e la maggiore età per il digiuno. L’ignoranza o l’errore circa la legge canonica di regola non scusano; sono tuttavia scusabili l’ignoranza o l’errore di fatto (fino a prova del contrario) salvo però che non si tratti di leggi irritanti o inabilitanti (can. 15). 5. PROMULGAZIONE DELLE LEGGI Il canone 8 sancisce che la promulgazione delle leggi ecclesiastiche universali ha luogo «per editionem in Actorum Apostolicae Sedis commentario officiali» (la cui sigla è A.A.S.): l’inserzione negli Atti della Sede Apostolica ha valore, nel diritto canonico, sia come promulgazione che come pubblicazione. Lo stesso canone sancisce che la legge entra in vigore solo dopo tre mesi (cd. vacatio legis) dalla sua promulgazione, salvo diverso termine (più breve o più ampio) previsto dalla legge stessa. Per le leggi particolari, invece, è prescritto che la promulgazione venga fatta nel modo determinato dal legislatore e l’entrata in vigore avvenga dopo un mese, salvo diversa disposizione. È opportuno, al riguardo, precisare che si intendono per universali le leggi promulgate per tutta la Chiesa cattolica (di rito latino), per particolari quelle promulgate per un determinato territorio quale ad es. la diocesi, la provincia ecclesiastica etc. Per completezza può aggiungersi che, sul piano terminologico, sono chiamate generali le leggi emanate per tutti i fedeli; speciali quelle promulgate per una determinata categoria di persone come ad es. i chierici, i laici etc. Estratto della pubblicazione Formazione del diritto canonico: le fonti di produzione 15 6. EFFICACIA DELLA LEGGE CANONICA NEL TEMPO E NELLO SPAZIO A) Efficacia nel tempo In diritto canonico vige il principio della irretroattività della legge (can. 9). Nel Codice, però, si riscontrano almeno tre importanti deroghe a tale principio: 1) il menzionato can. 9, pur sancendo la irretroattività delle leggi, precisa «a meno che non si disponga nominativamente in esse delle cose passate»; 2) le leggi interpretative, se si limitano a una chiarificazione del significato della legge interpretata senza innovarla hanno efficacia retroattiva e cioè valgono da quando è entrata in vigore la legge interpretata (can. 16, §2); 3) le leggi penali hanno sempre efficacia retroattiva se sono più favorevoli al reo (can. 1313). B) Efficacia nello spazio Le leggi universali valgono per tutti i fedeli ovunque si trovino (can. 12, §1). Le leggi particolari, invece, si presumono territoriali e non personali (principio della territorialità) nel senso che sono soggetti alla legge di un determinato territorio (es. la diocesi) i fedeli che in esso hanno il domicilio o il quasi domicilio e contemporaneamente vi si trovino di fatto (cann. 12 e 13). Coloro che si trovano in luogo solo di passaggio, cioè i forestieri (peregrini) non sono tenuti, salvo alcune eccezioni, all’osservanza delle leggi particolari né del proprio territorio né di quello ove attualmente vengono a trovarsi (can. 13, §2). Una categoria particolare sono i nomadi o girovaghi (vagi) i quali sono obbligati alle leggi, sia universali, sia particolari, che sono in vigore nel luogo ove momentaneamente si trovano. 7. INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE L’interpretazione può essere: A) Rispetto all’autorità che ha interpretato: 1) autentica o legislativa, quando viene fatta dal legislatore (o da coloro che dal legislatore sono delegati) ed ha valore generale (si ap- 16 Capitolo Secondo plica cioè in tutti i casi), in quanto ha la veste formale di legge (can. 16). 2) particolare se posta in essere dalla autorità amministrativa con un rescritto o da quella giudiziaria con una sentenza. In questi casi l’interpretazione vale solo per il singolo caso per il quale è stata data (can. 16, §3); 3) dottrinaria cioè svolta dalla dottrina: essa non è obbligatoria, ma può dar luogo ad una consuetudine (vedi infra). B) Rispetto ai risultati: — restrittiva che è obbligatoria per le leggi penali, per quelle che restringono il libero esercizio dei diritti o che contengono una eccezione alla legge (can. 18); vale nei casi in cui il legislatore plus dixit quam voluit; — estensiva che vale nei casi in cui il legislatore minus dixit quam voluit. C) Rispetto ai metodi interpretativi (can. 17): — letterale o grammaticale: è quella rivolta a valutare il significato proprio delle singole parole del testo: cd. vox juris (can. 17); — logica: