Diapositiva 1 - IIS Evangelista Torricelli

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Liceo Scientifico Statale Evangelista Torricelli-Roma
A.S. 2012/2013
Corso di Disegno e Storia dell’Arte: Prof.ssa Flavia Pusic
Classe 5F
1
INDICE
Corso di Disegno e storia dell’arte
2012-2013
OLIVETTI & IVREA
1-
Luigi Celli - Federico Morano
Camillo Olivetti
Rapporto fra qualità della vita ed
efficienza produttiva
2 – Vanessa Domizi - Francesca Mayer –
Alberto Oliviero
Lettera 22 - Divisumma 24
Case per impiegati – Case per dirigenti
3 – Monir Ghassem - Roberta Marazzotti –
Elisa Morbidelli
Adriano Olivetti
Asilo nido – Servizi sociali
6 –
Kevin Mandawe – Alessandra Melchiorre
Mensa Olivetti
Copertura cortile – Collegamento nuova ICO
7 -
Flavia Ianni – Noemi Rochira
Centro residenziale Est
Iginio Cappai – Pietro Mainardis
Ivrea patrimonio dell’UNESCO
8 -
Sara De Santis – Gloria Tronti
Fondazione Adriano Olivetti
Gino Valle – Annibale Fiocchi
M.A.A.M. Ivrea
Palazzo uffici 2 – Palazzo uffici 1
9 –
Marzia Di Francesco – Eleonora Schiattarella
Edificio 18 alloggi
Unità residenziale Ovest
ELEA 9003
4 – Massimo Codazzo – Simone Gianaroli
Officine Olivetti
Lexikon 80
Marcello Nizzoli
10 – Mattia Carboniero – Jacopo Delfini –
Manuela Martinelli
La città di Ivrea: la gente e la sua fabbrica
Eduardo Vittoria
Il Centro Studi ed Esperimenti
La Centrale termoelettrica
5 – Valerio Andreotti – Giacomo Rastelli
Complesso officine Olivetti
11 – Flavia Pusic
Documenti
Editing: Marzia Di Francesco – Eleonora Schiattarella
2
Liceo scientifico statale “Evangelista Torricelli” - Roma
A.S.2012/2013
1. Camillo Olivetti
2. Rapporto fra qualità della
vita ed efficienza produttiva
5F Luigi Celli
Federico
Morano
3
CAMILLO OLIVETTI : LA VITA
Camillo Olivetti nacque a
Ivrea il 13 agosto del
1868 da un padre
agricoltore e mediatore di
terreni e da una madre
ebrea. La sua famiglia era
agiata,appartenente
all’alta borghesia.
Laureatosi in ingegneria
elettronica nel 1891,si
trasferisce a Londra dove
fece la sua prima
esperienza lavorativa in
fabbrica. Nel frattempo
sviluppò progressivamente
la sua aderenza al partito
socialista che
caratterizzò le sue idee
politiche e sociali. Nel
1893 intraprese un viaggio
negli Stati Uniti con
l’obiettivo di migliorare
e approfondire le sue
conoscenze riguardo alle
caratteristiche
dell’economia e
dell’industria.
Fabbrica in mattoni rossi
Avendo ereditato dal padre
uno spirito di imprenditore
cominciò a compiere i primi
passi da progettista.
Infatti, dopo essere
rientrato in Italia dal lungo
viaggio americano,fondò nella
sua città nativa una piccola
azienda con lo scopo di
costruire degli strumenti
elettrici di misurazione.
Inoltre costruì una fabbrica
in mattoni rossi per ospitare
la propria officina e gli
operai (per lo più
contadini)venivano scelti
personalmente da lui ed
istruiti sulle
caratteristiche
4
dell’elettronica.
Non mancò tra l’altro,di
trasmettere i propri ideali
politici agli operai,stando
anche molto attento ai
problemi sociali e del
lavoro. Nel 1899 sposò Luisa
Revel da cui ebbe sei figli.
Nel 1903 trasferì la sua
piccola ditta a Milano per
motivi finanziari, cercando
di trovare nuovi sbocchi
commerciali. La ditta divenne
in seguito nota come
C.G.S(Centimetro,Grammo,Secon
do, società in cui si inserì
anche il più importante
produttore di energia
italiano dell’epoca, la
Edison. Rientrando nel 1907 a
Ivrea, lasciò momentaneamente
la gestione per produrre
macchine da scrivere, idea
nata dal viaggio negli USA.
Fondò quindi il 29 ottobre
1908, usando la fabbrica a
mattoni rossi, la
Ing.C.Olivetti e C., la prima
fabbrica nazionale di
macchine per scrivere.
Macchina da scrivere M1
Nel 1908 tornò in America a
scopo informativo e qualche
anno dopo il suo ritorno nel
1911 presentò il primo
modello,la M1,
all’Esposizione Universale di
Torino. Dopo alcuni problemi
finanziari, la società iniziò
ad espandersi,aumentando la
produzione. Nel 1920 uscì il
secondo modello di macchina
da scrivere,la M20. Questo
progresso riuscì grazie anche
alla sua attenta tutela verso
gli operai, in un periodo
caratterizzato da scioperi
generali in tutta Italia.
5
Nel 1922 costituì la Fonderia e
nel 1926 la OMO( Officina
Meccanica
Olivetti),la quale
divenne unità produttiva
indipendente,per costruire
macchine utensili .Negli anni ’30
cominciò a dare maggiori
responsabilità al figlio Adriano,
entrato in azienda nel 1925 e
divenuto nel 1933 amministratore
delegato, continuando comunque
lui stesso a progettare e
produrre. Così nel 1938 lasciò la
presidenza della società proprio
al figlio, impegnandosi a
migliorare i servizi sociali per
i dipendenti. Negli ultimi anni
della sua vita pubblicò periodici
che proponevano riforme radicali
in campo economico,sociale e
industriale e, dopo l’armistizio
dell’8 Settembre 1943, fu
costretto ad abbandonare la sua
casa a Ivrea a causa delle leggi
razziali, trasferendosi nel
biellese. Peggiorarono
progressivamente le sue
condizioni di salute fino al
giorno della sua morte, avvenuta
il 4 Dicembre 1943.
Fonderia
OMO (Officina Meccanica
Olivetti)
6
RAPPORTO FRA QUALITÀ DELLA VITA ED EFFICIENZA
PRODUTTIVA
Tra il 1926 e il 1977
Camillo Olivetti progettò
tantissimi edifici a Ivrea,
comprese le case a favore dei
dipendenti della sua azienda
per risolvere il problema
dell’alloggio. Si servì di
architetti qualificati ed in
questo modo riuscì ad
ottenere risultati di alta
qualità ambientale e
costruttiva,molto importanti
per lui poiché pensava che
influissero sulla qualità
della vita sociale e sull’
efficienza produttiva. Ma
negli anni ’30 ci fu un
deciso cambiamento delle
politiche abitative, tramite
un nuovo progetto
urbanistico: nascono nuovi
quartieri residenziali, dei
quali la prima realizzazione
fu attuata da Figini e
Pollini, molto attivi nella
progettazione di stabilimenti
ad Ivrea.
Casa a 24 alloggi
Casa a 4 alloggi
7
Tra il 1939 ed il 1941 fu
costruita una casa di tre
piani nel Borgo Olivetti,
a ridosso della scuola
materna locale, per
ospitare 24 famiglie.Il
progetto seguì i canoni
dell’ architettura moderna
internazionale di quel
tempo, con volumi
riconducibili a figure
geometriche
elementari.Inoltre nel
periodo del dopoguerra
cominciò ad espandersi il
quartiere di Via
Castellamonte, un
complesso di sette case
disponobili per molte
famiglie, con forme a
parallelepipedo, un tetti
piani e pareti esterne
bianche, a mo dell’
architettura razionalista.
Tra queste sono comprese
anche case a 4 alloggi e
18 alloggi.
La città Olivetti
8
Tutti gli edifici costruiti
da Olivetti furono 1213(973
solo ad Ivrea)e
principalmente si trattò di
case date in affitto o a
riscatto, regalando
condizioni molto vantaggiose
rispetto ai prezzi di
mercato, senza contare l’
assistenza gratuita ed il
finanziamento agevolato dei
dipendenti interessati alla
costruzione o
ristrutturazione delle
proprie abitazioni.La
selezione dei dipendenti
privilegiati era affidata ad
una commissione formata dal
consiglio di gestione e dai
rappresentanti di alcuni enti
aziendali in base a reddito,
condizioni familiari e
anzianità aziendale. La morte
di Adriano Olivetti nel 1960
segna una svolta anche nella
politica edilizia della
Società: cambiano i criteri
di selezione e cooptazione
degli architetti, alcuni
progetti sono rallentati o
abbandonati.
Gli stabilimenti Olivetti
Mentre i vincoli di bilancio
diventano più stringenti,
migliorano le condizioni
socio-economiche dei
dipendenti, il cui numero – a
partire dagli anni ’70 –
inizia a calare. Poco alla
volta sfumano, quindi, le
ragioni che avevano
giustificato i rilevanti
investimenti dell’Azienda per
fronteggiare il problema
9
dell’abitazione dei
dipendenti.
Fonti
●
Camillo Olivetti, la vita : www.storiaolivetti.it
●
Le case a 24 e 4 alloggi : www.storiaolivetti.it
●
Foto Camillo Olivetti :
www.storiaolivetti.it
●
Foto casa a 24 alloggi :
www.mamivrea.it
●
Foto casa a 4 alloggi :
www.mamivrea.it
●
Foto Fonderia :
www.mamivrea.it
●
Foto OMO :
www.mamivrea.it
10
Liceo scientifico statale “Evangelista Torricelli” – Roma
A.S.2012/2013
Lettera 22
Divisumma 24
Case per impiegati
Case per dirigenti
Vanessa Domizi
Francesca Mayer
Alberto Oliviero 11
CASE PER IMPIEGATI
Tra il 1926 e il 1977 l’Olivetti
realizza a Ivrea e in altre località
importanti iniziative di costruzione
di abitazioni per i dipendenti. In
genere i progetti sono affidati ad
architetti qualificati, che
garantiscono risultati di elevata
qualità ambientale e costruttiva, in
coerenza con l’idea di Adriano
Olivetti secondo cui le condizioni e
l’aspetto dei luoghi di lavoro e di
residenza influiscono sulla qualità
della vita sociale e sull’efficienza
produttiva.
Sono sei case unifamiliari,
realizzate in un’area vicina agli
stabilimenti che prenderà il nome
di Borgo Olivetti. Il modello
stilistico è di tipo tradizionale; le
case dispongono di un orto-giardino,
per contribuire all’autosufficienza
alimentare delle famiglie. Tra il 1940
e il 1942 è realizzato un complesso di
sette case per famiglie numerose. Le
costruzioni hanno forma di
parallelepipedi, con tetto piano e
pareti esterne intonacate bianche
12
FIGINI E POLLINI
Luigi Figini (1903 – 1984) e Gino
Pollini (1903 – 1991) sono stati
due architetti Italiani del XX secolo.
Le loro storie professionali sono
quindi inscindibili l'una dall'altra e
sono legate alle opere che
congiuntamente hanno progettato e
realizzato. Figini e Pollini sono di
chiara fede razionalista e la loro
scelta iniziale è portata avanti con
coerenza tramite un lavoro continuo,
che si legge nelle loro costruzioni e
progetti e si estrinseca costantemente
nella ricerca dell'equilibrio tra
gli ideali propri del Movimento
Moderno forma, funzione, economia, ma
anche armonia e bellezza nuovi. Nella
loro opera si può leggere una
semplicità formale, nel
disegno planimetrico e prospettico,
che parla di luce e di spazio
architettonico, di tempo,
di spiritualità e di poesia, Altre
opere rilevano, invece, la ricerca di
un disegno armonico, di equilibrio di
rapporti e studio dei materiali in un
legame a quel razionalismo mai
dimenticato nella loro architettura.
13
CASE PER DIRIGENTI
Nel quartiere di via
Castellamonte (oggi via
Jervis), nel dopoguerra si
espandono abitazioni
progettate da Marcello
Nizzoli e Gian Mario
Oliveri: sei case
unifamiliari per dirigenti
dell’Olivetti (1948-1952),
due case di 4 alloggi
ciascuna (1951) e la
cosiddetta “casa a 18
alloggi” (1954-55).
Quest’ultima si differenzia
nettamente dalle opere
precedenti: collocata in
un’ampia area verde, si
presenta come l’aggregazione
di tre elementi di diversa
altezza e diverse soluzioni
formali per le facciate.
14
LETTERA 22
 La Lettera 22 è una
celebre macchina meccanica
portatile per scrivere
realizzata dalla Olivetti
e ricevette premi sia
in Italia nel ‘59 sia
all'estero (miglior
prodotto di design del
secolo secondo). Fu
progettata
nel 1950 dall'architetto e
designer Marcello Nizzoli.
La Lettera 22 sostituì il
modello Olivetti MP1.
15

