DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) è un quadro di forti sofferenze psicologiche che seguono eventi traumatici, catastrofici o violenti: lutti improvvisi, eventi naturali, incidenti stradali, abusi sessuali, atti di violenza subiti o di cui si è stati testimoni, attentati, azioni belliche, etc. Per la diagnosi di PTSD è necessario che i sintomi siano collegati a un evento critico, ma un'esperienza traumatica non genera regolarmente e necessariamente un disturbo post-traumatico: pur in caso di eventi traumatici, solitamente si hanno solo reazioni emotive connotate da dolore, ma non in grado di provocare un vero e proprio PTSD. Poiché veniva frequentemente riscontrato in reduci di combattimenti e situazioni di guerra fortemente drammatiche, è anche detto “nevrosi da guerra”. Il PTSD consiste nella possibile reazione ad un evento eccezionale e può essere affrontato in psicoterapia attraverso trattamenti di vario tipo. È importante ricordare che Il PTSD non colpisce le persone più "deboli" o "fragili", ma anche individui che fino a quel momento hanno mantenuto un certo equilibrio psicologico. Il PTSD può innescarsi a partire da poche settimane dopo l’evento (anche se un “disturbo acuto da stress” può prodursi anche dalle prime ore) e mantenersi per molto tempo; in altri casi, il disturbo si manifesta ad una certa distanza dall'evento, anche dopo diversi mesi (PTSD “ad attacco ritardato”). I pazienti con PTSD possono essere suddivisi in tre gruppi, a seconda del coinvolgimento che hanno avuto nell’evento traumatico: primari, quando lo hanno vissuto personalmente, secondari, se ne sono stati soltanto testimoni diretti o se sono parenti delle vittime primarie, e terziari (il personale di soccorso che è stato in contatto con vittime). I sintomi più frequenti del disturbo sono: Flashback: il ricordo dell'evento si ripete in modo in modo intrusivo. Numbing: stato di coscienza simile a stordimento e confusione. Evitamento: tendenza a evitare elementi che ricordino in qualche modo il trauma, Incubi: l'esperienza traumatica può essere rivissuta durante il sonno, in maniera vivida. Iperattivazione: ansia, tensione, aggressività, irritabilità e insonnia. In alcuni casi, la persona colpita può cercare "sollievo" con alcool, droghe e psicofarmaci, rischiando di aggravare il quadro. Spesso le persone affette da DPTS possono vivere sensi di colpa, detti anche “complessi di colpa del sopravvissuto”, legati all’evento o al modo in cui si sono comportate (ad esempio, per il non aver saputo evitare il fatto o aiutare adeguatamente qualcun altro); questi pensieri, generalmente, sono irrazionali e non corrispondono al reale accaduto. Inoltre possono emergere anche episodi di depressione e/o ansia, oltre a difficoltà familiari, date dal coinvolgimento dei parenti nei sintomi del paziente. L’IPNOSI NEL TRATTAMENTO DEL DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS La psicoterapia ericksoniana può intervenire su questo quadro clinico su più fronti. In primo luogo interviene sul livello di ansia e sull’attivazione psicofisiologica, tramite rilassamento e tecniche immaginative; parallelamente, indaga su eventuali convinzioni disfunzionali che possono essere alla base del complesso di colpa; inoltre, può avvalersi dell’ipnosi per rievocare, seppure in modo graduale e attento, l’evento traumatico in modo da estrarne in modo completo e controllato l’attivazione e la carica emozionale il cui mantenimento è all’origine del disturbo. Inoltre, individua e corregge eventuali comportamenti che tendono a mantenere il quadro. Le tecniche ipnotiche possono essere facilmente integrate negli approcci cognitivi, psicodinamici, strategici, e ci sono buone ragioni per supporre un effetto sinergico (Kirsch, Capafons, Cardeña, & Amigó, 1999). Motivi più specifici per affermare che l’ipnosi può essere utile nel trattamento delle condizioni post-traumatiche (Cardeña, Maldonado, Van der Hart, & Spiegel, in stampa) sono le seguenti: I pazienti che presentano sintomi post-traumatici risultano più ipnotizzabili rispetto a soggetti normali e a soggetti con altre condizioni cliniche (Cardeña, 1996; Kluft, 1985; Spiegel, Hunt, & Dondershine, 1988; Stutman & Bliss 1985), e questo li rende particolarmente adatti al trattamento ipnotico. Oltre ai classici sintomi (flashback, iperattivazione, numbing ed evitamento) il PTSD coinvolge una serie di sintomi aggiuntivi, specialmente dissociazione, alterazioni del sonno e del sogno, dolore (Cardeña, 1996; Dancu et al., 1996; Hyer et al., 1993). Le procedure ipnotiche sono state tradizionalmente utilizzate per i sintomi classici del PTSD (ad esempio, l’uso del rilassamento per contrastare l’iperattivazione), ma anche per i sintomi dissociativi (Putnam & Loewenstein, 1993), per i sogni postraumatici (Eichelman, 1985) e per il dolore. Poiché i principali approcci terapeutici lavorano sul PTSD rielaborando emozionalmente le memorie traumatiche, e ciò può essere fonte di sofferenza per il paziente, tecniche che aiutano paziente e terapeuta a modulare l’impatto di queste esperienze sono di grande utilità; perciò la via più praticata ed efficace include il training al rilassamento, e l’ipnosi può essere efficacemente utilizzata in questa direzione, oltre a disporre di altre tecniche per l’elaborazione dei contenuti traumatici (Brown & Fromm, 1986; Cardeña et al., in stampa). Inoltre le tecniche ipnotiche, opportunamente usate, facilitano una rielaborazione integrata delle esperienze traumatiche: è abbastanza comune che vittime di traumi abbiano difficoltà a richiamare e integrare tutti gli aspetti dell’evento, particolarmente sotto il profilo emozionale (Spiegel & Cardeña, 1991); alterazioni della coscienza durante il trauma, come il restringimento del focus dell’attenzione, le alterazioni del senso del tempo e la depersonalizzazione, sono simili agli effetti della trance ipnotica e quindi, in base alla “dipendenza dallo stato” della memoria (secondo cui è più facile rievocare ricordi se ci si trova nello stesso stato di coscienza in cui si era al momento della codifica), la trance ipnotica è particolarmente efficace nel richiamare i ricordi traumatici, integrandoli, in sede terapeutica, in un quadro integrato e completo che ne permette la giusta elaborazione (Eich, 1995). Diversi studi indicano l’utilità dell’ipnosi per il PTSD su vittime di violenza sessuale e stupro (Benningfield, 1992; Ebert, 1988; Manning, 1996; Phillips, 1993), di incidenti automobilistici (Kingsbury, 1988; Leung, 1994), sui sopravvissuti ai campi di concentramento (Somer, 1994), e in caso di anestesia inefficace (Peebles, 1989). Altri studi indicano l’efficacia potenziale delle tecniche ipnotiche su pazienti con PTSD in gruppi culturali diversi (Dobkin de Nos & Friedmann, 1987; Krippner & Colodzin, 1989; Lee & Lu, 1989) e illustrano l’applicazione di tali tecniche sui bambini (Friedrich, 1991; Kluft, 1991; Rhue & Lym, 1991). Sherman (1998) ha messo in evidenza che l’effetto del trattamento ipnotico sul PTSD è particolarmente visibile dopo la conclusione della terapia ( follow-up), e ciò sembra indicarne un’efficacia a lungo termine.