nei casi in cui l’interpretazione letterale dia adito a dubbi, l’interprete cercherà allora di ricostruire, attraverso una ricerca logica, il fine della legge (ratio legis) e la sua forza normativa (vis legis) in riferimento alle particolari circostanze e al momento storico in cui il legislatore si trovò a formulare la norma; — storica, quando l’interprete ricostruisce la genesi della legge (col ricorso, ad esempio, ai lavori preparatori); — sistematica, quando l’interprete studia la norma collegandola a tutto il contesto giuridico cui essa appartiene. Va, infine, segnalata l’utilità ed importanza, ai fini interpretativi, della consuetudine che il can. 27 definisce ottima interprete della legge. 8. L’ABROGAZIONE DELLA LEGGE CANONICA Normalmente la legge canonica cessa di aver vigore in conseguenza di una legge posteriore (abrogazione). L’abrogazione, disciplinata dal can. 20, può essere: a) espressa quando la nuova legge espressamente dica che la precedente è abrogata in tutto o in parte (in quest’ultimo caso si parla di derogatio); Formazione del diritto canonico: le fonti di produzione 17 b) tacita se la nuova legge è direttamente contraria (quindi incompatibile) con la precedente ovvero disciplini ex novo ed integralmente tutta quanta la materia oggetto della legge precedente (in questo caso si parla di abrogatio). La legge universale, a meno che non lo preveda espressamente, non deroga affatto alle leggi particolari o speciali. Nel dubbio, la legge preesistente non si presume abrogata ma si deve cercare di armonizzare, per quanto possibile, la vecchia e la nuova legge (can. 21). 9. LA CONSUETUDINE L’uso, o consuetudine, considerato in dottrina fonte autonoma (non scritta) di diritto, è caratterizzato dal ripetersi costante di atti cui si finisce di attribuire, con il trascorrere del tempo, carattere giuridico. In diritto canonico, però, la consuetudine diviene norma giuridica non in base al consenso dei sudditi bensì solo ed unicamente se riceve l’approvazione dell’autorità competente (can. 23). A mente delle disposizioni del Codice, tale approvazione può aversi se ricorrono le seguenti circostanze: — che la consuetudine sorga in una comunità «capace almeno di ricevere una legge» (can. 25), cioè una società perfetta (Provincia ecclesiastica, Diocesi, Capitolo, Ordine religioso); — che consti di un ripetuto e costante esercizio di atti liberamente compiuti, accompagnati dal convincimento di compiere atti giuridicamente obbligatori; — che non sia contraria al diritto divino (can. 24, §1); — che sia, invece, razionale, abbia, cioè, un oggetto idoneo; a tal riguardo il can. 24, 2º comma, dichiara non razionale la «consuetudine espressamente riprovata nel diritto»; — che esista una diuturnitas cioè una protrazione per un certo periodo di tempo, di regola non inferiore ai trenta anni (can. 26). La consuetudine può essere: universale, se è in vigore in tutta la Chiesa; particolare, se è in vigore solo in determinati territori. In riferimento alla legge (scritta) può essere secundum legem (cioè conforme alla legge); contra legem (cioè contraria alla legge) e præter legem (letteralmente «al di 18 Capitolo Secondo fuori della legge»: se cioè stabilisce qualcosa di non esistente nella legge scritta). La consuetudine, sia contra che præter legem, può essere revocata con legge o a mezzo di una consuetudine contraria; se, però, non se ne fa espressa menzione, la legge non revoca le consuetudini centenarie o immemorabili, né la legge universale revoca le consuetudini particolari (can. 28). 10. DECRETI GENERALI E ISTRUZIONI Il Codice prevede una ulteriore categoria di fonti generali che costituisce una novità rispetto alla codificazione precedente. In essa rientrano: a) i decreti generali con i quali, giusta i canoni 29 e 30, il legislatore competente impartisce disposizioni comuni e generali a una comunità determinata: ne sono un esempio i decreti disciplinari dei Concili ecumenici e dei Concili provinciali ed i decreti delle Conferenze Episcopali; b) i decreti generali esecutivi (cann. 31-33), emanati dall’autorità esecutiva per determinare in modo più dettagliato ed analitico le modalità di attuazione della legge e per sollecitarne l’osservanza; c) le istruzioni (can. 34), emanate anch’esse dall’autorità esecutiva, per illustrare le disposizioni di una legge e chiarirne le modalità di esecuzione. 