La Fibrillazione Atriale
La fibrillazione atriale (FA) è un’aritmia caratterizzata da un’attività elettrica caotica degli atri: il
nodo atrioventricolare (AV) riceve un numero molto elevato di impulsi elettrici e ne blocca la
maggior parte dando origine a un ritmo ventricolare irregolare.
La fibrillazione atriale si suddivide in FA di primo riconoscimento ed FA ricorrente: quest’ultima si
suddivide a propria volta nelle forme parossistiche, persistenti e permanenti. Le forme
parossistiche hanno una durata in genere < 48 ore, e sono di solito a risoluzione spontanea; le
forme persistenti regrediscono solo a seguito di un trattamento; nelle forme permanenti la
cardioversione non viene eseguita o risulta inefficace.
Le principali condizioni cliniche nel corso delle quali si può avere FA sono: ipertensione arteriosa,
malattia coronarica, scompenso cardiaco, cardiomiopatia, valvulopatia, ipertiroidismo e abuso
alcolico; una percentuale variabile secondo le diverse casistiche si presenta nella forma di FA
idiopatica benigna, non associata cioè a cardiopatie o ad altre condizioni favorenti l’aritmia.
La FA è di gran lunga l’aritmia più frequente. La prevalenza della fibrillazione atriale, più comune
negli uomini rispetto alle donne, è compresa tra lo 0.5 e l’1% e cresce progressivamente con
l’aumentare dell’età, passando dallo 0.1% tra i soggetti con meno di 55 anni al 5% dopo i 65 anni
per raggiungere il 9% dopo gli 80 anni.
La FA può peggiorare la performance cardiaca, sia per la perdita di sincronia della contrazione
atriale che per la frequenza ventricolare irregolare e spesso elevata, favorendo ischemia
miocardica, ipotensione e scompenso, specie nei soggetti con preesistente cardiopatia. La
conseguenza sfavorevole più rilevante della FA è legata agli episodi tromboembolici con
conseguente ictus cerebrale: in generale il rischio di ictus aumenta di 4 volte, con un’incidenza
media annua del 5%, molto diversificata in base alle caratteristiche del paziente (dall’1 – 2% per
soggetti con meno di 65 anni e senza fattori di rischio, sino al >12% annuo nei soggetti con
pregresso ictus o TIA e plurimi fattori di rischio). Rispetto a quanto osservato nella popolazione
generale, la mortalità nei soggetti con FA in generale aumenta del 50% tra gli uomini ed è quasi
doppia nelle donne. Tuttavia, non è ancora dimostrato se tale aumento di mortalità sia dovuto alla
FA di per sé oppure ad una condizione clinica sottostante più grave. Infatti nei pazienti con FA
idiopatica la sopravvivenza è sovrapponibile a quella della popolazione generale.
Terapia della FA
Data la notevole eterogeneità delle forme di FA, anche le terapie sono molto differenti. Innazitutto
le frequenti forme benigne ed asintomatice o pacisintomatiche non richiedono alcune terapia;
spiegare al paziente l’entità del problema e rassicuralo è il cardine dell’approccio a tali pazienti. La
terapia farmacologica rimane ancora la terapia più frequente.
La terapia non farmacologica
Nella forme più gravi, refrattarie alla terapia farmacologica ed in quelle in cui vi è scompenso
cardiaco o altri sintomi invalidanti vi è invece indicazione alla terapia “non farmacologica”. Essa è
eseguita solo in pochi centri aritmologici specializzati. Le terapie non farmacologiche attualmente
in uso sono:
1. Ablazione transcatetere del substrato. La procedura prevede necessariamente l’isolamento delle
vene polmonari, in casi selezionati sono possibili approcci aggiuntivi. Essa è procedura curativa,
cioè potenzialmente definitiva, tuttavia la percentuale di successo è variabile a seconda del tipo di
FA e della patologia cardiaca associata; le complicanze non sono trascurabili. E’ possibile che sia
necessaria più di una procedura e l’utilizzo di farmaci antiaritmici nel follow-up; sono possibili
recidive limitate ai primi 3 mesi dopo la procedura che non pregiudicano necessariamente il
successivo follow-up. L’ablazione della FA è una procedura complessa e pertanto vanno
soppesati, e preliminarmente discussi con il paziente, i rischi-costi/benefici correlati alla manovra; è
necessaria una adeguata preparazione professionale specifica del personale medico e
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paramedico coinvolto nella procedura di ablazione transcatetere di FA, che pertanto dovrebbe
essere svolta in centri con le adeguate disponibilità logistico-tecnologiche.
2. Ablazione del giunto AV con impianto di pacemaker. Si tratta di una opzione palliativa (non
tratta la FA) che rende il paziente asintomatico e dipendente dalla stimolazione definitiva. Va
proposta in casi selezionati in cui non sia clinicamente giustificata e perseguibile altra strategia. Al
contrario della ablazione del substrato essa è realtivamente più semplice da eseguire e con minori
complicanze
3. Nei pazienti con scompenso è spesso necessaro ricorrere all’impianto di pacemaker
sincronizzatore cardiaco e defibrillatore in associazione all’ablazione del giunto AV. Si tratta di
procedura complessa (essa richiede l’inserimento di un catetere in seno coronarico ed uno in
ventricolo destro) e richiede la accurata programmazione del pacemaker al fine di “resincronizzare”
la contrazione del cuore. Per tale ottimizzazione della funzione occorre la collaborazione di un
ecocardiografista esperto in eco color doppler tissutale di parete.
