Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MEDICINA E CHIRURGIA TESI DI LAUREA SPETTRO AUTISTICO SOTTOSOGLIA E SPETTRO POST-TRAUMATICO DA STRESS IN UN CAMPIONE DI PAZIENTI FIBROMIALGICI CANDIDATO Chiara Portulano RELATORE Chiar.ma Prof.ssa Liliana Dell’Osso ANNO ACCADEMICO 2015/2016 INDICE 1. RIASSUNTO 2. INTRODUZIONE 2.1 Fibromialgia 2.1.1 Definizione ed evoluzione diagnostica 2.1.2 Incidenza, caratteristiche cliniche e fisiopatologia 2.1.3 Comorbidità psichiatriche 2.2 Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) 2.2.1 Definizione, epidemiologia e comorbidità 2.2.2 Evoluzione dei criteri diagnostici: dal DSM-IV al DSM-5 2.2.3 PTSD sottosoglia e lo Spettro Post-Traumatico da Stress 2.3 Fibromialgia e PTSD: quale rapporto? 2.4 Spettro dell’Autismo Sottosoglia: un approccio transdiagnostico 2.5 Obiettivi dello studio 3. MATERIALI E METODO 3.1 Selezione del campione 3.2 Strumenti di valutazione 3.2.1 Il TALS-SR 3.2.2 L’AdAS Spectrum 3.3 Analisi statistiche 4. RISULTATI 5. DISCUSSIONE 6. TABELLE E FIGURE 7. APPENDICE: TALS-SR e AdAS Spectrum 8. BIBLIOGRAFIA 1 1.RIASSUNTO La fibromialgia è una patologia caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso, cronico, spesso accompagnato da affaticamento, disturbi cognitivi e sintomi psichiatrici. I pazienti lamentano astenia, disturbi del sonno, ansia, depressione, problemi di concentrazione e di memoria, indolenzimento, aumentata sensibilità al dolore con allodinia e iperalgesia, rigidità in tutto il corpo, senza che vi sia evidenza di anormalità “strutturali” in muscoli, legamenti o articolazioni. La fibromialgia è stata correlata ad una più grave disabilità nelle attività quotidiane rispetto ad altre malattie reumatiche, oltre ad avere un impatto negativo su quasi tutti gli aspetti della qualità vita connessi alla salute. Nonostante numerose ricerche, la patogenesi del dolore nella sindrome fibromialgica non è stata completamente compresa, e un crescente interesse è stato dedicato al ruolo delle comorbidità psichiatriche. I pazienti con fibromialgia, infatti, presentano multipli disturbi mentali, tra cui il Disturbo Depressivo Maggiore, il Disturbo Bipolare, il Disturbo di Panico e la Fobia Sociale, riportando tassi di prevalenza rispettivamente del 62%, 11%, 29% e 19%. Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) è una particolare condizione psicopatologica che insorge in seguito all’esposizione, sia diretta che indiretta, ad avvenimenti traumatici, portando alla comparsa e alla persistenza, ad almeno un mese di distanza dall’esposizione stessa, di una costellazione di sintomi clinici che si rivelano essere, spesso, profondamente invalidanti e tendenzialmente cronici. Il PTSD si struttura in 4 cluster sintomatologici, rappresentati da sintomi intrusivi (rievocazione dell’evento traumatico), condotte di evitamento riguardanti situazioni associate al trauma, ottundimento emotivo ed affettivo e iperarousal, ad esempio sottoforma di insonnia e ipervigilanza (APA 2013). Numerosi studi hanno evidenziato l’importanza anche di forme parziali di PTSD che, pur non soddisfacendo completamente i criteri diagnostici di PTSD, sono caratterizzate da un profondo malessere soggettivo e compromissione significativa del funzionamento socio-lavorativo. Proprio per questo, è stato introdotto il concetto di PTSD parziale (partial PTSD) o sottosoglia (“subthreshold” o “subsyndromal”). Recentemente, all’interno di un progetto internazionale di collaborazione tra ricercatori di Pisa e della Columbia University di New York, del Western Psychiatric Institute and Clinic dell'Università di Pittsburgh e 2 dell'Università della California S. Diego, denominato “Spectrum Project”, è stato sviluppato lo Spettro Post-Traumatico da Stress (L. Dell'Osso, Carmassi, Massimetti, et al., 2011; L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009; L. Dell'osso et al., 2008), un approccio multidimensionale al PTSD che esplora non solo gli eventi potenzialmente traumatici, inclusi gli eventi “low magnitude”, ma anche la reazione acuta o peri-traumatica e la dimensione dei sintomi post-traumatici, ponendo attenzione alle condizioni sottosoglia e ai tratti temperamentali e di personalità come fattori di rischio per lo sviluppo del disturbo. Moltissimi studi hanno descritto una maggiore frequenza e una più grave sintomatologia della fibromialgia tra i pazienti con PTSD, e viceversa, molti studi hanno indagato esposizioni a traumi e PTSD in campioni di pazienti affetti da fibromialgia, mostrando una notevole percentuale (il 57%) di pazienti che abbracciava i criteri per il PTSD (Cohen et al., 2002; Sherman, Turk, & Okifuji, 2000). Gli eventi traumatici, quindi, sono stati fortemente associati all’insorgenza ed esacerbazione della malattia, nonché predisponenti a più alti livelli di disagio e disabilità funzionale tra i pazienti. Uno studio recente, utilizzando un campione molto ampio di pazienti fibromialgici, ha dimostrato che in circa il 66% di essi l’evento traumatico e il PTSD erano antecedenti all’insorgenza della sintomatologia, nel 30% erano seguenti e nel restante 4% erano concomitanti ad essa (Hauser et al., 2013). Ad oggi, l’ipotesi più accreditata afferma che l’esposizione ad un trauma costituisca l’elemento scatenante la sintomatologia nei soggetti predisposti geneticamente, in particolare eventi traumatici precoci possono influenzare i circuiti cerebrali di modulazione del dolore e delle emozioni determinando l’aumentata risposta al dolore e i sintomi concomitanti, riferiti dai pazienti con fibromialgia (L. A. Bradley, 2008; Crofford, 2007; Schweinhardt, Sauro, & Bushnell, 2008). In varie ricerche è stato osservato che alcuni aspetti nella fisiopatologia del PTSD si sovrappongono a quelli della fibromialgia, come ad esempio le alterazioni neuroendocrine. Queste caratteristiche analoghe nei due disturbi potrebbero suggerire un’origine comune, riflettendo differenti aspetti di comportamento adattativo e di somatizzazione in risposta a un evento traumatico. Una delle interpretazioni più recenti è che non si tratterebbe di una semplice comorbidità tra PTSD e fibromialgia, ma che esse rappresentino una differente espressione clinica in reazione ad un episodio traumatico. Questa ipotesi avrebbe senso soprattutto considerando che i sintomi fisici sono più “accettati”, dal punto di vista socio-culturale, rispetto ai sintomi emotivi e mentali. Sotto 3 quest’ottica, quindi, la fibromialgia rappresenterebbe un’espressione fisica delle turbolenze psicologiche, cioè una forma somatizzata di PTSD (Cohen et al., 2002). Recenti studi evidenziano un’associazione tra PTSD e i Disturbo dello Spettro dell’Autismo (ASD). Questo sarebbe correlato, da un lato, al fatto che i soggetti con ASD, sono maggiormente suscettibili nel corso della loro vita a subire eventi traumatici, per le loro difficoltà di espressione, empatia e comprensione di codici condivisi di comunicazione; dall’altro lato, su questo substrato, un trauma può provocare con maggiore frequenza conseguenze più intense e più croniche per le difficoltà di elaborazione dell’evento stesso dovute al peculiare funzionamento cognitivo di questi soggetti (alterazione dei meccanismi dell’oblio, rimuginazioni, fenomeni dissociativi, distacco dalla realtà, ritiro e isolamento). Recentemente, presso l’Università di Pisa, è stato sviluppato lo Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto (AdAS Spectrum), il cui ruolo è stato evidenziato come potenziale base fisiopatologica transdiagnostica sottostante i vari disturbi mentali. L’alta percentuale, infatti, di comorbidità psichiatriche, ha suggerito che un’alterazione del neurosviluppo di matrice multifattoriale rappresenti un substrato comune di vulnerabilità per la maggior parte dei disturbi mentali e ha posto la necessità di individuare una “dimensione” di Spettro che comprenda una sintomatologia sottosoglia sottostante alle varie manifestazioni psicopatologiche, le quali condividono sintomi, fattori di rischio genetici e ambientali e verosimilmente anche substrati neurali (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016), assumendo un ruolo unificante tra le diverse categorie diagnostiche. Vista l’esigua quantità di dati presenti in letteratura e le caratteristiche peculiari e controverse della sindrome fibromialgica, in questa tesi è stata indagata la presenza sia di PTSD, diagnosticato in accordo con i criteri del DSM-5, che dello Spettro Post-Traumatico da Stress, in un campione di 61 pazienti affetti da fibromialgia e seguiti presso gli ambulatori dell’Unità di Reumatologia dell’A.O.U.P. Tutti i partecipanti sono stati indagati per mezzo di interviste cliniche strutturate e strumenti di autovalutazione. In particolare, i pazienti sono stati intervistati mediante la SCID-5 per la diagnosi psichiatrica secondo il DSM-5. I pazienti hanno inoltre compilato il TALS-SR (Trauma and Loss Spectrum-Self Report), questionario che indaga la sintomatologia di Spettro Post-Traumatico da Stress che può svilupparsi nel corso della vita di un individuo in seguito all’esposizione a un’ampia gamma di eventi potenzialmente traumatici e di perdita (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 4 2009), e l’AdAS Spectrum (Adult Autism Subthreshold Spectrum) per lo Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto (Dell’Osso et al,. In press). Dei 61 pazienti fibromialgici intervistati, 7 erano maschi e 54 femmine, di età media pari a 49,78 ±12,00 anni. La diagnosi di fibromialgia è stata effettuata in accordo con i criteri dell’American College of Rheumatology (ACR). Tutti i pazienti sono stati reclutati presso gli ambulatori dell’Unità di Reumatologia dell’A.O.U.P. Andando a valutare la presenza di PTSD sintomatologico secondo i criteri diagnostici del DSM-5 è emersa una diagnosi del disturbo nel 18% (n=11) dei soggetti, con un ulteriore 34,4% (n=21) del campione totale che soddisfa i criteri per PTSD parziale. Andando a sommare questi dati, i tassi di prevalenza di PTSD in soggetti affetti da fibromialgia si allineano con la letteratura pregressa, evidenziando l’importanza di rilevare clinicamente le forme di PTSD sottosoglia o parziali. Analizzando nel dettaglio il tipo di evento traumatico riferito dai pazienti fibromialgici con PTSD, il più frequente è risultato la morte di una persona cara. Nel confronto dei punteggi medi dei domini del TALS-SR, i pazienti fibromialgici con PTSD e PTSD parziale hanno riportato un numero di eventi di perdita e di eventi potenzialmente traumatici significativamente superiore rispetto ai soggetti senza PTSD. Il cluster sintomatologico del DSM-5 più frequentemente soddisfatto nel campione in esame è rappresentato dal cluster B (sintomi intrusivi e di rievocazione). Inoltre il nostro studio, in linea con la letteratura, grazie alla maggiore sensibilità dello strumento autovalutativo TALS-SR, ha dimostrato una differenza statisticamente significativa nella positività a quasi tutti gli items maladattativi tra il sottogruppo con diagnosi di PTSD e quello senza. Andando ad analizzare l’AdAS Spectrum abbiamo riscontrato punteggi significativamente superiori in quasi tutti i domini nei soggetti con PTSD rispetto ai soggetti con PTSD parziale o senza PTSD. Correlazioni da moderate a buone sono emerse tra quasi tutti i domini del TALS-SR e dell’AdAS-Spectrum. Interessante sottolineare una correlazione moderata tra il Dominio VI del AdAS Spectrum (interessi ristretti e ruminazioni) e il dominio V del TALSSR (rievocazione). Questo potrebbe essere in linea con recenti ipotesi le quali hanno evidenziato che i pensieri ruminativi siano fortemente associati con il PTSD, e con alcune delle sue manifestazioni principali, come l’interruzione del sonno, suggerendo un possibile 5 ruolo delle caratteristiche dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto in queste relazioni (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016; L. Dell'Osso et al., 2015). Tuttavia nel nostro studio dobbiamo considerare alcune limitazioni tra cui il numero limitato dei soggetti, il fatto che il TALS-SR è uno strumento lifetime, e quindi non mi permette di stimare la correlazione temporale tra l’evento traumatico e la sintomatologia fibromialgica, e l’assenza della valutazione del funzionamento socio-lavorativo e della gravità della sintomatologia nei soggetti con fibromialgia. Nonostante le limitazioni suddette, il nostro studio evidenzia un tasso rilevante di PTSD, diagnosticato per la prima volta in letteratura secondo i criteri del DSM-5 in un campione pazienti con diagnosi di fibromialgia, e riporta correlazioni significative tra la sintomatologia dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto e quella di Spettro Post-Traumatico da Stress. Sebbene siano necessari ulteriori studi, si evidenzia l’originalità di questi dati. 6 2. INTRODUZIONE 2.1 La Fibromialgia 2.1.1Definizione ed evoluzione diagnostica La fibromialgia è una patologia caratterizzata da dolore muscoloscheletrico diffuso, cronico, spesso accompagnato da affaticamento, disturbi cognitivi e sintomi psichiatrici (R. M. Bennett, 2009; Valdes et al., 2010). I pazienti lamentano astenia, disturbi del sonno, ansia, depressione, problemi di concentrazione e di memoria, indolenzimento, aumentata sensibilità al dolore con allodinia e iperalgesia, rigidità in tutto il corpo, senza che vi sia evidenza di anormalità “strutturali” in muscoli, legamenti o articolazioni (White & Harth, 2001). Inizialmente denominata “fibrosite” (Inanici & Yunus, 2004), la fibromialgia è stata descritta in Francia e in Inghilterra nella metà del diciannovesimo secolo, ma è soltanto nel ventesimo secolo che sono stati proposti i criteri di classificazione diagnostici, valutati e quindi convalidati. La diagnosi e le caratteristiche cliniche sono state a lungo controverse, e la fibromialgia è stata spesso considerata di natura psicogena o psicosomatica. Tuttavia è stato dimostrato che vi è un disordine nella regolazione del dolore, classificato sotto il termine di “sensibilizzazione centrale”(Staud, 2009). La diagnosi di sindrome fibromialgica era basata essenzialmente sui criteri dell’American College of Rheumatology (ACR) del 1990, che prevedono la presenza di dolore muscoloscheletrico diffuso (cioè che interessa entrambi i lati del corpo sia nella parte superiore che inferiore, e che coinvolge tutta la colonna vertebrale) da almeno 3 mesi, associato al riscontro di aree dolorabili alla digitopressione, i Tender Points (almeno 11 su 18) (Wolfe et al., 1990). Tali criteri presentano tuttavia dei limiti. Non vi era accordo sul numero minimo e sulla precisa localizzazione anatomica dei Tender Points (Okifuji, Turk, Sinclair, Starz, & Marcus, 1997): oltre ai 18 descritti esistono, nei singoli pazienti, molte altre aree dolorabili; in genere ogni inserzione tendinea e ogni muscolo sono potenzialmente 7 dolenti. La dolorabilità dei Tender Points varia anche da un giorno all’altro nello stesso paziente, e stabilire un limite netto negli 11 Tender Points può comportare che un giorno il paziente rientri nei criteri ed il giorno dopo non sia più cosi Non vi era accordo, inoltre, sul fatto che la valutazione dei Tender Points dovesse essere eseguita manualmente o con l’ausilio di un algometro a pressione, il primo metodo di più facile esecuzione ma il secondo più riproducibile e meno influenzato dall’esperienza del medico esecutore. I criteri ACR del 1990, infine, non consideravano la presenza di altri sintomi di accompagnamento extra scheletrici molto frequenti nella sindrome fibromialgica, come le alterazioni del sonno, l’astenia o le alterazioni neuro-cognitive. Per superare queste criticità, nel 2010 sono stati pubblicati i nuovi criteri ACR per la diagnosi di fibromialgia, i quali permettono di porre diagnosi in assenza della valutazione dei Tender Points, ponendo l’accento su una lista di altri sintomi quali l’affaticamento, il sonno non ristoratore e i sintomi cognitivi, cosi come anche cefalea, depressione e dolore addominale. Tali criteri valutano le aree dolorose riferite dal paziente su un’immagine corporea (Widespread Pain Index – WPI) e i sintomi associati (Symptom Scale – SS). Il punteggio totale ottenuto in ognuna di queste due scale (WPI ≥ 7 e SS ≥ 5 o WPI 3-6 e SS>9) permette di porre diagnosi di sindrome fibromialgica (Wolfe, 2010). Come i criteri ACR 1990, anche nei criteri del 2010 deve essere esclusa qualsiasi altra causa di dolore cronico, ma la presenza di altre patologie non esclude la sindrome fibromialgica che può coesistere con esse. I nuovi criteri includono, in associazione al dolore muscolo-scheletrico diffuso, molti sintomi associati che possono contribuire in maniera significativa all’impatto della malattia sul paziente. La diagnosi clinica è resa più semplice ed è essenzialmente basata sui sintomi clinici. Tuttavia, i nuovi criteri, basati sulla valutazione soggettiva del medico sull’entità e la severità dei sintomi somatici del paziente, non permettono un’auto-valutazione dei sintomi da parte del paziente. A tale scopo, nel 2011, è stata proposta una modifica dei criteri ACR 2010, in cui le aree del dolore e la presenza/assenza di 3 sintomi nella SS (cefalea, dolore o crampi addominali e sintomi depressivi) sono auto-valutati dal paziente (Wolfe et al., 2011). Nel 2013, i criteri del 2010 sono stati ulteriormente modificati, incrementando le aree di localizzazione del dolore e il numero di sintomi di cui il paziente valuta la severità, migliorando la specificità dei criteri e permettendo una diagnosi di fibromialgia indipendentemente da un’altra sindrome dolorosa (Bennett et al., 2014). È importante 8 sottolineare, tuttavia, che sia i criteri 2010, che le versioni successive 2011 e 2013, pur essendo di più facile e veloce esecuzione, non prevedono il riscontro di segni clinici evidenziati dal medico tramite l’esame obiettivo del paziente. 2.1.2 Incidenza, caratteristiche cliniche e fisiopatologia La prevalenza della fibromialgia è stata stimata essere intorno al 2% della popolazione generale, sette volte più comune nelle donne che negli uomini. La prevalenza aumenta con l’età, con un picco intorno tra i 60 e i 70 anni, in cui può raggiungere il 7% della popolazione generale delle donne (Wolfe, Ross, Anderson, Russell, & Hebert, 1995). La fibromialgia è una patologia estremamente invalidante. Dal 10% al 30% dei pazienti riferisce una disabilità nelle attività lavorative, una percentuale più alta rispetto a quella di chi soffre di altre forme di dolore cronico, come dimostrato da uno studio canadese (White, Speechley, Harth, & Ostbye, 1999) e uno statunitense (Walitt, Nahin, Katz, Bergman, & Wolfe, 2015). Fattori demografici e psicosociali influenzano significativamente la prognosi e l’esito della fibromialgia. Il sesso femminile, un basso livello socioeconomico e l’assenza di un impiego lavorativo sembra abbiano un impatto negativo sull’outcome della malattia (Castro-Sanchez et al., 2012; Reisine, Fifield, Walsh, & Forrest, 2008). Anche l’obesità è stata associata ad una maggiore intensità della sintomatologia nelle donne fibromialgiche (Kim, Luedtke, Vincent, Thompson, & Oh, 2012). Tuttavia, gli elementi che sembrano avere un peso maggiore nell’influenzare l’esito della malattia sono disturbi psichiatrici come ad esempio una sindrome depressiva, una storia di abusi ed esperienze traumatizzanti vissute durante il corso della vita (Edwards, Bingham, Bathon, & Haythornthwaite, 2006; Mundal, Grawe, Bjorngaard, Linaker, & Fors, 2014; Toussaint, Vincent, McAllister, Oh, & Hassett, 2014). I tassi globali di mortalità non sembrano essere aumentati nei pazienti con fibromialgia, ma un maggior rischio di suicidio può essere presente in questi pazienti, come mostrato da alcuni studi sul dolore cronico di origine non cancerogena (Dreyer, Kendall, Danneskiold-Samsoe, Bartels, & Bliddal, 2010; Gilbert et al., 2009; Ratcliffe, Enns, Belik, & Sareen, 2008). 9 Le caratteristiche cliniche della fibromialgia includono un dolore cronico muscoloscheletrico diffuso, anomalie della sensibilità quali intorpidimento e formicolii, stanchezza e sonno non ristoratore, disturbi cognitivi e psichiatrici e cefalea. Il dolore è il sintomo predominante della fibromialgia. Generalmente si manifesta in tutto il corpo, sebbene possa iniziare in una sede localizzata, come il rachide cervicale e le spalle, e successivamente diffondersi in altre sedi col passare del tempo. Il dolore fibromialgico viene descritto in una varietà di modi comprendenti le sensazioni di bruciore, rigidità, contrattura, tensione; i pazienti riferiscono frequentemente di sentirsi “come se avessero sempre l’influenza” e usano espressioni come “mi fa male tutto” (Goldenberg, 1998). La sintomatologia dolorosa viene caratteristicamente accentuata dal freddo, dall’umidità, ma anche da eventi stressanti e periodi di inattività. Il dolore viene avvertito principalmente ai muscoli, anche se a volte può colpire anche le articolazioni, che vengono descritte come gonfie, sebbene poi non venga clinicamente riscontrato un quadro di sinovite (Bjorkegren, Wallander, Johansson, & Svardsudd, 2009; Goldenberg, 2009). In particolare, ci sono 18 aree algogene, specifiche e simmetriche, tra le quali, secondo i criteri del 1990 dell’American College of Rheumatology (ACR), almeno 11 dovrebbero rispondere alla digito-pressione applicando una forza approssimativamente di 4 kg/cm^2. Queste aree comprendono la metà superiore del muscolo trapezio, l’inserzione del muscolo suboccipitale, il quadrante supero-esterno del area gluteale, l’epicondilo laterale, la seconda costa al livello della giunzione costo-condrale e il grande troncantere, posteriormente alla prominenza trocanterica (Wolfe et al., 1990). Un quadro di astenia talora intenso e uno stato generale di affaticamento sono presenti nel 75-90% dei casi. I pazienti riferiscono una sensazione di spossatezza, stanchezza e mancanza di energie. L’astenia è nettamente più accentuata al risveglio, ma è anche tipica a metà pomeriggio. Spesso i pazienti presentano una rigidità muscolare al mattino e non si sentono riposati, nonostante abbiano dormito 8/10 ore. Riferiscono un sonno leggero, caratterizzato da continui risvegli notturni e difficoltà a riaddormentarsi. La stanchezza viene descritta come estenuante, sia fisicamente che mentalmente (Goldenberg, 1998). Alcune volte si associano altri disturbi quali la sleep-apnea o la sindrome delle gambe senza riposo (Chervin et al., 2009). 