2006 nr 1 "Funzione Marketing" - Benvenuti nel sito Ceccarelli.it

FORUM DI MARKETING
LA FUNZIONE MARKETING: DA
SPECIALISTA DEL MARCHIO A FORZA
TRAINANTE DELL’AZIENDA
A cura di Piercarlo Ceccarelli
Hanno partecipato al forum:
Domenico Brisigotti – Direttore prodotti a marchio, Coop Italia Scrl, dstribuzione
Piercarlo Ceccarelli – Presidente, Ceccarelli SpA, consulenza di direzione
Roberto Consonni – Direttore generale operativo, Lavazza SpA, caffè
Carlo Delmenico – Direttore marketing, Sma-Gruppo Auchan SpA, distribuzione
Shahin Javidi – Direttore sales & marketing, Getronics SpA, ICT
Bertolo Nardini – Senior vice president marketing, Oto Melara SpA, sistemi per la
difesa
Giorgio Santambrogio – Direttore generale marketing, Interdis ScpA, distribuzione
Considerata, nel passato, un laboratorio che crea marchi da lanciare con la
pubblicità, la funzione marketing ha avuto posizionamenti organizzativi differenziati.
Oggi sta assumendo una valenza sempre più strategica all’interno dell’azienda quale
catalizzatore del valore attraverso le varie funzioni, con l’obiettivo di trasformare il
marketing in un processo diffuso.
CECCARELLI: pochi giorni prima dell’ultimo Natale, nel centro di Milano un
nuovo marchio ha calamitato l’interesse dei milanesi: Muji. Muji, che in giapponese
significa no-logo, è in realtà un non-marchio che propone prodotti per la casa e per la
persona contrassegnati da etichette che elencano solo i contenuti dei prodotti senza
alcun logo, marchio o quant’altro possa identificarne apertamente il produttore. Il
fenomeno Muji, che ha già riscosso successo in altri paesi europei, è emblematico di
un cambiamento negli schemi di consumo e nelle modalità di attrarre il cliente. I
consumatori odierni si caratterizzano per comportamenti discontinui, rafforzati e
incoraggiati da un’offerta sempre più ampia, globale ed a portata di mano. La
crescente difficoltà a catturare questo consumatore, sfuggente e stimolato da una
miriade di offerte, determina un aumento delle variabili su cui si declina l’attività del
marketing, non più fondata su un approccio univoco e valido per tutto il mercato
(approccio one size fits all) bensì sulla comprensione delle specificità dei clienti e sul
disegno di value proposition ad-hoc.
Queste nuove dinamiche hanno conseguentemente fatto vacillare i pilastri – prodotto,
prezzo, comunicazione, distribuzione - su cui tradizionalmente si fondava l’attività di
marketing, a cominciare dal binomio prodotto/marchio, un tempo considerato come
leva principale su cui agire.
A rendere il quadro ancor più complesso contribuiscono, in anni recenti, nuovi
elementi che sono entrati prepotentemente nel mix decisionale del compratore: la
responsabilità sociale d’impresa (RSI) ne è un esempio. Essere un’azienda etica che
agisce nel rispetto di tutti i portatori d’interesse è diventato ormai non solo un
elemento imprescindibile dell’immagine di un’azienda ma anche, ed in misura
crescente, del conto economico: pur essendo un fenomeno relativamente recente vi
sono, infatti, opinioni che le aziende “etiche” registrino prestazioni reddituali
superiori.
In questa situazione variegata la funzione di marketing non ha trovato un
posizionamento organizzativo univoco ma soluzioni diverse settore per settore e,
spesso, azienda per azienda. Nelle imprese minori, ad esempio, sovente non si è creata
una specifica struttura di marketing ma la funzione del marketing è rimasta nelle mani
dell’imprenditore, coadiuvato da competenze operative diffuse in azienda. Nelle
imprese maggiori la funzione di marketing ha assunto ruoli, contenuti e
posizionamenti alterni. In tempi recenti si è assistito ad una tendenza da parte del
marketing di catalizzare il valore che l’impresa porta sul mercato, attraverso le varie
funzioni aziendali fino alle soluzioni più attuali che vedono il marketing organizzato
come processo che abbraccia tutta l’azienda, guidato da un responsabile che agisce in
modo trasversale.
