Capitolo 14 - Le Radio di Sophie

N.d.C. - Radioricevitori
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Capitolo 14°
TIPI DI RADIORICEVITORI
Generalità
Nel Cap.2° abbiamo dato uno sguardo a due argomenti molto importanti: la rivelazione AM mediante diodo e la
traslazione di frequenza, il cui studio è stato ripreso ancora nel Cap.5°. Essi sono fondamentali per la realizzazione dei
ricevitori supereterodina.
Poiché su questo tipo di ricevitori esiste una letteratura più che abbondante a qualsiasi livello di approfondimento e
poiché tutti noi, più o meno addentro alle tecniche di ricezione, conosciamo il loro funzionamento, non diremo altro al
riguardo.
Trascuriamo pure di parlare dei ricevitori a cristallo, un po’ perché stiamo portando avanti un discorso solo sui tubi a
vuoto, ma anche perché su questo argomento vi è tanta letteratura a tutti i livelli a cui attingere, come per i ricevitori
supereterodina.
E’ interessante invece guardare indietro nel tempo ed osservare come erano fatti i ricevitori con tubi elettronici negli
anni pionieristici della radiotecnica e quali furono le soluzioni più importanti adottate per la ricezione.
Cenni sui ricevitori ad amplificazione diretta
Alla base della rivelazione di un segnale a modulazione d’ampiezza, vi è sempre un diodo o una funzione di diodo
che rappresenti un’espressione non lineare essenzialmente parabolica. La scarsa efficienza di questo sistema di
rivelazione, però, ha costretto i progettisti a far precedere lo stadio rivelatore da una serie di amplificatori in cascata per
aumentare adeguatamente il segnale, in modo che il diodo lavorasse il più possibile non sul tratto parabolico ma sul
tratto lineare della sua caratteristica. Sono nati così i ricevitori ad amplificazione diretta che hanno avuto il loro
momento di grande diffusione intorno alle prime decadi del secolo scorso. Questi ricevitori funzionavano bene ma
avevano alcuni inconvenienti insiti proprio nel loro modo di funzionare. Per aumentare la sensibilità del ricevitore in
modo da poter ricevere anche stazioni trasmittenti lontane, si era costretti ad aumentare esageratamente il numero degli
stadi amplificatori R.F. prima della rivelazione.
Fig.01
Ciò portava a difficoltà sia costruttive, con la realizzazione di condensatori variabili a tre, a quattro, a cinque sezioni
il più possibile uguali tra loro, sia tecniche, con la difficoltà della messa a punto di tre, quattro, cinque circuiti di
sintonia, su tutta la gamma di ricezione. Avevano, in compenso due pregi: non vi era il problema della frequenza
immagine e non vi era deriva di ricezione perché non vi era nessun oscillatore locale. Il ricevitore supereterodina ha,
purtroppo, queste caratteristiche negative che nascono proprio dal suo modo di funzionare. Comunque il difetto più
grave e più subdolo del sistema ad amplificazione diretta era il ritorno di segnale dagli stadi seguenti ai precedenti, che
prendeva le vie più disparate e impensabili e che portava all’innesco spontaneo di autooscillazioni, con il conseguente
annullamento della ricezione. Anche con schermature altamente sofisticate sulle vie del segnale e delle alimentazioni il
problema era irrisolto e ciò portava praticamente ad una limitazione nella possibilità di aumentare la sensibilità dei
ricevitori. In Fig.01 è mostrato come esempio lo schema a blocchi di un ricevitore ad amplificazione diretta con cinque
accordi. Sono state anche disegnate alcune delle tante vie di ritorno del segnale. (Si noti, solo per inciso, che un buon
ricevitore supereterodina con uno stadio R.F. e due stadi M.F. ha lo stesso cinque circuiti accordati senza nessun
pericolo di instabilità).
Tentativo di costruzione di un ricevitore ad amplificazione diretta
La curiosità, un po’ di tempo libero e la disponibilità di materiale sufficiente ci hanno dato la spinta alla ricostruzione
di un ricevitore ad amplificazione diretta, per osservare il suo funzionamento e magari notare “sul campo” quali sono i
suoi pregi e i suoi limiti. L’idea di fattibilità di questa ricostruzione è partita dal ritrovamento di un condensatore
variabile a tre sezioni e di alcune bobine di recupero (bobine per oscillatore locale) utilizzate molte decine di anni
addietro nelle costruzioni sperimentali in laboratori scolastici: questi componenti sono le parti essenziali per la nostra
realizzazione.
Abbiamo impostato il ricevitore secondo lo schema a blocchi di Fig.01a.
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Fig.01a
Lo schema definitivo è invece rappresentato dalla Fig.01b.
Fig.01b
Come si può vedere, nel circuito vi sono alcuni componenti allo stato solido che contravvengono all’impostazione di
queste pagine, dedicate decisamente all’elettronica del vuoto. Perciò dobbiamo dare una breve spiegazione. I due diodi
raddrizzatori (1N4007) sono utilizzati inevitabilmente perché il trasformatore di alimentazione (anch’esso di recupero)
ha una scarsa tensione A.T. per il circuito anodico. L’uso di un doppio diodo a vuoto avrebbe provocato una caduta di
tensione inaccettabile. L’uso di un diodo rivelatore al germanio (AA116) è stato necessario per una questione di
rendimento ma soprattutto di spazio (infatti il telaio è stato realizzato con una piccola lastra di alluminio di recupero e
disponibile, imponendoci le dimensioni).
E’ da notare il prelievo della tensione negativa di rivelazione per produrre un sufficiente Controllo Automatico di
Guadagno (C.A.G.) sulla seconda valvola amplificatrice (6BA6).
Le valvole utilizzate sono quattro:
1) una 6AU6 a pendenza fissa come prima amplificatrice R.F.;
2) una 6BA6 a pendenza variabile come seconda amplificatrice R.F., con comando di guadagno;
3) una 6AU6 come preamplificatrice B.F.;
4) una 6AQ5 come finale audio.
Il ricevitore visto da sopra
La disposizione dei tre compensatori d’accordo
Il cablaggio e la posizione delle bobine
Il frontalino con la scala ancora da terminare.
Lo schema generale è, tutto sommato, abbastanza semplice e di facile interpretazione.
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L’induttanza media L1 delle bobine, misurata al ponte, è di 100µΗ mentre la capacità del variabile, anch’essa misurata
al ponte, varia tra 20 e 350pF. Con questi valori la gamma di ricezione andrà da circa 850KHz a circa 3MHz. Avremo
costruito perciò un ricevitore per onde medio-corte (frequenze “marittime”).