10 I pazienti con fibromialgia spesso riferiscono una intensa rigidità mattutina, la quale può essere molto disabilitante e durare da 45 minuti a 4 ore. Nel 2005, un questionario composto da 121 elementi è stato sviluppato dalla Associazione Nazionale della Fibromialgia (NFA) ed è stato somministrato a 2569 pazienti. I risultati hanno mostrato che la rigidità mattutina è il sintomo più problematico, seguito dall’astenia e dal sonno non ristoratore (Bennett, Jones, Turk, Russell, & Matallana, 2007). Uno studio ha evidenziato che la rigidità muscolare può peggiorare il danno muscolare che incorre durante esercizi faticosi (McHugh et al., 1999). E’ stato provato che la contrazione muscolare concentrica e l’allungamento passivo possano migliorare la rigidità, quindi, una maggiore attività fisica, evitando esercizi faticosi, potrebbe attenuare questo sintomo. Un altro elemento clinico spesso presente in questi pazienti è un disfunzione cognitiva, denominata “Fibrofog”, che ha un forte impatto sulla vita di questi soggetti anche se relativamente meno studiata rispetto ad altri aspetti della malattia (Arnold et al., 2008; Katz, Heard, Mills, & Leavitt, 2004). Con il termine “Fibrofog” si intende una riduzione della lucidità mentale (una sorta di “nebbia cognitiva”, come suggerisce il termine), e un’alterazione dei processi attentivi e mnemonici che caratterizza i pazienti fibromialgici. In particolare essi riferiscono una perdita della memoria a breve termine, una scarsa capacità di concentrazione e una difficoltà nel fare più cose contemporaneamente (Glass, 2006; Glass, Park, Minear, & Crofford, 2005; Grace, Nielson, Hopkins, & Berg, 1999; Kravitz & Katz, 2015). Una storia di cefalea è presente in più del 50% delle pazienti con fibromialgia, e include emicrania e cefalea muscolo-tensiva (Marcus, Bernstein, & Rudy, 2005). In una clinica ambulatoriale di cefalee, un anamnesi di fibromialgia è stata riscontrata nel 20% dei pazienti, tra cui il 44% di coloro che soffrivano di cefalea cronica muscolo-tensiva (de Tommaso et al., 2011). Le comorbidità della malattia sono strettamente correlate con la frequenza degli episodi di cefalea. I pazienti con fibromialgia spesso riferiscono parestesie, tra cui intorpidimento, formicolio, bruciore, o brividi, soprattutto al livello di entrambe le braccia e le gambe. Tuttavia, a meno che non ci sia un disordine neurologico concomitante, come la sindrome del tunnel carpale 11 o una radicolopatia cervicale, una valutazione neurologica approfondita non mostra nulla di rilevante. Inoltre, la maggior parte dei pazienti riferisce un sonno non ristoratore, che contribuisce notevolmente ad una compromissione nel funzionamento delle attività giornaliere. I pazienti si sentono privi di energia e affaticati la maggior parte del giorno. Spesso la fibromialgia coesiste con altre comuni malattie somatiche, come la Malattia d’Intolleranza allo Sforzo Sistemico (SEID), meglio conosciuta come Sindrome da Fatica Cronica (CFS), la Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBS), l’emicrania, il Disordine Temporomandibolare (TMD), la Sindrome della Vescica Cronica e la Sindrome del Dolore Pelvico (Aaron & Buchwald, 2001; Aaron, Burke, & Buchwald, 2000; Almansa, Rey, Sanchez, Sanchez, & Diaz-Rubio, 2009; Cole, Rothman, Cabral, Zhang, & Farraye, 2006; Fukuda et al., 1994; D. L. Goldenberg, Simms, Geiger, & Komaroff, 1990). La prevalenza della fibromialgia in questi disordini varia dal 20 al 50 %, e in particolare il 30-70% dei pazienti risponde ai criteri della CFS e IBD (Cole et al., 2006; Fraga et al., 2012; Kato, Sullivan, Evengard, & Pedersen, 2006; Rodriguez, Afari, & Buchwald, 2009). Circa il 12 % dei pazienti con fibromialgia soddisfa i criteri per la sindrome uretrale femminile, che è caratterizzata da pollachiuria, dolore uretrale, tensione sovrapubica e disuria. Inoltre il 60% dei pazienti con fibromialgia riferisce urgenza minzionale (Wallace, 1990). La fibromialgia sembra anche avere una sovrapposizione clinica con la cistite interstiziale (Clauw et al., 1997). Altri problemi comuni che vengono spesso riscontrati in questi pazienti sono: secchezza oculare, sensibilità a molte sostanze chimiche, sintomi “allergici”, palpitazioni, dispnea, vulvodinia, dismenorrea, disfunzioni sessuali, fluttuazioni di peso, sudorazione notturna, disfagia, disgeusia e intolleranza ortostatica (Aydin et al., 2006; Glass, 2006; Rhodus, Fricton, Carlson, & Messner, 2003). Inoltre, da molti studi è emerso che la fibromialgia è associata, molto frequentemente, ad alterazioni nella produzione di ormoni tiroidei o nel loro utilizzo (Lowe, 1995). Uno studio portato a termine dall’Unità di Reumatologia dell’Università di Pisa, ha indagato la presenza di anormalità e processi autoimmuni della tiroide in 120 pazienti affetti da fibromialgia: i risultati hanno evidenziato che i livelli basali di ormoni tiroidei rientravano nel normale range, mentre nel 41% dei pazienti è stata riscontrata la presenza di anticorpi anti-tiroidei, 12 in particolare gli anticorpi anti-tireoperossidasi (TPOAb), più frequenti degli anticorpi antitireoglobulina (TGAb) (Bazzichi, Rossi, Giuliano, et al., 2007). Questi risultati si sono rivelati in linea con studi condotti precedentemente (Akkaya, Akkaya, Atalay, Balci, & Sahin, 2012; Pamuk & Cakir, 2007; Ribeiro & Proietti, 2004). E’ interessante notare che i pazienti con autoimmunità tiroidea hanno mostrato una percentuale più alta di sintomi quali: occhi secchi, bruciore o stranguria, allodinia, visione offuscata e faringite, mentre non è stata trovata alcuna correlazione positiva con sintomi psichiatrici quali depressione e disturbi d’ansia (Bazzichi, Rossi, Giuliano, et al., 2007), come invece altri studi avevano dimostrato (Pamuk & Cakir, 2007; Ribeiro & Proietti, 2004). In conclusione, è emerso che i disordini autoimmuni rappresentano un marker di severità nei pazienti fibromialgici, soprattutto nell’età post-menopausale, in cui la loro frequenza risulta più alta rispetto ai pazienti pre-menopausali (Bazzichi, Rossi, Giuliano, et al., 2007), anche se i meccanismi patogeni alla base di questa associazione sono ancora sconosciuti e necessitano di ulteriori studi. La fisiopatologia della fibromialgia non è legata ad alterazioni del sistema muscoloscheletrico, ma ad anormalità nei meccanismi che regolano l’elaborazione centrale del dolore (R. Bennett, 2005), portando ad una “sensibilizzazione centrale del dolore” (Gracely, Petzke, Wolf, & Clauw, 2002; Staud & Rodriguez, 2006; Woolf, 2004) e ad anomalie nell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene. I neurotrasmettitori coinvolti in questi processi sono gli stessi di quelli che regolano l’umore, il sonno e le funzioni cognitive, fornendo un “razionale neurochimico” per l’ampia gamma di sintomi presenti nella fibromialgia. E’ stato ipotizzato che ci sia un’anormale elaborazione sensoriale nella neurotrasmissione mediata dai recettori NMDA del glutammato nelle fibre amieliniche che trasportano impulsi dolorifici, e anche un’anomala neurotrasmissione mediata dalla sostanza P; è stato anche supposto che i meccanismi neurochimici coinvolti nella via noradrenergica e serotoninergica possano essere un comune denominatore del dolore e della depressione. Ci si aspetta, quindi, che i farmaci che agiscono sul sistema serotoninergico e noradrenergico, come gli antidepressivi con doppio meccanismo d’azione (SNRI), migliorino non soltanto l’umore e gli altri sintomi psicologici della depressione, ma anche sintomi fisici come il dolore cronico. (Bazzichi, Da Valle, et al., 2013; Briley & Moret, 2008; Clauw, 2008; Huynh, Yanni, & Morgan, 2008; Stahl, Grady, Moret, & Briley, 2005). 13 La Sickness behaviour (Dantzer, 2004) è un insieme di cambiamenti comportamentali e psicologici che i pazienti mostrano nel corso di un’infezione: questi sono considerati come una “risposta adattativa” al fine di mantenere l’omeostasi e fronteggiare le sollecitazioni del sistema immunitario durante un’infezione. E’ stato dimostrato che i cambiamenti del comportamento, quali ad esempio la riduzione dell’attività, e lo scarso interesse per l’ambiente siano dovuti agli effetti delle citochine pro-infiammatorie sui bersagli cellulari cerebrali. In seguito a un insulto, infatti, il sistema immunitario secerne citochine proinfiammatorie che trasmettono il messaggio al cervello e riorganizzano le attività comportamentali per ristabilire le priorità (Kent, Bluthe, Kelley, & Dantzer, 1992). Poiché i pazienti con fibromialgia riferiscono alcuni sintomi analoghi a quelli riscontrati nella Sickness behaviour, per quanto riguarda cambiamenti emotivi e psicologici, è stato ipotizzato che le citochine possano avere un ruolo nel legame tra il sistema immunitario e neuronale. Infatti nella fibromialgia è stato riscontrato un aumento delle citochine (Gur, Karakoc, Nas, et al., 2002; Wallace et al., 2001; Zhang et al., 2008). Alcuni studi hanno evidenziato che le citochine siano coinvolte nell’insorgenza del dolore generalizzato e nell’iperalgesia nelle condizioni infiammatorie e neuropatiche. Quindi, uno stato di subinfiammazione cronica e un’alterata risposta del sistema immunitario agli insulti potrebbe essere presente nella fibromialgia (Bazzichi, Rossi, Massimetti, et al., 2007). La recente teoria secondo la quale le citochine trasmettono messaggi dalla periferia al Sistema Nervoso Centrale mediante percorsi umorali e neurali potrebbe spiegare i disturbi dell’umore (ansia, depressione) osservati nei pazienti fibromialgici (Bazzichi, Rossi, et al., 2013; Pernambuco, Schetino, Viana, Carvalho, & d'Avila Reis, 2015; Yener et al., 2015). Uno studio (Bazzichi, Rossi, Massimetti, et al., 2007) ha rivelato più alti livelli di IL-10 e IL-8 in tutti i pazienti con fibromialgia, indipendentemente dalla presenza o assenza di comorbidità psichiatriche, rispetto ai controlli. Un altro studio ha messo in evidenza rare varianti missenso del gene MEFV nel 15% dei pazienti con fibromialgia che presentavano livelli più alti di IL-1B paragonati ai controlli (Feng et al., 2009). L’elevazione dell’attività infiammatoria potrebbe essere un fenomeno generalizzato nella fibromialgia, come ha messo in luce uno studio che ha riportato TNF-alfa, IL-1 e IL-6 nella maggioranza dei pazienti ma in nessun controllo (Salemi et al., 2003). L’aumento dell’IL-8 sembra essere uno dei dati più rilevanti nei pazienti affetti da fibromialgia (Bowley, Drevets, Ongur, & Price, 2002; Wallace et al., 2001; L. Wang et al., 2008). 14 Molti studi biologici hanno evidenziato che il dolore cronico generalizzato e la fibromialgia abbiano, in parte, una predisposizione genetica (Buskila & Sarzi-Puttini, 2006). Infatti i parenti di primo grado dei pazienti fibromialgici hanno un rischio 8.5 volte maggiore di avere la malattia rispetto ai parenti di pazienti con artrite reumatoide (Arnold et al., 2004). La capacità di alcuni farmaci antidepressivi di migliorare i sintomi ha suggerito che i geni coinvolti nel metabolismo della serotonina e/o delle catecolammine o nella trasmissione del segnale potrebbero conferire una suscettibilità genetica. Il primo ampio studio riguardo tale argomento ha valutato 496 pazienti con fibromialgia e 348 controlli; differenze significative nella frequenza di alleli tra i casi e i controlli sono stati osservate per tre geni: GABRB3, TAAR1 e GBP1 (Smith et al., 2012). Un fattore che è stato associato alla predisposizione a sviluppare una sindrome fibromialgica è il polimorfismo dell’enzima Catecol-O-metiltransferasi (COMT), che degrada le catecolammine come la dopamina e la norepinefrina, e anche l’endorfina. Quest’alterazione genetica era già stata associata alla depressione e al dolore cronico, e ora anche alla fibromialgia (Gursoy et al., 2003). E' interessante notare che è stato dimostrato un livello maggiore di oppioidi endogeni nei pazienti fibromialgici rispetto ai controlli. Tuttavia, confrontando la saturazione dei recettori degli oppiodi di tipo μ (MOR), con l’ausilio della tomografia ad emissione di positroni (PET), tra 17 pazienti con fibromialgia e 17 controlli della stessa età e sesso, è emerso che il potenziale di legame risultava inferiore nei pazienti con fibromialgia. Questa potrebbe essere una possibile spiegazione per la mancanza di risposta ai farmaci oppioidi nei pazienti fibromialgici (Harris et al., 2007). Nella fibromialgia sono presenti alterazioni nell’elaborazione centrale del dolore e di altri stimoli sensitivi (Dadabhoy, Crofford, Spaeth, Russell, & Clauw, 2008). I pazienti percepiscono come dolorosi stimoli nocicettivi quali calore, corrente elettrica o pressione, a livelli più bassi di stimolazione rispetto ai controlli sani (Meeus & Nijs, 2007; Sarzi-Puttini, Atzeni, & Mease, 2011; Schmidt-Wilcke & Clauw, 2011). Vi sono delle prove che confermano questa alterazione nella modulazione del dolore, come ad esempio la sommazione temporale del dolore: quando vengono rapidamente somministrati brevi e ripetitivi stimoli dolorosi, i pazienti fibromialgici percepiscono un incremento dell’intensità del dolore in misura maggiore del normale (Staud, 2004). E’ interessante notare che i pazienti con fibromialgia sembrano avere una ipersensibilità agli stimoli visivi e uditivi, 15 suggerendo che essi abbiamo una alterata regolazione degli stimoli sentivi globali, e non specifica soltanto per gli stimoli dolorosi (Geisser, 2008). E’ stato dimostrato che i pazienti con fibromialgia abbiano un deficit nella via discendente inibitoria di modulazione del dolore del Sistema Nervoso Centrale. Normalmente, lo stimolo dolorifico è trasmesso dai recettori periferici al livello centrale mediante il tratto talamocorticale. Le fibre discendenti inibitorie rilasciano i neurotrasmettitori al livello spinale al fine di evitare il fenomeno del wind up, cioè un aumento del dolore per stimoli ripetuti della medesima intensità, che cessa con la fine della stimolazione. Alcuni studi, analizzando il liquido cerebro spinale dei pazienti fibromialgici, hanno riscontrato un aumento della quantità dei neurotrasmettitori associati alla nocicezione come la sostanza P, gli amminoacidi eccitatori (ad esempio la glutammina, la glicina, l’arginina e l’acido glutammico) e il fattore di crescita neuronale (NGF). Inoltre c’è una quantità ridotta di neurotrasmettitori antinocicettivi come le ammine biogene (ad esempio la serotonina, la norepinefrina e la dopamina). Questo potrebbe spiegare l’attenuazione delle vie discendenti antinocicettive e l’aumentata attivazione di quelle ascendenti nocicettive nei pazienti con fibromialgia (Giovengo, Russell, & Larson, 1999; Russell, Vaeroy, Javors, & Nyberg, 1992). Attraverso le tecniche di neuroimaging funzionale, come la Risonanza Magnetica funzionale (fMRI), è stata dimostrata una maggiore attivazione dopo lo stesso stimolo doloroso di alcune aree del cervello nei pazienti fibromialgici rispetto ai controlli, come la corteccia somatosensoriale secondaria, l’insula e la corteccia cingolata anteriore (Dadabhoy et al., 2008). Dati più limitati, utilizzando la tomografia ad emissione di positroni (PET), hanno dimostrato una ridotta attività dopaminergica nella risposta al dolore dei pazienti fibromialgici rispetto ai controlli (Wood et al., 2007). Come già accennato, sia fattori umorali che cognitivi influenzano l’elaborazione del dolore nel Sistema Nervoso Centrale. I pazienti con fibromialgia e comorbidità depressiva hanno un aumento del flusso sanguigno cerebrale nell’amigdala e nell’insula anteriore, aree coinvolte nella risposta affettiva del dolore (Giesecke et al., 2005). Inoltre, questi soggetti sono stati studiati per quanto riguarda l’eccitabilità corticale e la modulazione intracorticale usando la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) della corteccia motoria: i pazienti con fibromialgia, rispetto ai controlli, avevano dei deficit nella modulazione intracorticale 16 dei meccanismi GABAergici e glutammatergici (Mhalla, de Andrade, Baudic, Perrot, & Bouhassira, 2010). Usando la Risonanza Magnetica Spettroscopica, i pazienti con fibromialgia hanno mostrato livelli più alti di glutammato e un più alto rapporto glutamminaglutammato/creatina nell’amigdala rispetto ai controlli (Valdes et al., 2010), mentre i livelli del GABA nell’insula anteriore destra erano significativamente più bassi (Foerster et al., 2012). Una revisione sistemica degli studi di Imaging nella fibromialgia ha messo in luce che la sensibilizzazione centrale sia correlata ad un decremento del volume della sostanza grigia in alcune aree cerebrali specifiche, in particolare la corteccia cingolata anteriore e la corteccia prefrontale (Cagnie et al., 2014). Questi studi hanno evidenziato una ridotta connettività funzionale del sistema discendente di modulazione del dolore nei pazienti fibromialgici. Per quanto riguarda le alterazioni neurormonali, nei pazienti fibromialgici vi è una iperattività della risposta allo stress, dimostrata da anormalità dell’asse Ipotalamo-IpofisiSurrene (HPA) (Adler, Kinsley, Hurwitz, Mossey, & Goldenberg, 1999; Torpy et al., 2000). Una correlazione tra i livelli di fattore rilasciante la corticotropina, nel liquido cerebrospinale, dolore sensitivo e variazione del sistema autonomo è stata riscontata nei pazienti fibromialgici e non nei pazienti con la Sindrome della Fatica Cronica (McLean et al., 2006). E’ stato ipotizzato che un’alterazione dell’asse HPA potrebbe essere connessa a traumi infantili, specialmente abusi fisici (Weissbecker, Floyd, Dedert, Salmon, & Sephton, 2006). Inoltre, è stata dimostrata una stretta correlazione tra i livelli di cortisolo e il dolore al risveglio e dopo un’ora da esso, presente nei pazienti fibromialgici rispetto ai controlli (McLean, Williams, Harris, et al., 2005). Anche una disfunzione del Sistema Nervoso Autonomo è stata suggerita da una serie di studi. E’ risultato che i pazienti con fibromialgia soffrono di ipotensione ortostatica e un incremento del dolore è stato osservato in risposta al tilt-test. I pazienti fibromialgici hanno anche valori significativamente anormali in una serie di test autonomici, come determinato dalla Composite Autonomic Syntom Scale (COMPASS) (Solano et al., 2009). Un decremento della risposta alla stimolazione beta-adrenergica è stata dimostrata da test in vitro valutando la generazione di AMP ciclico (Maekawa, Twe, Lotaif, Chiappelli, & Clark, 2003). In uno studio che ha coinvolto 58 donne, tra cui pazienti affetti da fibromialgia 17 e controlli di pari età in buona salute, sono state valutate, per un periodo di 24 ore, le catecolammine urinarie e la frequenza cardiaca in un ambiente ospedaliero controllato e durante le attività quotidiane (Riva, Mork, Westgaard, Okkenhaug Johansen, & Lundberg, 2012). I livelli di catecolammine sono risultati inferiori nei pazienti con fibromialgia rispetto ai controlli: in particolare, sono stati trovati livelli significativamente più bassi di adrenalina durante la notte e di dopamina durante il primo giorno, la notte, e il secondo giorno. Nel complesso, invece, la frequenza cardiaca era significativamente più alta nei pazienti rispetto ai controlli. Altri studi hanno evidenziato cambiamenti neuropatici periferici, come una riduzione della densità delle fibre nervose epidermiche alla biopsia cutanea, suggestiva di una neuropatia delle piccole fibre (Caro & Winter, 2014; Giannoccaro, Donadio, Incensi, Avoni, & Liguori, 2014; Oaklander, Herzog, Downs, & Klein, 2013; Uceyler & Sommer, 2015). Ad esempio, uno studio che ha coinvolto 27 pazienti con fibromialgia e 30 controlli ha trovato che una percentuale significativamente maggiore di pazienti con fibromialgia aveva biopsie cutanee anomale (41 rispetto al 3%), suggerendo che una sottostante polineuropatia delle piccole fibre potrebbe causare sintomi talvolta attribuiti alla fibromialgia. Altri studi invece hanno ipotizzato che possono essere presenti alterazioni metaboliche nei muscoli dei pazienti con fibromialgia. Ad esempio, uno studio che ha paragonato 19 pazienti con fibromialgia e 14 controlli, le concentrazioni di adenosina trifosfato (ATP) e fosfocreatinina (PCr) si sono rivelate significativamente più basse nei muscoli quadricipiti dei pazienti fibromialgici (Gerdle et al., 2013). Questi risultati potrebbero essere coerenti con cambiamenti derivanti da una combinazione di inattività fisica legata al dolore e disfunzione mitocondriale muscolare. Infine, uno studio ha suggerito che alterazioni nel muscolo scheletrico, in particolare un’alterata distribuzione della dimensione delle fibre muscolari e una riduzione della densità capillare potrebbe contribuire alla fatica post sforzo nei pazienti fibromialgici (Srikuea et al., 2013). 18 2.1.3 Comorbidità psichiatriche La fibromialgia è stata correlata ad una più grave disabilità nelle attività quotidiane rispetto ad altre malattie reumatiche, oltre ad avere un impatto negativo su quasi tutti gli aspetti della qualità vita connessi alla salute (Health-related quality of life, HRQoL) (Mas, Carmona, Valverde, & Ribas, 2008). Nonostante numerose ricerche, la patogenesi del dolore nella sindrome fibromialgica non è stata completamente compresa (Staud & Rodriguez, 2006), e un crescente interesse è stato dedicato al ruolo delle comorbidità psichiatriche (Epstein et al., 1999). I pazienti con fibromialgia, infatti, presentano multipli disordini mentali, tra cui il Disturbo Depressivo Maggiore, il Disturbo Bipolare, il Disturbo di Panico e la Fobia Sociale, riportando tassi di prevalenza rispettivamente del 62%, 11%, 29 % e 19%. (Arnold et al., 2006; L. Dell'Osso, Bazzichi, et al., 2009; Janssens, Zijlema, Joustra, & Rosmalen, 2015). Un recente studio, ad esempio, ha dimostrato che un anamnesi patologica di Disturbo di Panico (DP) in pazienti fibromialgici incrementa notevolmente la disabilità in moltissime attività quotidiane, come mostrato dal questionario di valutazione della salute, (health assestment questionnaire, HAQ), senza intaccare negativamente le altre “dimensioni cliniche” della malattia (Alciati et al., 2016). Inoltre è stato dimostrato che i sintomi del Disturbo Post-Traumatico da Stress e dei Disturbi dell’Umore Sottosoglia abbiano un ruolo rilevante nei pazienti fibromialgici (L. Dell'Osso, Carmassi, Consoli, et al., 2011; Veltri et al., 2012). La Depressione Maggiore risulta essere la diagnosi più frequente (Nordahl & Stiles, 2007). Pochi studi invece hanno esaminato il Disturbo Bipolare come comorbidità psichiatrica, riportando tassi di prevalenza che vanno dall’ 1,3% al 12,8% (Arnold et al., 2006), mentre è stato dimostrato un numero significativo di sintomi maniacali nei pazienti fibromialgici, indipendentemente dalla diagnosi di Disturbo Bipolare (Carta et al., 2006). Uno studio portato a termine presso la Clinica Psichiatrica e il dipartimento di Medicina Interna, unità di Reumatologia, dell’Università di Pisa, ha messo in evidenza una correlazione positiva tra il numero di sintomi dello spettro maniacale lifetime e una maggiore gravità del dolore e compromissione della HRQoL, anche in assenza di Disturbo Bipolare (L. Dell'Osso, Bazzichi, et al., 2009). Analogamente è stato dimostrato l’impatto negativo dei disturbi 19 mentali, in particolare i Disturbi d’Ansia e la Depressione Maggiore, sulla HRQoL nei pazienti fibromialgici (Walker et al., 1997). Nello studio di Pisa è stato utilizzato un questionario, il Mood Spectrum-Self Report (MOODS-SR), sviluppato e validato da una collaborazione italo-americana, che esplora l’intero spettro della fenomenologia dell’umore, focalizzandosi sui sintomi maniacali e depressivi e le loro caratteristiche, presenti durante tutto il corso della vita sia come sindrome “completa”, che come disturbi dell’umore sottosoglia (L. Dell'Osso et al., 2002). Un’importante ragione per identificare i sintomi maniacali sottosoglia durante la valutazione del trattamento è quella di evitare il rischio di switch in un vero e proprio episodio maniacale o ipomaniacale in pazienti con “diatesi” bipolare, che si potrebbe verificare soprattutto durante il trattamento con antidepressivi, i quali sono molto utilizzati off-label nei pazienti fibromialgici per la loro efficacia e buona tollerabilità (L. Dell'Osso, Bazzichi, et al., 2009). Negli ultimi anni, infatti, un crescente interesse è stato focalizzato sulla psicopatologia sottosoglia, poiché sembra produrre un impatto negativo sulla qualità della vita e nel suo funzionamento (Sherbourne et al., 1994). Uno studio portato a termine dalla Clinica Psichiatrica e dall’Unita di Reumatologia dell’Università di Pisa ha dimostrato che i pazienti fibromialgici hanno più sintomi affettivi sottosoglia, in particolare sintomi depressivi, rispetto ai pazienti con Artrite Reumatoide (Piccinni et al., 2011). Gli autori hanno ipotizzato che questo diverso peso della psicopatologia sottosoglia nelle due malattie possa spiegare la peggiore qualità di vita e la maggiore percezione del dolore che caratterizza la fibromialgia. Anche in questo studio è stato utilizzato come strumento di valutazione il MOODS-SR versione lifetime, particolarmente adatto per lo screening dei pazienti fibromialgici, perchè permette di riconoscere caratteristiche sottosoglia, attenuate e atipiche, e di valutare differenti domini della fenomenologia dell’umore, senza o con una minima contaminazione dei sintomi “somatici” correlati alla malattia, quali disturbi del sonno, astenia, riduzione delle attività, che potrebbero rendere difficoltosa la valutazione psichiatrica (Veltri et al., 2012). Tutti questi risultati sono in linea con un recente studio in cui gli autori hanno paragonato i punteggi della qualità della vita in 30 pazienti con fibromialgia, 30 con Artrite Reumatoide e 30 soggetti di controllo. Tutti i domini della qualità della vita sono risultati peggiori nei pazienti con fibromialgia rispetto agli altri due gruppi, suggerendo che i sintomi depressivi siano fortemente correlati a una peggiore qualità della vita in questi pazienti (Tander et al., 2008). 