Nel campo del business-to-consumer il ruolo del marketing è consolidato da tempo e
le soluzioni organizzative adottate hanno coperto tutte le possibili opzioni, sia di linea,
nelle quali è il marketing ad assumere la direzione delle vendite e di tutte le funzioni
di supporto commerciale, sia di staff, nelle quali la responsabilità gerarchica è delle
vendite ed il marketing ricopre una funzione di supporto. Nei tempi più recenti, il peso
crescente della grande distribuzione ha determinato la creazione del trade marketing.
Il cambiamento dei comportamenti d’acquisto, infatti, ha coinvolto anche le modalità
d’approvvigionamento del consumatore che ricorre sempre più frequentemente alla
grande distribuzione. Nei beni di largo consumo l’avanzare di queste formule
distributive concentrate, che offrono al consumatore una varietà di referenze un tempo
sconosciuta, ha reso sempre più sottile il filo che lega azienda e consumatore
spingendo il marketing a trovare nuove strade per creare valore.
Con il trade marketing il focus dell’attività del produttore si concentra sul distributore,
quale punto di contatto dell’azienda con il consumatore finale. Malgrado le spese
destinate al trade siano cresciute vertiginosamente, non sempre i risultati sono stati in
linea con le aspettative. Le delusioni sono probabilmente dovute ad un mix di azioni
push-pull sbilanciato a favore delle prime. Negli ultimi anni, infatti, le aziende hanno
privilegiato azioni di tipo push, volte a spingere il prodotto sul mercato sotto forma di
sconti e promozioni, ad azioni di tipo pull, volte ad indurre il cliente a richiedere il
prodotto. Tutto ciò si sta traducendo in un aumento del potere dei distributori ed una
diluizione delle politiche di marketing delle aziende produttrici. La pressione sui
prodotti di marca è aumentata con il successo riscosso dai marchi privati, anche nelle
fasce di prezzo medio-alto. Tale successo evidenzia come il solo marchio fatichi a
guadagnarsi la preferenza di un consumatore sempre più accorto e attento nel
comprare e come pochi siano i marchi che possono godere di rendite di posizione.
Queste dinamiche stanno facendo vacillare la determinazione con la quale le aziende
industriali, leader di marca, hanno sempre rifiutato di produrre con la marca di terzi.
Interesse degli operatori nel medio-lungo termine è stabilire un rapporto equo, che
porti beneficio alle controparti, in modo da risultare sostenibile: un rapporto che si
deve basare sulla condivisione di strategie che pongano al centro il consumatore, i
suoi comportamenti, le sue preferenze. Per la grande distribuzione ciò significa trarre
profitto non dal proprio potere contrattuale, ma dalla posizione privilegiata di
vicinanza al consumatore per creare un’esperienza di acquisto sempre più
personalizzata e coinvolgente che generi nuovo business, mentre per le aziende
industriali ciò significa impegnarsi a sviluppare una proposta specifica per ogni
distributore in modo da stringere partnership di lungo periodo.
Nel campo del business-to-business la rilevanza del marketing è cresciuta oltre ogni
aspettativa, anche in settori tradizionalmente considerati poco inclini ai cosiddetti
fattori intangibili. Il posizionamento organizzativo della funzione marketing è qui
prevalentemente di supporto alla direzione commerciale e vendita. Ormai in tutti i
settori si ragiona in termini di orientamento al cliente con l’imperativo di capire e
soddisfare le sue attese, facendo leva sulla capacità di promuovere la value
proposition con una comunicazione efficace e la costruzione di una relazione
personalizzata con il cliente.
Ciò rappresenta, del resto, una necessità: lontani sono i tempi in cui il cliente subiva
l’offerta a causa di una virtuale assenza di alternative; oggigiorno internet permette al
compratore di disporre di decine di alternative in competizione tra loro nell’offrire il
miglior prodotto al miglior prezzo.
Nei servizi complessi, come ad esempio la information technology, il marketing ha
sovente assunto un ruolo chiave del processo di vendita. E’ infatti suo compito
esplorare le opportunità che si presentano nelle aziende potenziali clienti, in modo
specifico e dettagliato, così da permettere l’identificazione delle soluzioni
tecnologiche che i funzionari di vendita devono promuovere caso per caso.