La linea ideata da Nizzoli aveva la
tastiera incorporata nella
carrozzeria in alluminio, il rullo
incastrato senza nessuna emergenza,la
leva dell'interlinea emergente ma più
compatta nel corpo della macchina
rispetto alla Lexikon, per rispondere
alle esigenze di trasportabilità e di
limitato ingombro. La macchina per
scrivere misura 8,3 × 29,8 × 32,4 cm
e ciò la rendeva, nonostante il peso
di circa 4 chilogrammi, estremamente
funzionale al trasporto. La lettera
22 è una macchina per scrivere con
leve di scrittura a pressione. Ogni
volta che viene premuto un tasto di
scrittura.Il martelletto corrisponden
te, tramite il cinematico, va a
battere sul nastro con inchiostro
rosso o nero, dietro al quale sta il
foglio di carta sul quale viene così
impresso il simbolo corrispondente.
Una piccola leva situata in alto a
destra della tastiera può essere
usata per controllare la posizione
del nastro e selezionare la stampa in
colore nero, rosso o senza inchiostro
16
DIVISUMMA 24

Calcolatrice elettrica
automatica con chassis
composto da due parti: un
corpo metallico verniciato di
grigio chiaro e munito di
tastiera posta sulla
superficie frontale e un
coperchio. La tastiera,
inclinata per facilitarne
l'uso, è caratterizzata da
nove tasti numerici di forma
circolare in plastica bianca
riportanti le cifre da "1" a
"9", Sotto ai tasti numerici
e a destra sono presenti altri
tasti a forma variabile in
plastica nera. Sopra il corpo
principale della macchina è
posto un coperchio di plastica
nera Nella parte superiore
del coperchio vi è un'apertura
da cui fuoriesce la carta
tramite una piastra e una
lamina metallica.
17
Viene utilizzata per
addizionare,
sottrarre,
moltiplicare e
dividere velocemente a
250 cicli al minuto in
sequenza. In questo
modo, una grande
varietà di calcoli
possono essere
effettuati rapidamente
in modo automatico.
Ogni fase di un
calcolo e ogni
risultato è stampato
per mezzo di un nastro
inchiostrato in banda
blu e rossa su un
rotolo di carta.
18
Liceo Scientifico Evangelista Torricelli – A.S. 2012/2013
\
5F – Monir Ghassem,
Roberta Marazzotti,
Elisa Morbidelli
19
Adriano Olivetti – Progettare per vivere
Roberta Marazzotti
•
Figlio di Camillo e Luisa Revel,
nasce a Ivrea nel 1901. Il padre,
ingegnere elettrotecnico, dinamico
e geniale, nel 1908 fonda a Ivrea
la Ing C. Olivetti & Co. Adriano,
negli anni della formazione è molto
attento al dibattito
sociale e
politico,si
laurea
in
chimica
industriale
nel
1924
inizia
l'apprendistato nella ditta paterna
come operaio. Compie un viaggio di
studi
negli
Stati
Uniti,
al
ritorno, propone un vasto programma
di
interventi
per
modernizzare
l'attività
della
Olivetti:
organizzazione
decentrata,
direzione
per
funzioni,
razionalizzazione
dei
tempi
e
metodi di montaggio, sviluppo della
rete
commerciale
in
Italia
e
all'estero e più tardi, nel 1931,
creazione
di
un
Servizio
Pubblicità, che fin dagli inizi si
avvale del contributo di importanti
artisti e designer.
•
"La fabbrica di Ivrea, pur agendo
in
un
mezzo
economico
e
accettandone le regole, ha rivolto
i suoi fini e le sue maggiori
preoccupazioni
all'elevazione
materiale, culturale, sociale del
luogo ove fu chiamata ad operare,
avviando quella regione verso un
tipo di comunità nuova ove non sia
più differenza sostanziale di fini
tra i protagonisti delle sue umane
vicende, della storia che si fa
giorno per giorno per garantire ai
figli di quella terra un avvenire,
una
vita
più
degna
di
essere
vissuta. [...]. Questa fabbrica fu
quindi
concepita
alla
misura
dell'uomo perché questi trovasse
nel suo ordinato posto di lavoro
uno strumento di riscatto e non un
congegno
di
sofferenza.»
Cit.
Adriano Olivetti. Essa reincarna la
vera essenza della grande impresa
Olivetti,fondata sul rapporto umano
tra imprenditore e operaio.
20
Il bene e il bello sociale il valore dei modelli
Olivetti nei servizi sociali
Monir Ghassem
Straordinaria
figura
di
industrialeintellettuale, Adriano Olivetti chiamò a
Ivrea
architetti e
intellettuali
per
progettare insieme a loro lo sviluppo
della
ditta,
consapevole
delle
responsabilità sociali dell'industria e
del peso che essa ha sulla configurazione
e modificazione di un territorio, delle
sue possibilità di qualificazione o di
degrado
delle
aree
scelte
per
l'insediamento. Nella metà degli anni
Trenta iniziò lo sviluppo dell'asse di
via
Jervis
che
portò,
nell'arco
di
venticinque anni, alla creazione di una
vera e propria città nuova olivettiana. I
principali
protagonisti
furono
gli
architetti milanesi Figini e Pollini, che
progettarono
gli
ampliamenti
della
fabbrica, la fascia dei servizi sociali,
l'asilo nido e alcune abitazioni per
impiegati. Il loro lavoro, insieme a
quello di altri professionisti di fama
internazionale, portò alla creazione di
un esempio unico all'interno del panorama
architettonico italiano contemporaneo.
Servizi sociali - biblioteca
Ed. servizi sociali
21
• Funzione originale: centro
culturale, biblioteca,
infermeria, centro colonie
• Funzione attuale: uffici, centro
sanitario, centro di accoglienza
del Maam (abbandonato) bar
ristorante.
22
La fabbrica a misura di bambino
Elisa Morbidelli
Gli
asili
nido
si
segnalano
per
l’innovazione e la qualità sia sul piano
pedagogico,
che
su
quello
delle
strutture, pensate “a misura di bambino.
Negli asili si vuole creare un ambiente
aperto
e
stimolante:
“Scopo
dell’educazione non è di offrire ai
bambini la possibilità di un armonico
sviluppo fisico, intellettuale ed emotivo
in un ambiente tollerante e favorevole,
cioè ricco di stimoli adeguati”. L'asilo,
inoltre, è dotato di un'area sopraelevata
e lontana dalla strada, adatta per la
ricreazione all'aperto dei bimbi. I muri
dell'edificio sono stati realizzati in
pietra ad "opus incertum", mentre i
pilastri sono in pietra viva, si pensa
secondo un'antica usanza locale. Il corpo
principale racchiude nel perimetro della
sua pianta un patio, separato dalla
strada da un portico e coperto da un
sistema di tende mobili.
Asilo nido
23
Pianta Asilo Nido
Figini e Pollini
24
25
26
Liceo Scientifico Statale
“Evangelista Torricelli” A.S. 2012/2013