20 L’alta frequenza di sintomi depressivi nei pazienti fibromialgici permette di ipotizzare che la fibromialgia debba essere considerata all’interno dei “Disturbi dello Spettro Affettivo” (Hudson, Arnold, Keck, Auchenbach, & Pope, 2004). Infatti, l’ipotesi che i sintomi depressivi possano essere semplicemente interpretati come reazione a una malattia cronica e invalidante non è supportata dall’evidenza che la percentuale di pazienti fibromialgici con sintomi depressivi sia significativamente superiore a quella riscontrata in altre malattie croniche gravi (Arnold et al., 2006). Il legame tra la fibromialgia e la depressione è confermato dall’evidenza di alterazioni comuni, come ad esempio la disfunzione dell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene, con elevati livelli di ormone rilasciante le corticotropine (Neeck, 2000); la disregolazione delle vie noradrenergiche e serotoninergiche, centrali e periferiche (Legangneux et al., 2001); l’alterazione della sostanza P e dei neurosteroidi (Herpfer & Lieb, 2003). Inoltre, l’alterata funzione delle citochine è stata ipotizzata essere un altro comune fattore sottostante: in particolare l’IL-6 induce sia iperalgesia che depressione (Maes et al., 1999) e l’IL-8 è stata correlata con l’intensità del dolore nei pazienti fibromialgici con comorbidità depressiva (Gur, Karakoc, Erdogan, et al., 2002). In più, la depressione determina una riduzione della soglia del dolore grazie all’alterazione della funzionalità di strutture che modulano il dolore, come la corteccia prefrontale e insulare, l’amigdala, l’ippocampo e la sostanza grigia periacqueduttale (Burgmer et al., 2009; Fitzgerald, Laird, Maller, & Daskalakis, 2008). Un’altra spiegazione per la maggiore percezione del dolore nei pazienti fibromialgici con sintomi depressivi è la tendenza ad adottare uno “stile cognitivo” definito “catastrofico”, cioè a percepire il dolore come terribile ed insopportabile, a causa della modificazione dei livelli attentivi e dell’anticipazione del dolore stesso, portando ad enfatizzare le risposte emotive (Borsbo, Peolsson, & Gerdle, 2009; Gracely et al., 2004). Anche i disturbi del sonno sono strettamente correlati alla fibromialgia, tanto che l’American College of Rheumatology ha incluso sintomi quali sonno non ristoratore, affaticamento, astenia e insonnia nei criteri diagnostici del 2010 (Roizenblatt, Neto, & Tufik, 2011; Wolfe et al., 2010). Uno studio portato a termine dalla Clinica Psichiatrica e dall’Unità di Reumatologia dell’Università di Pisa, ha proposto un modello in cui i disturbi del sonno giocano un ruolo centrale come “dimensione transdiagnostica” tra i disturbi d’ansia, dell’umore e la sintomatologia della fibromialgia, in particolare il dolore e la fatica. Poiché alterazioni del sonno, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, sono correlate all’iperattivazione dello “stress-system”, incluso il sistema infiammatorio, questo 21 meccanismo potrebbe essere comune ai disturbi mentali, ai disturbi del sonno e alla sintomatologia dolorosa, spiegando in parte l’alto livello di comorbidità tra essi nei pazienti fibromialgici (Palagini et al., 2016). In questi pazienti è stata dimostrata la presenza di uno stato di ipervigilanza generalizzata, dovuta a una attivazione cognitiva e psicologica dell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene (HPA) (Roehrs et al., 2013). Un sonno insoddisfacente ha una relazione reciproca con il dolore (Abad, Sarinas, & Guilleminault, 2008; L. Dell'Osso et al., 2014; Irwin et al., 2012; Okifuji & Hare, 2011): infatti è sia una conseguenza (Nicassio, Moxham, Schuman, & Gevirtz, 2002) che una causa o un meccanismo di mantenimento (Affleck, Urrows, Tennen, Higgins, & Abeles, 1996; Arnold et al., 2005) di una condizione dolorosa cronica. La teoria dell’attivazione cognitiva dello stress (Eriksen & Ursin, 2004) potrebbe offrire un quadro teorico per capire la possibile comorbidità tra dolore/fatica e i disturbi del sonno nella fibromialgia. La teoria propone che, attraverso l’eccitazione cronica, lo stress, e la mancanza di sonno ristoratore, esistano cambiamenti nel funzionamento dell’asse HPA e del Sistema Nervoso Centrale, che portino a una maggiore sensibilità alla stimolazione dolorosa. Ecco perché i disturbi del sonno potrebbero giocare un ruolo importante nel mantenimento del dolore cronico nella fibromialgia. Infatti, l’ipervigilanza, vale a dire l’iperattivazione del sistema dello stress è stata descritta come una caratteristica chiave delle persone affette da disturbi del sonno (Riemann et al., 2015). Inoltre, ricerche sulla relazione tra l’insonnia e i disturbi psichiatrici hanno dimostrato che essa è un processo meccanicistico transdiagnostico correlato all’insorgenza e al mantenimento del Disturbo Depressivo Maggiore, Disturbo Bipolare e Disturbi d’Ansia (Dolsen, Asarnow, & Harvey, 2014). Questo tipo di relazione potrebbe spiegare anche gli effetti negativi sull’umore nei pazienti con fibromialgia (Bigatti, Hernandez, Cronan, & Rand, 2008; Hamilton et al., 2008). Anche in questo caso, la teoria dell’attivazione cognitiva dello stress (Eriksen & Ursin, 2004) potrebbe offrire un quadro teorico per capire le possibili comorbidità tra i disturbi mentali e i disturbi del sonno nella fibromialgia. Recenti ipotesi hanno evidenziato che i pensieri ruminativi siano fortemente associati con il Disturbo Post-Traumatico da Stress, e con alcune delle sue manifestazioni principali, come l’interruzione del sonno, suggerendo un possibile ruolo delle caratteristiche dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto in queste relazioni (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016; L. Dell'Osso et al., 2015). Considerando l’alta incidenza di traumi multipli in individui affetti 22 da fibromialgia, possiamo ipotizzare che le caratteristiche autistiche siano un fattore di vulnerabilità per i sintomi da stress post-traumatico, insonnia e dolore in questi pazienti (Palagini et al., 2016), ma questo verrà discusso ampiamente più avanti. 2.2 Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) 2.2.1 Definizione, epidemiologia e comorbidità Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) è una particolare condizione psicopatologica che insorge in seguito all’esposizione, sia diretta che venendone a conoscenza, ad avvenimenti traumatici, portando alla comparsa e alla persistenza, ad almeno un mese di distanza dall’esposizione stessa, di una costellazione di sintomi clinici che si rivelano essere, spesso, profondamente invalidanti e tendenzialmente cronici. Qualora tale sindrome si risolva entro un mese dal momento in cui è avvenuto l’episodio traumatico, bisogna porre la diagnosi, in base alla nosologia psichiatrica, di Disturbo Acuto da Stress. Il PTSD si struttura in 4 cluster sintomatologici, rappresentati da sintomi intrusivi (rievocazione dell’evento traumatico), condotte di evitamento riguardanti situazioni associate al trauma, ottundimento emotivo ed affettivo e iperarousal, ad esempio sottoforma di insonnia e ipervigilanza (APA 2013). Il PTSD si contraddistingue per un andamento tendenzialmente cronico, una risposta alla terapia farmacologica variabile e spesso parziale, portando ad una compromissione significativa della qualità di vita, del funzionamento sociale e lavorativo. Si presume che questo decorso cronico possa essere attribuito al ripresentarsi di vividi pensieri rievocativi, e al persistere dell’iperarousal che determinano il mantenimento delle alterazioni psicobiologiche seguenti il trauma; in questo modo viene influenzato negativamente il ritorno all’omeostasi precedente l’evento (Yehuda et al., 2000). Diversi studi hanno ricercato le alterazioni neurobiologiche alla base del PTSD, evidenziando dei cambiamenti su base genetica, biochimica e morfologica. In particolare, le strutture aventi un ruolo più rilevante risultano essere il sistema noradrenergico nel locus 23 coeruleus, nelle aree limbiche e nella corteccia cerebrale, l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, il sistema serotoninergico nella sua componente modulatoria sul locus coeruleus, e il sistema oppioide endogeno, la cui alterazione sembra causare i sintomi di “numbing”, cioè l’appiattimento emotivo (Sherin & Nemeroff, 2011). Una ricerca condotta dalla Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa, ha studiato il livello plasmatico di Brain-derived Neurotrophic factor (BDNF), che è risultato significativamente inferiore rispetto a quello dei controlli sani (L. Dell'Osso, Carmassi, Del Debbio, et al., 2009). Il BDNF è una molecola neurotrofica che ha un ruolo come “stimolatore” della sopravvivenza neuronale e come regolatore della proliferazione e della differenziazione delle cellule nervose, sia nel Sistema Nervoso Centrale che Periferico (Hartmann, Heumann, & Lessmann, 2001), i cui livelli sono state ritrovati inferiori alla norma in alcune patologie psichiatriche, come il Disturbo Bipolare (Piccinni et al., 2015). Un altro studio interessante ha dimostrato che, nei soggetti affetti da PTSD, vi sia un livello significativamente inferiore di proteine CREB totali nei monociti e nei linfociti plasmatici (Martini et al., 2013). Le proteine CREB (cAMP responsive element binding) sono fattori di trascrizione, attivati da neurotrasmettitori come serotonina e noradrenalina, che modulano l’espressione genica a livello neuronale e sono coinvolti in processi complessi quali l’apprendimento, la neuroplasticità e la regolazione della risposta allo stress. Un’anomalia nella via di trasduzione in cui sono coinvolte le proteine CREB era già stata osservata nel SNC e nel sangue periferico di pazienti affetti da depressione o alcolisti. La prevalenza globale del PTSD ha visto cambiamenti notevoli nel corso degli anni, ma questo probabilmente è dovuto all’evoluzione dei criteri diagnostici e a differenze nei metodi di reclutamento. Infatti, la prevalenza lifetime del PTSD, oggi corrispondente a circa l’8 % della popolazione generale, è andata incontro ad un incremento progressivo rispetto a quanto era stato descritto sui reduci della guerra del Vietnam. Lo studio National Comorbidity Survey (NCS), analizzando la popolazione degli Stati Uniti, ha riscontrato tassi di prevalenza di PTSD lifetime del 7,8%, di cui 5,0% maschi e 10,4 % femmine (Kessler, Sonnega, Bromet, Hughes, & Nelson, 1995). Circa 10 anni dopo è stata fatta una riedizione dello studio, dimostrando un leggero calo della prevalenza lifetime del disturbo, che risultava essere del 6,9 % (Kessler, Berglund, et al., 2005). Per quanto riguarda la popolazione italiana, i dati dello studio ESEMeD hanno evidenziato una prevalenza globale del PTSD 24 pari al 2,3 % nel corso della vita, quindi sostanzialmente inferiore rispetto a quella riscontrata negli Stati Uniti (de Girolamo, Alonso, & Vilagut, 2006; de Girolamo et al., 2005). In particolare, uno studio portato a termine dalla Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa, esaminando successivamente il campione ESEMeD, ha rilevato che il 56,1 % degli italiani è stato esposto ad un evento potenzialmente traumatico, con un rischio di PTSD che oscillava tra il 12,2% per quanto riguarda traumi bellici, allo 0,8% per quanto riguarda la violenza sessuale (Carmassi et al., 2014). Si può ipotizzare che tale discrepanza sia legata al fatto che la popolazione italiana è stata esposta in misura minore ad eventi potenzialmente traumatizzanti, come catastrofi naturali, episodi di delinquenza come aggressioni, stupri e rapine. I dati europei sono in linea con quelli italiani, confermando le differenze messe in luce tra la popolazione europea e quella statunitense. In letteratura abbiamo a disposizione diversi studi su determinati campioni di popolazione, esposti a specifici eventi traumatici, come catastrofi naturali (alluvioni, incendi, terremoti) che riportano, come prevedibile, dei tassi di prevalenza di PTSD più elevati rispetto alla popolazione generale, mostrando un’ampia variabilità in base a fattori quali la gravità, oggettiva e percepita, dell’episodio a cui erano stati esposti (Basoglu, Salcioglu, & Livanou, 2002; Bodvarsdottir & Elklit, 2004; Cairo et al., 2010; Priebe et al., 2009; W. Wang et al., 2012). E’ necessario sottolineare che, in tutti gli studi portati a termine, è sempre presente una percentuale importante del campione in esame la quale, sebbene sia stata esposta ad trauma, non ha sviluppato PTSD. Aver subito un trauma, quindi, rappresenta una condizione necessaria ma non sufficiente per la comparsa di questa patologia. Molti studi effettuati nel corso degli anni hanno individuato alcuni potenziali fattori di rischio nell’insorgenza del disturbo, quali il sesso, l’etnia, la personalità premorbosa, l’anamnesi psichiatrica, la gravità dell’evento traumatico e i fattori socioeconomici (Breslau et al., 1998; L. Dell'Osso, Carmassi, Consoli, et al., 2011). Nel DSM-5, questi fattori di rischio sono divisi secondo un criterio temporale rispetto al trauma, in pretraumatici (temperamentali, ambientali, genetici e fisiologici), peritraumatici (ambientali) e posttraumatici (temperamentali e ambientali). Uno dei fattori di rischio pre-traumatici di maggiore rilevanza sembra essere il sesso femminile. In generale, è ormai un dato assodato la più frequente incidenza nel genere 25 femminile della maggioranza delle patologie psichiatriche (de Girolamo et al., 2006; Kessler, Berglund, et al., 2005; Kessler, Chiu, Demler, Merikangas, & Walters, 2005). Per dimostrare come questo risultato sia indipendente dal fatto che gli eventi traumatici di maggiore impatto sono pressochè esclusivi del sesso femminile, si pensi a stupro e grave violenza domestica, sono stati effettuati degli studi sulla prevalenza del disturbo nei due sessi in seguito ad un medesimo evento traumatico. Le due maggiori ricerche in quest’ottica hanno utilizzato ampi campioni di adolescenti e giovani adulti sopravvissuti a due dei più gravi eventi tellurici degli ultimi anni: il terremoto del Sichuan del 2008 e il terremoto de L’Aquila del 2009. Nel primo studio si è evinta una prevalenza globale della patologia, secondo i criteri del DSM-IV-TR, del 28,4% su un campione di 1841 soggetti, mostrando una differenza statisticamente significativa tra maschi (23,8%) e femmine (32,7 %) (W. Wang et al., 2012). Nello studio italiano invece, le donne sono risultate doppiamente colpite dal disturbo: su un totale di 512 individui, infatti, è stata evidenziata una prevalenza di PTSD del 37,5 % (51,7% nelle donne e 27,5 % negli uomini), secondo i criteri del DSM-IV (L. Dell'Osso, Carmassi, Massimetti, et al., 2011), e del 39,84 % (54,7 % nelle femmine e 27,5 nei maschi) in base ai criteri del DSM-5 (Carmassi et al., 2013). Una serie di studi, inoltre, ha messo in evidenza che la giovane età rappresenti un fattore di rischio importante per lo sviluppo del PTSD, in linea con la maggiore esposizione ad episodi traumatici, più tipica di questa fascia di età (Ali, Farooq, Bhatti, & Kuroiwa, 2012; Pratchett, Pelcovitz, & Yehuda, 2010; Punamaki, Komproe, Qouta, El-Masri, & de Jong, 2005). Uno studio effettuato dalla Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa su un campione di popolazione colpito dal terremoto di L’Aquila del 2009, ha riconosciuto un legame tra la giovane età ed un aumentato rischio di PTSD, sebbene tali risultati si riferiscano solo al sesso femminile e non a quello maschile (L. Dell'Osso et al., 2013; L. Dell'osso et al., 2012). Il tipo di trauma è variabile in base all’età, essendo più frequente la violenza fisica in una fascia d’età giovanile, mentre la morte inattesa di una persona cara colpisce più spesso l’età adulta (Breslau, 2002). Per quanto riguarda i fattori sociali e culturali, sono stati riportati tassi più elevati di PTSD nella popolazione latinoamericana e afroamericana statunitense rispetto agli individui caucasici (Breslau et al., 1998), anche se questi ultimi, in studi precedenti, siano stati ritenuti a maggior rischio di esposizione ad eventi traumatici (Norris, 1992). Anche i fattori socio- 26 economici quali basso reddito e un modesto livello di scolarità, rappresentano dei fattori di rischio per l’insorgenza del PTSD (Breslau et al., 1998). Questi risultati sono stati confermati da una revisione sistematica del 2007 in cui è stato dimostrato che un basso livello socioeconomico, l’appartenenza ad una minoranza razziale e ad una fascia d’età giovane-adulta erano associati ad un aumentato rischio di esposizione agli eventi traumatici. Inoltre in questo studio è emerso che gli uomini e le donne differiscono nella tipologia di episodi traumatici a cui possono andare incontro: gli uomini riferiscono più spesso infortuni, incidenti ed aggressioni fisiche, le donne più frequentemente violenza fisica (Hatch & Dohrenwend, 2007). E’ importante il ruolo del supporto sociale, inteso come supporto familiare e della comunità, in seguito all’ evento traumatico: se inadeguato, infatti, contribuisce in maniera significativa allo sviluppo del PTSD (Brewin, Andrews, Rose, & Kirk, 1999); invece la rete di rapporti interpersonali preesistenti all’esposizione all’evento traumatico, se sufficiente, rappresenta un fattore protettivo. Un altro importante fattore predittivo per lo sviluppo di PTSD, dopo aver vissuto un’esperienza traumatica, è la pregressa comorbidità psichiatrica. In particolare è stato riscontrato che i soggetti con Disturbo Bipolare, sia conclamato che subclinico, abbiano nella loro storia clinica una maggiore frequenza di eventi traumatici, ad esempio abusi sessuali in età infantile (Goldberg & Garno, 2005), e quando esposti tendano a sviluppare il PTSD più facilmente, anche con un maggior rischio di condotte anticonservative (L. Dell'Osso, Carmassi, Consoli, et al., 2011; L. Dell'osso, Carmassi, Rucci, et al., 2011; Freeman, Freeman, & McElroy, 2002; Otto et al., 2004; Pollack et al., 2006; Strawn et al., 2010). Uno studio ha evidenziato una serie di disturbi psichiatrici, come i Disturbi dell’Umore, il Disturbo di Personalità Antisociale, l’Agorafobia e le Fobie specifiche come possibili fattori predisponenti per lo sviluppo del PTSD (Mellman, Randolph, Brawman-Mintzer, Flores, & Milanes, 1992). La pregressa comorbidità psichiatrica, oltre a costituire un importante fattore predittivo per l’insorgenza del PTSD, sembra anche influenzarne negativamente la prognosi. Nello specifico, i disturbi dello spettro panico/agorafobico hanno una stretta correlazione con il PTSD, con un andamento tendenzialmente cronico e non responsivo alla terapia (Breslau, Davis, Andreski, & Peterson, 1991; McFarlane & Papay, 1992; Zlotnick et al., 1999). Anche i tratti di personalità, in particolare le forme di evitamento, antisociali e borderline, sembrerebbero avere un ruolo significativo nello sviluppo delle caratteristiche 27 del PTSD, per esempio il dominio dell’evitamento sembra essere condizionato in particolare da una pregressa personalità antisociale o borderline (Dixon-Gordon, Gratz, & Tull, 2013; Schnurr, Friedman, & Rosenberg, 1993). Alcuni studiosi hanno ipotizzato, recentemente, che il Disturbo Borderline di Personalità (BPD) non sia altro che una forma cronica e complessa di PTSD (cPTSD) in quanto vi è una parziale sovrapposizione dei criteri diagnostici dei due disturbi (Chalavi et al., 2015; Cloitre, Garvert, Weiss, Carlson, & Bryant, 2014; Dell'Osso & Dalle Luche, 2016). Ritornando alla suddivisione temporale dei fattori di rischio, i fattori peri-traumatici, a differenza di quelli pre-traumatici, sembrano essere più strettamente correlati al trauma stesso, e più slegati dalla persona che ha subito il trauma. E’ stato provato, infatti, che alcuni eventi traumatici, di maggiore impatto, portino più frequentemente alla comparsa del disturbo, sebbene le caratteristiche cliniche del PTSD non siano particolarmente differenti in base al tipo di trauma considerato. Si è a lungo discusso circa la definizione di trauma. Secondo alcuni autori, gli eventi a basso impatto, “low magnitude events”, avrebbero un ruolo rilevante, anche considerando l’approccio secondo il modello di spettro; in quest’ottica, la suscettibilità e la vulnerabilità pregressa dell’individuo rappresentano gli aspetti più importanti nel determinare le conseguenze dell’evento traumatico sulla persona; altri autori invece, appoggiano una definizione di trauma più restrittiva, sostenuti dal riscontro epidemiologico che i traumi interpersonali più gravi (stupro, eventi bellici) oltre