In anni recenti il marketing ha toccato anche il settore, tradizionalmente conservatore,
dei servizi finanziari scosso da un cliente nuovo, con meno barriere al cambiamento,
che non si adagia sull’abitudine e sulla relazione, ma cerca un prodotto che risponda
alle sue esigenze. L’azione del marketing ha fatto migrare le banche verso un concetto
di servizio globale al cliente demolendo, quindi, le barriere tra linee di prodotto in
base a cui si era soliti vedere il business.
La pervasività del marketing non conosce confini: non esiste settore che possa
prescindere da un approccio orientato al mercato, capace di cogliere opportunità e di
evitare insuccessi, ritagliandosi un’arena in cui eccellere. Per raggiungere questi
ambiziosi obiettivi, la funzione marketing è chiamata a dare un contributo trasversale
all’azienda, un contributo che non si limita a creare e sostenere marchi, ma ad agire
come catalizzatore del valore attraverso le varie funzioni, con l’obiettivo di portare sul
mercato un’offerta vincente. In concreto è necessario decidere il posizionamento
organizzativo della funzione marketing in modo che possa agire come legante
all’interno dell’organizzazione per coalizzare ed indirizzare gli sforzi nella direzione
più appropriata. Le nuove responsabilità trasversali all’azienda, che il marketing ha
assunto, trovano espressione nella figura del CMO (chief marketing officer) che
gradualmente sta prendendo piede all’interno delle imprese: il 47% delle società di
Fortune 1000 hanno oggi un CMO che indirizza le scelte dell’azienda.
CECCARELLI: qual è il posizionamento organizzativo della funzione di marketing
nella Sua azienda? E’ in corso un sforzo deliberato da parte del marketing per
catalizzare il valore, che l’impresa porta sul mercato, attraverso le varie funzioni
aziendali? La Sua azienda sta promuovendo la transizione del marketing da funzione
a processo?
BRISIGOTTI: la scelta in Coop di strutturare una direzione dedicata alla gestione
della marca privata, così come la recente integrazione delle funzioni acquisti e
category management in nuova direzione operativa, sono il segnale tangibile dell’idea
di marketing come processo che muove l’intera organizzazione e non come funzione
distinta, staccata dalle altre. In questo senso lo sforzo è enorme, ma i risultati
dimostrano che la strada intrapresa è quella giusta. In Coop, sia l’attuazione del
category management, sia l’evoluzione della gestione della private label, si stanno
realizzando con successo grazie al fatto che, tra mille difficoltà, si tiene “la barra a
dritta” proprio sulla creazione del valore per il consumatore finale.
CONSONNI: il concetto di funzione di marketing sempre di più appare superato e
sempre più ampiamente prende vigore l’idea che tutta l’azienda debba essere di
marketing, intendendo con ciò che bisogni ed aspettative dei consumatori e dei clienti
debbano diventare l’obiettivo centrale ed il riferimento del lavoro di tutte le persone e
funzioni aziendali. In questo senso il concetto di marketing non definisce più solo un
bagaglio di tecniche e di conoscenza, ma diventa un modo di pensare, una filosofia
aziendale, che deve permeare tutte le attività. In questa maniera si passa da contenuti
tecnico-funzionali ad una messa in opera di un largo ed avvolgente processo di
conduzione aziendale, che trova nel consumatore e cliente i punti di riferimento e, nel
percorso tra azienda e consumatore, l’analisi e lo sviluppo della completa catena del
valore, la quale è tanto più forte quanto più riesce a soddisfare qualitativamente ed
economicamente tutti gli attori di tale percorso.
In Lavazza possiamo parlare di un marketing strategico che si occupa
dell’orientamento e dell’indirizzo di medio-lungo periodo dell’azienda e che risiede
nella responsabilità degli imprenditori e dei vertici aziendali. Successivamente si
sviluppa un marketing di brand e di prodotto che si occupa dello sviluppo del portfolio
e dell’innovazione, avendo la capacità di interpretare le attese e le soddisfazioni degli
utenti intermediari e finali. A complemento discende un marketing operativo che
sviluppa le capacità dell’”ultimo miglio” nel raggiungere e soddisfare l’utente finale,
sia consumatore sia cliente. L’intelligenza dell’esecuzione è fondamentale: strategy is
execution.
La capacità di queste fasi di trasformarsi in processo, che sia capace di nutrirsi dei dati
di realtà documentate e di intuizioni creative, di capire le regole e di infrangerle,
costituisce la vitalità aziendale e la auto-alimenta. Questo processo è sempre in corso
in una azienda protesa verso il mercato, è sempre in divenire in un susseguirsi di
equilibri instabili nel breve, ma solidi e sostenibili nel medio-lungo periodo.
