Debito pubblico in % del PIL
Paesi
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
DIFF
FR
64,1
64,2
68,2
79,2
82,3
86,0
90,3
92,7
28,6
GER
67,9
65,4
66,8
74,5
82,5
80,5
82,0
80,4
12,5
GRE
107,5
107,3
112,5 129,3
147,9
170,6
168,5
179,5
72,0
ITA
106,3
103,3
106,1 116,4
119,3
120,8
127,0
130,6
24,3
JAP
186,0
183,0
191,8 210,2
216,0
230,3
237,9
245,4
59,4
NET
47,4
45,3
58,5
60,8
63,1
65,5
71,7
74,5
27,1
POR
63,7
68,3
71,6
83,1
93,2
108,0
123,0
122,3
58,6
SP
39,7
36,3
40,2
53,9
61,3
69,1
84,1
91,8
52,1
UK
43,0
43,7
52,2
68,1
79,4
85,4
90,3
93,6
50,6
US
66,1
66,5
75,5
89,1
98,2
102,5
106,5
108,1
42,0
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Le modifiche nella gestione dei bilanci pubblici
La comprensione delle attuali relazioni che intercorrono tra debito sovrano e
rischio paese devono essere inquadrate nell’ambito delle mutate relazioni che
sono intercorse nel tempo tra politica monetaria e politica di bilancio nel
finanziamento della spesa pubblica.
Queste mutate condizioni hanno un collegamento diretto con la gestione del
debito pubblico e con le mutate capacità di uno stato di sostenere una sana
condotta finanziaria.
Un rapido esame di come ciò sia avvenuto in Italia può fornire utili indicazioni
sulla necessità che la politica di bilancio sia ora sottoposta, più di un tempo, alla
disciplina del mercato.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Per un lungo periodo, gli squilibri di finanza pubblica in Italia sono infatti rimasti
sullo sfondo senza che ciò generasse particolari problemi dal lato della loro
gestione.
Infatti, mentre gli squilibri cominciano ad apparire evidenti all’inizio degli anni
‘70, le origini si possono far risalire alla fine della seconda guerra mondiale.
A quel tempo, per effetto di un processo inflazionistico assai rilevante, il peso
del debito sul PIL si ridusse sostanzialmente (era il 24% nel 1947). Fu questa
una fase importante, perché molto debito era stato accumulato sia in ragione
della Grande Depressione del 1929, sia in ragione delle spese di guerra.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Successivamente a quel periodo, in virtù del boom economico che regalò
all’Italia tassi di crescita del PIL mai più sperimentati, ha contribuito a
mantenere basso il rapporto debito/PIL anche se il debito cresceva in valore
assoluto.
Inoltre, la crescita economica sostenuta garantiva entrate tributarie ingenti e
contribuiva quindi al miglioramento del saldo di bilancio.
Più rilevante, per la gestione del debito pubblico, fu in questo periodo il
finanziamento monetario del debito rivolto prevalentemente a titoli a breve
termine.
Si delinea quindi una comoda gestione del debito pubblico, che non ha
preoccupazione delle scadenze e dei rinnovi, perché era sempre possibile
collocare titoli presso la Banca Centrale.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Tuttavia, in ragione delle leggi di spesa che vennero introdotte fin dalla metà
degli anni ‘60, si ponevano le basi per una crescita della spesa pubblica di
lungo termine. Basti ricordare la generosità dei sistemi pensionistici e
l’introduzione del SSN.
Si forma quindi uno “zoccolo duro “ di fabbisogno primario (al netto della spesa
per interessi), che viene tuttavia ancora controllato da una crescita
sufficientemente elevata.
Si è notato infatti come negli anni ‘70, la contemporanea presenza del
finanziamento monetario dei titoli del debito, il controllo dei movimenti di
capitale, e il mantenimento di bassi tassi di interesse reale, abbia contribuito a
formare una gestione “accomodante” del debito pubblico, celandone la sua
tendenza esplosiva.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Dall’inizio degli anni ’70 però cominciano a mutare le condizioni istituzionali di
riferimento della politica di bilancio:
a)
si abbandona il sistema monetario internazionale nel 1971, dopo che gli
Stati Uniti sospesero la convertibilità in oro del dollaro (si chiude il sistema
di Bretton Woods);
b)
subentra la prima crisi petrolifera del 1973 con il conseguente processo
inflazionistico;
c)
muta il ruolo del bilancio pubblico nel sostenere i livelli di attività
economica e di occupazione.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
In particolare, l’abbandono del sistema di Bretton Woods segna il passaggio da
un sistema di cambi sostanzialmente stabili ad un maggiore disordine valutario,
in cui il ricorso alla svalutazione diviene più frequente, e le pressioni
inflazionistiche si accentuano.
