Editoriale Vol. 98, N. 4, Aprile 2007 Pagg. 239-242 Elementi clinici e psicopatologici nel dolore cronico Camilla Callegari, Fabio Salvaggio, Anna Gerlini, Simone Vender Riassunto. Il dolore cronico costituisce un problema diffuso nella medicina generale e in psichiatria. Ha componenti fisiche e psichiche. All’interno di ognuna delle patologie psichiatriche, il dolore assume un ruolo specifico e si presenta con diversa frequenza e intensità. Le terapie mediche possono trovare un valido supporto nell’utilizzazione di farmaci psichiatrici. Parole chiave. Dolore cronico, duloxetina, SNRI, inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina, venlafaxina. Summary. Chronic pain. Physical and psychic elements. Chronic pain is a widespread problem in general medicine and in psychiatry. It consists in physical and psychic elements. The pain has a specific role, a different frequency and a different intensity in each mental illness. Medical treatments can get benefit from psychiatric drugs. Key words. Chronic pain, SNRI, SSRI. Introduzione Quest’ultima osservazione rende forse più facile comprendere come spesso il dolore cronico, a difLa definizione di dolore non è univoca in mediferenza di quello acuto, sia comunemente più difficina. L’International Association for the Study of cile da individuare e anche da credere. Pain (IASP) lo descrive coIl dolore dorso-lombame «una sgradevole espere può rappresentare una rienza sensoriale ed emodelle forme caratteristiIl dolore costituisce una delle esperienze tiva, associata a danno che di questo tipo di dolopiù pervasive che un individuo può provare tissutale, in atto o potenre che, a parte una vera e e uno dei problemi più difficili da trattare ziale, o descritta in termipropria lesione fisica, può per ogni medico1. La sua vasta diffusione ne di tale danno»2. Altri diventare, a volte, un disia nell’ambito della medicina generale, sia abbandonano il concetto sturbo psico-comportaall’interno dei disturbi mentali, rende ancostesso di “danno”, spomentale, definito come ra più gravoso il compito del terapeuta che stando l’attenzione sulla “sindrome da dolore si trovi di fronte a pazienti dominati da quecomponente soggettiva cronico”, che richiede sto sintomo. del dolore; ad esempio, una complessa terapia l’Institute of Medicine neurofarmacologica e psiCommittee on Pain, Disachiatrica5. bility and Chronic Illness Behaviour lo considera La prolungata presenza di una sintomatologia come «una percezione complessa, che coinvolge lidolorosa comporta numerose modificazioni nella velli superiori del SNC, stati emozionali e processi vita dei pazienti. Quasi sempre è osservabile mentali di ordine più elevato»3. un’accresciuta richiesta rispetto ai Servizi sanitaAnche nella distinzione fra dolore acuto e crori. La maggior parte dei pazienti va incontro a inanico, non esiste un criterio temporale universalbilità lavorativa, a cambiamenti dello stile di vita mente accettato. Per il DSM-IV, perché si possa e degli interessi, a una modificazione delle relaziodiagnosticare un “disturbo algico”, la durata deve ni familiari e sociali e, conseguentemente, a uno essere superiore ai 6 mesi. L’International Assoscadimento della qualità di vita fino ad arrivare, ciation for the Study of Pain definisce “cronico” il nei casi più gravi, a un cambiamento della persodolore che duri più di 3 mesi, mentre per altri4 annalità6. drebbe posta l’attenzione su un eventuale prolunAlcuni autori hanno tentato di tracciare un progamento della durata attesa del dolore per ogni filo personologico che potesse essere predittivo delsingolo disturbo. lo sviluppo di una patologia dolorosa cronica. Dipartimento di Medicina Clinica – Psichiatria, Università degli Studi dell’Insubria, Varese. Pervenuto il 24 luglio 2006. 