Officine Olivetti

Lexikon 80

Marcello Nizzoli
27
5F
Massimo Codazzo & Simone Gianaroli
OFFICINE OLIVETTI 1896
Pur non essendo un
esempio di
architettura
razionalista, la
fabbrica in mattoni
rossi, come viene
abitualmente
chiamata, ha un
grande valore storico
è stata infatti la
Prima fabbrica
nazionale di macchine
per scrivere
Olivetti, realizzata
su progetto dello
stesso Camillo e
risalente al 1896.
Officine Olivetti nel 1896
28
Inizialmente la
piccola fabbrica era
sufficiente per tutte
le attività della
Olivetti, ma con lo
sviluppo dell’azienda
nell’arco di
trent’anni si rese
necessaria la
costruzione di altri
edifici intorno a
quello principale.
La Fabbrica in Mattoni Rossi
29
Particolare del rivestimento murario
Particolare della finestra
L'edificio, caratterizzato da strutture portanti in
cemento armato e tamponamenti in mattoni,
corrisponde, per impostazione planimetrica e
strutturale, alla concezione e agli standard degli
edifici industriali dell’epoca. Vi si svolgevano
tutte le attività di produzione che si estendevano
progressivamente dalle macchine per scrivere ad
altri prodotti per ufficio, alle macchine utensili e
alle relative attività accessorie.
La Fabbrica in Mattoni Rossi
Camillo Olivetti
30
FONTI
• http://www.storiaolivetti.it
• http://www.mamivrea.it/collezione/edifici
31
LEXIKON 80
La Lexikon 80 è stata
disegnata da Marcello
Nizzoli e progettata da
Giuseppe Beccio.
L'introduzione del nuovo
processo produttivo della
pressofusione consentì a
Nizzoli di concepire un
rivestimento estremamente
plastico e una forma
esteticamente continua,
sottolineata dalle curve
e dalle linee determinate
dal combaciare dei due
pezzi, coperchio e
copertura.
Olivetti Lexicon 80 Tipo I
32
Olivetti Lexicon 80 “Scuola”
La Lexicon 80 è il primo
prodotto Olivetti esposto
nella collezione
permanente del Museum of
Modern Art di New York.
Olivetti
Lexikon 80
Questa non fu presentata
al mondo ad una Fiera
come altre macchine
Olivetti, ma fu
presentata "privatamente"
ad agenti e venditori nei
primi mesi del 1949
Particolare Olivetti Lexikon 80
33
Caratteristiche Lexikon 80
• Tastiera: 45 tasti corrispondenti
a 90 segni.
• Interlinee: 4 posizioni più lo zero.
• Tabulatore: con 8 tasti nelle versioni
con tabulatore decimale,con barra
singola nelle versioni con incolonnatore.
Olivetti Lexikon 80
• Carrozzeria: metallica con coperchio amovibile.
•
Colori: beige.
• Progetto meccanico: G. Beccio.
Note: le prime versioni vennero marchiate M 80,
successivamente Lexikon 80, anche se molte M 80
vennero solo trasformate applicando semplicemente
la targhetta Lexikon 80.
Le linee arrotondate di questo modello sono
un esempio di design italiano degli anni '50.
34
Particolare della tastiera
Lexikon 80
eccellenza di un prodotto e della sua pubblicità
La Lexikon 80 segna una
discontinuità nella storia delle
macchine per scrivere: non ha
nulla in comune con i modelli del
passato e in particolare con
l’ormai vecchia M40 del 1930.
Il manifesto disegnato nel 1950
da Nizzoli rappresenta
simbolicamente questa svolta. Il
variopinto e grande uccello che
si stacca dall’immagine elegante
della Lexikon 80 è un annuncio di
novità; è il simbolo di una
macchina moderna e colorata,
leggera e facile da usare, assai
diversa dai monumentali modelli
del passato.
Modello M40
35
Il tema della leggerezza è ripreso nel
1955 da un altro famoso manifesto di
Nizzoli: la pallina che rimbalza sui
tasti esprime l’idea della macchina
agile e veloce. Il messaggio è chiaro
e non ha bisogno di essere spiegato da
un testo.
Il nome Olivetti è ormai affermato e
basta a garantire la qualità e il
valore del prodotto.
Nel 1950 la Lexikon 80 esce anche
nella versione elettrica, che ne
migliora ulteriormente le prestazioni.
Alla pubblicità viene chiesto di
comunicare l’innovazione: la grafica
si preoccupa di rendere ben visibile
la presenza del cavo elettrico, mentre
il testo del messaggio ricorda che “il
motore libera dalla fatica”.
36
FONTI
• http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Econ
omia%20e%20Lavoro/2010/02/olivetti- prodottistorici_1948.shtml
• www.storiaolivetti.it
• wikipedia
37
Marcello NIZZOLI
Dopo essersi diplomatoall'Istituto
d'Arte di Parma ha iniziato a
farsi conoscere come pittore,
unendosi al gruppo Nuove
Tendenze e realizzando manifesti
pubblicitari per la Campari.
Ha preso parte all'allestimento di
varie mostre tra cui la Mostra
della Rivoluzione Fascista (1932),
la Mostra dell'Aeronautica (1934),
il Salone della Vittoria alla
VI Triennale di Milano del 1936.
Ha realizzato le sei mappe delle
città d'Italia (Assisi, Napoli,
Padova, Pisa, Bologna, Trieste)
affrescate sulle pareti della sala
d'aspetto di terza classe
della stazione centrale di Milano,
poi trasformata in Libreria
Feltrinelli.
38
La sua fama è legata
principalmente
all'Olivetti dove alla fine
degli anni trenta iniziò a
collaborare come
pubblicitario e in seguito
designer, realizzando tra
l'altro la famosa Lettera
22.Parallelamente lavorò come
architetto realizzando
numerosi edifici come quello
per la ditta Olivetti. Nel
1966 ricevette
dal Politecnico di
Milano la laurea ad
honorem in architettura.
Pubblicità Campari – M. Nizzoli
1950 – Olivetti “Lettera 22”
39
Case per dipendenti Olivetti
OPERE PRINCIPALI
•1957 - Macchina da cucire Mirella – Necchi
•1958 - Palazzo per uffici ENI a San Donato Milanese
•1959 - Macchina da scrivere Diaspron
•1964 - Palazzo Uffici, Ivrea (con Bernasconi e Fiocchi)
•1927 - MotoSacoche - Manifesto pubblicitario
•1928 - Lubrificanti Fiat - Manifesto pubblicitario
•1930 - Campari Aperitivo - Manifesto pubblicitario
•1930 - Bitter Le Coq - Manifesto pubblicitario
•1932 - Cordial Campari - Manifesto pubblicitario
•1933 - Manifesto Lido di Venezia (con Marcello Dudovich)
•1934 - Manifesto per la XIX Biennale di Venezia
•1936 - Negozi Parker, Milano
•1936 - Salone d'Onore della VI Triennale, Milano
•1940 - Calcolatrice Summa
•1947 - Aurora 88, penna stilografica
•1948 - Divisumma 14, macchina da calcolo
•1948 - Lexikon 80 macchina per scrivere
•1950 - Lettera 22, macchina per scrivere
•1952-1953 - Abitazioni per dipendenti Olivetti a Ivrea
•1954 - Macchina da cucire Supernova BU - Necchi
•1956 - Divisumma 24, macchina da calcolo
40
Liceo Scientifico Statale “Evangelista Torricelli” Roma
A.S. 2012/2013
Complesso Officine
Olivetti
Corso di Disegno e Storia dell’Arte
Prof.ssa Flavia Pusic
5F Valerio Andreotti
Giacomo Rastelli
41
Fabbrica
in mattoni rossi
Primo
ampliamento
Secondo
ampliamento
Terzo
ampliamento
42
La fabbrica in mattoni rossi
•
-1896-
A Ivrea il primo nucleo degli
stabilimenti Olivetti è familiarmente
conosciuto dagli eporediesi come “la
fabbrica in mattoni rossi”. La
costruzione, però, risale al 1896: era
stata progettata dall’ingegner Camillo
per ospitare una sua precedente attività
industriale. All’inizio la piccola
fabbrica è sufficiente per l’attività, ma
con il suo sviluppo, nel giro di 30 anni
si rende necessaria la costruzione di
altri edifici intorno a quello
principale. Nascono, così, le Officine
ICO, dall’acronimo del fondatore Ing.
Camillo Olivetti, che nell’arco di circa
sessant’anni, tra il 1896 e il 1958, con
successivi ampliamenti si estendono lungo
l’attuale via Jervis (allora via
Castellamonte), fino alla completa
saturazione dell’area disponibile. A
partire dal 1934, sotto la direzione di
Adriano Olivetti, lo sviluppo e la
modernizzazione della produzione portano
alla realizzazione di nuovi corpi della
fabbrica con uno stile architettonico
decisamente innovativo.
43
Primo ampliamento -1934/36Gli ampliamenti vengono affidati ai giovanissimi
Luigi Figini (1903-1984) e Gino Pollini (19031991), appartenenti a una nuova generazione di
architetti italiani, aperti alle contemporanee
esperienze delle avanguardie internazionali nel
campo dell’architettura, della grafica, della
pubblicità. Il primo ampliamento (1934-36) segue le
logiche della produzione in linea. L’edificio è un
grande ambiente, caratterizzato da una struttura
portante in cemento armato, che permette di formare
grandi luci per lo spazio del lavoro, illuminato da
ampie finestre a nastro; richiama,
nell’impostazione compositiva e tecnica, i modelli
di architetture per l’industria che stanno
maturando negli Stati Uniti e nel resto d’Europa.La
costruzione di questo primo blocco è attenta alle
esigenze tecniche della produzione, ma anche a
quelle psicologiche del lavoro. Lo spazio interno
viene pensato in accordo alle analisi e alle
ricerche relative alle qualità psicotecniche e
illuminotecniche degli ambienti di lavoro, condotte
fin dagli anni Venti negli Stati Uniti e che, a
partire dalla seconda metà degli anni Trenta, non
sono estranee agli architetti italiani più attenti
al dibattito sull’architettura industriale. Se ne
trovano tracce in numerosi articoli pubblicati su
“Casabella-Continuità”, che in quegli anni è tra le
più importanti riviste di architettura
internazionale.
44
Secondo ampliamento -1937/39Il secondo ampliamento (1937-39) prevede
sostanzialmente la sopraelevazione della fabbrica
e lo studio delle nuove addizioni nella parte
retrostante l’edificio, mentre si mettono a punto
delle proposte progettuali che poco dopo
confluiranno nel terzo ampliamento, il più
significativo per la caratterizzazione delle
Officine (1939-40). Nel 1939 ha inizio infatti la
costruzione di un nuovo edificio lungo 130 metri,
rivestito da una parete vetrata, atta a coprire
interamente la facciata dell’edificio e che
richiama, per la sua soluzione tecnologica, le
architetture delle avanguardie internazionali
degli anni Trenta, con un riferimento preciso
all’opera dell’architetto di origine svizzera
LeCorbusier e al dibattito promosso dai CIAM
(Congrès Internationaux d’Architetture Moderne)
sui luoghi della produzione e dell’abitare. La
parete vetrata progettata da Figini e Pollini
rinuncia alla possibilità di applicazione della
ventilazione forzata all’interno
dell’intercapedine vetrata, così come proposta
dall’architetto svizzero e utilizza invece il
principio della camera d’aria, risultante dallo
strato compreso tra le due superfici trasparenti,
cosa che garantisce una certa resistenza al
calore. Per evitare l’effetto del surriscaldamento
causato dal vetro, Figini e Pollini introducono
nello spazio intermedio delle antine opache in
faesite, disposte in serie continua, ruotanti
intorno a un asse verticale per “filtrare”
l’ingresso dei raggi solari.Le Officine Olivetti
si collocano da quel momento tra gli esempi più
rilevanti dell’architettura industriale in Europa,
suscitando interessanti commenti e prese di
posizione nel dibattito dell’architettura italiana
ed europea.
45
Pareti vetrate moderne
Facciata ventilata
Doppio vetro
con oscuramento
La faesite, truciolare
detto anche
impropriamente Masonite, è
un materiale composto da
fibra di legno pressato,
normalmente senza aggiunta
di sostanze incollanti. La
masonite è invece prodotta
con un metodo diverso, che
combina calore e alta
pressione.
La faesite prende il nome
dalla frazione Faé
di Longarone, presso la
quale il suo inventore,
Osvaldo Protti, era
proprietario di una
fabbrica omonima.
46
Terzo ampliamento -1956/57Il blocco delle Officine ICO sull’asse di via Jervis
si conclude negli anni ’50 con il quarto ampliamento
e la costruzione della Nuova ICO (1956-1957). In
questo nuovo stabilimento viene abbandonata
l’impostazione adottata per i precedenti edifici che
offrivano grandi ambienti indifferenziati rispetto
alle diverse fasi della produzione. La nuova
fabbrica ospita al suo interno due cicli di
produzione che trovano due collocazioni distinte,
non contemplate nel progetto originario, ma
differenziate nel corso della costruzione: quella
del montaggio delle macchine, e quella, sotto la
pregevole copertura in lucernari della corte interna
progettata da Eduardo Vittoria (conosciuta anche
come Officina H), che riguarda la torneria, le
presse e le lavorazioni meccaniche. La Nuova ICO
riprende nelle soluzioni formali la parete vetrata
già utilizzata negli ampliamenti precedenti, a
sottolineare anche una volontà simbolica nel
caratterizzare l’immagine unitaria dell’intero
complesso produttivo. Le doppie vetrate sono segnate
lungo il perimetro della corte interna e su uno dei
lati dell’edificio da fasce di fioriere orizzontali
in cemento armato, che corrono lungo la facciata e
interrompono la monotonia del curtain-wall. I corpi
delle torri per gli impianti sulla facciata della
corte interna sono rivestiti da piastrelle di
maiolica gialla. Questi elementi compositivi sono
assai significativi della sperimentazione formale
condotta da Figini e Pollini e nel loro insieme
propongono un nuovo, interessante esempio di
architettura industriale, molto innovativo rispetto 47
ai modelli allora in voga.
Fonti
• http://www.storiaolivetti.it/percorso.asp?idPercor
so=587
48
Liceo Scientifico Statale
“Evangelista Torricelli”
5F A.S. 2012/2013
“OLIVETTI COSTRUISCE”

5F - Kevin Mandawe
49
50




Il servizio mensa organizzato dalla
Olivetti viene istituito nel 1936,
Realizzato da Ignazio Gardella, viene
pensata
principalmente per i
lavoratori che provengono da fuori
Ivrea e che non hanno la possibilità di
rientrare a casa durante la pausa per
il pranzo. occupa il piano sotterraneo
di un’intera ala di fabbrica e prevede
anche una piccola area dotata di una
serie di fornelli che permettono di
riscaldare gli eventuali cibi portati da
casa.
Come sistema di distribuzione dei
pasti viene adottato il self service ed
il sistema di pagamento consiste
nell’utilizzo di buoni pasto.
L’Azienda dava rilevanza al benessere
dell’impiegato per questo la mensa
venne dotata di grandi vetrate da cui
poter
ammirare
il
panorama
circostante
51
1. Linee di distribuzione
della mensa
2. Montavivande
3. Office
4. Mensa rapida
5. Mensa servita
6. Mensa autonoma
7. Riscaldamento vivande
8. Siesta
9. Condotti condizionamento
La pianta della mensa Olivetti presso il Convento di
Ivrea. Il progetto, è stato ideato dall’architetto
Ignazio Gardella.
52
Interno dell’ edificio
Immagini dell’esterno
53

Nato in una famiglia di architetti, è
uno dei maggiori esponenti del
Razionalismo Italiano.