Per contenere questo processo, l’Italia aderisce al Sistema Monetario Europeo
(SME) nel 1978, con una banda di oscillazione larga (6%). Inoltre, nel 1981, si
sancisce il divorzio tra Tesoro e Banca d’Italia e quindi si spezza il
finanziamento monetario automatico del debito pubblico.
Questo divorzio fa ovviamente impennare il costo del debito. Mancando
l’acquisto da parte della Banca Centrale, i tassi sono ora determinati in misura
maggiore dalle condizioni del mercato.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Se si aggiunge che in questo periodo inizia una progressiva fase di rimozione
dei vincoli ai movimenti di capitale, se ne deduce che la possibilità di una
comoda gestione del debito pubblico che si era manifestata in passato viene
progressivamente ad erodersi.
Non c’è più un accesso privilegiato all’elevato risparmio nazionale delle famiglie
residenti a tassi sostanzialmente “calmierati” dal finanziamento monetario; c’è
invece una esposizione maggiore al giudizio e alla disciplina del mercato.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Ci si trova quindi in una fase di gestione di un volume di debito pubblico
estremamente elevato e in fase di espansione con mutate condizioni
internazionali che ne resero impossibile una gestione “accomodante”.
Considerato che una grande quantità di debito aveva scadenze brevi, questo
esponeva il paese a rischi di liquidità significativi in presenza di shock
economici avversi.
Il divorzio sancisce che l’obiettivo prioritario della Banca Centrale è il controllo
dell’inflazione. Se questo è vero, la sua capacità di intervento sul costo del
debito pubblico diviene, alla meglio, limitata. Una scelta, quella della
monetizzazione del debito, che non appare più coerente con i compiti
istituzionali della Banca Centrale (Ciampi, 1983).
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
È in queste condizioni che il processo di riduzione del debito si sposta da un
meccanismo di sorpresa inflazionistica all’esigenza di conseguire tassi più
elevati di crescita economica, o di ricorrere a saldi primari strutturali, o, ancora,
di far ricorso a interventi patrimoniali straordinari.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
In sostanza:
a)
l’obiettivo di stabilità dei prezzi della Banca Centrale;
b)
la partecipazione ad un regime di cambi stabili (fissi);
c)
la completa libertà dei movimenti di capitale;
impediscono all’Italia di poter insistere nella formazione di continui
disavanzi pubblici, in presenza di bassi tassi di crescita.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Le relazioni che intercorrono tra debito pubblico, deficit, tasso di interesse e
tassi di crescita del sistema economico, infatti, richiedono per la stabilità del
rapporto debito/PIL che il tasso di crescita dell’economia sia maggiore del costo
del debito.
In assenza di questa condizione, il rapporto debito/PIL può essere mantenuto
invariato o ridotto solo in presenza di avanzi primari; cioè il debito non deve
essere alimentato dalla formazione di ulteriori deficit.
Si delinea quindi un sentiero stretto di politica fiscale, che risulterà poi ancora
più stretto nel momento in cui l’Italia aderirà all’Unione Monetaria, cioè in
corrispondenza della cessione della sovranità sulla politica monetaria.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Perché il sentiero diviene stretto? Perché le mutate condizioni internazionali
svuotano il bilancio pubblico della sua funzione di allocazione delle risorse e i
parlamenti nazionali del loro potere di decidere sulla destinazione delle risorse.
Subentra una disciplina “esterna” ai parlamenti che condiziona le politiche
fiscali. Rappresentazione massima di questa disciplina esterna è costituita, nel
tempo, dal trattato di Maastricht, dal Patto di Stabilità e Crescita e dal “Fiscal
Compact”.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Il trattato di Maastricht è siglato nel 1992; una prima versione del PSC è siglata
nel 1997 (trattato di Amsterdam). Da allora si apre un ampio dibattito se in
presenza di politiche monetarie e valutarie sottratte alla sovranità degli stati, sia
il caso di dotarsi regole fiscali comuni, e impedire che la politica di bilancio sia
invece rivolta a soddisfare preferenze diverse e a fronteggiare shock esogeni
asimmetrici.