240 Recenti Progressi in Medicina, 98, 4, 2007 Una caratteristica che si riscontra molto frequentemente è la tendenza alla tossicofilia, in particolare per l’alcool, i farmaci sedativi e gli analgesici. Altri aspetti, quali la visione pessimistica della vita e l’atteggiamento di dipendenza dagli altri, altrettanto frequenti in soggetti ritenuti inclini a sviluppare una patologia dolorosa cronica, sembrano più una conseguenza della patologia che un reale fattore predittivo o di rischio. Dolore e disturbi mentali I dati più recenti descrivono una prevalenza del dolore cronico nei malati mentali compresa fra il 10 e il 100%, con una frequenza maggiore nei soggetti affetti da nevrosi rispetto a quelli con schizofrenia o altre psicosi7. In particolare, patologie quali il disturbo somatoforme o l’ipocondria trovano nel dolore uno dei sintomi cardine del loro quadro clinico8. Il dolore ha infatti componenti fisiche e psichiche. La divisione nelle categorie di dolore esclusivamente fisico (reale) o esclusivamente psichico (“è tutto nella tua testa”) è falsa e confonde sia i medici sia i pazienti, rendendo inefficaci i tentativi di trattamento. Anche se non in tutti i casi è correlabile a una malattia fisica sottostante, il dolore è sempre nella testa di qualcuno ed è sempre reale, eccetto che nella simulazione: è complessivamente un’esperienza sgradevole sia per la sensibilità fisica, sia per la sfera emotiva e deve quindi essere affrontato come una condizione di sofferenza del paziente, per la quale è necessario trovare la modalità di cura più efficace. La reazione psicologica al dolore è differente, a seconda del momento in cui intercorre e della personalità del soggetto e può scatenare reazioni psicologiche di frustrazione, rabbia, impotenza, intolleranza, sconforto, disperazione. Ovvero essere causato e/o aumentato da alcune malattie psichiatriche o esserne un sintomo specifico9. Le malattie psichiatriche che sono scatenate, accompagnano o si mascherano sotto la forma di dolore cronico devono essere considerate e trattate, perché al loro miglioramento corrisponde la riduzione o la scomparsa del dolore stesso. All’interno di ognuna di queste patologie, il dolore assume un ruolo specifico e si presenta con diversa frequenza e intensità. Brevemente verranno esposte quelle condizioni che più frequentemente si associano a una sintomatologia dolorosa. DEPRESSIONE Una diagnosi di disturbo depressivo è presente nel 20-30% dei pazienti con dolore cronico e in molti casi è antecedente la sua comparsa10. Questo significa sostanzialmente: 1. Esistono pazienti che sviluppano una malattia depressiva come conseguenza del dolore cronico e pazienti che, ammalati di depressione, avvertono come particolarmente intollerabile il dolore da cui sono affetti, che si protrarrà nel tempo. 2. Esistono pazienti nei quali il dolore non trova spiegazione in un danno fisico, ma si comporta come un sintomo, definito “equivalente depressivo”, tipico della depressione mascherata. Un esempio di come i disturbi depressivi siano strettamente correlati con patologie algiche è rappresentato dalla fibromialgia, definita come una patologia muscolo-scheletrica cronica per cui non esiste un substrato organico dimostrabile e la cui eziopatogenesi resta per lo più ignota. Questa è caratterizzata da dolenzia muscolare cronica generalizzata e dalla presenza di un numero non inferiore a 11 «tender points», ossia precisi punti muscolo-tendinei che risultano dolenti alla pressione delle dita. In letteratura è ampiamente riportata l’associazione con altre condizioni come insonnia, ansia, depressione, affaticamento, cefalea e rigidità muscolare cronica11. Nello specifico, il 50-70% dei pazienti con fibromialgia presenta in anamnesi un episodio di depressione maggiore, anche se solo il 18-36% presenta i due disturbi contemporaneamente. Fibromialgia e depressione condividono la comorbilità con disturbi quali la cefalea a grappolo e quella muscolo-tensiva, la sindrome da affaticamento muscolare cronico e la sindrome premestruale, disturbi che, così come la fibromialgia stessa, presentano una discreta risposta ai farmaci antidepressivi12. Non è ancora chiaro se sia la fibromialgia a provocare sintomi depressivi o, secondo una classica teoria psicosomatica, avvenga il contrario13. DISTURBI