Stile architettonico

Se si cerca lo stile di Ignazio
Gardella si rimane disorientati. I
suoi progetti, negli anni, cambiano
secondo le diverse tendenze
architettoniche, spesso le anticipano,
ma sempre contengono elementi
divergenti dalla corrente alla quale
si potrebbero associare. il suo
recupero di tecniche costruttive
locali lo rende in qualche modo
eretico.

- L'architettura di Gardella mantiene
sempre una compostezza che si potrebbe
definire classica.
- capacità di cambiare registro, di
adattarsi al genius loci

54
L’OFFICINA H:
«Un museo a
cielo aperto»
Alessandra Melchiorre 5F
55
•
Nasce a Napoli il 12 aprile 1923.
Dopo essersi laureato presso la
Facoltà di Architettura di Napoli
(1947), collabora al corso tenuto
da Luigi Cosenza presso la
Facoltà di Ingegneria e fa
esperienza professionale presso
il suo studio. Contemporaneamente
si impegna nei nuovi organismi
associativi che andavano
costituendosi in quegli anni
quali l’Associazione per
l’Architettura Organica,
l’Istituto Nazionale di
Urbanistica, l’Associazione per
lo Sviluppo del Mezzogiorno,
iniziando un’intensa attività
pubblicistica sia come redattore
del quotidiano “La Voce” che
presso altri periodici
napoletani.
•
Trasferitosi a Roma nel 1950
pubblica suoi scritti su
“Metron”, “Rinascita”, “Società”,
“Galleria” e partecipa
attivamente alle vicende
culturali e politiche di quegli
anni. Nel 1951 è chiamato da
Adriano Olivetti ad Ivrea
(Torino) come consulente per la
costruzione del Centro Studi,
iniziando una lunga
collaborazione con quell’azienda
che si protrarrà, con alterne
vicende, fino agli inizi degli
anni ‘70, con il completamento
dei tre insediamenti industriali
di Scarmagno (Torino), Crema
(Cremona) e Marcianise (Caserta).
56
•
L'accorta composizione degli
spazi, il buon design e il
razionale uso della tecnologia
diventeranno la costante della
sua attività progettuale e
sosterranno i suoi incarichi
istituzionali ed accademici. Alla
fine degli anni ‘60, dopo un
intenso periodo di attività
professionale, lascia Milano ed
apre uno studio a Roma, che
chiude nel 1975 quando, eletto
Consigliere Comunale a Napoli, è
chiamato dal Sindaco Maurizio
Valenzi a far parte della prima
Giunta di sinistra in qualità di
Assessore al centro storico, ai
beni culturali, al patrimonio.
Nel 1967 è tra i docenti chiamati
a dar vita alla nuova Facoltà di
Architettura della Libera
Università “G. d’Annunzio” di
Pescara. Successivamente
trasferitosi di Roma «la
Sapienza» nel 1978
•
promuove la costituzione del
Dipartimento di Disegno Industriale
e Produzione Edilizia, di cui è
stato il primo direttore. Numerosi
i riconoscimenti della sua attività
progettuale e del suo impegno
culturale. È premio In Architettura
1964 per la sistemazione turistico
alberghiera di Capo Carbonara in
Sardegna (Cagliari). Suoi progetti
presentati a vari concorsi di
architettura sono premiati a Parma,
Aosta, Torino, Savona, Venezia,
Terni, Leopoldville (Repubblica
Democratica del Congo). Nel 1985 è
inoltre chiamato ad organizzare,
nell’ambito della XVII Triennale di
Milano la sezione “La fabbrica
giardino”, coordinando i contributi
progettuali di varie sedi
universitarie. Scompare il 10
maggio del 2009.
57
OFFICINA H
«Museo a cielo aperto dell’architettura
Moderna»
•
Situata nel cuore del distretto di architettura industriale olivettiana
che, a partire dal 2001, è diventato sede del “Museo a cielo aperto
dell’architettura moderna,”L’officina H progettata da Eduardo Vittoria
nel 1956,(situata in via Jervis) era in origine il cortile interno delle
Officine Olivetti disegnate e realizzate alla metà degli anni ’30 dai
maestri del razionalismo Luigi Figini e Gino Pollini. . Dalla copertura
a shed, una particolare sistema di illuminazione attraverso coperture
piane, e dalla struttura metallica blu intenso è risultato questo
particolare esempio di “architettura nell’architettura”, non visibile
dall’esterno, che è stata sede per molti anni di torni automatici e
presse della fabbrica delle macchine da scrivere. Cessata poi la
produzione, lo stabilimento aperto e flessibile, è stato utilizzato per
attività di assemblaggio e di magazzino, fino al totale abbandono. Nel
1998 l'area diventa sede per manifestazioni ricordanti la nascita della
fondazione della Società Olivetti, da cui prende forma l'idea di
dedicarla ad attività espositive, convegnistiche e di spettacolo.
58
•
•
Il progetto di ristrutturazione
(curato dall'Ufficio Tecnico
della Olivetti Multiservices
S.p.A.) pur dovendo sottostare a
rigorosi vincoli tecnici e di
sicurezza, viene sviluppato nel
rispetto dei valori
architettonici ideati da Eduardo
Vittoria, conservando la
visibilità delle colonne
metalliche anche attraverso i
muri tagliafuoco che proteggono
le vie di fuga (mediante
l'utilizzo di vetri "Pirostop"),
ricostituendo i materiali e i
colori originarie, realizzando
gli impianti di illumina-zione e
condizionamento completamente in
vista, secondo criteri condivisi
da Vittoria stesso. L’area è
stata inoltre dotata di un
ingresso indipendente.
All'interno della struttura uno
spazio destinato ad "Auditorium",
modulabile con tendoni teatrali
motorizzati
1-Officina H- Prima della
restaurazione-
2-Auditorium
59
offre tre diverse capienze di sala, con
un palco in grado di ospitare
un'orchestra di oltre ottanta elementi
e una cabina di regia che controlla gli
impianti luce, audio, video e
frangisole. Questi ultimi, installati
all'esterno degli shed di copertura,
consentono di regolare l'intensità
dell’illuminazione-naturale,
dall'impianto di illuminazione
artificiale montato su travi reticolari
in alluminio.
Gli impianti tecnologici sono
completati da un sistema di
riscaldamento e condizionamento "a
tutta aria" che consente di controllare
temperatura e umidità per l'intero
volume dell'ambiente, di circa
ventimila metri cubi. All'Auditorium si
contrappone la zona destinata alle
mostre, realizzata con pareti
metalliche mobili, componibili e
attrezzabili, che possono adattarsi
alle più svariate esigenze espositive,
offrendo una superficie di oltre
seicento metri quadrati complessivi.
•
•
Nel corso degli anni si è fatta
sempre più evidente la centralità
di questo luogo nella prospettiva
di attrazione turistico-culturale
verso il distretto architettonico
di Ivrea e la sua potenzialità di
essere il primo motore di un
sistema culturale territoriale più
di frontiera, che di provincia: una
fabbrica di idee, progetti, opere
ed eventi, dove poter dare
accoglienza e sviluppo alla
creatività più innovativa, al
dialogo tra le forme espressive
contemporanee, alla forza
comunicativa delle arti sceniche.
Inoltre tutto il Complesso delle
officine rimane di grande
importanza, non solo per la storia
industriale ma per la storia
dell’architettura italiana: alcuni
tra i più famosi architetti
italiani, si sono espressi con il
loro spirito creativo, tanto che
l’insieme degli edifici è stato
spesso indicato come il risultato
più significativo della ricerca
architettonica italiana nel ‘900 in
campo industriale.
60
61
FONTI UTILIZZATE:
HTTP://WWW.ARCHITETTIROMA.IT/MONITOR/D/PROFILO.ASP?ID=00179
HTTP://WWW.LATERZAISOLA.IT/INDEX.PHP/LUOGO/SHOW/ID/1
HTTP://WWW.MAMIVREA.IT/COLLEZIONE/EDIFICI/ICO5.HTML
HTTP://WWW.TEATROGIACOSA.IT/ITA/LOCANDINA_PDF.HTML
62
‘La
fabbrica non può guardare solo all'indice dei profitti. Deve
distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la
fabbrica per l'uomo, non l'uomo per la fabbrica, giusto? Occorre
superare le divisioni fra capitale e lavoro, industria e agricoltura,
produzione e cultura. A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le
luci degli operai che fanno il doppio turno, degli impiegati, degli
ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere un saluto pieno di
riconoscenza.’ (Adriano Olivetti)
Flavia Ianni
Noemi Rochira
63
CENTRO RESIDENZIALE EST ‘’LA SERRA’’
64
CENTRO RESIDENZIALE EST
Considerata un museo a cielo aperto, la città
di IVREA, situata in provincia di Torino,
ospita numerosi edifici innovativi voluti dal
famoso
imprenditore
e
ingegnere
Adriano
Olivetti.
Con
l’obiettivo
di
apportare
innovazioni
nel
campo
lavorativo
quali
l’organizzazione
del
personale,
la
razionalizzazione
dei
tempi
e
metodi
di
montaggio, sviluppo della rete commerciale in
Italia e all’ estero, cerca di incrementare la
produzione
tenendo
nella
massima
considerazione
le
esigenze
personali
e
famigliari dei dipendenti.
Il suo piano di innovazione parte dallo stile
architettonico
degli
edifici
voluti
dall’imprenditore che puntano ad uno stile
mai uguale e monotono ma teso alla ricerca e
alla valorizzazione del nuovo.
Un esempio
pratico del risultato ottenuto da Olivetti è
Il Centro Residenziale Est soprannominato “La
Serra”: la struttura dell’ intero edificio
ricorda la tastiera di una macchina da
scrivere ed è costruito utilizzando materiali
completamente industriali come l’acciaio e
l’alluminio,
che
vengono
affiancati
da
particolari elementi come i tettucci apribili
situati nelle stanze dell’hotel.
Focalizzando
l’attenzione
nel
dettaglio,
invece, si possono ammirare finezze tipiche
delle architetture navali quali le rifiniture
in legno, le scalette e le passerelle.
L’edificio è disposto su cinque livelli
ognuno
dei
quali
svolge
una
particolare funzione: su un livello è
presente una sala conferenza,su un
altro un cinema, su un terzo un
ristorante e bar, su un quarto un
hotel e su un quinto una piscina.
L’edificio
può
essere
quindi
considerato
polivalente,
sovvertendo
cosi la fisionomia di una tipica città:
le strade diventano corridoi, le case
stanze d’albergo, le piazze diventano
delle hall. La struttura portante è
stata realizzata con travi di acciaio e
cemento
armato,
pannelli
metallici
(verniciati in ocra bianco e argento) e
una parte di cemento verniciato con
tinta colore argento.
65
.
I
visitatori
possono
