Consenso Ablazione Transcatetere Fibrillazione Atriale

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SERVIZIO DI ELETTROFISIOLOGIA E
CARDIOSTIMOLAZIONE
RESPONSABILE : DR S: IACOPINO
CONSENSO INFORMATO ALL’ABLAZIONE TRANSCATETERE CON RADIOFREQUENZA DELLA
FIBRILLAZIONE ATRIALE CON APPROCCIO IN ATRIO SINISTRO:
Ablazione transcatetere della fibrillazione atriale
L’Ablazione Transcatetere con Radio-Frequenza della fibrillazione atriale (f.a.) è una tecnica in cui vengono introdotti
alcuni elettrocateteri nel cuore attraverso le vene periferiche (femorale e succlavia) per creare delle lesioni tali da
eliminare, modificare ed isolare il substrato stesso dell’aritmia.
Scopi principali dell’ablazione transcatetere: il ripristino del ritmo sinusale, l’eliminazione o la riduzione dei sintomi e
dei rischi associati alla fibrillazione atriale quali ad esempio il cardiopalmo, la formazione di trombi intracardiaci, o lo
scompenso cardiaco.
Dall’esperienza sul campo abbiamo imparato che la principale causa scatenante l’aritmia è data da un’attività elettrica
impropria localizzata soprattutto nelle vene polmonari (strutture venose che sboccano nell’atrio di sinistra).
Pertanto la finalità dell’ablazione è rappresentata dalla disconnessione elettrica delle vene polmonari in toto eseguendo
l’erogazione segmentaria o circonferenziale all’orifizio delle vene stesse in atrio sinistro. In alcuni casi l’ablazione
viene eseguita attraverso la creazione di linee di lesione all’interno degli atri con l’obbiettivo di formare ulteriori
barriere anatomiche che interrompono i circuiti elettrici ancora già presenti o che potrebbero formarsi in seguito
all’isolamento circonferenziale delle vene stesse.
La sola ablazione dei foci ectopici (triggers) con la disconnessione elettrica delle vene polmonari cura la forma
parossistica di fibrillazione atriale in circa il 70-75% dei pazienti (senza la successiva aggiunta di farmaci antiaritmici).
Tale percentuale può aumentare del 15-20% con l’aggiunta di una profilassi antiaritmica permettendo comunque la
sospensione della terapia anticoagulante.
Terapia pre-ablazione
Per ridurre il rischio di embolizzazione di trombi formati durante la manipolazione dei cateteri, il paziente dovrebbe
assumere terapia anticoagulante orale (es. Coumadin o Sintrom) mantenendo un range terapeutico di INR tra 2 -3 per
almeno 1 mese prima della procedura. Inoltre, un esame ecocardiografico transesofageo viene eseguito il giorno prima
della procedura (se al ricovero il paziente è in aritmia) allo scopo di confermare l’assenza di trombi, specialmente
all’interno dell’atrio sinistro.
Gli anticoagulanti orali devono essere interrotti circa72 ore prima del giorno dell’ablazione ed embricati con eparina a
basso peso molecolare (clexane per es. in base al peso corporeo) fino al ricovero dove viene sostituita con la
somministrazione di eparina endovena (infusione con pompa con monitorizzazione dell’ACT per mantenere livelli
terapeutici) e sospesa circa 3-4 ore prima dell’intervento, permettendo di eseguire, in assenza di rischi emorragici, la
puntura transettale (con tecnica standard, ago di Brockemburg e monitoraggio invasivo della P.A. attraverso
trasduttore di pressione in arteria radiale) al fine di entrare in atrio sinistro. Durante tutta la procedura vengono
mantenuti livelli di coagulazione con valore di ACT introno a 250-300, con boli periodici di eparina endovena. I
farmaci antiaritmici devono essere interrotti almeno 3-4 gg prima del giorno della procedura; l’amiodarone almeno 45 settimane prima.
L’approccio transcatetere
L’anestesia generale è raramente usata in pazienti adulti allo scopo di minimizzare il rischio associato ai farmaci infusi.
Un medico anestesista collabora con i due medici elettrofisiologi impiegati per la procedura. L’anestesista monitorizza
i parametri vitali (saturazione di Ossigeno e P.A. invasiva) ed infonde ev durante le erogazioni un farmaco analgesico
(per es. remifentanil - Ultiva) per controllare la sintomatologia dolorosa. Dopo lieve sedazione ed anestesia locale a
livello dell’inguine (per la puntura della vena femorale) e della zona sottoclavicolare (per la puntura della vena
succlavia), si introducono di solito 3 cateteri per l’esecuzione del mappaggio e dell’ablazione. Per l’accesso all’atrio
sinistro si esegue come già anticipato la puntura del setto interatriale. Nel nostro Centro l’ablazione viene eseguita con
mappaggio elettroanatomico con tecnica 3D - CARTO. Spesso viene eseguita un’acquisizione TC cuore preprocedura al
fine di integrare le informazioni anatomiche con quelle acquisite con la navigazione Carto (sistema Carto-merge).