Per una buona riuscita di tali terapie innovative e complesse occorre innazitutto saper
selezionare adeguatamente i pazienti. In genere tale selezione avviene in centri aritmologici dotati
di notevole esperienza (ad alto volume) in grado di eseguire tutte le suddette terapie e con una
dotazione tecnologica adeguata (sistema di mappaggio elettroanatomico, TAC spirale di terza
generazione, sala di elettrofisiologia dedicata, ecocardiografo con funzione tissue-doppler
avanzata, ecc)
All’ospedale di Lavagna è presente da più di 20 anni un Centro Aritmologico dotato letti di
degenza, ambulatori e sala di interventistica indipendenti e di personale medico ed infermieristico
dedicato a tempo pieno alle problematiche aritmologiche. Esso è un centro ad alto volume in grado
di eseguire tutte le procedure aritmologiche suddette. Nel 2007 sono state eseguiti 500 ricoveri
aritmologici e 2000 visite specialistiche, 150 procedure elettrofisiologiche, 150 impianti di
pacemaker, 90 impianti di pacemaker ed ICD che ne fanno probilmente il centro in Liguria a più
alto volume. E’ centro terziario di attrazione in quanto più del 50% dei pazienti proviene da altre
ASL liguri e delle regioni confinanti.
Il percorso tipico del paziente con FA inviato al Centro Cardiologico di Lavagna consiste in:
1- Valutazione aritmologica ambulatoriale o in day-hospital al fine di definire la causa della FA, la
sua gravità clinica, identificare le eventuali malattie associate, eseguire gli esami
eventualmente necessari per inquadrare il caso clinico (ecocardiogramma, test da sforzo,
coronarografia, studio elettrofisiologico, ecc) In tale fase, specificatamente viene “misurata”
mediante test specifici la gravità della sintomatologia e quanto essa comprometta la qualità di
vita del paziente. Nei pazienti con scompenso cardiaco viene inoltre valutata la presenza di
dissincronia di contrazione cardiaca. Alla fine di tale valutazione siamo in grado di indicare
quale è la terapia più appropriata alle caratteristiche del paziente
2- In genere, prima di procedere a terapia non farmacologica, si segue il paziente con visite
ambulatoriali per qualche tempo al fine di ottimizzare la terapia farmacologica e stabilizzare il
quadro clinico. In tale fase è molto importante discutere con il paziente i rischi-costi/benefici di
una eventuale procedura interventistica. In tale fase spesso il paziente migliora notevolmente il
suo stato clinico e non è più necessario proseguire oltre.
3- Se viene posta indicazione ad ablazione transcatetere del subtrato, essa viene eseguita in
regime di ricovero di circa 4 giorni. Prima della procedura, si esegue TAC spirale a 64 strati del
cuore per ottenere quadro anatomico dell’atrio sinistro. Al momento della procedura l’immagine
così ottenuta viene integrata con il mappaggio elettrico dell’atrio in modo da ottenere una
mappa elettro-anatomica dello stesso. La procedura ablativa può avvenire così in modo mirato
seguendo l’anatomia del cuore. Il successo in acuto viene verificato con metodo
elettrofisiologico (valutazione della “disconnessione” delle vene polmonari). Il paziente viene
dimesso dopo 48 ore.
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4- Se viene posta indicazione ad ablazione del giunto AV ed impianto di pacemaker, entrambe le
procedure vengono eseguite nel corso della stessa procedura interventistica. Essa consiste nel
creare un blocco atrioventricolare (di fatto una disconessione fra atrio fibrillante e ventricoli) e
poi correggere la bradicardia causata dal blocco mediante pacemaker. Anche in questo caso il
paziente è dimesso dopo 48 ore
5- Nei pazienti con scompenso cardiaco o con dilatazione cardiaca in genere la procedura di
ablazione del giunto AV è seguita da impianto di resincronizzaotre cardiaco e defibrillatore. In
tal caso occorre preliminarmente una accurata valutazione ecocardiografica per valutare
l’entità della dissincronia di contrazione ventricolare e localizzare i segmenti cardiaci con
ritardata contrazione. Infatti è su tali segmenti che occore concentrare l’attenzione nella scelta
della posizione dei cateteri stimolatori. Il giorno dopo l’impianto, sotto la guida
dell’ecocardiografista esperto, si programma il pacemaker in modo da ottenere la migliore
“resincronizzazione” di contrazione delle pareti ventricolari. Il paziente è dimesso dopo 24 ore
6- Tutti i pazienti sono poi seguiti ambulatorlmente fino a che il quadro clinico non rimane stabile.
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