La costruzione è stata fatta per gradi e controllata di volta in volta. Per prima è stata costruita la parte alimentatrice, poi
la parte amplificatrice B.F. Dopo il controllo del loro buon funzionamento è stata costruita la parte rivelatrice e fatto un
primo accordo R,F. Si è proceduti poi all’assemblaggio del secondo stadio R.F. con relativo accordo ed infine alla
costruzione del circuito d’ingresso. Il funzionamento dell’intero apparato è risultato immediato e senza problemi
offrendo anche una discreta sensibilità. Qualche problema si è presentato nell’affinamento della taratura. Ad accordo
molto spinto il ricevitore ha avuto la tendenza ad entrare in autooscillazione, specialmente sulla parte alta della gamma
di ricezione. Quindi, a dimostrazione di quanto è stato detto più sopra, con un’amplificazione a tre stadi accordati
l’apparato già tende a diventare instabile. Si è così dimostrato pure praticamente come il limite di guadagno sia il punto
debole del ricevitore ad accordo diretto. In compenso, il suo punto migliore è nella pulizia e nella stabilità del segnale in
ricezione. Qui sopra sono riportate alcune foto del prototipo. Si può notare la disposizione delle tre bobine. Esse sono a
90° tra loro e abbastanza lontane per evitare probabili inneschi.
Collaudo
1)
2)
Diagr 01 (Sweep totale: 1MHz)
Diagr.02 (Sweep totale: 0,3MHz)
La foto 1) mostra il ricevitore sotto collaudo. Sullo schermo sono riportati il segnale R.F. modulato e il segnale B.F.
rivelato. La foto 2) mostra la selettività a cuspide del ricevitore. Il Diagr.01 mostra la stessa immagine con più
chiarezza. La cuspide è rivolta verso il basso perché il diodo AA116 è montato per ottenere la componente negativa
della rivelazione. Nel Diagr.02, rilevato per una vobbulazione totale di 0,3MHz ed adattato per la misura con 10
quadretti orizzontali (30KHz/cm) per 5 verticali, si può leggere che la banda passante B del ricevitore è di poco
superiore a 30KHz, che è un valore appena accettabile. Concludendo, il tentativo di questa ricostruzione ci ha mostrato
interamente i pregi e i limiti di questo tipo di ricevitore, quindi possiamo dire che, tutto sommato, è andato a buon fine.
Rivelatori a triodo
Per ridurre la possibilità degli inneschi bisognava quindi limitare il numero degli stadi, bloccando di fatto la
possibilità di aumentare la sensibilità del ricevitore, come abbiamo già spiegato e notato. Quindi il problema doveva
essere risolto in qualche altro modo, per esempio, aumentando l’efficienza dello stadio rivelatore. Una soluzione
sufficientemente accettabile è stata trovata nell’utilizzo del triodo come rivelatore in modo da poter riunire in sé sia
l’azione rettificatrice del diodo sia l’effetto amplificatore dello stesso triodo. Questo criterio ha dato luogo a due
soluzioni circuitali che presero due denominazioni distinte:
1) Rivelatori con triodo per caratteristica di placca.
2) Rivelatori con triodo per caratteristica di griglia.
Diamo uno sguardo a questi due tipi di rivelatori, mettendone in luce i pregi e gli inconvenienti:
Rivelatore con triodo per caratteristica di placca.
Se la griglia di un triodo amplificatore R.F. (Fig.02) è polarizzata nei pressi del suo potenziale d’interdizione (Vg=Vin) si verifica che la corrente anodica circola solo per le semionde positive portando il tubo a funzionare in classe
B. Così l’ampiezza della corrente Ia dipende dalla quantità di segnale presente sulla griglia e il suo andamento segue
l’inviluppo dei picchi della modulazione.
Si vede dalla Fig.02a come la corrente anodica Ia sia formata dalla composizione del segnale ad alta frequenza (R.F.) e
del segnale di bassa frequenza (B.F.), perciò all’uscita del rivelatore è necessario porre una capacità C in parallelo al
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carico R per fugare verso massa, o direttamente o tramite l’alimentazione, la componente R.F. In fondo il gruppetto RC
che si forma ha la stessa funzione di quello utilizzato nel diodo rivelatore (cfr. Cap.2°).
Fig.02
Fig.02a
Se viene interessata la parte lineare della transcaratteristica (Fig.02a) si può anche pensare ad una variazione abbastanza
proporzionale al segnale d’ingresso, con sensibile assenza di distorsioni. Questo, ovviamente, è un pregio che, però vale
solo se il segnale è sufficientemente ampio. Infatti, quando all’ingresso abbiamo un segnale piccolo, esso va ad
interessare il ginocchio inferiore della caratteristica, con la produzione di distorsioni non più accettabili. Un altro pregio
deriva dal fatto che il circuito risonante è applicato direttamente alla griglia, che presenta una resistenza altissima,
teoricamente infinita. Ciò non provoca alcun decadimento del suo Q a vuoto potendosi così sfruttare totalmente la sua
selettività naturale. Un piccolo problema sorge invece quando dobbiamo polarizzare la griglia. La Fig.02a mette in
evidenza come, per mantenere il funzionamento del tubo in classe B, la Vg debba essere costantemente mantenuta al
potenziale Vin e ciò comporta l’utilizzo di una sorgente separata a potenziale negativo, con la conseguente conclusione
che non può essere usato il semplice metodo dalla resistenza Rk di catodo, con il quale, proprio perché si basa sulla
caduta di tensione su Rk dovuta alla corrente anodica Ia, non si potrà mai raggiungere il potenziale d’interdizione.
Esercizio sperimentale
Proviamo a costruire un semplice rivelatore a caratteristica di placca. La valvola
utilizzata è la solita EC86. Dalle sue caratteristiche di deduce che con 100Vcc di
tensione anodica (Va) il potenziale d’interdizione di griglia (Vg) è di circa -2V.
Abbiamo prelevato dal partitore di tensione R1,R2 (Fig.02b) collegato ai capi della
sorgente di tensione anodica di 100Vcc, la tensione negativa Vg=-2V. In conseguenza di
ciò, si deve escludere inevitabilmente la connessione a massa del polo negativo
dell’alimentatore.
Il condensatore Cg è necessario per separare la tensione continua Vg dalla massa che,
però, risulta virtuale per il segnale R.F.