11. FONTI SUSSIDIARIE DEL DIRITTO Il Codice, al can. 19, implicitamente elenca alcune fonti sussidiarie del diritto, cui l’interprete deve far ricorso (eccetto che per la materia penale) quando non trovi nel diritto una norma scritta o consuetudinaria che contempli il caso particolare (problema delle cd. lacune giuridiche). Esse sono: a) l’analogia che consiste in un processo di integrazione mediante il quale l’interprete deve ricercare, tra le norme che regolano casi simili o materie analoghe, quella che più si adatti a regolare il caso concreto (non previsto dalla legge). b) i principi generali del diritto, desunti da successive generalizzazioni del diritto positivo; Estratto della pubblicazione Formazione del diritto canonico: le fonti di produzione 19 c) l’equità cui spesso si fa ricorso nell’ordinamento canonico per temperare la rigidità della norma scritta; d) la giurisprudenza e la prassi della Curia romana; e) la dottrina che diviene fonte di diritto oggettivo quando consiste in un «comune e costante insegnamento». 12. FONTI DEL DIRITTO CON EFFICACIA PARTICOLARE Accanto alle fonti generali, ve ne sono altre, nell’ordinamento canonico, che hanno efficacia solo particolare. Oltre l’autonomia, esse sono costituite dai Concordati e dai singoli diritti statuali. I concordati costituiscono delle convenzioni internazionali, stipulate tra la S. Sede, in veste di soggetto di diritto internazionale, e singoli Stati per provvedere alla regolamentazione generale della situazione giuridica della Chiesa in un determinato Paese. Il Concordato obbliga solo le parti internazionali contraenti. Il diritto statuale vigente è spesso richiamato nell’ordinamento canonico con un rinvio che prende il nome di canonizatio: tipico esempio le norme di diritto civile in materia di contratti e di pagamenti, espressamente richiamate dal can. 1290. Precisa comunque il can. 22 che le leggi civili canonizzate in tanto potranno essere osservate in quanto non siano contrarie al diritto divino e sempreché il diritto canonico non disponga altrimenti. 13. LE FONTI PARTICOLARI DEL DIRITTO CANONICO Costituiscono anche fonti del diritto oggettivo canonico gli atti amministrativi singolari. Essi, però, rispetto alle fonti (generali) esaminate in precedenza, assumono la figura di fonti particolari in quanto pur essendo, in effetti, un comando (iussum) diretto a un singolo o ad una comunità, risultano privi dei caratteri di astrattezza e generalità che sono propri della legge. Il decreto singolare, si configura come un atto amministrativo con cui la competente autorità esecutiva provvede, in base alle norme del diritto, a emanare una decisione per un caso particolare ovvero a conferire qualcosa, per lo più un ufficio ecclesiastico (can. 48). Esso si distingue dal rescritto perché non presuppone, per la emanazione, la richiesta (petizione) di qualcuno. Estratto della pubblicazione 20 Capitolo Secondo Il precetto singolare è, invece, quel particolare tipo di decreto mediante il quale legittimamente si impone ad una persona, o a persone determinate, la osservanza o la omissione di un certo comportamento. Il rescritto è l’atto amministrativo formulato per iscritto dall’autorità esecutiva competente, col quale, su richiesta di qualcuno, viene concesso un privilegio, una dispensa, una licenza o qualsiasi altra grazia o favore. Il privilegio, secondo il can. 76, è una grazia in favore di determinate persone, sia fisiche sia giuridiche, accordata per mezzo di un atto speciale che viene emanato, a differenza degli altri atti amministrativi, dal legislatore o anche dall’autorità esecutiva ma sempre su delega del legislatore: il possesso centenario o immemorabile di un privilegio può comunque indurre la presunzione della sua concessione. Il privilegio, che si presume perpetuo, salvo prova contraria (can. 78), può essere: — personale: segue la persona e si estingue con la sua morte; — reale: cessa con la distruzione totale della cosa o del luogo; quando però il destinatario ha carattere locale (ad es. una chiesa, una città) il privilegio rivive se il luogo viene ricostruito entro cinquanta anni. La dispensa è definita dal can. 85 come «l’esonero, in un caso particolare, dall’osservanza di una legge puramente ecclesiastica, concesso dall’autorità esecutiva competente oppure da chiunque ne abbia facoltà a norma del diritto o per legittima