Accanto a molti criteri, i trattati stabiliscono anche due criteri di finanza pubblica:
a)
b)
Il rapporto deficit/PIL non superiore al 3%;
Il rapporto debito/PIL non superiore al 60%.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Con la revisione del PSC, si è poi in effetti trasformato il vincolo in un vincolo di
pareggio del saldo di bilancio strutturale nel medio periodo (corretto per il ciclo).
Un analogo vincolo è stato recentemente introdotto nella nostra Costituzione.
Tuttavia, fin da subito, risulta abbastanza chiaro come la scelta dei vincoli
numerici non abbia un solido fondamento teorico; rifletteva, piuttosto, la
situazione di fatto prevalente nella media degli stati membri dell’Unione
Europea. Ne derivava che anche la coerenza dei vincoli era garantita soltanto in
presenza di tassi di crescita nominali piuttosto elevati; coerenza quindi
destinata a saltare se i tassi di crescita (come accaduto) fossero poi stati
inferiori.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Il Fiscal Compact ha poi esacerbato la situazione. Si prevede all’art. 4 che
quando il rapporto debito/PIL supera il 60%, si deve operare una riduzione del
rapporto stesso al ritmo medio di un ventesimo all’anno.
Quindi, se in Italia il rapporto debito/PIL fosse del 120%, quindi eccedesse il
limite per un ammontare pari al 60%, si dovrebbero attuare politiche fiscali tali
da ridurre il rapporto del 3% del PIL nel primo anno, il che dovrebbe implicare
una manovra restrittiva di circa 50 miliardi di euro economicamente
complicato.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Con LC 1/2012 è stato poi introdotto in Costituzione il vincolo del pareggio di
bilancio. Questa previsione ha di fatto trasposto la scarsa ragionevolezza dei
vincoli europei all’interno della Costituzione, limitando i margini di manovra dei
governi, imponendo politiche economiche restrittive non necessarie, e mettendo
seriamente in dubbio la sostenibilità di politiche sociali (che pure trovano
copertura costituzionale), senza le quali la situazione economica del paese
potrebbe aggravarsi a dispetto del pareggio di bilancio.
Si è quindi assegnata forza costituzionale ad un vincolo numerico, senza che
questo rifletta una condivisa e solida base teorica di riferimento. Un “revival”
della finanza classica di Smithiana impostazione, a scapito di quella
keynesiana.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio,
tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.
Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del
ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza
assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.
…
Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad
assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del
debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge
approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel
rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
«Art. 5. LC 1/2012
1. La legge di cui all'articolo 81, sesto comma, della Costituzione, come
sostituito dall'articolo 1 della presente legge costituzionale, disciplina, per il
complesso delle pubbliche amministrazioni, in particolare:
a) le verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica;
b) l'accertamento delle cause degli scostamenti rispetto alle previsioni,
distinguendo tra quelli dovuti all'andamento del ciclo economico, all'inefficacia
degli interventi e agli eventi eccezionali;
c) il limite massimo degli scostamenti negativi cumulati di cui alla lettera b) del
presente comma corretti per il ciclo economico rispetto al prodotto interno lordo,
al superamento del quale occorre intervenire con misure di correzione;
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
d) la definizione delle gravi recessioni economiche, delle crisi finanziarie e delle
gravi calamità naturali quali eventi eccezionali, ai sensi dell'articolo 81, secondo
comma, della Costituzione, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge
costituzionale, al verificarsi dei quali sono consentiti il ricorso all'indebitamento
non limitato a tenere conto degli effetti del ciclo economico e il superamento del
limite massimo di cui alla lettera c) del presente comma sulla base di un piano
di rientro;
e) l'introduzione di regole sulla spesa che consentano di salvaguardare gli
equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto
interno lordo nel lungo periodo, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica;
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
f) l'istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia
costituzionale, di un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi
e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell'osservanza
delle regole di bilancio;
g) le modalità attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economico
o al verificarsi degli eventi eccezionali di cui alla lettera d) del presente comma,
anche in deroga all'articolo 119 della Costituzione, concorre ad assicurare il
finanziamento, da parte degli altri livelli di governo, dei livelli essenziali delle
prestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civili e sociali.
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
C) Relazioni tra agenzie di rating, debito sovrano e rischio paese
C.1. le modifiche nella gestione dei bilanci pubblici
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
C) Relazioni tra agenzie di rating, debito sovrano e rischio paese
C.1. le modifiche nella gestione dei bilanci pubblici
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia
C) Relazioni tra agenzie di rating, debito sovrano e rischio paese
C.1. le modifiche nella gestione dei bilanci pubblici
Paolo Liberati, Dipartimento di Economia