DELMENICO: attualmente la direzione marketing di Sma opera come staff di
centrale ma ha anche ramificazioni nelle sedi territoriali principali. Il percorso che
stiamo attuando è soprattutto volto a rendere coerente ogni sforzo che i diversi attori
aziendali compiono: una chiara determinazione degli obiettivi e la loro conoscenza,
così come la coerenza delle azioni , sono gli scopi principali.
JAVIDI: nel nuovo disegno organizzativo di Getronics, la funzione marketing &
portfolio ha un ruolo centrale e di cerniera tra la funzione vendite, organizzata per
mercati verticali, e la delivery, organizzata per soluzioni e tecnologie. E’ in corso un
sforzo deliberato da parte del marketing per catalizzare il valore, che l’impresa porta
sul mercato, attraverso le varie funzioni aziendali. Infatti il marketing & portfolio è la
funzione che è incaricata di formulare la value proposition di Getronics non già dal
punto di vista delle tecnologie ma da quello dei benefici delle soluzioni offerte per il
business specifico dei nostri clienti e dei mercati in cui operiamo
L’azienda sta promuovendo la transizione del marketing da funzione a processo e
proprio questo è stato uno dei principali cardini del recente cambiamento
organizzativo di Getronics.
NARDINI: premetto che la mia azienda opera in un settore particolare, quello dei
sistemi per la difesa, che non è perfettamente allineato con gli schemi
prodotto/mercato/pilastri citati nell’introduzione di Ceccarelli. In Oto Melara non
esiste una funzione di marketing vera e propria ma tre funzioni: promozione e vendite,
business development e marketing strategico. La prima ha l’obiettivo di promuovere e
vendere i prodotti esistenti sui mercati accessibili e tutte e tre assieme hanno
l’obiettivo di creare le condizioni per sviluppare e vendere nuovi prodotti sui mercati
consolidati e nuovi.
Il coordinamento delle tre funzioni rappresenta, nella sostanza, un processo.
SANTAMBROGIO: il gruppo Interdis si configura come una centrale marketing e
commerciale. Il posizionamento perseguito è quello di leader di innovazione nel
panorama della GDO italiana. Per conseguire tale obiettivo e per realizzare un
vantaggio di differenziazione appare evidente l’enfasi riposta nel marketing, inteso
come disciplina, funzione aziendale e modus pensandi che pervade le attività della
centrale. Tale ruolo attribuito al marketing comporta il superamento di una logica
funzionale e la sua adozione in un’ottica di processo che informi, con un approccio
sinergico e pervasivo, tutti i diversi ambiti di attività del gruppo, a livello centrale e di
singola impresa. A tale fine è di primaria importanza l’enfasi sul continuo
accrescimento del patrimonio cognitivo aziendale.
CECCARELLI: le grandi aziende sono state le antesignane del marketing facendo
spesso scuola. Rappresentano ancora lo stato dell’arte? La dimensione conta nel
marketing? Solo le imprese maggiori possono disporre di una funzione marketing?
Verso quali strumenti si deve orientare la comunicazione di marketing di un’impresa
che non dispone della taglia sufficiente per accedere in modo sistematico a mezzi di
comunicazione di massa?
BRISIGOTTI: affrontiamo il tema circoscrivendolo al mondo del largo consumo; in
questo caso si può senz’altro affermare che le dimensioni contano, poichè gli
investimenti necessari per sostenere moderni piani di marketing per il lancio di
prodotti di largo e diffuso consumo, sono ingenti e difficilmente sostenibili da piccole
imprese. Al tempo stesso, però, dal nostro osservatorio appare evidente che all’interno
di imprese di dimensioni minori una funzione marketing - intesa come la funzione
capace di interpretare il mercato e indviduare le migliori opportunità in relazione alle
dimensioni dell’azienda - possa contribuire ad un’atteggiamento più evoluto
dell’impresa stessa, verso i distributori e verso il cliente finale.
Affermare che il marketing per le piccole imprese sia un inutile strumento o un lusso
inadeguato, adducendo proprio la ridotta dimensione come un limite ad una relazione
evoluta verso il mercato, significa in altri termini prefigurare una oggettiva
impossibilità per l’impresa di stare sul mercato. Si potrebbe dire che rifiutare il
marketing equivale a rifiutare l’idea di poter competere, magari in un piccolo ma
profittevole segmento, in maniera vincente.