delega». Presupposto della dispensa è una giusta e ragionevole causa rapportata alle circostanze del caso e alla gravità della legge dalla quale si dispensa (can. 90); mancando ciò la dispensa è invalida. Gli statuti (can. 94) costituiscono la norma particolare per cui si reggono le persone giuridiche della Chiesa, siano esse insiemi di persone, siano insiemi di cose o fondazioni autonome. Sono tenuti all’osservanza degli statuti le sole persone che siano legittimamente membri di un’associazione o che, trattandosi di fondazioni, ne curino la conduzione. Gli ordinamenti (can. 95) sono regole o norme che devono essere osservate da tutti i partecipanti nei convegni di persone, sia indetti dall’autorità ecclesiastica sia liberamente convocati dai fedeli e per mezzo dei quali viene definito ciò che si riferisce alla costituzione, alla conduzione e ai modi di agire. CAPITOLO TERZO FORMAZIONE DEL DIRITTO CANONICO: LE FONTI DI COGNIZIONE Sommario: 1. Fonti di diritto divino. - 2. Fonti di diritto umano. - 3. La promulgazione del nuovo codice di diritto canonico. - 4. Il pontificio consiglio per la interpretazione dei testi legislativi. - 5. La codificazione del diritto canonico orientale. Le fonti di cognizione (fontes cognoscendi) del diritto canonico sono, le raccolte e i documenti nei quali si trovano contenute le norme canoniche e che permettono la conoscenza del diritto. Tali fonti si distinguono in fonti di diritto divino e fonti di diritto umano. 1. FONTI DI DIRITTO DIVINO Il diritto divino, cioè di diretta derivazione da Dio, si presenta nel duplice aspetto di: 1) diritto divino naturale; 2) diritto divino positivo. Tra le fonti di diritto divino naturale è da annoverarsi il diritto naturale (lex naturalis) che è, secondo l’insegnamento di S. Tommaso, «il complesso dei principi impressi da Dio nella coscienza dell’uomo» aventi valore universale. Fonti di cognizione del diritto divino positivo sono, invece, la Sacra Bibbia e la Tradizione che, insieme, costituiscono la Rivelazione. Bibbia e Tradizione La Bibbia, o Sacra Scrittura, è composta da 73 libri, secondo quanto stabilì il Concilio di Trento. Essa è divisa tra: 1) Antica Alleanza (46 libri), che riguarda il rapporto religioso che Dio stabilì con il popolo di Israele; 2) Nuova Alleanza (27 libri), che comprende i quattro Vangeli, gli Atti degli Apostoli, 13 lettere di S. Paolo, 2 di S. Pietro, 3 di S. Giovanni, 1 di S. Giacomo, 1 di S. Giuda, la Estratto della pubblicazione 22 Capitolo Terzo lettera agli Ebrei e l’Apocalisse. Nella nuova alleanza vi è esplicitato lo stesso rapporto esteso, in Gesù a tutti i popoli, di cui la Chiesa è segno. In esso sono contenuti i principi di fede rivelati da Cristo; tali principi si estrinsecano non solo in generali verità divine ma anche in una serie di speciali proposizioni giuridiche. Come avverte l’evangelista S. Giovanni, non tutti gli insegnamenti divini sono contenuti nella Bibbia; molti altri, infatti, sono stati tramandati oralmente e costituiscono la sacra Tradizione la quale è la fonte interpretativa per eccellenza per integrare la Sacra Scrittura (cd. Tradizione costitutiva) o anche semplicemente per confermarla (cd. Tradizione interpretativa). Essa si distingue in: 1) Tradizione divina, quando riporta Verità insegnate direttamente da Gesù; 2) Tradizione divino-apostolica, quando riporta Verità tramandate dagli Apostoli per ispirazione dello Spirito Santo; 3) Tradizione umana, quando riporta gli insegnamenti dei Padri della Chiesa o delle Autorità ecclesiastiche. Come ha confermato il Concilio Vaticano II con la Costituzione «Lumen gentium» la Sacra Tradizione costituisce, insieme alla Sacra Scrittura, un «solo sacro deposito della Parola di Dio affidata alla Chiesa». 