SOMATOFORMI, IPOCONDRIA, DISTURBO DI CONVERSIONE, DISTURBO ALGICO I disturbi somatoformi costituiscono un gruppo di disturbi con sintomi fisici nei quali o non esiste una patologia medica o l’intensità della sintomatologia è decisamente sproporzionata alla malattia presente. I pazienti accusano spesso sintomi fisici esagerati, timori irrazionali e preoccupazione per le malattie e accettano con difficoltà che il proprio disturbo abbia una causa psicologica. Tipicamente, nell’ipocondria il paziente è convinto di soffrire per una malattia fisica, a dispetto delle rassicurazioni che il medico gli ha fornito o che, come nel caso del mal di schiena, sono confermate dai risultati di esami quali Rx, TC, RMN ecc. Il disturbo di conversione, che corrisponde in parte alla vecchia isteria, si manifesta con sintomi neurologici quali difficoltà motorie, instabilità e vere e proprie paresi e/o paralisi senza che nessuna struttura neuromuscolare sia effettivamente danneggiata. Il disturbo algico è caratterizzato da dolore, scatenato o esacerbato da fattori psicologici. La lesione fisica, se presente, non è sufficiente a spiegare l’intensità del dolore. C. Callegari et al.: Elementi clinici e psicopatologici nel dolore cronico DISTURBI FITTIZI Una produzione volontaria o la simulazione di dolore per assumere il ruolo di ammalato può rientrare nella categoria nosografica dei disturbi fittizi14,15. Il soggetto ammalato di questo particolare disturbo ha una personalità patologica che lo porta a desiderare di ricevere continue cure mediche e, soprattutto, di essere ricoverato in ospedale. Solo ed esclusivamente a questo scopo egli racconta menzogne, si sottopone agli esami più fastidiosi, è desideroso di assumere farmaci, ricerca e affronta interventi chirurgici non sempre o non del tutto necessari, anche se ripetuti più volte. SIMULAZIONE La simulazione di una malattia o di un sintomo, come il dolore cronico con tutte le sue conseguenze, senza che l’individuo ne soffra, generalmente è motivata dall’intento di assentarsi dal lavoro, di lucrare un risarcimento economico, di sottrarsi ad un procedimento giudiziario, oppure di ottenere farmaci. La simulazione di malattia si differenzia decisamente dal disturbo fittizio per la ricerca del vantaggio tangibile: essa è assimilabile ad un comportamento di frode16. STATI DISSOCIATIVI Negli stati dissociativi si assiste a un disturbo o a un’alterazione del normale funzionamento integrato della identità, della memoria e della coscienza della persona. Tali stati sono frequentemente una conseguenza, a breve o lunga distanza, di eventi traumatici che possono sviluppare una sintomatologia dolorosa cronica spesso concomitante con amnesie flashback, ansia, panico, negazione dei nuclei di verità. SINDROME DA DOLORE CRONICO Come già accennato, il dolore cronico può in alcuni casi costituire una vera e propria “sindrome da dolore cronico”, caratterizzata da comportamenti nei quali la sintomatologia dolorosa è continuamente esibita accanto alla inabilità fisica, alla sofferenza, alla ricerca della altrui attenzione. DISTURBI DI PERSONALITÀ Tipicamente, i pazienti sofferenti di queste malattie psichiatriche comportamentali complesse, un tempo chiamati caratteropatici, “soffrono facendo soffrire gli altri”. Il disagio causato dal dolore cronico induce questi pazienti a creare vere e proprie situazioni ricattatorie con le persone che sono loro vicine o che appartengono alla cerchia degli amici e dei colleghi di lavoro. 