Sotto il profilo della comunicazione, se è vero che i media classici assorbono grandi
risorse economiche, esistono oggi nuove modalità per raggiungere il consumatore, più
in generale nuove formule di marketing, che sfruttando anche l’evoluzione della
tecnologia possono prestarsi all’azione di aziende di dimensioni più contenute.
CONSONNI: le grandi imprese sono state fra le prime, ma non le uniche, a teorizzare
il ruolo del consumatore e del cliente quali destinatari delle loro attività
imprenditoriali ed aziendali. Intorno a quel concetto hanno sviluppato know-how e
modelli organizzativi e processi decisionali particolarmente innovativi, riuscendo a
clonare il modello dell’ “imprenditore”, in realtà complesse ed articolate. Questa
cultura professionale ed organizzativa si è diffusa ed anche aziende più piccole e
meno strutturate ne hanno beneficiato, rendendo ancora più competitivo il percorso
agonistico. Molte delle grandi aziende hanno effettuato allora il salto dimensionale nel
globale, trasferendo i processi di marketing strategico e di marketing di brand e
innovazione a livelli più elevati e meno ancorati alle realtà territoriali e quotidiane,
delegando il marketing operativo a presidiare questo ruolo.
Non sempre questi movimenti sono stati accompagnati da processi organizzativi e
decisionali coerenti ed efficaci. In questo senso le dimensioni e le complessità non
sempre hanno aiutato ad alimentare quel processo virtuoso di marketing strategico–
innovativo-operativo precedentemente descritto. In molti casi aziende medie o medio
grandi sono riuscite ad inserirsi più tempestivamente nei processi di sviluppo, in virtù
di una lettura del consumatore più prossima e meno mediata.
L’attuale ampiezza di opportunità comunicative, dai grandi e classici media di massa
ai più individuali direct-marketing fino all’incontro con il consumatore sul corner di
vendita, consentono ad ogni tipo di dimensione aziendale di potere definire il proprio
modo di allocare le risorse, con grande possibilità di scelta. La vera differenziazione e
vantaggio competitivo risiede nella capacità di identificazione del consumatore nelle
sue poliedriche manifestazioni e nella capacità di selezionare mezzi più efficienti ed
efficaci nel raggiungerlo. Niente di diverso dal passato, se non che tutti possono
concorrere a pari opportunità e non ci sono più rendite di posizione che possano
durare a lungo.
DELMENICO: se per grandi aziende si intende la produzione, è vero che hanno fatto
scuola ma non si può certo dire che rappresentano oggi la sola interpretazione. La
grande dimensione conta nel senso che consente di utilizzare anche media ad alto
costo. Non credo che solo le grandi aziende possano permettersi la funzione
marketing, se mai in altre situazioni si possono prevedere soluzioni diverse:
marketing/acquisti, marketing/vendite, etc.. La risposte è sempre legata al target, i
moderni sms o i vecchi mailing possono essere più adeguati.
JAVIDI: le aziende sono state le antesignane del marketing facendo spesso scuola.
indipendentemente dalla loro dimensione. Nello specifico campo delle aziende di
servizi ICT, cioè mercato in cui opera Getronics ed i suoi principali concorrenti, il
marketing non ha avuto, in passato, un grande ruolo. Anche perché questo è stato, per
molti anni, un mercato sostanzialmente fermo dal punto di vista delle innovazioni. Le
aziende di servizi ICT hanno, a mio avviso, per molti anni fornito gli stessi servizi agli
stessi clienti seguendo gli stessi modelli di go-to-market, godendo, di fatto, di una
rendita di posizione. Getronics oggi è la prima grande azienda di servizi ICT che sta
puntando sull’innovazione delle metodologie di erogazione di servizi, delle tecnologie
utilizzate, dei canali di vendita, dei modelli di go-to-market, etc.. L’innovazione
nell’industria dei servizi ICT va a tutto beneficio dei clienti e deve essere in linea con
le loro sfide di business.