ad essere a maggior rischio di sviluppare PTSD, si associano anche a forme più severe dal punto di vista clinico, spesso con andamento cronico e una prognosi peggiore (Darves-Bornoz et al., 2008; Favaro, Tenconi, Colombo, & Santonastaso, 2006; Hien & Ruglass, 2009). E’ necessario considerare, anche, in quale misura, intesa come differente gravità, uno stesso evento traumatico colpisca diverse persone, oltre all’aspetto puramente “qualitativo”. E’ stato dimostrato che anche questa variabile rappresenti un importante fattore predittivo per lo sviluppo del PTSD. Un altro studio sul terremoto dell’Aquila, ad esempio, ha messo in evidenza una forte correlazione positiva tra la distanza dall’epicentro e la possibilità di sviluppare forme conclamate di PTSD (L. Dell'Osso et al., 2013). I fattori di rischio post-traumatici per lo sviluppo del Disturbo Post-Traumatico da Stress, comprendono sia i fattori ambientali, di ordine socio-demografico e parzialmente sovrapponibili ai fattori pre-traumatici visti in precedenza, che individuali. Questi ultimi 28 sono dati principalmente dai processi di coping, ovvero l’insieme delle strategie cognitive e comportamentali messe in atto per fronteggiare le situazioni stressanti. E’ stato dimostrato che esse influenzano non solo l’insorgenza del PTSD ma anche alcune delle sue complicanze successive, come il suicidio (Ghorbani, Dolatian, Shams, Alavi-Majd, & Tavakolian, 2014; Krause, Kaltman, Goodman, & Dutton, 2008; Stoppelbein, Greening, & Wells, 2013). Tutti questi fattori si mescolano tra loro risultando in una grossa variabilità interindividuale nell’andamento clinico del Disturbo Post-Traumatico da Stress. Negli individui esposti ad un evento traumatico si riscontra frequentemente, ma non sempre, un quadro sintomatologico caratterizzato da sintomi dissociativi, alterazioni psicomotorie, comportamento disorganizzato e talvolta paranoia. Quando presenti, questi sintomi spesso si inseriscono in un contesto di Disturbo da Stress Acuto e di solito tendono a risolversi entro un mese. Qualora persistano invece, come accade in una percentuale variabile, ma significativa, di persone, portano allo sviluppo di un vero e proprio PTSD (Javidi & Yadollahie, 2012). Una volta presentatosi, l’andamento clinico del PTSD è variabile: nella maggior parte dei casi tende dal avere un decorso fluttuante nel medio/lungo termine più o meno evidente, con periodi di remissione intervallati da riesacerbazioni; raramente regredisce dopo un periodo più o meno lungo e, meno frequentemente, assume un andamento ingravescente che si associa ad un grave disfunzionamento nel lungo termine con un importante impatto sulla qualità della vita e con un più alto rischio suicidario (L. Dell'osso, Carmassi, Rucci, Ciapparelli, et al., 2009; Marshall et al., 2001). Un grosso studio è stato portato a termine recentemente, in cui è stata stimata la prevalenza ed esaminate le correlazioni sociodemografiche di un’ampia gamma di eventi traumatici in un campione combinato di 68894 persone distribuiti in 6 continenti e appartenenti a 24 paesi diversi, cercando di individuare i fattori predittivi di esposizione ad un evento traumatico, ad esempio un precedente episodio traumatico, che possano orientare a degli interventi preventivi (Benjet et al., 2016). Quello che è emerso è che: oltre il 70 % degli intervistati ha riferito almeno un evento traumatico, quattro o più nel 30,5 % del campione ; cinque eventi traumatici (essere testimoni di una morte, morte improvvisa di una persona cara, essere aggrediti, fare un grave incidente d’auto ed essere colpiti da una malattia grave) hanno rappresentato oltre la metà di tutti quelli riferiti; l’esposizione varia in base al paese, alle caratteristiche sociodemografiche e a una storia di precedenti eventi traumatici, che 29 rappresenta un rilevante fattore di rischio per una successiva esposizione, in linea con studi precedenti (Sledjeski, Speisman, & Dierker, 2008), sebbene questa associazione dipenda dal tipo di evento traumatico subito. In particolare è emerso che una storia di violenza interpersonale rappresenti una fattore di rischio per episodi successivi di aggressione fisica e sessuale, confermando alcuni studi precedenti sull’essere vittime di molteplici episodi di questo tipo (Rich, Gidycz, Warkentin, Loh, & Weiland, 2005; Testa, VanZile-Tamsen, & Livingston, 2007). Ci sono diverse ipotesi interessanti per spiegare questa associazione. Da un lato, le conseguenze psicologiche di subire una violenza possono incrementare la vulnerabilità a futuri eventi traumatici. Per esempio è stato suggerito che gli autori di questi gesti prendano di mira proprio chi è psicologicamente “fragile”, vale a dire chi ha una bassa autostima, è socialmente isolato o si sente impotente (Grauerholz, 2000). Ci sono anche delle prove dimostranti che una sorta di “paralisi psicologica” e comportamenti rischiosi in soggetti che hanno subito abusi sessuali, possano contribuire al rischio di subire nuovamente un evento di questo tipo, a causa di una diminuita capacità di essere risoluti nel rifiutare proposte sessuali (Ullman, Najdowski, & Filipas, 2009). Dall’altro lato, alcune caratteristiche individuali, quali l’impulsività o comportamenti rischiosi come l’abuso di alcolici, possono più facilmente aumentare il rischio di multipli eventi traumatici come incidenti, ferite o relazioni violente (Bogstrand, Gjerde, Normann, Rossow, & Ekeberg, 2012; Foran & O'Leary, 2008; Vingilis & Wilk, 2007). Analogamente, fattori ambientali, come vivere in un quartiere pericoloso, aumenta il rischio di essere aggredito o violentato, oppure le zone di guerra rendono più probabili eventi traumatici come vedere dei corpi morti, essere testimoni di atrocità e perdere persone care. Inoltre per quanto riguarda i fattori sociodemografici, diversamente da uno studio precedente (Hatch & Dohrenwend, 2007) che aveva riportato una più frequente esposizioni ad eventi traumatici in gruppi economicamente e culturalmente svantaggiati, è emerso che un’associazione tra il livello di educazione e l’esposizione varia in base al tipo di evento traumatico. Per esempio i soggetti con un più basso livello culturale hanno un maggior rischio di causare o essere testimoni di ferite e violenza personale, forse per la loro maggiore attitudine a far parte del servizio militare, incidenti e sfortuni, rispetto ad altri nello stesso paese, ma meno esposti ad esempio ad episodi di violenza collettiva. Il risultato più consistente e meno sfumato che è emerso da questo grosso studio è che essere sposati, escludendo una situazione di convivenza in una relazione simil-matrimoniale, rappresenti un fattore protettivo contro i potenziali eventi 30 traumatici. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che le persone sposate passano meno tempo fuori casa e in ore tardive, non accompagnati, e in situazioni potenzialmente pericolose (ad esempio feste, bar) rispetto a quelli non sposati. Per quanto riguarda la violenza sessuale, un dato interessate mostrato da questo studio è che i differenti tassi di prevalenza riscontrati tra i vari paesi sono dovuti a una combinazione di fattori culturali che riguardano la predisposizione individuale al rivelare determinati episodi, e ad etichettare queste esperienze come “stupro” o “contatto sessuale inappropriato/indesiderato” a causa delle differenze nella percezione dell’autonomia sul proprio corpo e nel diritto di negare avances sessuali. Coerentemente con quanto detto, i risultati hanno mostrato che la violenza sessuale è riferita più spesso in Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti, in linea con due recenti pubblicazioni (Abrahams et al., 2014; Stoltenborgh, van Ijzendoorn, Euser, & Bakermans-Kranenburg, 2011). Poiché la violenza interpersonale, riguardante soprattutto eventi vissuti durante l’infanzia, sembra avere la più forte correlazione con una successiva esperienza traumatica, gli autori dello studio concludono che interventi preventivi precoci, basati su un approccio familiare, potrebbero essere utili per prevenire una nuova esposizione ad un evento traumatico, anche se sarebbero necessari ulteriori studi per comprendere meglio i meccanismi sottostanti. 2.2.2 Evoluzione dei criteri diagnostici: dal DSM-IV al DSM-5 Con la pubblicazione del DSM-III è stato definito, per la prima volta, il disturbo PostTraumatico da Stress (APA 1980), nonostante descrizioni di quadri psicopatologici, con caratteristiche molto simili a quelle dell’attuale PTSD, erano già state riferite a soldati della Prima e Seconda Guerra Mondiale. In particolare, a seguito della guerra del Vietnam la prevalenza delle sindromi post-traumatiche da stress, inizialmente denominate “Sindromi Post-Vietnam” iniziò ad emergere con ampie proporzioni, portandosi all’attenzione della comunità scientifica, fino alla sua definizione con l’avvento del DSM-III (Figley, 1978). La diagnosi di PTSD nel DSM-III si fondava sul Criterio A (l’evento stressante è riconoscibile come una causa che “evocherebbe significativi sintomi di malessere in quasi tutti gli individui”). Gli episodi traumatici devono essere riconoscibili come qualcosa che vada “al di fuori della normale esperienza di un essere umano”, come la guerra o lo stupro. 31 Inoltre, deve esserci la positività per 12 sintomi, suddivisi in tre criteri sintomatologici: il Criterio B (sintomi di rievocazione), il Criterio C (sintomi di ottundimento affettivo) e il criterio D (miscellanea). Nella revisione del 1987 del DSM-III, è stato inserito il concetto di “reazione peri-traumatica”, intesa come uno condizione di forte paura, terrore o senso di impotenza, che il soggetto prova durante l’esposizione al trauma. Inoltre, si iniziò a considerare come potenzialmente traumatici anche i traumi subiti da persone care, di cui l’individuo stesso sia venuto a conoscenza (Friedman, Resick, Bryant, & Brewin, 2011). Con la pubblicazione del DSM-IV (APA 1994) si eliminò la necessità di “un evento stressante riconoscibile che evocherebbe significativi sintomi di malessere in quasi tutti gli individui” e si suddivise il criterio A in due componenti, una puramente oggettiva e l’altra soggettiva, denominate rispettivamente A1 (eventi traumatici) e A2 (reazione peritraumatica), strutturando meglio i concetti già enunciati nel DSM-III. Fino al 2013, i criteri diagnostici di riferimento rimasero quelli del DSM-IV-TR (APA 2000) che includeva, oltre ai criteri A1 e A2 del DSM-IV, altri 17 sintomi per la diagnosi di PTSD suddivisi in sintomi da rievocazione (criterio B), da evitamento o ottundimento affettivo (criterio C) e da incremento dell’arousal (criterio D). Nel 2013, con la pubblicazione del DSM-5 (APA 2013) il PTSD è passato dall’ampio capitolo dei disturbi d’ansia, in cui era inserito, ad un capitolo appositamente dedicato: “Trauma e disturbi Stress-correlati” (Friedman, Resick, Bryant, Strain, et al., 2011) e, inoltre sono stati modificati alcuni criteri diagnostici. Le differenze più rilevanti da evidenziare nel passaggio dal DSM-IV-TR al DSM-5 sono: la ridefinizione del criterio A, con l’eliminazione del criterio A2 (“sensazione di paura intensa, impotenza, orrore esperiti durante l’esperienza traumatica”), in quanto ritenuto di difficile valutazione, soprattutto a distanza di tempo, e l’introduzione del criterio A4 (“fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli crudi dell’ evento/i traumatici”); la ridefinizione degli eventi traumatici possibili, escludendo gli eventi “a basso impatto” e la suddivisione del criterio C del DSM-IV-TR nei criteri C (condotte di evitamento) e criterio D (alterazioni negative nella cognitività e nell’umore) del DSM-5. Inoltre, al nuovo criterio D sono stati aggiunti due nuovi item sintomatici: una senso di colpa persistente e distorto verso se stessi o altri (D3) e uno stato emotivo negativo pervasivo (D4). I comportamenti maladattativi o autodistruttivi sono stati 32 inclusi nel criterio E, corrispondente al precedente criterio D del DSM-IV (sintomi da aumento dell’arousal). Per quanto riguarda il criterio temporale (criterio F), viene meno la differenza tra PTSD Acuto e Cronico, ma per diagnosticare un Disturbo Post-Traumatico da Stress è necessario che i sintomi siano presenti per almeno un mese, altrimenti si parla di Disturbo da Stress Acuto. Nel complesso siamo di fronte a questo quadro: CRITERIO A: Una persona è stata esposta a uno o più eventi che hanno implicato morte o minaccia di morte, gravi lesioni, o violenza sessuale in uno o più dei seguenti modi: 1. L’evento è stato vissuto dalla persona; 2. La persona ha assistito all’evento che ha colpito qualcun altro; 3. La persona è venuta a conoscenza di un evento che ha colpito un parente stretto o un amico. Nel caso in cui l’evento sia rappresentato da morte o minaccia di morte, questo deve essere avvenuto in maniera violenta od accidentale; 4. La persona ha subito un’esposizione estrema o ripetuta a dettagli angoscianti di un evento (es., primo soccorritore che ha dovuto raccogliere resti umani; agente di polizia esposto ripetutamente a dettagli su abusi di minori). CRITERIO B: la persona presenta almeno uno dei seguenti sintomi intrusivi legati all’evento traumatico che compaiono successivamente all’esposizione all’evento stesso: 1. Ricordi spiacevoli, ricorrenti, involontari ed intrusivi dell’evento traumatico; 2. Sogni spiacevoli ricorrenti il cui contenuto e/o il significato sono correlati all’evento traumatico; 3. Reazioni dissociative (ad es. flashbacks) in cui la persona agisce o si sente come se l’evento traumatico si stesse ripresentando; 4. Malessere psicologico intenso e prolungato all’esposizione a stimoli interni o esterni che rappresentano o simboleggiano un qualche aspetto dell’evento traumatico; 5. Marcata reattività fisiologica all’esposizione a stimoli interni o esterni che rappresentano o simboleggiano un qualche aspetto dell’evento traumatico; 33 CRITERIO C: evitamento persistente degli stimoli associati all’evento traumatico, che compare a seguito dell’esposizione all’evento stesso, come dimostrato da almeno uno tra: 1. Evitamento di ricordi, sentimenti o sensazioni spiacevoli che riguardano o sono strettamente associati all’evento traumatico; 2. Evitamento di stimoli esterni (persone, luoghi, conversazioni, attività, oggetti, situazioni) che rievocano ricordi, sentimenti o sensazioni spiacevoli che riguardano o sono strettamente associati all’evento traumatico; CRITERIO D: alterazioni negative nella cognitività o nell’umore associate all’evento traumatico che compaiono o peggiorano a seguito dell’evento traumatico come evidenziato da almeno due tra: 1. Incapacità di ricordare un aspetto importante dell’evento traumatico (tipicamente amnesia dissociativa, e non determinata da altri fattori come traumi cranici, alcool o droghe); 2. Giudizi ed aspettative esageratamente negativi verso se stesso, gli altri o il mondo (ad esempio “sono una cattiva persona”, “non posso fidarmi di nessuno”, “il mondo è un posto pericoloso”, “il mio sistema nervoso è rovinato per sempre”); 3. Pensieri persistenti e distorti riguardo le cause o le conseguenze dell’evento traumatico che portano la persona a provare vergogna per se stesso o altri; 4. Stato emotivo negativo persistente (ad es. paura, orrore, rabbia, colpa o vergogna); 5. Marcata diminuzione dell’interesse o della partecipazione ad attività significative; 6. Sentimenti di distacco ed estraneità verso gli altri; 7. Incapacità persistente di sperimentare emozioni positive (ad es. incapacità di provare gioia, soddisfazione o sentimenti d’amore); CRITERIO E: alterazioni significative nell’arousal e nella reattività associate all’evento traumatico, che compaiono o peggiorano a seguito dell’evento stesso, come testimoniato da due o più dei seguenti: 34 1. Comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia, spontanee o a seguito di minime provocazioni, espresse tipicamente attraverso l’aggressione verbale o fisica verso cose o persone; 2. Comportamenti impulsivi od autodistruttivi; 3. Ipervigilanza; 4. Esagerate risposte di allarme; 5. Difficoltà di concentrazione; 6. Disturbi del sonno. CRITERIO F: i sintomi precedenti persistono per almeno un mese. CRITERIO G: i sintomi comportano un disagio significativo e/o interferiscono pesantemente con l’adattamento sociale, lavorativo o di altre importanti aree di funzionamento. Questa revisione del manuale di riferimento ha portato a tutta a una serie di effetti sull’epidemiologia del PTSD e sul suo inquadramento clinico e diagnostico. Riguardo tale argomento, una delle ricerche più interessanti, data la consistenza significativa del campione, è uno studio retrospettivo su un gruppo di 512 adolescenti sopravvissuti al terremoto dell’Aquila nel 2009 (Carmassi et al., 2013). E’ stata infatti confrontata la prevalenza del PTSD secondo i criteri diagnostici di entrambe le versioni del DSM e analizzato l’effetto dei nuovi item diagnostici D3, D4 ed E2, utilizzando come strumento di valutazione il Trauma and Loss Spectrum-Self Report, un questionario strutturato in 116 domande e concepito appositamente per inquadrare dal punto di vista diagnostico l’intero Spettro Post-Traumatico da Stress (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009). Il 37,5 % dell’intero campione rispondeva pienamente ai vecchi criteri diagnostici, mentre la prevalenza complessiva del disturbo è risultata essere del 39,84 % secondo i criteri del DSM-5, con una concordanza complessiva dell’87,11 % fra i due gruppi. In particolare, 39 persone (19,1%) che avevano soddisfatto i criteri più recenti, non soddisfacevano quelli del DSM-IV-TR e, più nello specifico, la maggioranza non rispondeva al criterio C della vecchia edizione. Invece, 27 soggetti (14%) fra le 192 persone che, in base al DSM-IV rientravano nel quadro di PTSD, non rispondevano ai criteri fissati dal DSM-5, in particolare non soddisfacevano il nuovo criterio C, che coincideva con le condotte di evitamento. Inoltre 7 (3,44%) e 151 (74%) individui inquadrati come PTSD erano positive agli item D3 o D4 rispettivamente, 35 invece quasi il 14% li soddisfaceva entrambi; più di 1/3 dei soggetti affetti da PTSD conclamato soddisfaceva l’item E2, riferito ai comportamenti impulsivi o autodistruttivi. Il 32,84 % dei positivi cioè 67 persone, rispondeva alla presenza di almeno uno dei 3 sintomi introdotti con l’ultima edizione del DSM-5, e pertanto poteva essere inquadrato come PTSD franco. 2.2.3 PTSD sottosoglia e lo Spettro Post-Traumatico da Stress Vari studi hanno evidenziato che, una gran parte di soggetti che ha subito un trauma, non soddisfi pienamente i criteri del DSM per la diagnosi di PTSD, nonostante sia comunque affetta da un profondo malessere soggettivo e compromissione significativa della sfera sociale e/o lavorativa (Hepp et al., 2006; Lai, Chang, Connor, Lee, & Davidson, 2004; Marshall et al., 2001). Proprio per questo è stato introdotto il concetto di PTSD parziale (partial PTSD) o sottosoglia (“subthreshold” o “subsyndromal”). Con le diverse edizioni del DSM, c’è stata una profonda evoluzione nel concetto di PTSD parziale. In accordo con i criteri del DSM-IV-TR, per diagnosticare il PTSD parziale era necessario soddisfare i criteri A e B e uno tra i criteri C e D, con la presenza di almeno un sintomo appartenente al criterio non soddisfatto, per altri autori, invece, bisognava soddisfare il criterio A e soltanto due su tre criteri sintomatologici. In base a quali criteri si utilizzavano, quindi, vi era una grossa variabilità nella prevalenza delle forme di PTSD parziale o sottosoglia (Breslau, Lucia, & Davis, 2004; Mylle & Maes, 2004). Lo studio World Mental Health Survey dell’Organizzazione mondale della sanità ha introdotto il concetto di PTSD sottosoglia, in base ai nuovi criteri diagnostici del DSM-5. In particolare, utilizzando un vastissimo campione di 24.000 persone sottoposte ad un evento traumatico, è stato ridefinito in modo più appropriato il PTSD sottosoglia: era necessaria la presenza di almeno un sintomo appartenente a tutti e 4 i domini B-E, oppure la presenza di 3 criteri positivi su 4 (ad esempio B, C e D), oppure la presenza di 2 criteri positivi su 4 (per esempio B e C) o, di 1 criterio positivo su 4 (ad esempio solo B) (McLaughlin et al., 2015). Inoltre è stato osservato che, in base al tipo di evento stressogeno subito, vi è una grossa variabilità nella prevalenza del PTSD e del PTSD sottosoglia; in particolare le forme sottosoglia si sviluppano più spesso in 36 seguito ad eventi che accadono ad una persona amata, mentre le forme di PTSD franco riguardano più spesso episodi di violenza personale (McLaughlin et al., 2015). Nonostante i risultati ottenuti da questo grosso studio, gli autori stessi affermano che sia necessaria una più precisa definizione diagnostica del PTSD sottosoglia, e propongono che il PTSD dovrebbe essere considerato in presenza, contemporaneamente, di 2 o 3 domini sintomatologici principali del DSM-5. L’Introduzione del concetto di Spettro, uno dei maggiori contributi della clinica universitaria pisana all’attività clinica e di ricerca in ambito psichiatrico, ha consentito, in parte, di superare queste problematiche. Presso la Clinica Psichiatrica dell’Università degli Studi di Pisa, in collaborazione con i ricercatori della Columbia University di New York (Shear MK, Endicott J) del Western Psychiatric Institute and Clinic dell'Università di Pittsburgh (Frank E, Kupfer DJ) e dell'Università della California S. Diego (Maser J), è stato proposto un nuovo modello di approccio al PTSD: lo Spettro Post-Traumatico da Stress (L. Dell'Osso, Carmassi, Massimetti, et al., 2011; L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009; L. Dell'osso et al., 2008). Il concetto di “Spettro” prevede che la sintomatologia, di qualunque tipo di disturbo psichiatrico, non debba necessariamente rispondere a una sorta di codice binario (assente/presente), come avviene nella maggior parte dei manuali diagnostici e statistici, ma possa invece collocarsi lungo un continuum di alterazioni psicopatologiche. Viene cioè espressa una continuità tra il disturbo psichiatrico conclamato e i tratti temperamentali e le modalità di comportamento, che collega le forme atipiche, attenuate e sottosoglia (talora espressione di tratti stabili di personalità) al disturbo conclamato previsto dal DSM (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009; L. Dell'osso et al., 2008; Moreau & Zisook, 2002). Secondo il modello di Spettro Post-Traumatico da Stress, il termine trauma si associa ad un’ampia gamma di eventi, che vanno da traumi estremi che comportano minaccia di morte propria o altrui, a episodi della vita meno gravi ma comunque per alcuni soggetti ugualmente traumatici, severi e disfunzionali, che necessitano di essere inquadrati dal punto di vista diagnostico ed, eventualmente, trattati terapeuticamente. Il termine “trauma”, quindi, può assumere diversi significati in base al tipo di evento, quando, come e chi colpisce (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009). Un campo molto importante in cui tale approccio trova impiego è, ad esempio, quello dei disturbi dell’umore (L. Dell'Osso et al., 2002). 