Il
circuito
risonante
è
formato
da
un’induttanza L0=80µH e da una capacità variabile C0=50/500pF, adatta a coprire la banda
delle onde medie (i dati della bobina sono quelli riportati nel Cap.15°).
Fig.02b(il circuito)
Fig.02c (la realizzazione)
Diagr.01
Diagr.02
La capacità C serve a fugare verso massa la componente R.F. del segnale, mentre Ca
elimina la componente continua dovuta all’effetto raddrizzante del sistema, di modo che
all’uscita avremo la sola componente B.F. In Fig.02b è disegnato lo schema completo. Il
circuito costruito ha funzionato egregiamente.
Vediamo alcuni risultati:
Con una tensione di segnale di 500mVpp modulato al 30%, alla frequenza d’accordo di
1000KHz (Diagr.01), abbiamo letto 1,906Vpp di segnale B.F.(tensione di modulazione). Nel
Diagr.02, con il video amplificato per una migliore lettura, è riportato il valore piccopicco del segnale di modulazione: 73,44mVpp. Possiamo perciò calcolare il guadagno G di
rivelazione di questo rivelatore a caratteristica di placca:
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5
G=
1906 ⋅ 10 −3
= 25,9
73,44 ⋅ 10 − 3
che è un valore niente affatto disprezzabile.
La foto qui a fianco mostra il circuito al banco di
collaudo.
Si notano i due alimentatori che forniscono le tensioni
B.T. per il filamento e A.T. per il circuito anodico. In
basso il generatore R.F., in alto l’oscilloscopio che sta
visualizzando il segnale modulato insieme al segnale
rivelato di modulazione. In primo piano il circuito,
sommerso dalle sonde e dalle pinzette.
----*---Possiamo quindi dire che il rivelatore a caratteristica di placca è discretamente
valido quando il segnale d’ingresso è abbastanza elevato. Ciò significa che vi è la necessità di adoperare alcuni stadi in
R.F. per avere un segnale sufficiente all’ingresso del rivelatore.
Rivelatore con triodo per caratteristica di griglia.
Questo rivelatore si basa sulla variazione automatica del potenziale di griglia in funzione del segnale d’ingresso,
perciò il suo funzionamento è molto diverso dal caso precedente dove il potenziale di griglia deve essere
necessariamente costante.
Fig.03
Fig.03a
In fig.03 è disegnato lo schema base di un rivelatore a caratteristica di griglia e in Fig.03a è rappresentato l’andamento
del potenziale di griglia dovuto al gruppo di rivelazione RgCg. Praticamente la griglia si comporta in maniera identica
alla placca di un diodo, per cui l’intero circuito d’ingresso può considerarsi uguale al circuito di rivelazione a diodo. Il
fatto però che la griglia debba necessariamente assorbire corrente per caricare il condensatore Cg in modo da adattare la
sua polarizzazione all’andamento del segnale, porta ad una perdita di energia nel circuito risonante con la conseguente
diminuzione del suo Q e della selettività. Abbiamo già calcolato in precedenza come la resistenza di perdita in parallelo
al circuito risonante sia data praticamente da 1/2 o 1/3 della Rg a seconda del circuito adottato (cfr. Cap 2°). In fondo il
circuito di griglia deve comportarsi come un rivelatore quadratico per avere un buon segnale d’uscita, ma ciò implica
che la tensione di polarizzazione di griglia debba trovarsi nel punto a maggiore curvatura della transcaratteristica
(cfr.cap 2°). Questa situazione purtroppo non si verifica, perché la tensione anodica del triodo dovrebbe essere nulla per
far somigliare il circuito a quello di un diodo che lavori sul ginocchio inferiore della caratteristica. D’altra parte la
tensione anodica del triodo dovrebbe essere alta per avere una notevole amplificazione, e ciò in netto contrasto con
quanto detto prima per avere la massima efficienza di rivelazione. Perciò la resa di questo tipo di rivelatore non è molto
buona ed è inferiore a quella del rivelatore a caratteristica di placca. Per questi motivi il rivelatore a caratteristica di
griglia è poco usato. Anche in questo caso, poiché sulla placca vi è un segnale composto di R.F. e B.F. è necessario
aggiungere in parallelo alla RC un condensatore CC che elimini la componente R.F. (Fig.03).
Esercizio sperimentale
Abbiamo costruito in laboratorio un rivelatore a caratteristica di griglia il cui
schema segue quello teorico di Fig.03. Il circuito realizzato è disegnato in Fig.04.
Sotto funzionamento, con un segnale d’ingresso pari a quello introdotto nel precedente
rivelatore a caratteristica di placca, il circuito ha dato il seguente risultato
(Diagr.04):
Fig.04 (il circuito)
Fig.04a (la sua realizzazione)
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Diagr.04 (il diagramma in basso mostra il segnale d’ingresso, quello centrale mostra il potenziale
di griglia composto dalla R.F. e dalla B.F. che segue il disegno di Fig.03a, quello in alto il
segnale rivelato di B.F. Al di sotto dei diagrammi sono riportati i valori dei segnali: si può
leggere come la tensione media di polarizzazione di griglia sia -2,754V).
Æ Tensione picco-picco di segnale rivelato: Vpp=859,44mV.
Facendo perciò un raffronto tra i due tipi di rivelatori si osserva che, a parità di
tutte le condizioni sia di segnale che di alimentazione, il rivelatore a caratteristica
di griglia ha fornito una resa circa la metà di quella del rivelatore a caratteristica di
placca.
Ricevitori a reazione
Il rivelatore a caratteristica di griglia è quindi meno efficiente di quello a caratteristica di placca e per questo motivo,
così com’è, è poco utilizzato. Vediamo però se possiamo migliorarlo, magari apportando qualche sostanziale modifica
al suo funzionamento.
Riguardiamo quindi lo schema di Fig.04. Nel punto A,B del circuito anodico sono presenti sia la componente di
modulazione sia la componente a radiofrequenza, che cerchiamo di fugare a massa tramite la capacità Cc. Se, ora,
tagliamo il segmento A,B e con un adatto collegamento rimandiamo in qualche modo all’ingresso il segnale R.F. prima
che venga perduto a massa a causa di Cc, il modo di funzionare di tutto il sistema cambia radicalmente.