La dimensione conta nel marketing, così come il peso relativo della filiale Italiana, nel
caso delle aziende multinazionali. Una grande multinazionale, ovviamente, può
dedicare più energie, più risorse e più attenzione al marketing. Ma, se si tratta di una
multinazionale fortemente sbilanciata su di una specifica area geografica si fa poco
marketing nelle altre aree e questo, a volte, fa perdere di vista le diversità locali
dovute ad un diverso tessuto economico di ogni area geografica e al diverso stato di
sviluppo dei clienti e delle loro sfide tecnologiche. Allora penso che una realtà come
Getronics può combinare il meglio di una grande multinazionale con una buona
distribuzione dei pesi relativi delle principali subsidiary, tali da promuovere e far leva
sulle competenze e la creatività di molte più aree geografiche e tenendo conto delle
esigenze specifiche di molti più sistemi economici.
Per quanto riguarda la comunicazione di marketing, credo dipenda molto dal tipo di
clientela che si vuole raggiungere. Getronics, per esempio, è un’azienda che si rivolge
ad un piccolo gruppo di clienti molto grandi, per raggiungere i quali non ha bisogno di
mezzi di comunicazione di massa ma, piuttosto, di strumenti e metodi di
comunicazione mirati. Con molta attenzione per i nostri clienti, il loro business ed il
modo in cui i nostri servizi sono stati un determinante fattore di successo per loro.
Questo tipo di comunicazione non richiede necessariamente risorse economiche
importanti, almeno non nel senso tradizionale di accesso ai mezzi di comunicazione. Il
punto è quello di avere i contenuti reali e casi di successo su cui far leva.
NARDINI: La dimensione dell’azienda è elemento importante nel marketing e
disporre di una funzione marketing strutturata ritengo sia tipico delle imprese
maggiori. Nei sistemi per la difesa i mezzi di comunicazione di massa non sono un
veicolo di marketing se non per settori estremamente specializzati.
SANTAMBROGIO: il binomio marketing evoluto – grande azienda risulta
parzialmente anacronistico. In un contesto economico e sociale particolarmente
dinamico e mutevole, le grandi dimensioni aziendali non coincidono spesso con
l’innovazione nel marketing, così come in altre discipline. La disponibilità di budget
elevati è la condizione abilitante, spesso necessaria, ma non sempre sufficiente per
l’adozione e l’attuazione di un approccio di marketing moderno. Il patrimonio umano
accumulato dall’azienda appare, oggi sempre di più, come fattore critico di successo,
differenziante e necessario per il conseguimento del vantaggio competitivo. Questo a
prescindere dalle dimensioni aziendali. Per quanto afferisce a tematiche prettamente di
comunicazione è innegabile che la disponibilità di budget elevati favorisca e faciliti la
presenza intensiva e frequente sui media, in particolare sul mezzo televisivo. Peraltro
questo non consente di stabilire meccanicisticamente l’equivalenza tra
quantità=qualità della comunicazione=marketing evoluto. E’ inoltre importante
sottolineare come il mezzo televisivo non costituisca, sempre ed in ogni caso, la
soluzione comunicativa ideale. E’ necessario sviluppare soluzioni ad hoc per ogni
specifica realtà, prestando attenzione non solo al contenitore ma anche al contenuto,
ossia al vero protagonista della comunicazione: il messaggio.
CECCARELLI: il marketing come funzione aziendale a volte non ha una buona
immagine sia all’interno sia all’esterno delle aziende. Viene avvicinato alla
pubblicità, alla manipolazione del target come se si trattasse di una forma di
comunicazione che mira solo a sedurre ed a vendere, mentre il marketing dovrebbe
occuparsi della relazione impresa-mercato e soddisfare il cliente, non ingannarlo. La
centralità che il marketing sta assumendo all’interno delle organizzazioni più evolute
contribuirà a modificarne la percezione?
BRISIGOTTI: certamente in passato, in qualità di distributori, quindi di interfaccia
della produzione, abbiamo osservato che la funzione marketing delle imprese
fornitrici, e come naturale ricaduta il marketing in generale, è stata percepita come
mero supporto all’attività negoziale dell’area vendite, forse in qualche caso anche
come funzione generatrice di maggiori costi delle merci. Questo vissuto ha
probabilmente contribuito a ritardare lo sviluppo del marketing presso i distributori.
