ottenimento dei vini bianchi_fasi prefermentative

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OTTENIMENTO VINI BIANCHI TRANQUILLI
FASI PREFERMENTATIVE
Il trattamento dei mosti di uve bianche deve tendere ad eliminare i polifenoli e le proteine che sono responsabili
dell’instabilità del vino nelle fasi successive.
Quando i mosti sono contaminati da un elevata popolazione di lieviti selvaggi e batteri, il trattamento è utile per
ridurre la contaminazione e consentire una adeguata fermentazione alcolica.
Nella vinificazione biologica questo passaggio è attuato in modo da ridurre quanto più possibile l’uso futuro di
coadiuvanti tecnologici, in particolare di quelle che sono potenzialmente allergenici o di origine sintetica (caseina,
PVPP).
Infezioni di oidio e botrite sulle uve richiedono l’eliminazione rapida di sostanze chimiche pericolose per la qualità
del vino (laccasi, off-flavours specifici, l’eccesso di proteine instabili). Qualunque pratica il tecnico decida di
applicare, la regola aurea è quella di effettuare il trattamento iniziale il più velocemente possibile. Anche a basse
temperature infatti, la microflora continua a crescere e le reazioni di ossidazione a procedere. In situazioni di
rischio (alta ossidabilità o mosti contaminati) la rapida lavorazione iniziale è critica.
Frazionamento per qualità
Si tratta di un operazione complementare all’ottenimento del mosto che a seconda della qualità viene destinato a
partite diverse. I criteri di scelta sono stabiliti dal responsabile della cantina secondo le indicazioni del consulente
enologo e in funzione delle esigenze aziendali individuate dalla responsabile della cantina. I parametri di controllo
sono forniti dal SLA.
Aggiunta di additivi
La decisione di aggiungere additivi dipende dalle condizioni dell’uva, dall’eventuale aggiunta di additivi fatta
precedentemente e dal tipo di vino desiderato. Potrebbe o non potrebbe essere necessario aggiungere additivi in
questa fase. In questa fase una acidificazione con acido tartarico è una opzione possibile (quando necessario e
consentito). L’obiettivo della pratica non è strettamente di conservare il vino, ma la riduzione del pH nelle prime
fasi del trattamento si traduce in una riduzione dello sviluppo di microrganismi negativi. In aggiunta a SO2 e acido
ascorbico, qualche tecnico,
in questa fase, aggiunge tannini enologici per ridurre l’attività delle polifenolossidasi e la proliferazione microbica.
La combinazione di acido ascorbico e tannino è stata proposta come alternativa al solfito in questa fase di
vinificazione. L’uso di solfito esclude la possibilità di effettuare il processo di iperossigenazione del mosto.
Riduzione del contenuto di polifenoli
Alcune varietà hanno un alto contenuto di polifenoli naturali che possono essere facilmente ossidati durante la
vinificazione dando un imbrunimento e catalizzando reazioni a catena sulla frazione aromatica.
Uve ammuffite, una cattiva gestione dei processi di trasformazione e una pressatura eccessiva possono accrescere
il problema.
In questi casi, quando non è possibile proteggere completamente i mosti e il vino dal contatto con l’ossigeno, è
preferibile eliminare parte dei polifenoli dal sistema.
Il modo convenzionale è quello di aggiungere coadiuvanti in grado di assorbire i polifenoli, che saranno poi
successivamente eliminati dai travasi o per filtrazione. Coadiuvanti con questa funzione sono la caseina, albumina,
gelatina e le proteine vegetali. Alcuni di questi coadiuvanti variano nella loro capacità di assorbire specifici
polifenoli. Un’altra opzione alternativa all’uso di coadiuvanti per la vinificazione biologica è la pratica di
iperossigenazione. Questa consiste nell’aggiunta al mosto di quantità misurate di aria o ossigeno puro. In questo
modo viene raggiunta una completa ossidazione dei polifenoli ossidabili. Questi polifenolifenoli possono poi essere
eliminati dal sistema nelle successive fasi di lavorazione. E’ possibile combinare l’iperossigenazione con un uso
limitato di coadiuvanti, mentre l’uso di anidride solforosa deve essere evitato prima di qualsiasi trattamento con
ossigeno. Ossidazione può pregiudicare gli aromi varietali che si perdono in una certa misura.
Per questo motivo l’iperossigenazione non può essere applicata ad ogni tipo e varietà di vino.
Aggiornamento: Dicembre 2010
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Inattivazione degli Enzimi
L’infezione da Botrytis delle uve provoca la sintesi della laccasi, un polifenolossidasi ad alta attività.
La sua presenza nel mosto può essere limitata dalla corretta gestione dell’uva e della pressatura, ma questi
trattamenti possono essere ancora insufficienti per ridurre il rischio di ossidazione al di sotto di un livello
accettabile. Allo stesso modo, la popolazione microbica nel mosto può essere troppo elevata per consentire il
necessario livello di gestione dei processi di fermentazione. In questi casi, la migliore alternativa ad una massiccia
aggiunta di SO2 è un trattamento termico del succo con una normale pastorizzazione. Le moderne attrezzature
riscaldano il mosto a temperature relativamente alte per un periodo di tempo molto breve (flash-pastorizzazione,
HTST – high temperature short time), un trattamento abbastanza forte per denaturare la laccasi e inattivare la
maggior parte dei microrganismi, ma non sufficiente per l’eliminazione di composti aromatici varietali e altri
componenti positivi del succo.