37 Ma ancor di più tale modello si addice al PTSD, che non è stato ancora inquadrato nella sua complessità, a causa dei continui cambiamenti dei criteri diagnostici nel corso degli anni, soprattutto se consideriamo che il DSM-5 ha ampliato il criterio A includendo come episodio traumatico anche il solo venire a conoscenza di un evento (APA 2013). Molti autori sostengono che un fattore imprescindibile che caratterizza lo Spettro delle Sindromi Post-Traumatiche da Stress sia rappresentato dalla entità dell’episodio traumatico. L’esposizione diretta a conflitti militari rappresenterebbe, ad esempio, uno degli eventi traumatici più significativi per lo sviluppo di una forma grave di PTSD e con decorso cronico (Prigerson, Maciejewski, & Rosenheck, 2001; Solomon & Mikulincer, 2006). Recentemente però è stato evidenziato che si poteva sviluppare un quadro sintomatologico comparabile con quello del PTSD anche in seguito a traumi di minori entità, come ad esempio aborto, divorzio, rottura di relazioni sentimentali o di amicizie importanti, trasloco, cambiamenti e fallimenti ripetuti nella scuola o nel lavoro, gravi e frequenti discussioni in famiglia, molestie psicologiche, avances sessuali indesiderate, denunce o azioni disciplinari, arresto, furti in casa o scippi. Si è cercato di sottolineare, quindi, quanto sia importante l’impatto soggettivo di questi eventi, definiti “low magnitude”, sull’individuo (Avina & O'Donohue, 2002; Moreau & Zisook, 2002; Olde, van der Hart, Kleber, & van Son, 2006; Olff, Koeter, Van Haaften, Kersten, & Gersons, 2005; Zatzick, Russo, & Katon, 2003). Nonostante ciò, nel DSM-5 non sono stati inclusi gli eventi “a basso impatto” nella categoria di eventi che potevano potenzialmente far insorgere un PTSD. Tale struttura rigida, da una parte risultava adeguata a mantenere una maggiore omogeneità diagnostica globale, dall’altra poneva la necessità di utilizzare il modello di Spettro per una maggiore corrispondenza con la realtà quotidiana e con il confronto con i pazienti. Ecco che l’introduzione dello Spettro Post-Traumatico da Stress (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009; L. Dell'osso et al., 2008) come nuovo modo di approcciarsi al PTSD ha permesso in parte di risolvere queste problematiche. Per “Spettro” si indica un approccio multidimensionale al PTSD, costituito dalla natura degli eventi potenzialmente traumatici, inclusi gli eventi “low magnitude”, la reazione acuta o peri-traumatica e la dimensione dei sintomi post-traumatici, ponendo attenzione alle condizioni sottosoglia e ai tratti temperamentali e di personalità come fattori di rischio per lo sviluppo del disturbo. Per valutare lo Spettro Post-Traumatico è stato sviluppato, nell’ambito dello “Spectrum Project” e validato, dal Dipartimento di Psichiatria 38 dell’Università di Pisa, un questionario apposito: il Trauma and Loss Spectrum-Self Report (TALS-SR) (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009). Il questionario indaga lo stress post-traumatico, correlato con la suscettibilità agli eventi di perdita e traumatici che determinano l’insorgenza dei sintomi tipici, dissociativi, di rievocazione, di evitamento e comportamenti maladattativi a lungo termine. Esso studia anche la vulnerabilità al lutto e agli altri eventi di perdita (Dell’Osso e Dalle Luche 2015). Questo strumento, nonostante sia auto-somministrato, rispecchia un vero e proprio colloquio clinico in quanto la prima parte si riferisce ad esperienze e sentimenti comuni, per poi arrivare alle caratteristiche che costituiscono il core sintomatologico del disturbo (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009). Un aspetto innovativo del modello di Spettro sta nel fatto che i sintomi e i tratti inclusi nella valutazione possono verificarsi in modo isolato, invece che essere parte di una sindrome clinica temporanea. Come è già stato ampiamente discusso, alcune ricerche hanno mostrato che le caratteristiche dello Spettro sono associate a un notevole disfunzionamento e risposta tardiva al trattamento (Frank et al., 2002) e che i sintomi sottosoglia potrebbero predire l’insorgenza di disordini conclamati anche in pazienti non psichiatrici (L. Dell'Osso et al., 2007). 2.3. Fibromialgia e PTSD: quale rapporto? La fibromialgia è considerata una sindrome reumatologica, che ruota intorno alla sensazione somatica di dolore, mentre il PTSD nasce nel campo della clinica psichiatrica e sembrerebbe essere una risposta emozionale e psico-patologica a stimoli puramente ambientali. Nonostante sembrino due origini apparentemente disparate, è stata messa in evidenza una correlazione tra le due patologie, sia dal punto di vista epidemiologico che clinico e fisiopatologico (Ablin, Cohen, Neumann, Kaplan, & Buskila, 2008). Moltissimi studi hanno descritto una maggiore frequenza della fibromialgia tra i pazienti con PTSD, i quali presentavano un quadro sintomatologico più grave, con astenia, dolore, invalidità e una peggiore qualità di vita (Amir et al., 1997). In uno studio del 2002 (Cohen et al., 2002) è stata applicata una valutazione clinica strutturata di esposizione al trauma e PTSD a un gruppo di pazienti con fibromialgia, rilevando una notevole percentuale (il 57%) 39 di pazienti che abbracciava i criteri per il PTSD. Risultati analoghi erano stati riportati già in precedenza (Sherman et al., 2000). In un altro studio (Raphael, Natelson, Janal, & Nayak, 2002) è stato studiato lo sviluppo del PTSD tra gli abitanti di New York e del New Jersey esposti agli attacchi terroristici dell’11 settembre, ponendo attenzione alle donne che avevano riferito sintomi suggestivi di fibromialgia in un sondaggio telefonico condotto prima degli attacchi: le probabilità di sviluppare PTSD erano tre volte superiori in queste donne, dimostrando una relazione tra la fibromialgia e la reazione al trauma e allo stress. Tutti questi risultati sembrano indicare una chiara associazione tra PTSD e fibromialgia, sebbene quale delle due sia causa o conseguenza non è ancora chiaro (Sherman et al., 2000). Rimanendo su questo tema, questa patologia è spesso stata descritta come innescata da eventi traumatici, sia fisici che emotivi, portando all’evoluzione del concetto di “Fibromialgia posttraumatica” (Waylonis & Perkins, 1994; Wolfe, 1994). In particolare, alcuni studi hanno descritto sia la fibromialgia (McLean, Clauw, Abelson, & Liberzon, 2005; McLean, Williams, & Clauw, 2005) che il PTSD (Blanchard et al., 1996; Green, McFarlane, Hunter, & Griggs, 1993) come conseguenza di incidenti automobilistici Gli eventi traumatici sono stati fortemente associati all’insorgenza ed esacerbazione della malattia, nonché predisponenti a più alti livelli di disagio e disabilità funzionale tra i pazienti. In uno studio comparativo è stato mostrato che i pazienti con fibromialgia avevano un tasso di prevalenza lifetime significativamente più alto di tutti i tipi di eventi traumatici sia nell’età adulta che in quella giovanile, rispetto ai pazienti con Artrite Reumatoide (Walker et al., 1997). Esperienze di aggressione fisica nell’età adulta hanno mostrato una forte e specifica relazione con il dolore inspiegato. La gravità del trauma è stata correlata in modo significativo con il grado di disabilità fisica, problemi psichiatrici, andamento della malattia e qualità del sonno nei pazienti fibromialgici, ma non in quelli con Artrite Reumatoide. Uno studio (Bennett, 1993) ha messo in luce che i sintomi della fibromialgia, qualora si verifichino, siano in grado di svilupparsi fino a 18 mesi dall’evento traumatico. Uno studio più recente, invece, ha dimostrato che in circa il 66% dei soggetti l’evento traumatico e il PTSD erano precedenti all’insorgenza della sintomatologia della fibromialgia, nel 30% erano conseguenti e nel 4% erano concomitanti ad essa (Hauser et al., 2013). Inoltre, è stato dimostrato che episodi traumatici e/o fattori di stress durante il corso della vita predispongano i soggetti sia alla fibromialgia che a disturbi d’ansia e dell’umore. Infatti, nello studio del 2002 (Cohen et al., 2002) i pazienti con fibromialgia e PTSD soffrivano di 40 Disturbi di Ansia e Depressione in misura maggiore rispetto a quelli con fibromialgia ma senza PTSD. Tuttavia, è importante notare che questi ultimi comunque superavano i livelli di cut-off di ansia e depressione nelle scale utilizzate (HAM-D, The Hamilton Depression Rating Scale e HAM-A, The Hamilton Anxiety Rating Scale). Questo ha sollevato la questione se il dolore o la natura cronica della malattia e la disabilità che ne consegue producano una sorta di depressione “reattiva”, o viceversa. Non meno importante notare che il disagio psicologico nei pazienti con fibromialgia appare all’incirca nello stesso momento dei sintomi (Cohen et al., 2002). Ad oggi, l’ipotesi più accreditata afferma che l’esposizione ad un trauma costituisca l’elemento scatenante la sintomatologia nei soggetti predisposti geneticamente, in particolare eventi traumatici precoci possono influenzare i circuiti cerebrali di modulazione del dolore e delle emozioni determinando l’aumentata risposta al dolore e i sintomi concomitanti, riferiti dai pazienti con fibromialgia (L. A. Bradley, 2008; Crofford, 2007; Schweinhardt et al., 2008). In varie ricerche è stato osservato come alcuni aspetti nella fisiopatologia del PTSD si sovrappongano a quelli della fibromialgia, ad esempio bassi livelli di cortisolo urinario, indicativo di un adattamento dell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene a una condizione di stress cronico (Yehuda et al., 1990), con risultati simili a quelli ottenuti in pazienti fibromialgici (Crofford, 1998); una disfunzione serotoninergica (Davis, Suris, Lambert, Heimberg, & Petty, 1997) confermata dal fatto che gli antidepressivi, ad esempio gli inibitori del re-uptake della serotonina (SSRI), mostrano un beneficio clinico sia nel trattamento della fibromialgia (O'Malley et al., 2000) che del PTSD (Davidson, Weisler, Malik, & Connor, 1998). Inoltre è stata riscontrata un’elevata attività del sistema adrenergico in entrambi i disordini (Southwick et al., 2003; S. Wang et al., 1997) (Martinez-Lavin, 2004). Vi è anche una sovrapposizione della prevalenza del genere: la fibromialgia colpisce le donne più frequentemente degli uomini, con un tasso approssimativamente del 7% nelle donne tra i 70 e i 79 anni (Wolfe et al., 1990); il PTSD è anche più frequente nel sesso femminile, sviluppandosi nel 20% delle donne e nell’8% degli uomini esposti ad eventi traumatici (M. B. Stein, Walker, & Forde, 2000). Simili alterazioni neuroendocrine sono state coinvolte nella patogenesi della fibromialgia e del PTSD. Una perturbazione del sistema circadiano potrebbe contribuire alla loro eziologia. In particolare, una secrezione irregolare della melatonina, ormone pineale, nonché un importante fattore che sincronizza il sistema autonomo circadiano, potrebbe portare, sia a disturbi del sonno che a una sintomatologia 41 dolorosa diffusa (Dagan, 2002; Mayo et al., 2005). E’ stato riconosciuto che la melatonina abbia un’azione analgesica legandosi a recettori che aumentano il rilascio di β-endorfina (Dagan, 2002). La melatonina è strettamente influenzata dai neurotrasmettitori. La sua struttura chimica è simile a quella della serotonina, e diversi sistemi neuronali prendono parte alla sua regolazione, come l’acido γ-amminobutirrico, che è coinvolto nelle funzioni comportamentali. Non c’è da meravigliarsi, quindi, se la fibromialgia, il PTSD, gli antidepressivi, le benzodiazepine e i disturbi del sonno siano strettamente associati (AcunaCastroviejo, Escames, & Reiter, 2006; Citera et al., 2000; von Bahr et al., 2000). Integrazioni con melatonina hanno dato risultati incoraggianti, come alleviazione del dolore e miglioramento dei disturbi del sonno, nei pazienti fibromialgici (Citera et al., 2000). Queste alterazioni analoghe nei due disordini forse potrebbero suggerire un’origine comune, riflettendo differenti aspetti di comportamento adattativo e di somatizzazione in risposta a un evento traumatico. Una delle interpretazioni più recenti è che non si tratterebbe di una semplice comorbidità tra PTSD e fibromialgia, ma che esse rappresentino una differente espressione clinica in reazione ad un episodio traumatico. In parole più semplici, l’esperienza traumatica porterebbe, in alcuni individui (i pazienti fibromialgici) allo sviluppo di sintomi somatici, come il dolore fisico, e in altri (i pazienti con PTSD) a disturbi psichiatrici. Questa ipotesi avrebbe senso soprattutto considerando che i sintomi fisici sono più “accettati”, dal punto di vista socio-culturale, rispetto ai sintomi emotivi e mentali. Sotto quest’ottica, quindi, la fibromialgia rappresenterebbe una espressione fisica delle turbolenze psicologiche, cioè una forma somatizzata di PTSD (Cohen et al., 2002). Uno studio portato a termine dal Dipartimento di Psichiatria e il Dipartimento di Medicina Interna, Unità di Reumatologia dell’Università di Pisa, ha studiato l’impatto di eventi lifetime potenzialmente traumatici, inclusi eventi di perdita, e dei sintomi di stress posttraumatico sulla gravità della malattia e sulla qualità di vita “connessa alla salute” (healthrelated quality of life HRQoL) in pazienti con fibromialgia. I risultati mostrano una significativa correlazione tra l’impatto globale della fibromialgia sulla HRQoL, come misurato dal punteggio totale FiQ (Fibromialgya Impact Questionnaire), e il numero degli eventi traumatici che i pazienti potrebbero aver provato durante la loro vita, valutato dal TALS-SR (L. Dell'Osso, Carmassi, Consoli, et al., 2011). In particolare, correlazioni significative che vanno da “moderate” a “buone” sono state trovate tra i sintomi della reazione al dolore (TALS-SR Dominio II) e il punteggio della scala VAS (Visual Analogue 42 Scale) del FiQ e i punteggi del BP (Bodily Pain) e MCS (Mental Component Summary) appartenenti al MOS SF-36 (the Medical Outcomes Study Short Form-36). Per capire meglio, è necessario analizzare gli strumenti utilizzati: il FiQ è un breve strumento autosomministrato, progettato per valutare l’impatto complessivo della fibromialgia su molte dimensioni della HRQoL (funzionamento fisico, status lavorativo, depressione, disturbi d’ansia e del sonno, dolore, rigidità, affaticamento e benessere). Le dimensioni del dolore e della fatica sono misurate da una scala analogica visiva (VAS) in cui i pazienti riferiscono la gravità del dolore e della stanchezza con un punteggio che va da 0 (corrispondente ad “assenza”) a 10 (corrispondente a “molto grave”). Il MOS SF-36 è un questionario autosomministrato, utilizzato per valutare lo stato di salute generale e il HRQoL, che consiste di 36 items, 35 dei quali sono aggregati in 8 scale “multi-items”, tra cui anche la Bodily Pain (BP): l’insieme delle prime quattro scale rappresenta il punteggio della somma delle componenti fisiche (PCS) del MOS SF-36, mentre l’insieme delle ultime quattro rappresenta il punteggio della somma delle componenti mentali (MCS). Nello studio effettuato è stato considerato il punteggio MCS e PCS per indagare l’impatto globale sul HRQoL e la scala BP per valutare l’intensità del dolore e il suo impatto specifico sull’attività lavorativa. Poichè è emerso che l’item BP, ma non i punteggi della scala VAS del dolore, sono correlati con i domini I (eventi di perdita) e II (reazioni al dolore) del TALS-SR, sembrerebbe che gli eventi traumatici e la sintomatologia da stress post-traumatico influenzino non tanto il dolore riferito per sé, ma la compromissione funzionale relativa ai sintomi dolorosi della fibromialgia e, di conseguenza, al HRQoL globale. Correlazioni significative sono state trovate tra il numero di eventi potenzialmente traumatici (TALS-SR, Dominio III) e i punteggi del BP e del MCS. Questo dominio include non solo i traumi “maggiori”, ma anche i cosiddetti “low magnitude events” (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009; L. Dell'osso et al., 2008; A. L. Stein et al., 2005), il cui ruolo è stato recentemente valutato come potenziale nell’insorgenza dei sintomi da stress post- traumatico. Si è evinta, quindi, una correlazione tra l’esperienza di questi eventi e l’impatto sul HRQoL. Vale la pena notare le significative correlazioni tra quasi tutti i domini del TALS-SR e il punteggio MCS del MOS-SF 36, confermando l’influenza negativa dei sintomi da stress posttraumatico, anche se sottosoglia. In particolare, i sintomi dello stress post-traumatico sono legati a punteggi più bassi del MCS, che include diminuzione della vitalità e del funzionamento sociale secondari a problemi mentali ed emotivi. La significativa, sebbene 43 più debole, correlazione tra quasi tutti i domini del TALS-SR e la componente BP del MOS SF-36, conferma ulteriormente l’impatto di questi sintomi sull’attività lavorativa. Da quanto è emerso, si è concluso che l’interazione tra la gravità della malattia e un peggiore HRQoL colpisce soprattutto la componente relativa allo stato di salute mentale (L. Dell'Osso, Carmassi, Consoli, et al., 2011). 2.4 Spettro Autistico Sottosoglia: un approccio transdiagnostico Il concetto di Spettro, precedentemente citato per il PTSD, con la stesura del DSM-5 è stato recentemente ampliato anche ad un’altra condizione psicopatologica, definendo il Disturbo dello Spettro dell’Autismo (Autism Spectrum Disorder, ASD). Esso viene inserito nel capitolo dei disturbi del Neurosviluppo ed è definito come una condizione neurologica eterogenea e persistente caratterizzata da deficit della funzione comunicativa e da difficoltà nell’interazione sociale, oltre che da comportamenti stereotipati e interessi ristretti. Questa condizione, fino a pochi anni fa, era classificata come Sindrome di Asperger, e apparteneva al capitolo dei “Disturbi pervasivi dello sviluppo”, insieme all’Autismo Infantile e ai Disturbi pervasivi dello sviluppo non altrimenti specificati (APA,2000). Con il DSM-5 si è cercato di colmare il divario esistente tra le categorie diagnostiche riunendo questi sottotipi in un’unica categoria denominata “Disturbi dello Spettro Autistico” (ASDAutism Spectrum Disorder) (APA, 2013). I sintomi sono stati raggruppati in due categorie: deficit persistente della funzione comunicativa e difficoltà nell’interazione sociale, pattern di interessi, comportamenti e attività ristretti e ripetitivi (Lord & Bishop, 2015). I deficit di comunicazione possono essere sia verbali che non verbali, ad esempio anormalità nel linguaggio oculare e nel linguaggio del corpo, come anche deficit nella reciprocità socioemotiva attraverso una ridotta condivisione di interessi, emozioni, percezione mentale e reazione fino alla totale mancanza di iniziativa nell’interazione sociale. In questo pattern di comportamenti sono compresi anche i deficit nella creazione e mantenimento di relazioni appropriate al livello di sviluppo (non comprese quelle con i genitori e caregiver), che vanno da difficoltà nell’adattare il comportamento in diversi contesti sociali fino all’apparente mancanza di interesse per le persone. Gli interessi e le attività ristrette e ripetitive possono 44 manifestarsi sia come linguaggio, movimenti o uso di oggetti sterotipati e ripetitivi, sia come esagerata fedeltà alla routine, con eccessiva riluttanza ai cambiamenti. Su queste basi l’autismo di solito viene diagnosticato nell’infanzia, tuttavia i criteri diagnostici dell’ASD rimangono piuttosto generici e carenti nell’indagare le forme lievi dell’adulto, senza disabilità intellettive e del linguaggio, anzi in alcuni casi sviluppando eccellenti capacità in aree ristrette e raggiungendo alti livelli di funzionamento, i quali rimangono misconosciuti da un punto di vista diagnostico fino all’età adulta, o vengono erroneamente inquadrati come aventi un Disturbo di Personalità (ad esempio Borderline, Schizoide, Dipendente), oppure Schizofrenia o altri disturbi psicotici (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016). Per esempio questi soggetti arrivano all’attenzione clinica solo quando si manifestano altri disturbi psicopatologici, magari insorti a seguito di eventi precipitanti, quali la rottura improvvisa di una relazione, l’elaborazione di un lutto o altri cambiamenti significativi (Kamio et al., 2013). Questo è il caso di pazienti con ASD con una comorbidità di Disturbo Post Traumatico da Stress complex (cPTSD), che potrebbero essere inquadrati nell’ambito di un Disturbo di Personalità Borderline (King, 2010). Studi recenti hanno individuato, infatti, tratti autistici in molti pazienti affetti da vari disturbi mentali (psicosi, Disturbo Bipolare, Disturbo Post-Traumatico da Stress), arrivando a parlare di “autistic like traits” e “broader autistic spectrum” (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016; L. Dell'Osso et al., 2015; Kato et al., 2013; Storch et al., 2013), con cui si intendono i deficit empatici e delle capacità relazionali, della memoria verbale e del lavoro e del problem solving (Channon, Crawford, Orlowska, Parikh, & Thoma, 2014), oltre all’eccessiva attività ruminativa. Recentemente, presso l’Università di Pisa, è stato sviluppato lo Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto (AdAS Spectrum) (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016): utilizzando questo modello, oltre alle forme conclamate dell’infanzia, nell’inquadramento diagnostico dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto vengono incluse anche le forme atipiche o attenuate, i tratti comportamentali e le caratteristiche della personalità, soddisfacendo solo parzialmente i criteri sintomatologici dei Disturbi dello Spettro Autistico descritti nel DSM5. Questo quadro potrebbe da un lato compromettere il funzionamento globale e la qualità di vita, dall’altro potrebbe essere talmente sottosoglia da sfumare nella normalità, o potrebbe dimostrarsi persino adattativo nel raggiungimento di obiettivi particolari in precisi ambiti artistici, scientifici o letterari (Baron-Cohen, Richler, Bisarya, Gurunathan, & Wheelwright, 45 2003) inserendosi, quindi, in un continuum sintomatologico in termini di severità di compromissione. Da un punto di vista clinico viene ipotizzato che l’uso del modello di Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto aiuterebbe sia a rilevare soggetti ad alto rischio prima che essi sviluppino altri disturbi mentali, sia a identificare manifestazioni cliniche “colorate” se è presente uno Spettro dell’Autismo lieve e sottosoglia (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016). L’alta percentuale di comorbidità psichiatriche ha suggerito, infatti, che un’alterazione del neurosviluppo di matrice multifattoriale rappresenti un substrato comune di vulnerabilità per la maggior parte dei disturbi mentali e ha posto la necessità di