Nel nostro caso, però, l’orientamento dell’impresa verso la soddisfazione del
consumatore finale è un tratto che da sempre caratterizza l’operato di Coop. Anzi,
direi che proprio l’atipicità di Coop, come insieme di soci consumatori che si fanno
impresa, ha favorito lo sviluppo di un marketing ante litteram, nel quale, seppur in
assenza di un impianto teorico strutturato e di una funzione aziendale specifica, la
soddisfazione finale dei consumatori e la creazione di valore per il cliente, hanno fin
dall’inizio guidato l’insieme delle scelte aziendali. Si può dire che il marketing del
distributore ha oggi trovato nella marca privata la sua naturale concretizzazione. Nel
nostro caso, infatti, è proprio sul prodotto Coop che si estrinseca continuamente quella
creazione del valore che sta alla base del fare marketing nelle imprese moderne.
CONSONNI: il marketing, nell’accezione di funzione aziendale, ha sempre una
buona immagine all’interno ed all’esterno dell’azienda, quando dimostra di conoscere,
rispettare e sviluppare il suo cliente. Il marketing seduttivo e manipolatorio, oltre a
non essere marketing nella sua genuina accezione, non è neppure in grado di sostenere
a lungo il suo esercizio. Quindi, in azienda, non è la centralità del marketing a
cambiarne la percezione, bensì sono la credibilità e l’autorevolezza del marketing che
ne consentono la centralità nell’organizzazione aziendale. Allora diventerà
responsabilità del marketing utilizzare il suo ruolo centrale, per mettere in azione un
processo di coinvolgimento e di aggregazione di tutte le funzioni aziendali, per
mantenere l’orientamento e la focalizzazione di tutta l’azienda sull’obiettivo cliente.
DELMENICO: sicuramente il marketing come funzione aziendale non ha spesso una
buona immagine a meno che non entri nel processo produttivo che parte dalla
definizione del bisogno dei clienti, fino alla realizzazione della soluzione, di prodotto
o servizio. Si passa così dal ruolo di pseudo venditore ad ideatore di soluzioni.
JAVIDI: credo che il marketing come funzione aziendale a volte non ha una buona
immagine sia all’interno sia all’esterno delle aziende.
NARDINI: la percezione della nostra azienda è che la relazione impresa-mercato e la
soddisfazione del cliente siano elementi cardine per il successo della stessa, intesa
come mantenimento della presenza sul mercato. Data la particolarità del nostro
settore, la manipolazione del target, la vendita attraverso la seduzione del cliente o
quant’altro non sono mai stati associati alla funzione marketing/vendite. In generale,
credo che la centralità e la forza del marketing all’interno di una organizzazione
contribuisca sicuramente a modificare la percezione di cui abbiamo parlato. I risultati
che il marketing ottiene a beneficio dell’azienda sono sicuro elemento di
annullamento della percezione citata e disallineata con la realtà, perché frutto di
giudizi superficiali o di analisi improprie.
SANTAMBROGIO: il supposto ruolo del marketing come seduttore e manipolatore
è retaggio di un tessuto e di un dibattito culturale sviluppatosi negli anni ’70. Per
quanto, talvolta, sia possibile riscontrare un uso distorto e fuorviante di questa
disciplina, ritengo che nulla più delle citate problematiche sia lontano dalla vera
essenza del marketing. Quest’ultimo ha come fine ultimo la soddisfazione dei
clienti/consumatori. Come? Andando ad individuare i loro bisogni e la modalità
migliore per soddisfarli, agendo ed ottimizzando tutte le leve di marketing mix.
Questo è sicuramente l’approccio che si può rinvenire nelle organizzazioni aziendali
più evolute e che, per un successivo isomorfismo, ne determinerà l’affermazione.
Ingannare il cliente può solo portare a traguardi comportamentali parziali ma, in
definitiva, non permette di ottenerne la fedeltà cognitiva ed il successo competitivo
che ne deriva.
CECCARELLI: marketing sociale: essere un’azienda socialmente responsabile dà i
suoi frutti e sarà in futuro un prerequisito in molti settori. Intraprendere questo
percorso è alla portata solo delle grandi aziende o anche delle minori?