Due o tre medici sono coinvolti nella procedura per il posizionamento dei cateteri, la raccolta, l’analisi e
l’interpretazione dei segnali intracardiaci ottenuti durante il mappaggio convenzionale o computerizzato. Almeno due
infermieri specializzati, un bioingegnere ed un tecnico di radiologia partecipano alla procedura.
L’ablazione a radiofrequenza è eseguita all’orifizio delle vene polmonari usando temperature non superiori ai 45-50°
allo scopo di determinare la disconnessione elettrica delle vene polmonari riducendo il rischio di un restringimento dei
vasi. Il posizionamento dei cateteri e l’ablazione vengono eseguiti visualizzando i cateteri all’interno delle camere
cardiache con i raggi X integrando le informazioni con la mappa ottenuta attraverso il sistema non-fluoroscopico Carto.
L’ablazione del istmo cavo-tricuspidale può essere inoltre eseguita nei casi in cui è associato un flutter atriale tipico.
Rev. Dicembre 2010
Durante l’intervento ed il ricovero
L’intervento può durare diverse ore a seconda delle caratteristiche di ogni paziente che dipendono da:
- necessità di cardioversione elettrica esterna (a volte necessaria ed eseguita in sedazione profonda con Diprivan in
presenza di un cardioanestesista-rianimatore).
- difficoltà nella disconnessione di una o più vene polmonari.
Lo scopo ultimo della procedura è di curare in modo definitivo la fibrillazione atriale e di mantenere quindi il ritmo
sinusale.
Una 2a procedura potrebbe comunque rendersi necessaria in alcuni pazienti a causa del possibile recupero parziale del
tessuto atriale precedentemente ablato o il rilevamento di altri eventuali foci. In casi difficili con foci ectopici multipli o
non mappabili, può essere necessaria ablazione lineare dell’atrio sinistro.
I pazienti vengono ospedalizzati per un periodo di 2 a 3 giorni. Solitamente, dopo la procedura i pazienti ritornano nel
reparto di Cardiologia (corsia normale) e possono deambulare già 12-24 ore più tardi. Sono monitorati
elettrocardiograficamente con telemetria per i successivi uno-due giorni nei quali c’è maggior rischio di ricorrenze
dell’aritmia. Tale rischio si riduce durante il primo mese. Durante la degenza i pazieneti vengono sottoposti a
trattamento con eparina endovena.
In assenza di ricorrenze, i pazienti possono far ritorno a casa e riprendere le loro attività quotidiane. Il trattamento
anticoagulante è raccomandato per almeno 4-6 mesi dopo l’ablazione e può essere successivamente interrotto in assenza
di fibrillazione atriale o di altri fattori di rischio embolico o dopo verifica con ecocardiogramma transesofageo al 3°
mese.
Rischi associati all’ablazione transcatetere della fibrillazione atriale
Come la gran parte delle procedure invasive l’ablazione della fibrillazione atriale non è scevra di rischi. .
Tra i possibili rischi connessi alla procedura si segnalano in letteratura il sanguinamento nel sacco pericardico che
avvolge il cuore e che può richiedere il drenaggio (< 1%), eventi embolici (<1%) ed ematoma degli accessi vascolari
(4%). In qualche caso è stata segnalata anche la lesione del nervo frenico (0.1%). E’ segnalato il rischio di danno del
nodo senoatriale ed atrioventricolare dovuto all’ablazione; evento che richiederebbe l’impianto di un pacemaker. Nel
2% dei casi è descritto un rischio di restringimento (stenosi) delle vene polmonari che spesso è asintomatico ed in rari
casi ha richiesto la necessità di dilatazione della stenosi stessa. Una complicanza rara (<0.25%), tardiva rispetto alla
procedura, ma mortale se non riconosciuta e trattata con urgenza chirurgica è la formazione di una fistola atrioesofagea. Altre complicanze minori sono: pseudoaneurisma femorale e la fistola artero-venosa che talvolta richiedono
l’intervento chirurgico vascolare per la loro risoluzione. E’ importante sottolineare che anche la presenza di
fibrillazione atriale ed il suo trattamento con anticoagulanti e farmaci antiaritmici presenta rispetto alla popolazione
generale un aumentato rischio embolico o emorragico ed una aumentata mortalità.
Io sottoscritto…………………………………………………………………………………….
Dopo aver letto il foglio informativo e aver discusso con il medico i rischi e benefici della procedura
Accetto di sottopormi all’ablazione (firma)……………………………….……… …………..
Non accetto di sottopormi all’ablazione (firma)……………………………………………….
Il Cardiologo (firma)……………………………………………………Data…………………….
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