individuare una “dimensione” di Spettro che comprenda una sintomatologia sottosoglia sottostante alle varie manifestazioni psicopatologiche, le quali condividono tra loro sintomi, fattori di rischio genetici e ambientali e verosimilmente anche substrati neurali (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016) assumendo un ruolo unificante tra le diverse categorie diagnostiche. In quest’ambito, la dimensione che sembra prestarsi meglio al ruolo di “spettro-matrice” sembra essere proprio quella dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto, costituendo una sorta di base fisiopatologica transdiagnostica sottostante ai vari disturbi mentali (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016). In questa prospettiva, alcune condizioni sottostanti la sintomatologia autistica (ad esempio fobie sociali, ritiro sociale, predisposizione alla ruminazione, perfezionismo ossessivo, rigidità, difficoltà di empatia, anedonia) costituirebbero una sorta di “core” autistico comune a molte patologie mentali, spiegando anche la frequente comorbidità tra queste e l’ASD (Chanachev & Berney, 2010; Chevallier, Grezes, Molesworth, Berthoz, & Happe, 2012; Del-Monte et al., 2013). Ad esempio, i processi ruminativi sono stati spesso associati al PTSD (Ben-Sasson et al., 2008; Foley Nicpon, Doobay, & Assouline, 2010), e la letteratura indica un’alta incidenza di traumi multipli in individui con ASD, tanto che alcuni autori hanno ipotizzato il ruolo del ASD come fattore di vulnerabilità nello sviluppo del PTSD dopo l’esposizione ad un trauma (King, 2010). Ritornando al concetto di neurosviluppo, molti studi hanno dimostrato che i sintomi di Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’ Adulto rappresentino alterazioni del funzionamento cerebrale nel rapporto tra meccanismi neurobiologici e manifestazioni psichiche elementari (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016). Secondo questa ipotesi, quindi, fattori genetici e ambientali agirebbero insieme nel determinare una “deviazione” dello sviluppo neurologico, in cui la differente età cronologica del soggetto, la gravità e il grado di sviluppo 46 determinerebbero un livello diverso di neuroatipie, alla base delle varie malattie psichiatriche, portando a quadri molto eterogenei per compromissione socio-lavorativa ed espressività clinica, ma mantenendo comunque uno stesso nucleo sintomatologico, espressione di un unico continuum (Doherty & Owen, 2014). E’ stato suggerito, in linea con queste teorie, che i disturbi mentali dovrebbero essere riformulati come patologie che interessano estesi circuiti cerebrali, piuttosto che singole e specifiche reti neurali, potendo essere definiti come “globoapatie” (Peled, 2013; Peled & Geva, 2014). In parole più semplici, possiamo desumere che un individuo, in base al proprio assetto cerebrale/neurobiologico ed al grado della neuroatipia, nasca con una serie di predisposizioni genetiche che da una parte ne esprimono l’individualità, e dall’altra, a seconda dei fattori ambientali a cui sono esposte, possono portare a quadri psicopatologici fenotipicamente differenti l’uno con l’altro (L. Dell'Osso et al., 2015). In linea con quanto detto, possiamo concludere che esiste uno “spettro-matrice autistico” sottosoglia, una condizione pre-esistente, che non assume un particolare significato clinicodiagnostico, né necessita un trattamento specifico, ma per le sue caratteristiche fisiopatologiche rappresenta un terreno fertile su cui si possono sviluppare altri disturbi psicopatologici complesse e difficili da trattare, come disturbi d’ansia, dell’umore, ossessivi, psicotici o post-traumatici, fino a pensieri e condotte suicidarie (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016). Per questo motivo, la sua individuazione precoce tramite specifici strumenti diagnostici potrebbe rendere più semplice il riconoscimento dei casi a rischio, il loro monitoraggio, e, se necessario, portare ad un intervento terapeutico tempestivo, oltre a contribuire enormemente alla ricerca riguardo la comprensione e il trattamento dei pazienti “difficili” (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016) che ad oggi hanno bisogno di procedure diagnostiche impegnative (Kamio et al., 2013; Takara & Kondo, 2014). Il riconoscimento precoce di questi soggetti assume un ruolo ancor più rilevante alla luce di alcuni studi che hanno mostrato come, i soggetti adulti con Disturbo dello Spettro Autistico hanno anche una prevalenza maggiore di ideazioni e tentativi suicidari (Croen et al., 2015). In uno studio, infatti, è stato osservato che più del 35% dei soggetti con Sindrome di Asperger ha riportato tentativi di suicidio e i soggetti che avevano riferito questi episodi mostravano una forma più grave di Spettro Autistico (Paquette-Smith, Weiss, & Lunsky, 2014). Anche un altro studio ha evidenziato che i tratti autistici atipici costituiscono un fattore di rischio potenziale per i tentativi di suicidi tra gli adulti depressi (Takara & Kondo, 2014). 47 Si era già accennato come le pregresse comorbidità psichiatriche potessero costituire un fattore di rischio per lo sviluppo di un Disturbo Post-Traumatico da Stress. A tal proposito, sarebbe opportuno valutare la relazione tra ASD e PTSD, un campo che in letteratura è rimasto abbastanza inesplorato. Alcuni studi hanno dimostrato che individui con disabilità intellettive abbiano maggiori probabilità di subire un trauma ed essere maggiormente esposti ai suoi effetti dirompenti (Mevissen & de Jongh, 2010). Nonostante la relazione tra ASD e disabilità intellettive sia stata a lungo oggetto di dibattito (E. A. Bradley, Summers, Wood, & Bryson, 2004), uno studio condotto sulla risposta adattativa, nel lungo termine, dei soggetti con Disordine dello Spettro Autistico in seguito al terremoto de L’Aquila del 2009, ha dimostrato che era significativamente più compromessa rispetto ai controlli con ASD che non erano stati esposti al trauma (Valenti et al., 2012). Pochi studi hanno valutato invece la frequenza di PTSD in individui con ASD, con risultati inferiori a quelli attesi (Hofvander et al., 2009) e, viceversa, mancano nella letteratura studi che abbiano indagato componenti ASD, magari sottosoglia, in pazienti affetti da PTSD. E’ stato ipotizzato che tra i disturbi “secondari” alla “matrice autistica” sia compreso anche il Disturbo Post-Traumatico da Stress, che secondo alcuni autori (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016) sembra sovrapporsi più frequentemente allo Spettro Autistico per una duplice ragione. Da un lato, infatti, i soggetti con ASD, a causa del loro assetto di base, sono maggiormente suscettibili nel corso della loro vita a subire eventi traumatici, come suggerito anche da King (King, 2010) il quale sottolinea che le loro difficoltà di espressione, di empatia e di comprensione di codici condivisi di comunicazione siano fattori “predisponenti” alla cronica esposizione di traumi; dall’altro lato, su questo substrato, un trauma può provocare con maggiore frequenza conseguenze più intense e più croniche per le difficoltà di elaborazione dell’evento stesso dovute al peculiare funzionamento cognitivo di questi soggetti (alterazione dei meccanismi dell’oblio, rimuginazioni, fenomeni dissociativi, distacco dalla realtà, ritiro e isolamento) (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016). In particolare sarebbero soggetti a una sorta di “micro-traumatismi” continui, e propensi a sviluppare una particolare forma di PTSD: il complex PTSD. Questo è un quadro sintomatologico più grave e persistente, che si sviluppa in seguito a traumi ripetuti e prolungati, ad esempio episodi di bullismo o ripetuti abusi sessuali, caratterizzato da una compromissione a lungo termine della regolazione delle emozioni e della percezione di sé, difficoltà nei rapporti con gli altri e sintomi dissociativi (Bryant, 2010; Cloitre, Garvert, 48 Brewin, Bryant, & Maercker, 2013; Maercker et al., 2013; Resick et al., 2012; Sar, 2011). Se protratti, questi sintomi portano a una instabilità delle relazioni interpersonali, labilità emotiva, percezione del sé instabile e comportamenti maladattativi, come l’abuso di sostanze (King, 2010). Si tratterebbe, quindi, di un quadro analogo al Disturbo Borderline di Personalità. Una teoria proposta da alcuni autori che giustificherebbe la bassa incidenza di PTSD in soggetti con ASD, afferma che l’alterata capacità degli individui con ASD di capire, interiorizzare e successivamente esprimere l’esperienza traumatica renda difficoltoso far emergere l’episodio traumatico, portando più facilmente ad una diagnosi di Disturbo Borderline di Personalità piuttosto che di Disturbo Post-Traumatico da Stress (L. Dell'Osso et al., 2015). Con il DSM-5 (APA 2013) sono state inserite le condotte disadattative tra i possibili sintomi del PTSD (Sar, 2011) portando ad una parziale sovrapposizione tra il PTSD, con la sua variante complex, e il Disturbo Borderline della Personalità (Cloitre et al., 2014). Inoltre, vale la pena notare che la connessione con i Disturbi dello Spettro Autistico viene confermata anche dal fatto che il DSM-5 ha tolto il PTSD dal capitolo dei Disturbi d’Ansia e lo ha inserito nel capitolo dei disturbi correlati allo stress e al trauma, dove sono inclusi anche i Disturbi dell’Adattamento. Molti studi hanno valutato che una significativa percentuale di Disturbi dello Spettro Autistico misconosciuti, inclusi Disturbi dell’Adattamento, siano presenti in soggetti con episodi depressivi o ricoverati per tentato suicidio (Kato et al., 2013; Takara & Kondo, 2014). Altri studi hanno mostrato che il PTSD predisponga allo sviluppo di un pensiero ruminativo, una sorta di pensiero circolare, inconcludente, continuo, sempre uguale e fine a se stesso (Ben-Sasson et al., 2008; Lecavalier, Gadow, Devincent, Houts, & Edwards, 2011). E’ stato valutato un possibile ruolo della ruminazione come elemento centrale dello Spettro Autistico, suggerendo che le ruminazioni innescate da difficoltà interpersonali, dai conflitti e dai traumi potrebbero rappresentare una dimensione transdiagnostica tra molti disturbi psichiatrici, tra cui il PTSD, aumentando il rischio di metter in atto comportamenti suicidari nel contesto di varie comorbidità psichiatriche (Kato et al., 2013; Storch et al., 2013; Takara & Kondo, 2014). Secondo questa ipotesi, lo Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto potrebbe predisporre allo sviluppo di disturbi stress-correlati proprio per la sua maggior tendenza alle ruminazioni (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016). Sulla base di questi risultati emergenti, sulla particolarità del ASD e sulla esiguità dei dati presenti in letteratura circa l’associazione tra PTSD e ASD, uno degli obiettivi del nostro 49 studio è quello di mettere in evidenza la presenza, nel campione di soggetti affetti da fibromialgia, di forme sottosoglia e/o misconosciute di ASD. Per questo scopo è stato somministrato un questionario appositamente costruito: l’Adult Autism Subtreshold Spectrum (AdAS Spectrum) (Dell’Osso et al, in press), uno strumento di autovalutazione composto da 160 items a risposta dicotomica che esplora la sintomatologia attribuibile allo Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto, inclusi i sintomi atipici, i tratti personologici e i quadri sottosoglia. Tale questionario, quindi, valuta la presenza/assenza di una vasta gamma di sintomi e manifestazioni associate con la diagnosi di ASD rintracciabili anche in soggetti che non soddisfano appieno i criteri diagnostici. 2.5 Obiettivi dello studio Obiettivo della presente tesi è di valutare la sintomatologia di Spettro Post-Traumatico da Stress, oltre alla diagnosi sintomatologica di PTSD sia in forma conclamata che parziale secondo i criteri del DSM-5, in un campione di pazienti fibromialgici in cura presso l’Unità di Reumatologia dell’A.O.U.P. Inoltre, obiettivo secondario di questa tesi è stato di esplorare la sintomatologia di Spettro Autistico Sottosoglia dell’Adulto nel campione preso in esame, e le possibili correlazioni di quest’ultima con la sintomatologia di Spettro Post-Traumatico da Stress. 50 3. MATERIALI E METODO 3.1 Selezione del campione La popolazione indagata è costituita da un totale di 61 pazienti, di cui 7 maschi e 54 femmine, di età compresa tra i 18 e i 77 anni, con diagnosi di fibromialgia in accordo con i criteri dell’American College of Rheumatology (ACR). Tutti i pazienti sono stati reclutati presso gli ambulatori dell’Unità di Reumatologia dell’A.O.U.P e valutati da psichiatri della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa. 3.2 Strumenti di valutazione Ognuno dei pazienti arruolati è stato intervistato mediante Structured Clinical Interview for Mental Disorders according to DSM-5 criteria (SCID-5), l’intervista clinica strutturata per la valutazione dei disturbi mentali di Asse I in accordo con i criteri diagnostici previsti dal DSM-5. L’intervista, disponibile nella versione inglese, è stata condotta da medici psichiatri con conoscenza ottima della lingua inglese e quindi bilingue (italiano-inglese), opportunamente addestrati della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa. Il protocollo generale di studio prevedeva inoltre la somministrazione dei seguenti strumenti: il Trauma and Loss Spectrum-Self Report (TALS-SR), l’Adult Autism Subthreshold Spectrum (AdAS Spectrum), il Mood Spectrum-Self Report (MOODS-SR), la 14-item Ritvo Autism and Asperger Diagnostic Scale (RAADS-14), The Autism Spectrum Quotient (AQ), The Ruminative Response Scale (RRS). In particolare: - Trauma and Loss Spectrum-Self Report (TALS-SR), versione lifetime (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009; L. Dell'osso et al., 2008), è un questionario di autovalutazione costituito da 116 domande a risposta dicotomica (SI/NO) che indaga i sintomi dello Spettro Post-Traumatico, riferiti a tutto l’arco 51 della vita, e gli eventi traumatici o lutti traumatici cui questi sintomi sono conseguiti. - Adult Autism Subthreshold Spectrum (AdAS Spectrum) (Dell’Osso et al., in press) è questionario composto da 160 items a risposta dicotomica (SI/NO), volto a esplorare l’intera gamma di sintomi attribuibili allo Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto, compresi i sintomi atipici, i tratti personologici e i quadri clinici sottosoglia. - Mood Spectrum-Self Report (MOODS-SR), versione lifetime (L. Dell'Osso et al., 2002), è un questionario validato per la valutazione dei sintomi dello Spettro dell’Umore Sottosoglia, che include 161 items a risposta dicotomica (SI/NO), per uno o più periodi durati almeno 3-5 giorni nell’arco della vita. Gli articoli sono organizzati in tre domini maniacali (umore maniacale, energia maniacale e sfera cognitiva maniacale), e tre depressivi (umore depressivo, energia depressiva e sfera cognitiva depressiva), oltre ad un dominio che indaga le alterazioni della ritmicità e delle funzioni vegetative. Il punteggio totale di ogni dominio corrisponde alla somma degli items la cui risposta è stata positiva. La somma dei punteggi dei tre domini maniacali costituisce la “componente maniacale” (62 articoli), mentre quella dei tre domini depressivi corrisponde alla “componente depressiva” (63 articoli). La componente maniacale individua specifiche caratteristiche maniacali, sia come sintomi isolati che come cluster sintomatologici tipici o atipici, tratti di personalità e stili di vita che possono rappresentare l’espressione di alterazioni del temperamento affettivo, presenti sia nelle forme conclamate che in quelle sottosoglia, dei disturbi dell’umore. Il dominio della ritmicità, invece, valuta la presenza di disregolazioni dei ritmi circadiani e delle funzioni vegetative, comprendendo variazioni nell’energia, nella sensazione di benessere fisico, efficienza mentale e fisica in base al clima e alla stagione, cambiamenti dell’appetito, del sonno e dell’attività sessuale. Questo questionario, sviluppato e validato nell’ambito dello Spectrum Project, a cui hanno aderito un gruppo internazionale di ricercatori e clinici, si propone, quindi, di valutare i sintomi centrali, tipici e atipici, ma anche subclinici e attenuati, appartenenti all’ampio spettro dei disturbi dell’umore. 52 - 14-item Ritvo Autism and Asperger Diagnostic Scale (RAADS-14), sviluppata da Eriksson et al. (Eriksson, Andersen, & Bejerot, 2013). E’ una versione più corta della scala diagnostica Ritvo per autismo e sindrome di Asperger rivisitata (RAADS-R) e fornisce un aiuto nell’identificare i pazienti che potrebbero avere un Disturbo dello Spettro Autistico non diagnosticato. - The Autism Spectrum Quotient (AQ): un nuovo strumento auto-somministrato che misura a che livello ogni singola persona adulta, con Quoziente Intellettivo normale, si collochi all’interno del continuum di disabilità socio-comunicativa autistica, quanto, cioè, ogni individuo presenti “tratti autistici”. L’AQ si compone di 50 domande, articolare in 5 domini, che valutano 5 diverse aree: 1) abilità sociali; 2) capacità di variare l’attenzione; 3) attenzione ai dettagli; 4) comunicazione; 5) capacità immaginative. Per ciascuna domanda sono previste 4 possibili risposte (totalmente d’accordo, parzialmente d’accordo, parzialmente in disaccordo, totalmente in disaccordo). I tratti autistici vengono considerati potenzialmente clinicamente significativi quando viene riportato un punteggio totale maggiore o uguale a 32 (Baron-Cohen, Wheelwright, Skinner, Martin, & Clubley, 2001). - The Ruminative Response Scale (RRS) (Nolen-Hoeksema & Morrow, 1991) è uno strumento di autovalutazione che indaga la tendenza alla ruminazione attraverso 22 domande articolate in due componenti, rimuginazione e riflessione, più una terza componente che indaga la ruminazione depressiva. Per ciascuna domanda sono previste quattro possibili risposte (mai, a volte, spesso, sempre) codificate secondo una scala likert 4, con punteggi totali che vanno da 22 a 66. Gli studi condotti mostrano che la scala è in grado di dare una misura affidabile della tendenza stabile alla ruminazione. Ai fini degli obiettivi della presente tesi sono stati indagati i questionari TALS-SR e AdAS Spectrum, per i quali è stata fornita una descrizione dettagliata nel capitolo seguente. I dati demografici e clinici sono stati raccolti attraverso una scheda specifica che comprende: stato civile, attività lavorativa, livello d’istruzione, tipo di famiglia, provenienza, disturbi del neuro-sviluppo, eventuali trattamenti psicofarmacologici in corso e/o pregressi. 53 Il reclutamento dei pazienti è avvenuto al momento della prima visita o della visita di controllo reumatologica. Il tempo necessario per la compilazione dei questionari e l’esecuzione dell’intervista clinica strutturata è stato di circa un’ora e trenta minuti. 3.2.1 Il TALS-SR Il TALS-SR è uno strumento sviluppato nell’ambito dello Spectrum Project, un progetto di collaborazione internazionale cui hanno aderito ricercatori italiani, dell’Università di Pisa, e statunitensi, appartenenti alla Columbia University di New York, al Western Psychiatric Institute and Clinic dell'Università di Pittsburgh e all'Università della California S. Diego (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009; L. Dell'osso et al., 2008). Il TALS-SR indaga la sintomatologia di Spettro Post-Traumatico da Stress che può svilupparsi nel corso della vita di un individuo in seguito all’esposizione a un’ampia gamma di eventi potenzialmente traumatici e di perdita. Il TALS-SR non è stato progettato per sostituire un’intervista clinica strutturata come la SCID, ma rappresenta uno strumento complementare al DSM per la diagnosi di PTSD. Esso, infatti, fornisce un più completo approccio dimensionale alla psicopatologia del paziente che considera clinicamente rilevanti non solo le manifestazioni del PTSD “al livello soglia”, ma anche quelle sottosoglia, i sintomi atipici, i tratti comportamentali e le caratteristiche temperamentali associati al trauma e agli eventi di perdita (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009). Il TALS-SR è strutturato in 116 items, raggruppati in 9 domini, che indagano lo Spettro PostTraumatico con un approccio multidimensionale. Esso esplora, infatti: la dimensione degli eventi potenzialmente traumatici e/o di perdita; la dimensione della reazione acuta peritraumatica; la dimensione dei sintomi post-traumatici da stress, compresi sintomi atipici, subclinici, così come di comportamenti e di caratteristiche individuali che potrebbero rappresentare manifestazioni e/o fattori di rischio per lo sviluppo di una sindrome stress correlata. Le risposte agli items sono codificate in modo dicotomico (SI/NO), e i punteggi di ogni dominio sono ottenuti sommando il numero delle risposte positive. I 9 domini includono quindi: eventi di perdita (I); reazioni agli eventi di perdita (II); eventi potenzialmente traumatici (III); reazioni a eventi di perdita o potenzialmente traumatici (IV); 54 rievocazione (V); evitamento e appiattimento emotivo (VI); comportamenti maladattativi (VII); iperarousal (VIII); caratteristiche personali/fattori di rischio (IX). In questa tesi sono stati esaminati tutti i domini del TALS-SR per esplorare i sintomi di Spettro Post-traumatico da Stress esperiti dai soggetti e, analogamente a quanto era già stato fatto in altri studi (L. Dell'Osso, Carmassi, Massimetti, et al., 2011; L. Dell'osso et al., 2012), è stata valutata la prevalenza del PTSD considerando le risposte positive ai sintomi TALSSR, secondo i criteri diagnostici DSM-5. 