inoltre
accedere ai resti archeologici di
una città romana rinvenuti durante
la
costruzione
dell’edificio
iniziata tra il 1967 e il 1970.
Attualmente
la
struttura
versa,
purtroppo, in una condizione di
forte
degrado
nonostante
faccia
parte del Museo di Architettura
Moderna
di
IVREA,
anche
se,
recentemente, sono state effettuate
opere
di
modernizzazione
dell’impianto elettrico e di quello
idraulico. Tale degrado dipende dai
problemi
relativi
alla
sua
gestione:
attualmente
si
è
ipotizzato
un
“piano”
per
utilizzare al meglio le funzioni
ricreative e di accoglienza in esso
contenute.
ADRIANO OLIVETTI: “spesso il
termine utopia è la maniera più comoda
per liquidare quello che non si ha
voglia, capacità o coraggio di fare. Un
sogno sembra un sogno fino a quando
non si comincia a lavorarci. E allora può
diventare qualcosa di infinitamente più
grande”
66
IGINIO CAPPAI E PIETRO
MAINARDIS
Architetti
del
famoso
complesso
residenziale
‘’La
Serra’’,
Iginio
Cappai e Pietro Mainardis,
conseguono
la laurea rispettivamente nel 1962 e
nel 1960. Negli anni successivi Cappai
diventa assistente volontario del corso
di
architettura
tenuto
dall’Arch.
Franco
Albini,
successivamente
di
quello di impianto tecnico e infine di
.
quello degli elementi
di composizione
entrambi tenuti da noti architetti. La
sua
formazione
viene
completata
lavorando a Venezia in famosi studi di
architettura.
Mainardis svolge invece un periodo di
apprendistato nello studio dell’Arch.
Ignazio Gardella, avviando poi la sua
attività in modo autonomo e spostando
definitivamente la sede del suo studio
in Santa Croce. Le attività dei due
architetti
si
sviluppano
lungo due
direzioni:
da
un
lato
i
concorsi
internazionali, dall’ altro i progetti
studiati per le città dell’Italia nordorientale, in particolar modo per il
territorio veneto.
La struttura che
regala loro la massima notorietà è
proprio il “Centro Residenziale Est”
commissionato dallo stesso Olivetti.
Entrambi
si
inseriscono
nel
fenomeno
del
‘’Professionismo’’
caratterizzato
dalla
scelta
di
alcuni architetti di prediligere
l’aspetto progettuale rispetto a
quello teorico, di mettere al
centro dell’attenzione i materiali
utilizzati per la costruzione e i
sistemi di lavorazione.
Dopo la morte di Cappai (1999)
Mainardis continua a condurre
l’attività dello studio.
I progetti e le opere realizzate
dallo
studio
di
architettura
Cappai-Mainardis
testimoniano,
ancora oggi, la grande importanza
che la ricerca e l’innovazione
rivestono
anche
in
questo
settore.
67
IVREA COME PATRIMONIO
DELL’UNESCO
Per volere del Ministero per i Beni
e le Attività Culturali del Comune
di
Ivrea
e
della
fondazione
‘’Adriano Olivetti’’ la città di
Ivrea
è
stata
ufficialmente
candidata a diventare Patrimonio
dell’UNESCO.
Elemento
essenziale
di
tale
decisione sono state proprio le
opere
architettoniche
olivettiane
che
rappresentano
il
70%
del
perimetro urbanizzato della città.
Sono stati necessari quasi due anni
per la preparazione del dossier
richiesto
dall’UNESCO,
a
cui
dovranno seguire altri 18 mesi per
la sua valutazione.
Il verdetto definitivo dovrebbe
essere emesso nel 2015. Oltre
alla ricchezza strutturale, la
città
di
IVREA
incarna
la
testimonianza
dell’esperienza
industriale
piemontese
e
del
valore
dell’architettura
razionalista del XX secolo.
L’idea di candidare la città a
patrimonio dell’UNESCO maturò nel
2009, ma la prima documentazione
fu inviata nel dicembre del 2011.
Si può affermare, in definitiva,
che la città nel suo complesso
rappresenta
l’esempio
di
realizzazione
della
città
industriale fortemente voluta da
Olivetti,
nella
quale
l’importanza
rivestita
dall’aspetto
produttivo
è
la
stessa assunta dal rispetto per
le esigenze sociali ed economiche
degli abitanti della comunità.
68
BIBLIOGRAFIA
www.effettoserra.eu/architettura.htm
www.iuav.it
www.situnesco.it
www.comune.ivrea.to.it
www.fondazioneadrianolivetti.it
IMMAGINI
http://www.storiaolivetti.it/upload/adriano%20olivetti.jpg
http://3.bp.blogspot.com/xfacu3DSrQo/ThyBuZvDUoI/AAAAAAAADK8/KS74pY0uNho/s1600/1242508_A
R12_VIEW_Rome_IMG_8759.jpg
69
LICEO SCIENTIFICO STATALE “EVANGELISTA TORRICELLI” – ROMA
A.S. 2012-2013
OLIVETTI S.p.A
Fondazione Adriano Olivetti
Palazzo uffici 1
Palazzo uffici 2
M.A.A.M Ivrea
Annibale Fiocchi
Gino Valle
Gloria Tronti
Sara De Santis
Corso di Disegno e Storia dell’arte
Prof.ssa Flavia Pusic
70
Fondazione Adriano Olivetti
La Fondazione Adriano
Olivetti nasce nel 1962
ad opera di alcuni
familiari, amici e
collaboratori del grande
imprenditore, con
l’intento di raccogliere
e sviluppare l’impegno
civile, sociale e
politico che ha distinto
l’operato di Adriano
Olivetti nel corso della
sua vita.
71
La Fondazione, con sede dapprima a Ivrea e subito dopo a
Roma, si propone “la promozione, l’incoraggiamento e
l’organizzazione gli studi che sono diretti ad approfondire
la conoscenza delle condizioni da cui dipende il progresso
sociale”.Contemporaneamente l’attività si volge anche a
studi di carattere politico: è in questo periodo infatti
che, si svolgono studi e ricerche sul governo locale che
rappresentano ancor oggi una testimonianza tra le più
originali sul dibattito allora in corso relativo
all’istituzione regionale. Tra i principali progetti di
ricerca si devono annoverare il Progetto Bilancio e il
Progetto Energia e Ambiente. Il primo è finalizzato allo
studio del processo decisionale della finanza pubblica; il
secondo all’analisi comparata delle scelte di politica
energetica in campo nazionale e trans-nazionale.
L’attenzione nei confronti delle nuove tecnologie si traduce
in ricerche volte ad indagare l’impatto dell’informatica
sulla struttura e sulle relazioni sociali. In particolare
viene promosso uno studio sulle ’immagini’ dell’informatica
e sui loro effetti ai vari livelli sociali e professionali.
72
Palazzo Uffici 1
Negli anni ’50 l’Olivetti non disponeva di una sede per gli uffici
della presidenza e della direzione centrale così tra il 1952 e il
1955 agli architetti:Gian Antonio Bernasconi, Annibale Fiocchi e
Marcello Nizzoli, era stato affidato il compito di progettare una
nuova sede che potesse ospitare in modo più razionale gli uffici
della sede centrali.L’area più adatta destinata alla realizzazione
dell’edificio fu un vasto terreno di proprietà aziendale, alle falde
della collina di Montenavale a Ivrea. Nel maggio 1960, l’incarico
formale del progetto fu affidato a tre architetti.Per limitare
l’impatto ambientale, si riprese l’idea di una struttura a raggiera.
Questa soluzione soddisfaceva anche l’esigenza di rendere più
agevole la comunicazione tra i diversi uffici. Il corpo centrale,
fungeva da disimpegno e raccordo tra le ali è diventa luogo di
passaggio e incontro informale tra le persone. La suddivisione delle
aree è realizzata con pannelli mobili prefabbricati, che potevano
essere facilmente spostati.Il palazzo presenta sette piani fuori
terra, un seminterrato e due piani interrati per i magazzini,
impianti e servizi tecnici.La facciata, regolare ed armoniosa, è
alleggerita dall’ampia vetratura con finestre a nastro. Tra le
decorazioni spiccano quelle di Nizzoli.
73
La realizzazione della costruzione fu molto rapida. Nel corso
della costruzione furono apportate anche alcune modifiche
rispetto al progetto iniziale. Il centro di calcolo,
necessitava di soluzioni particolari e non poté essere
facilmente inglobato nel palazzo per uffici. Una
caratteristica dell’edificio è la copertura, che poggia sulle
pareti perimetrali e che, per effetto dell’ampia vetratura
con finestre a nastro sembra “sospeso”, rendendo più leggera
la massa della costruzione. In un progetto ambizioso come
quello impostato, non poteva essere ignorata la sistemazione
dell’ampia area verde circostante. Il compito venne affidato a
Piero Porcinai, a cui si deve in particolare la scelta molto
curata delle piante che ormai sono divenuti elemento
caratteristico del paesaggio locale. Il progetto di Porcinai,
ha contribuito in modo importante al positivo inserimento
ambientale del quartier generale dell’Olivetti.
74
Palazzo Uffici 2
Il Palazzo Uffici è l’unica opera
permanente progettata nell’ambito
delle realizzazioni previste per
l’Esposizione Universale di Roma
E42. Per le sue peculiari
caratteristiche, può essere ritenuto
a ragione l’edificio “pilota” per
tutte le altre architetture del
piano urbanistico/espositivo. La
complessiva articolazione
dell’impianto, nella sua identità
costruttiva e architettonica, ne
sottolinea il carattere di grande
contenitore sperimentale. Fu
progettato dall’architetto Gaetano
Minnucci. Pensato originariamente
come un parallelepipedo quasi
regolare, caratterizzato da una
grande corte principale e da altre
tre di servizio, nella stesura
finale mantiene il grande “patio”
monumentale collocandosi verso la
porta d’ingresso all’esposizione.
75
La struttura dell’edificio
presenta un primo corpo in
muratura portante ed un secondo
concepito in cemento armato. Il
progetto è ispirato a criteri
di razionale utilità.
L’apparente staticità
monumentale dell’intero corpo
di fabbrica è negata da una
continua e permeabilità visiva,
anche attraverso l’uso di
“colpi” prospettici d’incisiva
eleganza, e di riferimenti con
il contesto circostante. A
completamento dell’opera
vengono inoltre progettati e
realizzati gli arredi degli
uffici. La ricchezza e
l’eleganza dei dettagli
architettonici interni ed
esterni, congiuntamente alla
suggestione degli apparati
decorativi presenti,
contribuiscono a fare del
Palazzo Uffici un’opera dai
contenuti stilistici e
compositivi di grande effetto
ed armonia.
76
M.A.A.M IVREA
Inaugurato nel 2001, con l'intento di valorizzare il "lascito
culturale" della Olivetti, che si distinse sin dagli anni '50 per
i progetti d'avanguardia realizzati nel campo dell'urbanistica e
dell'architettura industriale e civile. Gli edifici raccolti dal