Eliminazione delle proteine instabili
Alcune varietà di uve (ad esempio, Sauvignon blanc, Grüner Veltliner, Riesling), nonché uve non sane (ad esempio
per attacco di oidio) in genere hanno un alto contenuto di proteine, che può precipitare una volta che il vino viene
imbottigliato. Le proteine instabili sono eliminate attraverso l’uso di Bentonite, una argilla che assorbe le molecole
con carica positiva nel vino. Il trattamento con bentonite riduce anche l’intensità aromatica. Anche i tannini
enologici hanno qualche effetto sull’eliminazione di proteine instabili.
Alcuni tecnici preferiscono usare la Bentonite nei mosti non fermentati nei casi in cui è sicuramente nota
l’instabilità proteica, invece di aspettare di trattare il vino risultante. È stato riferito che è necessaria una dose
più bassa di Bentonite per ottenere lo stesso effetto stabilizzante e gli aromi fermentativi non vengono
compromessi. In alcuni casi la Bentonite è aggiunta al mosto-vino durante la fermentazione alcolica.
Eliminazione degli Off-Flavours
Le uve infettate da Botrytis o specifiche situazioni ambientali (ad esempio attacco di Oidio) possono causare offflavours e gusti di muffa.
I precursori di questi off-flavours vengono eliminate con carbone, un carbone vegetale in polvere e attivato a cui
corrisponde una diversa superficie per unità di peso ed una diversa capacità di adsorbimento specifico. Questo
trattamento è anche utile per l’eliminazione di tannini e polifenoli
Mezzi di Separazione dei torbidi
Indipendentemente dal fatto che il carbone attivo venga utilizzato come sopra descritto, il mosto, molto spesso
deve essere illimpidito al fine di ottenere un livello accettabile di torbidità prima di andare alla fermentazione
alcolica. I solidi si separano dai liquidi in base alla legge di Stock: minore è la dimensione del solido e maggiore è la
viscosità della fase liquida, tanto maggiore è il tempo necessario per la separazione.
La velocità è un fattore chiave in questa fase di vinificazione e può essere utile ridurre la viscosità del mosto o
utilizzare coadiuvanti che consentano la formazione di floculi più grandi e più pesanti.
Gli enzimi pectolitici riducono le pectine in soluzione nel mosto e riducono la sua viscosità, permettendo una più
rapida separazione dei solidi. I glucani possono contribuire alla viscosità di mosti ottenuti da uve botritizzate e le
beta-glucanasi in grado di degradarli sono disponibili in commercio.
Un’altra strategia è quella di aggiungere al mosto sostanze che interagiscono con i componenti del mosto stesso
creando dei fiocchi più grandi ed in grado d precipitare.Le sostanze caricate negativamente bentonite, gel di silice,
caolino o tannini possono interagire con le proteine caricate positivamente, naturali o aggiunte. L’uso di dosi elevate
di coadiuvanti per la stabilizzazione polifenolica impone la necessità di aggiungere sostanze a carica negativa per
eliminarli completamente dal sistema. La formazione di fiocchi, che vengono eliminati da ulteriori tecniche di
separazione, sono la principali cause di carenza di fitosterolo nei mosti chiarificati di uve bianche.
Separazione dei solidi
L’eliminazione dei solidi dal mosto può essere ottenuta attraverso diverse tecnologie. La pulizia del mosto viene
raggiunta lasciando il mosto fermo per 12-24 ore, fino a quando la maggior parte dei solidi si sedimentano e può
essere eliminato dal travaso.Il trattamento con enzimi accelera il processo di decantazione. I vantaggi sono il
basso costo e la possibilità di separare le fecce pesanti mantenendo buona parte delle fecce fini nel mosto.
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substrat (caftaric acid) enzyme- substrate-complex liberated products
+ (caffeic acid + tartaric acid)
enzyme (depsidase) + enzyme
= enzyme = active site = substrate / products
La centrifugazione è un processo continuo in grado di separare la parte solida ed adatto per grandi volumi. La
solubilizzazione dell’ossigeno deve essere evitata in questa fase. La filtrazione sotto vuoto e la filtrazione
tangenziale sono tecniche ampiamente utilizzate nelle moderne linee di vinificazione. Nel primo caso alcuni
coadiuvanti di filtrazione sono necessari e il mosto che ne risulta può essere troppo pulito per una buona
fermentazione. La filtrazione sotto vuoto è quindi spesso limitata all’esaurimento delle fecce. La filtrazione
tangenziale è un processo continuo che non richiede coadiuvanti, e rappresenta un’interessante alternativa all’uso
di centrifughe.
Disacidificazione
Quando le uve non raggiungono la completa maturazione l’acidità può essere eccessiva. In queste condizioni, le
concentrazioni di acido malico sono quasi sempre superiori a quelle di acido tartarico. Quando la degradazione
biologica dell’acido malico non è desiderata con le tradizionali pratiche enologiche per le modifiche sensoriale del
vino, il succo deve essere deacidificato chimicamente. La disacidificazione chimica può anche contribuire a
innescare la fermentazione malolattica elevando il pH del vino.
Gli acidi nel mosto o nel vino trasformano il carbonato in acido carbonico, che viene rilasciato sotto forma di
emissioni di CO2. Il potassio e il calcio si combinano con l’acido tartarico per formare un sale insolubile che poi
precipita.
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