In Fig.05 è disegnata una possibile modifica della Fig.04 che è in grado di riportare il segnale all’ingresso. La tensione
indotta su L2 prodotta dal segnale di ritorno, genera, tramite mutua induzione, una tensione su L0. Questa tensione, a
seconda del verso degli avvolgimenti L2 e L0, può sottrarsi o sommarsi al segnale in arrivo. Se facciamo in modo che il
segnale di ritorno sia in fase con il segnale d’ingresso, ai capi di C0 e quindi all’ingresso del tubo, avremo una tensione
maggiore del segnale esterno in arrivo, con l’effetto immediato di produrre un aumento artificioso della sensibilità del
ricevitore. L’accoppiamento tra L2 e L0 è regolabile per poter variare la quantità di segnale su L0 indotta tramite L2.
Fig.05
Possiamo così dosare il grado di reazione il cui effetto è quello di realizzare una resistenza negativa che va a sottrarsi
alla resistenza di perdita del circuito, dovuta specialmente alla Rg, con la conseguenza di veder aumentato il Q del
circuito risonante. Ciò porta ad una maggiore sensibilità e ad una maggiore selettività del sistema. Quindi l’aumento del
grado di reazione fa aumentare la bontà del ricevitore e la resistenza equivalente negativa del circuito risonante: quando
questa eguaglia la resistenza di perdita positiva la loro somma è uguale a zero, il circuito non ha più perdite e
l’oscillazione si autosostiene (si ricordi: βA=1). A questo punto il ricevitore smette di funzionare e diventa generatore
(il circuito di Fig.05 si trasforma praticamente in un oscillatore Meissner). Perciò il funzionamento ottimale del
ricevitore, che si concreta in una grande sensibilità e una grande selettività, si ottiene quando la reazione è prossima alla
condizione di innesco delle autooscillazioni.
Di fronte a questo notevole pregio il ricevitore a reazione presenta alcuni fastidiosi inconvenienti che purtroppo lo
rendono di difficile uso. In primo luogo la curva di risonanza può diventare talmente acuta da ridurre o addirittura
eliminare le bande laterali con la conseguenza di perdere il contenuto informativo del segnale. In secondo luogo la
regolazione della reazione ottimale è difficile perché varia ad ogni variazione di sintonia. Infine quando il grado di
reazione è portato nei pressi del suo massimo, l’innesco può prodursi spontaneamente, annullando la ricezione con la
produzione di forti fischi prodotti dai battimenti tra l’oscillazione in arrivo e quella prodotta localmente. In queste
condizioni l’apparato diventa anche sede di disturbi per gli altri ricevitori posti nelle vicinanze.
Tutti questi inconvenienti non rendono questo tipo di ricevitore adatto ad una produzione industriale per il grande
pubblico e confinano il suo uso nei ricevitori amatoriali e in alcuni ricevitori professionali, dove è importante la
ricezione di segnali non modulati.
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Un’altra difficoltà pratica, insita particolarmente nel circuito di Fig.05 deriva dalla necessità di dover muovere
manualmente la bobina L2 per variare il tasso di reazione.
I circuiti di Fig.05a e 05b risolvono almeno questo problema.
Fig.05a
Fig.05b
Essi hanno la bobina L2 fissata e posizionata adeguatamente vicino a L0, mentre la quantità di segnale retrocesso è
controllata dalla capacità variabile C2, che può essere posta in parallelo o in serie al circuito di reazione. Nel circuito di
Fig.05a (che porta il nome di Reinartz-Weagant) la capacità in parallelo C2 deriva verso massa una parte del segnale da
retrocedere, mentre nel circuito di Fig.05b (che porta il nome di Schnell) la capacità C2 regola, in dipendenza del suo
valore, il segnale in serie riducendolo o aumentandolo.
Tutti gli apparati a reazione utilizzano l’uno o l’altro di questi due circuiti fondamentali.
Alcuni esemplari di radio a reazione
Mostriamo, ora, tre esemplari di ricevitori a reazione che furono costruiti intorno alla seconda metà degli anni ’80 del
secolo scorso1, quando le trasmissioni A.M. in onde medie erano ancora nel pieno della loro validità.
Fig.06
Foto del ricevitore
Il primo ricevitore (Fig.06) è realizzato con valvola, bobina e pezzi d’epoca, su un contenitore di legno e bachelite, in
modo da rappresentare il più possibile una costruzione degli anni intorno al 1920. Il circuito adotta il sistema di
reazione Reinartz-Weagant.
Le alimentazioni sono esterne. L’esemplare ha funzionato discretamente, ma per la complessità e la difficoltà
dell’alimentazione è stato messo in funzione raramente.
Ricevitore a reazione con cuffia.
Il secondo ricevitore (Fig.07), basato sul circuito Schnell, utilizza un doppio triodo 6SL7, di cui una sezione viene
utilizzata come ricevitore in reazione e l’altra come diodo raddrizzatore per produrre la tensione anodica di
alimentazione. La ricezione è in cuffia. Il tutto è realizzato in un contenitore di legno compensato, con un pannello
anteriore che porta i vari comandi e le varie prese. Il suo funzionamento è risultato ottimo, con il solo inconveniente di
poter essere utilizzato da una sola persona.
Fig.07
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I ricevitori furono costruiti in occasione di una mostra retrospettiva della radiotecnica organizzata da un Istituto Professionale.
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Foto del ricevitore con 6SL7 costruito secondo lo schema di fig.07
Ricevitore a reazione con altoparlante.
Il terzo circuito, basato anch’esso sul sistema Schnell, è apparentemente un po’ più complesso, ma porta alla
realizzazione di un vero ricevitore, con uscita in altoparlante, adatto per la ricezione collettiva. Lo schema è disegnato in
Fig.08.
Vengono impiegati due tubi 6SN7 le cui funzioni sono:
1ª 6SN7:
La prima sezione realizza lo stadio di rivelazione in reazione.
La seconda sezione funziona da pre-amplificatore B.F.
2ª 6SN7:
La prima sezione funziona come amplificatore di potenza in B.F.
La seconda sezione è collegata a diodo come raddrizzatore per produrre l’alta tensione.
Il circuito è abbastanza semplice e non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.
Fig.08
In Fig.09 sono riportati tutti i dati per la costruzione della bobina di sintonia, adatta anche per il circuito di Fig.07.
Le foto mostrano l’esemplare costruito dove è evidente come si sia prestata un po’ di cura nella realizzazione delle parti
in legno. Poiché il suo funzionamento è risultato eccezionale, è stato adoperato per qualche tempo in ambiente
domestico come ricevitore per intrattenimento e musica di sottofondo.