2. FONTI DI DIRITTO UMANO Sono fonti di cognizione del diritto umano tutte quelle raccolte, comunque denominate (Constitutiones, Collectiones, Decreta, Codices, etc.), in cui sono contenute le norme giuridiche emanate dagli organi legislativi della Chiesa e costituenti il diritto umano vigente nell’ordinamento canonico. Si tratta di una ponderosa raccolta di documenti, alcuni dei quali risalenti ai primi secoli della Chiesa; tutti, sia pure in varia misura, ancor oggi rilevanti per lo studio del diritto vigente. Poiché la produzione legislativa della Chiesa si è andata sviluppando in un periodo di ben due millenni (da Cristo ad oggi), la dottrina ha frazionato in un primo momento tale arco di tempo in tre grandi periodi: a) periodo dello ius antiquum: dalle origini fino a Graziano (circa la metà del sec. XII); b) periodo dello ius novum: da Graziano al Concilio di Trento (sec. XVI); c) periodo dello ius novissimum: dal Concilio di Trento al Codex Juris canonicis del 1918. Lo stesso Codex, però, denominò la produzione giuridica di tali tre periodi come ius vetus, cui si contrappone il diritto attuale. Estratto della pubblicazione Formazione del diritto canonico: le fonti di cognizione 23 3. LA PROMULGAZIONE DEL NUOVO CODICE DI DIRITTO CANONICO Papa Giovanni Paolo II in data 25 gennaio 1983, con la Costituzione apostolica Sacræ disciplinæ leges, promulgava solennemente il nuovo Codice che è poi entrato in vigore il 27 novembre 1983. Il Codice è composto di 1752 canoni (rispetto ai 2407 del Codice del 1917) ripartiti in sette Libri (contro i cinque del precedente): — I - Norme generali: tratta, in particolare, delle fonti del diritto, delle persone fisiche e giuridiche, della potestà di governo, del computo del tempo; — II - Il popolo di Dio: regola diritti e doveri dei fedeli, status personale dei laici e dei chierici, associazioni. Disciplina la struttura della Chiesa universale e particolare, nonché gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica; — III - La funzione di insegnare della Chiesa (munus docendi): disciplina il ministero della parola, l’azione missionaria, l’educazione cattolica, i mezzi di comunicazione sociale, la professione di fede; — IV - La funzione di santificare della Chiesa (munus sanctificandi): contiene la disciplina dei sacramenti e degli altri atti del culto divino nonché i luoghi e i tempi sacri; — V - I beni temporali della Chiesa: acquisizione, amministrazione e alienazione di beni, contratti, pie volontà in genere, fondazioni; — VI - Le sanzioni nella Chiesa: è diviso in due parti riguardanti, rispettivamente, i delitti e le pene in genere e le pene per i singoli delitti; — VII - I processi: tratta dei giudizi in genere, del processo contenzioso, ordinario e orale, dei giudizi speciali, del processo penale e della procedura amministrativa. Il Codice oggi vigente, al pari del precedente, riguarda la sola Chiesa cattolica di rito latino (can. 1) in quanto per quella di rito orientale è stato emanato un codice a sé (v. §5). Esso non riguarda, inoltre, la materia liturgica le cui leggi mantengono il loro vigore eccetto quelle contrarie ai canoni del Codice (can. 2). I canoni del Codice non abrogano né derogano alle convenzioni (concordati) stipulate dalla S. Sede con gli Stati e le altre società politiche, che, pertanto, rimangono in vigore anche se contrastanti con le norme del Codice (can. 3). 24 Capitolo Terzo 4. IL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA INTERPRETAZIONE DEI TESTI LEGISLATIVI Il Papa Giovanni Paolo II, con Motu proprio «Recognitio Juris canonici» del 2 gennaio 1984, onde dirimere eventuali dubbi in ordine all’interpretazione di canoni del codice, istituiva una Pontificia commissione (permanente) per la interpretazione autentica del nuovo codice di diritto canonico, che, in virtù degli artt. 154-158 della Costituzione apostolica «Pastor bonus» del 18 giugno 1988, ha oggi assunto la qualifica di Pontificio consiglio per la interpretazione dei testi legislativi. Le decisioni di tale Consiglio che, tecnicamente, assumono la forma di risposte (affermative o negative) a quesiti sottoposti al suo esame e che, per la loro validità, necessitano dell’approvazione del Sommo Pontefice costituiscono, in pratica, parte integrante (e vincolante) del codice canonico. 5. LA CODIFICAZIONE DEL DIRITTO CANONICO ORIENTALE Con la costituzione apostolica Sacri Canones, del 18 ottobre 1990, Giovanni Paolo II, quale successore di Pietro nel primato della Chiesa universale, ha promulgato il Codice dei canoni della Chiesa Orientale (questa la denominazione ufficiale), venendosi così a completare la codificazione del diritto canonico nell’ambito della Chiesa universale. Tale codice, entrato in vigore il 1º ottobre 1991, ha per tutti i fedeli orientali, ovunque si trovino, lo stesso valore normativo che ha il codice latino per la Chiesa di rito latino. I canoni del Codice orientale riguardano «tutte e sole le Chiese orientali cattoliche» (can. 1). Estratto della pubblicazione