MAAM sono: Palazzo Uffici 1 e 2 (sede dell'Olivetti), le Officine
e centrale termica ICO, l'asilo nido, la mensa, il centro studi,
il quartiere residenziale Crist, l'Unità Residenziale Ovest,
chiamata popolarmente Talponia e numerose altre abitazioni per
dipendenti e dirigenti. Vicino al Palazzo Uffici, ha inizio il
comune di Banchette, il cui quartiere moderno composto
essenzialmente da palazzine, è stato proprio costruito negli anni
'60 e '70 per conto dell'Olivetti, al fine di garantire
un'abitazione per i propri dipendenti vicina al sito lavorativo.
Altri luoghi di interesse sono la fontana Camillo Olivetti,
situata di fronte al Ponte Isabella in prossimità del Lungo Dora,
e il complesso La Serra. Quest'ultimo è un grande edificio a forma
di macchina per scrivere, che inizialmente conteneva al suo
interno un caratteristico albergo dove ogni "tasto da scrivere"
rappresentava una camera dell'hotel; nell'edificio erano presenti
anche una sala conferenze e una piscina ma nel tempo l'albergo è
stato trasformato in miniappartamenti e la sala conferenze in
cinema.
77
Annibale Fiocchi
Figura di grande umanità e laureato nel
1939 al Politecnico di Milano (dove nasce il
29 luglio 1915), Annibale Fiocchi vive in
prima linea il conflitto mondiale prestando
servizio presso la Marina militare.
Rispondendo a un’inserzione di lavoro
apparsa su un quotidiano si stabilisce a
Ivrea e dirige l’Ufficio architetti Olivetti
dal 1947 al 1954. Nel frangente progetta
uffici residenze e servizi per colui che per
tutta la vita Fiocchi chiamerà «l'ingegner
Adriano», ma fa anche gli onori di casa
accompagnando nel «grand tour» delle
realizzazioni olivettiane illustri ospiti.
Tra le realizzazioni, sono da ricordare i
quartieri di Canton Vesco e la colonia a
Marina di Massa e il palazzo uffici Olivetti
a Milano. In seguito, con Bernasconi e
Nizzoli, realizza ancora per Olivetti il
palazzo uffici e centro meccanografico a
Ivrea. Ma ci sono anche altre le committenze
industriali «illuminate» per le quali
lavora. Opere attente all’orientamento
solare, all’innovazione tecnica,
all’industrializzazione del cantiere, alla
tecnologia dell’involucro come macchina
efficiente dalle prestazioni sempre
perfettibili, nella convinzione che
l’architettura veicoli la modernità quale
incubatore d’immagini collegate a un’idea di
rinnovamento possibile e di fiducia verso il
futuro, senza derive utopistiche.
78
Gino Valle e L’architettura
79
Gino Valle
La prima esperienza
artistica non fu legata
alla pratica
architettonica, bensì a
quella pittorica: nel
1943 due sue opere furono
infatti selezionate per
il premio di Bergamo.
Durante la seconda guerra
mondiale venne fatto
prigioniero e internato
in un campo di
smistamento in Germania.
Durante la sua prigionia
lavorò in una fabbrica di
cingoli armati. Frequentò
l'Istituto Universitario
di Architettura di
Venezia dove si laureò
nel 1948. Nello stesso
anno iniziò l'attività
professionale nello
studio del padre a Udine.
80
Ottiene numerose borse di studio
all'estero tra cui la Fullbright
presso la Harvard Graduate School
of Design nel 1951.
La prima esperienza di docenza fu
presso la scuola internazionale
del Ciam, dove insegnò dal 1952
al 1954. Fu professore alla
facoltà di architettura di
Venezia dal 1954 al 2001. Durante
la sua lunga carriera
professionale ha collaborato con
Zanussi, per la quale disegnò il
frigorifero piatto, e con Solari,
per la quale ha progettato
orologi e datari a cifra (con
Cifra 5 si è aggiudicato il
Compasso d'Oro del 1956), nonché
il sistema di teleindicatori per
aeroporti e stazioni, vincitore
del medesimo premio nel 1962.
Attualmente l'attività del suo
studio è continuata dallo Studio
Valle Architetti Associati, con
sedi a Udine e a Milano, diretto
dalla moglie Piera Ricci
Menichetti e dal figlio Pietro
Valle.
Sistema di teleindicatori
81
Fonti
http://www.storiaolivetti.it/percorso.asp?idPercorso=589
http://www.ilgiornaledellarchitettura.com/articoli//2011/3/109856.html
http://www.eurspa.it/la-societa/patrimonio/palazzo-uffici
http://it.wikipedia.org/wiki/Ivrea#Museo_all.27aperto_di_architettura_moderna_.28MAA
M.29
http://it.wikipedia.org/wiki/Gino_Valle
82
Liceo Scientifico Statale Evangelista Torricelli-Roma
A.S. 2012/2013
Marzia Di Francesco
Eleonora Schiattarella
83
EDIFICIO 18 ALLOGGI
L’edificio a 18 alloggi,
progettato dagli architetti
Nizzoli e Oliveri e realizzato
nel 1954-55. L’edificio, che si
differenzia notevolmente dalle
altre costruzioni del quartiere
che pure sono state in gran
parte progettate dagli stessi
architetti pochi anni prima.
Esternamente appare come
l’aggregazione di tre corpi
molto diversi per altezza e per
soluzioni architettoniche
adottate. Internamente, invece,
la costruzione è formata da due
corpi serviti da un blocco
scale. L'ingresso è decorato con
una pittura murale dello stesso
Nizzoli.
Facciata edificio 18 alloggi
Retro edificio 18 alloggi
84
UNITÀ RESIDENZIALE OVEST
Nel 1968, Roberto Gabetti e Aimaro
Oreglia d’Isola iniziano la
costruzione dell’Unità
Residenziale Ovest, meglio nota
agli abitanti di Ivrea con il nome
di «Talponia».
Il complesso si sviluppa su due
piani secondo una pianta
semicircolare di quasi 70 m di
raggio e di circa 300 m di
lunghezza. Al suo interno sono
collocati 12 alloggi duplex e 70
simplex. Questi ultimi sono
destinati a 1 o 2 persone e hanno
una superficie di circa 80 mq. I
duplex sono destinati a 3 o 4
persone massimo: al piano
inferiore c’è la zona notte e a
quello superiore la zona giorno.
Ogni appartamento ha il proprio
garage.
85
Elaborati grafici - Studio di architettura Gabetti e Isola
86
Esternamente risulta visibile
soltanto la parete vetrata continua
dell’affaccio degli alloggi: essa è
un curtain-wall con una fitta
partitura di montanti in alluminio,
elementi fissi alternati a parti
apribili; la passeggiata
panoramica, costituita da manto
erboso, di cui si possono servire
gli operai funge da copertura ed è
il prolungamento praticabile del
terreno circostante.
Punto di forza dell’architettura è
il dialogo con la natura. Ma
l’analogia naturalistica si ferma
al disegno poiché la costruzione
sottolinea la sua artificialità
nell’uso dei materiali. Questo
edificio propone connubio tra
natura e artificio, giocato ai suoi
estremi: gli alberi e il cristallo.
Particolare della facciata
La passeggiata panoramica
87
ELABORATORE ELETTRONICO ARITMETICO
L’ELEA 9003 discende dai modelli 9001 e 9002, prototipi
basati su tecnologia a valvole, che nella fase
sperimentale fecero da banco di prova per le
successive evoluzioni basate su transistor. Si
distingueva, inoltre, per l'originalità del design di
Ettore Sottsass.
Dal punto di vista tecnico
Elea 9003 era in grado di
elaborare circa 100.000
informazioni al secondo ed
era dotata di una memoria
di massa affidata ad unità
a nastro, per una capacità
di memorizzazione
praticamente illimitata.
Uno dei primi calcolatori della storia
88
VALVOLE
I tubi a vuoto sono ampolle, che presentano
al loro interno un catodo e un anodo fra i
quali avviene passaggio di elettroni.
L’emissione di elettroni da parte del catodo
avviene per mezzo termico infatti questo,
portato ad alta temperatura, emette elettroni
che si muovono più velocemente, superano un
dislivello di potenziale ed escono dal
metallo. Questo effetto prende il nome
effetto termoionico. Il riscaldamento del
catodo avviene per via elettrica e può essere
diretto o indiretto. Nel primo caso la
corrente circolante provoca il riscaldamento
del catodo, mentre nel secondo caso il catodo
viene riscaldato per mezzo di una resistenza
elettrica. Di solito il catodo è posto
all’interno dell’anodo, in modo da facilitare
la raccolta da parte dell’anodo degli
elettroni emessi dal catodo. Se fra anodo e
catodo c’è una d.d.p. positiva il tubo a
vuoto acquista la funzione di valvola
termoionica che apre e chiude il circuito
elettrico, interrompendo o meno la corrente.
ELEA 9001
Valvola termoionica 89
TRANSISTOR
Il transistor nasce in America alla
fine del 1947 grazie a Shockley,
Bardeen e Brattain, che per questo
risultato guadagneranno il premio
Nobel nel 1956. Il transistor
originale a punte di contatto
consisteva in una piastrina di
germanio, detta base, a una faccia
della quale era connesso un
elettrodo, mentre sull’altra faccia
erano poggiati altri due sottili
elettrodi a punta: uno era
detto emettitore ,
l’altro collettore. In questo modo
si avevano due punti di contatto.
90
FONTI
Unità residenziale Ovest:www.archi2.polito.it
Edificio 18 alloggi:
www.storiaolivetti.it
ELEA 9003:
www.museoaica.it
Valvole:
www.appuntidigitali.it
Transistor:
www.radiomarconi.com
91
Liceo Statale Scientifico “Evangelista Torricelli” - Roma
A.S. 2012/2013
La città di Ivrea: la gente e la sua fabbrica
Eduardo Vittoria: Centro Studi ed Esperienze – La centrale
termoelettrica
Classe 5F- Mattia Carboniero – Manuela Martinelli – Jacopo Delfini
92
92
“L'Architettura è il gioco sapiente, rigoroso
magnifico, dei volumi assemblati nella luce”.
e
Le Corbusier
93
93
LA CITTA' DI IVREA: LA GENTE
E LA SUA FABBRICA (Carboniero Mattia)
La città di Ivrea (fig. n.1) si estende
al centro di una conca, sulla strada
che porta in Valle d’Aosta.
E’ delimitata da una caratteristica
serie di rilievi montagnosi denominata
La Serra, assieme ad alcuni monti
prealpini del Canavese.
La città moderna si stende in piano
occupando le due sponde della Dora
Baltea, mentre il suo centro storico si
arrampica su di una collina che porta
al Castello ed al Duomo.
Fig. n. 1 – Collocazione geografica di Ivrea
Dove ora c’è la città, nei tempi
preistorici, c’era un immenso lago
formatosi
con
lo
sciogliersi
dei
ghiacciai.
Ecco perché tutto intorno alla città,
oggi c'è un così elevato numero di
piccoli laghi residui.
Fig. n. 2 – Scorcio della città di Ivrea
94
94