3.2.2 L’AdAS Spectrum L’Adult Autism Subthreshold Spectrum (AdAS Spectrum) è uno strumento di autovalutazione, recentemente validato (Dell'Osso, in press), nato da una collaborazione tra la Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa e l’Università di Napoli, Siena, Pavia, Brescia, Catania e Firenze e con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Tale questionario si propone di indagare, utilizzando 160 domande a risposta dicotomica (SI/NO), la sintomatologia dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto durante tutto il corso della vita, inclusi i sintomi atipici, i tratti personologici e i quadri sottosoglia che possono caratterizzare forme “attenuate” e parziali del disturbo. I 160 items sono strutturati in 7 domini che esplorano rispettivamente: 1) I sintomi presenti durante l’infanzia e adolescenza, caratteristici di bambini timidi, introversi, refrattari alle manifestazioni affettive, che mostrano precocemente difficoltà nell’integrazione sociale e spesso subiscono discriminazioni o atti di bullismo da parte dei compagni 2) La comunicazione verbale: anomalie nell’interazione verbale dovute a una particolare processazione del linguaggio 3) La comunicazione non verbale: aspetti comportamentali atipici e non convenzionali, alterazioni psicomotorie e tendenza all’isolamento 4) Empatia: deficit empatici cognitivi ed emotivi 5) Routinarietà e inflessibilità: comportamenti rigidi, stereotipati, manierismi e atteggiamenti artificiosi 55 6) Interessi ristretti e ruminazioni: caratteristiche cognitive che generano manifestazioni ripetitive e focalizzazione degli interessi in ambiti limitati 7) Ipo-o iperreattività agli stimoli: alterazioni del sensorio sia in senso di riduzione che di accentuazione. La recente validazione di questo strumento ha rappresentato l’approvazione, sul piano clinico, del concetto di Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto come matrice di vulnerabilità alla maggior parte dei disturbi mentali su base neuroevolutiva, costituendo una sorta di substrato fisiopatologico transdiagnostico ai vari disturbi mentali (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016) 3.3 Analisi Statistiche Per descrivere le caratteristiche cliniche e demografiche del campione abbiamo calcolato per le variabili quantitative la media e la Deviazione Standard (SD), per quelle categoriali abbiamo indicato le frequenze assolute e relative. Per il confronto dei punteggi medi dei singoli domini e del totale TALS-SR e AdAS Spectrum fra i sottogruppi contraddistinti dalla presenza di PTSD conclamato, PTSD parziale o assenza di esso, abbiamo utilizzato l’analisi della varianza (ANOVA), seguita dal t-test di Bonferroni per i confronti post-hoc a coppie. Per studiare le relazioni fra i punteggi dei domini TALS-SR e AdAS Spectrum su tutto il campione abbiamo calcolato i coefficenti di correlazione di Pearson. Per il confronto dei gruppi sulle variabili categoriali è stato utilizzato il test del Chi Quadrato, o di Fisher quando appropriato. 56 4.RISULTATI Il campione preso in esame in questa tesi è composto da 61 soggetti affetti da fibromialgia, di cui 7 (11,5 %) maschi e 54 (88,5 %) femmine (Tabella 1). L’età media del campione totale è 49,78 ± 12 anni. In particolare, l’età media dei soggetti di sesso femminile (n=54) è di 51,67 ± 10,76 anni, mentre quella dei soggetti di sesso maschile (n=7) è di 35,71± 12,05 anni, con una differenza statisticamente significativa (p=,001). Per quanto riguarda lo stato civile oltre il 50% dei soggetti sono coniugati (52,4%; n= 32), seguiti dai celibi o nubili, che costituiscono un quarto circa del campione, e la restante parte sono separati o vedovi. Il 36% del campione ha una licenza di scuola dell’obbligo, più del 50% ha un diploma di scuola media superiore e i restanti sono laureati. Per quanto riguarda il tipo di famiglia, la maggior parte dei pazienti vive in una famiglia coniugale o parentale (83,6%; n=46), mentre una minoranza del campione (10,5%; n=6) vive da sola. In sede anamnestica è stato riferito che circa il 10% ha avuto problemi nello sviluppo neurolinguistico e motorio, una percentuale analoga (10,3%, n=6) ha riferito problemi scolastici. Per quanto riguarda l’uso di farmaci è emerso che oltre i 2/3 del campione riportava un uso in atto o pregresso di antidepressivi (68,9% n=42), una percentuale di circa il 30% riferiva un uso di anticonvulsivanti o benzodiazepine, mentre i restanti circa 3% dei soggetti faceva uso di farmaci antipsicotici. Tutti i soggetti reclutati nello studio hanno compilato i questionari TALS-SR (n=61) e AdAS Spectrum (n=61). Andando a valutare la presenza di PTSD sintomatologico secondo i criteri diagnostici del DSM-5 è emersa una diagnosi del disturbo nel 18% (n=11) dei soggetti, inoltre il 34,4% (n=21) del totale soddisfa i criteri per il PTSD parziale. In particolare, 13 soggetti (21,3%) soddisfano i criteri per “partial a” (positività per tre domini sintomatologici), mentre 8 soggetti (13,1%) per “partial b” (positività per due domini sintomatologici). L’analisi dei singoli clusters sintomatologici del PTSD in accordo con il DSM-5 (Figura 1) ha permesso di riscontrare il soddisfacimento del criterio B (Rievocazione) in 35 soggetti (57,4%), del criterio C (Evitamento) in 26 soggetti (42,6%), del criterio D (Alterazioni negative della cognitività e dell’umore) in 19 soggetti (31,1%), e del criterio E (Alterazioni dell’arousal e della reattività) in 27 soggetti (44,3%). 57 Andando ad analizzare nel dettaglio il tipo di evento traumatico cui sono stati esposti i pazienti con PTSD (n=11) è emerso che per il 63,6 % dei soggetti (n=7) esso è rappresentato dalla morte di un caro amico o di un familiare, e per il 9,1% (n=1) dalla separazione da un caro amico, partner sentimentale o familiare. Un’analoga percentuale di soggetti ha riferito come evento traumatico l’esser stato trascurato o abbandonato, aver ricevuto abusi fisici o sessuali e aver vissuto un evento che ha seriamente minacciato il benessere, impiego, livello professionale, stato sociale o sicurezza economica (Figura 2). I punteggi medi (± SD) dei domini del TALS-SR sono stati confrontati tra il sottogruppo di soggetti che presentava il PTSD (n=11) e il sottogruppo con PTSD parziale (n=21) o senza PTSD (n=29), rilevando una certa eterogeneità tra questi tre gruppi, con differenze statisticamente significative nei punteggi medi di tutti i domini (Tabella 3). I pazienti fibromialgici con diagnosi di PTSD e di PTSD parziale hanno riportato un numero di eventi di perdita e di eventi potenzialmente traumatici significativamente superiore rispetto ai soggetti senza diagnosi di PTSD. Andando ad analizzare il tipo di eventi riportati ai domini I e III del TALS-SR, negli individui con diagnosi di PTSD (n=11), è emersa una proporzione rilevante di soggetti che riferiva uno o più eventi con oltre il 90% che riportava la morte di un caro amico o familiare, seguito dal 72% che riferiva la perdita o la morte di un animale domestico, e un 63% che ha vissuto la separazione di un caro amico, partner sentimentale o familiare, o un abbandono. Anche gli eventi potenzialmente traumatici riferiti sono stati generalmente più di uno, tra cui oltre il 72% (n=8) dei soggetti riferiva ripetute e gravi discussioni in famiglia, al pari di essere rimasti impressionati dal racconto di un evento disturbante, seguiti dal 63,6% (n=7) del campione, che riportava di aver vissuto una grave malattia, un importante intervento chirurgico o un’altra procedura medica stressante e dal 54,6% (n=6) che riferiva una storia di avances sessuali indesiderate o abusi fisici o sessuali (Figure 3 e 4). Per quanto riguarda il questionario AdAS Spectrum, è emerso un punteggio medio del totale del campione pari a 36,16 ± 19,44. Inoltre, confrontando i punteggi medi totali e dei singoli domini dell’AdAS Spectrum tra i soggetti con PTSD (n=11) e quelli con PTSD parziale (n=21) o senza PTSD (n=29), è emersa una forte eterogeneità tra i tre gruppi: vi era una 58 differenza statisticamente significativa nei punteggi medi di tutti i domini, tranne il dominio IV (Empatia), e nel punteggio totale dell’AdAS Spectrum tra i soggetti con PTSD e quelli senza PTSD. Inoltre, il sottogruppo con PTSD parziale mostrava punteggi significativamente maggiori nel dominio 3 (Comunicazione non verbale) e nel totale AdAS Spectrum rispetto ai soggetti senza PTSD (Tabella 4). Correlando i punteggi dei domini TALS-SR e AdAS Spectrum nel campione totale (n=61), sono emerse numerose correlazioni statisticamente significative (Tabella 5). In particolare, sono emerse correlazioni da moderate a buone (indicate in rosso in tabella) tra il dominio III del TALS-SR (Eventi potenzialmente traumatici) e il dominio III (Comunicazione non verbale), V (Routinarietà e inflessibilità), VI (Interessi ristretti e ruminazioni) e VII (Iperiporeattività agli stimoli) dell’AdAS Spectrum; tra il dominio IV del TALS-SR (Reazioni alla perdita o traumi) e il dominio III (Comunicazione non verbale), V (Routinarietà e inflessibilità) e VI (Interessi ristretti e ruminazioni) dell’AdAS Spectrum; tra il dominio V del TALS-SR (Rievocazione) e il dominio III (Comunicazione non verbale), V (Routinarietà e inflessibilità), VII (Iper-iporeattività) dell’AdAS Spectrum; tra il dominio VI del TALSSR (Evitamento e ottundimento delle emozioni) e il dominio I (Infanzia), III (Comunicazione non verbale), V (Routinarietà), VI (Interessi ristretti e ruminazioni), VII (Iper-iporeattività) dell’AdAS Spectrum; tra il dominio VII del TALS-SR (Comportamenti maladattativi) e il dominio I (Infanzia), III (Comunicazione non verbale), V (Routinarietà e inflessibilità), VII (Iper-iporeattività) dell’AdAS Spectrum; tra il dominio VIII del TALS-SR (Arousal) e il dominio III (Comunicazione non verbale), V (Routinarietà), VI (Interessi ristretti e ruminazioni) e VII (Iper-iporeattività) dell’AdAS Spectrum; tra il dominio IX (Caratteristiche di personalità/Fattori di rischio) del TALS-SR e il dominio III (Comunicazione non verbale) dell’AdAS Spectrum. E’ interessante sottolineare che è emersa una correlazione forte (r ≥ 0,60), indicata in grassetto nella tabella, tra il punteggio totale del TALS-SR e il dominio III (Comunicazione non verbale) del AdAS Spectrum. Infine, andando ad analizzare nel dettaglio gli items del dominio VII del TALS-SR (Comportamenti Disadattativi) sono emerse molte differenze statisticamente significative tra i pazienti con fibromialgia con e senza PTSD. In particolare, 3 pazienti (20,2%) riferiscono almeno un tentato suicidio (item 104 del TALS-SR), dei quali 2 (18,2%) con 59 diagnosi di PTSD e 1 (2%) senza; 4 soggetti (22,2%) riportano di aver avuto ideazione suicidaria nell’arco della vita in relazione all’esposizione all’evento traumatico (item 102 del TALS-SR), dei quali 2 con e 2 senza diagnosi di PTSD; 2 soggetti (18,2%) hanno intenzionalmente provato a farsi del male (item 103 del TALS-SR), entrambi con diagnosi di PTSD (Tabella 6). 60 5. DISCUSSIONE I risultati di questa tesi evidenziano tassi rilevanti di PTSD conclamato e parziale, diagnosticato per la prima volta nella letteratura in accordo con i criteri del DSM-5, in un campione di pazienti con diagnosi di fibromialgia. Inoltre, in questo studio è stata per la prima volta indagata, nello stesso campione, la sintomatologia dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto e i risultati evidenziano associazioni significative di quest’ultima con la sintomatologia di Spettro Post-traumatico da Stress. Il campione preso in esame in questa tesi, è costituito per la maggior parte da soggetti di sesso femminile, con un rapporto di circa 1:8, questo è in accordo con altri studi che dimostrano che la fibromialgia rappresenta una patologia prevalente nel sesso femminile (Buskila et al., 2001; Regal Ramos, 2016; Russell & Raphael, 2008; Yunus, 2002), accompagnandosi ad un peggiore quadro sintomatologico e ad una maggiore frequenza di comorbidità, come ad esempio la cefalea muscolo-tensiva, l’emicrania, la Sindrome dell’Intestino Irritabile, la Sindrome della Fatica Cronica e il Disordine Temporomandibolare.. E’ stato ipotizzato che queste differenze di genere siano dovute a un’interazione tra la biologia, la psicologia e fattori socio-culturali (Gran, 2003; Yunus, 2002), anche se ad oggi i meccanismi sottostanti non sono del tutto chiari. Analogamente, l’età media del campione si attesta intorno ai cinquant’anni, coerentemente con quanto riportato in studi precedenti (Regal Ramos, 2016). La prevalenza della fibromialgia, infatti, tende ad aumentare con l’età, raggiungendo un picco tra i 60 e i 70 anni, in cui può raggiungere il 7% della popolazione generale delle donne (Wolfe et al., 1995). I nostri risultati hanno evidenziato tassi di PTSD, diagnosticato secondo i criteri del DSM5, nei pazienti esaminati attorno al 18%, con un ulteriore 34,4% dei soggetti che presenta una forma parziale, definita come il soddisfacimento sia di 2 (partial b) che di 3 (partial a) criteri sintomatologici (McLaughlin et al., 2015). Studi precedenti, elaborati adottando i criteri del PTSD in accordo con il DSM-IV, in una popolazione di analoga età media, avevano riportato tassi di PTSD intorno al 45% (Hauser et al., 2013). E’ interessante osservare che, sebbene le nostre percentuali siano inferiori, andando a sommare anche le forme partial a e partial b, queste cifre diventano confrontabili. Crescenti evidenze in letteratura dimostrano la rilevanza clinica delle forma sottosoglia o parziali del PTSD, che 61 necessitano la stessa attenzione delle forme conclamate, in quanto si rivelano altrettanto invalidanti, accompagnandosi spesso ad un elevato grado di malessere soggettivo e ad una compromissione nel funzionamento sociale e/o lavorativo, come è stato riportato in precedenti studi (Breslau et al., 2004; L. Dell'Osso, Carmassi, Massimetti, et al., 2011; Lai et al., 2004; Mylle & Maes, 2004). McLaughlin, riprendendo la letteratura, che sottolineava l’importanza delle forme di PTSD parziale indagate secondo i criteri DSM-IV-TR, ha fornito il primo confronto globale delle diverse definizioni di PTSD sottosoglia individuate secondo i criteri sintomatologici del DSM-5, che di fatto portano il numero dei clusters sintomatologici dai precedenti 3 agli attuali 4. Questi autori hanno dimostrato che la percentuale di profili sottosoglia che richiedono due o tre criteri secondo il DSM-5 è più o meno paragonabile alla proporzione di soggetti che raggiunge la soglia per la diagnosi di PTSD (McLaughlin et al., 2015). In questo senso, inoltre, l’utilizzo di un modello di Spettro per indagare la sintomatologia post-traumatica, come quello fornito dal TALS-SR che abbiamo adottato in questo studio, ha concesso la possibilità di riconoscere e esplorare in modo più fine non solo le forme parziali ma anche gli aspetti sintomatologici sottosoglia più sfumati. Questo si evince infatti dai punteggi medi dei domini TALS-SR che, nel nostro studio, si sono dimostrati perfettamente confrontabili con studi precedenti, effettuati presso la stessa Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa, in pazienti con PTSD o meno, senza diagnosi di fibromialgia (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009). Per quanto riguarda la percentuale di soddisfacimento dei singoli cluster sintomatologici del DSM-5 analizzati nel nostro studio, è emerso che quello più rappresentato sia il cluster B (esplora i sintomi intrusivi e di rievocazione) in circa il 60% dei soggetti, seguito dal cluster A e C in circa il 40% dei casi. La rievocazione risulta spesso correlata con le alterazioni del pattern ipnico, tipico dei pazienti fibromialgici. A questo proposito i ricercatori della Clinica Psichiatrica di Pisa hanno ipotizzato, in uno studio molto recente, che i disturbi del sonno, a causa di una iperattivazione dello stress-system, incluso il sistema infiammatorio, giochino un ruolo centrale come dimensione transdiagnostica tra i disturbi d’ansia, dell’umore e la sintomatologia della fibromialgia, in particolare dolore e fatica (Palagini et al., 2016). Inoltre, l’utilizzo di questo approccio multidimensionale ha permesso di considerare anche la presenza degli eventi low magnitude come potenzialmente traumatici, esclusi dal DSM-5 in cui era stata mantenuta una impostazione più rigida. L’impatto di questi eventi di minore 62 entità è confermato anche dal nostro studio, in cui, tra i soggetti con PTSD, è emerso un numero significativo di positività ad eventi considerati potenzialmente traumatici, quali ad esempio ripetute e gravi discussioni in famiglia, una grave malattia, un importante evento chirurgico o una procedura medica stressante e aver ricevuto avances sessuali indesiderate, abusi fisici o sessuali. Analoghi risultati sono emersi dallo studio di validazione del TALSSR, effettuato dalla Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa, su un campione di pazienti con PTSD e senza PTSD (L. Dell'Osso, Carmassi, Rucci, Conversano, et al., 2009). Inoltre, confrontando questi due studi, i nostri risultati hanno evidenziato che i soggetti con fibromialgia hanno in media un numero maggiore di eventi potenzialmente traumatici e lutti, più frequenti rispetto ai controlli anche nel campione senza fibromialgia, riportando punteggi più alti nei Domini I e III del TALS-SR. Per quanto riguarda infatti la relazione tra fibromialgia ed eventi traumatici, ipotesi recenti suggeriscono che l’esposizione ad episodi traumatici costituisca un elemento scatenante la sintomatologia nei soggetti predisposti geneticamente. In particolare eventi traumatici precoci possono influenzare i circuiti cerebrali di modulazione del dolore e delle emozioni determinando l’aumentata risposta al dolore e i sintomi concomitanti, riferiti dai pazienti con fibromialgia (L. A. Bradley, 2008; Crofford, 2007; Schweinhardt et al., 2008). A questo proposito, sebbene con lo strumento di valutazione utilizzato in questo studio non abbiamo avuto la possibilità di valutare la relazione temporale tra l’esposizione degli eventi traumatici e lo scatenarsi della sintomatologia dolorosa nei pazienti fibromialgici, è emerso che i pazienti fibromialgici con PTSD e riportano un numero maggiore di eventi traumatici rispetto a quelli senza PTSD, dimostrando non solo la rilevanza dell’evento primario ma anche l’importanza del numero di traumi subiti. Uno studio recente, utilizzando un campione molto ampio di pazienti fibromialgici, ha dimostrato che in circa il 66% dei soggetti l’evento traumatico e il PTSD erano antecedenti all’insorgenza della sintomatologia, nel 30% erano seguenti e nel restante 4% erano concomitanti ad essa (Hauser et al., 2013). E’ interessante notare che per quanto riguarda il tipo di eventi traumatici riportati nel nostro studio dai pazienti fibromialgici con PTSD il più importante è stato la morte improvvisa di una persona cara (64%), seguito dalla separazione da un caro amico, partner sentimentale o familiare, da un sentimento di abbandono, da abusi fisici o sessuali e da un evento che ha seriamente minacciato il benessere, impego, livello professionale, stato sociale o sicurezza economica. Queste proporzioni riflettono quelle riportate in altri studi, tra cui uno condotto 63 dai ricercatori della Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa sui dati del World Mental Health Survey Initiatives in un campione epidemiologico rappresentativo della popolazione italiana adulta, (Carmassi et al., 2014), che indagano il tipo di evento traumatico in termine di prevalenza e rischio di sviluppare PTSD (Benjet et al., 2016; Breslau et al., 1998). Un’altra interpretazione interessante è che non si tratterebbe di una semplice comorbidità tra PTSD e fibromialgia, ma che esse rappresentino una differente espressione clinica in reazione ad un episodio traumatico. Questa ipotesi avrebbe senso soprattutto considerando che i sintomi fisici sono più “accettati”, dal punto di vista socio-culturale, rispetto ai sintomi emotivi e mentali. Sotto quest’ottica, quindi, la fibromialgia rappresenterebbe un’espressione fisica delle turbolenze psicologiche, cioè una forma somatizzata di PTSD (Cohen et al., 2002). Altro elemento presente nella letteratura è stata l’evidenza di spiccati comportamenti maladattativi a carico dei pazienti con PTSD (L. Dell'osso et al., 2012). Il nostro studio, infatti, in linea con la letteratura, ha dimostrato una differenza statisticamente significativa nella positività a quasi tutti gli items maladattativi tra il sottogruppo che aveva il PTSD e quello senza PTSD. Infatti, ben 4 soggetti (36,4%) tra gli 11 con PTSD hanno riferito ideazione suicidaria o almeno un tentativo di suicidio (items 102-104). A questo proposito il TALS-SR, in quanto strumento di autovalutazione, si è rivelato più sensibile dell’Intervista Clinica Strutturata, a causa della sua impostazione più rigida, nell’esplorare i comportamenti maladattativi, in quanto indaga uno spettro di sintomi più sfumati come la mancata compliance alla terapia e alle indicazioni mediche, la scarsa cura di sé e l’intraprendere comportamenti rischiosi. Andando ad analizzare l’AdAS Spectrum abbiamo riscontrato punteggi significativamente superiori in quasi tutti i domini nei soggetti con PTSD rispetto ai soggetti con PTSD parziale o senza PTSD. Valutando le correlazioni tra la sintomatologia di Spettro Post-Traumatico da Stress e quella di Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto, abbiamo riscontrato come il dominio dell’infanzia/adolescenza sia fortemente correlato con i comportamenti maladattativi; inoltre la comunicazione non verbale è risultata correlata in maniera statisticamente forte con gli eventi potenzialmente traumatici (dominio III), con la reazione agli eventi di perdita o traumatici (dominio IV), con la rievocazione (dominio V), con l’evitamento e ottundimento delle emozioni (dominio VI), con i comportamenti maladattativi (dominio VII), con l’arousal (dominio VII); il dominio della routinarietà, 64 invece, presenta una buona correlazione con gli eventi potenzialmente traumatizzanti (dominio III), reazione agli eventi di perdita (dominio IV), rievocazione (dominio V), evitamento e ottundimento delle emozioni (dominio VI), comportamenti disadattativi (dominio VII) e arousal (dominio VIII); gli interessi ristretti e ruminazioni correlano con gli eventi potenzialmente traumatici (dominio III), reazione agli eventi di perdita (dominio IV), evitamento e ottundimento delle emozioni (dominio V), arousal (dominio VII); l’iper/iporeattività agli stimoli invece correla in maniera significativa con la rievocazione (dominio V), evitamento e ottundimento delle emozioni (dominio VI), comportamenti disadattativi (dominio VII) e arousal (dominio VIII). L’Empatia non sembra differire tra i soggetti con PTSD e quelli senza. Interessante sottolineare che dallo studio è emersa una correlazione moderata tra il Dominio VI dell’AdAS Spectrum (interessi ristretti e ruminazioni) e il dominio V del TALS-SR (rievocazione). Questo potrebbe essere in linea con recenti ipotesi le quali hanno evidenziato che i pensieri ruminativi siano fortemente associati con il PTSD, e con alcune delle sue manifestazioni principali, come l’interruzione del sonno, suggerendo un possibile ruolo delle caratteristiche dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto in queste relazioni (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016; L. Dell'Osso et al., 2015). Tutti i risultati emersi in questa tesi, confermano l’ipotesi recentemente sviluppata da alcuni ricercatori (Dell'Osso & Dalle Luche, 2016; King, 2010), che la patologia di Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto potrebbe costituire una condizione pre-esistente in grado di determinare da un lato una maggiore suscettibilità all’esposizione ad eventi traumatici, dall’altro una maggiore vulnerabilità agli effetti più intensi e cronici del trauma stesso per le difficoltà di elaborazione dell’evento stesso dovute al peculiare funzionamento cognitivo di questi soggetti. Riguardo alla correlazione tra Autismo e fibromialgia attualmente esistono delle ipotesi che suggeriscono che il sistema oppioide, che ha un ruolo sia nella modulazione dell’intensità del dolore che nelle relazioni sociali, sarebbe ipoattivato nella fibromialgia e iperattivato nell’Autismo (Johnson et al., 2014). Tuttavia in merito a questo argomento sono necessari ulteriori studi. Diversi sono i limiti del nostro studio. Il primo è rappresentato dall’ampiezza del campione, che non ci permette di correlare TALS-SR e AdAS Spectrum non solo nel campione totale ma anche nei sottogruppi. Altro limite è rappresentato dal fatto che il TALS-SR è uno 65 strumento lifetime, e quindi non solo non permette di valutare la distanza temporale dal trauma ma non mi permette neanche di stimare la correlazione temporale tra l’evento traumatico e la sintomatologia fibromialgica. Un ulteriore limite dello studio è l’assenza della valutazione del funzionamento socio-lavorativo dei soggetti e della gravità della sintomatologia della fibromialgia, che non ha permesso di valutare l’impatto negativo del PTSD sull’outcome clinico della malattia, come invece molti altri studi hanno dimostrato (Ablin et al., 2008; L. Dell'Osso, Carmassi, Consoli, et al., 2011; Hauser et al., 2013; Sherman et al., 2000). Nonostante le limitazioni suddette, il nostro studio evidenzia un tasso rilevante di PTSD, diagnosticato per la prima volta in letteratura secondo i criteri del DSM-5 in un campione pazienti con diagnosi di fibromialgia, e riporta correlazioni significative tra la sintomatologia dello Spettro Sottosoglia dell’Autismo dell’Adulto e quella di Spettro Post-Traumatico da Stress. Sebbene siano necessari ulteriori studi, si evidenzia l’originalità di questi dati. 66 6.TABELLE E FIGURE Tabella 1: Caratteristiche demografiche e cliniche del campione totale (n=61) Media ± DS Età (anni) Totale (N=61) 49,78± 12,00 Femmine (N=52) 51,67±10,76 Maschi (N=7) 35,71±12,05 p ,001 N (%) Stato civile Attività lavorativa Celibi o nubili 15; 24,6% Coniugati 32; 52,4,% Separati o divorziati 11; 18% Vedovi 3; 4,9% Studenti 2; 3,3 % Disoccupati 6; 9,8% Casalinghe 15; 24,6% Occupati (operai, commercianti, artigiani, impegati, insegnanti, liberi professionisti) Livello di istruzione Tipo di famiglia Invio da parte di Disturbi nello sviluppo Uso di farmaci in atto e/o pregressi 33; 73,8 % Pensionati 5; 8,2% Licenza elementare 3; 4,9 % Licenza media 19; 31,1% Diploma scuola media superiore 31; 50,8 % Laureati 5; 8,2 % Specializzazione post-laurea 2: 3,3 % Famiglia parentale 16; 26,2 % Famiglia coniugale 35; 57,4% Soli 6; 9,8 % Medico curante 24; 39,3% Medico specialista 20: 32,8% Amico/familiare/conoscente 8; 13,1 % Spontanea 4; 6,6 % Linguistico 1; 1,6 % Motorio 5; 8,2% Antidepressivi 42; 68,9% Benzodiazepine 9; 14,8% Anticonvulsivanti 10; 16,4% Antipsicotici 2; 3,3% 67 Tabella 2: PTSD conclamato e parziale (a, b, a+b) e risposta ai criteri sintomatologici del PTSD del DSM-5 nel campione totale (n= 61). PTSD Partial a PTSD* Partial b PTSD** Partial (a+b) PTSD Cluster B Cluster C Cluster D Cluster E n (%) n (%) n (%) n (%) n (%) n (%) n (%) n (%) Totale 11 13 8 21 35 26 19 27 (n= 61) (18%) (21,3%) (13,1%) (34,4%) (57,4%) (42,6%) (31,1%) (44,3%) *Partial a = 3 criteri sintomatologici del DSM-5 soddisfatti; **Partial b = 2 criteri sintomatologici del DSM-5 soddisfatti Figura 1: Percentuale di soggetti che soddisfano i criteri per PTSD, PTSD parziale o singoli criteri sintomatologici del DSM-5 nel campione totale (n= 61). 