Riassunto
L’India è uno dei paesi più grandi del mondo, il secondo in quanto a popolazione e
uno di quelli in via di sviluppo che negli ultimi anni ha mostrato le maggiori
potenzialità di crescita economica soprattutto in termini di risorse umane. Di qui
quindi l’importanza dell’argomento di questa tesi che è l’analisi dell’impatto della
liberalizzazione commerciale avvenuta in India nei primi anni Novanta sullo
sviluppo economico del paese, prendendo particolarmente in considerazione
l’evoluzione industriale e all’interno di questa focalizzando l’attenzione sulla
performance del settore dell’Information Technology.
Il primo capitolo inizia con una sintesi del quadro storico-politico del paese, dal
passaggio nel 1858 dell’India dal controllo della Compagnia delle Indie Orientali a
quello della Corona britannica fino quasi ai giorni nostri. All’interno di questo
periodo assumono particolare rilevanza prima la formazione del Congresso
Nazionale indiano, fondato nel 1885, una delle associazioni anticolonialiste e
nazionaliste più influenti del paese e più tardi, dopo la prima guerra mondiale fino
agli anni Quaranta, la resistenza passiva alla repressione britannica portata avanti da
uno dei personaggi indiani più famosi al mondo, il Mahatma Gandhi. Questa
continua opposizione al regime britannico condusse all’indipendenza dell’Unione
Indiana e del Pakistan nel 1947, e dopo l’approvazione della Costituzione
Repubblicana, alla proclamazione della Repubblica il 26 gennaio 1950. Da questa
data fino alla sua morte nel 1964 a guidare il governo fu Nehru, sostituito quindi da
sua figlia Indira Gandhi; in seguito diversi scontri politici portarono alla scissione
del Congresso e all’alternanza al governo di vari personaggi, tra i quali merita
menzione nel 1991 il primo ministro P.V. Narashima Rao.
Dopo l’excursus storico, vengono descritte l’evoluzione e la struttura dell’economia
indiana dall’indipendenza alla crisi del 1991 sia attraverso un confronto tra il reddito
pro capite registrato in India e quello di altri paesi asiatici in via di sviluppo, sia con
un’analisi del commercio internazionale, della crescita del PIL, dell’inflazione, del
deficit di conto corrente, ma anche di alcune significative statistiche sulla
popolazione (istruzione e alfabetismo, mortalità e aspettativa di vita). Vengono
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evidenziate le cause che hanno portato alla crisi, tra cui la pesante regolamentazione,
lo spreco di risorse, la lenta crescita delle esportazioni, l’aumento dell’inflazione e
del deficit, il problema delle infrastrutture. Quindi viene illustrato il programma di
soluzione della crisi del primo ministro Rao, primo ad introdurre una politica di
liberalizzazione commerciale in India; tra le misure intraprese la riduzione del
deficit fiscale e la svalutazione della rupia, le riforme del regime commerciale e dei
pagamenti, la liberalizzazione del settore finanziario. Nell’ultimo paragrafo si
descrivono gli effetti delle riforme del 1991 sulla crescita economica.
Il secondo capitolo è dedicato all’evoluzione dell’industria indiana e, per meglio
inquadrare il contesto in cui avviene, inizia con un’introduzione sull’economia
indiana in generale, e cioè il peso dell’agricoltura e dei servizi, oltre che
dell’industria, nella formazione del PIL, la produzione agricola, le esportazioni e le
importazioni. Dopo alcune osservazioni sull’indice della produzione industriale,
costituito per l’80% dall’attività manifatturiera si passa ad un’analisi dello stato
dell’industria indiana all’inizio del nuovo millennio in cui si individuano alcuni
fattori che potrebbero dare luogo a dei vantaggi comparati, quali la dotazione di
risorse naturali nel caso dell’industria alimentare, tessile o delle pietre preziose o
l’abbondanza di lavoro qualificato a costo relativamente basso per quanto riguarda il
settore dell’Information Technology. Quest’ultima è la risorsa chiave per la
manifattura che è l’unica attività che, sfruttandola, può trasformarla in
un’occupazione ad alta produttività, creando in tal modo un circolo virtuoso tra
crescita, occupazione e riduzione della povertà. A questo punto si analizzano in
concreto le performance di alcuni settori fondamentali per l’economia indiana in
termini di produzione, occupazione ed esportazione, come quello automobilistico,
tessile, alimentare, dei fertilizzanti e delle pietre preziose. L’ultima parte del capitolo
riguarda la tecnologia prima e dopo il 1991: mentre prima delle riforme si puntava
sullo sviluppo della tecnologia locale perdendo in termini di competitività ed
efficienza e la spesa in attività di R&S veniva sostenuta quasi esclusivamente dal
governo, con la liberalizzazione e quindi l’aumento della competizione
internazionale qualcosa è cambiato, le imprese spendono di più in R&S (tuttavia non
ancora abbastanza) e molti settori hanno iniziato a ristrutturarsi, concentrandosi su
nuovi prodotti e processi produttivi più efficienti.
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L’ultimo capitolo approfondisce il tema del successo dell’Information Technology
in India, in particolare del segmento del software e servizi. Innanzitutto viene
spiegato cos’è il settore IT e come si rapporta al PIL indiano, poi come si scompone
nei segmenti del software, dell’hardware e degli ITES (servizi resi possibili dall’IT).