Fig.09
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Ricevitori in superreazione
Abbiamo visto che la sensibilità di un ricevitore a reazione cresce quando aumentiamo la percentuale di ritorno di
segnale dal circuito anodico a quello di griglia (per es. aumentando l’accoppiamento induttivo). Ma sappiamo anche
che, purtroppo, questo aumento è limitato dall’innesco improvviso delle oscillazioni che trasforma il circuito da
ricevitore in generatore. Il risultato di questa improvvisa modifica di funzionamento è un forte fischio che annulla del
tutto la ricezione.
La domanda che ci poniamo è questa: esiste qualche soluzione circuitale che possa continuare a far aumentare la
sensibilità del ricevitore senza che esso entri in una autooscillazione continua e irreversibile? Il problema, in fondo, lo
poniamo in questi termini, apparentemente irrealizzabili: dovremmo fare in modo che il ricevitore sia al suo massimo di
sensibilità, che si ottiene in regime di auotooscillazioni persistenti, senza però che il circuito abbia la possibilità di
autooscillare!
Invero la soluzione del problema c’è e la risposta è teoricamente questa: bisogna in qualche modo bloccare le
autooscillazioni immediatamente dopo che esse siano apparse, ad una frequenza di ripetizione che sia ad di sopra
della massima frequenza di udibilità. I metodi risolutivi sono fondamentalmente due:
1) Bloccare sul nascere le autooscillazioni con un segnale esterno che mandi all’interdizione il tubo con una
ripetizione prestabilita, cioè che moduli adeguatamente la tensione anodica oppure che vari opportunamente la
negatività del potenziale di griglia, un conveniente numero di volte al secondo. Questa soluzione porta ai Circuiti
superreattivi a spegnimento separato, molto professionali ma piuttosto complicati da realizzare e difficili da mettere a
punto.
2) Modificare semplicemente la polarizzazione del circuito di griglia aumentando fortemente la costante di tempo
RC in relazione alla frequenza di segnale ricevuto, in modo tale da realizzare un oscillatore di tipo “bloccato”. Questa
soluzione porta ai Circuiti superreattivi ad autospegnimento.
----*---Osserviamo un po’ da vicino la seconda soluzione.
Se il rivelatore è realizzato come il circuito standard di Fig.05, che qui riproponiamo,
Fig.05
esso è già predisposto, con le opportune modifiche di Rg e Cg, ad operare in modo superreattivo ad autospegnimento. La
forma d’onda che si ottiene in un’operazione di autospegnimento è mostrata in Fig.10.
Vediamo come iniziano le oscillazioni in un circuito reazionato e spieghiamo la Fig.10.
Nel circuito risonante vi è sempre rumore che contiene, teoricamente, tutte le frequenze da zero all’infinito. Da esso il
circuito, per effetto della sua selettività, ricava la frequenza di funzionamento. Le oscillazioni alla frequenza
selezionata, partendo dal livello di rumore cresceranno esponenzialmente finché la tensione di griglia non raggiunge un
valore tale che i picchi d’onda la rendano positiva. Il condensatore Cg è quindi caricato velocemente attraverso la bassa
resistenza interna del diodo griglia-catodo dal flusso dalla corrente di griglia durante i picchi delle oscillazioni, con la
polarità mostrata in Fig.05.
Il valore della resistenza Rg è grande abbastanza in modo che la tensione di polarizzazione creata dalla corrente che
scorre in Rg durante la scarica di Cg sia sufficiente a che il tubo rimanga in interdizione per un tempo sufficientemente
lungo che determina l’oscillazione a rilassamento dando luogo così al periodo di spegnimento (nella figura l’andamento
della polarizzazione di griglia, che è esponenziale, è stato linearizzato solo per semplicità di disegno).
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Fig.10
Dopo il primo aumento esponenziale dal rumore al livello in cui la corrente di griglia scorre durante i picchi d’onda,
l’oscillazione prende energia e si mantiene per tutto il tempo in cui la polarizzazione istantanea di griglia è superiore a
quella d’interdizione per il tubo. Da questo punto in poi le oscillazioni decadono esponenzialmente.
Il valore di Cg deve essere di valore tale da fare in modo che la costante di tempo RC sia sufficiente a mantenere la
tensione di polarizzazione negativa per il giusto tempo prima che le oscillazioni decrescano fino al punto in cui il tubo
non può condurre oltre. Posto che Rg e Cg debbano essere sufficientemente grandi da ottenere l’oscillazione
intermittente, il valore esatto di RC è determinato dalla frequenza di spegnimento desiderata. Questa condizione di
funzionamento è riportata in Fig.11, ripresa da un caso reale.
Fig.11
Fig.12
Tutto ciò avviene senza la presenza del segnale all’ingresso. Quando invece è presente un segnale, esso si aggiunge alla
tensione di polarizzazione e fa in modo che le oscillazioni partano prima o dopo di quanto non avvenga senza segnale
(Fig.12) creando un sorta di modulazione di frequenza. Ma lo sviluppo temporale dei treni di oscillazioni è sempre lo
stesso indipendentemente dalla presenza o dell’assenza del segnale. Perciò il risultato della presenza del segnale porta
ad una modulazione della corrente media del tubo che rappresenta il contenuto informativo, dando luogo, di fatto, alla
rivelazione. La foto di Fig.11 mostra l’effettivo andamento della polarizzazione di griglia, in assenza di segnale
all’ingresso, mentre la Fig.12 mostra l’andamento della polarizzazione in presenza di segnale. Si vede benissimo come
il segnale moduli in frequenza il periodo di spegnimento.
In pratica in un rivelatore ad autospegnimento, la costante di tempo RC deve essere adattata per una frequenza di
spegnimento la più alta possibile e tuttavia essere in grado di dar tempo alle oscillazioni di ridursi ad un livello
sufficientemente basso e annullarsi prima dell’inizio di un altro treno di oscillazioni. Perciò è bene mantenere basso il
valore di Cg (10-20pF, per esempio) per avere una rapida carica in modo da ridurre la durata del treno R.F. del segnale
in arrivo e molto alto il valore di Rg (5-10MΩ, per esempio) per avere un notevole tempo di blocco delle oscillazioni.
Un’osservazione importante.