Forse sono pochi a sapere che agli inizi
degli
anni '70, in questa città vennero
progettati e prodotti
al mondo i primi
per la prima volta
Mini Computer (fig.
n.3), molto simili ai Personal attuali. In
quel tempo Microsoft non esisteva ancora,
non si parlava di Windows e neppure di
MS/DOS
e
forse
Bill
Gates
stava
ancora
frequentando le scuole medie. Non dobbiamo
dimenticarci che ad Ivrea vi era anche la
famosa
allora
fabbrica
era
produttrice
mondo
Olivetti,
stata
la
di macchine
e
un'importante
che
più
fino
importante
da scrivere
cominciava
produttrice
a
di
ad
del
diventare
tecnologie
informatiche.
Fig. n. 3 computer
Il primo modello di personal
95
95
Ivrea, una piccola città, ma una grande
industria.
La
praticamente
storia
la
di
storia
Ivrea
della
è
sua
fabbrica perché se la storia è il senso
del tempo, memoria del passato, attesa
del
futuro,
storia.
Ivrea
Qualche
non
ha
rudere
una
grande
romano,
un
castello medievale, delle vecchie case
circondate
storico
dalla
carnevale
periferia
informe
nuova
città,
(fig.
n.4),
sulle
sponde
e
lo
una
della
Dora Baltea. Fuori, un paese splendido
e intatto. Il paesaggio è dolcissimo e
il vento della valle· leviga i monti,
il cielo, i pensieri.
Fig. n. 4 – Lo storico carnevale d'Ivrea
96
96
EDUARDO VITTORIA
(Martinelli Manuela)
Eduardo Vittoria (fig. n.5) fu uno dei
più
importanti
architetti
che
lavoro'
nella città di Ivrea. Nacque a Napoli
nel
1923.
Nel
1947
si
laurea
in
Architettura sempre a Napoli, dal 1968
al
1973
insegna
Università
di
all'Università
premio
In/Arch
presso
Pescara
di
la
e
libera
dal
Napoli.Riceve
nel
1964
per
1973
il
la
ripianificazione di Capo Carbonara come
centro
turistico.
Consulente
di
Industrial Design e, dal 1952 al 1960,
consulente di architettura per Olivetti.
Scompare nel maggio 2009. Due delle più
importanti
strutture
da
lui
progettate
furono Il Centro Studi ed Esperienze e
Fig. n. 5 – Eduardo Vittoria
la Centrale Termoelettrica di Ivrea.
97
97
“Il Centro Studi si poggia polemico coi suoi colori marini
sul declivio della verde convalle che racchiude la fabbrica
di Figini e Pollini, le case di Nizzoli, le prepotenti
strutture della mensa di Gardella…”
Riccardo Musatti
98
98
IL CENTRO STUDI ED
ESPERIENZE
Eduardo Vittoria iniziò i lavori del centro
nel
1954,
ma ottenne
l'
abitabilità
nel
1955. La funzione originale dell'edificio era
quella
di
un
centro
ricerche-progettazione
(fig. n.7). Attualmente invece le sue stanze
sono
uffici,
invece
utilizzate
aule
e
in
laboratori
qualità
di
dell'istituto.
L'edificio ha 3 piani fuori terra, più uno
seminterrato,
ed
è
costituito
da
4
bracci
asimmetrici disposti ortogonalmente tra loro,
quasi a formare una croce, a partire da un
corpo centrale contenente la scala e i vari
servizi. Le pareti esterne sono rivestite da
piastrelle in klinker blu (fig. n.6) , chiaro
e scuro, mentre la struttura in cemento armato
è
leggibile
dall'esterno
dal
colore
grigio,
Fig. n. 6 – Rivestimento in klinker blu
originariamente bianco, delle fasce marcapiano
e dei pilastri perimetrali.
99
99
Eduardo Vittoria era convinto che non vi
sia
nulla
di
nuovo
nell’architettura
compenso
vi
moderna,
sia
approfondire
da
molto
quei
ma
da
motivi
inventare
che
in
studiare
per
che
i
grandi
maestri hanno già elaborato. Durante il
periodo dei lavori
quanti
avevano
si oppone dunque a
creduto
che
“l’uso
di
forme strane, libere, di piante distorte,
Fig. n. 7 – Centro Studi ed Esperienze prima
del restauro
di tetti spioventi potesse assicurare il
passaporto
dell’invenzione
Nel
su
1965,
progetto
artistica”.
dell'architetto
Ottavio Cascio, il secondo piano dell'ala
est
viene
prolungato
di
2
campate,
a
scapito di una delle terrazze. L'edificio
è
stato
Ettore
recentemente
Sottsass
e
ristrutturato
Marco
Zanini
da
per
ospitare la sede dell'Interaction Design
Institute Ivrea (fig. n.8).
Fig. n. 8 – Centro Studi ed Esperienze
dopo il restauro
100
100
LA CENTRALE TERMOELETTRICA
(Delfini Jacopo)
La
centrale
termoelettrica
utilizza
l’energia termica generata dalla combustione
di
oli
combustibili
orimulsion
prima,
o
metano),
attraverso
energia
un
meccanica
alternatore,
caldaia,
poi,
energia
sviluppata
trasforma
nafta,
trasformandola
ciclo
e
in
combustione
(carbone,
termico,
in
attraverso
un
elettrica.
all’interno
l’acqua
di
La
della
processo
in
vapore che, fortemente surriscaldato, va ad
agire
sulle
palette
n.9).
Quest’ultima
della
riesce
turbina
a
(fig.
trasformare
l'energia potenziale del vapore in energia
meccanica per poi cederla ad un alternatore
che
provvede
a
trasformarla
in
energia
elettrica in media tensione. Il livello di
tensione
viene
innalzato
dai
elevatori
che
collegano
la
rete
di
alta
trasformatori
centrale
alla
tensione.
Fig. n. 9 – Turbina con alternatore da
10.000 kVA
101
101
Il vapore, dopo aver ceduto il
suo
contenuto
turbina
energetico
(fig.
scaricato
n.10),
dalla
alla
viene
stessa
e
raccolto dentro il condensatore
all'interno
mezzo
del
quale,
per
dell'acqua
raffreddamento
di
proveniente
dall’esterno,
viene
ritrasformato in acqua e quindi
ricondotto
in
caldaia
attraverso la pompa di alimento
per ripetere un nuovo ciclo. In
un
impianto
convenzionale
circa
liberata
termoelettrico
solo
il
dell’energia
dalla
38
%
termica
combustione
nella caldaia viene convertita
Fig. n. 10 – Caldaia professionale
in energia elettrica.
102
102
Il
restante
nelle
62
%
viene
successive
dissipato
conversioni
dell’energia da chimica a termica,
da termica a meccanica, da meccanica
a
elettrica
dei
fumi
e
come
della
calore
residuo
ciminiera
e
del
vapore avviato alla condensazione e
recuperato
come
acqua
calda
da
rimandare alla caldaia per un nuovo
ciclo
(fig.
n.11).
L'energia
elettrica prodotta e immessa in rete
viene infine trasportata, per mezzo
di
opportuni
stazioni
altri
di
elettrodotti,
alle
trasformazione
dove
trasformatori
disponibile
varie utenze.
alle
la
richieste
rendono
delle
Fig. n.11 - Schema e principio di
funzionamento della centrale
termoelettrica
103
103
LA CENTRALE TERMOELETTRICA
DI IVREA
La
centrale
termoelettrica
si
trova
nel
comprensorio industriale della ICO (acronimo
di Ing. Camillo Olivetti) a Ivrea. All'inizio
degli anni '70, in seguito alla tempestiva
trasformazione
della
alimentazione
della
centrale da nafta in metano, si ottiene una
drastica
riduzione
della
emissione
di
fumi
nocivi. Non appena il metano arriva ad Ivrea
attraverso la rete della SNAM, l’Olivetti tra
il 1970 e il 1971 provvede a convertire la
centrale termoelettrica di Ivrea da nafta a
metano,
nocivi.
riducendo
La
tubazioni
centrale
foto
del
drasticamente
(fig.
metanodotto
termoelettrica
decompressione,
n.12)
dove
con
i
fumi
presenta
le
che
collega
la
la
centrale
di
arrivano
le
Fig. n.12 - Il metanodotto che alimenta la
centrale termoelettrica di Ivrea
forniture
della SNAM.
104
104
IMPATTO AMBIENTALE
Questo
tipo
l'aria
n.13).
di
centrale
inquina
fortemente
con i fumi della combustione (fig.
Il
monossido
di
carbonio,
l'anidride
solforosa, gli ossidi di azoto, il piombo e
gli
idrocarburi
sono
detti
inquinanti
atmosferici primari. In particolari condizioni
climatiche, e cioè quando l'aria non circola e
gli
inquinanti
nell'atmosfera,
permangono
si
a
verificano
lungo
reazioni
chimiche, favorite dalla luce del sole, che
danno
luogo
a
un
insieme
di
prodotti,
denominati nel loro complesso "smog", e che
rappresentano
gli
inquinanti
atmosferici
secondari.
Un discorso a parte va fatto per l'anidride
carbonica, la quale è un componente naturale
dell'aria,
processi
ed
è
indispensabile
biologici,
ma
è
anche
per
tutti
i
responsabile
Fig. n.13 - Fumaioli del locale caldaie
della regolazione della temperatura dell'aria.
105
105
L'anidride solforosa e gli ossidi di azoto, che si
generano
dalla
derivati
del
fenomeno
combustione
petrolio
delle
(fig.
piogge
del
carbone
n.14),
acide.
e
dei
provocano
Combinandosi
il
con
l'acqua piovana, l'anidride solforosa si trasforma
in acido solforico e gli ossidi di azoto in acido
nitrico,
queste
e
poi
ricadono
piogge
è
al
progressivo
suolo.
e
L'effetto
insidioso,
di
esse
producono un accumulo di acidi nel terreno e nelle
acque
dei
gravemente
fiumi
gli
vegetazione.
e
dei
laghi,
ecosistemi,
L'enorme
a
danneggiando
partire
immissione
dalla
di
CO2
nell'atmosfera impedisce alla Terra di reirradiare
nello
spazio
l'energia
che
riceve
dal
Sole,
provocando l'effetto serra, cioè il riscaldamento
dell'atmosfera, che, a sua volta, provoca l'aumento
della
temperatura
innalzamento
del
sommersione
delle
dei
ghiacci,
livello
regioni
del
determinando
mare,
costiere,
e
quindi
che,
come
un
la
è
noto, sono le regioni più popolate della Terra.
Fig. n.14 – Emissioni di una centrale
termoelettrica
106
106
L'impianto, come tutte le altre centrali del
resto,
occupando
una
certa
superficie,
normalmente recintata, allontana dalla zona
la fauna e, i vari edifici connessi al suo
funzionamento
impatto
comportano
sull'ambiente
paesaggistico.
Nella
turbine,
sia
i
producono
un
sempre
un
certo
punto
di
vista
dal
sala
macchine
generatori
rumore
di
costante
di
sia
le
corrente
parecchi
decibel che, a lungo andare, provoca danni
all'udito degli operatori, per cui, questi,
devono
essere
controlli
quali
medici.
gli
sottoposti
Le
a
macchine
alternatori
(fig.
periodici
elettriche,
n.15)
e
le
dinamo, per effetto dello strisciare delle
spazzole
sul
scintillio.
collettore
L'arco
generano
voltaico
un
certo
scompone
l'Ossigeno dell'aria O2 in O, che legandosi
poi ad altre molecole, forma Ozono O3, gas
velenoso dal caratteristico odore di aglio.
Fig. n.15- Alternatore di una centrale
termoelettrica
107
107
“LA BELLEZZA, INSIEME ALL'AMORE, LA VERITA' E LA
GIUSTIZIA,
RAPPRESENTANO
UN'AUTENTICA
PROMOZIONE
SPIRITUALE. GLI UOMINI, LI IDEOLOGIE, GLI STATI CHE
DIMENTICHERANNO UNA SOLA DI QUESTE FORZE CREATRICI, NON
POTRANNO INDICARE A NESSUNO IL CAMMINO DELLA CIVILTA‘”
Adriano Olivetti
108
108
BIBLIOGRAFIA