241 Peraltro, ogni attenzione o cura ricevuta non è mai ritenuta sufficiente a gratificare sufficientemente i desideri del paziente, così che ogni rapporto, compreso quello con i curanti, è destinato a compromettersi. PSICOSI In presenza di una psicosi, il riconoscimento di una malattia fisica e della eventuale sintomatologia dolorosa che la accompagna è ancor più difficile, proprio a causa della non consensualità nella percezione del mondo e delle alterazioni del sé che caratterizza l’incontro col paziente17. Nelle psicosi vi sono alterazioni delle sensazioni corporee e anche un innalzamento della soglia del dolore, ma la sofferenza fisica non deve essere comunque sottovalutata. Trattamento psichiatrico coadiuvante Nella presa in cura dei soggetti con dolore cronico, lo psichiatra andrà incontro a una situazione complessa in quanto, a causa dell’atteggiamento minimizzante che spesso caratterizza le prime visite, la valutazione completa del paziente avviene, di solito, molto tempo dopo l’insorgenza del dolore. Il ritardo di una vera “presa in carico”, spesso dopo una lunga storia di malattia, rende difficoltosa la ricostruzione dei fattori coinvolti nello sviluppo del dolore quali gli eventi stressanti, i disturbi somatici specifici, i comportamenti nella malattia, le terapie mediche/chirurgiche e i frequenti, prolungati periodi di inattività che hanno potuto creare un circolo vizioso di rinforzo del dolore18. Inoltre, molti dei pazienti con dolore cronico ai quali viene consigliata (più volte) una consulenza dello psichiatra, si sentono trascurati dal proprio curante, riguardo al quale, fondamentalmente, avvertono una sensazione di sfiducia; a questi vissuti, essi reagiscono arroccandosi ancora di più nella convinzione che il loro non sia un problema psichiatrico bensì fisico, la cui causa non viene indagata con la sufficiente attenzione e capacità19. Oltretutto, per un paziente inizialmente “somatico”, risulterà ancora più difficile l’accettazione della figura dello psichiatra, con cui instaurerà una relazione terapeutica profondamente vincolata allo stigma e alla vergogna conseguente20,21. Altro aspetto che coinvolge l’intera équipe curante, e lo psichiatra in particolare, è il riconoscimento di pazienti potenzialmente farmacofilici, con i quali sarà necessaria una particolare cautela nella prescrizione di farmaci antidolorifici e/o ansiolitici. In questi soggetti si evidenziano, di solito, caratteristiche comportamentali quali impulsività e dipendenza. Va, inoltre, tenuto conto che più si lascia la gestione della terapia al paziente più aumenta il rischio di farmacofilia. Il rischio può diventare quello di trovarsi con pazienti in cui, man mano, dolore e tossicofilia si rinforzano a vicenda, “costringendo nell’angolo” il curante. 242 Recenti Progressi in Medicina, 98, 4, 2007 Ricordiamo che le terapie mediche del dolore cronico possono trovare un valido supporto nell’utilizzazione di antidepressivi triciclici, SSRI (serotoninergici) e, più recentemente, NARI (venlafaxina e duloxetina), già da tempo impiegati nelle sintomatologie dolorose22. Tali farmaci agirebbero immediatamente, fin dalla prima somministrazione, sulle vie del dolore, anche a basso dosaggio. Conclusioni Diversi sono gli aspetti culturali e metodologici di cui tenere conto nell’approccio al paziente con dolore cronico, possibile solo accettando l’indistinzione mente/corpo, solitamente lontana dal nostro tipo di ragionamento culturale e sanitario, e non cadendo nel tranello “dolore = lesione fisica accertata”. Il paziente deve essere semplicemente “creduto” prestando attenzione a non banalizzare, non negare e non sdrammatizzare prematuramente la preoccupazione legata al suo dolore e al suo futuro. Un supporto relazionale del paziente, al quale spiegare chiaramente le cause e la possibile evoluzione della sua malattia, può ridurre lo stato di preoccupazione e di conseguenza la sintomatologia spiacevole e, allo stesso modo, consentire ai sentimenti più fastidiosi di trovare una via di sfogo. Consentendo al paziente l’espressione delle sue emozioni, si potrà instaurare una relazione di fiducia attraverso la valorizzazione del sintomo (non necessariamente con una prescrizione farmacologica) e la comprensione del suo vissuto globale. Bibliografia 1. Weitz SE, Witt PH, Greenfield DP. Treatment of chronic pain syndrome. New Engl J Med 2000; 97: 63-7. 2. Bonica JJ. Definitions and taxonomy of pain. In: The management of pain. Philadelphia: Lea and Febiger 1990; 2: 18–27. 3. Khouzam RH. 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