Qualche difficoltà si è avuta nel prelevare la tensione di griglia con la sonda dell’oscilloscopio perché questa, anche
nella posizione x10, caricava troppo il circuito che smetteva di funzionare. Alla fine è stato sufficiente appoggiare la
sonda vicino alla resistenza Rg per avere le immagini che abbiamo qui riprodotte. Ma un qualsiasi movimento, anche
piccolo, della sonda faceva cambiare l’immagine sullo schermo. Perciò questa visualizzazione, che non può essere
considerata come veritiera riguardo alla frequenza effettiva di spegnimento, deve essere accettata solo qualitativamente.
Facciamo un esercizio sperimentale interessante.
Avremmo intenzione di costruire un ricetrasmettitore sulla gamma amatoriale dei 144MHz,
utilizzando un solo tubo che funzioni come trasmettitore e come ricevitore. Il circuito
di base scelto è un generatore di tipo Colpitts, realizzato come in Fig.13.
La valvola utilizzata è una EC86, alimentata da una tensione anodica di 120V.
N.d.C. - Radioricevitori
11
Fig.13
1) Il circuito come trasmettitore.
Poiché in questo caso interessa molto il valore della costante di tempo del gruppo RC di
griglia, facciamo qualche piccolo calcolo per la sua determinazione.
Il periodo T0 della frequenza generata è:
To =
1
1
=
⋅ 10 − 6 ≅ 7 ⋅ 10 − 9 sec .
f o 144
Sappiamo già (Cap.15°) che in un oscillatore un
ampiezza del segnale generato porta alla relazione:
CR ≅ 10 ⋅ To .
buon
compromesso
tra
rendimento
e
Se imponiamo ad R il valore di 10KΩ otteniamo:
C=
10 ⋅ To 10 ⋅ 7 ⋅ 10 −9
=
≅ 7 ⋅ 10 −12 → 10pF
R
10 ⋅ 103
Perciò il gruppo RC in trasmissione è stato realizzato con una resistenza di 10KΩ e un
condensatore di 10pF.
Il circuito montato sul solito telaio. Si individuano chiaramente l’impedenza JAF, la bobina L1 e il
variabile doppio di provenienza “surplus”.
Sotto collaudo il generatore, dopo la taratura, è risultato in gamma e, con variabile
aperto a metà, ha fornito un segnale alla frequenza di 144,9MHz (Diagr.05).
Diagr.05
Il circuito come trasmettitore
2) Il circuito come ricevitore in superreazione.
Se, adesso, colleghiamo in serie a 10KΩ (Fig.13) una resistenza di 10MΩ aumentiamo di
oltre 1000 volte la costante di tempo di RC, forzando il sistema a funzionare come
oscillatore bloccato.
Il Diagr.06 mostra i pacchetti a 144MHz prelevati all’uscita, sul condensatore di 5,6pF,
quando il circuito è costretto a funzionare come oscillatore bloccato. Essi sono
distanziati tra loro ad una frequenza di ripetizione di circa 12KHz.
E’ importante anche notare come il rumore di fondo moduli leggermente in frequenza il
tempo di spegnimento.
N.d.C. - Radioricevitori
12
Diagr.06
Il circuito come ricevitore
Diamo, ora, alcuni dati costruttivi tra i più importanti. La bobina L1 è stata realizzata
su un supporto in plastica da 8mm completo di nucleo interno di regolazione, con 6 spire
avvolte di filo da 0,5mm argentato e distanziate per coprire una lunghezza di 2cm. Il
condensatore variabile doppio è un vecchio esemplare residuato della 2ª Guerra Mondiale
ed ha una variazione di capacità tra 3,4 e 6,8pF.
L’impedenza JAF è costituita da 50spire di filo da 0,3mm smaltato avvolte in modo serrato
su un supporto di ceramica con un diametro di 4,5mm.
----*---Il circuito appena descritto ha funzionato egregiamente dimostrando in pratica la veridicità di quanto è stato affermato
teoricamente sul funzionamento di un sistema superreattivo. Ma non dobbiamo aspettarci altro da esso. Quando si
lavora con frequenze così alte sono essenziali le schermature adeguate e la costruzione solida dell’insieme, con filature
corte, grosse e rigide. Tutte cose che sono assenti nella realizzazione del nostro circuito, costruito in fretta e circondato
da troppi fili volanti.
Durante il funzionamento anche il movimento della mano o un lieve spostamento del telaietto portavano a modifiche
profonde del segnale visualizzato. Perciò i risultati riportati servono solo a dimostrare qualitativamente che la teoria è
giusta e nient’altro, anzi è già eccezionale che il circuito abbia funzionato!
Però, sulla base positiva di questi risultati, si può pensare di poter costruire effettivamente un sistema di trasmissionericezione con un solo tubo se ci affidiamo ad un telaio appropriato e molto rigido, con efficaci schermature sia per i
segnali che, ancor più importante, per le linee di alimentazione.
Insomma, è necessaria una buona progettazione, sostenuta fortemente da una buona esperienza: così i risultati saranno
certi e soddisfacenti.
----*----
UN RICEVITORE FM SUPERREATTIVO
La disponibilità di un triodo a ghianda 957 e di un triodo subminiatura 5676 ha permesso la costruzione di un discreto
ricevitore in superreazione sulla gamma 88-108MHz. Il tubo 957 ha la funzione di rivelatore in superreazione e il tubo
5676 la funzione di amplificatore audio.
Il tubo a ghianda 975….
. …e il suo particolarissimo zoccolo
Diamo alcuni dati caratteristici di questi due tubi molto particolari:
JAN-957 - Triodo UHF ad accensione diretta in corrente continua. Amplificatore a medio µ
Vf = 1,25V
If = 50mA
Vamax = 135V
Dati per Amplificazione in Classe A:
Va = 135V
Ia = 2mA
Vg = -5,0V
Rp = 20.800Ω
N.d.C. - Radioricevitori
13
gm =0, 65 mA/V
µ = 13,5
Capacità interelettrodiche:
Cg = 0,25pF
Ca = 0,5pF
Cga = 1,1pF
5676 - Triodo V.H.F ad accensione diretta in corrente continua. Amplificatore a medio µ.
Vf = 1,25V;
If = 0,12A;
Vpmax = 135V
Capacità interelettrodiche:
Cg = 1,3pF
Cga = 2,0pF
Ca = 4,0pF
Valori di polarizzazione come Amplificatore in classe A:
Vp = 135V;
Ia = 4,0mA;
Vg = -5V;
gm = 1,6mA/V,
µ = 15.
Le connessioni ai piedini della 5676, partendo dal punto rosso, sono:
1) Placca; 2) +Fil.; 3) Griglia; 4) –Fil.