In seguito viene descritta l’evoluzione dell’industria del software dal 1984 alla fine
degli anni Novanta ponendo particolare attenzione alle riforme del 1984 e del 1986
che segnarono un nuovo tipo di orientamento, cercando di promuovere le
esportazioni e quindi l’inserimento nei mercati mondiali, diversamente da quanto era
accaduto per tutti gli altri settori dell’economia negli anni precedenti il 1991,
principalmente dedicati alla sostituzione delle importazioni. Vengono evidenziate le
principali iniziative che hanno permesso il raggiungimento di questi obiettivi, e cioè
i Parchi Tecnologici Software (STP), le riforme di liberalizzazione nel favorire
l’export e nel permettere lo spostamento verso servizi a più alto valore aggiunto,
nonché la disponibilità di lavoro altamente qualificato a bassa retribuzione.
Il risultato positivo di questi sforzi emerge chiaramente dall’analisi seguente della
performance recente dell’industria IT-ITES indiana, prima considerando il settore
nella sua totalità e poi analizzando singolarmente i
dell’ITES-BPO
e
dell’hardware,
dal
punto
di
segmenti del software,
vista
della
produzione,
dell’esportazione, dei prodotti e servizi, sia sul mercato internazionale sia su quello
domestico.
Infine si esaminano i fattori che hanno determinato il successo del settore IT in
India, tra questi la precedentemente menzionata abbondanza di forza lavoro
qualificata e l’assenza di quell’intervento statale che era stato un ostacolo per le altre
industrie indiane imponendo un regime autarchico basato su una politica di
sostituzione delle importazioni. Inoltre vengono presi in considerazione il ruolo
giocato dalla reputazione (in termini di qualità) delle imprese indiane nel mondo
nella sorprendente performance dell’IT e le conseguenze da questa derivanti sulla
crescita e lo sviluppo economico del paese.
Il 1991 rappresenta per l’India una data storica, non solo per la forte crisi finanziaria
che il paese ha dovuto affrontare ma soprattutto per il modo con il quale il governo
ha cercato di risolverla, con il primo ministro Narashima Rao che si è fatto
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promotore di alcune riforme di apertura commerciale mai prima d’allora messe in
atto e nemmeno prese in considerazione.
Tutti i settori dell’industria indiana beneficiarono delle misure introdotte da Rao, tra
le quali la svalutazione della rupia, la riduzione dei controlli statali e del deficit
fiscale, l’apertura verso gli investimenti diretti esteri e gli investimenti istituzionali
esteri; tuttavia il settore che ne ricavò i maggiori vantaggi, nonostante già prima del
1991 godesse di particolari agevolazioni, fu quello dell’Information Technology e
all’interno di questo il segmento del software e servizi, orientato prevalentemente
alle esportazioni. E’ proprio qui che si può notare la rottura con il passato, in quanto
l’IT costituisce il primo esempio di un settore industriale indiano che non punta alla
sostituzione delle importazioni ma anzi mira allo sviluppo delle esportazioni e ad
una presenza di rilievo nei mercati internazionali.
L’IT rappresenta per l’India un caso di sviluppo eccezionale e senza precedenti,
protagonista negli anni Novanta di un vero e proprio boom, particolarmente
impressionante se confrontato con gli altri settori dell’economia indiana. La spinta
più importante di questa espansione viene sicuramente dal settore del software che
ha maggiormente beneficiato del passaggio con le riforme del 1991 da un’economia
chiusa ad una più aperta.
Il successo dell’India nell’Information Technology fa sorgere molte domande. Si
può replicare il “modello indiano” in altri settori in India e in altri paesi? In tal caso,
quali sono le politiche e le altre iniziative richieste affinché questo avvenga? Un
settore del software dinamico e internazionalmente competitivo è necessario per
ricevere internamente i benefici derivanti dall’espansione dell’industria IT? E’
difficile dare una risposta a tali interrogativi, tuttavia la performance indiana nel
settore IT sembra portare con sé una lezione per lo sviluppo economico. Nel caso
dell’India forse la conseguenza più importante è stata la sicurezza acquisita dal
paese. Nei tardi anni Ottanta, l’India aveva perso un po’ di fiducia, in quanto i gruppi
rappresentanti la società si rendevano conto di essere alle prese con una crescente
arretratezza, particolarmente se confrontata con gli altri paesi asiatici. Il successo
dell’industria IT è servito a far emergere nuove figure sociali, in particolare quella
dell’imprenditore privato, davanti alle elite politiche ed intellettuali indiane che solo
malvolentieri avevano accettato le riforme dei primi anni Novanta. I fattori
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fondamentali sottolineanti lo sviluppo dell’IT – un settore privato orientato alle
esportazioni che guidava la crescita con i mercati del lavoro flessibili e un limitato
ruolo dello Stato – non erano gli stessi che l’India aveva abbracciato in passato.
Da un altro punto di vista, la rapida crescita dei salari in questa industria ha
incrementato l’attrattiva per il capitale umano e quindi la domanda di istruzione.
Quest’ultima, insieme all’offerta, è aumentata ampiamente durante gli anni Novanta,
accelerando l’aumento nel paese delle persone qualificate, malgrado la stagnante
spesa pubblica. Gli imprenditori, piuttosto che i burocrati, sono diventati il nuovo
modello da seguire, diffondendo il messaggio della possibilità di creare sostanziale
ricchezza e apportare valore aggiunto, senza la manifesta corruzione associata al
mondo degli affari. Per l’India, questo risultato è stato rivoluzionario.
Se un paese vuole avere successo, più di ogni altra cosa deve credere che ciò sia
possibile e la crescente fiducia dell’India in sé stessa può rappresentare il maggiore
contributo dell’industria IT allo sviluppo economico indiano.
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