60 50 40 30 20 10 0 PTSD (%) Partial a PTSD (%) Partial b Partial (a Cluster B Cluster C Cluster D Cluster E ( PTSD (%) +b) PTSD (%) (%) (%) %) (%) 68 Figura 2: Traumi riferiti dai pazienti fibromialgici con diagnosi di PTSD (n=11). 9% 9% (n=1) (n=1) 9% (n=1) 9% (n=1) 64% (n=7) Esser trascurato o abbandonato Separazione di un caro amico, partner sentimentale o familiare Morte di un caro amico o familiare Abusi fisici o sessuali Evento che ha minacciato il benessere, impiego, stato sociale 69 Tabella 3: Punteggi medi (±SD) dei singoli domini del TALS-SR nel campione totale (n=61) e confronto tra il sottogruppo con diagnosi di PTSD (n=11), con PTSD parziale (n=21) e quello senza PTSD (n=29). I. Eventi di perdita II. Reazione agli eventi di perdita III. Eventi potenzialmente traumatici IV. Reazione alla perdita o a eventi Totale PTSD PTSD parziale No PTSD F (2,58); Differenze significative (Media ± SD) (Media ± SD) (Media ±SD) (Media ±SD) p (p < .05) 4,08±1,97 4,45±1,43 4,85±1,45 3,37±2,25 4,01; .023 NoPTSD<PTSDparz 8,62±5,84 13,90±6,45 10,14±5,78 5,51±3,42 13,02; .000 NoPTSD<PTSDparz, NoPTSD<PTSD 3,29±2,92 5,45±3,50 4,33 ± 2,95 1,72±1,60 11,42; .000 NoPTSD<PTSD 5,19±4,45 9,81±3,37 7,38±3,63 1,86±2,34 35,84; .000 VI. Evitamento e ottundimento delle 2,40±2,26 4,63±1,80 3,76±1,70 0,58±1,01 45,99; .000 VIII. Arousal IX. Caratteristiche di personalità/fattori NoPTSD<PTSDparz, NoPTSD<PTSD 2,32±2,80 7,00±2,09 2,71±1,58 0,27±0,70 98,03; .000 NoPTSD<PTSDparz< PTSD emozioni VII. Comportamenti disadattativi NoPTSD<PTSDparz, NoPTSD<PTSD potenzialmente traumatici V. Rievocazione NoPTSD<PTSDparz, 0,68±1,44 2,27±2,24 0,80±1,28 0,00±0,00 14,48; .000 NoPTSD<PTSD, PTSDparz<PTSD 1,70±1,88 4,09±0,94 2,61±1,56 0,13±0,35 71,60; .000 NoPTSD<PTSDparz< PTSD 1,47±1,32 2,45±1,50 1,76±0,99 0,89±1,20 7,66; .001 NoPTSD<PTSDparz, NoPTSD<PTSD di rischio 70 Figura 3: Risposte positive agli items del Dominio I (Eventi di perdita) del TALS-SR nel sottogruppo di soggetti con PTSD (n=11). 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 Figura 4: Risposte positive agli items del Dominio III (Eventi potenzialmente traumatici) del TALS-SR nel sottogruppo di pazienti fibromialgici con PTSD (n=11). 80 70 60 50 40 30 20 10 0 71 Tabella 4: Punteggi medi (± SD) totali e dei singoli domini dell’AdAS Spectrum nel campione totale (n=61) e confronto tra pazienti con PTSD (n=11), PTSD parziale (n=21) e no PTSD (n=29). Totale PTSD PTSD No PTSD F(2,58), parziale (Media I. (Media Differenze significative (Media (Media ±SD) ±SD) ±SD) ±SD) 3,86±3,16 6,00±3,66 4,23±3,72 2,79±1,91 p (p < .05) 4,87; NoPTSD<PTSD .011 Infanzia/adol escenza 4,11±2,55 II. 6,18±2,48 4,04±2,39 3,37±2,32 5,57; NoPTSD<PTSD .006 Comunicazio ne verbale 5,39±3,47 III. 8,45±3,17 6,28±3,14 3,58±2,74 Comunicazio ne 12,2; NoPTSD<PTSDp .000 arz, NoPTSD<PTSD non verbale 3,16±2,18 IV. 3,27±1,48 3,42±1,91 2,93±2,59 0,32; Nessuna .724 Empatia 10,37±6,42 V. 16,09±5,90 10,80±6,81 7,89±4,85 8,09; NoPTSD<PTSD .001 Routinarietà e inflessibilità 4,81±3,89 VI. 6,90±4,18 5,61±4,38 3,44±2,88 NoPTSD<PTSD .019 Interessi ristretti 4,24; e ruminazioni VII. 4,42±3,47 6,81±3,65 4,90±4,14 3,17±2,18 5,37; NoPTSD<PTSD .007 Iperiporeattività agli stimoli Totale 36,16±19,4 53,72±16,9 39,33±20,3 27,20±14,1 10,26; NoPTSD<PTSDp 4 8 3 3 .000 arz, NoPTSD<PTSD 72 Tabella 5: Correlazione tra i punteggi totali e dei singoli domini del TALS-SR e dell’AdAS Spectrum nel campione totale (n=61). TALS-SR Eventi Reazio Eventi Reazio Rievocaz Evitamento Comporta Aro Caratteri di ni agli potenz ni alla ione e menti usal stiche di perdit eventi ialmen perdit ottundiment maladattat personali a di te a o ivi tà/ AdAS perdit traum traum Spectrum a atici a r,p r,p r,p r,p r,p r,p r,p r,p r,p r,p Infanzia/adol ,116 ,211 ,333 ,340 ,340 ,472 ,542 ,368 ,178 ,411 escenza ,372 ,103 ,009 ,007 ,007 ,000 ,000 ,004 ,169 ,001 Comunicazio ,160 ,299 ,301 ,356 ,300 ,381 ,331 ,372 ,181 ,408 ne verbale ,218 ,019 ,018 ,005 ,019 ,002 ,009 ,003 ,163 ,001 Comunicazio ,184 ,358 ,555 ,516 ,550 ,584 ,516 ,594 ,440 ,620 ne ,155 ,005 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,190 -,089 ,156 -,048 ,040 ,005 ,090 ,089 ,082 ,032 ,143 ,495 ,229 ,714 ,759 ,971 ,488 ,495 ,529 ,805 Routinarietà ,063 ,383 ,493 ,447 ,449 ,492 ,525 ,546 ,309 ,551 e ,629 ,002 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,015 ,000 -,020 ,342 ,429 ,414 ,390 ,416 ,322 ,425 ,298 ,464 ,880 ,007 ,001 ,001 ,002 ,001 ,011 ,001 ,020 ,000 Iper- ,036 ,207 ,436 ,349 ,436 ,405 ,469 ,437 ,198 ,435 iporeattività ,783 ,109 ,000 ,002 ,000 ,001 ,000 ,000 ,126 ,000 ,118 ,360 ,537 ,490 ,502 ,550 ,556 ,569 ,338 ,588 ,367 ,004 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 ,008 ,000 non o delle emozioni Totale Fattori di rischio verbale Empatia inflessibilità Interessi ristretti e ruminazioni agli stimoli Totale Sono indicate in rosso le correlazioni da moderate a buone (r= 0.40-0.60), in verde le correlazioni da deboli a moderate (r=0.20-0.40) e in grassetto le correlazioni forti (r= 0.60-0.80) 73 Tabella 6: Risposte positive agli items del Dominio VII (Comportamenti maladattativi) del TALS-SR nel sottogruppo di soggetti con PTSD (n=11) e nel sottogruppo senza PTSD (n=50). Da quando si è verificato la perdita o l’evento, ha mai/si è No PTSD (N, %) PTSD (N, %) p 3, 6,0 % 9, 81,8% ,000 4, 8,0 % 4, 36,4% ,029 2, 4,0% 3, 27,3 % ,037 0, 0,00% 1, 9,1% ,180 5, 10,0% 2, 18,2% ,599 2, 4,0 % 2, 18,2% ,146 0, 0,00% 2, 18,2 % ,030 1, 2,0% 2, 18,2 % 0,81 mai: 97) Smesso di prendersi cura di se stesso/a 98) Smesso di assumere le medicine che le erano state prescritte o di eseguire le indicazioni mediche 99) Assunto alcool o droghe o medicinali da banco 100) Intrapreso comportamenti rischiosi 101) Desiderato di non essere sopravvissuto 102) Pensato di togliersi la vita 103) Intenzionalmente graffiato/a, tagliato/a, bruciato/a 104) Tentato il suicidio Sono indicate in grassetto le differenze statisticamente significative (p<.05) 74 Figura 5: Comorbidità psichiatriche in un sottogruppo (n=40) del campione in esame intervistato mediante la Structured Clinical Interview for Mental Disorder according to DSM-5 criteria (SCID-5). 100% 80% 60% 40% 20% 0% Disturbo Bipolare I e II (n=15) Percentuale 37,5% Disturbo Disturbo Disturbo da Disturbi del d'Ansia Fobia Sociale Ossessivo Panico sonno Generalizzat (n=4) Compulsivo (n=31) (n=13) o (n=25) (n=18) 77,5% 62,5% 32,5% 75 10% 45% Disturbo da Uso di Sostanze (n=7) 17,5% 7. APPENDICE TALS-SR VERSIONE LIFETIME Studio Iniziali/codice pz Data Le domande che seguono si riferiscono ad eventi di perdita ed esperienze che possono averla turbata ed esserLe accaduti in qualsiasi momento della vita, anche nel lontano passato. La preghiamo di rispondere alle domande, tenendo conto del fatto che non tutte si riferiscono a sintomi di una malattia, barrando “SI” o “NO”. Le prime domande sono riferite ad eventi di perdita che possono esserle accaduti. I DOMINIO: EVENTI DI PERDITA Le è mai capitata una delle seguenti cose? 1 Un cambiamento di abitazione, scuola, lavoro, delle persone che si prendevano cura di lei, etc. che non avrebbe voluto o No di cui si è pentito? Si 2 La separazione da un caro amico, partner sentimentale, o familiare a causa di un trasloco, di un’ospedalizzazione, del No servizio militare, o a causa di una discussione o di un disaccordo? Si 3 Una rottura del rapporto con un partner sentimentale o con No un caro amico, che le ha provocato dolore? Si 4 Un divorzio nella sua famiglia? No Si 5 La perdita o la morte di un animale domestico cui era No affezionato/a? Si 6 Di essere trascurato/a o abbandonato/a? No Si 7 La morte di un caro amico o di un familiare? No Si 8 Un aborto (spontaneo o volontario) o una morte alla nascita? No Si 9 Ha perso la vista, l'udito o è portatore di un grave handicap? No Si 10 Ha avuto nessun’altra importante perdita o abbandono di persone, luoghi o cose, di cui non le ho domandato? Quali? No Specificare: Si Se ha risposto “NO” a tutte le domande passi direttamente al Dominio III (Eventi Traumatici). 76 II DOMINIO: REAZIONI AGLI EVENTI DI PERDITA Da quando si sono verificate queste perdite, ha mai avuto un periodo in cui: 11 Aveva molta difficoltà nell'accettare la perdita? No Si 12 Rimpiangeva continuamente com’erano le cose prima che accadessero questi eventi? No Si 13 Rimpiangeva o cercava una persona cara o un luogo familiare in modo eccessivo e/o incontrollabile? No Si 14 Sognava spesso ad occhi aperti la persona o la cosa persa? No Si 15 Era tormentato/a dalla perdita più di quanto si aspettasse, o provava frequentemente una stretta al cuore? No Si 16 Si sentiva come se la sua vita non avesse più senso senza la persona o la cosa persa? No Si 17 Il dolore per il lutto interferiva con le sue capacità di azione? No Si 18 La sua famiglia o gli amici, le dicevano che era giunto il momento di superare quello che era successo? No Si Ha mai avuto un periodo di tempo in cui: 19 20 Sentiva un gran bisogno di evocare il ricordo della persona, luogo o cosa che aveva perso? Passava molto tempo con oggetti che le ricordavano la persona, il luogo o la cosa che aveva perso, come foto, album, diari, ricordi, etc.? No Si No Si 21 Si sentiva obbligato a visitare i luoghi che le ricordavano la persona, il luogo o la cosa persa? No Si 22 Aveva immagini ricorrenti e dolorose della persona, luogo, o cosa, che aveva perso? No Si 23 Era estremamente triste nel pensare quanto la persona, il luogo o la cosa fossero speciali? No Si 77 24 Evitava di recarsi al cimitero o nel posto dove la persona era morta o in qualunque altro luogo collegato alla morte? No Si 25 Non riusciva a ricordare le cose che più amava, ammirava, o che apprezzava della persona persa? No Si 26 Pensava di vedere, udire o parlare con la persona(e) persa(e)? No Si 27 Continuava a pensare che avrebbe potuto far qualcosa per impedire la separazione o la morte? No Si 28 Si rimproverava di aver o non aver fatto qualcosa che pensava avrebbe potuto aiutare la persona(e) persa(e)? No Si 29 Aveva l’impressione che se avesse smesso di soffrire per il lutto avrebbe perso la(e) persona(e) per sempre? No Si 30 Sentiva che in qualche modo sarebbe stato sbagliato se il suo dolore fosse stato meno intenso, quasi come se stesse tradendo la persona(e) persa(e)? No Si Le domande che seguono si riferiscono a come si sente adesso. Lei è il tipo di persona o qualcuno le ha detto che lei: 31 Ha piacere o prova soddisfazione nel prendersi cura delle persone? No Si 32 Sente il bisogno di avere sempre qualcuno di cui prendersi cura (o si sente perso/a o senza scopo se non c’è qualcuno di cui prendersi cura)? No Si 33 Ha difficoltà a chiedere aiuto? No Si 34 Tende a pensare che le persone a lei care saranno sempre presenti? No Si 35 Crea legami molto stretti con le persone e le cose? No Si 36 Ha la sensazione di non poter vivere senza le persone care? No Si 37 Si irrita o si turba molto quando perde le cose cui è affezionato? No Si 78 III DOMINIO: EVENTI POTENZIALMENTE TRUMATICI Le domande che seguono si riferiscono ad eventi che possono averla turbata o sconvolta Le è mai capitato uno qualsiasi dei seguenti eventi: 38 Ripetuti fallimenti a scuola o al lavoro? No Si 39 Ripetute e gravi discussioni nella sua famiglia? No Si 40 Di essere ripetutamente preso/a in giro o molestato/a? No Si 41 Essere picchiato/a o minacciato/a fisicamente? No Si 42 Ricevere “avances sessuali” indesiderate? No Si 43 Abusi fisici o sessuali? No Si 44 Stupro? No Si 45 Subire una denuncia o un’azione disciplinare? No Si 46 Essere arrestato/a o incriminato/a? No Si 47 Un evento che ha seriamente minacciato il suo benessere, impiego, livello professionale, stato sociale o sicurezza economica? No Si 48 Una grave malattia, un importante intervento chirurgico o un’ altra procedura medica stressante (epilessia del figlio/a) ? No Si 49 Un grave incidente o infortunio (per esempio, un incidente d’auto o aereo)? No Si 50 Una calamità (per esempio un uragano, un’alluvione, un incendio, un tornado, un terremoto, un’esplosione)? No Si 51 Essere minacciato da criminali o terroristi? No Si 52 Subire un crimine (per esempio essere derubato/a, assalito/a, rapinato/a)? No Si 53 Trovarsi in una zona di guerra? No Si 79 54 55 Essere imprigionato/a, rapito/a, torturato/a, o tenuto/a in ostaggio? Ci sono stati degli eventi che l'hanno turbata che le sono accaduti diversi da quelli elencati? Quali? Specificare: No Si No Si 56 E’ mai stato testimone di un evento disturbante (accaduto a qualcun altro), come quelli elencati (epilessia figlio/a)? No Si 57 E’ mai rimasto molto impressionato quando qualcuno le ha raccontato di aver subito uno di questi eventi disturbanti? No Si Ci sono periodi della sua vita, dopo l’eta’ di 5 an ni, di cui non No riesce a ricordare assolutamente niente? Se ha risposto “NO” a tutte le domande dalla 11 alla 58 passi direttamente al Dominio IX (Caratteristiche Personali) 58 Si IV DOMINIO: REAZIONI ALLA PERDITA O AGLI EVENTI POTENZIALMENTE TRAUMATICI Le domande che seguono si riferiscono ad alcune situazioni che può aver avuto nel corso della sua vita in relazione agli eventi di perdita o agli eventi traumatici fin qui elencati e che Le sono accaduti. Se ha sperimentato più eventi di perdita o eventi potenzialmente traumatici, La preghiamo di fare riferimento a quello che ritiene sia stato il peggiore o più grave per Lei nel rispondere alleseguenti domande e di trascrivere qui di seguito il numero della domanda (dei Domini I o III) corrispondente al trauma cui farà riferimento: IL TRAUMA PER ME PIU’ GRAVE CUI FARO’ RIFERIMENTO N EL RISPONDERE ALLE PROSSIME DOMANDE E’ QUELLO RIPORTATO ALLA DOMANDA N .___48-56_______ Questo evento o perdita l'ha fatta sentire estremamente: 59 Impaurito/a? No Si 60 Triste? No Si 61 Colpevole o pieno/a di vergogna? No Si 62 Amareggiato/a o arrabbiato/a? No Si 63 Senza speranza o impotente? No Si 64 Inorridito/a o disgustato/a? No Si 65 Fisicamente o emotivamente insensibile o paralizzato/a? No Si 80 Nel momento della perdita o dell'evento , ha mai avuto uno dei sintomi seguenti: 66 Batticuore, sudorazione, tremore? No Si 67 Mancanza di respiro o senso di soffocamento? No Si 68 Fastidio o dolore al petto? No Si 69 Nausea o dolore addominale? No Si 70 Sensazione di vertigini, instabilità, testa vuota o svenimento? No Si Nel momento della perdita o dell'evento , si è sentito… 71 Come se l'evento non fosse reale, o come fosse in un sogno o spettatore di quello che stava accadendo? No Si 72 Come se stesse facendo le cose automaticamente, senza pensarci? No Si No Si No Si No Si No Si 73 74 75 76 Come se la sua percezione del tempo cambiasse, cioè le cose sembrassero accadere al rallentatore? Confuso/a o insicuro/a su dove si stesse trovando o che ora fosse? Come se i colori, suoni, odori fossero stranamente intensi o insopportabili? Particolarmente vigile, con la mente lucida? V DOMINIO: RIEVOCAZIONE Da quando si è verificata la perdita o l'evento, le è mai capitato di: 77 78 79 80 Aver avuto brutti sogni o incubi ricorrenti che riguardavano la perdita o l’evento, di svegliarsi terrorizzato? Aver provato spiacevoli sentimenti, improvvisamente quando si trovava in prossimità di determinati luoghi, odori, suoni o persone? Aver sentito o ha agito come se gli eventi stessero accadendo di nuovo? Avere pensieri, sentimenti o immagini angoscianti collegate alla perdita o all'evento? No Si No Si No Si No Si 81 Sentirsi più angosciato/a in quei periodi dell’anno in cui la perdita o l'evento era accaduto? No Si 82 Si è mai accorto/a che gli altri evitavano di parlare della perdita o dell'evento perché ne rimaneva molto turbato/a? No Si 81 Pensando alla perdita o all'evento si è mai/ha mai: 83 Sentito turbato/a dall’emozione o provato un senso di vuoto alla bocca dello stomaco? No Si 84 Avuto altre sensazioni fisiche, come dolore, palpitazioni, sudorazione, mal di testa, etc.? No Si 85 Sentito/a in colpa, o ha provato sensazioni di vergogna o di rimprovero per quello che era successo? No Si VI DOMINIO: EVITAMENTO E OTTUNDIMENTO DELLE EMOZIONI Ha mai evitato: 86 Di pensare o di parlare della perdita o dell'evento? No Si 87 Particolari luoghi, persone, o situazioni sociali che le ricordavano la perdita o l'evento? No Si 88 Di leggere il giornale o di guardare certi programmi televisivi o film perché le ricordavano la perdita o l'evento? No Si 89 Attività o cose che scatenavano sentimenti di solitudine, pianto o altre emozioni spiacevoli legate alla perdita o all'evento? No Si Da quando si è verificata la perdita o l'evento, le è mai capitato di: 90 Rendersi conto di essere incapace di ricordare le cose collegate alla perdita o all'evento? No Si 91 Rendersi conto che certe attività o cose che in passato erano per lei importanti o interessanti erano diventate inutili, senza senso o futili? No Si 92 Sentirsi privo/a delle emozioni che era solito/a provare o come se i suoi sentimenti fossero attutiti? No Si 93 Sentirsi tagliato/a fuori o distaccato/a o come se fosse diverso/a dalle altre persone? No Si 94 Avere difficoltà a fidarsi delle persone, sia degli estranei, che delle persone della sua famiglia, o degli amici? No Si 95 Sentire che non sarebbe vissuto/a a lungo o che non avrebbe avuto una vita soddisfacente? No Si 96 Sentire che la sua vita era cambiata per sempre e che le cose non sarebbero più state le stesse? No Si 82 VII DOMINIO: COMPORTAMENTI DISADATTIVI Da quando si è verificata la perdita o l'evento, ha mai/si è mai: 97 Smesso di prendersi cura di se stesso/a, per esempio, non riposarsi a sufficienza, non mangiare adeguatamente? No Si 98 Smesso di assumere le medicine che le erano state prescritte o di seguire le indicazioni mediche, come presentarsi alle visite, effettuare esami diagnostici, o seguire una dieta? No Si 99 Assunto alcool o droghe o medicinali da banco per calmarsi o alleviare la sofferenza psicologica o fisica? No Si 100 Intrapreso comportamenti rischiosi, come guidare velocemente, avere attività sessuali promiscue, o frequentare luoghi pericolosi? No Si 101 Desiderato di non essere sopravissuto/a? No Si 102 Pensato di togliersi la vita? No Si 103 Intenzionalmente graffiato/a, tagliato/a, bruciato/a o fatto del male? No Si 104 Tentato il suicidio? No Si VIII DOMINIO: AROUSAL Da quando si è verificata la perdita o l'evento, ha mai/si è mai: 105 Avuto problemi di concentrazione o di attenzione, per esempio, nel seguire la trama di un programma televisivo o di un libro o a ricordare ciò che aveva letto? No Si 106 Sentito come se non si potesse rilassare o abbassare la guardia? No Si No Si No Si No Si 107 108 109 Trasalito/a facilmente al suono di rumori improvvisi o quando qualcuno la toccava, le parlava, o le si avvicinava inaspettatamente? Sentito/a più irritabile, ha avuto scoppi di rabbia o ira, o ha mai perso il controllo anche per cose di poco conto? Avuto più difficoltà rispetto a prima ad addormenta rsi o a dormire o ha avuto il bisogno di tenere una luce accesa per addormentarsi? 83 IX DOMINIO: CARATTERISTICHE DI PERSONALITA’/ FATTORI DI RISCHIO Le domande che seguono si riferiscono a come si sente adesso. Lei è il tipo di persona o qualcuno le ha detto che lei: 110 E’ estremamente sensibile allo stress e alla perdita? No Si 111 E’ provocatorio/a? No Si 112 Ha piacere di essere al centro dell’attenzione? No Si 113 Spesso segue l’istinto senza realmente pensare a cosa stia facendo? No Si 114 Di solito trova eccitante ciò che ad altri farebbe paura? No Si 115 Spesso si lancia in attività avventate o pericolose ? No Si 116 Dopo la perdita o l'evento che le è accaduto, pensa che la sua personalità sia cambiata? No Si 84 AdAS Spectrum (Dell’Osso et al., in press) 85 86 87 88 89 90 91 92 93 8.BIBLIOGRAFIA Aaron, L. A., & Buchwald, D. (2001). A review of the evidence for overlap among unexplained clinical conditions. 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