Il tubo subminiatura 5676. Si nota benissimo il punto rosso, in alto a destra, sopra i piedini.
IL TELAIO
Tutto il circuito è stato montato su un telaietto di alluminio ripiegato delle dimensioni di 109,5mm per 97,5mm con
un’altezza di 22,0 mm. Le dimensioni e le quote principali sono descritte nella Fig.01.
Nella parte posteriore sono stati fatti quattro fori per l’alloggiamento delle boccole delle due alimentazioni. Sono state
usate tutte boccole isolate. In particolare, la boccola del negativo dell’alta tensione deve essere obbligatoriamente
isolata da massa perché ad essa è collegato il circuito necessario a fornire il giusto potenziale negativo per la
polarizzazione di griglia del tubo 5676. Infatti non si può pensare di utilizzare la resistenza catodica perché qui non c’è
il catodo!
Fig.01
N.d.C. - Radioricevitori
14
Il pannello anteriore è fissato al telaietto mediante due viti autofilettanti. Il tutto è quindi di ordinaria lavorazione
meccanica.
Qualche parola è da spendere per la foratura un po’ strana del telaio dove sarà alloggiato lo zoccolo del tubo a ghianda.
Il foro da 23mm, ovviamente, è necessario per dare spazio al tubo. La realizzazione del foro a settore con apertura di
90° è stata effettuata per eliminare un piano di massa sotto i due piedini di placca e di griglia, che avrebbe potuto
eventualmente fugare a terra parte del segnale, o creare eventuali anomalie di funzionamento.
Tutto ciò per un eccesso di prudenza e di sicurezza.
L’Amplificatore audio
Cominciamo con la progettazione e la costruzione del circuito audio. L’amplificatore di B.F. è costruito intorno al tubo
subminiatura 5676.
Poiché il tubo è ad accensione diretta sorge qualche problema per la generazione del potenziale negativo di griglia:
infatti non possiamo utilizzare la connessione con resistenza di catodo, perché il catodo non esiste ed in ogni caso non
possiamo mettere una resistenza sul filamento per ovvi motivi.
Vi sono svariati circuiti che risolvono il problema. Noi abbiamo utilizzato il metodo del partitore di tensione
sull’alimentazione con un’opportuna variante. Il partitore è collegato all’ingresso tra i due capi della tensione anodica
mentre l’uscita nel punto di partizione è a massa come in Fig.02: in questo modo la d.d.p. ai capi di R2 risulta negativa
rispetto ad essa e risolve il problema. Questa connessione, però, ci costringe ad isolare dal telaio il polo negativo
dell’alimentatore anodico, come già accennato. Nella Fig.02 è disegnato il partitore che abbiamo utilizzato.
Fig.02
Con una tensione anodica di Va di 120V e con i valori delle resistenze imposte a R1 e R2 (Fig.02), otteniamo:
R2
1000
Vg = Va ⋅
= 120 ⋅
= 4,8V
R1 + R 2
25000
La tensione così ottenuta sarà adoperata per la polarizzazione di griglia (il valore è molto vicino a quello consigliato nei
dati). I condensatori elettrolitici montati in parallelo alle resistenze sul circuito definitivo servono per eliminare
eventuali ronzii di alternata nel caso di alimentazioni da rete. Sono stati usati due condensatori invece di uno perché, nel
momento della costruzione, non erano disponibili elettrolitici con tensione di lavoro sufficientemente elevata. Ciò ci ha
costretti a dividere in due parti la resistenza R1 (12K+12K). Il polo negativo dell’alimentazione dei filamenti è stato
collegato dovutamente a massa per ottenere i –4,8V tra griglia e il ritorno circuitale.
Calcolo dell’amplificazione B.F.
Calcoliamo ora l’amplificazione dello stadio. Dalla relazione fondamentale dei tubi a vuoto:
µ = g m ⋅ ra
che lega tra loro le tre caratteristiche dinamiche, ricaviamo la resistenza interna ra:
µ
ra =
gm
Dalle caratteristiche leggiamo che, nel punto di lavoro Va=135V; Ia=4mA; Vg=-5V, del tubo 5676 i parametri
dinamici citati sono: gm=1,6mA/V; µ =15.
Poiché la tensione anodica adoperata (120V) è sufficientemente vicina al valore fornito dalle caratteristiche (135V)
possiamo utilizzare i due parametri disponibili per ricavare la resistenza interna del tubo:
15
µ
ra =
=
⋅ 10 3 = 9375 → 10KΩ .
g m 1,6
Fig.03
La relazione che definisce l’amplificazione A dello stadio è data da:
Rt
A = µ⋅
Ra + Rt
N.d.C. - Radioricevitori
15
che discende dal circuito equivalente di Fig.03, nella considerazione che un triodo è molto simile ad un generatore di
tensione.
La Rt è il risultato del parallelo tra la resistenza di carico Rc=47KΩ e la resistenza di ingresso dell’utilizzatore che
potrebbe avere realisticamente un valore Ri=1MΩ:
R ⋅ Ri
47 ⋅ 1000
Rt = c
=
⋅ 10 3 = 44.9KΩ
Rc + Ri
1047
Perciò, l’amplificazione calcolata teorica sarà, nel punto di lavoro succitato:
Rt
44,9
A = µ⋅
= 15 ⋅
= 12,2
Ra + Rt
10 + 44,9
Il circuito definitivo dell’amplificatore B.F. con il relativo circuito stampato è mostrato in Fig.04.
Fig.04
Collaudo dell’amplificatore B.F.
Sottoposto a collaudo l’amplificatore, alimentato con una tensione anodica di 120V, ha fornito i seguenti risultati.
Tensioni di polarizzazione letti: Vg= -4,8V;
Va= +93V.
Dalla caduta di tensione sulla resistenza di carico deduciamo il valore Ia della corrente anodica:
V − Va 120 − 93
I a = al
=
⋅ 10 −3 = 0,57mA
RC
47
Valore piuttosto al di sotto dei 4mA forniti dalle caratteristiche con Va=135V.
Ma ciò può essere spiegato, perché noi abbiamo polarizzato il tubo con tensione anodica di 93V, più bassa dei 135V
proposti sui dati. Ma potrebbe anche darsi che il tubo sia esaurito.
Con una tensione di segnale di 500mVpp all’ingresso abbiamo letto in uscita una tensione di 4,5Vpp, da cui si desume
che il valore dell’amplificazione A risulta essere:
4500
A=
=9
500
anche questa un po’ lontana dal valore calcolato.