BRISIGOTTI: la responsabilità sociale d’impresa è stato uno dei temi più dibattuti
dalla business community nel recente passato. Oggi la crisi economica che si sta
affrontando sembra averlo messo momentaneamente da parte, anche se un passo
indietro su questo fronte appare improponibile. Dal nostro osservatorio, appare
evidente che il consumatore italiano sta sviluppando nei propri comportamenti di
acquisto un crescente pragmatismo e una diversa percezione della catena del valore
delle merci, quindi un atteggiamento più professionale, con capacità di valutazione del
reale valore dei prodotti superiori rispetto al passato. Accanto a tutto ciò, si va
consolidando anche un’altra caratteristica della domanda che dà per scontato, e in
questo senso si può parlare di prerequisito, il rispetto di regole non scritte, che
rappresentano, o dovrebbero rappresentare, il senso di responsabilità sociale. Non si
intende qui naturalmente l’attività di charity, sempre meno apprezzata dal
consumatore, ma l’insieme dei comportamenti, non tutti precisamente codificabili per questo in continua evoluzione, così come la coscienza civile di una comunità -,
che attengono al rispetto della salute, dell’ambiente, degli uomini in senso lato, dai
lavoratori ai soggetti deboli, e più in generale che rimandano al futuro, agli effetti sul
domani dell’intraprendere di oggi.
In Coop il comportamento socialmente responsabile non è una possibile opzione, ma è
piuttosto parte integrante dello statuto delle imprese cooperative; in questo senso sono
significative le tante battaglie del passato, come ad esempio dai pesticidi ai fosfati nei
detersivi, e del presente, dagli OGM alla certificazione etica SA8000, oltre al
cooperare quotidianamente con il sud del mondo; risulta davvero difficile analizzarne
i frutti e commisurarli agli investimenti in una mera logica di economia aziendale
classica.
Per rispondere alla domanda si può affermare che le dimensioni non devono e non
possono rappresentare un’ostacolo ad un comportamento socialmente responsabile
dell’impresa, intendendo quest’ultimo sempre più come un prerequisito per agire nel
mercato.
CONSONNI: l’acquisto del prodotto, soprattutto del prodotto di marca, risponde ad
una esigenza che, oltre ad essere di funzionalità, è sempre più corrispondenza ed
adesione ad un insieme di valori proposti dalla marca e dall’azienda che la produce. I
consumatori di una marca tendono a costruire una community con dei valori di
riferimento ed una continua verifica di coerenza e condivisione. In questo senso, per
un’azienda l’essere socialmente responsabile non è solo un obbligo giuridico-legale,
ma è una dimensione competitiva e di costruzione delle scelte preferenziali dei
consumatori. Ogni azienda, sia grande sia piccola, sarà richiesta di percorrere questa
strada dalla sua community di consumatori, la quale, in base alla dimensione
raggiunta, influenzerà a sua volta le dimensioni dell’azienda, che quindi sarà grande o
piccola di conseguenza.
DELMENICO: anche le minori devono impegnarsi nelle iniziative sociali perché
esse non sono solo di carattere nazionale ma è possibile trovarle anche a livello locale
e non necessariamente con contenuti secondari.
JAVIDI: nella vita di tutti i giorni vengo a contatto, professionalmente e
personalmente, con numerose aziende e industrie che considerano la propria
responsabilità sociale come valore aggiunto ed elemento di differenziazione. Non mi
pare di avere colto in questi comportamenti alcun pattern legato alla dimensione delle
aziende in questione.
NARDINI: il concetti di marketing sociale e di azienda etica richiederebbero una
discussione approfondita che partisse dalla definizione degli stessi, forse non del tutto
chiara anche a molti operatori e sicuramente non chiara alla maggioranza dei
consumatori. Un punto di interesse per la discussione potrebbe essere se è lecito
utilizzare le etichette “sociale” e “etico” per registrare prestazioni reddituali superiori,
a prescindere dalla realtà e quindi manipolandola e seducendo i consumatori.
SANTAMBROGIO: la responsabilità sociale è un’opportunità e, finanche, un dovere
per tutte le aziende, indipendentemente dalle dimensioni. Si tratta di un modus agendi
e pensandi che può avere molteplici declinazioni - di prodotto, di processo, interne
all’organizzazione o esterne, afferenti alle condizioni di lavoro così come a tematiche
ambientali, ecc. -, tanti quanti sono gli stakeholder con cui l’azienda, a vario titolo, si
interfaccia.
Rappresenta, in ultima analisi, l’esito di un percorso di accumulazione di conoscenza e
competenze e di acquisizione di sensibilità che coinvolge tutta l’organizzazione
aziendale e richiede una forte partecipazione, dal top management alla base.