www.storiaolivetti.it

www.mamivrea.it

www.arte.it

www.energierinnovabilibruno.netsons.org

www.massacriticaivrea.blogspot.it
FONTI E ILLUSTRAZIONI
1) www.salamano.it
9)
www.beltramecse.com
2) News.immoiliare.it
10) www-made-in-china.com
3) www.informaticaitaliana.blogspot.com
11) www.rosariobernardi.it
4) www.sphimmtrip.blogspot.com
12) www.storiaolivetti.it
5) www.progettinetwork.it
13) www.mamivrea.it
6) www.mamivrea.it
14) www.enzomontanari.it
7) www.mamivrea.it
15) www.energierinnovabilibruno.netsons.org
8) www.mamivrea.it
16) www.arte.it
109
DOCUMENTI
Flavia Pusic
110
Il Giornale. it
Olivetti, addio alle stampanti: chiude stabilimento valdostano
La società, visto il declino del mercato, alla fine ha deciso di cessare le attività e
cedere la sua controllata Olivetti i-Jet
Ven, 01/06/2012 - 21:47
Chiude un altro pezzo di Olivetti, quello stampanti e fax. La società, visto il declino del
mercato, alla fine ha deciso di cessare le attività e cedere la sua controllata Olivetti iJet.
Eppure la società di Ivrea era stata tra le prime aziende a puntare sulla tecnologia ink
jet e su fax e stampanti. Ma il mercato e la dura legge delle produzioni a basso prezzo
effettuate sopratutto in Asia, alla fine, hanno vinto spingendo alla chiusura della
fabbrica di Arnad in Val d'Aosta, dove lavoreranno, fino a Natale 162 persone. E anche se
l'azienda controllante, Telecom Italia, assicura che tutti verranno ricollocati i sindacati
hanno già annunciato due anni di cassa integrazione. Certo sono lontani i tempi di Adriano
Olivetti, gli anni cinquanta, quando Ivrea era centro nevralgico dell'innovazione italiana
e internazionale e la società poteva contare su 24mila dipendenti. In realtà la
transizione, dalla macchina da scrivere primo prodotto dell'Olivetti fondata nell'ormai
lontano 1908, all'informatica era già cominciata. Olivetti, pare impossibile, vendeva bene
i suoi prodotti innovativi anche negli Usa.
Ma nel 1960 Adriano Olivetti muore prematuramente e la società non riesce a mantenere il
ritmo di innovazione impresso dal figlio del fondatore. Olivetti cambia pelle ma alla fine
la progressiva riduzione dei margini di redditività del business informatico e i nuovi
sviluppi delle telecomunicazioni, spingono negli anni '90 Olivetti a spostare il baricentro
verso questo settore, dapprima creando Omnitel (1990) e Infostrada (1995) e poi acquisendo
il controllo di Telecom Italia (1999), con la quale si fonde nel 2003. Ora Olivetti cerca
di riposizionarsi sul mercato dell'Ict, proponendo tablet specifici per la clientela
business che vengono venduti attraverso i canali di Telecom Italia. E l'evoluzione della
nuova offerta - spiega la società - richiede una forte focalizzazione e la necessità di
concentrare su di essa tutte le risorse disponibili. E dunque dire addio alle stampanti è
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un passo necessario.
I superstiti dell’Olivetti
Le cronache operaie dell’Unità/5
Di Rinaldo Gianola 2 ottobre 2012
Si torna a Ivrea perché anche se l’Olivetti è solo la flebile ombra del gigante del passato,
bisogna celebrare la fondazione. Il “Calepino dell’azionista” di Mediobanca ci ricorda che nel
1932, quindi sono passati ottant’anni, «la Ing.C.Olivetti & C. spa» viene fondata a Ivrea in via
G. Jervis, 77.
Sarà vero che non è rimasto quasi più nessuno, che l’Olivetti consuma gli ultimi fuochi, però
varcare il Palazzo Uffici è sempre una bella emozione. I sentimenti, a volte, aiutano a
consolarsi e offrono l’occasione del riscatto. E ce ne sarebbe un gran bisogno. Qui, una volta,
si respirava l’aria della grande comunità, circolava gente geniale e non erano solo gli
scrittori, i sociologi, gli architetti famosi chiamati a Ivrea per cimentarsi con un ambizioso,
illusorio?, nuovo modello d’impresa e di società. Erano gli operai, gli impiegati, i tecnici,
gli ingegneri a dare la “cifra” dell’impresa, a rappresentare la dignità e il valore del lavoro
in contrasto con il modello assai diverso, opposto, della Fiat a Torino. Peraltro toccò poi a un
olivettiano, lo scrittore Paolo Volponi, raccontare limiti e contraddizioni del capitalismo di
quest’impresa, aperta e plurale, ma pur sempre governata dalle «Mosche del capitale».
Questo palazzo è la sede storica dell’Olivetti, origine anni Sessanta. Quel che resta del gruppo
occupa il quinto e il sesto piano, il resto è stato invaso da call center (Comdata) e da altre
piccole imprese. Negli anni Ottanta, De Benedetti fece costruire a tempo di record il secondo
Palazzo Uffici, ora occupato da Wind. Al parcheggio spuntano indicazioni che ricordano gli
ultimi padroni. Ci sono le insegne di Pirelli Real Estate, finita male, ora la proprietà del
palazzo è passata a un fondo immobiliare.
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Al primo piano sotterraneo i lavoratori dell’Olivetti hanno mantenuto una sala, quella del
“Consiglio di fabbrica”. Proprio così, usano ancora questa definizione come se il tempo non fosse
passato. Un paio di scrivanie, una stampante, due armadi, un manifesto in bianco e nero che
ricorda Luciano Lama. «Siamo rimasti in pochi, siamo gli ultimi e non si sa nemmeno cosa sarà del
nostro futuro, se l’Olivetti sopravviverà» spiega Massimo Benedetto, 57 anni, assunto nel 1982,
impegnato in politica e nel sindacato, con il papà olivettiano. Per non disperdere la cultura, la
storia di quest’impresa si è messo in testa di archiviare su un computer tutte le piattaforme e
gli accordi sindacali dell’Olivetti. «Magari qualche studente, qualche storico possono trovare
interessante il materiale», si augura, ricordando quando «Ivrea negli anni Ottanta era piena di
giovani, ricercatori, neolaureati che venivano da tutto il mondo per lavorare all’Olivetti, per
studiare l’informatica, per progettare nuovi prodotti. Una parte di questo patrimonio ha poi
fatto crescere altre imprese sul territorio, ma quel periodo è finito da tempo. Purtroppo le
crisi continue, i tagli, le chiusure hanno distrutto l’impresa e oggi ci sono ingegneri ex
Olivetti finiti a organizzare i turni dei ragazzi dei call center».
È inutile oggi, almeno in questa sede, ricercare responsabili o colpevoli però si potrebbe fare
un bel seminario sulla fine delle fabbriche Olivetti. Fabrizio Bellino, segretario della Fiom di
Ivrea, ci aiuta a fare l’elenco, è impressionante. Racconta: «L’impianto di Scarmagno, qui
vicino, produceva computer e sistemi, aveva 6mila occupati, chiuso e diviso tra altre aziende di
varia natura. San Bernardo, stampanti, 2mila addetti, chiuso. Agliè, 500 lavoratori, copiatrici,
chiuso. Chiuse le linee di Ivrea, fermati gli impianti di Crema, Pozzuoli, Marcianise e Leinì...
per non parlare delle fabbriche all’estero». Una domanda almeno s’impone: l’Olivetti nel 1987
aveva 58mila dipendenti, scendono a 40.500 nel 1992, oggi sono 558, cosa è successo? Nel 1992-‘93
all’epoca di una profonda crisi economica, il Parlamento approvò la cosiddetta legge Olivetti con
la quale gli esuberi industriali potevano essere trasferiti alla pubblica amministrazione. I
lavoratori del gruppo si opposero a questa proposta. Certo, il capitalismo esce dalle sue crisi
con ristrutturazioni e tagli dolorosi, ma il bilancio dell’Olivetti è troppo duro. Oggi ci sono
tecnici, impiegati e ingegneri, gli operai, per sicurezza, li hanno eliminati quasi tutti. Sono
rimasti una quarantina.
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Giuseppe Vittonatti è stato assunto nel 1988, è uno dei più giovani, ha 44 anni e 4 figli.
Racconta: «Mi sono diplomato all’Itis Camillo Olivetti, poi ho studiato al Centro di tecnologie
informatiche Carlo Ghiglieno. Entrare all’Olivetti era lo sbocco naturale per ogni studente.
L’azienda telefonava a casa, offriva l’assunzione ben prima che arrivasse il diploma. Sono legato
all’Olivetti informatica, la trasformazione in azienda di telecomunicazioni non mi ha mai
convinto. A un certo punto, negli anni Novanta, tutti gli investimenti sono stati indirizzati
alle telecomunicazioni. Ai computer, ai sistemi, ai servizi sono stati tolti tutti fondi. La
creazione di Omnitel, il suo successo, non sono bastati a dare un futuro al gruppo e poi la
scalata di Olivetti a Telecom Italia è stata per noi solo un’illusione, una speranza di breve
durata perché sapevamo, e ne abbiamo avuto la conferma, che la nostra cultura industriale non
poteva integrarsi con quella di Telecom, eravamo due mondi diversi». A Ivrea c’è ancora
l’edificio dove mosse i primi passi Omnitel, ultima intuizione di Carlo De Benedetti prima che
arrivasse la bufera che lo costrinse a lasciare la guida dell’Olivetti nel 1996. Omnitel è stata
probabilmente la più bella impresa italiana creata da zero dell’ultimo quarto di secolo, oggi è
dentro Vodafone e il marchio della multinazionale, guidata dall’italiano Vittorio Colao, domina
il vecchio palazzo della svolta telefonica d’Ivrea. L’Olivetti, invece, che ha scalato Telecom
Italia oggi, dopo fusioni, scissioni, riorganizzazioni, è controllata dall’ex monopolista
pubblico dei telefoni.
Speranze? Progetti? Daniela Franchino è stata assunta all’Olivetti nel 1985. Lavorava alla Op
Computer, ceduta a un affarista americano in tutta fretta perché i computer perdevano un sacco di
soldi. Ricorda: «Se penso che i nostri tecnici andavano a Cupertino, in California, portavano
idee nuove... È così deludente. Se l’Olivetti vuole avere un futuro deve almeno mantenere i suoi
grandi clienti nel settore bancario, sviluppare le stampanti e le nuove macchine per le
scommesse, per i bolli, per i giochi, per gli assegni dematerializzati. Certo oggi si vive male,
non ci sono certezze né progetti imprenditoriali che possano far pensare a una svolta. Nessuno
investe più un euro nel Canavese e la gente se ne va mentre una volta Ivrea attirava giovani da
tutte la parti». La città, la vecchia capitale dell’Olivetti, perde abitanti. E molti fanno i
pendolari. Si è creato negli ultimi anni un flusso di pendolarismo qualificato, ingegneri e
tecnici, verso Milano. Si va a Santhià a prendere il treno e via verso la città. I treni sono
spesso in ritardo, i passeggeri protestano.
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Firmato l'accordo per i lavoratori della "Olivetti I-jet", che andranno nei call center di
"Telecom"
Martedì, 19 Giugno, 2012 - 17:30
redazione 12vda.it
Finiranno probabilmente in un call center del gruppo "Telecom" cento dei 162
dipendenti della "Olivetti I-Jet" di Arnad, che cesserà la produzione entro la fine
dell'anno.
L'accordo firmato con i sindacati nella giornata di martedì 19 giugno, che sarà
ratificato il prossimo lunedì 25 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
prevede l'avvio, dal 1° luglio, della "cassa integrazione straordinaria" per due
anni (eventualità che, con la riforma del lavoro del ministro Elsa Fornero, non si
sarebbe più potuta applicare) e, contestualmente, l'avvio della mobilità e della
ricollocazione dei primi cinquanta lavoratori.
Altri cinquanta dipendenti verranno spostati, entro il 2014, in altre aziende del
gruppo mentre per altri venti non è esclusa la possibilità del trasferimento alla
"Olivetti SpA", attualmente ospitata nello stesso fabbricato della "Olivetti IJet", che produce testine ad aghi, utilizzate in numerose stampanti installate in
uffici postali e banche.
La situazione più problematica è quella dei dirigenti dei "quadri" e dei lavoratori
altamente specializzati dei quali si occuperà un'azienda esterna nel cosiddetto
"outplacement", che cercherà loro, fondamentalmente, un nuovo lavoro consono alle
loro competenze.
Buona parte dei 77 valdostani assunti alla "Olivetti I-Jet" dovrà quindi spostarsi
fuori Valle per continuare a lavorare, probabilmente ad Ivrea, nella sede della
"Advalso", azienda dedicata alla progettazione
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ed erogazione di servizi e soluzioni di "caring" specializzato anche se non è
escluso che ad altri lavoratori vengano proposte soluzioni lavorative a Roma o a
Carsoli, in provincia dell'Aquila: da anni il "call center" aostano che si occupava
del "customer care" della clientela francese è stato chiuso e, come altri,
trasferito in India, dove il costo della manodopera è più conveniente.
E' quindi rimasta inascoltata la lettera che i lavoratori hanno inviato a "Telecom
Italia", proprietaria del marchio "Olivetti", chiedendo di «recedere dalla decisione
di liquidare l'azienda, che comporta la perdita, per l'Italia, di uno dei suoi poli
di eccellenza tecnologica, la perdita di quasi duecento posti di lavoro, difficoltà
in alcuni casi insormontabili per le aziende che hanno sviluppato i nuovi prodotti
sulla tecnologia "Olivetti I-Jet" e la scomparsa delle "start up" nate sui progetti
europei».
I lavoratori hanno trovato la solidarietà di Laura Olivetti, figlia del patron del
polo industriale canavesano, Adriano Olivetti, e presidente della fondazione
intitolata a suo padre che, lo scorso 13 giugno, a Torino, nel corso del convegno
"La Fabbrica al tempo di Adriano Olivetti" ha pubblicamente espresso il suo
personale rammarico per la chiusura dello stabilimento valdostano.
Ad Arnad la produzione di cartucce di inchiostro per fax e stampanti "Olivetti"
proseguira fino alla fine del 2012: sono previsti ordini per oltre 700mila pezzi, ma
nonostante questo, lo stabilimento valdostano, continua a presentare bilanci in
perdita.
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