Il circuito B.F. sotto collaudo.
I segnali B.F. d’ingresso e d’uscita
Ciò non deve meravigliare tanto poiché nel punto di lavoro Va=93V, Ia=0,47mA, Vg=-4,8V, la caratteristica anodica è
molto inclinata rispetto al punto dichiarato sui dati. Perciò si può dedurre che la resistenza interna si sia di molto
N.d.C. - Radioricevitori
16
elevata, creando per il segnale una forte caduta di tensione interna. Infatti se consideriamo verosimilmente un raddoppio
della Ra da 10KΩ a 20KΩ otteniamo, teoricamente:
Rt
44,9
A = µ⋅
= 15 ⋅
= 10,3
Ra + Rt
20 + 44,9
sufficientemente vicino al valore effettivo trovato sperimentalmente.
Il circuito stampato dell’amplificatore completo di componenti e di tubo 5676.
Le foto qui sopra mostrano il circuito dell’amplificatore sia dal lato dei componenti che dal lato delle piste, già
completamente realizzato. Il tubo, infilato nello zoccoletto, è stato appoggiato alla piastra e ancorato con un filo di rame
coperto per evitare un suo possibile disinnesto.
Il rivelatore in superreazione
Lo stadio rivelatore del nostro ricevitore è basato su un circuito oscillante in superreazione ad autospegnimento. La
Fig.07 ne mostra lo schema circuitale.
Il circuito adoperato è un oscillatore di Colpitts, quasi sempre utilizzato in questi tipi di ricevitori, per la sua sicurezza di
funzionamento e per la sua facilità costruttiva.
Fig.07
Il condensatore Cc=33pF (che, come sappiamo, determina la frequenza di spegnimento) può essere sostituito da un
trimmer per la ricerca della migliore chiarezza di ricezione.
L’impedenza J1A.F. ha il compito di bloccare la via verso massa al segnale V.H.F. in arrivo, mentre l’impedenza J2,
insieme al condensatore da 3,9nF, funziona come filtro per la frequenza di spegnimento. Le capacità da 1,5nF sono
condensatori passanti fissati al telaio mediante vite e dado. Il potenziometro di 47KΩ è necessario per la regolazione
della superreazione. Esso deve essere regolato ad una posizione leggermente prima che si verifichi il blocco del soffio.
Il compensatore d’accordo da 0/20pF è necessario per centrare la sintonia sulla gamma di ricezione (88MHZ108MHz).
I dati della bobina L e dell’impedenza J1AF sono:
L:
4 spire di filo nudo da 1mm con presa alla spira 1,5 lato anodo.
Diametro della bobina:
D=22mm. Lunghezza della bobina: L=25mm
J1A.F.:
22spire di filo smaltato da 0,5mm.
Diametro del supporto isolante:
D=6mm. Lunghezza del supporto: h=16mm
IL CIRCUITO COMPLETO DEL RICEVITORE
La Fig.08 mostra l’intero ricevitore formato dall’unione del circuito superreativo con la valvola a ghianda 957 e il
circuito B.F. con la valvola subminiatura 5676.
Il circuito, essendo un prototipo, non ha alimentazioni proprie, ma è servito da generatori esterni.
N.d.C. - Radioricevitori
17
Fig.08
----*---Le foto che seguono mostrano il circuito da diversi punti di vista.
Nella foto (1) è ben visibile la 5676 montata su circuito stampato. Si vede chiaramente la valvola a ghianda 957 montata
sul particolare zoccolo circolare.
Sotto il circuito di sintonia sono il compensatore per il centraggio della gamma 88-108MHz e il gruppo RC di
smorzamento ma sono poco visibili.
Nella foto (2) è mostrata la parte sottostante del ricevitore. E’ da notare il taglio a mezza luna nell’alloggiamento della
957 e l’impedenza J2.
1)
2)
3)
N.d.C. - Radioricevitori
18
4)
5)
La foto (3) mostra la visione laterale del ricevitore dove sono messi in evidenza il circuito risonante e la valvola 957. E’
chiara anche la posizione dell’impedenza J1AF
Nella (4), in un’angolatura in diagonale si vede in primo piano il potenziometro di controllo della superreazione. Si nota
appena il compensatore d’accordo per il centraggio della gamma FM. Le quattro boccole fissate nel retro hanno i
seguenti compiti:
Le prime due sono per l’accensione dei filamenti;
Le seconde due sono per la tensione anodica.
Nella foto (5) è ben visibile il circuito di sintonia con il condensatore a due lamine mobili. Da notare la J1AF e il
condensatore passante avvitato al telaio.
Alcune foto del circuito in funzione
E’ mostrata, ora, qualche foto del ricevitore in funzione sottoposto a collaudo. E’ necessario dire che nel “garagelaboratorio” dove vengono fatti i controlli i segnali elettromagnetici sono debolissimi e questo tipo di collaudo è sempre
molto scarso di risultati.
Poiché il ricevitore riceve molte stazioni in ambiente così ostile debbo arguire che in condizioni normali esso funzionerà
benissimo.
La foto (6) mostra il ricevitore superreattivo collegato ad un piccolo amplificatore di potenza (amplificatore con una
“compactron” 6AL11 già mostrato in un capitolo precedente) per poter avere una ricezione in altoparlante. Si vede sul
fondo del tavolo l’alimentatore A.T. che fornisce la tensione anodica e dei filamenti all’amplificatore di potenza.
A destra sono visibili l’alimentatore regolato per i filamenti della 957 e della 5676 (1,3V-0,16A) e l’alimentatore a
medio voltaggio (122V) che fornisce tensione al superreattivo. Sull’oscilloscopio è visibile la forma d’onda del segnale
captato dalla piccola antenna nera di circa 30cm.
Nella foto (7) il segnale B.F. è visualizzato sull’oscilloscopio a destra mentre la tensione di griglia è mostrata
sull’oscilloscopio in alto a sinistra.
E’ interessante osservare come il periodo di interdizione del tubo vari continuamente al variare della modulazione del
segnale in arrivo.
Questa diversità dei tempi d’interdizione va variare la corrente media anodica al ritmo della B.F. procurando, di fatto, la
rivelazione del segnale.
N.d.C. - Radioricevitori
19
6)
7)
8)
La foto (8) evidenzia questo fenomeno in modo ravvicinato, giustificando praticamente ciò che si era detto nella parte
teorica sul fenomeno della superreazione.
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N.d.C.